Riceviamo e diffondiamo
Source - il Rovescio
cronache dallo stato di emergenza
Riceviamo e diffondiamo. Solidarietà ad Amma e alla sua lotta contro la
sorveglianza!
Oggi in data 19.02.2024 il compagno anarchico Ammanuel Rezzonico (Amma)
è stato condannato in primo grado alla pena di un anno di reclusione nel
merito del processo per violazione dell’obbligo di dimora inerente alla
misura di sorveglianza speciale di cui si è rivendicato l’infrazione,
il compagno non farà appello dal momento che ha scelto di tenere una
posizione anti-giuridica, dato ciò a meno di un appello da parte del P.M
si può considerare la condanna come definitiva.
Qui la dichiarazione portata da Amma durante il processo presso il tribunale
diVarese:
https://ilrovescio.info/2024/12/13/affinche-la-paura-cambi-di-campo-dichiarazione-di-amma-a-varese-in-occasione-del-processo-per-violazione-della-sorveglianza-speciale/
[Aggiornamento] Presenza solidale con gli anarchici inquisiti nell’operazione
Scripta Scelera rinviata al 1º aprile 2025 (Massa)
[AGGIORNAMENTO] Informiamo che nel corso dell’udienza dibattimentale del 14
febbraio è stato stabilito il rinvio di quella prevista per il 28 successivo,
per la quale era stata fissata la presenza solidale. La nuova udienza è
stabilita per martedì 1º aprile, gli orari della presenza in piazza sono
invariati.
PRESENZA SOLIDALE CON GLI ANARCHICI INQUISITI NELL’OPERAZIONE SCRIPTA SCELERA –
MASSA, 1º APRILE 2025
8 agosto 2023. A fronte di una richiesta di dieci arresti in carcere,
l’operazione Scripta Scelera porta a nove misure cautelari nei confronti di
altrettanti anarchici e anarchiche inquisiti per la redazione e distribuzione
del quindicinale anarchico internazionalista “Bezmotivny”. Un procedimento con
cui lo Stato ha inteso “normalizzare” le misure cautelari per le accuse
riguardanti le pubblicazioni rivoluzionarie. Scripta Scelera rappresenta un
altro “capitolo” nelle politiche di guerra dello Stato italiano, in continuità
tra le altre cose con le recenti manovre repressive volte a sottrarre agibilità
politica a sempre più ampi settori sociali.
1º aprile 2025. Dopo oltre un anno si avvia alla conclusione il processo contro
quattro compagni inquisiti. Il pubblico ministero Manotti della DDAA di Genova
pronuncerà la propria requisitoria. A prescindere dalle ipotesi inquisitorie
dell’accusa su presunte capacità istigatorie e terroristiche, le ragioni che lo
Stato intende colpire sono quelle di chi si è opposto alla guerra anche tramite
la denuncia delle industrie italiane coinvolte nella produzione di armamenti,
così come quelle di chi ha sostenuto la mobilitazione del 2022-’23 contro il 41
bis e l’ergastolo ostativo sviluppatasi con lo sciopero della fame di Alfredo
Cospito.
CI VEDIAMO MARTEDÌ 1º APRILE A MASSA:
ORE 12:00 – APPUNTAMENTO IN PIAZZA FELICE PALMA
ORE 15:00 – PRESENZA DAVANTI AL TRIBUNALE IN PIAZZA DE GASPERI
* * *
Cogliamo l’occasione per ricordare le coordinate del conto della cassa di
solidarietà e l’e-mail per organizzare iniziative benefit o ricevere copia dei
testi riguardanti Scripta Scelera:
Carta postepay numero: 5333 1711 9250 1035 – IBAN: IT12R3608105138290233690253 –
Intestataria: Ilaria Ferrario – Per contatti:
solidaliscriptascelera[chiocciola]paranoici[punto]org
— — —
[Update] Gathering in solidarity with the anarchists accused in Scripta Scelera
operation postponed to April 1, 2025 (Massa, Italy)
[UPDATE] We inform that during the hearing of February 14th, it was decided by
the judge to postpone that one scheduled for the following 28th, for which a
solidarity gathering had been called. The new hearing has been set for Tuesday,
April 1st, the times remain unchanged.
GATHERING IN SOLIDARITY WITH THE ANARCHISTS ACCUSED IN SCRIPTA SCELERA OPERATION
– MASSA, APRIL 1, 2025
August 8th, 2023. Following a request for ten arrests in prison, Scripta Scelera
operation leads to nine precautionary measures against as many anarchists
accused for the publication and distribution of the internationalist anarchist
fortnightly ‘Bezmotivny’. A proceeding with which the State intended to
‘normalise’ the precautionary measures for charges concerning revolutionary
publications. Scripta Scelera represents another ‘chapter’ in the war policies
of the Italian state, in continuity among other things with recent repressive
manoeuvres aimed at removing political practicability from ever wider social
sectors.
