Malormone studiatissim3 e un po’ seriose per parlare con lx traduttricx di una
fanzine sulle cose difficili, le relazione non monogame e tutte le cose che
fanno male al pancino ma ci piacciono tanto.
Qui ascoltate la puntata:
Qui potete leggere la fanzine in pdf o stamparvela come vi piace.
> Amare senza emergenza (lo voglio ma mi sento morire). Scritti su trauma,
> attaccamento e poliamore
Qui il sito dell’autrice canadese:
https://www.clementinemorrigan.com
Source - Radio Blackout 105.25FM
Since 1992 One Station Against The Nation
A Macerie su Macerie riprendiamo il tema dell’urbanistica, in vista del nuovo
piano regolatore della città previsto per il 2026.
Attraverso un’intervista di qualche anno fa a Jean Pierre Garnier, sociologo e
compagno, riflettiamo sulle ideologie urbane degli ultimi decenni, tra le
retoriche sulla partecipazione attiva della cittadinanza e la metropoli della
paura che prende forma.
Ascolta qui la puntata precedente sull’argomento: Il “modello Milano” per
Torino: il nuovo piano regolatore.
“Recorded in my living room last week, I wanted to summarize and end the year on
a faster note with some of my favorite releases from this year. Especially so,
this mix spotlights FLINTA producers whose catalogs deserve the world’s full
attention. In my house I don’t hold back on the bass, we kick off in fem finesse
and we pump up the amplifiers like their name’s Sue. Strap in, lock on, and
enjoy the show. Shoutout to the lezzies, the dolls, and the enbies for pushing
advanced club music to sick new frontiers.”
Stefan Strange is a DJ from Skopje’s FLINTA club scene
Tracklist:
Blow — Alirio & Tuxe
No More Hiding Who I Want to Be — Bored Lord
Candy Inflation (eoin dj Candyline Remix) — Soft Pxrn
The Fall of Old World — Nene H
Pause — MOHAJER
Plot Twist — CCL
JOGOU DE BEAT — badsista
Delicately Mad — Yazzus
Tricky One — CARRE & Danny Goliger
TQM — felinah x 2AT
T BASS — Julie Desire
PLUSH — SIMONA
NOBODY (Ariel Zetina Remix) — Dornika
Isabel — CITYTRONIX
Shaniqua — Entrañas & Kontronatura
She’s Startin — Maara
Endurance — Roza Terenzi
MOONLIGHT IN STRINGS — J. Aria
welcome x — DJ Fuckoff
15-12-2025
Nel gelo del lunedì mattina di via Cecchi scorre veloce la bobina di Blackout:
un blocco di harsh noise senza soluzione di continuità scombina i piani dei
radioascoltatori più sofisticati che invocano la convenzione di Ginevra. Dj Post
Pony con un certo dispiacere interrompe il flusso di rumore con una serie di
tracce in attesa dell’Ing Sollazzi, non pervenuto, rimasto sotto le coperte dopo
un week end di intrallazzi e affari in giro per lo stivale.
Tracklist
boards of canada – sunshine recorder
boards of canada – alpha and omega
bastien keb – the city is beautiful
bastien keb – nightbus 3AM
gil scott heron – new york is killin’me
nat birchall – drums of meditation
jack de johnette & foday musa suso – ocean wave
cody chessnut (with sonja marie) – with me in mind
daniel avery – movement (andrew weatherall rx)
jah limonardi und die kleine grafin dubski – totti und pippo
soft rocks – we hunt buffalo now (andrew weatherall rx)
kim gordon – bye bye
#TRACKLIST#
silver waves – spider of easton
leo seligo – a house to die in
december – a lock of your hair
IFS meets spalarinia – Łaka
xtclvr – ELSEN STR feat. Kohan
proc fiskal – Imagemage
shit & shine – 9-gh
avenir – Atrx-Mrg
MA.MOYO – Love is a Gun
waswaas & the dullard sage – Dullard Sage
glint – inching
IFS meets spalarnia – Jedno ciało
h0tn1k – lo que puedo hacer para mejorar es hacer plata
Mercedes Cambridge – Black Rainbow
helen island – stalker guardian angel 2nd mix
OHYUNG – years ago
L’Aurora Vanchiglia Transfemminista torna alla guida di questa puntata di SPOT
ma non è sola! In questa puntata facciamo due chiacchiere con l’associazione
DISFORM, che si occupa di formazione, sensibilizzazione e inclusione nello
sport.
