Source - il Rovescio

cronache dallo stato di emergenza

È uscito il secondo numero di “disfare – per la lotta contro il mondo-guerra”
Riceviamo e diffondiamo: È uscito il secondo numero di “disfare – per la lotta contro il mondo guerra”, dell’estate 2025. Per richiedere copie / To request copies / pour demander des exemplaires: disfare@autistici.org * 52 pagine, 4 euro a copia, 3 euro per i distributori (dalle 3 copie in su) * 52 pages, 4 euros per copy, 3 euros for distributors (from 3 copies upwards) * 52 pages, 4 euros par exemplaire, 3 euros pour les distributeurs (à partir de 3 exemplaires) Scarica il pdf dell’editoriale: disfare_2_editoriale Scarica il pdf dell’articolo “Processo alla resistenza palestinese” del Collettivo Hurriya! Pisa sul caso di Anan Yaeesh: disfare_2_Anan
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Tesla & l’azzardo internazionalista
Ringraziando chi l’ha fatta, riceviamo e diffondiamo la traduzione di questo articolo apprso sulla rivista francese “La Houle” (n° 1, giugno 2024). Al di là della precisione storica (abbiamo qualche dubbio, ad esempio, sul carattere “anarco-sindacalista” dell’Internazionale Antiautoritaria del 1872…), si tratta di un insieme di riflessioni interessanti per un “internazionalismo senza comunità” e senza obblighi morali(stici), come quelli che hanno pesato su certi posizionamenti pseudo-libertari e militaristi riguardo la guerra in Ucraina. Per ordinare copie di “La Houle”, scrivere a bouteillealamer@riseup.net Per scaricare in formato pdf: tesla_internazionalismo TESLA & L’AZZARDO INTERNAZIONALISTA A metà settembre a Francoforte un concessionario Tesla vede una parte del suo stock di veicoli elettrici sparire tra le fiamme. Inizio ottobre, oltre Reno, avviene un attacco simile contro un altro concessionario della ditta a Chambéry. Per due volte, si alza l’alba su dei parcheggi disseminati di carcasse calcinate. Quando un’impresa si fa notare troppo Quando ho saputo di questi due avvenimenti, mi sono chiesto, col sorriso sulle labbra, se Tesla fosse stata presa di mira spesso dopo la sua folgorante espansione e la mediatizzazione dell’ormai celebre Elon Musk[1]. Speravo proprio di sì, dato che, nel giro di qualche anno, questo padrone della Tech ha inviato centinaia di satelliti a bassa altitudine che gli hanno permesso, tra le altre cose, d’influire significativamente sull’inizio della guerra in Ucraina tramite i servizi di informazione della sua IA. Il successo e la potenza di questo fallocrate supera quella di molti Stati. A questo si aggiunge ovviamente la progettazione e la commercializzazione dei veicoli Tesla, elettrici e semi-autonomi (per il momento) che qui si diffondono ad una velocità inaudita. Ecco in breve quello che ho trovato dopo un piccolo giro nella rete. Febbraio 2020 ad Amburgo, 13 automobili cosparse di bitume. Ottobre 2020 a Malmö in Svezia, 7 Tesla incendiate presso un concessionario. Maggio 2021 a Berlino, incendio dell’alimentazione elettrica del cantiere della Gigafactory. Giugno 2021 a Tolosa, un veicolo incendiato. Maggio 2023 nella provincia della Loire, un’auto vandalizzata. Settembre 2023 a Graz in Austria, diverse Tesla ricoperte di bitume. Febbraio 2024 a Berlino, due veicoli e due punti di ricarica incendiati. Marzo 2024 ancora a Berlino, nuovo attacco alla rete elettrica della Gigafactory, che blocca tutta la produzione per diversi giorni. Questa lista non è esaustiva [e va ricordato l’attacco di aprile 2025 a Roma, ndt]. Dunque è da qualche tempo che la multinazionale attira i fulmini di individui ostili al suo sviluppo. Notiamo qui, ad ogni buon fine, che dopo quella di Berlino è prevista un’altra Gigafactory Tesla in Europa, probabilmente nel Nord della Francia, nella “valle della batteria”, che punti di ricarica e veicoli parcheggiati pullulano per le strade e che molti altri concessionari vendono tranquillamente le loro merci tecnologiche. Cos’è questa storia dell’azzardo ? Torno un momento su quei due attacchi, evocati in esergo, che hanno