April 1st, 2025. After just over a year, the trial against four accused comrades
is coming to an end. Public prosecutor Manotti of the DDAA (“Anti-Mafia and
Anti-Terrorism District Directorate”) of Genoa will deliver his indictment, with
the requests for sentencing. Regardless of the prosecutor’s inquisitorial
hypotheses on alleged instigatory and terrorist capabilities, the reasons that
the State intends to strike are the ones of those who opposed the war also by
denouncing the Italian industries involved in the production of armaments, as
well as those who supported the 2022-’23 mobilisation against 41 bis prison
regime and life imprisonment without the possibility of parole developed with
Alfredo Cospito’s hunger strike.
WE WILL MEET ON TUESDAY, APRIL 1st, IN MASSA:
12:00 h. – SOLIDARITY GATHERING IN PIAZZA FELICE PALMA
15:00 h. – PRESENCE IN FRONT OF THE COURT IN PIAZZA DE GASPERI
* * *
We remind the account details for the solidarity fund and the e-mail address for
organising benefit initiatives or receiving copies of the texts about Scripta
Scelera operation:
Postepay card number: 5333 1711 9250 1035 – IBAN: IT12R3608105138290233690253 –
Account holder: Ilaria Ferrario – For contacts:
solidaliscriptascelera[at]paranoici[dot]org
scripta scelera massa 1 aprile 2025 english
Riceviamo e pubblichiamo:
https://www.cambiareilcampo.org/2025/02/18/viti-tea-in-valpolicella/
Riceviamo e diffondiamo:
SOLIDARIETÀ AI DETENUTI DEL CPR DI MACOMER2
Riceviamo e diffondiamo questi spunti di riflessione. Diverse delle questioni
che sollevano (in particolare il rapporto tra profitto capitalistico e potenza
tecno-scientifica, da un alto, e il rapporto individuo-classe-specie nella
rivolta contro il tecno-capitalismo, dall’altro), meritano senz’altro un
confronto serio e serrato.
PDF scaricabile: Alcune-considerazioni-critiche-su-La-fase-nichilista
Alcune considerazioni critiche su La fase nichilista
«Il capitale che si fa uomo, fa di ogni uomo il capitale, di ogni vita l’impresa
del valore,
di ogni persona un’azienda in debito permanente del suo senso,
creditrice permanente del non-senso generalizzato»
Nell’arco dell’ultimo anno parlando con alcuni compagni e compagne di tendenza
libertaria ho spesso sentito lamentare la mancanza di contributi teorici che
esprimessero una visione organica di critica del modo di produzione
capitalistico, dunque un’analisi globale dei fenomeni e dei processi in atto
quali: lo stato del conflitto di classe locale e internazionale1, la crisi del
debito e dell’accumulazione che continua a imperversare e aggravarsi in tutto il
mondo, gli scenari di guerra in continuo sviluppo, i flussi migratori, la
trasformazione del mercato del lavoro e dei processi di produzione/circolazione
delle merci a fronte delle importanti modificazioni nella composizione organica
di capitale (massiccia robotizzazione degli impianti, introduzione della IA),
ecc.
Neanche a farlo apposta proprio recentemente, e a distanza di almeno due anni,
ho avuto modo di rileggere uno scritto che in campo anarchico, con i suoi limiti
e al di là delle polemiche rispetto alle individualità che lo hanno prodotto,
forse risponde maggiormente a queste caratteristiche. Mi riferisco a La fase
nichilista, articolo pubblicato sul settimo numero del giornale anarchico
“Vetriolo”, in cui si tenta un chiarimento delle determinazioni di questa fase,
già menzionata e descritta in altri articoli, e dell’azione del proletariato che
ne è protagonista.
Per gli autori dell’articolo le rivolte ”irrazionali” tipiche di questa fase
ancora allo stato germinale, sarebbero la conseguenza di un odio di classe che
l’alienazione tecnologica e le mistificazioni ideologiche della classe dominante
avrebbe tentato disperatamente di rimuovere negli ultimi trent’anni. La
«sottrazione di ogni possibile orizzonte, fosse pure immaginifico, di
rovesciamento rivoluzionario» avrebbe quindi generato tali manifestazioni di
collera incosciente proletaria, i cui prodromi, a detta degli autori
dell’articolo, possono essere rintracciati storicamente nelle celebri rivolte di
Los Angeles e Parigi.
Rispetto a queste «previsioni» circa l’andamento e le manifestazioni concrete
del conflitto di classe nei paesi a capitalismo avanzato va detto che “Vetriolo”
non dice nulla di nuovo, anzi arriva in ritardo rispetto a certe riflessioni
teoriche prodotto a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli
anni Settanta nell’ambito della critica radicale. Nell’affermare questo non
voglio assolutamente sancire la supremazia di una teoria rispetto a un’altra,
ché non siamo certo all’università (istituzione che sono convinto disprezziamo
allo stesso modo). In effetti, personaggi come Giorgio Cesarano2, Jacques
Camatte, ma anche gruppi come Ludd e Comontismo, riflettevano proprio in quegli
anni su quelle che venivano definite, non certo in termini dispregiativi,
«rivolte senza senso» di un proletariato eccedente tagliato fuori dal processo
produttivo e dal mercato del lavoro proprio a causa della ristrutturazione in
atto, un proletariato perlopiù giovane, senza prospettive, spesso marginalizzato
e sprovvisto della fantomatica coscienza di classe, estraneo al mito della
classe operaia e alla storia del movimento operaio, in mancanza di un bagaglio
culturale e affascinato dalla fantasmagoria delle merci e dalla prospettiva del
loro consumo.
