Alla decima edizione dell’Aerospace and Defence meetings, il mercato
dell’industria aerospaziale di guerra appena conclusasi a Torino, c’era chi
stava dentro e chi stava fuori.
Dentro c’erano produttori, venditori, sponsor politici, fuori c’erano gli
antimilitaristi.
Fuori dall’Oval, fuori dal coro
Dopo il grande corteo che il sabato precedente aveva attraversato il centro
cittadino, gli antimilitaristi erano decisi a mettersi di traverso contro la
guerra e chi la arma.
Il 2 dicembre l’appuntamento era di fronte all’ingresso dell’Oval, dove,
protetti da un ingente schieramento di polizia, dovevano entrare i partecipanti
alla convention, fiore all’occhiello della lobby armiera subalpina.
Manifestanti armati di cartelli e striscioni hanno occupato la strada: la
polizia ha tentato senza successo di fermarli. Dopo pochi minuti le auto dirette
all’Oval hanno fatto retro marcia. I partecipanti sono stati obbligati ad
entrare all’Oval a piedi, alla spicciolata, da un passaggio interno al Lingotto.
Per la seconda volta in 20 anni gli antimilitarist* hanno bloccato l’ingresso ai
mercanti d’armi.
Una bella manciata di sabbia è stata gettata negli ingranaggi di una macchina
mortale. Bisognerà moltiplicare l’impegno perché la macchina sia fermata per
sempre.
La narrazione istituzionale e mediatica dell’Aerospace and defence meetings e
della Città dell’aerospazio continua nascondere dietro la retorica dei viaggi
spaziali, delle navicelle, degli esploratori di Marte e della Luna, la realtà di
un mercato e di un comparto produttivo il cui fulcro sono le armi:
cacciabombardieri, elicotteri da combattimento, droni, sistemi di puntamento.
La cortina fumogena che nasconde la scelta di trasformare Torino in capitale
delle armi è stata in parte dissipata, coinvolgendo nelle contestazioni
studenti, ecologisti, lavoratori della formazione, oltre ai gruppi che da anni
lottano contro l’industria bellica.
Dentro l’Oval, un coro con qualche stonatura
Il più grande progetto di Leonardo per il settore aerospaziale in Piemonte da
tempo mostrava delle crepe. Gli Aerospace and defence meetings sono stati la
cornice luminosa per il lancio della Città dell’aerospazio già nel 2021, quando
Leonardo, forte di un unanime appoggio istituzionale, annunciò che nei mesi
successivi sarebbe partita la costruzione di uno dei maggiori centri di ricerca
ed innovazione nel settore delle armi aerospaziali.
Nel 2023 alla nona fiera delle armi annunciarono la posa della prima pietra, ma
per altri due anni le erbacce hanno continuato a crescere tra i muri egli
edifici abbandonati. I primi segnali di (ri)apertura dei giochi sono arrivati
nel dicembre del 2024, quando dal cappello del PNRR sono spuntati 17 milioni di
euro destinati al centro ricerche del Politecnico. I lavori di demolizione,
della palazzina 37 dell’ex Alenia Aermacchi, di pertinenza del Politecnico,
cominciati a febbraio sono fermi da mesi. In compenso tutto il complesso di
corso Marche è stato chiuso da nuove recinzioni e jersey sovrastati da filo
spinato a lamelle, per contrastare le numerose incursioni degli antimilitaristi.
L’ultima attuata il 4 novembre, con il blocco alla Thales Alenia Space.
Le ambigue dichiarazioni di Cingolani facevano intuire da tempo che qualcosa
stesse cambiando, che Leonardo non era disponibile ad impiegare risorse proprie
per il progetto.
La ricerca costa: anche i produttori del settore in maggior espansione a livello
planetario preferiscono cercare soldi pubblici per i loro privatissimi affari.
Per un secolo lo ha fatto la Fiat e le sue successive incarnazioni societarie,
oggi è il turno del settore bellico.
Pochi giorni fa, all’Oval è stato presentato un aggiornamento del progetto
sostenuto da Leonardo, Politecnico, Regione Piemonte, Comune di Torino, Unione
industriali e Camera di commercio.
La parola chiave è “aggiornamento”, che dimostra che il protagonismo di Leonardo
è più nelle parole che nei fatti.
Dopo cinque anni, annunciare trionfalmente l’apertura di quattro nuovi
laboratori con 30 addetti nella vecchia palazzina di corso Francia, è il segno
inequivocabile che le crepe nella Cittadella delle armi sono ormai ben visibili.
Le dichiarazioni rilasciate lo dimostrano.
La palazzina 27 verrà ammodernata: quindi il bel progetto che campeggia da anni
in Comune si ridimensiona ma soprattutto cambia di segno, trasformandosi in
“Casa delle PMI”, ossia un condominio di piccole e grandi imprese, tutte ancora
da imbarcare.
La Regione Piemonte dal canto suo sgancia 14 milioni per spingere comunque la
nascita della cittadella delle armi.
Una buona ragione per rendere sempre più incisive le lotte antimilitariste.