Riceviamo e diffondiamo:
È uscito il secondo numero di “disfare – per la lotta contro il mondo guerra”,
dell’estate 2025.
Per richiedere copie / To request copies / pour demander des exemplaires:
disfare@autistici.org
* 52 pagine, 4 euro a copia, 3 euro per i distributori (dalle 3 copie in su)
* 52 pages, 4 euros per copy, 3 euros for distributors (from 3 copies upwards)
* 52 pages, 4 euros par exemplaire, 3 euros pour les distributeurs (à partir de
3 exemplaires)
Scarica il pdf dell’editoriale: disfare_2_editoriale
Scarica il pdf dell’articolo “Processo alla resistenza palestinese” del
Collettivo Hurriya! Pisa sul caso di Anan Yaeesh: disfare_2_Anan
Source - il Rovescio
cronache dallo stato di emergenza
Ringraziando chi l’ha fatta, riceviamo e diffondiamo la traduzione di questo
articolo apprso sulla rivista francese “La Houle” (n° 1, giugno 2024). Al di là
della precisione storica (abbiamo qualche dubbio, ad esempio, sul carattere
“anarco-sindacalista” dell’Internazionale Antiautoritaria del 1872…), si tratta
di un insieme di riflessioni interessanti per un “internazionalismo senza
comunità” e senza obblighi morali(stici), come quelli che hanno pesato su certi
posizionamenti pseudo-libertari e militaristi riguardo la guerra in Ucraina.
Per ordinare copie di “La Houle”, scrivere a bouteillealamer@riseup.net
Per scaricare in formato pdf: tesla_internazionalismo
TESLA & L’AZZARDO INTERNAZIONALISTA
A metà settembre a Francoforte un concessionario Tesla vede una parte del suo
stock di veicoli elettrici sparire tra le fiamme. Inizio ottobre, oltre Reno,
avviene un attacco simile contro un altro concessionario della ditta a Chambéry.
Per due volte, si alza l’alba su dei parcheggi disseminati di carcasse
calcinate.
Quando un’impresa si fa notare troppo
Quando ho saputo di questi due avvenimenti, mi sono chiesto, col sorriso sulle
labbra, se Tesla fosse stata presa di mira spesso dopo la sua folgorante
espansione e la mediatizzazione dell’ormai celebre Elon Musk[1]. Speravo proprio
di sì, dato che, nel giro di qualche anno, questo padrone della Tech ha inviato
centinaia di satelliti a bassa altitudine che gli hanno permesso, tra le altre
cose, d’influire significativamente sull’inizio della guerra in Ucraina tramite
i servizi di informazione della sua IA. Il successo e la potenza di questo
fallocrate supera quella di molti Stati. A questo si aggiunge ovviamente la
progettazione e la commercializzazione dei veicoli Tesla, elettrici e
semi-autonomi (per il momento) che qui si diffondono ad una velocità inaudita.
Ecco in breve quello che ho trovato dopo un piccolo giro nella rete. Febbraio
2020 ad Amburgo, 13 automobili cosparse di bitume. Ottobre 2020 a Malmö in
Svezia, 7 Tesla incendiate presso un concessionario. Maggio 2021 a Berlino,
incendio dell’alimentazione elettrica del cantiere della Gigafactory. Giugno
2021 a Tolosa, un veicolo incendiato. Maggio 2023 nella provincia della Loire,
un’auto vandalizzata. Settembre 2023 a Graz in Austria, diverse Tesla ricoperte
di bitume. Febbraio 2024 a Berlino, due veicoli e due punti di ricarica
incendiati. Marzo 2024 ancora a Berlino, nuovo attacco alla rete elettrica della
Gigafactory, che blocca tutta la produzione per diversi giorni. Questa lista non
è esaustiva [e va ricordato l’attacco di aprile 2025 a Roma, ndt].
Dunque è da qualche tempo che la multinazionale attira i fulmini di individui
ostili al suo sviluppo. Notiamo qui, ad ogni buon fine, che dopo quella di
Berlino è prevista un’altra Gigafactory Tesla in Europa, probabilmente nel Nord
della Francia, nella “valle della batteria”, che punti di ricarica e veicoli
parcheggiati pullulano per le strade e che molti altri concessionari vendono
tranquillamente le loro merci tecnologiche.
Cos’è questa storia dell’azzardo ?
Torno un momento su quei due attacchi, evocati in esergo, che hanno suscitato il
mio entusiasmo, preambolo a questo articolo. A meno di un mese di distanza,
vengono realizzate due azioni molto simili, in due Paesi differenti. Stesso
obiettivo, stessa modalità operativa. Potremmo immaginare che un gruppo – che
dico, una brigata internazionale, si muova ormai sotto il naso dei doganieri e
della polizia alle frontiere. L’ipotesi è seducente. Potremmo anche supporre che
essendo venuti.e a conoscenza dell’attacco a Francoforte, dei.lle complici, in
Francia, si siano organizzati.e per colpire tre settimane più tardi. Altra
ipotesi seducente. Ahimé, la disparità politica che distingue i comunicati[2] e
la distanza temporale molto ravvicinata tra i due colpi mi fanno propendere,
frettolosamente ne convengo, per un’altra ipotesi. L’internazionalismo qui
all’opera sarebbe quello dell’azzardo[3]! Ma in fondo che importa la fondatezza
delle mie speculazioni, lasciamole agli sbirri.
La mia battuta sull’azzardo internazionalista ha piuttosto la finalità di
mettere sul tavolo il fatto che Tesla sia divenuta un obiettivo pregiato in
diversi Paesi, e di stendere sulla carta le mie prime riflessioni sulle
prospettiva e l’efficacia dell’internazionalismo oggi.
Dalla polvere del passato…
Devo iniziare ammettendo che la mia generazione, in Francia, non si è per nulla
politicizzata all’interno un panorama di riferimento internazionalista vitale.
Al massimo ho (abbiamo?) letto qualche testo di una volta che brandiva questa
parola come una fiaccola, un grido di raduno per gli.le spossessati.e di allora.
Possiamo rilevare un’eccezione presso i comunisti. Per questa volta ascoltiamo
la loro tiritera. Il disco rotto “Proletari di tutto il mondo, unitevi”, per
esempio, sulla scia di Marx. È che una volta, la maggior parte dei.lle ribelli
rivendicavano il loro comunismo, raramente per fondare un Partito, sempre e
comunque per immaginare una società economicamente egualitaria. Oggi appellarsi
al comunismo ci sembra incredibile ma credetemi che anche Clément Duval,
rapinatore della fine del XIX secolo del gruppo Le pantere di Batignolle, aveva
degli ideali comunisti.