Tali individualità e gruppi riflettevano su questi fenomeni a partire da rivolte
specifiche come quelle di Watts (1965) e Detroit (1967), rivolte sicuramente
scaturite dall’oppressione razziale, ma dotate di una carica distruttiva senza
precedenti3 e capaci di coinvolgere anche larghe fette di proletariato bianco
impiegato nell’industria automobilistica, senza tralasciare gli episodi di
Danzica e Stettino4.
Ha proprio ragione “Vetriolo” quando afferma che queste rivolte non possono
essere provocate dagli anarchici (e mi viene da dire menomale!), che esse
«accadono e basta», tuttavia, almeno a mio modo di vedere, ha torto quando le
riconduce unicamente allo sviluppo tecnologico e scientifico come se queste
fossero dimensioni autonome e slegate dai meccanismi di accumulazione di
capitale e valorizzazione delle merci. Ricollegandosi a quanto affermato da
Bakunin 150 anni fa rispetto al ruolo della scienza, “Vetriolo” definisce gli
scienziati come una casta autonoma, monopolisti di un trust specifico, giungendo
ad affermare che «lo scienziato è il solo soggetto che non ha alcuna
responsabilità (…), perché la scienza si pone come nuovo Dio e gli individui
sono dei meri capri espiatori da sgozzare sul suo altare». Non fosse altro che,
nonostante lo sviluppo tecnologico e scientifico raggiunto oggi, il dominio
pervasivo dei dispositivi digitali, la quantificazione e la misurazione di ogni
aspetto del reale garantito dalla scienza e dai suoi funzionari, la
manipolazione della vita giunta a livelli impensabili, il capitale rimane il Dio
di questo mondo. Gli scienziati, le imprese e gli istituti che si occupano di
ricerca devono rispondere di ciò che fanno nella misura in cui le scoperte e le
ricerche, siano esso civili o militari (ma ormai sappiamo che poco importa
essendo intercambiabili e sovrapponibili) devono produrre valore e inserirsi
nelle dinamiche di accumulazione, devono garantire dividendi ai mega-azionisti
che li finanziano, ecc. Nel fare ciò è indubbio che la ricerca scientifica e lo
sviluppo tecnologico mirano ad eternizzare il dominio dello Stato e del capitale
su una massa di senza riserve espropriata di tutto.
Torniamo a concentrarci su questa fase nichilista delle cui manifestazioni
materiali, procedendo da quanto scritto nell’articolo, non è che si sappia poi
tanto. “Vetriolo” ci dice che è innanzitutto riflesso del venir meno di
un’identità di classe forte e strutturata, la quale, mi permetto di aggiungere,
non è stata smantellata da chissà quale autorità o complesso di dispositivi
tecnologici divenuti di consumo di massa, ma è frutto di quella ristrutturazione
permanente che, iniziata negli anni Settanta, perdura ancora oggi e che si è
manifestata nella segmentazione della classe, nelle delocalizzazioni ed
esternalizzazioni progressive delle attività a debole valore aggiunto, nella
produzione just-in-time e zero-sprechi (leggi toyotismo), nella
destabilizzazione dei confini netti fra impiego e disoccupazione con
l’introduzione di flessibilità e precariato, nella terziarizzazione (forza
lavoro impiegata in lavori non produttivi legati al momento della circolazione
delle merci/servizi); insomma fine dell’operaio-massa, fine di una classe
operaia che a livello produttivo e identitario, pur nella sua frammentazione
politica, si erge monoliticamente contro il Capitale. «C’è stata una
ristrutturazione integrale del rapporto fra proletariato e capitale, che ha
trasformato l’uno e l’altro poiché ha trasformato il rapporto stesso»5.
Nel prossimo futuro, nelle lotte economiche e salariali non vedremo certo
riemergere prepotentemente un proletariato compatto nello stile dei decenni più
combattivi del secolo passato, quindi, a meno che non si voglia perdere tempo e
risorse a sostenere la necessità di rianimare vecchi cadaveri, i partiti di
classe con il loro corollario di burocrati e opportunisti, capaci di unificare
politicamente le istanze rivendicative delle varie fette di proletariato (ma
quali poi quando anche le lotte più combattive si limitano a rivendicare
l’applicazione di contratti collettivi o a tenersi stretto il posto di lavoro?),
allora, da rivoluzionari, bisognerebbe interrogarsi circa le possibili modalità
in cui potrebbe riemergere un consapevolezza più o meno diffusa della propria
condizioni di senza riserve, di schiavi salariati o materiale umano eccedente
alla mercé degli interessi del capitale e degli stati in guerra permanente. E
qui torniamo veramente alla fase nichilista.
