di Laila Hassan* Perché il palestinese buono è quello morto o rassegnato.
Appunti sull’inadeguatezza della sinistra italiana “La guerra di liberazione non
è un’istanza di riforme, ma lo sforzo grandioso …
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Il cosiddetto “piano Trump”, oggi avallato anche dall’ONU, continua a essere
presentato come una soluzione politica per il “conflitto israelo-palestinese”,
ma nella realtà consolida la logica di colonizzazione e di dominio che soffoca
la popolazione palestinese. Nel frattempo, l’esercito israeliano intensifica gli
attacchi contro Gaza e il Libano, mentre la situazione umanitaria in Palestina
precipita verso condizioni insostenibili.
Il governo italiano, nel frattempo, rilancia il tentativo di frenare le grandi
mobilitazioni del 28 settembre e del 3-4 ottobre con il DDL Gasparri: un
provvedimento che punta a usare la definizione di “antisemitismo” come clava per
colpire chi critica il sionismo, le politiche genocidarie di Israele, le
complicità del governo italiano e il generale clima di guerra che si sta
costruendo in Europa. Criminalizzare le posizioni anti-sioniste significa
colpire direttamente i movimenti che, in queste mobilitazioni, hanno sostenuto
la resistenza del popolo palestinese.
In un simile scenario, il movimento internazionale di solidarietà con la
resistenza palestinese non può rallentare. Anche per questo, domenica 23
novembre, al Centro sociale G. Costa di Bologna, la rete “Liberi/e di lottare –
contro lo stato di guerra e di polizia”, insieme a realtà studentesche,
insegnanti e collettivi di movimento, convoca un’assemblea nazionale contro il
DDL Gasparri e contro la guerra in Palestina. Ne parliamo con Pietro Basso,
della rete “Liberi/e di lottare”.
Contro l’escalation bellica e i tagli alle scuole e alle università, e in
solidarietà con la Palestina, venerdì, è stata una giornata di lotta e sciopero
studentesco in decine di città italiane, organizzato da collettivi studenteschi
e dal movimento Fridays For Future, per denunciare anche “una situazione
drammatica per la scuola, con investimenti a pioggia nell’economia bellica e
poco o nulla per formazione, istruzione, cultura”. La giornata di mobilitazione
di venerdì è stata anche definita come “No Meloni Day”, con il blocco non solo
di scuole, ma anche di Università, con scioperi, presidi e manifestazioni.
Ieri, domenica, all’alba gli agenti della Digos di Torino hanno fatto irruzione
a casa di uno studente diciottenne, attivista dei collettivi studenteschi
torinesi, che è stato arrestato e posto agli arresti domiciliari.
Stamattina comparirà davanti al giudice per il processo per direttissima.
L’operazione è stata eseguita in flagranza differita, una procedura che permette
l’arresto anche a distanza di ore dal fatto.
La reazione del mondo studentesco non si è fatta attendere, con un comunicato di
diffuso ieri e che riportiamo per intero e diversi appuntamenti: oggi alle ore
16 davanti alla Prefettura in Piazza castello, domani alle ore 18, appuntamento
a Palazzo Nuovo per l’assembea pubblica di Torino per Gaza e il 28 novembre,
giornata di sciopero generale.
Abbiamo chiesto a uno studente del collettivo del liceo Einstein di raccontarci
la giornata di venerdì e di darci più informazioni rispetto all’arresto di ieri
e ai prossimi appuntamenti.
Di seguito, il comunicato uscito ieri dal Collettivo Gioberti di Torino,
Assemblea studentesca e KSA Torino a seguito dell’arresto in flagranza differita
nei confronti di Omar, uno studente del liceo Gioberti che ha partecipato alla
manifestazione studentesca di venerdì 14 novembre.
Stamattina, domenica 16 novembre, la polizia è piombata in casa di uno
studente appena diciottenne, portandolo in questura per poi metterlo ai
domiciliari, impedendogli categoricamente di andare a scuola nei
prossimi giorni, il suo processo è fissato per domani in direttissima e non gli
sono neanche stati consegnati gli atti per preparare la difesa, che invece che
in mesi dovrà essere preparata in ore.