Credo di poter affermare che l’internazionalismo riguardi originariamente la
coscienza e la solidarietà di classe a scapito e a dispetto delle frontiere.
Bisogna dire che all’epoca la stratificazione sociale era più evidente che oggi.
In basso si trovavano i.le “lavoratori e lavoratrici” in alto “la borghesia”.
Tra i due un crudo rapporto di sfruttamento economico. Il sudore per gli.le
uni.e e il valore per gli.le altri.e. Un buon numero di sfruttati.e si
concepivano e si vivevano in una grande comunità, il “proletariato”. Essi.e
conoscevano condizioni d’esistenza simili in quei tempi di industrializzazione
galoppante, migravano verso i centri urbani, condividevano la miseria, la
malattia, negli stessi tuguri o periferie operaie.
In tutto il mondo, anche gli anarchici, si salutavano volentieri con “compagno”
e combattevano insieme il borghese. Questo, di fronte alle facce nere, alle mani
callose e alle schiene piegate sul mestiere, sfoggiava spesso un paternalismo
filantropico. Le mani e il viso bianco, vestito in maniera impeccabile, si
distingueva nettamente dalle masse lavoratrici. Proprietario della terra, dei
mezzi di produzione e della materia prima, aveva tutto il potere di comprare la
forza lavoro degli.lle umili, obbligati.e, quanto ad essi.e, a mettere a
disposizione i loro unici beni, i loro corpi, fino ai loro sessi e i loro ventri
per quanto riguarda le donne (etimologicamente, il.la proletario.a è colei o
colui che fa dei figli). Queste ultime sgobbavano nelle fabbriche e nelle
famiglie eteropatriarcali in corso di solidificazione. Produrre e riprodurre.
A ciò possiamo aggiungere che gli Stati e le Nazioni, affiancati con un
trattino, rivestivano forme diverse da oggi. La mano sinistra del governo, cioè
lo Stato sociale, più tardi provvidenziale, praticamente non esisteva. I poveri
stavano ancora sotto l’egida “benevola” della Chiesa. Solo il potere
sovrano/regale regnava sui suoi soggetti. Esercito, Polizia, Giustizia,
Prigione. Ospedale psichiatrico. Il rumore degli stivali e dei cavalli soffocava
gli scioperi e le manifestazioni. Numerosi.e erano coloro che cadevano sotto le
pallottole o le sciabole. Deibler[4] officiava a tempo pieno, montando e
smontando il suo patibolo a seconda delle condanne. Si rinchiudevano
allegramente i.le vagabondi.e, le “isteriche” e altri.e “non perbene” al
manicomio della Salpêtrière. La follia aveva la schiena larga e giaceva ai
ferri. Il nazionalismo e il patriottismo si duplicavano nell’ideologia
imperialista. I governi occidentali massacravano e schiavizzavano popolazioni
del Sud in regioni sommariamente ribattezzate colonie (anche la Chiesa era della
partita).
Sotto i suoi multipli gioghi ma forte di questa coscienza proletaria, la Prima
Internazionale (associazione internazionale dei lavoratori) nacque nel 1864.
Essa mira a coordinare le lotte sindacali in tutti i Paesi. In seguito a dei
conflitti tra sostenitori.trici della conquista dello Stato e anarchici, questa
Internazionale è ben presto divisa e disciolta. Seguiranno la Seconda, la Terza
e infine la Quarta di ispirazione marxista, staliniana e poi trotzkista. Dal
canto loro, gli anarchici fondano l’Internazionale antiautoritaria nel 1872 nel
Giura svizzero. Non dura che 6 anni ma dà il tono ad un anarco-sindacalismo
allora in piena effervescenza.
Qualche anno più tardi, nel 1905, emerge, inizialmente negli Stati Uniti, poi in
altri Paesi anglofoni e infine in decine di Paesi, l’IWW. L’Industrial workers
of the world è un sindacato internazionalista, radicale, che organizza scioperi
generali e sabotaggi in una prospettiva di “abolizione del salariato”. I.Le
suoi.e aderenti, i.le wobblies, sognano e praticano l’autogestione sul luogo di
lavoro. Ecco in che contesto e in che maniera è nato, credo, l’ideale
internazionalista. Sì, esagero un po’ con la mia terminologia antiquata, la
parola stessa è antiquata, ma è per dare un piccolo accento storico alla mia
narrazione.
… alle riconfigurazioni del presente
In Occidente il capitale si è ristrutturato, è divenuto più complesso. La
maggioranza del proletariato, vinto, ha subito una metamorfosi divenendo classe
media, ausiliaria di una borghesia diventata invisibile per i.le comuni mortali.
Restano i precari, molto spesso tra le minoranze razzializzate e di genere. Le
comunità, specialmente contadine e operaie, sono state frammentate.
Spazio agli atomi umani. Cittadini.e, lavoratori.trici (ora si dice
impiegati.e), consumatori.trici sono mediati.e dall’amministrazione, dalle
macchine e dalle merci. La sparizione dei sobborghi, della sussistenza rurale,
delle cooperative popolari, delle gilde di mestieri, dei circoli di gioco e di
dibattito, dei sindacati combattivi …, ha contribuito poco a poco ad annientare
fattualmente e sentimentalmente l’appartenenza alla classe sociale degli.lle
spossessati.e.
Non sentiamo più cantare “l’internazionale sarà l’umanità”, non sentiamo più
gridare dall’alto dei palchi, davanti ad una platea di depredati.e, “Domani
sorgerà una società fraterna, senza Stato, senza frontiere, senza Dio e senza
legge”. Niente più “Causa”, niente più “Rivoluzione sociale” e a malapena ci si
può dichiarare rivoluzionari senza diventare lo zimbello degli altri.
Alla ricerca di continuità
Non crediate che io compianga il disfacimento di ciò che ho descritto. Cerco
semplicemente di rintracciare l’origine dell’internazionalismo e le cause della
sua agonia. Senza nostalgia, certo, ma con un reale desiderio di soffiare via la
polvere che ricopre una parte di questo passato. Per osservarlo meglio e per
ispirarvisi. Poiché, più che di rotture, la sostanza del tempo è fatta di
continuità, di evoluzione e di ciclicità.
Delle attività e delle battaglie portate avanti tra gli anni ’60 e gli anni ’80
da gruppi quali Primero de Mayo, i GARI (gruppo d’azione rivoluzionaria
internazionalista), le Rote Zora o le Black Panther per non citarne che alcuni.