Secondo “Vetriolo” l’odio di classe mistificato e incosciente assumerebbe
molteplici forme: dal terrorismo islamico, al conservatorismo degli operai
bianchi americani infarcito di razzismo e sessismo, all’integralismo cristiano,
ai vari complottismi, tutti antagonisti della deriva scientista e
«tecnoautoritaria». Spetterebbe quindi ai rivoluzionari andare oltre la forma
fenomenica di queste manifestazioni per rintracciarne l’essenza ideale
corrispondente a ciò che vi vogliono trovare: l’odio di classe… al netto di
un’assenza di comportamenti di reale contrapposizione di classe o di pratiche
tendenti a negare radicalmente la propria condizione di senza riserve. Non
bisogna affatto rivendicare nessun socialismo scientifico per prendere atto che,
coscienza o meno della propria condizione di proletari, il conflitto di classe e
l’odio di classe per qualificarsi come tali devono assumere determinate forme
che tendano a negare la riproduzione del rapporto sociale capitalistico;
alternativamente possiamo trovare l’odio di classe dovunque, basta che
soggettivamente lo vogliamo. Non sono quindi sufficienti comportamenti più o
meno diffusi di insofferenza rispetto ai dispositivi di controllo tecnologico
per parlare di odio di classe, anche perché tra le fila della stessa classe
media questo fenomeno è rilevabile. Tale odio, tra l’altro, potrà essere più o
meno cosciente, ma di certo non ha bisogno di cultura o teoria per esprimersi
anche in maniera violenta e spontanea. Spostiamoci per un momento fuori
dall’Europa e soffermiamoci su alcuni episodi6 di rivolte ”irrazionali”
piuttosto interessanti, in cui il rapporto sociale capitalistico è stato
parzialmente negato pur in presenza di pratiche pseudorivendicative sprovviste
di connotazioni apertamente rivoluzionarie, ma animate da una carica
considerevolmente distruttiva:
–Johannesburg (Sudafrica), luglio 2015: ritardi dei treni provocano una rivolta.
Due treni ed una stazione vengono dati alle fiamme.
– Mumbai (India), gennaio 2015: continui ritardi scatenano la protesta da parte
dei passeggeri. Risse tra passeggeri e personale; saccheggiate le casse, i
bancomat e le biglietterie automatiche (denaro e tickets). Diversi veicoli
bruciati e dieci treni danneggiati. Circa 12.000 persone e almeno due stazioni
coinvolte.
–Fugang Electronics (Dongguan), Gennaio 2013: Le cucine e la mensa dello
stabilimento produttivo vengono saccheggiate da 1000 operai che fanno il turno
di notte, perché i prodotti alimentari sono scadenti.
L’aspetto interessante che emerge in episodi simili è che le esplosioni di
rabbia e odio che si verificano in questo tipo di circostanze, anche quando sono
legate a rivendicazioni relative al salario, mettono in questione il rapporto
sociale e le strutture che rendono la normalità capitalistica possibile e
riproducibile. In queste contingenze i dispositivi tecnologici e le macchine
quando non vengono distrutte vengono utilizzati come strumenti in qualche misura
funzionali all’espansione della rivolta (vedi smartphone e Telegram nelle
rivolte degli ultimi cinque anni negli Stati Uniti, ad Hong Kong, in Cile, in
Francia utilizzati per comunicazioni e condivisioni di informazioni utili alla
organizzazione materiale delle sommesse).
Ma le rivolte e la fase nichilista di cui “Vetriolo” parla, questa «passione
degli sfruttati» è semplicemente una reazione di massa alla svolta
tecnototalitaria o una negazione radicale di un’organizzazione sociale di cui lo
sviluppo scientifico, per quanto pervasivo nelle sue applicazioni, rimane un
mezzo e non un fine in sé, volta alla messa a valore, e dunque al controllo e
alla prevedibilità, di ogni aspetto della vita dei proletari? Opterei per la
seconda ipotesi aggiungendo che «il capitale, come modo sociale di produzione,
realizza il proprio dominio reale quando perviene a rimpiazzare tutti i
presupposti sociali o naturali che gli preesistono, con forme di organizzazione
specificamente sue, che mediano la sottomissione di tutta la vita fisica e
sociale ai propri bisogni di valorizzazione; dunque l’essenza della Gemeinschaft
del capitale si realizza come organizzazione». Il momento della rivolta senza
senso diventa il momento della disarticolazione di questa organizzazione nei
suoi spazi, tempi, mezzi riti e miti.
