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Il lupo argentino e il leone americano
Con la morte di Jorge Bergoglio si è assistito allo spettacolo di gran parte della sinistra, moderata o radicale, in lutto per la scomparsa del pontefice. Tutt* hanno lodato il defunto papa come progressista, pacifista, aperto sui diritti di donne e omosessuali. Sfatiamo un mito: Francesco non era un progressista ma un populista. Bergoglio si dichiarava figlio della Teologia del Pueblo, che si contrappose sul piano teologico, sociale e politico alla Teologia della Liberazione che si era ispirata ed aveva a sua volta contaminato buona parte dei movimenti d’opposizione latino americani sul finire del ventesimo secolo. La Teologia del Pueblo è sul piano teologico la trasposizione del peronismo e del più intransigente populismo politico: il trionfo del nazional cattolicesimo argentino. La Guardia de Hierro, il gruppo politico peronista del quale il giovane Bergoglio era uno dei massimi ideologi, si dichiarava oltre la destra e la sinistra e si contrapponeva alla sinistra ed all’ala progressista dei cattolici. Per loro il Pueblo non è una categoria socio economica ma un insieme di valori e atteggiamenti che custodiscono l’identità collettiva del popolo argentino, la sua morale, la sua intrinseca spiritualità. In sintesi lo strumento ideologico che si contrapponeva alle analisi materialiste e della società. Bergoglio nel 1973 diventa padre Provinciale dei gesuiti. All’epoca i gesuiti erano profondamente divisi e una loro significativa parte propendeva per la Teologia della Liberazione. È in questo contesto che il padre generale Arrupe scelse come provinciale Bergoglio, allora solo trentaseienne. Una scelta di chiaro segno politico. Secondo Bergoglio l’Argentina era in crisi perché era in preda a ideologie lontane dalla sua storia: il liberalismo e il marxismo. La teologia del pueblo si identificava quindi pienamente con il peronismo, in quanto espressione spontanea del popolo, nella sua dimensione giustizialista e tradizionalista. Bergoglio era in buone relazioni con l’ammiraglio Massera e con altri esponenti delle forze armate. Diversi atti concreti dimostrano la sostanziale accettazione della giunta militare da parte di Bergoglio e dei gesuiti. La chiesa argentina collaborò attivamente con la dittatura. Il nunzio apostolico Pio Laghi consigliava i generali sui metodi per massacrare ed uccidere con la benedizione di dio. Anche il giovane capo della compagnia di Gesù a Baires fece la sua parte. Togliendo il proprio appoggio ad Orlando Yorio e Francisco Jalics, due gesuiti, seguaci della teologia della liberazione, che operavano nelle baraccopoli della capitale, avrebbe di fatto favorito il loro arresto da parte dei militari. Yorio e Jalics rifiutarono di sciogliere la comunità da loro fondata a Bajo Flores e per questo Bergoglio vietò loro di dire messa. Entrambi detenuti nella famigerata Esma, verranno torturati per cinque mesi prima di essere rilasciati. Yorio è morto nel 2000, debilitato nel fisico da torture dalle quali non si riprese mai completamente. Jalics, immediatamente dopo l’elezione di Bergoglio, è stato confinato dalla chiesa in un convento sito in una sperduta località della natia Ungheria, con il divieto assoluto di parlare con i giornalisti. Significativa è la piena adesione di Bergoglio alla guerra delle Malvinas. Nell’ottobre del 2009 benedicendo i parenti dei soldati caduti in partenza per le isole dove avrebbero eretto un cenotafio al cimitero disse loro “andate a baciare quella terra che è nostra e che sembra così lontana” e dichiarò che “i loro figli, mariti e padri erano caduti compiendo un gesto quasi religioso quello di baciare con il proprio sangue il suolo della madrepatria”. Nel 2012 in occasione del trentesimo anniversario del conflitto, definì coloro che erano morti “figli della madrepatria andati a difenderla per rivendicare ciò che le apparteneva e le era stato ingiustamente sottratto”. Affermazioni che liquidano ogni interpretazione di Francesco come pacifista. Nel 2007 la conferenza che si tenne nel santuario mariano di Aparecida in Brasile segnò il definitivo tramonto della teologia della Liberazione. La visione di Bergoglio si impose e nel 2013 quando Bergoglio tornò da papa in Brasile parlò di Aparecida come di un “momento che sconfisse la tentazione che si ebbe negli anni precedenti nella chiesa di creare una interpretazione della vita fuori dal vangelo e dalla chiesa. Qui sta tutto il pensiero profondo di Bergoglio: i poveri intesi non come categoria socio economica ma come Ser fundante, “spirito fondatore” dell’autentica comunità argentina che deve resistere all’influsso negativo della globalizzazione. La globalizzazione non va intesa come mera dinamica economica sociale ma soprattutto culturale. La globalizzazione è identificata in quel capitalismo imperialista del “Nord” che si incarna nelle idee e negli stili di vita orientati al liberalismo, al relativismo, all’edonismo che sono del tutto estranei al Ser Fundante argentino e alla spontanea devozione popolare. Il trionfo del nazional cattolicismo espresso dalla Teologia del Pueblo. Uno dei tratti salienti del pontificato di Bergoglio è stata la sua straordinaria abilità nell’usare i media. Ha capito perfettamente che contava di più una frase ad effetto che i gesti concreti, per cui si permetteva di lanciare messaggi di apertura nei confronti di omosessuali e donne, mantenendo inalterata la morale ufficiale della chiesa. Malgrado abbia affermato di non giudicare le persone omosessuali, nei testi della chiesa bergogliana l’omosessualità è definita un disordine, una malattia. L’unica famiglia legittima, la sola possibile è per Francesco quella formata