Delle azioni firmate ALF (animal liberation front) o ELF (earth liberation
front) realizzate a partire dagli anni ’80. Delle manifestazioni giganti dei
contro-summit che hanno conosciuto il loro apice da Seattle nel 1999 e in
qualche appuntamento successivo. Degli incontri anarchici internazionali che
continuano a tenersi ogni anno. Della campagna Shac Attack (stop huntingdon
animal cruelty) contro un laboratorio di vivisezione e le sue filiali che ha
visto coordinarsi numerosi.e antispecisti.e nel mondo tra il 1999 e il 2003.
Dei.lle compagni.e, emigrati.e o nomadi che tessono pazientemente i fili
attraverso le frontiere. Della FAI-FRI (federazione anarchica informale, fronte
rivoluzionario internazionalista) molto attiva all’inizio degli anni 2000, che
ha rivendicato degli attacchi in diversi Paesi. Del viaggio in Europa, nel 2022,
delle delegazioni zapatiste provenienti dal Messico. Possiamo anche menzionare
la recente iniziativa “switch off! The system of distruction” nel 2023.
L’appello di questa campagna di sabotaggio, partendo dalla transizione
energetica, insiste sugli intrecci di numerose lotte nel mondo intero, con la
volontà di tessere dei legami o consolidare il tessuto esistente tra esse.
Questi esempi alla rinfusa, assemblaggio eterogeneo, mescolano delle esperienze
e delle prospettive molto diverse. Le affianco qui guidato unicamente dal prisma
dell’internazionalismo.
Osservando queste continuità, avremmo torto a non recuperare ed esaltare questo
immaginario internazionalista. Poiché è fecondo e pericoloso per questo mondo
che affrontiamo. Perché merita di meglio che di restare relegato in qualche
canto rivoluzionario, che di fuoriuscire da qualche bocca che sproloquia. Questo
immaginario deve tornare ad abitarci e a guidare il nostro agire.
Le sconcertanti posizioni guerrafondaie di certi.e anarchici.che e
antifascisti.e (magari più numerosi.e di quanto si pensi) contro “l’impero di
Putin” lo dimostrano a sufficienza[5]. La debolezza attuale del nostro
antimilitarismo deve molto, credo, a quella del nostro internazionalismo.
Desidero, insieme ad altri.e, chiarire le nostre posizioni radicali contro la
guerra, gli Stati, le nazioni, contro le finzioni di popolo, identità e
respingere le ideologie virili, marziali e belliciste.
Quanto a Tesla, il fatto che convergano rabbie da diversi Paesi contro questa
impresa è anche un’occasione insperata per riconfigurare ed amplificare
internazionalmente l’offensiva. È una delle polene della nave da far affondare,
archetipo insieme ad altri di questa dominazione in evoluzione. Sono molti gli
aspetti a bordo: alienazione, sfruttamento, estrazione, transizione elettrica,
sorveglianza, automazione. E la guerra è l’oceano in cui naviga. Tesla non è che
un esempio, un’occasione di allenare il proprio spirito a ragionare su dei piani
e su una scala più ampi. Allenamento che affina la conoscenza dei sistemi di
oppressione attuali e in divenire e che può avere come corollario il percepire e
organizzare le forze, le nostre, per sovvertire tutti i poteri. Avanti i cinici,
“put your hands up in the air” e tutti.e con me!
A proposito di solidarietà
A fine febbraio è stato tradotto un articolo di un compagno siberiano,
inizialmente pubblicato su un media russo (Avtonom). Vi si poteva leggere
un’ingiunzione alla solidarietà con gli.le anarchici.che impegnati.e sul fronte
ucraino. Questo cameratismo imposto illustra perfettamente lo spirito
dell’internazionalismo così come ha preso forma alla fine del 19° secolo e come
è perdurato, a quanto pare, fino ad oggi. E non sono né dei.lle comunisti.e
retrogradi.e né degli.lle anarcosindacalisti.e solitari.e che ce lo ricordano.
La solidarietà obbligatoria, morale dei capi e dei gregari, diviene desiderabile
se proviene dalla penna anarchica? Quel compagno porta un discredito sferzante a
questo tipo di solidarietà. Non concepisco che possa emanare da un dovere e non
da una generosità personale. Quale che sia il suo oggetto. Solidarietà per
classe sociale, sorellanza, per l’essere compagni.e, per una lotta, tra abitanti
di quartiere, tra prigionieri.e … Tutte possono avere senso, purché vengano dal
cuore! Ernest Armand [in realtà Émile Armand, ndt], un vecchio anarchico
dell’inizio del 20° secolo ha scritto da qualche parte: «Chiunque accetti
volontariamente l’obbligo della solidarietà o il vincolo all’aiuto reciproco
appartiene al mondo dell’autorità». Con dei discorsi simili, all’epoca, non si
sarà fatto solo degli amici. Io condivido la solidarietà con coloro che la
considerano, come me, un gesto forte, cosciente, soggettivo e sincero. Siamo
dunque lontani da una legge o un riflesso dato tra coloro che condividono a
priori 3-4 idee, un territorio, delle condizioni sociali, un’identità di genere
o delle pratiche rivoluzionarie.
Sul bisogno di comunità
Diversi indici storici lasciano pensare che l’internazionalismo sia germogliato
sotto gli auspici di un proletariato che aveva riconosciuto i suoi nel mondo. A
causa senza dubbio delle guerre, delle migrazioni forzate e grazie alle lotte
anti-imperialiste e di decolonizzazione, si è coltivata una certa fratellanza di
classe. Oggi che la classe proletaria è sconfitta, che conclusioni e che
prospettive possiamo trarre?
Alcuni potrebbero vedere, volere o voler vedere altre comunità emergenti o in
fase di gestazione. Si pensi alla Moltitudine, cara a Toni Negri o alla
Resistenza ecologica di Derrick Jensen e compari. Sinceramente ignoro se queste
tesi o ipotesi siano realizzate, plausibili o assurde. Volto loro la schiena per
altri motivi. Rifiuto l’idea che una comunità sia la base preliminare e
inesorabile di progetti internazionalisti (o peraltro di qualsiasi altro
progetto, ma non è questo il tema). Provo dell’ostilità per ciò che richiede, o
induce, sentimento d’appartenenza, affiliazione o identificazione collettiva.
Tutto ciò che fa di Sé un membro di un Corpo.
