Era la capitale dell’auto. L’industria automobilistica era indicata tra le
eccellenze cittadine nei cartelli di ingresso alla città.
La lenta ma inesorabile fuga della Fiat ne ha decretato la decadenza e
l’impoverimento.
Torino negli ultimi decenni è stata attraversata da due processi trasformativi
paralleli: la città/vetrina e la città delle armi.
La città/vetrina è il fulcro della narrazione pubblica, il fiore all’occhiello
delle amministrazioni cittadine, che, attraverso interventi di rigenerazione
escludente hanno cambiato il volto della città, arricchendo il centro ma
rendendo sempre più povere le periferie, frantumate dalla gentrification e da un
sempre più asfissiante controllo poliziesco.
La città delle armi è invece cresciuta in sordina, senza rumore, senza grandi
annunci.
La grande scommessa sull’industria armiera, fatta in modo unanime da tutti i
centri di potere politico ed economico viene nascosta tra satelliti ed
esplorazioni spaziali.
Torino è uno dei centri dell’industria bellica aerospaziale del nostro paese.
Settima nel mondo e quarta in Europa, con un giro d’affari di oltre 16.4
miliardi di euro, 47.274 addetti l’industria aerospaziale è un enorme business
di morte.
Si tratta di un settore, che nonostante qualche difficoltà nelle supply chain,
le catene di approvvigionamento, è destinato a crescere grazie alle potenti
dinamiche di warfare degli ultimi anni.
Il settore delle armi è il cavallo di battaglia sul quale scommettono le
amministrazioni locali e l’imprenditoria subalpina.
Il progetto di Città dell’Aerospazio e l’approdo in città di un acceleratore di
innovazione della NATO ne sono l’indicatore più chiaro.
Il declino del settore dell’automotive ha innescato un processo di riconversione
che si è indirizzato verso l’industria bellica. Il passaggio da 20 a 35mila
addetti non ha aumentato l’occupazione, ma è frutto del travaso dall’industria
dell’auto a quella delle armi. Un esempio tra i tanti: la LMA Aerospace
Technology, azienda di media grandezza di Pianezza nell’hinterland torinese,
nata nel 1970 come tassello del grande indotto Fiat, è risorta a nuovi fasti,
specializzandosi nella componentistica per il settore aerospaziale civile e
militare.
La nascita, nel 2019, del Distretto Aerospaziale Piemontese ha segnato
un’accelerazione per l’industria bellica nella nostra regione.
Il Distretto Aerospaziale Piemontese è un think tank che svolge un compito di
promozione, coordinamento ed affiancamento delle attività delle industrie del
settore.
Sino alla sua promozione a ministro della Difesa il DAP era guidato da Guido
Crosetto: oggi al suo posto c’è Fulvia Quagliotti che ne ha ricalcato le orme.
Per cogliere l’importanza di questo organismo di governance è sufficiente dare
un’occhiata alla lista dei soci del DAP, in cui spiccano attori politici,
industriali e poli della ricerca e della formazione.
Nel consiglio direttivo del DAP, oltre alla presidente Quagliotti, designata
dalla Regione Piemonte, i due vicepresidenti e gli altri membri sono stati
indicati da industrie del settore, associazioni industriali e universitarie.
A Torino, ogni due anni si tiene l’Aerospace and defense meetings, che
quest’anno arriva alla decima edizione.
La convention si svolgerà dal 2 al 4 dicembre, come di consueto negli spazi
dell’Oval Ligotto. centro congressi facente parte delle strutture nate sulle
ceneri del complesso industriale dell’ex Fiat.
La mostra-mercato è un evento chiuso riservato agli addetti ai lavori: fabbriche
del settore, esponenti delle forze armate, organizzazioni internazionali,
rappresentanti dei governi e compagnie di contractor.
All’edizione del 2023 hanno partecipato 400 aziende, 1400 tra acquirenti,
venditori e rappresentanti di governi.
Tra gli sponsor ospiti del meeting spiccano la Regione Piemonte e la Camera di
Commercio.