Omar non è che uno studente, un compagno di scuola e di lotta, un
coetaneo che la polizia ha deciso di individuare come soggetto su cui
accanirsi violentemente per colpire ed intimidire tutti coloro che hanno
preso parte allo sciopero di venerdì 14 novembre.
È evidente infatti, che quest’azione miri a rompere l’unità e la coesione
studentesca andatasi a creare dopo mesi di mobilitazioni e occupazioni che hanno
visto protagoniste più di quaranta scuole Torinesi, nel tentativo di spaventare
lə innumerevoli studentə che si sono viste protagoniste delle piazza di venerdì
e provando a sminuire le azioni che sono state fatte a seguito di decisioni
COLLETTIVE, riducendole ad un atto dislocato e facendone gravare le conseguenze
su una singola persona.
In una giornata che ha visto un grande coinvolgimento da parte delle
scuole, la risposta da parte delle forze dell’ordine non è stata che
violenta, prima a Porta Nuova e in un secondo tempo a Città
Metropolitana, luogo in cui ci siamo diretti per portare ancora un volta
alla luce le gravi mancanze a livello strutturale e finanziario nell’istituzione
scolastica, situazioni di disagio per cui lə studentə hanno bloccato le scuole
dimostrando, come al liceo Lagrange, che nel
momento in cui si fa pressione i fondi per ristrutturare le scuole
magicamente compaiono.
Alla città metropolitana c’eravamo tutte e rivendichiamo collettivamente ciò che
invece la questura di Torino affilia ad una sola persona, e ricordiamo che i
famosi scontri per i quali viene accusato Omar sono partiti dopo che la polizia
ha chiuso uno studente in uno stanzino e gli ha spaccato la testa, prendendolo
in ostaggio.
Del resto, questo modus operandi non ci è nuovo. è un copione già
scritto infatti, quello in cui le dimensioni di scontro di piazza collettive
vengano depoliticizzate e ridotte a meri atti di violenza imputabili a
singole soggettività, unico modo per legittimare la repressione su chi
lotta contro gli sporchi interessi governativi, contro una scuola asservita alla
conversione bellica, contro al taglio sempre crescente di fondi al welfare
pubblico in favore del suprematismo occidentale a suon di bombe.
Siamo indignati, incazzati, ma non così sorpresi da queste dinamiche
repressive, infantili e quasi di ripicca da parte del governo, che si vede
messo all’angolo dai giovani ormai esasperati che non si tirano indietro
nel mostrare il loro dissenso ad un governo complice che giorno dopo
giorno mette sempre più da parte la scuola, preparandosi a tagliare 600
milioni di euro dall’istruzione per investirli nell’industria bellica.
Ma non basteranno i manganelli a farci abbassare la testa.
Siamo tenaci, furiosi e non abbiamo paura di alzare la voce continuando
a bloccare tutto per un futuro diverso,per un mondo nuovo.
In piazza con Omar c’eravamo tutti. Non era da solo, e per quanto
possano provare a confinarlo in casa e ad isolarlo non lo sarà nemmeno
ora.
Non gliela daremo vinta, la lotta è appena iniziata, torniamo nelle nostre
scuole, alziamo la voce,disertiamo le lezioni, blocchiamo tutto,
prendiamoci gli spazi scolastici che in quanto studenti ci appartengono e
dimostriamo che gli studenti sono una collettività unita a cui i loro sporchi
giochi di potere di divisione e repressione delle lotte
Omar ha il diritto di andare a scuola esattamente come tutti noi.
Se non lo potrà fare lui, non lo farà nessuno.
Omar libero subito
Per comprendere la natura del conflitto ucraino dobbiamo farci la classica
domanda “cui prodest” ed uno degli effetti strutturali più rilevanti della
guerra in Ucraina è che a livello energetico gli Stati Uniti stanno diventando
per l’Ue quello che fino al 2022 era stata la Russia per l’approvvigionamento di
energia visto che gli USA già oggi pesano per oltre il 50% delle importazioni di
gas liquefatto (e il 15% di quelle petrolifere).