La comunità, agglomerato di individui.e, riporta necessariamente, temo, cultura,
norma, morale, prescrizione, interdizione, integrazione, esclusione, ricompensa,
punizione, onore, umiliazione… Rituali di coesione dei “nostri”, rituali di
differenziazione dagli “altri”. Non sapendo se l’internazionalismo
sopravvivrebbe senza comunità internazionale e internazionalista, rischio di
finire in un’impasse[6]. Fortunatamente, non avendo questa certezza, mi lascio
la possibilità di concepire un internazionalismo senza comunità e lo sottopongo
al giudizio di chiunque voglia analizzarlo. Se mi lasciassi andare alle
divagazioni, mi porrei ora la questione del comune senza comunità, ma temendo di
perdermi mi fermo qui.
Dall’ombelico all’internazionalismo
L’alienazione che subiamo in diversi gradi riduce il nostro campo visuale e
intellettuale ad un quotidiano limitato da un’esistenza falsamente separata ed
indipendente. Facciamo fatica ad essere consapevoli di totalità, trasversalità,
legami ed influenze tra realtà multiple. La mistificazione dei nostri rapporti
al mondo maschera abilmente meccanismi, cause, effetti, fenomeni che collegano
internazionalmente gli esseri viventi e la materia, reificati e appiattiti dalla
razionalità economica. Uno dei primi gesti del pensiero consiste nel percepire
le dimensioni nascoste, qualitative e quantitative che fondano le nostre
interdipendenze. Possono derivare da dominazioni, da idee, da affetti, da lotte,
da viaggi, da territori, da condizioni sociali o da tutte queste cose insieme,
senza omettere quelle dell’intangibile trama della vita. Non sto cercando di
scoprire quale comune possa sottendere meglio di un altro ad un nuovo
internazionalismo. Con l’aiuto di intuizioni e di analisi sistemiche, cerco di
aprire grande, immensamente grande, la lente focale delle mie percezioni e
comprensioni del mondo (e magari delle tue, delle loro) che l’alienazione altera
con i suoi filtri, oscurati dai suoi veli, ristretti dai suoi paraocchi.
Interessi per la Storia, le ideologie, le religioni, la psiche, la geopolitica,
le oppressioni, i rapporti tra animali, piante, tra ambienti… con o senza
approcci scientifici, possono portare a cogliere gli innumerevoli agenti,
relazioni e interazioni che costituiscono questo mondo. Quando le nostre
capacità sensoriali e riflessive si emancipano, anche parzialmente, la nostra
comprensione e la nostra attenzione alle relazioni esistenti e potenziali
aumentano. Mediante un’altra presenza e altri collegamenti, le nostre capacità
ad iniziare, trasformare e sovvertire questi legami crescono di pari passo.
Quando si è risoluti.e a combattere la dominazione e vivere il più possibile in
maniera anarchica, è possibile intraprendere delle connivenze, dal vicinato a
livello internazionale, per densificare ed estendere la propria rivolta tramite,
per e grazie a quelle degli altri.
Prospettive concrete
Cos’è che nelle dinamiche e nei tentativi passati può ispirare e rinforzare le
prospettive internazionaliste attuali? Il rigetto della comunità e della
solidarietà obbligatoria permettono, in negativo, di immaginare l’aiuto
reciproco e la cooperazione come degli atti individuali e volontari. La prima
risoluzioni dell’Internazionale anti-autoritaria precisava che essa “non ha
altra missione che quella di riunire aspirazioni, bisogni e idee del
proletariato in modo che si armonizzino ed unifichino il più possibile”.
L’apertura della propria lente focale sensoriale e mentale permette di
proiettare e sperimentare delle sinergie all’interno ma anche al di fuori del
“proletariato”, degli.lle “oppressi.e”, “dei.lle rivoltosi.e” e di altre
(auto-)designazioni e abitudini dai confini limitati. Citerò ancora una volta E.
Armand che, nonostante fosse lungi dall’essere tra i più combattivi, scrisse che
«ci sono degli incarichi che sono impossibili a tentare, svolgere o portare a
termine in altro modo che mediante un lavoro associato». Per riguadagnare
vigore, la prospettiva internazionalista richiede di associarsi localmente, ma
non solo. L’incarico di distruggere questo mondo da cima a fondo passerà, credo,
per l’internazionalità del nostro agire. Prendiamo le mosse dalle esperienze di
lotta passate. I.le wobblies, parlando una quantità di lingue diverse, si sono
uniti.e in federazione in diversi continenti. Alcuni gruppi armati dagli anni
’60 agli anni ’80 hanno saputo comporre delle complicità internazionaliste tra
contrade lontane. L’ALF, l’ELF, Shack attack e la FAI-FRI tra le altre, sono
riuscite e riescono ancora a propagare informalmente delle offensive.
Coniughiamo convinzioni internazionaliste e pratiche internazionaliste.
Pubblichiamo dei giornali poliglotti e diffondiamoli largamente. Rinforziamo i
legami tra compagni.e all’estero mediante delle corrispondenze, delle visite.
Continuiamo ad organizzare degli incontri internazionali per conoscersi,
discutere, sviluppare rapporti di fiducia e ambizioni. Accentuiamo l’agitazione
sociale contro le guerre. Tessiamo delle affinità tra e in diversi territori.
Aggiorniamo le nostre battaglie contro patriottismi, nazionalismi, imperialismi.
Diamo risonanza a conflitti lontani geograficamente mediante delle
manifestazioni di solidarietà a parole e nei fatti. Andiamo a sostenere
fisicamente lotte, occupazioni lontane da casa. Troviamo dei passaggi per coloro
che devono circolare al di fuori dai radar. Approntiamo ospitalità per coloro
che devono partire senza poter tornare. Inviamo soldi e materiali là dove
desideriamo appoggiare le forze. Battiamoci contro le frontiere e per gli.le
indesiderabili che le attraversano. Usciamo dalle nostre cerchie per scoprire
altre interazioni fruttuose qui o altrove, senza transigere sui nostri fini e i
nostri mezzi.
Immaginiamo e tentiamo ancora, finché il battito dell’internazionalismo farà
vibrare i nostri corpi.
Andiamo figli senza patria[7]! (anche se non ci dovessero essere giorni di
“gloria”)
1. Questo magnate possiede, oltre a Tesla, X (precedentemente Twitter), Space X
(di cui il programma Starlink) e investe enormi quantità di denaro nella
riproduzione artificiale eugenetica con l’obiettivo di promuovere la razza
bianca dei/delle ricchi/e della Silicon Valley.
2. Vedi https://sansnom.noblogs.org/archives/20942 e
https://sansnom.noblogs.org/archives/18854.