Il vero fulcro della convention sono gli incontri bilaterali per stringere
accordi di cooperazione e vendita: nel 2021 ce ne furono oltre 7.500, due anni
fa sono saliti a 9.000.
All’Oval vengono allestiti alveari di uffici, dove sono sono sottoscritti
accordi commerciali per le armi che distruggono intere città, massacrano civili,
avvelenano terre e fiumi.
L’industria aerospaziale produce cacciabombardieri, missili balistici, sistemi
di controllo satellitare, elicotteri da combattimento, droni armati per azioni a
distanza.
All’Aerospace and defense meetings si giocano partite mortali per milioni di
persone in ogni dove.
Buona parte delle aziende italiane dell’aerospazio si trova in Piemonte. I
settori produttivi sono strettamente connessi con le università, in primis il
Politecnico, e altri settori della formazione.
In Piemonte, ci sono ben cinque attori internazionali di primo piano: Leonardo,
Avio Aero, Collins Aerospace, Thales Alenia Space, ALTEC.
Gran parte delle industrie mondiali di prima grandezza hanno partecipato
all’ultima biennale dell’aerospazio: Airbus, Avic, Aernnova Aerospace, Boeing,
Comac, Dell, Embraer, IHI Corporation, Lockheed Martin, Mahindra Aerostuctures,
MBDA, Mitsubishi, Nanoracks Europe, Nikon, Northrop Grumman, SAAB, Poeton
Polska, SKF Industrie, Superjet International, Tei-Tusas Engine Industries.
Erano presenti tutti i 7 cluster aerospaziali italiani: la Lombardia, la
Campania, il Lazio, l’Umbria, la Puglia e il Veneto e il Piemonte, la cui
delegazione era la più ampia con 75 imprese e 11 startup.
La Città dell’aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica
aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino,
sorgerà tra corso Francia e corso Marche, in un’area industriale dismessa da
anni, dopo il trasferimento dei settori produttivi nello stabilimento di Caselle
Torinese. Un luogo perfetto, che si incastona tra gli uffici di Leonardo e gli
stabilimenti Altec e Thales Alenia.
Leonardo punta sull’innovazione tecnologica, sulla ricerca e sul rinnovamento
dei siti produttivi.
La campagna di informazione e lotta fatta negli ultimi anni dall’Assemblea
Antimilitarista è riuscita a far emergere dall’opacità un progetto che mira a
trasformare la nostra città in polo ad alta tecnologia per lo sviluppo
dell’industria bellica.
Il focus della ricerca è il miglioramento dell’efficienza dei micidiali
strumenti già oggi capaci di distruggere il pianeta.
Gli attori istituzionali, in primis la Regione Piemonte, ed i rappresentanti
delle principali industrie hanno provato a minimizzare la vocazione
squisitamente bellica della Città dell’Aerospazio.
Ma non saranno certo le nebbie del “dual use” (militare e civile) o
l’immaginario dei viaggi spaziali a nascondere la realtà.
Lo dimostrano le dichiarazioni di Marco Zoff, capo divisione velivoli di
Leonardo: «Siamo qui per condividere una ambizione, vogliamo portare in questi
spazi la ricerca e lo sviluppo di alcuni dei programmi industriali nei quali
Leonardo è impegnato, l’Eurodrone, le tecnologie dei sistemi senza pilota e il
caccia del futuro. Per farlo abbiamo bisogno di uno spazio dove fare ricerca e
sviluppo e questo della Città dell’aerospazio è un tassello fondamentale sulla
strada che ci porterà a sviluppare nuovi progetti su questo territorio».
Nell’ottobre del 2022 Leonardo ha ceduto in comodato d’uso al Politecnico gli
spazi della palazzina 37 dell’ex Alenia. Una foglia di fico per salvare la
faccia al Politecnico che, nei fatti, accelera il processo di integrazione nel
complesso militare industriale accingendosi a trasferire parte della ricerca in
una struttura di proprietà di Leonardo.