A ottobre, per la prima volta, un singolo Paese gli USA ha esportato oltre 10
milioni di tonnellate metriche (mmt) di gas liquefatto, il 70% delle quali verso
l’Europa. e l’export di Gnl Usa, si stima, raddoppierà da qui al 2028 ,inoltre
nell’accordo sui dazi con la Casa Bianca, la Commissione s’è impegnata a un
ammontare folle di acquisti nel settore energetico Usa: 750 miliardi di dollari
in tre anni. Gli Stati Uniti hanno raggiunto con la guerra in Ucraina lo scopo
indicato da Brezinski ( La grande scacchiera,) il quale sosteneva che
l’obiettivo strategico degli Stati Uniti fosse quello di separare la Russia
dall’Europa per impedire la formazione di un blocco continentale che potesse
sfidare la potenza americana.
Non solo gas ma anche la nuova corsa agli armamenti , si parla del missile
ipersonico Dark Eagle che schierato in Germania potrebbe colpire obiettivi nella
Russia centrale nell’arco di sei-sette minuti. In risposta a queste minacce, la
Russia ha sospeso la moratoria sul dispiegamento di missili a medio e corto
raggio, dopo aver testato con successo il missile Burevestnik e il drone
sottomarino Poseidon.
L’ambasciatrice ucraina negli Stati Uniti ha dichiarato che il suo Paese «sta
conducendo negoziati positivi» con gli Stati Uniti incentrati sulla consegna a
Kiev di missili Tomahawk e altre armi a lungo raggio. Sta cominciando una nuova
corsa al riarmo tra Russia e Stati Uniti come quella che impose con conseguenze
catastrofiche per l’Urss Reagan negli anni 80 ,mentre gli Stati Uniti progettano
il sistema di difesa integrale “golden dom”.
Ne parliamo con Francesco Dall’Aglio esperto dell’Europa orientale e di
strategia.
di Valentina Pazé* La politica insiste nel preparare la guerra ma, per fortuna,
l’attrazione per le armi appartiene più alla classe politica che ai cittadini.
“La scuola non si arruola”, …
Era la capitale dell’auto. L’industria automobilistica era indicata tra le
eccellenze cittadine nei cartelli di ingresso alla città.
La lenta ma inesorabile fuga della Fiat ne ha decretato la decadenza e
l’impoverimento.
Torino negli ultimi decenni è stata attraversata da due processi trasformativi
paralleli: la città/vetrina e la città delle armi.
La città/vetrina è il fulcro della narrazione pubblica, il fiore all’occhiello
delle amministrazioni cittadine, che, attraverso interventi di rigenerazione
escludente hanno cambiato il volto della città, arricchendo il centro ma
rendendo sempre più povere le periferie, frantumate dalla gentrification e da un
sempre più asfissiante controllo poliziesco.
La città delle armi è invece cresciuta in sordina, senza rumore, senza grandi
annunci.
La grande scommessa sull’industria armiera, fatta in modo unanime da tutti i
centri di potere politico ed economico viene nascosta tra satelliti ed
esplorazioni spaziali.
Torino è uno dei centri dell’industria bellica aerospaziale del nostro paese.
Settima nel mondo e quarta in Europa, con un giro d’affari di oltre 16.4
miliardi di euro, 47.274 addetti l’industria aerospaziale è un enorme business
di morte.
Si tratta di un settore, che nonostante qualche difficoltà nelle supply chain,
le catene di approvvigionamento, è destinato a crescere grazie alle potenti
dinamiche di warfare degli ultimi anni.
Il settore delle armi è il cavallo di battaglia sul quale scommettono le
amministrazioni locali e l’imprenditoria subalpina.
Il progetto di Città dell’Aerospazio e l’approdo in città di un acceleratore di
innovazione della NATO ne sono l’indicatore più chiaro.