Qui il questionario sul Safeguarding:
Safeguarding nello sport, quanto ne sai e come lo vivi?
https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSdDTVVCzfmehioNmC56zYLx9gRt5vvXsGGvhn0ZclGD2dSDyA/viewform
Per info seguitel3 qui!
https://disform.it
https://www.instagram.com/thewayyoufeelin/
Ci chiediamo inoltre: come sta il giornalismo sportivo italiano? Male, molto
male. I giornali sportivi sono concentrati quasi esclusivamente sul calcio
italiano, in particolare sulla Serie A maschile, aprendo lo sguardo all’estero
solo quando si tratta di approfondire le competizioni europee che coinvolgono le
squadre italiane. I corpi femminili vengono dissezionati e messi in mostra solo
se in costume e quando appartengono a compagne, madri o sorelle di calciatori
maschi più famosi. Calcio femminile, questo sconosciuto.
Come sempre, il tutto è accompagnato da musica, chiacchiere a vanvera e dalla
consueta lingua tagliente di Mingus
10\12\25 con noi negli studi gli STRANGOLATORI DEL GANGE per presentare il loro
secondo disco 7 PEZZI, buon ascolto!
https://strangolatoridelgange.bandcamp.com/album/sette-pezzi
Le strane strade del punk tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli ’80: i
Wire e i Virgin Prunes…ma non solo.
01 – Wire – Mannequin
02 – Wire – Practice Makes Perfect
03 – Wire – Pink Flag
04 – Wire – I Am the Fly
05 – Wire – Single k.o.
06 – Wire – On returning
07 – Wire – Once is enough
08 – Virgin prunes – The Children Are Crying
09 – Virgin Prunes – Sleep Fantasy Dreams
10 – Virgin Prunes – Ulakanakulot
11 – Virgin Prunes – Decline and Fall
12 – Virgin Prunes – Sweethome Under White Clouds
13 – Virgin Prunes – Pagan Lovesong
14 – Foetus – Today I Started Slogging Again
15 – This heat – Sleep
Vi siete mai chiesti chi decide i nomi degli uragani?
In molti ricordano l’uragano Katrina, che nel 2005 devastò la zona nei pressi di
New Orleans negli Stati Uniti. Nel 2024 hanno fatto molto parlare di loro gli
uragani Beryl, Helene e Milton.
I nomi degli uragani non sono stabiliti sul momento in modo casuale, bensì
provengono da liste predeterminate, diverse a seconda della zona del globo dove
avviene lo specifico evento naturale.
Nel 1953 il National Hurricane Centre (NHC) degli Stati Uniti dedicata alla
previsione degli uragani stabilì delle liste di nomi annuali da associare agli
uragani. Inizialmente, si trattava di una lista alfabetica predeterminata per
ogni anno, di nomi unicamente femminili: il nome della lista, che viene
associato al primo uragano dell’anno, aveva un nome proprio femminile che
iniziava con la A, ad esempio Anna, il secondo con la B, come Betty, e così via
fino all’ultima lettera dell’alfabeto, la W.
Questo è il motivo per cui molte persone pensano tutt’oggi che gli uragani
posseggano solo nomi femminili, ma non è più così. Dal 1979 in poi, su richiesta
del Women’s Liberation Movement, sono stati introdotti anche i nomi maschili
alternati a quelli femminili per i cicloni atlantici, mantenendo sempre l’ordine
alfabetico delle iniziali.
Il processo per determinare i nomi degli uragani è condotto da specifici
organismi regionali del WMO che selezionano dei nomi in base alla loro
familiarità con le lingue parlate in ogni specifica regione, con l’obiettivo di
rendere la comprensione di tali nomi più chiara possibile a seconda della zona
del mondo in cui ci troviamo.
Esistono comunque delle regole generali che vengono seguite nell’attribuzione:
- i nomi non devono provenire da specifici individui (cioè non sono"dedicati")
- devono essere sufficientemente brevi da poter essere utilizzati con facilità
- devono essere nomi facili da pronunciare (per ogni lista, esiste anche uno specifico elenco delle pronunce)
- i nomi devono essere unici: non possono essere usati gli stessi nomi in zone diverse del globo
Il 18 novembre, al telefono con Antonello Pasini, fisico climatologo del CNR,
docente di Fisica del clima all’università Roma Tre, abbiamo parlato di eventi
climatici estremi, della loro frequenza e distruttività in relazione
all’attività umana, di equazioni dei disastri.
La puntata, di un mese fa, torna terribilmente attuale alla luce di quanto sta
avvenendo a Gaza. La tempesta Byron si è abbattuta sul terreno della Striscia,
massacrato dai bombardamenti, e sui campi degli sfollati di Gaza, che dopo due
anni di distruzione e massacri si appresta ad affrontare l’inverno in tende
vecchie e logore e con abbigliamento inadeguato. Mentre Israele continua a
fermare gli aiuti ai valichi di confine dell’enclave.