suscitato il mio entusiasmo, preambolo a questo articolo. A meno di un mese di distanza, vengono realizzate due azioni molto simili, in due Paesi differenti. Stesso obiettivo, stessa modalità operativa. Potremmo immaginare che un gruppo – che dico, una brigata internazionale, si muova ormai sotto il naso dei doganieri e della polizia alle frontiere. L’ipotesi è seducente. Potremmo anche supporre che essendo venuti.e a conoscenza dell’attacco a Francoforte, dei.lle complici, in Francia, si siano organizzati.e per colpire tre settimane più tardi. Altra ipotesi seducente. Ahimé, la disparità politica che distingue i comunicati[2] e la distanza temporale molto ravvicinata tra i due colpi mi fanno propendere, frettolosamente ne convengo, per un’altra ipotesi. L’internazionalismo qui all’opera sarebbe quello dell’azzardo[3]! Ma in fondo che importa la fondatezza delle mie speculazioni, lasciamole agli sbirri. La mia battuta sull’azzardo internazionalista ha piuttosto la finalità di mettere sul tavolo il fatto che Tesla sia divenuta un obiettivo pregiato in diversi Paesi, e di stendere sulla carta le mie prime riflessioni sulle prospettiva e l’efficacia dell’internazionalismo oggi. Dalla polvere del passato… Devo iniziare ammettendo che la mia generazione, in Francia, non si è per nulla politicizzata all’interno un panorama di riferimento internazionalista vitale. Al massimo ho (abbiamo?) letto qualche testo di una volta che brandiva questa parola come una fiaccola, un grido di raduno per gli.le spossessati.e di allora. Possiamo rilevare un’eccezione presso i comunisti. Per questa volta ascoltiamo la loro tiritera. Il disco rotto “Proletari di tutto il mondo, unitevi”, per esempio, sulla scia di Marx. È che una volta, la maggior parte dei.lle ribelli rivendicavano il loro comunismo, raramente per fondare un Partito, sempre e comunque per immaginare una società economicamente egualitaria. Oggi appellarsi al comunismo ci sembra incredibile ma credetemi che anche Clément Duval, rapinatore della fine del XIX secolo del gruppo Le pantere di Batignolle, aveva degli ideali comunisti. Credo di poter affermare che l’internazionalismo riguardi originariamente la coscienza e la solidarietà di classe a scapito e a dispetto delle frontiere. Bisogna dire che all’epoca la stratificazione sociale era più evidente che oggi. In basso si trovavano i.le “lavoratori e lavoratrici” in alto “la borghesia”. Tra i due un crudo rapporto di sfruttamento economico. Il sudore per gli.le uni.e e il valore per gli.le altri.e. Un buon numero di sfruttati.e si concepivano e si vivevano in una grande comunità, il “proletariato”. Essi.e conoscevano condizioni d’esistenza simili in quei tempi di industrializzazione galoppante, migravano verso i centri urbani, condividevano la miseria, la malattia, negli stessi tuguri o periferie operaie. In tutto il mondo, anche gli anarchici, si salutavano volentieri con “compagno” e combattevano insieme il borghese. Questo, di fronte alle facce nere, alle mani callose e alle schiene piegate sul mestiere, sfoggiava spesso un paternalismo filantropico. Le mani e il viso bianco, vestito in maniera impeccabile, si distingueva nettamente dalle masse lavoratrici. Proprietario della terra, dei mezzi di produzione e della materia prima, aveva tutto il potere di comprare la forza lavoro degli.lle umili, obbligati.e, quanto ad essi.e, a mettere a disposizione i loro unici beni, i loro corpi, fino ai loro sessi e i loro ventri per quanto riguarda le donne (etimologicamente, il.la proletario.a è colei o colui che fa dei figli). Queste ultime sgobbavano nelle fabbriche e nelle famiglie eteropatriarcali in corso di solidificazione. Produrre e riprodurre. A ciò possiamo aggiungere che gli Stati e le Nazioni, affiancati con un trattino, rivestivano forme diverse da oggi. La mano sinistra del governo, cioè lo Stato sociale, più tardi provvidenziale, praticamente non esisteva. I poveri stavano ancora sotto l’egida “benevola” della Chiesa. Solo il potere sovrano/regale