Posto che le rivolte moderne avvengono a prescindere dall’azione dei
rivoluzionari, siano essi di tendenza anarchica o meno, “Vetriolo” sostiene che
al nichilismo vada affiancata una cultura rivoluzionaria. Quest’ultima, stando a
quanto postula il «pensiero negativo», si configura come negazione radicale del
già dato, che a sua volta oggi, mediante «l’instupidimento tecnologico, la
derealizzazione, l’alienazione digitale, la banalizzazione dell’informazione»,
si propone di demolire la complessità di pensiero e azione. Per gli autori
dell’articolo «la cultura non è conoscenza tecnica di un’elite, ma al contrario
il gesto di Prometeo che sottrae agli dei il monopolio della conoscenza per
incendiare il mondo». Anche volendo farsi andare bene un definizione del genere
di cultura, resta da capire come i rivoluzionari possano propagarla tra gli
sfruttati. Propaganda col fatto e pratiche radicali è la risposta dei nostri,
che però ci ammoniscono del fatto che dalla radicalità e dalla violenza di tali
pratiche non discende consequenzialmente e necessariamente un contenuto
altrettanto radicale e rivoluzionario. Affermazione verissima, così com’è vero
che l’azione vendicatrice può benissimo esser portata avanti da individualità
non anarchiche (vedi il recente caso del buon Luigi Mangione).
Sia chiaro, lungi da me stigmatizzare questa nobile pratica adoperata non solo
dagli anarchici in campo rivoluzionario, ma anche da certe tendenze comuniste
eretiche e antibolsceviche del ‘900 (vedi KAPD e ultrasinistra tedesca tra il
1918 e il 19237), tuttavia nutro seri dubbi sul fatto che tale cultura, termine
che, non concordando nemmeno con la definizione proposta, mi lascia piuttosto
perplesso, possa essere instillata con fare quasi pedagogico dall’azione degli
anarchici che, almeno in questo Paese, mi sembrano piuttosto carenti di legami
col proletariato e con la puzza sotto il naso nei confronti dei salariati (non
che altri schieramenti rivoluzionari se la passino meglio eh!).
Non dispongo di ricettari per la rivoluzione, né di dottrine di sorta da far
passare come giuste, però credo che senza una ripresa della lotta di classe
generalizzata, sul lavoro, legata alla casa, alla salute, ecc., sarà difficile
che un proletariato così segmentato e diviso, perverrà ad una coscienza di sé e
della propria condizione che, seppur condizionate da contraddizioni legate alla
religione, al genere, a stereotipi e pregiudizi anche beceri (solo i liberals
puri degli ambienti militanti possono pensare ad una eterogenea comunità
proletaria in lotta scevra da tutto ciò), gli permetterà di realizzare, appunto
solo attraverso la lotta, che non ci sono rivendicazioni che possano essere
portate avanti al di fuori della fine di questo infame ordine sociale.
La necessità è sicuramente quella di trovare individui affini coi quali
condividere una progettualità rivoluzionaria e di demolizione di questo mondo, a
partire dalla nostra condizione di classe e da uno spirito di piena comunanza e
solidarietà che è sperimentabile solo all’interno dei percorsi di lotta non
inquinati già in partenza dai rackets riformisti e opportunisti del caso.
Le tendenze dell’anarchismo che si chiudono nella ricerca del nichilismo per il
nichilismo, dell’azione per l’azione, della distruzione per la distruzione,
nella disperata difesa di un individuo astratto e depurato da qualsiasi
connotazione di classe, della sua battaglia contro qualsiasi organismo che
rischi di sovradeterminarlo e spezzarne le ali (ma dove sono le ali che gli
permetterebbero di volare oggi quando questo individuo purissimo è costretto
all’interno di una rete di rapporti sociali in cui la merce, il salariato, la
divisione del lavoro, l’appropriazione privata condizionano interamente la sua
stessa esistenza?), rischiano per l’ennesima volta di eludere la necessità di
dar forma nella lotta e nel confronto tra le superficiali, anche se
apparentemente totalizzanti, alterità proletarie a loro modo refrattarie allo
stato di cose presente, ad una comunità di lottatrici e lottatori sociali che
permetta da subito, nella demolizione del modo di produzione capitalistico e
delle sovrastrutture che lo caratterizzano, di trasformare i rapporti sociali
immediatamente in senso comunista (contro qualsiasi transizione alla comunità
umana senza Stato e senza classi), di farla finita con tutte le separazione che
perdurano da millenni e sono andate sviluppandosi nei secoli: la famiglia, lo
Stato, il genere, le religioni e tutta la vecchia merda.
In un contesto simile la contraddizione tra individuo e comunità potrà venire
progressivamente meno, così come il falso antagonismo tra individualismo e
comunismo (smascherato già ne L’ideologia tedesca e ulteriormente decostruito in
campo anarchico dal contributo di A. M. Bonanno, ma anche dall’I.S, da Noir et
Rouge, ecc.).
Immagino che queste ultime riflessioni potranno generare in alcuni/e fastidio e
potenziali incomprensioni. Voglio perciò specificare che le considerazioni in
merito alle tendenze nichiliste e irriducibilmente individualiste
dell’anarchismo non vanno assolutamente interpretate come una condanna della
violenza rivoluzionaria in quanto tale, che è patrimonio di tutto il movimento
proletario e non monopolio esclusivo di alcuni anarchici, e, ancora meno, delle
azioni e dei percorsi di quelle individualità anarchiche come Alfredo Cospito e
Juan Sorroche che, assieme a tanti altri rivoluzionari anarchici del presente e
del passato, hanno messo in gioco la loro stessa vita e libertà nella propria
lotta e a cui tutti i sinceri rivoluzionari dovrebbero esprimere incondizionata
solidarietà al di fuori delle specifiche appartenenze ”politiche” e/o di area.
