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Lancet: 70mila, le vittime a Gaza
I morti a Gaza sono molti più di quelli ufficiali. «Lancet» alza il totale a oltre 70mila. Ma sono numeri che non smuovono i governi occidentali. Che ignorano la Corte penale internazionale di Andrea Capocci da il manifesto Il numero di oltre 45mila vittime riportato dal ministero della sanità di Gaza è una notevole sottostima delle perdite palestinesi causate della guerra di Israele. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, a causa delle difficili condizioni in cui versano le strutture di soccorso della Striscia il 40% dei morti potrebbe mancare dai registri. L’analisi, coordinata dalla ricercatrice Zeina Jamaluddine della prestigiosa London School of Hygiene & Tropical Medicine, calcola che già a giugno del 2024 una ragionevole stima dei morti causati da bombardamenti e raid israeliani è di 64mila vittime, e con buona certezza compresa tra le 55 mila e le 78 mila. Alla data del 30 giugno, il ministero di Hamas parlava di 38mila vittime, di cui diecimila non identificate. Cioè, poco più della metà della cifra reale. Oggi, trascorsi altri sei mesi, i ricercatori ritengono che siano morti sotto le bombe già più di settantamila palestinesi. I MESI PEGGIORI sono stati i primi: circa la metà delle vittime sono state registrate tra ottobre e dicembre 2023, facendo aumentare di ben quattordici volte il tasso di mortalità nella Striscia rispetto al 2022. «I dati – spiegano gli autori dello studio – evidenziano la necessità urgente di allargare l’accesso umanitario a tutta la Striscia di Gaza e di proteggere il personale, le ambulanze e le strutture sanitarie in modo che le persone colpite possano ricevere cure tempestive e adeguate, riducendo così la mortalità». E «sottolineano la necessità di iniziative diplomatiche immediate per raggiungere una tregua rapida e duratura e un accordo a lungo termine che comprenda il rilascio degli ostaggi e delle migliaia di civili palestinesi imprigionate da Israele». PER ARRIVARE alla loro stima, Jamaluddine e i suoi colleghi hanno utilizzato tre fonti diverse. La prima è la lista delle vittime identificate con nome e cognome dagli ospedali di Gaza, che ormai funzionano a singhiozzo. La seconda contiene i dati raccolti dal ministero della sanità attraverso un questionario online a cui le autorità di Gaza hanno invitato tutta la popolazione a partecipare. La terza è rappresentata dai necrologi e da altri messaggi relativi alle vittime diffusi su social media e siti specializzati. Si tratta evidentemente di liste parziali e che contengono moltissime sovrapposizioni. Rimuovere i doppioni ha richiesto mesi di lavoro e ha condotto a un elenco di circa 30mila vittime identificate. MA OGNUNA delle tre fonti è incompleta e una vittima può rimanere fuori da tutti e tre i conteggi. Tenendo conto anche di questa possibilità – e applicando metodi diversi per una maggiore affidabilità – il team dell’istituto londinese è giunto alla risultato di 64mila morti. È il metodo capture–recapture «già impiegato per calcolare la mortalità in zone di conflitto armato come Kosovo, Colombia e Sudan». Lo studio di The Lancet suddivide le vittime anche per genere e fascia di età. Donne, bambini e anziani rappresentano quasi il 60% dei morti, e circa il 38% di loro sono donne, colpite indiscriminatamente dalle armi israeliane. Infatti, mentre la fascia d’età più colpita tra i maschi è compresa tra i 15 e i 45 anni (quella dominante tra i militanti più direttamente impegnati nel conflitti), bambine, donne e anziane hanno pagato lo stesso tributo di sangue: sintomo che le operazioni israeliane colpiscono nel mucchio pur usando le tecnologie militari più sofisticate. «Sia la scala che la distribuzione di genere e per età delle vittime – scrivono gli autori della ricerca – sollevano gravi preoccupazioni sulla condotta delle operazioni militari a Gaza, nonostante Israele affermi di minimizzare le perdite civili». LO STUDIO mostrerebbe che nei primi nove mesi la guerra ha ucciso il 3% degli abitanti di Gaza. Se si somma la percentuale degli abitanti che hanno lasciato la Striscia o sono detenuti, nel complesso l’enclave ha perso il 6% della sua popolazione pre-bellica. ANCHE l’accuratezza di questo studio non taciterà la battaglia intorno ai numeri. Tuttavia, gli inviti a non prendere per buone le cifre fornite dai sanitari di Gaza sono arrivate finora soprattutto dagli alleati di Israele, mentre i militari di Tel Aviv che conoscono meglio la realtà sul campo non hanno mai contestato l’affidabilità di questi numeri. Nel futuro, il conto esatto dei morti diventerà però sempre più difficile per il progressivo disfacimento del sistema sanitario della Striscia. IERI LA ONG Medici Senza Frontiere ha lanciato l’allarme: altri tre degli ospedali ancora attivi (Nasser, Al Aqsa e European Hospital) sono prossimi alla chiusura per mancanza di carburante necessario per i generatori. «Nel dicembre 2024 – spiegano i portavoce della ong – sono entrati in media al giorno a Gaza solo 59 camion con rifornimenti vitali», invece dei 500 dell’era pre-7 ottobre 2023.     > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. 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January 11, 2025 / Osservatorio Repressione
Tiziano è libero!