regnava sui suoi soggetti. Esercito, Polizia, Giustizia, Prigione. Ospedale psichiatrico. Il rumore degli stivali e dei cavalli soffocava gli scioperi e le manifestazioni. Numerosi.e erano coloro che cadevano sotto le pallottole o le sciabole. Deibler[4] officiava a tempo pieno, montando e smontando il suo patibolo a seconda delle condanne. Si rinchiudevano allegramente i.le vagabondi.e, le “isteriche” e altri.e “non perbene” al manicomio della Salpêtrière. La follia aveva la schiena larga e giaceva ai ferri. Il nazionalismo e il patriottismo si duplicavano nell’ideologia imperialista. I governi occidentali massacravano e schiavizzavano popolazioni del Sud in regioni sommariamente ribattezzate colonie (anche la Chiesa era della partita). Sotto i suoi multipli gioghi ma forte di questa coscienza proletaria, la Prima Internazionale (associazione internazionale dei lavoratori) nacque nel 1864. Essa mira a coordinare le lotte sindacali in tutti i Paesi. In seguito a dei conflitti tra sostenitori.trici della conquista dello Stato e anarchici, questa Internazionale è ben presto divisa e disciolta. Seguiranno la Seconda, la Terza e infine la Quarta di ispirazione marxista, staliniana e poi trotzkista. Dal canto loro, gli anarchici fondano l’Internazionale antiautoritaria nel 1872 nel Giura svizzero. Non dura che 6 anni ma dà il tono ad un anarco-sindacalismo allora in piena effervescenza. Qualche anno più tardi, nel 1905, emerge, inizialmente negli Stati Uniti, poi in altri Paesi anglofoni e infine in decine di Paesi, l’IWW. L’Industrial workers of the world è un sindacato internazionalista, radicale, che organizza scioperi generali e sabotaggi in una prospettiva di “abolizione del salariato”. I.Le suoi.e aderenti, i.le wobblies, sognano e praticano l’autogestione sul luogo di lavoro. Ecco in che contesto e in che maniera è nato, credo, l’ideale internazionalista. Sì, esagero un po’ con la mia terminologia antiquata, la parola stessa è antiquata, ma è per dare un piccolo accento storico alla mia narrazione. … alle riconfigurazioni del presente In Occidente il capitale si è ristrutturato, è divenuto più complesso. La maggioranza del proletariato, vinto, ha subito una metamorfosi divenendo classe media, ausiliaria di una borghesia diventata invisibile per i.le comuni mortali. Restano i precari, molto spesso tra le minoranze razzializzate e di genere. Le comunità, specialmente contadine e operaie, sono state frammentate. Spazio agli atomi umani. Cittadini.e, lavoratori.trici (ora si dice impiegati.e), consumatori.trici sono mediati.e dall’amministrazione, dalle macchine e dalle merci. La sparizione dei sobborghi, della sussistenza rurale, delle cooperative popolari, delle gilde di mestieri, dei circoli di gioco e di dibattito, dei sindacati combattivi …, ha contribuito poco a poco ad annientare fattualmente e sentimentalmente l’appartenenza alla classe sociale degli.lle spossessati.e. Non sentiamo più cantare “l’internazionale sarà l’umanità”, non sentiamo più gridare dall’alto dei palchi, davanti ad una platea di depredati.e, “Domani sorgerà una società fraterna, senza Stato, senza frontiere, senza Dio e senza legge”. Niente più “Causa”, niente più “Rivoluzione sociale” e a malapena ci si può dichiarare rivoluzionari senza diventare lo zimbello degli altri. Alla ricerca di continuità Non crediate che io compianga il disfacimento di ciò che ho descritto. Cerco semplicemente di rintracciare l’origine dell’internazionalismo e le cause della sua agonia. Senza nostalgia, certo, ma con un reale desiderio di soffiare via la polvere che ricopre una parte di questo passato. Per osservarlo meglio e per ispirarvisi. Poiché, più che di rotture, la sostanza del tempo è fatta di continuità, di evoluzione e di ciclicità. Delle attività e delle battaglie portate avanti tra gli anni ’60 e gli anni ’80 da gruppi quali Primero de Mayo, i GARI (gruppo d’azione rivoluzionaria internazionalista), le Rote Zora o le Black Panther per non citarne che alcuni. Delle azioni firmate