3. Il 18 aprile, il giornale “Libération” pubblicava un articolo sui recenti
licenziamenti di massa e inauditi, almeno secondo i sindacati, di 14.000
operai.e presso Tesla. La fine dell’articolo confermava la mia tesi di un fato
internazionalista decisamente astioso nei confronti della ditta. Questa
subirebbe una crisi a causa degli effetti congiunti di tre fattori: atto di
pirateria Huti di un cargo di pezzi automobilistici nel mar Rosso, blocco
dell’approvvigionamento di materiale da parte di un sindacato svedese, attacco
alla Gigafactory di Berlino.
4. Anatole Deibler, sulla scia del padre, assume la carica di boia capo, che
occupa per 40 anni! Questo celebre carnefice ha ucciso con le sue mani 299
persone tra il 1899 e il 1939.
5. Non dimentichiamo anche che Piotr Kropotkine sostenne, con altri 15
“compagni”, la Triplice intesa durante la prima guerra mondiale.
6. Questa frase contorta mi permette di rendermi conto che organizzarsi in
maniera internazionale non significa necessariamente essere internazionalisti,
così come agire localmente non impedisce di essere internazionalisti. È quindi
più una questione di tipo di attività e di prospettive, anche se
l’internazionalismo si basa, come minimo, su di un’apertura geografica sul piano
delle idee.
7. Détournement dell’inno francese (Allons enfants de la Patrie, “Andiamo figli
della Patria”) [N.d.T.]
Rammaricandoci di non aver seguito per tempo questa vicenda, apprendiamo che
Maja (una delle persone coinvolte nella vicenda degli “antifascisti di
Budapest”) ha terminato lo sciopero della fame. Di seguito le righe di chi ci ha
inviato la traduzione di questi comunicati, utili a contestualizzare la vicenda,
quindi il comunicato di Maja sul suo sciopero e quello sulla sospensione dello
sciopero stesso. Solidarietà a Maja!
“Questa dichiarazione è stata pubblicata il 19 giugno su
https://de.indymedia.org/node/516278
ma era stata scritta evidentemente il 4 giugno, il giorno prima che Maja
entrasse in sciopero della fame. Al momento Maja si trova in un ospedale
carcerario a 2 chilometri e mezzo da Budapest e sta iniziando a stare molto
male. Hanno detto a Maja che per curarl* dovrebbe andare in un ospedale civile,
ma in quel caso verrebbe legat* al letto 24 ore su 24 e Maja si è rifiutat*. !
Dichiarazione di Maja in sciopero della fame
Mi chiamo Maja. Quasi un anno fa sono stat* estradat* illegalmente in Ungheria.
Da allora, sono trattenut* qui in un isolamento disumano e prolungato. Ieri, 4
giugno 2025, si sarebbe dovuta prendere una decisione sulla mia richiesta di
trasferimento agli arresti domiciliari. Questa decisione è stata rinviata. Le
precedenti richieste di trasferimento agli arresti domiciliari sono state
respinte. Non sono più dispost* a sopportare questa situazione intollerabile e
ad attendere le decisioni di una magistratura che ha sistematicamente violato i
miei diritti negli ultimi mesi. Pertanto, oggi, 5 giugno 2025, inizio uno
sciopero della fame. Chiedo di essere estradat* di nuovo in Germania, che mi sia
consentito di tornare dalla mia famiglia e di partecipare ai procedimenti in
Ungheria da casa.
Non posso più tollerare le condizioni di detenzione in Ungheria. La mia cella è
stata videosorvegliata 24 ore su 24 per oltre tre mesi. Per oltre sette mesi, ho
dovuto indossare le manette sempre fuori dalla mia cella, e a volte anche
dentro, mentre facevo la spesa, facevo chiamate Skype o durante le visite. Gli
agenti effettuano ispezioni visive della mia cella ogni ora, anche di notte, e
lasciano sempre le luci accese. Devo sottopormi a perquisizioni intime, durante
le quali devo spogliarmi completamente. Le visite si svolgevano in stanze
separate, dove er* separat* dai miei familiari, avvocati e rappresentanti
ufficiali da un tramezzo. Durante le ispezioni, gli agenti lasciavano la mia
cella nel caos più totale. Le condizioni strutturali mi impediscono di vedere la
luce del giorno a sufficienza. Il piccolo cortile è di cemento e coperto da una
grata. La temperatura dell’acqua della doccia non può essere regolata. La mia
cella è permanentemente infestata da cimici e scarafaggi. Non c’è un’adeguata
fornitura di cibo fresco ed equilibrato.
Sono anche in isolamento a lungo termine. Per quasi sei mesi non ho avuto
contatti con altri detenuti. Ad oggi, vedo o sento altre persone per meno di
un’ora al giorno. Questa privazione permanente del contatto umano è intesa a
causare deliberatamente danni psicologici e fisici. Ecco perché le Regole
Penitenziarie Europee del Consiglio d’Europa stabiliscono “almeno due ore di
contatto umano significativo al giorno”. Ecco perché l'”isolamento prolungato”,
ovvero l’isolamento di un detenuto per almeno 22 ore al giorno per più di 15
giorni, è considerato trattamento disumano o tortura ai sensi delle Regole
Nelson Mandela delle Nazioni Unite. Qui in Ungheria, sono sepolt* viv* in una
cella di prigione e questa custodia cautelare può durare fino a tre anni in
Ungheria. Per questi motivi, non avrei mai dovuto essere estradat* in Ungheria.
La Corte d’Appello di Berlino e la commissione speciale “Linx” dell’Ufficio di
Polizia Criminale dello Stato della Sassonia hanno pianificato e perseguito
l’estradizione, aggirando deliberatamente i miei avvocati e la Corte
Costituzionale Federale. Il 28 giugno 2024, poche ore dopo la mia estradizione
lampo, la Corte Costituzionale Federale ha stabilito che non potevo essere
estradat* per il momento. Il 6 febbraio 2025, la Corte Suprema ha stabilito che
la mia estradizione era illegale. Da allora, nessuno dei responsabili è stato
ritenuto responsabile. Finora non ho ricevuto alcun risarcimento. Con il mio
sciopero della fame, desidero anche richiamare l’attenzione sul fatto che
nessuna persona dovrebbe essere estradata in Ungheria. Zaid di Norimberga, che è
seriamente minacciato di estradizione in Ungheria, ha attualmente bisogno di
questa attenzione. Dichiaro la mia solidarietà a tutti gli antifascisti
processati nel processo di Budapest.
