Tag - roma

[2025-11-29] BLACKOUT FORTE @ C.S.O.A. Forte Prenestino
BLACKOUT FORTE C.S.O.A. Forte Prenestino - 169, Via Federico Delpino, 187, 00171 Roma (sabato, 29 novembre 22:00) Dopo sei anni riportiamo alcune trasmissioni di Radio Blackout direttamente al Forte Prenestino. Resetclub, Chimera, Flip the Beat, Imballata, Riot on the Sunset Strip insieme ai nostri amici Dj Kriminal e Maskk dei Kernel Panik vi regaleranno una serata musicalmente indimenticabile. Sarà presente la distro di Radioblackout. Dalle 22:30 al Pub12DeTutto: All djs from Radio Blackout * Pix (hip-hop) * Bubble Wrap (Nu UK Bass) * Bucci ( Deconstructed/ breaks/ bass) * Paolo Magoo (Soul Funky) Tunnel, dalle 23: * Maskk (Kernel Panik ) * Dj Kriminal (Kernel Panik) * Yashin (From RBO) * Valle (From RBO)
benefit blackout
roma
Pochi splendori e tante miserie. Il disastro degli impianti sportivi a Roma
(archivio disegni napolimonitor) C’è una pagina del libro di Galeano, Splendori e miserie del calcio, che tutti gli appassionati dovrebbero conoscere a memoria. Parla di quella volta in cui il suo amico e scrittore Osvaldo Soriano gli scrisse, raccontandogli di una strana passeggiata. Insieme a un famoso attaccante del San Lorenzo de Almagro degli anni Sessanta, José Sanfilippo, eroe della sua infanzia, Soriano si trovò a camminare in mezzo agli scaffali di un supermercato negli anni dell’espansione incontrollabile dei centri commerciali, verso la metà degli anni Novanta, nel momento forse di maggiore dominazione culturale del modello consumistico americano nel mondo. Tra detersivi e prodotti per i pavimenti, salsicce e formaggi, Soriano racconta come a un certo punto Sanfilppo, mentre la gente intorno cominciava a incuriosirsi e a osservare con la stessa attenzione dello scrittore argentino l’ex attaccante, lo invitò a fermarsi e osservare un punto in alto. «Pensa che proprio qui insaccai quel gran tiro di punta a Roma nella partita contro il Boca». Mentre il calciatore indicava il punto esatto in cui si era infilato un pallone alle spalle di Antonio Roma, portiere del Boca Juniors, in un famoso derby vinto dal San Lorenzo nel 1962, Soriano racconta che una donna avvicinandosi confermò: «Fu il gol più rapido della storia». Sanfilippo descrisse nei dettagli quel gol, come era maturato e quello che aveva suggerito di fare a un compagno: «Appena comincia la partita mandami una palla lunga in area». Quello era rimasto un po’ spiazzato, ma aveva eseguito la consegna. La palla arrivò proprio dove doveva. «Me la mise qui! Il pallone arrivò spiovente un po’ dietro i centrali, scattai ma andò a finire un po’ più in là, dove adesso c’è il riso, vedi?». Nonostante le scarpe eleganti e lo scomodo vestito blu, Sanfilippo si mise a correre come un coniglio in mezzo agli scaffali e poi disse a Soriano: «La lasciai cadere e… plum!». Fece finta di esplodere il sinistro e tutti voltarono lo sguardo seguendo quel pallone immaginario che, sorvolando lamette da barba, batterie stilo, e superando le casse, si insaccava come la prima volta. Cassiere e clienti celebravano intanto gridando e spellandosi le mani per quel gol, come se lo avessero visto realizzarsi di nuovo davanti ai loro occhi. Questo testo descrive bene il dolore che abbiamo vissuto in tanti, troppe volte, di fronte a cambiamenti urbanistici figli della speculazione e degli interessi economici dei grandi colossi multinazionali. Proprio nel punto dove si trovavano Sanfilippo e Soriano c’era infatti il campo storico del Club Atlético San Lorenzo de Almagro, il Viejo Gasometro chiuso nel 1979 e infine sostituito da uno dei primi e più grandi supermercati Carrefour di tutta Buenos Aires. Fu il sindaco dell’allora giunta militare, Osvaldo Cacciatore, a firmare l’ordine di esproprio del terreno, che sarebbe stato demolito poi nel 1983 e all’inizio degli anni Novanta, in piena epoca Menem (il Berlusconi d’Argentina), sostituito dal centro Carrefour. Erano ormai lontani i fasti degli anni Sessanta e i gol di Sanfilippo, l’infanzia di Soriano e il boato delle tribune gremite. Il Viejo Gasometro contava settantacinquemila posti ed era un luogo al quale i tifosi del San Lorenzo erano affezionatissimi. La sua demolizione creò molte proteste, che con il tempo non si sono placate. L’insistenza della tifoseria, che non ha mai accettato di essere stata allontanata dal quartiere di Boedo, ha dato in questo caso i suoi frutti: nel 2012 la hinchada azul-grana è riuscita a imporre al comune di Buenos Aires l’approvazione di una legge grazie alla quale Carrefour è stata costretta a restituire i terreni alla società del San Lorenzo, che ne ha recuperato la proprietà. Grazie alla pressione dei tifosi e all’amore per il luogo dove quella passione era nata, sta nascendo oggi un progetto di ricostruzione dell’antico impianto, parte di una vera e propria operazione di riappropriazione storica: “la vuelta a Boedo”. Se la ricostruzione di uno stadio al posto di un centro commerciale avviene a Buenos Aires, perché qualcosa di simile non dovrebbe poter accadere anche da noi, dove il numero di piccoli impianti abbandonati lasciati all’incuria e all’abbandono − si veda il caso dello storico campo della Roma a Testaccio − si moltiplica anno dopo anno? L’abbandono di vecchi impianti sportivi è sempre più evidente, ma lo è anche l’attacco a quelli ancora in uso, sui quali si rivolge lo sguardo rapace della speculazione. Poteva finire molto male, per esempio, l’esperienza di una delle realtà di sport popolare della città di Roma, l’Atletico San Lorenzo. Nel cuore del quartiere resiste però ancora oggi, quasi unico nel suo genere, un bellissimo e ambitissimo campo di pozzolana. Il pericolo del suo smantellamento a favore di una serie di campi di padel, per fortuna, è stato scongiurato, e l’Atletico ha potuto continuare a svolgere la sua attività sul vecchio campo. Non corre immediati pericoli di questo genere la Borgata Gordiani, che da qualche anno investe in un progetto di sport popolare molte energie, fronteggiando ostacoli di vario genere ben noti a chi prova a rimettere al centro dell’attenzione la mancanza di spazi di socialità, sportivi o di altro tipo, e si autorganizza sulla base di principi come quelli della solidarietà e del mutualismo, costruendo percorsi politici capaci di disertare le violente e ingiuste regole del mercato. La disattenzione nei confronti dei dati su questo tema stupisce: non dovrebbe destare molta preoccupazione il fatto che, nel nostro paese, la quantità di metri quadrati di spazio pubblico a disposizione dei minori per l’attività fisica sia tra le più basse in Europa? Secondo una recente ricerca di OpenPolis e Con i bambini, a fronte di una superficie totale di circa ventisei milioni di metri quadrati, i ragazzi nel nostro paese possono usufruire di uno spazio di dieci metri a testa. A Roma, in particolare, così come nella maggior parte delle città medio-grandi (da Bologna a Genova, da Milano a Reggio Calabria) lo spazio garantito è di soltanto due metri quadrati, un numero clamorosamente più piccolo, per esempio, rispetto a quello dei sessantasei di Ferrara, tra le città più virtuose. Ecco, più che dannarsi l’anima per costruirne uno nuovo, di stadio, forse l’amministrazione capitolina dovrebbe mostrare uguale determinazione nel cercare di restituire alla cittadinanza tutti quegli spazi sportivi oggi inaccessibili, incoraggiando la pratica spontanea senza la quale il calcio non avrà altro futuro se non quello di mero strumento di business. A discapito peraltro, sul lungo periodo, di tutti quei progetti che faticosamente resistono e che provano a dimostrare come sia possibile fare diversamente. (giovanni castagno)