Ascolta la puntata.
Citati nella puntata:
> Crisi climatica, le alluvioni in Pakistan denunciano il nostro tempo: chi
> inquina meno paga più di tutti
Pakistan, inondazioni, cambiamento climatico e tensioni internazionali – diretta
all’info di Blackout
«Entrambi i Paesi sono pronti per la pace e per continuare il commercio con gli
Stati Uniti d’America», rivela Trump con la consueta retorica entusiasta
destinata a venire sbugiardata entro poche settimane dai due contendenti della
regione del Mekong, perché i motivi della disputa non sono ancora disinnescati,
come ci ha spiegato Emanuele Giordana, e la telefonata a Bangkok fatta dal
presidente degli Usa è avvenuta con Anutin Charnvirakul, un premier
dimissionario; e soprattutto perché proprio Trump sa bene che il business delle
Scam City, dei Bitcoin, delle truffe è un affare troppo grosso, perché la
Cambogia possa rinunciarvi, e coinvolge un’area che è feudo cinese ed è
attraversata in ogni stato da quel fenomeno di confine.
Contemporanea a una guerra ignorata a lungo finché il numero degli evacuati dal
confine tra Thailandia e Cambogia non ha raggiunto il mezzo milione di persone,
la nostra attenzione torna a essere attirata da una situazione drammatica, che
ancora fatica a trovare spazio tra le breaking news dei network mediatici
mondiali (probabilmente perché Trump non ha il numero di Samia Suluhu Hassan), è
quella che ci ha raccontato una giovane trovatasi per lavoro a essere testimone
ocularedi un massacro, raccogliendo a Dar es Salaam le notizie dalle strade
della Tanzania insanguinate da innumerevoli cadaveri di giovani rivoltosi: la
conta è ancora imprecisata dopo 2 settimane dalla mattanza ma si vocifera di più
di 2000 morti, alcuni sepolti in fosse comuni, altri desaparecidos; una madre
anonima ha raccontato di aver ottenuto le spoglie del figlio solo firmando un
foglio in cui attesta che non è stato ucciso da proiettili. Dal suo racconto è
palese il distacco tra classe dirigente del partito al potere da più di 60 anni
e la popolazione giovane – il paese ha un’età media di 19 anni – che accumulava
una rabbia sorda da tempo nel paese esempio di sviluppo per l’Africa, al centro
di corridoi commerciali e affacciato strategicamente sull’Oceano Indiano con i
suoi porti e le sue infrastrutture.
Come nei due precedenti casi, anche la terza corrispondenza in qualche modo vede
contrapposti i rapporti commerciali cinesi alla rapacità americana.
Il terzo quadrante vede il trumpismo protagonista nel suo patio tracero:
stavolta ci viene illustrato con sensibilità politica, analisi sofisticata e
passione antimperialista da Simon, un compagno che da Medellin ha tracciato un
quadro della crisi venezuelana – e dei motivi di saccheggio di risorse e
rieditazione della Dottrina Monroe dopo due secoli che muovono il neoliberismo
alla aggressione del regime bolivariano –, ma anche della situazione colombiana
a seguito della prima presidenza di una sinistra mai stata istituzionale e delle
possibilità di contrastare le mire dei gringos.
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MINE OFFENSIVE E F16 DIFENSIVI. I CONFINI ALLA ROVESCIA DELLE SCAM CITY
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La Thailandia investe in armi, la Scambodia in truffe
Improvvisamente il mondo si è accorto che da mesi attorno al triangolo dei
confini tra Tailandia, Cambogia, Myanmar la tensione sale. Emanuele Giordana è
tra i pochi ad aver segnalato da tempo quel che stava preparandosi e, grazie
alla lunghissima frequentazione della regione, è in grado di ricostruire fatti e
strategie che spiegano lo scoppio della guerra che da alcuni mesi divide i due
regni asiatici
L’attenzione per l’escalation bellica tra Bangkok e Phnom Penh nasce
dall’evacuazione forzata di mezzo milione di persone dalle zone limitrofe al
confine, ma le motivazioni risalgono a luglio e avevano già visto un’operazione
propagandistica di Trump per un finto accordo di “pace” (derubricato dal premier
tailandese – oggi dimissionario – a “strada verso la pace”) che già era
palesemente traballante a ottobre.