Il declino del settore dell’automotive ha innescato un processo di riconversione
che si è indirizzato verso l’industria bellica. Il passaggio da 20 a 35mila
addetti non ha aumentato l’occupazione, ma è frutto del travaso dall’industria
dell’auto a quella delle armi. Un esempio tra i tanti: la LMA Aerospace
Technology, azienda di media grandezza di Pianezza nell’hinterland torinese,
nata nel 1970 come tassello del grande indotto Fiat, è risorta a nuovi fasti,
specializzandosi nella componentistica per il settore aerospaziale civile e
militare.
La nascita, nel 2019, del Distretto Aerospaziale Piemontese ha segnato
un’accelerazione per l’industria bellica nella nostra regione.
Il Distretto Aerospaziale Piemontese è un think tank che svolge un compito di
promozione, coordinamento ed affiancamento delle attività delle industrie del
settore.
Sino alla sua promozione a ministro della Difesa il DAP era guidato da Guido
Crosetto: oggi al suo posto c’è Fulvia Quagliotti che ne ha ricalcato le orme.
Per cogliere l’importanza di questo organismo di governance è sufficiente dare
un’occhiata alla lista dei soci del DAP, in cui spiccano attori politici,
industriali e poli della ricerca e della formazione.
Nel consiglio direttivo del DAP, oltre alla presidente Quagliotti, designata
dalla Regione Piemonte, i due vicepresidenti e gli altri membri sono stati
indicati da industrie del settore, associazioni industriali e universitarie.
A Torino, ogni due anni si tiene l’Aerospace and defense meetings, che
quest’anno arriva alla decima edizione.
La convention si svolgerà dal 2 al 4 dicembre, come di consueto negli spazi
dell’Oval Ligotto. centro congressi facente parte delle strutture nate sulle
ceneri del complesso industriale dell’ex Fiat.
La mostra-mercato è un evento chiuso riservato agli addetti ai lavori: fabbriche
del settore, esponenti delle forze armate, organizzazioni internazionali,
rappresentanti dei governi e compagnie di contractor.
All’edizione del 2023 hanno partecipato 400 aziende, 1400 tra acquirenti,
venditori e rappresentanti di governi.
Tra gli sponsor ospiti del meeting spiccano la Regione Piemonte e la Camera di
Commercio.
Il vero fulcro della convention sono gli incontri bilaterali per stringere
accordi di cooperazione e vendita: nel 2021 ce ne furono oltre 7.500, due anni
fa sono saliti a 9.000.
All’Oval vengono allestiti alveari di uffici, dove sono sono sottoscritti
accordi commerciali per le armi che distruggono intere città, massacrano civili,
avvelenano terre e fiumi.
L’industria aerospaziale produce cacciabombardieri, missili balistici, sistemi
di controllo satellitare, elicotteri da combattimento, droni armati per azioni a
distanza.
All’Aerospace and defense meetings si giocano partite mortali per milioni di
persone in ogni dove.
Buona parte delle aziende italiane dell’aerospazio si trova in Piemonte. I
settori produttivi sono strettamente connessi con le università, in primis il
Politecnico, e altri settori della formazione.
In Piemonte, ci sono ben cinque attori internazionali di primo piano: Leonardo,
Avio Aero, Collins Aerospace, Thales Alenia Space, ALTEC.
Gran parte delle industrie mondiali di prima grandezza hanno partecipato
all’ultima biennale dell’aerospazio: Airbus, Avic, Aernnova Aerospace, Boeing,
Comac, Dell, Embraer, IHI Corporation, Lockheed Martin, Mahindra Aerostuctures,
MBDA, Mitsubishi, Nanoracks Europe, Nikon, Northrop Grumman, SAAB, Poeton
Polska, SKF Industrie, Superjet International, Tei-Tusas Engine Industries.
Erano presenti tutti i 7 cluster aerospaziali italiani: la Lombardia, la
Campania, il Lazio, l’Umbria, la Puglia e il Veneto e il Piemonte, la cui
delegazione era la più ampia con 75 imprese e 11 startup.
La Città dell’aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica
aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino,
sorgerà tra corso Francia e corso Marche, in un’area industriale dismessa da
anni, dopo il trasferimento dei settori produttivi nello stabilimento di Caselle
Torinese. Un luogo perfetto, che si incastona tra gli uffici di Leonardo e gli
stabilimenti Altec e Thales Alenia.