città
roma
Rewind Roma, luglio 2025 # Brucia la città
(disegno di peppe cerillo) Il 4 luglio alle otto di mattina un enorme boato scuote la città: è l’esplosione di un distributore Gpl a Torpignattara – tra la piscina di Villa de Sanctis e la scuola materna Romolo Balzani, a ridosso del quartiere di case cooperative Casilino 23 e a due passi dalla via Casilina. Prima dell’esplosione avevano preso fuoco anche un deposito di bombole di ossigeno della Croce Rossa e uno sfasciacarrozze, creando una nube tossica di diossina; miracolosamente, la zona non si era ancora riempita dei bambini che frequentano i campi estivi. Questa parte di Roma fin dagli anni Sessanta doveva essere una zona per la logistica. I proprietari dei terreni l’hanno però riempita di palazzine residenziali e così oggi le industrie pericolose e inquinanti convivono con scuole, asili nido, centri sportivi, zone archeologiche e quartieri densissimi (si veda qui). La sera divampa un altro incendio nel parco del Forte Prenestino. Il 6 a Parioli esercitazione antiterrorismo della polizia italiana intorno all’ambasciata israeliana (non nei confronti di militari e civili israeliani attivi nel terrorismo contro la popolazione di Gaza). Scendono le temperature: l’8 luglio fa quasi freddo. Il Tar boccia le opposizioni della fu giunta Raggi a un grande progetto di settemila metri quadri residenziali intorno alla Vela di Tor Vergata, che quindi inizierà a breve, sempre giustificato dell’idea che costruire nuove case fa sempre bene, anche in una città con centomila appartamenti vuoti. Il 9 alla manifestazione Sports beats borders dell’Esquilino partecipa una squadra di bambini palestinesi arrivati dal campo profughi di Chatila. Muore l’ispettore ustionato dall’esplosione del deposito di Gpl del 4 luglio: fortunatamente è l’unica vittima mortale, ma ci sono decine di ustionati gravi, centinaia di feriti, e un migliaio di bambini senza scuola. Il 10 al centro congressi La Nuvola (Eur) si celebra una Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, che blocca il traffico del centro: tra i partecipanti anche l’attore Zelensky. Nel frattempo, a Torbellamonaca prende fuoco un palazzo: settantadue nuclei familiari vengono evacuati. L’11 un aereo della polizia porta a Roma dalla Grecia un uomo statunitense, accusato del duplice femminicidio della moglie e della figlia trovate morte a inizio giugno a Villa Pamphili. All’Idroscalo di Ostia inizia il festival del cinema Alice nella Città: il maxischermo è montato proprio dove c’erano le case rase al suolo da Alemanno nel 2010. Un motociclista muore in incidente vicino Ostia Antica. Domenica 13 un forte nubifragio spazza Roma con vento e pioggia: l’acqua entra anche nell’ospedale Grassi di Ostia. Lunedì 14 arrivano a Roma i familiari di Satnam Singh, il bracciante sikh di Latina mutilato sul lavoro e lasciato morire dissanguato dal suo padrone. Una consigliera Pd di Garbatella dichiara il passaggio a Fratelli d’Italia. Il Tribunale di Roma sospende quattro poliziotti implicati nel traffico di droga di San Lorenzo: anche loro erano strumenti della gentrificazione del quartiere, che estrae valore dal territorio rendendo impossibile la vita a chi lo abita. Muore un operaio kurdo investito da un’auto a Centocelle: è la settantottesima vittima delle strade a Roma dall’inizio dell’anno. Il 15 il Comune stanzia due milioni per riaprire la scuola Romolo Balzani, devastata dall’esplosione del deposito di Gpl. Il 17 la polizia irrompe in casa di Chef Rubio e sequestra computer e Usb, trattenendolo nel commissariato di Frascati fino a sera. Intanto, retata razzista a piazza Vittorio: la Celere circonda un gruppo di migranti africani, chiede documenti a tutti, li carica sul furgone e se li porta via. Il sindaco di Roma è agli Stati generali della bellezza, nell’incantevole location di Cava de’ Tirreni, impegnato a dichiarare che “le periferie di Roma fanno schifo”. Venerdì 18 il Tar respinge il ricorso contro l’abbattimento del bosco di Pietralata per la costruzione dello stadio privato dell’imprenditore Friedkin, mentre un picchetto antisfratto evita l’espulsione di un’anziana da un palazzo di proprietà dell’Inps occupato da decenni. La guardia di finanza mette i sigilli allo stabilimento balneare per vip V-Lounge di Ostia, che disponeva di ottocento lettini. Il 19 un gruppo di attivisti di Ostia manifesta sulla spiaggia, rivendicando il “mare libero” dalla privatizzazione rappresentata dalle concessioni balneari. A Ostia tutta la parte centrale della spiaggia è privatizzata, e le spiagge libere sono solo a molti chilometri dal centro, difficili da raggiungere e mal collegate con i mezzi pubblici. Il 20 un passante trova il cadavere di una donna al Mandrione, vicino ai binari del treno: era scomparsa cinque giorni prima dalla zona di Ponte Mammolo. Il 21 un gruppo di lavoratrici dello spettacolo occupa simbolicamente il Circolo degli Artisti, chiuso dal commissario Tronca nel 2015 e mai più riaperto. Chiude per una settimana la linea C della metropolitana, per i test delle nuove stazioni di Colosseo e Porta Metronia. Il 22 alla Camera dei deputati si inaugura un congresso sul Nuovo ruolo geopolitico di Israele: Maccabi World Forum, Istituto Milton Friedman, Unione delle Associazioni Italia-Israele (UAII), Israel’s Defend & Security Forum (ISDF) e Alleanza per Israele premiano Matteo Salvini davanti a militari e deputati italiani, soprattutto della Lega, con importanti rappresentanti dello stato genocida. Presidio intanto in piazza Capranica contro l’assedio della fame a Gaza. Il 23 il Comune annuncia l’acquisto del palazzo occupato in via Bibulo, a Cinecittà-Don Bosco, che era stato già requisito anni fa dall’allora presidente del municipio Sandro Medici: i proprietari erano un monsignore, un camorrista e una contessa che lo tenevano vuoto. Il 24 un uomo incendia due macchine della polizia davanti al commissariato di via Farini; un altro spara contro il buttafuori di una discoteca all’Eur, ferendolo alla testa; un incendio distrugge il chioschetto di piazza Vittorio. Intanto il Comune approva la qualifica di “interesse pubblico” per uno studentato privato da seicento euro al mese su terreni pubblici dei mercati generali di Ostiense: la corporazione immobiliare Hines lo avrà in concessione per sessant’anni senza neanche un limite ai canoni d’affitto. La “città dei giovani” immaginata da Veltroni è un regalo ai privati ancora più grande dei vecchi piani di zona. Il 25 presidio solidale davanti al Cpr di Ponte Galeria, dove continuano a essere rinchiuse persone che non hanno commesso alcun crimine: l’anno scorso un ragazzo di