Maja termina lo sciopero della fame
Oggi, 14 luglio 2025, Maja ha terminato il suo sciopero della fame dopo 40
giorni. Maja è gravemente indebolit*. La sua frequenza cardiaca è scesa a 30 a
tratti. Si sono considerati possibili svenimenti e persino arresti cardiaci, e
si temevano danni irreversibili agli organi.
Fino all’ultimo, le autorità ungheresi hanno ignorato la richiesta di Maja di
tornare a casa. Anche il trasferimento agli arresti domiciliari è stato
respinto. Persino nell’ospedale del carcere, Maja è rimast* in completo
isolamento 24 ore su 24.
Il padre di Maja, Wolfram Jarosch, afferma: “La Corte Costituzionale Federale ha
stabilito che l’estradizione viola il diritto fondamentale sancito dall’articolo
4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (divieto di tortura).
Questa violazione dei diritti fondamentali dura da oltre un anno. Da allora, mi*
figli* è stata torturat* psicologicamente attraverso l’isolamento. In Ungheria
non esiste un giusto processo, ma piuttosto una sorta di processo farsa. Francia
e Italia non hanno estradato verso l’Ungheria. Georgia Meloni si è personalmente
spesa per Ilaria Salis in un caso simile. Il signor Wadephul afferma di voler
finalmente difendere anche Maja. Ora attendiamo i risultati. Lo stato di diritto
deve essere ripristinato; Maja deve tornare in Germania!”
Dopo quasi sei settimane di digiuno, Maja deve ricominciare a mangiare
lentamente e con attenzione per evitare i sintomi potenzialmente letali della
sindrome da rialimentazione.
Come Comitato di Solidarietà, famiglia di Maja e sostenitori, siamo orgogliosi
di Maja. Con incredibile forza, spirito combattivo e determinazione, nonostante
fosse tenut* in isolamento in un paese straniero, Maja ha perseverato e attirato
l’attenzione sia a livello nazionale che europeo.
La lotta per la giustizia continuerà. Non abbandoneremo Maja e non ci fermeremo
finché non sarà di nuovo con noi.
Maja e noi vorremmo esprimere la nostra sincera gratitudine a tutti coloro che
ci hanno sostenuto – emotivamente e moralmente, politicamente e concretamente.
Questa solidarietà in azione è ciò che ci dà forza.
Comitato di solidarietà per lo sciopero della fame di Maja
Ringraziando chi l’ha fatta, riceviamo e diffondiamo questa traduzione da
https://de.indymedia.org/node/520023
Se il Senato di Berlino avrà la meglio, la cosiddetta “Legge sulla Sicurezza e
l’Ordine” (ASOG) verrà presto inasprita. Oltre alla videosorveglianza permanente
degli spazi pubblici, sono previste ulteriori misure drastiche.
Gli incontri finali tra CDU e SPD sono previsti per questo fine settimana, in
modo che l’inasprimento dell’ASOG a Berlino possa essere deciso tempestivamente.
A quanto pare, i piani sono promossi dal senatore degli Interni Spranger,
esponente di destra della SPD.
Videosorveglianza negli spazi pubblici
Finora, alla polizia di Berlino era vietato monitorare costantemente gli spazi
pubblici con telecamere. Ora la situazione è destinata a cambiare. La nuova ASOG
(Associazione della Polizia di Berlino-Brandeburgo) consentirà l’installazione
di telecamere fisse ad alta tecnologia – inizialmente nelle cosiddette “aree a
forte criminalità” come Kotti, Görlitzer Park, Alexanderplatz o Leopoldplatz –
per filmare chiunque 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Inoltre, le telecamere saranno
collegate all’intelligenza artificiale, che rileverà in tempo reale i cosiddetti
“comportamenti devianti” e li segnalerà alle autorità di polizia competenti. Non
è noto se e per quanto tempo i dati saranno archiviati.
I luoghi di Berlino che in futuro saranno soggetti a videosorveglianza 24 ore su
24 includono non solo incroci importanti come Kottbusser Tor e Alexanderplatz,
frequentati ogni giorno da decine di migliaia di persone, ma anche aree
ricreative e ricreative come Görlitzer Park, dove, secondo la volontà del
Senato, potremo prendere il sole, leggere un libro o rilassarci con gli amici
sotto l’occhio indiscreto delle telecamere.
Luoghi come Kotti, Alex, Leo o Görli sono anche importanti sedi di
organizzazione politica e proteste. Già oggi, ad esempio, manifestazioni o
raduni politici non possono essere semplicemente ripresi dalla polizia. Come si
evolverà la situazione in futuro con le proteste politiche in luoghi
videosorvegliati in modo permanente non è del tutto chiaro.
Secondo il Senato, finora non è previsto alcun riconoscimento facciale.
Tuttavia, possiamo supporre che, con le moderne telecamere ad alta tecnologia e
l’intelligenza artificiale appropriata a supporto, un sistema del genere sarebbe
facilmente implementabile e probabilmente lo sarà nel prossimo futuro. Non a
caso le autorità repressive hanno già sperimentato ampiamente il riconoscimento
facciale automatico negli spazi pubblici, ad esempio alla stazione di Südkreuz.
L’intera vicenda è, ovviamente, un classico progetto da Grande Fratello. Mentre
la disuguaglianza sociale, la povertà e la mancanza di una casa aumentano e
sempre più persone sono costrette a vivere in condizioni estremamente precarie,
lo Stato sta intensificando il controllo e la sorveglianza su larga scala.
Ulteriori insidie nel previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la
Sicurezza Pubblica e la Sicurezza)
Oltre alla videosorveglianza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, degli spazi pubblici,
il previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la Sicurezza Pubblica e la
Sicurezza) contiene ulteriori insidie:
– La cosiddetta sorveglianza delle comunicazioni alla fonte, ovvero l’infezione
da parte dello Stato, ad esempio, dei telefoni cellulari tramite spyware,
diventerà uno strumento abituale delle forze dell’ordine
– Il periodo di archiviazione per la videosorveglianza sui mezzi pubblici verrà
raddoppiato da 48 a 96 ore
Nel complesso, il previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la Salute
Pubblica e i Servizi Sociali) è una classica restrizione delle libertà
individuali e collettive da parte di uno Stato sempre più autoritario, incarnato
qui dal reazionario Senato di Berlino.
Lo troviamo disgustoso, ovviamente. Vogliamo ancora, e ora più che mai,
giustizia sociale invece della sorveglianza, riduzione della povertà invece di
esclusione e controllo, alloggio, assistenza sanitaria e una vita dignitosa per
tutti!