Vetriolo parla di azione per la strategia, una formula che pur non convincendomi
affatto, penso tocchi, procedendo da punti di partenza diversi vincolati ad un
contesto organizzativo e a compiti specifici, proprio degli anarchici o, forse
più correttamente, di parte di essi, alcune delle questioni poste nella
conclusione di questo contributo che spero possa essere in qualche modo utile.
In caso contrario, in un momento storico in cui il dibattito tra rivoluzionari
di diverse tendenze, almeno per quanto riguarda questo Paese, versa in
condizioni pietose, queste pagine vanno lette come un tentativo in questo senso.
Un fraterno saluto rivoluzionario.
Sempre per la comunità umana senza Stato e senza classi,
per il comunismo.
* * *
1 In questo senso, chi, in campo anarchico, ha rinunciato definitivamente a
leggere la realtà a partire da questa contraddizione costitutiva della civiltà
capitalistica non credo troverà interessante questo modesto contributo critico
prodotto da un individuo che non si richiama, almeno non più, direttamente al
patrimonio teorico e storico del cosiddetto anarchismo insurrezionalista, ma che
nemmeno lo disconosce o intende denigrarlo.
2 In Apocalisse e Rivoluzione, Cesarano riconduce questi episodi alla rivolta
biologica dei corpi proletari contro il dominio reale totale del Capitale giunto
a colonizzare praticamente tutti gli spazi di vita fisica e psicologica
dell’essere umano.
3 Un testo interessante che a partire dalla George Floyd Rebellion riporta a
quei formidabili episodi di insubordinazione e rivolta è Riot! George Floyd
Rebellion 2020. Fatti, testimonianze, riflessioni, a cura di Calusca City Lights
e radiocane.info, Milano, maggio 2021.
4 1970. Danzica e Stettino come Detroit
5 Anzola è il mondo? A proposito della lotta alla Coop Adriatica di Anzola
dell’Emilia, delle lotte operaie nel settore della logistica e di molto altro
ancora, Edizioni Il lato cattivo, 2013.
6 Per ulteriori esempi di questo genere rimando all’articolo veramente
interessante di Bruno Astarian, Alcune precisazioni sull’anti-lavoro, 2016.
7 Vedi L’ultrasinistra e il partito storico della rivoluzione, di Michele Garau,
Porfido Edizioni, 2023
Riceviamo e diffondiamo:
Neve al popolo
“Scusa eh, ma se i torpigna dopo averci invaso Piazza di Spagna ci invadono
anche Cortina allora, allora non lo so vendiamoci la casa e amen, è vero? Che ne
dici Giovanni?”
vacanze di natale
Sulle pagine di cronaca hanno primeggiato per qualche settimana le notizie
riguardanti un fatto originale: I napoletani hanno invaso Roccaraso. La notizia
è arrivata anche su importanti testate internazionali.
Domenica 26 gennaio la stazione sciistica abruzzese, oltre alla consueta
presenza turistica, è stata raggiunta da 200 autobus provenienti da Napoli che
hanno trasportato circa diecimila gitanti.
Questo afflusso eccezionale sarebbe dovuto ad alcuni tiktoker (Sic) che hanno
pubblicizzato ed organizzato le gite. Sotto i riflettori in particolare è finita
Rita de Crescenzo, i cui video superano il milione di visualizzazioni, la quale,
proprio dalla piste da sci di Roccaraso, in un suo precedente video-messaggio,
aveva decantato la bellezza delle montagne innevate ed invitato i suoi fans a
raggiungerla.
La località montana quindi è stata meta di un numero di turisti maggiore di
quello medio, dando vita al fenomeno del cosiddetto overtourism. A causa di
questo evento, in seguito agli ordini del prefetto e dei sindaci dell’Alto
Sangro, sono stati predisposti per le settimane successive il numero chiuso e la
prenotazione obbligatoria per gli autobus, inoltre sono stati predisposti varchi
di accesso alla località presidiati dalle forze dell’ordine.
Al di la dell’immondizia lasciata a terra, dei problemi di viabilità e di
sicurezza, la problematica reale, se si parla con gli addetti del settore, è che
i turisti mordi e fuggi degli autobus “non lasciano soldi”, cioè è un turismo da
cui si ricava poco profitto e che disincentiva la presenza di clienti più
facoltosi. Comprensori sciistici come quello dell’AltoSangroSkipass vogliono
rivolgersi ad una clientela di prestigio non a chi si porta il panino da casa.