vent’anni rinchiuso lì dentro si era suicidato. Il 28 luglio inizia il temuto giubileo dei giovani, il grande evento estivo per il quale si attendono decine di migliaia di giovani pellegrini da tutto il mondo: all’evento analogo del Duemila, oltre due milioni di ragazzi e ragazze cattoliche avevano inondato la zona di Tor Vergata che il Comune aveva costruito con novantuno miliardi di vecchie lire. L’area è la stessa oggi. Nella stessa giornata spari a Cinecittà, e anche ad Acilia, dove una ragazza egiziana viene colpita per errore ad una gamba. Il 29 otto attiviste e attivisti del movimento per il diritto all’abitare subiscono perquisizioni domiciliari e il sequestro dei dispositivi elettronici da parte di carabinieri e digos: ennesima operazione di criminalizzazione legittimata con un’inchiesta sui “contributi da 3/5 euro” (cit.) per le spese di manutenzione delle occupazioni abitative in cui vivono. Il 30 un incendio distrugge uno stabilimento balneare a Maccarese. Il 31 inizia la demolizione dell’ex Fiera di Roma: il progetto prevede di trasformarla in una Città della gioia: né più né meno che trentacinquemila metri quadri di nuove palazzine di proprietà del Fondo Orchidea di Banca Finint, e intorno la zona verde obbligatoria per gli standard urbanistici. (stefano portelli)
città
rubriche
roma
rewind roma
Rewind Roma, giugno 2025 # Il comune rimpasta, la regione cala il cemento
(disegno di peppe cerillo) Il 1 giugno il Giro d’Italia raggiunge la capitale: sia a Roma che a Ostia la popolazione accoglie i ciclisti israeliani sventolando bandiere della Palestina. Il 2 le frecce tricolori sorvolano il centro della capitale, e le parate annunciano la nuova militarizzazione della vita pubblica, l’entrata in guerra, l’aumento della spesa militare, la difesa di uno stato genocida. Il 5, mentre in Senato si approva il Decreto Sicurezza (poi fortemente messo in discussione dalla Corte di Cassazione), c’è un tentativo di sgombero nel residence per l’emergenza abitativa di Val Cannuta: le famiglie che lo abitano occupano la strada e affrontano la polizia. Il 7 giugno scende in piazza per Gaza addirittura il Pd: è la più grande manifestazione dall’inizio del genocidio, ma dal palco parla anche chi si definisce “orgogliosamente sionista”. Nel frattempo, a Villa Pamphili viene trovato il cadavere di una bambina neonata, e il corpo di una donna rinchiuso in un sacco nero. Referendum dell’8 e 9, al seggio si presentano meno del venticinque per cento dei votanti romani, anche se le periferie danno miglior prova del centro. Lunedì 9 dei picchetti fermano due sfratti a Cinecittà Don Bosco e a Casalbruciato. Pomeriggio al Pantheon: presidio di solidarietà con la Freedom Flotilla, bloccata da Israele in acque internazionali. Il 10 il Comune annuncia l’acquisto futuro di ben mille e trecento case, di cui mille da Enasarco, ente previdenziale privatizzato che ne aveva più di diciassettemila a Roma. L’11 grande manifestazione antisionista a Garbatella. Nel frattempo, la giunta regionale approva l’ennesimo piano di sblocco della cementificazione. Sabato 14 un corteo di centinaia di migliaia di persone, forse un milione, sfila per il Pride, da piazza della Repubblica a Terme di Caracalla, anche con tante bandiere palestinesi: alle cinque si sospende la musica per cinque minuti, in ricordo delle vittime del genocidio. Nel pomeriggio c’è un presidio di solidarietà di alcune decine di persone davanti all’ambasciata iraniana a Roma, dopo i bombardamenti israeliani sull’Iran. Circa cinquecento persone manifestano per la Palestina anche in Tuscia, a Orvieto. Il 17 un nubifragio si abbatte su tutta Roma. Il 19 a Ostia va a fuoco il Village, lo stabilimento “sottratto ai clan”. Sempre a Ostia c’è un incidente mortale tra una moto, una smart e un motorino: i familiari delle persone coinvolte aggrediscono i medici dell’ospedale Grassi. Il 20 bruciano otto macchine sul lungotevere in zona Marconi. Sciopero generale: proteste sotto la sede di Leonardo sulla Tiburtina. Sabato 21 due grandi cortei contro guerra e riarmo, uno da piazza Vittorio, l’altro da Porta San Paolo. Il 23, alla vigilia di San Giovanni, cade una banda di trafficanti marocchini che spacciava il fumo per le strade di San Lorenzo: la banda contava sulla complicità di ben sette poliziotti del commissariato di zona, che da anni restituivano loro l’hashish sequestrato, falsificavano i documenti, e naturalmente incassavano i proventi. Due sono arrestati e gli altri cinque indagati. Il 24 il sindaco annuncia un “rimpasto di giunta” che riequilibra le varie correnti Pd: a guidare i progetti Pnrr per Torbellamonaca e Corviale mette una vecchia guardia del partito; l’assessore al personale diventa vice-capo di gabinetto; una consigliera (e presidente del Pd romano) si dimette per diventare capa della segreteria del sindaco, in barba a chi l’aveva votata per esercitare un altro ruolo. La notte un ragazzo di trentacinque anni in scooter viene travolto e ucciso da un’auto rubata, su viale Kant. Il 25 notte una bomba carta devasta una palestra di boxe a Ostia, forse una ritorsione dopo la sentenza del processo dell’ultrà Diabolik. Il 26 inizia il caldo estremo, e con il caldo gli incendi: brucia il pratone di Torrespaccata, una grossa area verde della periferia est, su cui ci sono forti mire speculative. Due incidenti durante la notte: muoiono un cinquantenne sullo scooter a Torvaianica e un motociclista di quarant’anni sulla Lauentina: diciassette morti sulle strade dall’inizio di giugno. Il 27 il Comune annuncia l’installazione di una ruota panoramica sul lungomare di Ostia. La Regione intanto approva una variazione del bilancio di oltre dodici milioni di euro, che però andranno solo all’efficientamento energetico delle proprietà Ater (non si sa se le case popolari, o solo gli uffici), per il trasporto disabili su gomma, e per la partecipazione all’iniziativa “Vie e cammini di San Francesco”. Il 28 pomeriggio un ragazzo del Bangladesh di ventisette anni viene accoltellato e ucciso durante un picnic, forse da un ladro, al parco della Montagnola. In tutto ciò, in Vaticano si continua a giubilare: tra il 23 e il 28 si celebrano il giubileo dei seminaristi, dei vescovi, dei presbiteri e delle Chiese Orientali. (stefano portelli)
città
roma
Lavoro sociale e autosfruttamento. Intervista a una lavoratrice di Apriti Sesamo a Roma