Tiziano è tornato in libertà. Il Tribunale di Roma ha infatti deciso oggi, martedì 10 dicembre, di condannare a due anni, con pena sospesa, il compagno marchigiano arrestato a Roma lo scorso 5 ottobre – durante la manifestazione nazionale per la Palestina e il Libano – con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Dopo ben due rinvii, il processo – che si è svolto con rito abbreviato – si è quindi chiuso con una sentenza che vede riconosciute a Tiziano le attenuanti generiche, cosa che ha permesso la revoca dei domiciliari e una notevole riduzione di pena rispetto a quella chiesta dal PM, ovvero di 3 anni e 4 mesi. Resta il foglio di via di un anno. “È una vittoria a metà” – ha commentato Tiziano ai nostri microfoni all’uscita dal Tribunale, mentre raggiungeva il presidio solidale chiamato come ormai consuetudine in concomitanza dell’udienza – “probabilmente faremo appello per cercare di andare verso l’assoluzione, ma vedremo, ora voglio solo ringraziare tutte e tutti per la grande solidarietà dimostrata”. I commenti a caldo di Tiziano e Yasmine, compagna di Tiziano che dal 5 ottobre anima e supporta le diverse iniziative solidali per la sua liberazione. Ascolta o scarica   > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
December 10, 2024 / Osservatorio Repressione
Milano: due carabinieri indagati per falso, frode processuale e depistaggio per la morte di Ramy Elgaml
La Procura ha iscritto nel registro degli indagati almeno due carabinieri nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Ramy Elgaml, il 19enne deceduto durante un inseguimento avvenuto il 24 novembre scorso. Ai militari vengono contestati, a vario titolo, i reati di falso, frode processuale e depistaggio. Il giovane si trovava a bordo di uno scooter guidato dal 22enne Fares Bouzidi, tamponato dai carabinieri al termine di una fuga durata circa 8 chilometri. Il carabiniere che si trovava alla guida dell’auto è già indagato per omicidio stradale, così come Bouzidi. Nel mirino degli inquirenti è finito anche il verbale d’arresto per resistenza a pubblico ufficiale nei confronti di Bouzidi, in cui non si farebbe alcun riferimento all’impatto tra l’auto dei carabinieri e lo scooter. Inoltre, si indaga per depistaggio, legato alla presunta cancellazione di alcuni video dello schianto in viale Ripamonti, girati da un testimone e successivamente denunciati dallo stesso giovane alla trasmissione Le Iene. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto è intervenuto Marco Romagnoli, uno dei legali di Fares Bouzidi, per commentare gli sviluppi della vicenda Ascolta o scarica     > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
December 10, 2024 / Osservatorio Repressione
Sardegna: sgomberato il presidio “la rivolta degli ulivi”
Sgombero di polizia in corso questa mattina (20 novembre) a Selargius, nel Cagliaritano, del presidio permanente “La rivolta degli ulivi” sorto per contestare il cavidotto elettrico “Tyrrhenian Link” tra Sardegna e Sicilia. Da mesi un gruppo di attivisti protesta contro gli espropri e in difesa degli ulivi che sorgono nell’area dove Terna s.p.a. vuole invece costruire la futura stazione di conversione elettrica legata al progetto dei cavi sottomarini tra le due isole. Dal presidio “La Rivolta degli ulivi” Radio Onda d’Urto ha sentito Robi Ladu Ascolta o scarica > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
November 20, 2024 / Osservatorio Repressione
Christian Raimo sospeso per tre mesi dall’insegnamento per aver espresso un opinione
Christian Raimo insegnante e scrittore, è stato sospeso per tre mesi dall’insegnamento, con una decurtazione del 50% dello stipendio, per aver criticato il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara. Il provvedimento disciplinare dell’Ufficio Scolastico Regionale, è stato preso per le critiche di Raimo fatte al ministro del governo, in un dibattito pubblico sulla scuola, alla festa nazionale di Avs. Le studentesse e studenti del liceo Archimede, dove Raimo insegna, hanno deciso di mobilitarsi in difesa del professore: All’ingresso dell’istituto affisso uno striscione con scritto “tre mesi di sospensione per un’opinione“. In questa vicenda si legge con nitidezza tutta la pericolosità della deriva politica reazionaria che stiamo vivendo.   > Critica il ministro Valditara, provvedimento disciplinare per Christian Raimo > La libertà di dissentire è a rischio: solidarietà con Christian Raimo > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