A difesa degli interessi degli imprenditori del turismo si è schierato
l’esercito dei media che ha fatto fuoco con tutto l’armamentario che usa
abitualmente quando deve annichilire qualche nemico dello Stato creando
l’emergenza di turno – e sono volate parole pesanti. I gitanti sono stati
accusati di sporcare, di rubare, di riciclaggio, di collusione con la camorra,
di essere unni, di avere attuato un invasione. La palma d’oro va al deputato di
AVS Francesco Emilio Borrelli che che ha apostrofato gli innocui gitanti con la
gentile frase “la monnezza siete voi”. Insomma, per l’occasione è stato dato
lustro a tutto il più bieco arsenale dei luoghi comuni razzisti contro i
napoletani sommato al disprezzo borghese verso i proletari che “non sanno stare
al loro posto”.
Va aggiunto che Roccaraso è un grande comprensorio sciistico, predisposto per
accoglier nelle giornate di maggior afflusso fino a 30.000 turisti. Non è un
quindi un luogo incontaminato e sperduto, bensì una località destinata
dall’industria turistica al turismo di massa. Si tratta della meta abituale per
gli sciatori del centro sud Italia, e visto che dista solo 140 km da Napoli, i
napoletani a Roccaraso ci sono sempre andati.
Si potrebbe quindi derubricare questa vicenda come una giornata di turismo più
caotica e folkloristica del solito, in cui una serie di coincidenze ha prodotto
la tempesta perfetta, tutto in seguito ingigantito da una becera narrazione
mediatica.
Ma, al di la dell’episodio di costume italiano, il fatto appare significativo in
quanto illustra la crescente tendenza alla privatizzazione degli spazzi e mostra
come nel vivere quotidiano si afferma la sempre più invasiva società del
controllo.
Se viaggiare, visitare e conoscere è da sempre parte dell’esperienza umana ed un
piacere della vita, l’industria del turismo interviene su questi bisogni
mercificandoli attraverso pratiche di condizionamento, di omologazione, di
concentrazione, di selezione e conseguentemente di esclusione.
Amene località, bellezze naturali, città d’arte, destinazioni esotiche, sono
trasformati in prodotti verso cui l’industria del turismo indirizza il flusso di
consumatori. Quando l’afflusso diventa eccessivo, al punto da compromettere la
fruibilità dei luoghi e conseguentemente i profitti, va predisposto un
dispositivo di selezione al fine di favorire i clienti più facoltosi e
disincentivare i meno abbienti. A questo scopo predispongono divieti e limiti
che spesso si fondano su pretestuose motivazioni di carattere ecologico o di
sicurezza, ma in sostanza l’obbiettivo è fermare i barbari invasori che
viaggiano sui torpedoni, si mangiano il panino portato da casa, cagano, pisciano
e gettano cartacce senza lasciare quattrini perché “i turisti – quelli veri,
cioè con il portafoglio gonfio – hanno paura e non vengono”. Così, tanto per
fare qualche esempio, una famiglia che va in gita a Venezia dalla vicina pianura
padana sgancia 10 euro a testa di “contributo di ingresso” – che fa la
differenza – mentre un ricco che soggiorna in hotel di lusso non paga nulla.
Cosi, mentre chi arriva a Roccaraso in autobus viene trattato quasi come un
clandestino sbarcato abusivamente, non ci sono controlli e divieti per chi va a
sciare con il suo inquinantissimo SUV.
Dispositivi di discriminazione economica sono applicati in qualsiasi attività
commerciale, se non hai i soldi non puoi permetterti vestiti di marca, auto di
lusso e ristoranti stellati – anche per questo motivo vogliamo distruggere
questa società e prenderci la merce. Ma quando questi criteri di selezione ed
esclusione vengono applicati ad un luogo pubblico, ad esempio una montagna, una
bella città, una spiaggia, siamo di fronte alla privatizzazione dello spazio,
qualcosa viene sottratto a tutti per renderlo accessibile solo ad alcuni, in
sostanza ci viene rubato dai ricchi.
La privatizzazione dei luoghi turistici, anche se può apparire un fenomeno meno
grave di altri, non va distinto da una più generale gestione dello spazio che
assume un carattere sempre più classista e poliziesco. Contributi di accesso o
numero chiuso sono tasselli di un sistema di controllo più complesso che
comprende molteplici dispositivi: dalle zone a vigilanza rafforzata, al daspo
urbano, dalle ZTL ai progetti della città dei 15 minuti, all’imperversare delle
telecamere in ogni dove.
Il tutto mira a costruire una società in cui inclusi ed esclusi sono divisi da
molteplici barriere. Quella società in cui la convivenza tra le classi non è più
sostenibile a causa di un divario economico incolmabile che è stata
rappresentata nel film “la zona”.
Ai tempi del drill baby drill, mentre il capitalismo sta terminando di spremere
il pianeta come un limone, mentre riduce città e regioni in lande funeree e
inabitabili i residui spazzi meno contaminati acquisiscono valore in proporzione
alla loro limitatezza: non sembra che i ricchi vogliano condividerli con i
poveri, i quali vanno convinti a trasferirsi volontariamente verso altri lidi.