F-16 tailandesi hanno attaccato obiettivi in territorio cambogiano dopo vittime
tailandesi. Artiglieria e lanciarazzi interessano soprattutto Preah Vihear e
Oddar Meanchey, con morti civili e la maggior parte di sfollati. Secondo fonti
tailandesi, carri T-55 e sistemi RM-70 e BM-21 si muovono verso Krong Samraong.
La Royal Thai Air Force ha annunciato la disponibilità a colpire obiettivi
militari in profondità in Cambogia, incluse basi militari e depositi di armi e
droni. Finora i raid aerei thailandesi sono stati condotti solo nelle aree di
confine tra i due paesi. La sproporzione tra le forze in campo aggiunge
instabilità. La Thailandia è militarmente più attrezzata: aviazione, mezzi
corazzati, artiglieria; alla Cambogia non rimane che una posizione difensiva e
droni che possono condurre a un conflitto più ampio nel tempo, se Pechino non
decide che non può consentire una guerra in un’area dove fa buoni affari con
entrambi i contendenti da quando Bangkok ha capito che può essere conveniente
non avere timori di imperialismo peggiore di quello americano, e dunque la Cina
può scongiurare l’incancrenirsi ulteriore tra i due regni, minacciando di
ritirare investimenti.
Le operazioni dei due eserciti sono riprese per la denuncia tailandese di nuove
pose di mine al confine, già costellato di ordigni risalenti al regime di Pol
Pot, ma un’ipotesi che gode di maggiore fondamento va ricercata nel business
delle scam city a cui Phnom Penh non intende rinunciare, perché rappresenta il
25% del suo pil. Lo scontro con Bangkok è già costato il posto alla figlia di
Shanawatri e ora tocca ad Anutin Charnvirakul, che ha dovuto indire nuove
elezioni, rassegnnado le dimissioni del suo debole governo sostenuto
dall’opposizione del Partito popolare inviso alla monarchia e ai militari. Il
che fa temere qualche colpo di mano.
IRREVERSIBILE FINE DI OGNI RAPPORTO TRA TANZANESI E PARTITO DELLA RIVOLUZIONE
Il 9 dicembre è stato il 64esimo anniversario dell’indipendenza del paese
dall’Inghilterra, ma il governo di Samia Suluhu Hassan ha cancellato tutte le
cerimonie ufficiali e imposto il divieto assoluto di qualunque tipo di
manifestazione pacifica. In strada non ci sono state bandiere nè manifestanti ,
ma l’esercito armato. Non solo, attraverso avvisi sms di massa inviati alla
popolazione la polizia ha chiesto a chiunque di segnalare eventuali possibili
attivisti sospetti .Il 29 ottobre scorso, è stato il giorno delle elezioni in
cui Samia Hassan ha ottenuto il 98% dei voti; un risultato non attendibile anche
perchè sono stati esclusi in anticipo i principali candidati dell’opposizione,
tra cui Tundu Lissu di Chadema, arrestato ad aprile. Di fronte alle proteste
seguite alla proclamazione dei risultati si è scatenata una repressione
sanguinosa un vero e prorio massacro: si parla di oltre 2.000 morti, mentre il
governo non ha ancora fornito cifre ufficiali. Sebbene le autorità tanzaniane
abbiano bloccato internet per cinque giorni per tentare di impedire la
pubblicazione di foto e video delle vittime, queste immagini hanno iniziato ad
apparire sui social media pubblicate da attivisti che si trovano all’estero.
Arrivano in misura crescente anche segnalazioni di passanti o civili uccisi
nelle loro case, quando non rappresentavano alcuna minaccia.
Il movimento Jumuiya Ni Yetu (La comunità è nostra, in kiswahili) ha accusato
il governo di una campagna deliberata per cancellare le prove delle uccisioni.
Ha affermato che gli ospedali sono stati sottoposti a misure di sicurezza
rigorose, con le famiglie delle vittime e degli scomparsi “molestate, intimidite
e arrestate” per aver cercato informazioni. “Medici e infermieri hanno ricevuto
l’ordine di ‘malizare’ (finire ) coloro che erano in terapia intensiva a causa
di ferite da arma da fuoco. Gli attivisti ritengono che almeno 2.000 corpi
scomparsi segnalati dalle famiglie siano tra quelli sepolti in fosse comuni.
Il silenzio della cosiddetta comunità internazionale di fronte al massacro è
stato assordante ,si vuole salvaguardare il flusso di denaro che arriva dai vari
progetti infrastrutturali che sono in corso in Tanzania ,dal porto di Daar es
Salam controllato dagli emiratini alla ferrovia Tazara costruita dai cinesi
alle intersezioni con il corridoio di Lobito.