da un uomo e una donna e ha come scopo primario la procreazione. L’aborto è un omicidio e i medici che lo effettuano sicari. Il clero deve restare rigidamente maschile. Bergoglio ha nei fatti ribadito, come tutti i suoi predecessori, il ruolo misogino, omofobo e patriarcale della chiesa. Bergoglio si faceva paladino della libertà religiosa, ma giustificava gli autori della strage di Charlie Hebdo perchè non si può irridere le religioni. Francesco da un lato si mostrava umile laddove non contava (le scarpe lise, la coda alla mensa vaticana, la 500 come auto papale) per crearsi l’immagine del papa che rifuggiva i fasti del potere, dall’altro ha accentrato su di sé il potere vaticano come pochi papi avevano fatto prima di lui. Il suo papato si è contraddistinto per un continuo creare apparenze di cambiamento per far si che tutto restasse come prima. Il gesuita che si è fatto chiamare Francesco è stato un lupo travestito da agnello. Un’analisi compiuta del suo successore è prematura, ma possiamo comunque azzardare qualche ragionevole ipotesi. Al momento possiamo essere cert* che continuerà nella crociata in difesa della famiglia patriarcale. In un’intervista radiofonica del 2012 in Perù Prevost ha dichiarato: “Vogliono convincerci che l’omosessualità è un’opzione neutrale. Ma Dio ha creato l’uomo e la donna, non un’identità fluida”. Le sue perorazioni per una pace “giusta” in Ucraina paiono riposizionare il vaticano nel campo occidentale all’interno dello scontro interimperialistico, al di là delle chiacchiere sulla pace disarmata e disarmante. Prevost è un agostiniano e Agostino giustificavala guerra come strumento per costruire una pace “giusta”, come fanno tutti i governi quando vogliono giustificare guerre e massacri. La scelta del nome non è mai casuale: ogni papa sceglie il proprio in base ad un esplicito richiamo a un predecessore di cui ambisce a ricalcare le orme. Il 23 giugno del 2003 il futuro papa, nel corso di un ritiro spirituale a Cuzco, dichiarò: “I cristiani devono resistere alle tentazioni ideologiche del collettivismo estremo che schiavizza l’anima in nome della giustizia sociale”. In queste parole è facile cogliere l’affinità di Prevost con Leone XIII, il papa della Rerum Novarum cupiditas, l’enciclica in cui venne formulata la dottrina sociale della chiesa cattolica, basata sulla collaborazione di classe in opposizione alla guerra di classe. Questa enciclica difendeva a spada tratta la proprietà privata e nascondeva, dietro a generici appelli alla “giusta mercede” e alla “dignità dell’uomo”, l’odio verso la spinta rivoluzionaria del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici: giudicava lo sciopero “uno sconcio grave” e vedeva dietro l’organizzazione autonoma delle classi sfruttate l’azione di “capi occulti”, che le reggerebbero con criteri contrari al pubblico bene. La Rerum Novarum è stata la risposta cattolica al movimento operaio e alla lotta di classe: era giusto che gli sfruttati si associassero per migliorare la loro condizione, ma dovevano farlo in collaborazione e non in conflitto coi padroni. La divisione in classi sociali, con il suo portato di disuguaglianza, non doveva essere messa in discussione. La questione sociale doveva essere risolta nella collaborazione fra sfruttati e sfruttatori, questi ultimi guidati da un maggiore spirito di carità. In questi tempi, contrassegnati dal tentativo dell’ ideologia dominante di far passare la lotta di classe come visione ormai superata dalla storia, la collaborazione di classe teorizzata alla fine del diciannovesimo secolo dalla chiesa cattolica può tornare utile ai padroni. La povertà si affronta distribuendo una tantum brioches ai clochard, come ha fatto recentemente la chiesa romana su ordine del nuovo papa. E che i poveri restino poveri, altrimenti a chi si fa la carità? Un agostiniano sul soglio di Pietro, con l’insistito ruolo della grazia divina come necessaria ispirazione al bene per gli uomini e le donne altrimenti fonte di ogni male, può tentare di recuperare il terreno sulle chiese evangeliche, che stanno scalzando il cattolicesimo sia in Sud America che in Africa. Al di là dei futuri gesti del nuovo papa, di un fatto siamo comunque sicur*: la chiesa cattolica continuerà a succhiare soldi a tutt* noi. 6,7 miliardi: tale è la cifra che nel 2024 lo stato italiano ha versato alla chiesa. Quest’anno, con i contributi per il giubileo, la cifra sarà probabilmente superiore. Soldi che, come quelli delle spese militari, vengono prelevati dalle nostre tasche. Soldi sottratti alla salute, alla casa, all’istruzione e a quanto ci serve realmente. Oggi sono tutti inginocchiati al trono di Pietro. La sinistra in cerca di autore è continuamente a caccia di qualche sfumatura sociale, pacifista o ambientalista per legittimarsi e legittimare la chiesa. Ma la chiesa è intrinsecamente autoritaria e patriarcale. La chiesa combatte la lotta di classe in nome della fratellanza fra sfruttat* e sfruttator*, tra oppress* e oppressor*. L’esistenza della chiesa è incompatibile con l’idea di libertà, perché la chiesa, qualunque chiesa, si basa sull’idea di dio, sulla convinzione che l’uomo e la donna non possano darsi la propria morale e le proprie regole, perché queste devono discendere dall’alto, dalle divinità e, ovviamente, dai rappresentanti terreni delle divinità, ovvero la chiesa stessa. Se vogliamo davvero costruire un mondo di liber* e uguali, la lotta anticlericale e antireligiosa deve tornare ad essere fra i punti centrali del conflitto sociale. La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
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Dignitas Infinita. La zampata di Jorge Bergoglio
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