Leonardo punta sull’innovazione tecnologica, sulla ricerca e sul rinnovamento
dei siti produttivi.
La campagna di informazione e lotta fatta negli ultimi anni dall’Assemblea
Antimilitarista è riuscita a far emergere dall’opacità un progetto che mira a
trasformare la nostra città in polo ad alta tecnologia per lo sviluppo
dell’industria bellica.
Il focus della ricerca è il miglioramento dell’efficienza dei micidiali
strumenti già oggi capaci di distruggere il pianeta.
Gli attori istituzionali, in primis la Regione Piemonte, ed i rappresentanti
delle principali industrie hanno provato a minimizzare la vocazione
squisitamente bellica della Città dell’Aerospazio.
Ma non saranno certo le nebbie del “dual use” (militare e civile) o
l’immaginario dei viaggi spaziali a nascondere la realtà.
Lo dimostrano le dichiarazioni di Marco Zoff, capo divisione velivoli di
Leonardo: «Siamo qui per condividere una ambizione, vogliamo portare in questi
spazi la ricerca e lo sviluppo di alcuni dei programmi industriali nei quali
Leonardo è impegnato, l’Eurodrone, le tecnologie dei sistemi senza pilota e il
caccia del futuro. Per farlo abbiamo bisogno di uno spazio dove fare ricerca e
sviluppo e questo della Città dell’aerospazio è un tassello fondamentale sulla
strada che ci porterà a sviluppare nuovi progetti su questo territorio».
Nell’ottobre del 2022 Leonardo ha ceduto in comodato d’uso al Politecnico gli
spazi della palazzina 37 dell’ex Alenia. Una foglia di fico per salvare la
faccia al Politecnico che, nei fatti, accelera il processo di integrazione nel
complesso militare industriale accingendosi a trasferire parte della ricerca in
una struttura di proprietà di Leonardo.
Il progetto è rimasto fermo per anni ai blocchi di partenza. Dal novembre 2021,
quando ne venne annunciata la costruzione all’ottavo Aerospace and Defence
Meetings, sino al febbraio 2025, quando sono iniziati alcuni lavori di
demolizione, nulla si è mosso.
La ricerca costa e nessuna impresa è disponibile ad investire, senza il sostegno
pubblico.
Non per caso i primi segnali di (ri)apertura dei giochi sono arrivati nel
dicembre del 2024, quando dal cappello del PNRR sono spuntati 17 milioni di euro
destinati al centro ricerche del Politecnico.
Tuttavia sono molte le incertezze che ancora gravano sul progetto: Leonardo non
trova privati disposti ad investire. Non per caso nelle ultime dichiarazioni
fatte alla stampa emerge che il Politecnico sarà il “soggetto attuatore del
progetto” che, assicura Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, il suo
Gruppo “sosterrà”. Da protagonista a sostenitore? Cingolani appare decisamente
prudente. Per ora di certo ci sono soltanto i 12mila mq di laboratori che
saranno di pertinenza del Politecnico, un intervento da poco più di 40 milioni
finanziato dalla Regione (15 milioni) e dai 17 milioni del Pnrr . Siamo ancora
lontani dal budget necessario a coprire l’intera operazione e Leonardo fa
pressione sul governo perché metta mano al portafoglio.
La Città dell’Aerospazio ospiterà anche un acceleratore d’innovazione nel campo
della Difesa, uno dei nove nodi europei del Defence Innovation Accelerator for
the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO.
Questo progetto, partito nel giugno 2021 a Bruxelles, si inserisce nel programmi
di innovazione tecnologica della NATO per il 2030. Compito del polo di Torino è
quello di coordinare e gestire, attraverso bandi e fondi messi a disposizione
dai Paesi alleati, una rete di aziende e start up italiane, per metterla al
servizio delle necessità dell’Alleanza.
Per D.I.A.N.A la NATO ha investito un miliardo di dollari. Una montagna di soldi
utilizzati per produrre tecnologie sempre più sofisticate, sempre più mortali.