November 7, 2024 / Osservatorio Repressione
La privatizzazione della guerra
Un aspetto rilevante  di come la guerra si sia propagata in questi anni non è solo dato dal numero dei conflitti bellici e dall’aumento dei morti civili con l’uso di nuove tecnologie e della intelligenza artificiale, a partire dagli anni novanta è avvenuta una sorta di privatizzazione della guerra con ampio utilizzo di militari di professione al soldo di multinazionali e singoli stati di Federico Giusti Nel corso del tempo, dagli anni novanta in poi, il ricorso a contractors ha rappresentato una via di uscita per affrontare guerre scomode che in seno ai singoli paesi avrebbero creato, utilizzando eserciti regolari, una profonda avversione e per difendere le multinazionali nell’opera di sfruttamento delle risorse depredate nei paesi sottosviluppati. Non è casuale l’accrescimento non solo dei profitti dell’industria securitaria ma anche il diffondersi di sistemi duali nel campo della videosorveglianza dei quali Israele è tra i principali produttori ed esportatori. Gli eserciti privati non sono solo un retaggio della storia medievale ma anche la conferma che l’utilizzo mercantile della violenza istituzionale ha saputo nel tempo adeguarsi ai diversi contesti storici  optando all’occorrenza per molteplici tipologie belliche. Si rende necessaria una analisi diffusa delle numerose aziende di mercenari e dei loro accordi con multinazionali e stati, la esternalizzazione delle funzioni securitarie ha permesso il progressivo ampliamento delle guerre specie laddove ad esempio le compagnie marittime si sono avvalse di contractors per accompagnare navi mercantili nonostante l’Onu vieti espressamente a società private di intervenire nei conflitti o di essere utilizzati contro altri governi. Negli ultimi 40 anni l’agenda neoliberista delle privatizzazioni ha alimentato il ricorso alla guerra e allo stesso tempo gli Stati hanno risparmiato risorse economiche salvando la loro residua credibilità con la delega di interventi militari ad imprese private, esponenti di governo poi, una volta terminati i loro mandati, sono passati alle dirette dipendenze delle multinazionali produttrici di sistemi bellici. In altri casi dirigenti di queste società sono stati chiamati in importanti dicasteri ministeriali Allo stesso tempo c’è stato un vero e proprio esodo di personale formato e addestrato, con elevate competenze verso imprese private favorendo la fuga dal pubblico in cambio di lauti compensi, da qui nasce la volontà dei principali paesi occidentali di riscrivere il sistema delle regole alimentando il ricorso strutturale alla guerra, sia la guerra tradizionale che la guerra affidata a società private     > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
October 30, 2024 / Osservatorio Repressione
Torino: La polizia è violenta, la procura archivia
La procura di Torino non è solita indagare sulle violenze della polizia nelle piazze e contro i dissenzienti, ma quando è costretta a farlo in seguito a denunce personali archivia. Ha sempre archiviato. E’ vero mancano i codici identificativi degli agenti. Ma evidentemente manca anche la volontà, visto il numero di archiviazioni che da sempre caratterizzano queste inchieste. Le mamme in piazza per il diritto al dissenso si chiede da quale parte sta la procura torinese, perché una parte l’ha scelta Rita Rapisardi da il manifesto «Il codice identificativo è inutile perché l’identificazione di chi ha commesso violazioni è sempre avvenuta», così parlava Matteo Piantedosi in un’intervista a giugno 2023. Ma forse il ministro non sa ciò che avviene in molte delle richieste di archiviazione riguardanti le violenze in piazza contro i manifestanti. Facciamo un passo indietro. È il 5 dicembre 2023, il gruppo studentesco di destra decide di fare volantinaggio al Campus Einaudi a Torino, sede delle facoltà giuridiche. Un’azione annunciata, motivo per cui le forze dell’ordine quel giorno si fanno trovare, a loro difesa, numerose fuori