(disegno di elena mistrello) Qualche anno fa, in una concitata assemblea di lavoratori sociali, qualcuno suggeriva ai presenti di guardare al sociale come un laboratorio dove il sistema neoliberale sperimenta processi di sfruttamento, e di auto-sfruttamento, che nel tempo, a macchia d’olio, si consolidano in altri settori del mercato del lavoro. In questo settore, a fronte della crescita del fatturato e dell’organico dell’impresa sociale, si mantiene una struttura apparentemente orizzontale, che attraverso la permanenza delle figure dei soci lavoratori diffonde un’idea di cooperativa come famiglia, funzionale in realtà alla cancellazione dei diritti residuali sanciti dal contratto collettivo nazionale. In questo scenario si colloca la storia che vogliamo raccontare. L’Apriti Sesamo, accreditata al servizio di inclusione scolastica di Roma Capitale, nel 2023 vantava un fatturato di circa quattro milioni e un organico di centosettanta persone tra soci e dipendenti; ma nell’ottobre 2024 ratificava nell’assemblea tagli sugli stipendi per i soci: 85 euro lordi sulla retribuzione lorda, sulla quattordicesima, sui permessi retribuiti, le ferie, la malattia, e inoltre formazione pagata al cinquanta per cento, con una riduzione dello stipendio, per ogni lavoratore, tra i duecento e i trecento euro al mese. L’8 aprile 2025, Apriti Sesamo invia una email ai lavoratori non soci, dove a seguito di motivazioni legate alla pandemia, li convoca per discutere sull’applicazione dei tagli. Il 22 aprile, i dipendenti vengono chiamati in un’assemblea, alla presenza dei sindacati confederali (Cgil, Cisl, Uil), dove i dirigenti della cooperativa illustrano il quadro economico e chiedono di fare sacrifici facendo leva sul solito schema familistico. La cooperativa informa poi i dipendenti sulla decisione di indire un referendum, il 23, 24 e 28 aprile, per “decidere” se accettare o meno i tagli. Ai sindacati di base (Usb e Cub) viene preclusa la possibilità di partecipare, negando di fatto una discussione sulla vicenda. Il 21 aprile l’Usb, il sindacato della lavoratrice che intervistiamo, e la Cub, proclamano lo stato di agitazione e inviano due lettere di diffida: una il 30 aprile e l’altra il 5 maggio, contro l’applicazione dei tagli ai loro iscritti. Il 30 aprile vengono pubblicati i risultati del referendum: su 99 aventi diritto, il sì prevale di 62 voti, mentre il no si ferma a 14. Mentre sono 23 le persone che si astengono. I tagli partono dal primo maggio, ma i lavoratori li vedranno applicati in busta paga solo a luglio, poiché lo stipendio viene erogato abitualmente con due mesi di ritardo. Il 12 maggio, i consiglieri dell’assemblea capitolina, Antonio De Santis e Flavia De Gregorio, chiedono la convocazione urgente della commissione scuola di Roma Capitale, per analizzare la situazione della cooperativa Apriti Sesamo. Un passaggio importante, quest’ultimo, visto che secondo la legge 104/92, il Comune è titolare del servizio di assistenza scolastica che supporta i ragazzi con disabilità nelle scuole di ogni ordine e grado. A partire dall’anno scolastico 2022-23, l’erogazione del servizio avviene tramite il sistema dell’accreditamento. Al momento in cui intervistiamo la lavoratrice, i dipendenti Apriti Sesamo attendono risposte ufficiali dal comune di Roma Capitale. Che è successo l’8 aprile? «Quel giorno ricevo una mail in cui vengo convocata dalla cooperativa insieme ai miei colleghi, dipendenti non soci, per parlare di un piano di tagli che sarebbe stato approvato qualora i dipendenti avessero votato sì. Leggo la mail e penso: parlerò con i sindacati di base. È una questione collettiva e non ho pensato di agire da sola, non ho nemmeno risposto alla mail. Il risultato è stato che il sindacato ha dichiarato lo stato di agitazione dei suoi iscritti. Sono andata all’assemblea con questa consapevolezza. Ma soprattutto non ero preoccupata perché ho pensato: ti pare che una persona va a votare per il taglio del proprio stipendio? Ho avuto fiducia nelle persone e come sempre ho sbagliato. Quando hai capito che la situazione avrebbe preso una brutta piega? «Il giorno dopo aver ricevuto la mail sono andata a parlare con le poche colleghe che lavorano con me a scuola, pensando che fossimo tutte d’accordo. In particolare una ragazza mi dice: “Non abbiamo altra scelta, io con loro mi trovo bene, ci lavoro da anni, perché dobbiamo votare no? Sono sacrifici che dobbiamo fare tutti quanti!”. Quando anche le altre colleghe mi hanno detto che avrebbero votato sì, mi è salita una rabbia incredibile. Ho dormito male e ho provato a immaginare quello che i miei colleghi avrebbero potuto dire e quello che avrei potuto rispondere. Iniziavo a pensare che saremmo stati una minoranza. In assemblea c’erano una cinquantina di persone, tutte silenti, pendevano dalle labbra del presidente della cooperativa, ascoltavano, annuivano. Avevano già accettato i tagli. Io e una collega che la pensava come me, ci siamo messe in fondo alla sala. Allora una delle lavoratrici storiche della cooperativa si è messa dietro di noi per vedere se stavamo registrando la riunione. Quando ho chiesto il microfono, ho detto una cosa molto semplice: “Come alcuni di voi sapranno è stato dichiarato lo stato di agitazione dei dipendenti iscritti a Usb. Noi non siamo d’accordo rispetto ai tagli e faremo tutto quello che è in nostro potere per impedire che venga applicata una cosa del genere”. Mi tolgono il microfono dalle mani e vengo attaccata da una lavoratrice per una questione personale: tempo prima mi ero confidata con una collega della scuola, dicendo che volevo cambiare lavoro e questa è andata a raccontarlo alla cooperativa. Lei mi ha urlato in faccia e io mi sono un po’ spaventata. Ero sola, non avevo il mio sindacato di riferimento, erano tutti palesemente contrari a quello che stavo dicendo. Ho iniziato a tremare, non ho vissuto bene l’aggressione, me ne sono andata via. Sono tornata a casa e sono rimasta per tutto il fine settimana a letto, non sono riuscita a studiare, non ho visto nessuno. Mi sentivo l’ansia, il mal di stomaco, non riuscivo a dormire al pensiero di tornare al lavoro. A scuola non mi sono esposta. Che significa per te lavorare nel sociale? «Quando inizi sei contenta perché pensi di stare facendo qualcosa di utile. Nel momento in cui ti rendi conto che vai a lavorare per il benessere altrui, ma che il tuo benessere è messo da parte, questo ti lascia svuotato. E quella motivazione che avevi nello svegliarti la mattina viene meno. Per citare Freire, l’educazione deve servire alle persone per liberarsi dalla loro condizione di oppressi. Ma nel momento in cui tu stesso sei oppresso dal sistema, c’è un meccanismo che si inceppa. Lavorare nel sociale ti sfinisce: sai che vieni sfruttato fino all’osso, che vieni pagato poco, che il tuo lavoro è invisibile. E quello che ti viene a mancare è l’umanità. Parlando di scuola, quest’anno, non ho avuto una parola di conforto da parte di nessuna insegnante. Colleghe che fanno un lavoro assimilabile al mio, ma lavorano quattro ore al giorno. Tu sei vista come quella che deve lavorare otto ore al giorno. C’è qualcosa che non funziona. E il prezzo di tutto questo lo pagano non gli imprenditori sociali, ma le persone fragili e quelle che lavorano. Che idea ti sei fatta dei sindacati? «I sindacati confederali rappresentano il fallimento dei sindacati. Hanno una struttura profondamente gerarchica, sono lì a parlare in rappresentanza dei lavoratori, ma hanno mai parlato con i lavoratori? Se, come in questo caso, difendi datori di lavoro che avallano il taglio allo stipendio di chi svolge un lavoro povero, significa che non stai facendo il tuo lavoro. Io mi chiedo come fanno a potersi definire sindacato. Hanno fortemente voluto il sistema dell’accreditamento. Il contratto collettivo nazionale l’anno scorso lo hanno firmato loro. Come ti senti a essere una lavoratrice sospesa? «Ho un rapporto ambivalente: c’è una parte di me che vive i tre mesi di disoccupazione quasi come una liberazione dal lavoro, e dall’idea di essere sfruttata. Nonostante a livello economico sia molto duro sopravvivere, visto che pago l’affitto e vivo in una città molto cara, in qualche modo lo percepisco come un tempo per liberarmi dalle pressioni, quasi come se preferissi percepire un reddito più basso piuttosto che sentirmi sfruttata. Avere tre mesi di libertà è un pensiero che mi aiuta ad arrivare viva a giugno. Trovo assurda la questione del part-time ciclico verticale, perché i colleghi e le colleghe che hanno dovuto firmare un contratto a tempo indeterminato, per quei tre mesi non hanno accesso alla disoccupazione, quindi devono continuare a lavorare nei centri estivi in cui vengono sfruttati di più rispetto alle scuole, perché ti pagano cinque euro l’ora. E soprattutto il lavoro di educatore è usurante, anche noi come i docenti dovremmo avere dei mesi per riprenderci. Viviamo in un ambiente lavorativo talmente precario e ingiusto, che sono arrivata a considerare la disoccupazione come una manna dal cielo. Io non firmerò mai un contratto a tempo indeterminato con una cooperativa. Non lo farò mai, e questo mi aiuta a percepire questo lavoro come temporaneo, perché non lo puoi fare tutta la vita». (giuseppe mammana)
città
roma
Rewind Roma, dicembre # Diritti negati, privilegi in regalo
(disegno di peppe cerillo) Il primo dicembre la preside del Liceo Virgilio organizza una manifestazione contro l’occupazione della scuola (sic!) in piazza Santi Apostoli, convocando insegnanti, studenti e genitori contrari. Il due il tribunale rinvia di un’altra settimana l’udienza per Tiziano L., dopo due mesi di arresti domiciliari per presunta aggressione a un poliziotto che stava caricando contro la manifestazione per la Palestina del 5 ottobre (nonostante i video dimostrino chiaramente che l’accusa è falsa). Due ladri entrano nella villa di Berlusconi sull’Appia antica. Il tre il Movimento per l’abitare manifesta per il blocco degli sfratti sotto la sede di Confedilizia, dietro via Condotti. Nel pomeriggio, a piazza Vittorio, si inaugura la trasformazione degli storici Magazzini Allo Statuto (MAS) in un Museo della Moda. Il cinque maxi operazione di polizia al Quarticciolo, dove a ottobre c’era stata una manifestazione “contro le occupazioni”. Polizia, carabinieri, vigili, uniti per sgomberare le case popolari occupate. Intanto, alla celebrazione per i centoventi anni della sinagoga, il rabbino capo di Roma insiste sull’antisemitismo “in crescita dal 7 ottobre”. Il sei l’Atac inaugura una nuova pensilina “smart” per l’attesa degli autobus: il nome ufficiale è “eterna”, sembra uno scherzo. Condannato a sei anni di carcere l’imprenditore Ricucci per una truffa immobiliare. Sempre il sei, conferenza nazionale autogestita per la salute mentale a San Lorenzo. Il sette un uomo viene ucciso a coltellate durante una lite nell’androne di un palazzo sul litorale, a Nettuno. Manifestazione studentesca verso il Campidoglio contro il Giubileo, contro il caro affitti e contro il sindaco: “Nessuna indulgenza per Gualtieri”, è lo slogan. L’otto a piazza di Spagna un’attivista animalista spagnola si avventa sul Papa con un cartello “Basta benedire le corride”. Il nove a Ostia le onde raggiungono i due metri di altezza, infliggendo il colpo di grazia allo storico stabilimento Kursaal, già danneggiato. Il dieci nuova udienza in tribunale e presidio per Tiziano L., finalmente libero. Arrivano a Roma il re e la regina di Spagna, che dopo una grande festa all’Accademia sul Gianicolo, l’undici partecipano a un’offerta propiziatoria all’Altare della Patria a piazza Venezia. Durante il festeggiamento con Mattarella al Quirinale, la regina rimarrà senza corona per non umiliare il suo omologo repubblicano. Negli stessi giorni gira per Roma anche Thom Yorke, che ha comprato un attico in Campo Marzio; il dodici arriva il presidente argentino Milei, a cui viene regalata la cittadinanza, negata a migliaia di persone nate in Italia. Il tredici sciopero di USB e corteo studentesco da piazzale Aldo Moro; sciopera anche la Rete Università e Ricerca per la Palestina. Sabato quattordici c’è un’enorme manifestazione nazionale contro il DDL 1660: si muovono cento pullman da tutta Italia, il corteo attraversa Villa Borghese, riesce a entrare in centro e riempie tutta piazza del Popolo. Per la questura c’erano solo settemila persone: ma non ci credono neanche loro, visto che la capienza della piazza è di sessantamila. La notte un ragazzo che probabilmente usciva dal lavoro viene investito e lasciato agonizzante sulla Tiburtina, è il cinquantesimo pedone ucciso con una macchina nel 2024. Il sedici l’Università Roma Tre conferisce una laurea honoris causa a una magistrata della Corte Suprema israeliana, confermandosi come l’università della capitale più legata al sionismo e ai suoi tentativi di riscrivere il diritto internazionale. Intanto, dibattiti sulla presenza del trapper Tony F. al concerto di Capodanno. Il diciassette il Prefetto annuncia settecento nuovi agenti per Roma durante il Giubileo. Gli artificieri recuperano una bomba inesplosa a San Lorenzo, un residuo dei bombardamenti statunitensi del 1943, vicino alla sede dei Cavalieri di Colombo. Il diciotto una settantina di manifestanti entrano nella sede romana di Leonardo S.p.A. sulla Tiburtina, in protesta contro l’attacco alla rivoluzione curda in Rojava e al popolo palestinese a Gaza, con armi, elicotteri e dispositivi prodotti anche da Leonardo. Il diciannove si celebra l’ennesimo processo a Stella B. per le manifestazioni studentesche contro la Palestina: la sentenza arriverà a gennaio. Sabato ventuno ancora manifestazione per la Palestina a piazza Vittorio; e il ventidue diverse attiviste e attivisti srotolano una grande bandiera palestinese a piazza del Pantheon. Il ventitre crolla un albero in un parco sulla Tiburtina, uccidendo una donna davanti ai suoi tre figli; nei giorni precedenti c’erano già stati morti sulle strade (a Velletri, a San Basilio) e due pescatori erano annegati davanti a Focene. Il ventiquattro sera arriva l’agognata apertura dell’Anno Santo e della Porta Santa: migliaia di persone si affollano a piazza San Pietro e all’inizio di via della Conciliazione, senza incidenti notevoli, anche grazie alla presenza massiccia di forze dell’ordine dello stato italiano; fermato un gruppo di sette persone “di nazionalità straniera” secondo i giornali, che portavano uno striscione con scritto “Cancellate il debito”. Eppure cancellare i debiti era proprio il senso del Giubileo. Durante la notte, una donna senza casa muore di freddo, proprio lì su via della Conciliazione. Anche il giorno di Natale, il venticinque, muore di freddo un uomo di cinquanta anni che viveva in una tenda a Ostia. Il ventisei il papa apre simbolicamente la porta della cappella del carcere di Rebibbia, che definisce “una cattedrale del dolore e della speranza”. La speranza, filo conduttore di questo Giubileo, la ritroviamo anche nel motto della polizia penitenziaria: diffondere speranza è il nostro dovere. Il ventisette un altro morto in strada, a San Basilio, un altro ancora il ventinove alla Borghesiana, mentre si apre la seconda porta santa, quella della basilica di San Giovanni, ma questa volta il Papa non è presente. Il trenta mattina violento sgombero al ForteLaurentino: poliziotti antisommossa caricano sulla folla che protesta, due feriti, due fermati processati per direttissima (il trentuno presidio davanti al tribunale in solidarietà con i processati). L’anno finisce con la manifestazione intorno al carcere di Rebibbia; perché mentre fuori si celebra, si protesta, si discute, si posta, si twitta, si sparla, si scrive, si scrocca, si specula, si sfratta, si perde, si guadagna, si ride e si scherza, più di sessantamila persone sono tagliate fuori da tutto questo, chi per qualche tempo, chi per anni, chi per sempre. Per chi è rinchiuso in carcere, per chi non ha neanche la libertà di scegliere dove stare, non bastano la speranza nell’anno nuovo, nel Giubileo, nel futuro: ci vuole qualcosa di molto diverso. E finché non si liberano loro, non ci liberiamo neanche noi. (stefano portelli)