Dulcis in fundo. il 14 dicembre 2023 i governi italiano, giapponese e britannico
hanno sottoscritto l’accordo sul Global Combat Air Programme, che prevede la
progettazione e realizzazione, da parte di Leonardo, Mitsubishi e BAE Systems,
di un nuovo cacciabombardiere, destinato a sostituire l’Eurofighter e l’F35.
In questo modo viene garantito un futuro anche allo stabilimento Alenia di
Caselle Torinese, che terminate le commesse per gli Eurofighter, che ad oggi
sono ultradecennali, si rinnoverà per i nuovi, ancor più mortali, velivoli da
guerra.
I tasselli del mosaico che sta consegnando Torino al ruolo di capitale delle
armi sono molteplici e non sempre si incastonano secondo le aspettative di chi
li promuove ed appoggia.
I diversi attori imprenditoriali e politici che sostengono il progetto giocano
la carta del ricatto occupazionale, in una città dove la precarietà del lavoro e
della vita è sempre più forte e diffusa, dove salute, istruzione, trasporti sono
i privilegi di chi può pagare.
Occorre capovolgere la logica perversa che vede nell’industria bellica il motore
che renderà più prospera la nostra città. Un’economia di guerra produce solo
altra guerra.
Negli ultimi vent’anni, piano piano, l’impegno degli antimilitaristi contro la
produzione e il commercio di armi, ha cominciato a dare i suoi frutti,
allargando ad aree più ampie la lotta contro la guerra e chi la arma.
Contrastare attivamente il decimo Aerospace and Defense Meetings è tappa
importante di questo percorso.
Viviamo tempi grami. La corsa al riarmo e l’affermarsi di un’economia di guerra
possono e devono essere inceppati.
Dipende da ciascuno di noi.
Sabato 29 novembre
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis
Contro la guerra e chi la arma!
Via i mercanti d’armi!
Martedì 2 dicembre
giornata di blocco all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
No all’aerospace and defence meetings!
Estratti dalla puntata del 3 novembre 2025 di Bello Come Una Prigione Che Brucia
SCIOPERO DELLA FAME DI PALESTINE ACTION Il 2 novembre 2025 (anniversario della
dichiarazione di Balfour come atto fondativo dell’entità statale sionista) due
prigioniere di Palestine Action, Qesser Zurah and Amu Gibb, detenute nel carcere
di Bronzefield, hanno iniziato uno sciopero della […]
Quali interessi si muovono dietro le grandi opere portuali?Un progetto guidato
da Royal Caribbean vuole trasformare un’area di litorale a Fiumicino nel primo
grande porto crocieristico in Italia affidato a un privato.Comitati e realtà
locali che difendono il territorio e la vita di chi lo abita sono mobilitati
dalle prime avvisaglie di questo progetto, e, […]
Il vertice tenutosi a Sharm el-Sheikh il 13 ottobre 2025, alla presenza di molti
leader arabi e europei, per garantire il riconoscimento internazionale degli
accordi di pace che dovrebbero porre fine alla guerra unilaterale di Israele
contro la popolazione gazawi, intende, da un lato, proseguire il tentativo di
normalizzazione dei rapporti tra Paesi arabi e […]
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
https://radioblackout.org//podcast/anarres-del-26-settembre-ricerca-sul-clima-un-caso-di-obiezione-di-coscienza-rudolf-rocker-lanarchia-oltre-le-macerie-del-secolo
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Guerra alla ricerca sul clima. Un caso di obiezione di coscienza
In questi giorni alla cascina e parco “Le Vallere”, che ospita una importante
stazione di rilevamento idrologico e meteorologico, si tiene un evento europeo
su “Water and Ecosystems in the Mediterranean: Climate Challenges and Adaptive
Responses”. Ovvero il problema idrico in diversi aspetti: troppa acqua nelle
precipitazioni, sparizione dell’acqua sotto forma di ghiacci, siccità. Se ne
parla con tecnici e ricercatori che operano sul campo, in glaciologia,
meteorologia e allerte meteo, analisi rischi, biodiversità e ovviamente la
metrologia a supporto delle misure.