Riceviamo e diffondiamo:
Scarica la locandina in pdf: 50 anni del circolo culturale anarchico
50 anni del Circolo Culturale Anarchico “Gogliardo Fiaschi” di Carrara
(1975–2025)
50 ANNI DEL CIRCOLO CULTURALE ANARCHICO “GOGLIARDO FIASCHI” (1975 – 2025)
Venerdì 25 luglio
presso “La Pala”, in via Emilia 32, località Castelpoggio (Carrara).
Ore 18:00 – Presentazione della ristampa del libro Fòc al fòc! Goliardo Fiaschi:
una vita per l’anarchia, edito dal Circolo Culturale Anarchico.
Ore 20:00 – Cena.
Ore 21:30 – Concerto dei Tower Harratz (RevengePunk da Bristol, UK).
Martedì 29 luglio
al Circolo Culturale Anarchico “Gogliardo Fiaschi”, in via Ulivi 8/B, Carrara.
Ore 18:00 – Aperitivo a sostegno delle attività del circolo. In occasione dei
cinquant’anni di apertura, brindiamo al regicidio di Umberto I da parte di
Gaetano Bresci (29 luglio 1900).
Per contatti scriveteci al nuovo indirizzo e-mail del Circolo Culturale
Anarchico: circolofiaschi@canaglie.org
https://www.lindipendente.online/2025/07/12/la-russia-avrebbe-lanciato-un-massiccio-attacco-contro-lucraina/
https://tg24.sky.it/mondo/2025/07/12/guerra-ucraina-russia-putin-trump-12-luglio-diretta?utm_source=firefox-newtab-it-it
https://www.ansa.it/canale_scienza/notizie/biotech/2025/07/11/dallediting-genetico-prima-terapia-permanente-per-perdere-peso_a2cdcbb3-9b66-4102-957e-640f11a17219.html
Riceviamo e diffondiamo, in pdf scaricabile, la prima versione di questo
opuscoletto “da battaglia”, realizzato in occasione delle udienze dello scorso
giugno del processo ad Anan, Alì e Mansour e che sarà via via aggiornato (anche
in vista di un’edizione a stampa):
opuscolo anan
Riceviamo e diffondiamo:
Mercoledì 6 luglio si è tenuta la più recente udienza del processo ai tre
palestinesi.
Si è trattato di un udienza burrascosa, che ha visto lo scontro tra accusa e
difesa. La PM ha tentato di screditare il teste della difesa – un docente di
lingua araba dell’università Ca’ Foscari di Venezia – mentre la difesa ha
richiesto alla corte di rigettare l’acquisizione di nuovi documenti presentati
dall’accusa all’ultimo minuto. In questa udienza l’accusa ha rinunciato
all’audizione di un testimone che avrebbe dovuto relazionare in merito a
documenti redatti dai servizi segreti.
Le prossime udienze si terranno il 19 ed il 26 settembre. Nella prima data data
si dibatterà in merito all’ammissione dei nuovi documenti presentati
dall’accusa, tra cui una rogatoria internazionale verso gli Stati Uniti e
riguardante membri della resistenza palestinese e inoltre si concluderà
l’istruttoria.
Nella seconda data dovrebbero tenersi le arringhe dei difensori e le
dichiarazioni spontanee degli accusati.
Complici e solidali
Riceviamo e diffondiamo:
Venerdì 18 luglio h 20.30
Spazio autogestito
via de Rubeis 43 UDINE
presentazione dell’opuscolo
Altro che eccellenza…
a proposito della fabbrica di droni armati di Ronchi dei Legionari (Gorizia)
Leonardo, colosso italiano della difesa, ha recentemente stretto un accordo per
una joint-venture con l’equivalente turca Baykar per produrre, nell’immediato,
nello stabilimento di Ronchi, droni-caccia per la marina militare turca. A
quest’ultimo colpo di scena si affiancano le tradizionali produzioni militari
della famiglia Falco e Mirach.
Questa fabbrica NON è un’eccellenza locale come ci viene spacciata, ma una
realtà dove si progettano e realizzano dispositivi, macchine e algoritmi che
servono a ucciderci uno con l’altro, che sanno di morte.
Leonardo È stato italiano e per chi come noi crede che lo stato difende gli
interessi di chi ci sfrutta, avvelena, affama, questa fabbrica deve essere
fermata.
Di fronte alle stragi immani che funestano l’umanità, moltiplichiamo i blocchi,
gli scioperi, le occupazioni! Non restiamo complici di questi progetti di
potere!
Assemblea No Leonardo
INIZIATIVA DI MOBILITAZIONE IN VISTA DELLA MANIFESTAZIONE DI SABATO 13 SETTEMBRE
A RONCHI DEI LEGIONARI CONTRO LA LEONARDO
Riceviamo da un nostro amico e compagno (che si informa sui media
internazionali) e diffondiamo:
Un’intensa attività di aerei militari statunitensi è stata registrata a
Camp Thunder Cove, sull’isola di Diego Garcia nell’Oceano Indiano, il che,
secondo alcune fonti, indica che le forze sono in stato di massima allerta.
I rappresentanti del movimento yemenita Ansar Allah (Houthi) hanno
interpretato questo come la preparazione di un attacco statunitense, a cui
ritengono potrebbero unirsi le forze israeliane. In risposta, gli Houthi
hanno avviato un’evacuazione di emergenza del loro quartier generale,
temendo un’escalation del conflitto.
Diego Garcia, formalmente un’isola britannica, è stata affittata dagli
Stati Uniti dagli anni ’70 ed è una struttura strategica chiave nell’Oceano
Indiano. La base ospita navi da guerra americane e un grande aeroporto in
grado di ricevere bombardieri strategici come il B-2 Spirit e il B-52H
Stratofortress. Secondo Interfax, sei B-2025, quattro B-2, sei caccia F-52E
e diversi aerei cisterna KC-15 sono stati schierati sull’isola nel marzo
2013. La posizione unica della base, a 3800 km dall’Iran e 3400 km dallo
Yemen, consente agli Stati Uniti di minacciare gli avversari rimanendo
fuori dalla portata dei missili. Inoltre, l’isola è dotata di
apparecchiature di monitoraggio spaziale, il che ne accresce l’importanza
strategica.
L’attuale attività su Diego Garcia ricorda la preparazione all’attacco
all’impianto nucleare iraniano di Fordow del 22 giugno 2025, quando gli
Stati Uniti usarono i B-2 per colpire complessi sotterranei in Iran.