Il progetto è rimasto fermo per anni ai blocchi di partenza. Dal novembre 2021,
quando ne venne annunciata la costruzione all’ottavo Aerospace and Defence
Meetings, sino al febbraio 2025, quando sono iniziati alcuni lavori di
demolizione, nulla si è mosso.
La ricerca costa e nessuna impresa è disponibile ad investire, senza il sostegno
pubblico.
Non per caso i primi segnali di (ri)apertura dei giochi sono arrivati nel
dicembre del 2024, quando dal cappello del PNRR sono spuntati 17 milioni di euro
destinati al centro ricerche del Politecnico.
Tuttavia sono molte le incertezze che ancora gravano sul progetto: Leonardo non
trova privati disposti ad investire. Non per caso nelle ultime dichiarazioni
fatte alla stampa emerge che il Politecnico sarà il “soggetto attuatore del
progetto” che, assicura Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, il suo
Gruppo “sosterrà”. Da protagonista a sostenitore? Cingolani appare decisamente
prudente. Per ora di certo ci sono soltanto i 12mila mq di laboratori che
saranno di pertinenza del Politecnico, un intervento da poco più di 40 milioni
finanziato dalla Regione (15 milioni) e dai 17 milioni del Pnrr . Siamo ancora
lontani dal budget necessario a coprire l’intera operazione e Leonardo fa
pressione sul governo perché metta mano al portafoglio.
La Città dell’Aerospazio ospiterà anche un acceleratore d’innovazione nel campo
della Difesa, uno dei nove nodi europei del Defence Innovation Accelerator for
the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO.
Questo progetto, partito nel giugno 2021 a Bruxelles, si inserisce nel programmi
di innovazione tecnologica della NATO per il 2030. Compito del polo di Torino è
quello di coordinare e gestire, attraverso bandi e fondi messi a disposizione
dai Paesi alleati, una rete di aziende e start up italiane, per metterla al
servizio delle necessità dell’Alleanza.
Per D.I.A.N.A la NATO ha investito un miliardo di dollari. Una montagna di soldi
utilizzati per produrre tecnologie sempre più sofisticate, sempre più mortali.
Dulcis in fundo. il 14 dicembre 2023 i governi italiano, giapponese e britannico
hanno sottoscritto l’accordo sul Global Combat Air Programme, che prevede la
progettazione e realizzazione, da parte di Leonardo, Mitsubishi e BAE Systems,
di un nuovo cacciabombardiere, destinato a sostituire l’Eurofighter e l’F35.
In questo modo viene garantito un futuro anche allo stabilimento Alenia di
Caselle Torinese, che terminate le commesse per gli Eurofighter, che ad oggi
sono ultradecennali, si rinnoverà per i nuovi, ancor più mortali, velivoli da
guerra.
I tasselli del mosaico che sta consegnando Torino al ruolo di capitale delle
armi sono molteplici e non sempre si incastonano secondo le aspettative di chi
li promuove ed appoggia.
I diversi attori imprenditoriali e politici che sostengono il progetto giocano
la carta del ricatto occupazionale, in una città dove la precarietà del lavoro e
della vita è sempre più forte e diffusa, dove salute, istruzione, trasporti sono
i privilegi di chi può pagare.
Occorre capovolgere la logica perversa che vede nell’industria bellica il motore
che renderà più prospera la nostra città. Un’economia di guerra produce solo
altra guerra.
Negli ultimi vent’anni, piano piano, l’impegno degli antimilitaristi contro la
produzione e il commercio di armi, ha cominciato a dare i suoi frutti,
allargando ad aree più ampie la lotta contro la guerra e chi la arma.
Contrastare attivamente il decimo Aerospace and Defense Meetings è tappa
importante di questo percorso.
Viviamo tempi grami. La corsa al riarmo e l’affermarsi di un’economia di guerra
possono e devono essere inceppati.
Dipende da ciascuno di noi.
Sabato 29 novembre
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis
Contro la guerra e chi la arma!
Via i mercanti d’armi!
Martedì 2 dicembre
giornata di blocco all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
No all’aerospace and defence meetings!