ALF (animal liberation front) o ELF (earth liberation front) realizzate a partire dagli anni ’80. Delle manifestazioni giganti dei contro-summit che hanno conosciuto il loro apice da Seattle nel 1999 e in qualche appuntamento successivo. Degli incontri anarchici internazionali che continuano a tenersi ogni anno. Della campagna Shac Attack (stop huntingdon animal cruelty) contro un laboratorio di vivisezione e le sue filiali che ha visto coordinarsi numerosi.e antispecisti.e nel mondo tra il 1999 e il 2003. Dei.lle compagni.e, emigrati.e o nomadi che tessono pazientemente i fili attraverso le frontiere. Della FAI-FRI (federazione anarchica informale, fronte rivoluzionario internazionalista) molto attiva all’inizio degli anni 2000, che ha rivendicato degli attacchi in diversi Paesi. Del viaggio in Europa, nel 2022, delle delegazioni zapatiste provenienti dal Messico. Possiamo anche menzionare la recente iniziativa “switch off! The system of distruction” nel 2023. L’appello di questa campagna di sabotaggio, partendo dalla transizione energetica, insiste sugli intrecci di numerose lotte nel mondo intero, con la volontà di tessere dei legami o consolidare il tessuto esistente tra esse. Questi esempi alla rinfusa, assemblaggio eterogeneo, mescolano delle esperienze e delle prospettive molto diverse. Le affianco qui guidato unicamente dal prisma dell’internazionalismo. Osservando queste continuità, avremmo torto a non recuperare ed esaltare questo immaginario internazionalista. Poiché è fecondo e pericoloso per questo mondo che affrontiamo. Perché merita di meglio che di restare relegato in qualche canto rivoluzionario, che di fuoriuscire da qualche bocca che sproloquia. Questo immaginario deve tornare ad abitarci e a guidare il nostro agire. Le sconcertanti posizioni guerrafondaie di certi.e anarchici.che e antifascisti.e (magari più numerosi.e di quanto si pensi) contro “l’impero di Putin” lo dimostrano a sufficienza[5]. La debolezza attuale del nostro antimilitarismo deve molto, credo, a quella del nostro internazionalismo. Desidero, insieme ad altri.e, chiarire le nostre posizioni radicali contro la guerra, gli Stati, le nazioni, contro le finzioni di popolo, identità e respingere le ideologie virili, marziali e belliciste. Quanto a Tesla, il fatto che convergano rabbie da diversi Paesi contro questa impresa è anche un’occasione insperata per riconfigurare ed amplificare internazionalmente l’offensiva. È una delle polene della nave da far affondare, archetipo insieme ad altri di questa dominazione in evoluzione. Sono molti gli aspetti a bordo: alienazione, sfruttamento, estrazione, transizione elettrica, sorveglianza, automazione. E la guerra è l’oceano in cui naviga. Tesla non è che un esempio, un’occasione di allenare il proprio spirito a ragionare su dei piani e su una scala più ampi. Allenamento che affina la conoscenza dei sistemi di oppressione attuali e in divenire e che può avere come corollario il percepire e organizzare le forze, le nostre, per sovvertire tutti i poteri. Avanti i cinici, “put your hands up in the air” e tutti.e con me! A proposito di solidarietà A fine febbraio è stato tradotto un articolo di un compagno siberiano, inizialmente pubblicato su un media russo (Avtonom). Vi si poteva leggere un’ingiunzione alla solidarietà con gli.le anarchici.che impegnati.e sul fronte ucraino. Questo cameratismo imposto illustra perfettamente lo spirito dell’internazionalismo così come ha preso forma alla fine del 19° secolo e come è perdurato, a quanto pare, fino ad oggi. E non sono né dei.lle comunisti.e retrogradi.e né degli.lle anarcosindacalisti.e solitari.e che ce lo ricordano. La solidarietà obbligatoria, morale dei capi e dei gregari, diviene desiderabile se proviene dalla penna anarchica? Quel compagno porta un discredito sferzante a questo tipo di solidarietà. Non concepisco che possa emanare da un dovere e non da una generosità personale. Quale che sia il suo oggetto. Solidarietà per classe sociale, sorellanza, per l’essere