città
rubriche
roma
rewind roma
C’è un clima di merda. Cronaca di un’azione di Extinction Rebellion a Roma
(archivio disegni napolimonitor) Sono arrivato a Roma il 16 novembre per partecipare a un’assemblea nazionale alla Sapienza, indetta per rispondere all’eventuale approvazione del decreto sicurezza 1660. In un’aula magna stracolma, l’assemblea si è svolta attraverso brevi interventi in cui esponenti di varie realtà politiche, associative, sindacali e di movimento, hanno portato il proprio punto di vista sulla questione del decreto. A essere sottolineata è stata soprattutto la necessità di organizzarsi e scendere in piazza coesi, poiché l’attacco del governo potrebbe cambiare la storia giuridica e sociale del nostro paese. La criminalizzazione del dissenso che viene proposta, ha affermato un professore dell’Università romana, è forse peggiore delle misure repressive degli anni Settanta, quando c’era la lotta armata. Ora a essere puniti e considerati criminali e terroristi sono gli attivisti per il clima, le persone migranti, chi rivendica il diritto alla casa, chi lotta per i diritti sul lavoro, chi si oppone a trattamenti degradanti nelle carceri. E a essere tutelate e difese sono le forze dell’ordine. C’è evidentemente un cortocircuito tra ciò che il governo Meloni intende per sicurezza, e quello che il concetto di sicurezza significa in una democrazia. L’assemblea è stata seguita nel pomeriggio dal Climate Pride, una parata colorata e pacifica che ha percorso il centro di Roma in nome della giustizia climatica, per fare pressione nei confronti di chi nelle stesse ore si trovava a Baku, in Azerbaijan, dove si è svolta la COP29. Qualche giorno dopo, all’interno di questo fermento collettivo, è successo qualcosa di diverso al centro della Capitale. Questo è il mio racconto “dal di dentro” con Extinction Rebellion Italia. *     *    *  La sera del 21 novembre partecipo a un briefing per l’azione del giorno seguente. Durante quattro ore di riunione ci vengono spiegati i possibili scenari, i livelli di rischio, il funzionamento della comunicazione, e ci viene impartito un breve addestramento sulle azioni di disobbedienza civile non violenta. Il numero di informazioni è copioso. La preparazione dettagliata. Il giorno dopo arrivo a Termini leggermente in ritardo e incontro i miei buddies per la giornata. Siamo nel gruppo benessere, che durante le azioni si assicura che tutte stiano bene, e provvede con cibo, coperte e acqua ai bisogni primari. Nell’attesa di un messaggio dalla nostra referente ci mettiamo a fare colazione in un bar lì vicino. Sono le 9:30 circa. Con una mezzora di attesa in più del previsto riceviamo la comunicazione che gli altri gruppi stanno procedendo con il piano A. Dopo il segnale di conferma ci dirigiamo nel luogo dell’azione, che si rivela essere piazza del Viminale. Guidate da una crescente puzza di sterco arriviamo in piazza. Il letame portato dal camioncino delle attiviste – circa sei quintali – è già stato scaricato. Di fronte alle tende aperte per occupare la piazza, si schierano i poliziotti a presidio dell’ingresso del palazzo. Agenti in borghese iniziano a rimuovere le attiviste dalle tende, la situazione diventa tesa e concitata. Mentre trascinano fuori le persone sono ripresi da molte telecamere e anche per questo sembrano agire con cautela, anche se c’è chi ha preso qualche calcio e qualche botta in testa. La presenza della polizia sembra aumentare con il passare dei minuti. Quando mi volto, dalla schiera di poliziotti dietro di me sento le parole: “Da qui non esce nessuno”. Dopo poco, la polizia decide di sgomberare l’intera piazza. Le attiviste intonano cori, suonano tamburi e fanno discorsi ad alta voce, raccontando perché sono lì. Mi viene da chiedermi per chi, visto che non ci sono rappresentati politici e le persone comuni che passano, anche volendo assistere non possono perché la polizia ha “chiuso” la piazza. Nemmeno i giornalisti posso entrare, ma ci sono i social. I due police contact discutono animatamente con gli agenti della Digos per arrivare a un accordo e permettere a chi vuole di lasciare la piazza e non finire in questura. È una trattativa laboriosa, perché la polizia sembra non voler far uscire nessuno, senza offrire ragioni. Ma si arriva a un compromesso. Tutte identificate, fotografate, e poi fuori. Le persone che decidono di rimanere dentro la piazza vengono prese una a una e portate come “sacchi di patate” dentro due autobus della polizia, che ricordano quelli delle gite scolastiche. Un poliziotto ci dice che non andranno in questura, ma all’ufficio immigrazione, perché c’è più spazio, a un’ora dal centro, lontano dai palazzi della politica. Alcune di noi intanto si dirigono al bar mentre fuori inizia a piovere forte. Quando spiove, passeggiamo tra i Fori imperiali e il Colosseo per prendere la metro verso l’ufficio immigrazione. Il contrasto tra la bellezza del centro di Roma e il luogo che ci attende è straniante. Saliamo sulla metro B, scendiamo a Rebibbia. Dopo la metro, altri venti minuti di autobus lungo una strada piena di rifiuti per arrivare in una desolante zona industriale: Tor Sapienza. Fuori dall’uscita ma dentro i cancelli, ci sono delle panchine sulle quali ci sediamo. Vengono posizionate cassette con il pranzo che era stato preparato per la giornata e una cassa di arance. Poco dopo escono due militari di turno. Uno di loro, un giovane, ha un atteggiamento amichevole. Chiede cosa abbiamo combinato, ci dice che capisce ma non è d’accordo con gli eccessi e accetta di mangiare un’arancia che gli viene offerta. Poco dopo esce una donna che lavora in questa sede della questura e ci invita ad allontanarci, dicendo che disturbiamo e che non è mica un luogo pubblico (ah no?). Ci mettiamo all’ingresso della strada, di fianco all’entrata. Alcune persone hanno tamburi e suonano, altre danzano. Io chiacchiero con due attivisti, uno di Venezia l’altro emiliano. Sono colpito nel notare il forte senso di comunità che caratterizza questo gruppo di XR, con persone da parti diverse d’Italia. Percepisco una forte condivisione