Torino: La polizia è violenta, la procura archiviaLa procura di Torino non è solita indagare sulle violenze della polizia nelle
piazze e contro i dissenzienti, ma quando è costretta a farlo in seguito a
denunce personali archivia. Ha sempre archiviato. E’ vero mancano i codici
identificativi degli agenti. Ma evidentemente manca anche la volontà, visto il
numero di archiviazioni che da sempre caratterizzano queste inchieste. Le mamme
in piazza per il diritto al dissenso si chiede da quale parte sta la procura
torinese, perché una parte l’ha scelta
Rita Rapisardi da il manifesto
«Il codice identificativo è inutile perché l’identificazione di chi ha commesso
violazioni è sempre avvenuta», così parlava Matteo Piantedosi in un’intervista a
giugno 2023. Ma forse il ministro non sa ciò che avviene in molte delle
richieste di archiviazione riguardanti le violenze in piazza contro i
manifestanti. Facciamo un passo indietro.
È il 5 dicembre 2023, il gruppo studentesco di destra decide di fare
volantinaggio al Campus Einaudi a Torino, sede delle facoltà giuridiche.
Un’azione annunciata, motivo per cui le forze dell’ordine quel giorno si fanno
trovare, a loro difesa, numerose fuori dall’università: tre gruppi da trenta
poliziotti l’uno, trenta carabinieri, più vari agenti della Digos. Centotrenta
persone a fronte di cento studenti che erano accorsi pacificamente. Strada
bloccata, impedimento per studenti e docenti di recarsi nelle aule. Tutto fila
liscio. Gli studenti di destra abbandonano l’università e la tensione sembra
scendere, quando parte una carica forte da parte della polizia. Due docenti,
Alessandra Algostino e Alice Caudurovengono colpite dai manganelli, in testa e
sulle spalle, finiscono in ospedale con sette giorni di prognosi. Con loro
un’altra manifestante di 26 anni con un braccio rotto che per i medici è
guaribile in trenta giorni. Decidono tutte di denunciare lesioni personali e
violenza privata. Ora la Procura chiede l’archiviazione: non è possibile
identificare gli autori delle violenze.
«Mentre mi recavo al campus trovavo uno schieramento di polizia che sbarrava la
via, mi sono resa conto che era per un presidio antifascista e mi sono fermata,
cercando di fare, insieme alla collega Cauduro, intermediazione con la polizia»,
racconta Algostino ricordando gli avvenimenti del 27 ottobre 2023, quando gli
agenti entrarono all’università durante una conferenza del Fuan e volarono
manganellate all’interno dei locali. «Abbiamo parlato con chi dirigeva la
piazza, perché le cose si svolgessero in maniera pacifica. Io e la mia collega
ci siamo messe in mezzo tenendoci per mano, forse ingenuamente, per fare in modo
che non ci fossero cariche. Gli studenti erano dietro di noi». Nelle carte
invece si suppone che le due docenti guidassero gli studenti.
La carica, che nel gergo delle forze dell’ordine è definita azione di
alleggerimento, non è stata ordinata da nessuno, come conferma la procura
stessa. In quel momento la dirigente di piazza stava accompagnando gli studenti
di destra lontano dal Campus. Ma allora di chi è stata l’iniziativa? Della prima
fila degli agenti in antisommossa? Anche questo la procura non lo sa, come non
sa chi ha preso le redini della gestione dopo che la dirigente si è allontanata.
Eppure tra le prove ci sono quattro filmati, diverse ore di registrazione da cui
però non si riesce a capire chi sono i dieci poliziotti in prima fila che hanno
usato i manganelli. Nei video inoltre manca il frame che immortala la
manifestante 26enne colpita al braccio (fratturato, secondo il referto
ospedaliero di quella sera). La carica sarebbe giustificata però, dicono le
carte, forse da calci sferrati dagli studenti. I calci non si vedono nei
filmati, ma secondo le carte, dall’inclinazione dei busti degli studenti.
Per le due docenti la violenza, che quindi c’è, «secondo la richiesta di
archiviazione è motivata in due modi: “L’uso legittimo delle armi” e
“l’adempimento del dovere”. Per la manifestante si tratta al massimo di un
eccesso colposo di uso legittimo delle armi. Motivo per cui chiedono
l’archiviazione», spiega Roberto Brizio, avvocato della professoressa Algostino.
Ma se le due professoresse non sono state indagate, la manifestante lo è,
insieme ad altri 28 studenti antifascisti e un minorenne per resistenza a
pubblico ufficiale: avrebbero tirato dei calci mentre subivano la carica della
polizia. In sintesi, non è possibile risalire ai responsabili delle violenze di
quella sera. E con il ddl sicurezza per queste azioni, docenti e manifestanti
pacifici saranno sempre più criminalizzati.
> Picchiata dalla polizia insieme ai miei studenti
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