dall’università: tre gruppi da trenta poliziotti l’uno, trenta carabinieri, più vari agenti della Digos. Centotrenta persone a fronte di cento studenti che erano accorsi pacificamente. Strada bloccata, impedimento per studenti e docenti di recarsi nelle aule. Tutto fila liscio. Gli studenti di destra abbandonano l’università e la tensione sembra scendere, quando parte una carica forte da parte della polizia. Due docenti, Alessandra Algostino e Alice Caudurovengono colpite dai manganelli, in testa e sulle spalle, finiscono in ospedale con sette giorni di prognosi. Con loro un’altra manifestante di 26 anni con un braccio rotto che per i medici è guaribile in trenta giorni. Decidono tutte di denunciare lesioni personali e violenza privata. Ora la Procura chiede l’archiviazione: non è possibile identificare gli autori delle violenze. «Mentre mi recavo al campus trovavo uno schieramento di polizia che sbarrava la via, mi sono resa conto che era per un presidio antifascista e mi sono fermata, cercando di fare, insieme alla collega Cauduro, intermediazione con la polizia», racconta Algostino ricordando gli avvenimenti del 27 ottobre 2023, quando gli agenti entrarono all’università durante una conferenza del Fuan e volarono manganellate all’interno dei locali. «Abbiamo parlato con chi dirigeva la piazza, perché le cose si svolgessero in maniera pacifica. Io e la mia collega ci siamo messe in mezzo tenendoci per mano, forse ingenuamente, per fare in modo che non ci fossero cariche. Gli studenti erano dietro di noi». Nelle carte invece si suppone che le due docenti guidassero gli studenti. La carica, che nel gergo delle forze dell’ordine è definita azione di alleggerimento, non è stata ordinata da nessuno, come conferma la procura stessa. In quel momento la dirigente di piazza stava accompagnando gli studenti di destra lontano dal Campus. Ma allora di chi è stata l’iniziativa? Della prima fila degli agenti in antisommossa? Anche questo la procura non lo sa, come non sa chi ha preso le redini della gestione dopo che la dirigente si è allontanata. Eppure tra le prove ci sono quattro filmati, diverse ore di registrazione da cui però non si riesce a capire chi sono i dieci poliziotti in prima fila che hanno usato i manganelli. Nei video inoltre manca il frame che immortala la manifestante 26enne colpita al braccio (fratturato, secondo il referto ospedaliero di quella sera). La carica sarebbe giustificata però, dicono le carte, forse da calci sferrati dagli studenti. I calci non si vedono nei filmati, ma secondo le carte, dall’inclinazione dei busti degli studenti. Per le due docenti la violenza, che quindi c’è, «secondo la richiesta di archiviazione è motivata in due modi: “L’uso legittimo delle armi” e “l’adempimento del dovere”. Per la manifestante si tratta al massimo di un eccesso colposo di uso legittimo delle armi. Motivo per cui chiedono l’archiviazione», spiega Roberto Brizio, avvocato della professoressa Algostino. Ma se le due professoresse non sono state indagate, la manifestante lo è, insieme ad altri 28 studenti antifascisti e un minorenne per resistenza a pubblico ufficiale: avrebbero tirato dei calci mentre subivano la carica della polizia. In sintesi, non è possibile risalire ai responsabili delle violenze di quella sera. E con il ddl sicurezza per queste azioni, docenti e manifestanti pacifici saranno sempre più criminalizzati. > Picchiata dalla polizia insieme ai miei studenti     Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000  News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
October 30, 2024 / Osservatorio Repressione
Notav: sgomberato il presidio di San Giuliano
Questa notte la polizia ha sgomberato lo storico presidio No Tav di San Giuliano in Val di Susa. Copioso il lancio di lacrimogeni anche ad altezza uomo. Nonostante la tenacia dei No Tav il presidio è attualmente nelle mani della polizia. Corrispondenza di Radio Onda Rossa con  un compagno Notav sullo sgombero violento che c’è stato questa notte del presidio a San Giuliano contro l’esproprio dei terreni. Ascolta o Scarica   > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp   L'articolo Notav: sgomberato il presidio di San Giuliano sembra essere il primo su Osservatorio Repressione.