di valori, linguaggi, pratiche. A questo proposito N. mi dice che lui non capisce chi non va a votare, ma che allo stesso tempo il voto rappresenta una parte minoritaria della vita politica in una democrazia, che è fatta invece di queste cose. M. parla di suoi trascorsi in altri cortei, in cui la polizia ha un atteggiamento più violento rispetto a quello che vediamo con le azioni di XR. È un tema che ritorna in varie conversazioni. La polizia li vede come nemici? Io credo che li vedano più come un fastidio, come un problema da risolvere. Parlando con loro mi rendo sempre più conto di quanto il movimento sia fatto di persone “ordinarie”, di varie generazioni e con diverse identità politiche. Sono persone che, stufe o disorientate dal panorama politico, hanno trovato una famiglia dentro questa realtà; ma sono anche persone che lavorano, che pagano le multe, che magari fanno parte di altre realtà sociali e politiche. È necessario decostruire la retorica mediatica dei “ragazzini” che non sanno cosa vuol dire vivere in società, o quella ancora peggiore dei “terroristi”. Le ore passano, il freddo aumenta, da dentro nessuna notizia. Non si può comunicare con le persone detenute né con chi le detiene. Sono più di cinquanta, il numero esatto non si sa. Chiediamo che gli venga dato il cibo che abbiamo preparato, ma non è possibile far entrare nulla. Ci viene detto di aspettare e che le persone non sono né in stato di arresto né di fermo, che si stanno svolgendo “normali” procedure identificative, che richiedono tempo. Intorno alle dieci di sera, dopo circa nove ore, quando il timore che si dovesse passare la notte lì iniziava a farsi concreto, vengono rilasciate le attiviste in gruppi di quattro o cinque. Alcune hanno fogli di via, tutti con durate diverse e completamente arbitrarie. Saranno trentadue in totale, per molti con l’obbligo di lasciare Roma entro due ore. Altre, tutte le restanti, vengono rilasciate senza nulla in mano, come se fosse normale trattenere le persone in questura. Alcune attiviste rientrano dal cancello pretendendo che gli venga rilasciata almeno una dichiarazione sul perché sono state trattenute e rilasciate. Il momento dell’uscita dalla questura è caratterizzato da emozioni contrastanti. Gli abbracci sono intensi. C’è chi ride, chi piange di gioia per rilasciare lo stress accumulato. C’è chi cerca cibo, che è pronto e caldo anche per la cena. La cucina e la logistica del movimento in queste giornate sono state formidabili. Sono arrivati pasti in qualsiasi situazione e in qualunque luogo. Alla fine il conto dei danni “legali” è impressionante. Centosei persone identificate, settantadue trattenute in questura per otto-nove ore, trentadue fogli di via, alcuni anche per persone che vivono, studiano e lavorano a Roma. Dai tre mesi ai due anni e mezzo. È finalmente il momento di tornare a Roma. Il viaggio in autobus è divertente. Il bus che porta a Rebibbia passa dopo poco, ma è la direzione sbagliata della circolare. Lo prendiamo lo stesso, ci faremo il giro dentro per riscaldarci anziché aspettare il prossimo. Quando ripassa dalla fermata più vicina all’ufficio della questura, si aggiungono quelle che aspettavano il successivo, e così un autobus solitario nella borgata sperduta si riempie improvvisamente di vita. Il giorno dopo a mezzogiorno c’è una conferenza stampa indetta in nottata da XR, dopo quanto accaduto il giorno precedente. La conferenza stampa al parco è un momento importante per XR. Oltre a raccontare cos’è successo il giorno prima, a turno alcune tra chi ha ricevuto un foglio di via si presentano e annunciano di volerlo violare pubblicamente in quanto misura illegittima. Una ragazza che lavora come ricercatrice a Venezia tiene un discorso molto chiaro ed elaborato, spiegando i motivi per cui l’azione è stata fatta e rimarcando la questione della sicurezza, al centro della retorica del governo che si accinge ad approvare il famigerato decreto 1660. Spiega che in questa situazione politica e climatica, con queste misure securitarie e questo atteggiamento della questura e delle forze dell’ordine, ci si sente tutt’altro che sicure. Alla conferenza stampa si vedono pochi giornalisti, ma è comunque un momento significativo. Un gruppo di attiviste sta decidendo di violare pubblicamente delle misure cautelari (i fogli di via) pensate per colpire la libertà di movimento di individui considerati socialmente pericolosi. Lo fanno per l’illegittimità giuridica e morale di queste misure. È un gesto forte di disobbedienza, considerando che rischiano denunce penali. Ci sono vari modi per affrontare queste misure, e una di queste è fregarsene, non rispettandole. Questo non vuol dire che sia facile. Non ci riescono tutte, alcune sono preoccupate per il loro posto di lavoro, altre non se la sentono emotivamente. Sono molteplici le facce della repressione, quella preventiva agisce in maniera subdola, fa sentire le persone insicure e impaurite, e spesso le paralizza. Ma è una giornata a suo modo splendida. Il parco è illuminato dal sole, e poco dopo il gruppo cucina dimostra ancora una volta costanza e dedizione, arrivando con un pranzo pronto per essere consumato, anche camminando. È ora di unirci al corteo nazionale di Non Una di Meno nella giornata contro la violenza sulle donne, di marciare e occupare lo spazio pubblico per un’altra giusta causa, nonostante tutto. (francesco dal cerro)
ambiente
città
roma
Rewind Roma, novembre # Sfratti, occupazioni e cortei
(disegno di peppe cerillo) Il primo novembre al Circo Massimo apre il Villaggio della Difesa, enorme fiera dell’Esercito, con zone in cui, per esempio, i bambini possono giocare a stanare mine antiuomo. Nel ponte del 2, mentre le piogge torrenziali provocano centinaia di morti intorno a Valencia, le spiagge di Ostia si riempiono di bagnanti. Il 4 è la giornata delle forze armate, in memoria dei massacri della Prima guerra mondiale, di cui la capa del governo fa apologia nel suo discorso ufficiale. La Rete universitaria per la Palestina celebra uno “Stop genocide day”: centinaia di persone lasciano aule e insegnamento per seguire un seminario di Omar Barghouti, fondatore del movimento di boicottaggio a Israele, altri fanno gesti di disobbedienza contro la militarizzazione di scuole e università; il Laboratorio ebraico antirazzista protesta davanti al Villaggio della Difesa. La notte un gruppo di abitanti di Rocca Cencia blocca i camion diretti all’inceneritore, preoccupati per l’aumento dei miasmi. Martedì 5 studenti e studentesse del Liceo Albertelli (di fronte a Santa Maria Maggiore) occupano la scuola in solidarietà con la Palestina e “per cambiare tutto”. È la prima occupazione della stagione. Il 6 grossi controlli polizieschi tra Centocelle e Quarticciolo, un elicottero sorvola la Togliatti per ore. Sulla Tiburtina, altezza GRA, un carabiniere pesantemente ubriaco alla guida travolge una macchina dei vigili: uno di loro perde una gamba. Mancano cinquanta giorni all’apertura della Porta Santa che segna l’inizio del Giubileo 2025: ma su duecentoquattro cantieri aperti a Roma, solo cinque sono stati terminati. Il 7 presidio per la Palestina