Siamo certi che, mentre il mondo va a pezzi, i ricchi non rinunceranno a nulla
in nome del bene comune, né alla loro aria condizionata, né alle loro
villeggiature. La montagna viene quindi colonizzata e distrutta da grandi opere
come quelle per le olimpiadi, non certo dalla gite dei napoletani.
Se vogliono rinchiuderci nei ghetti di questa società del controllo e dei varchi
diventa terreno di lotta riprenderci lo spazio che ci viene sottratto.
Per questo ci è piaciuta l’iniziativa comunista dei tik toker napoletani, che
hanno portato la gente dei quartieri a vedere la neve per 20/30 euro (panino
incluso). I retroscena non li conosciamo né li vogliamo sapere, da quel che
abbiamo visto non possiamo che far loro tanto di cappello.
Quelli con la puzza sotto il naso, che possono permettersi la benzina,
l’autostrada, il ristorante, lo sky pass, l’attrezzatura sportiva, l’albergo o
il costo della seconda casa hanno dovuto dividere le piste con i bob dei
tamarri, d’altronde i barbari sono barbari perché hanno la cattiva abitudine di
non fare mai quello che i civilizzati vorrebbero fargli fare: per questo fanno
paura.
Juan Carrito
Riceviamo e diffondiamo:
Qui la locandina del corteo del 1° marzo a Venezia:
stampa venezia
22/02/2025, ORE 11.00 A UDINE, PIAZZA DELLA REPUBBLICA.
NO PACCHETTO SICUREZZA – NO ZONE ROSSE
Invitiamo a partecipare SABATO 22 FEBBRAIO 2025 al presidio contro il “PACCHETTO
SICUREZZA” (ddl 1236 ex 1660) , attualmente in fase di approvazione al Senato e
contro l’applicazione delle “ZONE ROSSE”.
Il “PACCHETTO SICUREZZA” prende di mira tutte le persone marginalizzate,
dissidenti e ribelli, colpendo in primis quelle prive di cittadinanza italiana,
passando a chi si trova a lottare per non soccombere alla violenza statale nelle
carceri e nei Cpr fino a chi esprime dissenso e solidarietà contro la
repressione.
Vengono aggravate quindi di molto le pene e severamente punitx chi lotta con le
forme più basilari di protesta. Tutto questo in un quadro legislativo che vede
invece aumentare spropositatamente e indiscriminatamente il potere della polizia
e la sua arbitrarietà nell’usarlo.
Ma se il “pacchetto sicurezza” non è ancora definitivamente approvato, le zone
rosse sono invece già una realtà effettiva.
Dopo una direttiva emanata a dicembre 2024 dal Ministro dell’interno, questa
ordinanza ha iniziato ad essere applicata in numerose città italiane.
A Udine è stata stabilita una zona rossa che copre buona parte della città che
durerà dal 16 gennaio al 10 marzo e sarà probabilmente estesa nel tempo secondo
un non meglio definito “stato di emergenza“.
Cosa può succedere in questa zona rossa?
La polizia può disporre l’allontanamento di tutte quelle persone che, a suo
arbitrario giudizio, stiano manifestando “comportamenti aggressivi, minacciosi o
insistentemente molesti”, oppure che abbiano precedenti penali (anche non
definitivi) relativi a diverse fattispecie di reato commesse nei pressi delle
infrastrutture di trasporto pubblico.
Risulta evidente la totale discrezionalità del potere decisionale conferito alla
polizia al fine di reprimere e controllare, creando le premesse per una
progressiva restrizione della libertà, oggi di alcunx e domani di tuttx.
Il diritto a vivere gli spazi della città che abitiamo non è oggetto di
trattativa e non ci arrenderemo facilmente davanti a disposizioni che calano
dall’alto, dal sapore spesso propagandistico che non fanno altro che aumentare
disagio ed esclusione.
Lotteremo per difendere ogni centimetro che vorranno portarci via e per
solidarizzare con tutte lx indesiderabili che in questo modo finiscono sempre
più marginalizzatx e isolatx.
Assemblea NO DDL Sicurezza NO zone rosse di Udine
DALL’EUROPA ALLA PALESTINA, AL FIANCO DEI PRIGIONIERI IN LOTTA!
Sabato 22 febbraio, dalle 18.00, saremo allo spazio autogestito di via de Rubeis
43, a Udine, per una serata di informazione e dibattito sui prigionieri
palestinesi, del loro ruolo fondamentale nel processo di resistenza
all’occupazione, come dimostrato anche dalle ultime vicende della guerra a Gaza.
Proietteremo il documentario BEYOND THE WALLS – DIETRO ALLE MURA (D. Lambert,
2012), che raccoglie la testimonianza di prigionieri palestinesi e libanesi
nelle carceri sioniste, le quali costituiscono un modello di segregazione anche
per gli Stati europei.
Ci sarà da bere e da mangiare e il ricavato andrà alle spese legali per il
procedimento condotto recentemente a Trieste contro il compagno Georges Ibrahim
Abdallah, da 40 anni ostaggio dello Stato francese per la sua militanza nelle
Frazioni Armate Rivoluzionarie Libanesi.