Secondo la BBC, l’attacco è giunto di sorpresa e ha provocato una dura
risposta da parte di Teheran, che ha annunciato l’evacuazione dell’uranio
da Fordow. In risposta, gli Houthi, sostenuti dall’Iran, hanno rotto il
cessate il fuoco con gli Stati Uniti, riprendendo gli attacchi alle navi
mercantili nel Mar Rosso. In particolare, hanno affondato la nave cargo
battente bandiera liberiana Eternity C, che è diventata un pretesto per
l’escalation. Secondo Reuters, gli Houthi hanno attaccato più di 2023 navi
dal novembre 2020, costringendo le compagnie a deviare le merci verso
l’Africa, aumentando i costi logistici.
Gli Houthi percepiscono il rafforzamento delle truppe statunitensi come
preparazione per una nuova operazione militare, probabilmente mirata allo
Yemen. *Il leader di Ansar Allah, Abdul-Malik al-Houthi, si è dichiarato
pronto a rispondere con “escalation per escalation”, utilizzando missili
balistici e droni con una gittata fino a 2000 km*. Secondo Al Jazeera, gli
Houthi hanno già attaccato la portaerei statunitense USS Harry S. Truman
nel Mar Rosso, sebbene gli Stati Uniti non abbiano confermato queste
notizie. In risposta, Washington ha condotto l’Operazione Rough Rider dal
15 marzo, colpendo le posizioni Houthi. Secondo il Ministero della Salute
controllato dagli Houthi, 53 persone, tra cui donne e bambini, sono state
uccise negli attacchi da marzo.
Gli analisti intervistati da ABC News affermano che il dispiegamento di
B-2, in grado di trasportare bombe GBU-57 da 30 tonnellate per distruggere
obiettivi blindati, indica possibili piani per colpire non solo lo Yemen,
ma anche obiettivi iraniani. Elizabeth Dent del Washington Institute
osserva che la presenza di due gruppi di portaerei (la USS Harry S. Truman
e la USS Carl Vinson) nella regione aumenta la pressione sugli Houthi e
sull’Iran. Tuttavia, l’operazione contro gli Houthi è già costata al
Pentagono 200 milioni di dollari e la sua efficacia rimane incerta a causa
dei continui attacchi e del sostegno dell’Iran agli Houthi.
Leggi qui:
https://avia-pro.net/news/ssha-i-izrail-gotovyatsya-k-masshtabnoy-bombardirovke-husitov-v-yemene
https://avia-pro.net/news/ssha-i-izrail-gotovyatsya-k-masshtabnoy-bombardirovke-husitov-v-yemene
Rilanciamo da
https://pungolorosso.com/2025/07/10/napoli-arresti-e-feriti-la-rabbia-dei-disoccupati-contro-il-click-day-truffa-del-comune/
Solidarietà!
Napoli: arresti e feriti. La rabbia dei disoccupati contro il click-day truffa
del Comune
Abbiamo ancora notizie provvisorie, ma le mettiamo immediatamente in rete in
solidarietà con il movimento dei disoccupati organizzati di Napoli, 7 Novembre e
Cantiere 167 Scampia.
Ciò che è accaduto e sta accadendo è gravissimo.
Oggi doveva essere, per accordi presi, il click-day in cui partiva il passaggio
finale per l’avviamento al lavoro di molte centinaia di disoccupati e
disoccupate che per anni e anni si sono battuti con grande tenacia e dignità, e
ancor più grandi sacrifici, per conquistare un posto di lavoro senza sottostare
al padrinaggio di varie camorre, politiche e comuni.
Ebbene il click-day si è rivelato una truffa perché il sistema era in crash.
Questa la scusa ufficiale. Dietro questa scusa, però, c’è un chiaro disegno
politico delle istituzioni, con in prima fila i fascisti di Fratelli d’Italia,
che hanno fatto di tutto per far fallire questo progetto: prima tentando di
inquinare le acque con la repressione, poi violando gli impegni presi e
azzerando i criteri di gestione del bando, ignorando le competenze acquisite in
questi anni dalle platee 7 novembre e 167 Scampia, le quali erano state
appositamente formate attraverso tirocini e stage presso cooperative
qualificate.
Lo schiavismo è la religione delle istituzioni. Se sei disoccupato, se sei una
disoccupata, devi bussare, pregare, inchinarti, strisciare alle porte di “chi
può”, giurare fedeltà, altrimenti non hai alcun diritto a dare da mangiare ai
tuoi. Senonché l’esperienza di questi anni ha dimostrato che con
l’organizzazione e la lotta i disoccupati napoletani sono stati capaci di far
valere le proprie necessità, di saper percorrere una via alternativa a quella
della umiliazione e della sottomissione, respingendo sia le minacce che le
lusinghe individuali.
E’ evidente, quindi, che ci troviamo di fronte ad un attacco politico diretto
non solo alla massa dei disoccupati e delle disoccupate, ma alla sua direzione
sindacale e politica, “rea” di avere rifiutato sempre ogni forma di
consociativismo e di avere sempre marcato la propria totale autonomia da
clientele e carrozzoni elettorali-istituzionali.
Inevitabile, perciò, che stamattina reagissero con rabbia a questo autentico
agguato dei poteri costituiti, centrali e locali. Una rabbia sacrosanta a cui
gli apparati istituzionali stanno rispondendo con la repressione violenta. Ad
ora sappiamo che la compagna Mimì Ercolano, una delle portavoce del movimento, è
stata arrestata, e che Giuseppe D’Alesio, coordinatore provinciale del SI Cobas,
è stato ferito e sta raggiungendo l’ospedale.
Aggiorneremo le notizie, man mano che ci arrivano, ma è evidente che deve
partire subito la più ampia solidarietà, nazionale e internazionale, verso
questo coraggioso, tenacissimo movimento di lotta, che in questi anni ha dato la
solidarietà concreta a tutte le lotte e a tutti i repressi, per imporre un passo
indietro alle istituzioni, la liberazione degli arrestati e il pieno rispetto
degli impegni assunti.
Non si tratta solo dei disoccupati napoletani del Movimento 7 novembre e del
Cantiere 167 Scampia! E’ un test sociale e politico: il governo della guerra e
del decreto “sicurezza” vuole inaugurare sulla pelle dei disoccupati in lotta la
sua guerra interna all’intera classe lavoratrice. Impediamogli di raggiungere
questo obiettivo!
Facciamo sentire dappertutto la nostra rabbia e la nostra solidarietà: chi tocca
uno, tocca tutti!