October 7, 2024 / Osservatorio Repressione
UE: la definizione di “potenziali terroristi” apre la porta a un’ampia condivisione di informazioni
Gli Stati membri dell’UE possono ora raccogliere e condividere informazioni sui “potenziali terroristi”. Questa categoria si basa su una nuova definizione informale concordata senza un controllo democratico. Pur sostenendo di prendere di mira coloro che possono impegnarsi in violenza politica, c’è il potenziale per un’applicazione molto più ampia. da statewatch.org Aumentare gli sforzi contro la “radicalizzazione” L’UE e i suoi precursori hanno preso di mira il radicalismo e la “radicalizzazione” per decenni. Questa agenda ha ottenuto una tenuta più ferma nel 2011, quando la Commissione europea ha istituito la rete di sensibilizzazione sulla radicalizzazione. Nel giugno di quest’anno, la Commissione ha lanciato un nuovo “Knowledge Hub” da 60 milioni di euro (pdf) per ampliare ulteriormente l’agenda. L’hub mira a “con collaborare in un modo nuovo a livello di UE per affrontare le sfide poste dalla radicalizzazione”. Più o meno nello stesso periodo, la presidenza del Consiglio belga ha diffuso un documento (pdf) che “sostiene le aree e le iniziative della Presidenza negli ultimi sei mesi nel campo della lotta al terrorismo (TC)”. Si dice che: “Gli Stati membri dovrebbero continuare i loro sforzi per riconoscere e gestire, in una fase precoce, le minacce alla sicurezza pubblica derivanti da individui considerati dalle autorità nazionali di contrasto per costituire una minaccia violenta estremista/terrorismo”. Ciò si baserebbe sulle informazioni su questi individui inseriti nelle banche dati dell’UE, come il sistema d’informazione Schengen o i fascicoli di Europol. Il documento afferma che le informazioni dovrebbero essere inserite “ove possibile e in linea con la legislazione nazionale e dell’UE”. Definizione informale di “potenziale terrorista” Questi piani si basano su una recente “comprensione condivisa” di chi le autorità dell’UE considerano una “potenziale minaccia terroristica o violenta estremista”, un concetto incapsulato nel documento dal termine tedesco Geforder. Le autorità tedesche hanno introdotto la frase e il tema dei “potenziali terroristi” nelle istituzioni dell’UE. Il comitato per la sicurezza interna del Consiglio (COSI) ha approvato questa “intesa condivisa” nel maggio di quest’anno (pdf). Inquadrandolo come una “intesa condivisa”, COSI ha evitato le riforme legali. Ciò avrebbe richiesto lunghi negoziati, nonché un’opportunità di controllo democratico. Il documento che espone la definizione (pdf) rileva: I criteri sono strettamente non vincolanti e non incidono sui meccanismi e sulle procedure esistenti già stabiliti a livello europeo e nazionale. Il loro obiettivo è quello di promuovere l’inserimento di tali persone nelle banche dati europee e nei sistemi di informazione da parte degli Stati membri soggetti ai requisiti giuridici che disciplinano tali sistemi.” Come riportato in precedenza da Statewatch, i criteri consistono in tre punti. 1. Una “soglia minima di materialità”. Ciò richiede “informazioni oggettive e verificabili che suggeriscono che un reato, o un futuro reato, ha un certo grado di gravità”. 2. Un “criterio indicativo di base”. Ciò richiede “informazioni oggettive e verificabili” che portano alla convinzione che l’individuo in questione “in futuro commetterà, faciliterà, sosterrà o si impegnerà in reati estremisti terroristici o violenti”. 