davanti alla rappresentanza UE in via Quattro Novembre. Il ministro Valditara sospende un insegnante di Roma, reo di averlo attaccato politicamente: per tre mesi sarà fuori servizio, a metà stipendio. I suoi studenti al Liceo Archimede manifestano in solidarietà. Nel pomeriggio don Coluccia, “prete antimafia”, guida una fiaccolata “contro il degrado” al Quarticciolo: partecipano esponenti di Fratelli d’Italia, oltre al commissario dell’Ater, i funzionari dell’ufficio sgomberi e il presidente della Regione. I residenti naturalmente sbroccano, visto che sono proprio questi personaggi a spingere per la svendita delle case popolari. L’8 notte maxi-rapina al negozio di Valentino a piazza di Spagna: i ladri portano via centoquarantamila euro di borse, senza lasciare tracce. Alcune attiviste di Non Una di Meno aprono striscioni e bandiere per la Palestina sul balcone della stazione Termini. Il 9 la preside del Liceo Albertelli convoca docenti e genitori davanti alla scuola per manifestare contro l’occupazione (sarebbe manifestazione non autorizzata!); studenti e studentesse decidono comunque di mantenere l’occupazione. Intanto: assemblea di preparazione alla manifestazione per la Palestina al cinema L’Aquila e nuova protesta intorno all’inceneritore di Rocca Cencia. La sera un gruppo di fascisti entra al cinema Atlantic dove si proiettava il film su Berlinguer, insultando i comunisti e sputando per terra; per i carabinieri sono “ragazzate”. Il 10 è una domenica ecologica, con eventi e spettacoli in centro: ma tutto il guadagno in CO2 è annullato da un aereo per Shenzen costretto a tornare in emergenza a Fiumicino dopo aver scaricato il carburante in mare. Gli scoppi del motore si sentono da Ostia a Casal Palocco. A Torre Angela un gruppo di fascisti contesta l’intitolazione di un parco ai partigiani, chiedendolo per i morti nelle foibe. Il 12 il Comune annuncia l’apertura di un “Punto abitare” al Dipartimento politiche abitative, esternalizzato a una cooperativa sociale (Azzurra 84): dopo il servizio informazioni, forse affideranno ai privati anche la porta, le scale, il corrimano.  Il 13 perquisizione della Guardia di Finanza in Campidoglio: diversi funzionari sarebbero coinvolti in una rete di corruzione per accaparrarsi appalti per il manto stradale, forse anche con fondi del Giubileo, concessi a un imprenditore di Frascati in cambio di favori e regali. A corso Francia una cinquantina di studenti occupa la sede di Leonardo, una delle principali aziende europee che forniscono armi al genocidio in Palestina. Il 14 muore Franco Ferrarotti, padre fondatore della sociologia italiana, attento studioso delle periferie romane sin dagli anni Sessanta. Accordo tra Airbnb e Parco del Colosseo per permettere a turisti facoltosi di simulare un incontro tra gladiatori in mezzo all’arena. Presidio per Tiziano L., accusato di aver picchiato un agente alla manifestazione per la Palestina del 5 ottobre, nonostante una ricostruzione video mostri chiaramente che non è vero. Il 15 sciopero della scuola e corteo studentesco in centro. Il 16 migliaia di persone sfilano per la Palestina a Centocelle. La notte una studentessa fuori sede di ventun’anni muore in un incidente a Portonaccio; il giorno prima un anziano era stato ucciso da un’auto sulla Prenestina; a Roma ci sono due morti al giorno, in Italia oltre tremila l’anno. Il 17 a largo Argentina c’è un presidio contro le morti in strada e il nuovo codice della strada. Apre una sede di Forza Nuova a via Genzano (Tuscolano). Il 18 l’Eni denuncia un attivista di ReCommon per diffamazione, dopo un’intervista in cui metteva in relazione la corporazione petrolifera con l’uccisione di Giulio Regeni: è una SLAPP, una “azione strategica contro la partecipazione pubblica”. Al Quarticciolo apre uno sportello sanitario gestito dall’università La Sapienza e dall’associazione Nonna Roma (che già ne gestisce uno per l’assegno d’inclusione e uno per la casa con la fondazione Charlemagne). Intanto però nel quartiere ha chiuso il consultorio, che invece era pubblico. La notte a Torrevecchia grosso scontro tra tre volanti della polizia: muore un agente, quartiere bloccato fino al pomeriggio. Il 19 tentativo di sfratto di una signora di sessantacinque anni da via dei Gonfaloni, dietro via Giulia: a ordinarlo è l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (APSA) – il Vaticano insomma. Il 20 all’alba venti arresti a Ostia per una rete di traffico di cocaina dall’Olanda. Mareggiate e vento forte. Il sindaco tira fuori un video in cui annuncia l’installazione di venti apparati tecnologici sopra le macchine dei vigili, per multare più velocemente le macchine parcheggiate. Il 21 a Ostia chiude il pontile per il vento e pioggia. Il 22 durante la presentazione annuale del rapporto Caritas il sindaco annuncia che chiederà al governo Meloni una moratoria degli sfratti durante il Giubileo. Un gruppo di fascisti manifesta dentro la città universitaria al grido di “Fuori i rossi dall’università”, ma viene respinto. Corteo contro la violenza di genere il 23. La notte del 24 brucia un capannone abitato a Tor Cervara, il fumo inonda un intero quadrante; cinquanta famiglie sfollate. Lunedì 25 inizia l’occupazione del Liceo Cavour, accanto al Colosseo. L’assessore alla casa del III municipio dichiara che almeno novecento famiglie nelle case popolari di Donna Olimpia, Tufello, Vignenuove e Val Melaina sono ancora al freddo, ma il problema riguarda anche Alessandrino e forse altri quartieri. Vandalizzata la corona d’alloro in via Rasella, in ricordo delle persone che nel 1944 furono rastrellate e fucilate alle FosseArdeatine: in quella strada il giorno prima un gruppo partigiano aveva attaccato una colonna occupante nazista. Il 26 muore un motociclista in uno scontro con uno scuolabus; la notte alcuni sconosciuti incappucciati bruciano a sedici auto in un parcheggio a Colli Aniene. Il 27 inizia l’occupazione del Liceo Cavour, la quarta scuola a mobilitarsi dopo Albertelli, Plinio e Enzo Rossi; nel pomeriggio viene occupato anche il tetto della facoltà di Lettere della Sapienza, contro i tagli all’istruzione e l’aumento delle spese militari. Il 29 sciopero generale contro la guerra e contro il governo: la mattina ci sono due cortei, uno della Cgil e uno dei comitati di base. Il 30 un grandissimo corteo per la Palestina – ventimila, forse trentamila persone – chiude il mese di mobilitazioni. Tralasciamo cosa è successo dentro al corteo. Meglio ricordare solo la musica, i carri, la murga, gli slogan, i canti, e tutta quella gente che si riprende le strade. (stefano portelli)
città
rubriche
roma
rewind roma
[2024-11-29] LA VARIANTE UMANA. ASSEMBLEA CONTRO LA GUERRA @ Roma, Università la Sapienza, Aula Autogestita VI
LA VARIANTE UMANA. ASSEMBLEA CONTRO LA GUERRA Roma, Università la Sapienza, Aula Autogestita VI - Facoltà di Lettere e Filosofia (venerdì, 29 novembre 16:30) LA VARIANTE UMANA. GIORNATE DI LOTTA A ROMA. 29 NOVEMBRE, LA SAPIENZA, AULA VI AUTOGESTITA, FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA ASSEMBLEA PUBBLICA "BLOCCHIAMO GLI INGRANAGGI DELLA GUERRA" ORE 16.30
università
assemblea
roma
contro la guerra