Si tratta di studi cruciali per capire quali misure adattive siano necessarie
per fermare ed arginare la catastrofe in corso.
Dalle Vallere ci siamo collegati con Andrea Merlone, Dirigente di Ricerca –
Research Manager dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica con cui abbiamo
parlato dei tagli che queste ricerche stanno subendo in moltissimi paesi. Le
risorse vengono dirottate sulla ricerca bellica, che divenendo prioritaria quasi
ovunque, con conseguenze gravissime.
Non solo. È in atto una infiltrazione dei militari nelle misurazioni del clima,
dell’aria, dell’acqua perché necessarie al miglior funzionamento delle armi.
Dopo anni a supportare misure sempre più raffinate per comprendere il
riscaldamento dei mari parametro fondamentale soprattutto nel Mediterraneo, la
conferenza di riferimento di Genova si apre con una sessione plenaria dedicata a
“Military Metrology for the sea”. Ovvero gli interessi militari, sdoganati ormai
in pubblico in temi di misure, soprattutto per il mappamento dei fondali. Andrea
ci ha raccontato del suo rifiuto a presiedere e a partecipare ad un evento di
rilievo mondiale sulle misure marine.
Rudolf Rocker. L’anarchia oltre le macerie del secolo
Nel corso della sua straordinaria parabola esistenziale, Rudolf Rocker, uno dei
maggiori protagonisti dell’anarchismo tedesco e internazionale, ha profuso la
sua attività militante in una molteplicità di contesti sociali e politici,
passando dalla Germania di Bismarck alla Londra del movimento operaio yiddish,
per approdare infine negli Stati Uniti. Se il suo impegno sociale rimane
costante, il suo approccio politico cambia nel corso dei decenni, muovendo da
una visione prettamente anarcosindacalista a una visione più pragmatica e
gradualista attenta a proporre concrete analisi delle trasformazioni in atto
nella società. Le sue riflessioni consentono di ricostruire il percorso
intellettuale di uno dei più lucidi pensatori libertari del Novecento, come
testimonia la sua acuta analisi del totalitarismo di destra e di sinistra e la
sua incisiva critica di una concezione rivoluzionaria incapace di riflettere a
fondo sulle ragioni che avevano portato alla sconfitta della Rivoluzione
spagnola e alla degenerazione della Rivoluzione russa.
Il prossimo venerdì presenteremo una raccolta di testi di Rudolf Rocker
“Anarchismo, Politica, Comunità. Scritti in un tempo di crisi 1919 – 1947”
Con il curatore del libro, Gianfranco Ragona, docente di storia all’università
di Torino, abbiamo anticipato alcuni dei temi di cui abbiamo discusso il venerdì
successivo con Ragona e con David Bernardini, che all’anarchico tedesco ha
dedicato uno studio.
L’anarchia ai tempi della peste
Guerre, massacri, corsa agli armamenti. Le aporie infinite dei movimenti di
opposizione schiacciati tra campismo, propaganda e miopia.
Proviamo ad entrare nel vivo, chiacchierandone con Lollo.
La straordinaria giornata di lotta del 22 settembre, che per la prima volta ha
visto le piazze riempirsi non solo di studenti e attivisti ma anche di tanti
esponenti di quella sinistra moderata e fluida che solo occasionalmente scende
in piazza con modalità più radicali. Li avevamo visti a Roma il 20 maggio ma la
cornice allora era ancora meramente testimoniale.
La loro ricomparsa in piazze che miravano esplicitamente al blocco dimostra la
crescente consapevolezza che solo ponendosi sul terreno dell’azione diretta si
può inceppare il meccanismo terrificante che sta tritando le vite di migliaia di
uomini, donne, bambine e bambini a Gaza.
A muovere queste piazze è stata soprattutto un’ondata di incontenibile
indignazione, la necessità di non essere complici di un genocidio.
Un fatto in se positivo.
Purtroppo sullo sfondo restano e si allungano le tante ombre che hanno segnato
questi due anni di feroce guerra a Gaza.
In primis l’appoggio acritico alla resistenza palestinese, guidata da forze
islamiste, che hanno disciplinato a forza la gente della striscia, che hanno una
polizia morale che controlla l’osservanza della legge islamica, che trattano con
ferocia ogni forma di opposizione.