3. Una serie di “criteri ausiliari indicativi”. Ciò potrebbe essere coinvolgimento in reati di terrorismo, condividere contenuti terroristici online o essere oggetto di un divieto di ingresso dell’UE. L’iniziativa del Consiglio giunge contemporaneamente all’introduzione da parte dell’UE di nuovi sistemi di informazione e di un mandato aggiornato di Europol. Questi sviluppi amplieranno in modo massiccio la raccolta di informazioni dell’UE sugli individui “rischiosi”. Attraverso questa “intesa condivisa”, il Consiglio dell’UE ha creato spazio per una nuova pratica informale. Permetterà probabilmente la raccolta e la condivisione di dati su molte più persone rispetto a coloro che sono coinvolti nel terrorismo e nella violenza. Gli effetti sui richiedenti asilo e sui rifugiati Il documento della Presidenza belga delinea le categorie di persone che questa nuova pratica può riguardare. Questi includono richiedenti asilo e rifugiati, nonché attivisti per il clima e l’ambiente. Il documento rileva il numero “limitato” di richiedenti asilo e rifugiati coinvolti nel terrorismo e nella violenza, ma la nuova iniziativa si aggiunge ad altri che li inquadrano come sospetti. Come riportato da Statewatch a marzo, questo include un piano di condivisione dell’intelligence ampliato introdotto dalla presidenza belga. Ciò mira a “rafforzare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le autorità di immigrazione e di asilo e tra le autorità di TC [antiterrorismo]”, probabilmente saranno agenzie di polizia e di intelligence. Lo giustificano come una risposta agli “attacchi terroristici in Europa” che hanno “innesto un dibattito su come prevenire meglio gli attacchi futuri”. Gli effetti sugli attivisti per il clima e l’ambiente L’interesse dell’UE per la “radicalizzazione” si rivolge anche agli attivisti per il clima e l’ambiente. Il recente documento della Presidenza belga afferma: L’attivismo climatico è in aumento, insieme a una maggiore volontà di usare la violenza, segnando un passaggio dall’attivismo ambientale all’estremismo ambientale (enfasi in originale). A sostegno di ciò, il documento si riferisce a un rapporto del coordinatore antiterrorismo dell’UE, che presumibilmente ha esaminato “il ruolo che le preoccupazioni per il cambiamento climatico e l’ambiente svolgono nelle ideologie e nelle narrazioni di estremisti violenti e terroristi nell’UE”. Tuttavia, il rapporto stesso ha detto che era in gran parte speculativo: “Il potenziale del terrorismo e dell’estremismo violento legato all’ambiente e al cambiamento climatico è in questo momento limitato, ma potrebbe diventare più significativo nei prossimi anni”. Il documento della presidenza belga ha incluso una nota simile sul numero “limitato” di richiedenti asilo e rifugiati coinvolti nel terrorismo e nella violenza. Tuttavia, entrambi i gruppi rimangono obiettivi dell’agenda dell’UE contro la “radicalizzazione”. Il relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dell’ambiente nell’ambito della convenzione di Aarhus ha emesso un avvertimento che: “La fusione di un pacifico attivismo climatico con la radicalizzazione e il terrorismo può aumentare la polarizzazione etichettando erroneamente gli attivisti come radicali e banalizzando il terrorismo”. Le dure condanne sono state emesse ai manifestanti pacifici sul clima sia dagli Stati membri dell’UE che dal Regno Unito. Quest’ultima rimane strettamente legata alle strutture di polizia dell’UE attraverso la sua cooperazione con Europol. Ad esempio, alla fine di agosto, Climate Rights International ha riferito: Un tribunale tedesco ha condannato il 65enne Winfried Lorenz a 22 mesi di carcere senza libertà condizionale, per il suo coinvolgimento in una protesta sul clima che ha bloccato una strada. Si ritiene che sia la pena più lunga mai imposta a Berlino contro un attivista sul clima. La documentazione * Controterrorismo: sfide attuali e iniziative e attività della Presidenza nell’area (Consiglio del Consiglio. 10406/24, LIMITE, 3 giugno 2024, pdf) * Una comprensione condivisa di quando una persona dovrebbe essere considerata come una potenziale minaccia terroristica o violenta estremista (“Gef-hrder”) (doc del Consiglio. 9988/24, LIMITE, 22 maggio 2024, pdf) * Esito dei lavori del Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (COSI) (Consiglio). 10752/24, 27 giugno 2024, pdf)   Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000  News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp   L'articolo UE: la definizione di “potenziali terroristi” apre la porta a un’ampia condivisione di informazioni sembra essere il primo su Osservatorio Repressione.
October 3, 2024 / Osservatorio Repressione