Estratti dalla puntata del 22 dicembre 2025 di Bello Come Una Prigione Che
Brucia
SGOMBERO ASKATASUNA E ECONOMIA DELLA REPRESSIONE
Partiamo con un articolo (suggerito da una persona all’ascolto) che ci consente
di riflettere sul profilo di economia della repressione sovrapposto allo
sgombero di Askatasuna:
PRISONERS FOR PALESTINE
Mentre va in onda la puntata, sei Prisoners for Palestine (Qesser Zuhrah, Amu
Gib, Heba Muraisi, T Hoxha, Kamran Ahmed e Lewie Chiaramello) stanno proseguendo
lo sciopero della fame in condizioni critiche: nell’ultima settimana, oltre 800
sanitari hanno segnalato il “concreto rischio di morte per questi giovani
cittadini britannici in carcere senza una condanna”. Cinque di loro hanno dovuto
ricorrere a ricoveri ospedalieri, come nel caso di Qesser, per la quale sono
state indispensabili mobilitazioni davanti al carcere affinché le fosse
consentito il trasferimento in ambulanza.
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AGGIORNAMENTO: Nella serata del 23 dicembre 2025 apprendiamo che Amu e Qesser
hanno interrotto lo sciopero della fame. Nel frattempo a Londra al termine di
un’azione contro la compagnia assicurativa Aspen in solidarietà con prigionierx
di Palestine Action, l’attivista Greta Thunberg veniva fermata e incriminata per
“supporto a un gruppo proscritto sotto la legge anti-terrorismo”.
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Parallelamente proseguono arresti e intimidazioni verso chi si esprime a favore
di Palestine Action o semplicemente contro le politiche di oppressione e
sterminio portate avanti da Israele e dal suo esercito terrorista.
Sul fronte repressivo occidentale, osserviamo come sia all’opera una
compressione della libertà di contestazione delle politiche sioniste molto più
intensa rispetto al contrasto delle cosiddette posizioni “russofile”: nonostante
ci ricordino a reti unificate come l’Europa sia sotto attacco, nonostante si
prosegua in un arruolamento di massa della società e si stiano strutturando
agenzie per il controllo militare dell’infosfera e del consenso (leggesi
“contrasto alla guerra ibrida”), da Londra a Berlino, da L’Aquila a Torino,
vediamo come la repressione operi sopratutto per tutelare gli interessi di una
potenza straniera come Israele.
AI E CONVERSAZIONI DETENUTI
L’azienda statunitense Securus Technologies ha sviluppato un sistema per il
monitoraggio delle comunicazioni delle persone detenute verso l’esterno: un
prodotto addestrato con le loro conversazioni telefoniche (senza consenso) e
pronto a essere venduto a diversi dipartimenti carcerari con lo scopo di
prevenire la pianificazione di attività criminali.
Cerchiamo di osservare come la crescita del fenomeno della detenzione di massa
produca imprescindibilmente un bacino di mercato per prodotti dedicati al
settore, ma al contempo come l’analisi automatizzata delle conversazioni delle
persone detenute sia stata inaugurata durante la pandemia di Covid-19:
ICE E FBI: NOTE DI COSTUME
Piccola parentesi sulle politiche di reclutamento per la costituzione delle
milizie fidelizzate dell’ICE e su Kash Patel, freneticamente impegnato a trovare
una giacca adatta dopo l’omicidio di Charles Kirk:
IL CASO SHAHIN E LE DEPORTAZIONI COME “IGIENE SOCIALE”
In Italia non abbiamo l’ICE, ma la nostra giustizia amministrativa rimuove
individui dal tessuto sociale, anche per questioni politiche: il caso dell’imam
Mohamed Shahin rientra in quel 10% di provvedimenti di espulsione per “motivi di
sicurezza”.
Ne parliamo con Erasmo Sossich, autore di un importante articolo pubblicato su
Monitor, all’interno di quel si analizza il ricorso a questa forma specifica di
repressione in Italia e non solo:
LINK all’articolo su Monitor