Ne parliamo con una ragazza italiana di cui preserviamo l’anonimato , rientrata
da poco dalla Tanzania dopo un soggiorno di lavoro, testimone degli avvenimenti.
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POSSIBILI SCENARI LATINAMERICANI A FRONTE DELLA NUOVA DOTTRINA MONROE: VENEZUELA
E COLOMBIA
Abbiamo colto l’occasione della presenza di due militanti colombiani a radio
Blackout per rivolgergli una serie di domande sulla situazione colombiana e la
minaccia di aggressione nordamericana contro il Venezuela. E’ emersa una visione
realistica della situazione che individua i limiti del progressismo di Petro pur
apprezzando certe posizioni sul genocidio in Palestina. Il “pacto historico ”
(il partito di Petro) è in buona sostanza un partito ombrello in cui trovano
spazio sia posizioni moderate che radicali con un programma riformista che
sicuramente garantisce dei miglioramenti anche nell’agibilità politica sul
territorio, ma che non mette in discussione la struttura oligarchica del potere
colombiano.
La minaccia d’invasione nordamericana contro la rivoluzione bolivariana rischia
di rivelarsi una pericolosa avventura per gli Stati Uniti ,considerando la
reazione che scuoterebbe il continente e le csapacità di mobilitazione del
popolo venezuelano.Gli americani non avrebbero difficoltà ad invadere il paese
ma potrebbero non essere in grado di garantire i loro obiettivi ,cioè il
controllo delle risorse petrolifere e il cambio di regime a Caracas. La
rivendicazione di una nuova dottrina Monroe da parte dell’amministrazionde Trump
rappresenta la crisi di egemonia degli Stati Uniti che non sono più in grado di
sostenere la loro proiezione globale e cercano di recuperare il terreno perduto
rispetto alla presenza cinese nella loro sfera d’influenza piu’ prossima ,
l’America Latina .
Ecco il resoconto dell’intervista con i due attivisti colombiani.
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Alcuni dei maggiori membri europei della NATO si stanno muovendo per rafforzare
i propri eserciti professionali attraverso programmi di servizio nazionale
volontario.
La coscrizione è in vigore per nove stati europei membri della NATO: Danimarca,
Estonia, Finlandia, Grecia, Lettonia, Lituania, Norvegia, Svezia e Turchia. In
Turchia, che ha il secondo esercito più grande nell’alleanza di sicurezza dopo
gli Stati Uniti, gli uomini di età compresa tra 20 e 41 anni sono obbligati a
prestare servizio militare per un periodo compreso tra sei e dodici mesi. La
Norvegia arruola sia uomini che donne, generalmente per 12 mesi. Anche in Svezia
e Danimarca vige il servizio militare obbligatorio per le donne.
La Croazia prevede di reintrodurre la coscrizione obbligatoria l’anno prossimo:
per gli uomini di età compresa tra 19 e 29 anni sarà obbligatorio sottoporsi a
due mesi di addestramento militare di base.
Dopo l’introduzione, abbiamo parlato al telefono con una studentessa berlinese
dell’introduzione del servizio militare in Germania e dello sciopero
antimilitarista studentesco che c’è stato in opposizione ai piani di riarmo
europei.
Intro:
Diretta con Ivana, studentessa berlinese che fa parte di young struggle,
organizzazione giovanile studentesca.
Dopo il caso dei giornalisti spiati con lo spyware Paragon, il 25 Novembre 2025
Fanpage fa uscire un’inchiesta sotto copertura dal titolo: “Droni, spyware e IA:
come Israele ha trasformato la Palestina nel laboratorio della sorveglianza
mondiale”.
L’inchiesta ha come oggetto la conferenza dell’industria della sorveglianza, la
ISS World Conference, a cui partecipano le principali aziende del settore, ed
emergono numerosi dettagli disturbanti, come l’uso indiscriminato di sistemi di
riconoscimento facciale da parte dei Carabinieri, lo sfruttamento delle persone
palestinesi come laboratorio di prova di strumenti di sorveglianza, e l’uso a
scopi politici di spyware e altri strumenti d’infezione dei telefoni cellulari.
Abbiamo avuto il piacere di parlarne con Luigi Scarano, giornalista freelance e
collaboratore di lunga data di Backstair, unità investigativa di Fanpage.it,
autore di quest’inchiesta come di “Gioventù meloniana”.
https://www.fanpage.it/politica/droni-spyware-e-ia-come-israele-ha-trasformato-la-palestina-nel-laboratorio-della-sorveglianza-mondiale