Ma non solo. Mentre esplode la giusta indignazione per il genocidio, per la
fame, per la distruzione a Gaza, il genocidio in Darfur, la feroce guerra in
Sudan resta avvolta nel silenzio. Perché?
In Siria c’è stato un milione di morti e la guerra è tutt’altro che finita, tra
stragi di drusi e alaviti e la costante pressione per chiudere i conti con i
curdi del confederalismo democratico nel nord del paese. Silenzio. Perchè?
La guerra ai migranti è un genocidio. Si ha genocidio ogni volta che le vite
umane sono considerate dannose, in eccesso. Mentre la flottilla prova con grave
rischio a raggiungere Gaza, nel Mediterraneo si continua a morire in silenzio.
Perché?
Sono domande che ci piacerebbe porre a chi riempie oggi le piazze per fermare un
altro genocidio.
Appuntamenti:
Rudolf Rocker
L’anarchia oltre le macerie del secolo
Venerdì 3 ottobre
ore 21
corso Palermo 46
Rudolf Rocker “Anarchismo, Politica, Comunità. Scritti in un tempo di crisi 1919
– 1947”
Ne parliamo con il curatore del libro, Gianfranco Ragona, docente di storia
all’università di Torino e con David Bernardini, autore di “Contro le ombre
della notte. Storia e pensiero dell’anarchico tedesco Rudolf Rocker”
4 novembre
Smilitarizziamo la città!
Noi disertiamo
Il 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria” nella prima guerra mondiale,
in Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro per
spostare un confine.
In quella guerra a migliaia scelsero di gettare le armi e finirono davanti ai
plotoni di esecuzione.
La memoria dei disertori e dei senzapatria di allora vive nella solidarietà
concreta con chi oggi diserta le guerre che insanguinano il pianeta.
Le celebrazioni militari del 4 novembre, servono a giustificare enormi spese
militari, l’invio delle armi e l’impegno diretto dell’Italia nelle missioni
militari all’estero, in difesa dei propri interessi neocoloniali.
In ogni dove ci sono governi che pretendono che si uccida per spostare un
confine, per annientare i “nemici”, altri esseri umani massacrati in nome della
patria, della religione, degli interessi di pochi potenti.
In ogni dove c’è chi si oppone, c’è chi diserta, chi straccia le bandiere di
ogni nazione, perché sa che solo un’umanità internazionale potrà gettare le
fondamenta di quel mondo di libere e liberi ed uguali che ciascuno di noi porta
nel proprio cuore.
A due passi dalle nostre case ci sono le fabbriche che costruiscono le armi
usate nelle guerre che insanguinano il pianeta.
Nelle scuole bambine, bambini, ragazze e ragazzi, vengono sottoposti ad una
martellante campagna di arruolamento, ad una sempre più marcata propaganda
nazionalista.
Nelle strade della nostra città militari armati di mitra e manganello affiancano
polizia e carabinieri nel controllo, etnicamente mirato, delle periferie più
povere.
Vogliono farci credere che non possiamo fare nulla per contrastare le guerre.
Chi promuove, sostiene ed alimenta le guerre ci vorrebbe impotenti, passivi,
inermi. Non lo siamo.
In ogni dove c’è chi diserta, chi lotta contro le guerre degli stati.
Noi siamo al fianco di chi diserta la guerra.
Ogni volta che un militare entra in una scuola possiamo metterci di mezzo,
quando sta per aprire una fabbrica d’armi possiamo metterci di mezzo, quando
decidono di fare esercitazioni vicino alle nostre case possiamo metterci di
mezzo.
Le guerre cominciano da qui.
Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!
Via i mercanti d’armi!
Sabato 29 novembre
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis
Martedì 2 dicembre
blocchiamo i mercanti armi all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
Contro la guerra e chi la arma!
No all’aerospace and defence meetings!
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
Informati su lotte e appuntamenti!
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
FB
@senzafrontiere.to/
Telegram
https://t.me/SenzaFrontiere
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