compagni.e, per una lotta, tra abitanti di quartiere, tra prigionieri.e … Tutte possono avere senso, purché vengano dal cuore! Ernest Armand [in realtà Émile Armand, ndt], un vecchio anarchico dell’inizio del 20° secolo ha scritto da qualche parte: «Chiunque accetti volontariamente l’obbligo della solidarietà o il vincolo all’aiuto reciproco appartiene al mondo dell’autorità». Con dei discorsi simili, all’epoca, non si sarà fatto solo degli amici. Io condivido la solidarietà con coloro che la considerano, come me, un gesto forte, cosciente, soggettivo e sincero. Siamo dunque lontani da una legge o un riflesso dato tra coloro che condividono a priori 3-4 idee, un territorio, delle condizioni sociali, un’identità di genere o delle pratiche rivoluzionarie. Sul bisogno di comunità Diversi indici storici lasciano pensare che l’internazionalismo sia germogliato sotto gli auspici di un proletariato che aveva riconosciuto i suoi nel mondo. A causa senza dubbio delle guerre, delle migrazioni forzate e grazie alle lotte anti-imperialiste e di decolonizzazione, si è coltivata una certa fratellanza di classe. Oggi che la classe proletaria è sconfitta, che conclusioni e che prospettive possiamo trarre? Alcuni potrebbero vedere, volere o voler vedere altre comunità emergenti o in fase di gestazione. Si pensi alla Moltitudine, cara a Toni Negri o alla Resistenza ecologica di Derrick Jensen e compari. Sinceramente ignoro se queste tesi o ipotesi siano realizzate, plausibili o assurde. Volto loro la schiena per altri motivi. Rifiuto l’idea che una comunità sia la base preliminare e inesorabile di progetti internazionalisti (o peraltro di qualsiasi altro progetto, ma non è questo il tema). Provo dell’ostilità per ciò che richiede, o induce, sentimento d’appartenenza, affiliazione o identificazione collettiva. Tutto ciò che fa di Sé un membro di un Corpo. La comunità, agglomerato di individui.e, riporta necessariamente, temo, cultura, norma, morale, prescrizione, interdizione, integrazione, esclusione, ricompensa, punizione, onore, umiliazione… Rituali di coesione dei “nostri”, rituali di differenziazione dagli “altri”. Non sapendo se l’internazionalismo sopravvivrebbe senza comunità internazionale e internazionalista, rischio di finire in un’impasse[6]. Fortunatamente, non avendo questa certezza, mi lascio la possibilità di concepire un internazionalismo senza comunità e lo sottopongo al giudizio di chiunque voglia analizzarlo. Se mi lasciassi andare alle divagazioni, mi porrei ora la questione del comune senza comunità, ma temendo di perdermi mi fermo qui. Dall’ombelico all’internazionalismo L’alienazione che subiamo in diversi gradi riduce il nostro campo visuale e intellettuale ad un quotidiano limitato da un’esistenza falsamente separata ed indipendente. Facciamo fatica ad essere consapevoli di totalità, trasversalità, legami ed influenze tra realtà multiple. La mistificazione dei nostri rapporti al mondo maschera abilmente meccanismi, cause, effetti, fenomeni che collegano internazionalmente gli esseri viventi e la materia, reificati e appiattiti dalla razionalità economica. Uno dei primi gesti del pensiero consiste nel percepire le dimensioni nascoste, qualitative e quantitative che fondano le nostre interdipendenze. Possono derivare da dominazioni, da idee, da affetti, da lotte, da viaggi, da territori, da condizioni sociali o da tutte queste cose insieme, senza omettere quelle dell’intangibile trama della vita. Non sto cercando di scoprire quale comune possa sottendere meglio di un altro ad un nuovo internazionalismo. Con l’aiuto di intuizioni e di analisi sistemiche, cerco di aprire grande, immensamente grande, la lente focale delle mie percezioni e comprensioni del mondo (e magari delle tue, delle loro) che l’alienazione altera con i suoi filtri, oscurati dai suoi veli, ristretti dai suoi paraocchi. Interessi per la Storia, le ideologie, le religioni, la psiche, la geopolitica, le oppressioni, i rapporti tra animali, piante, tra ambienti… con o senza approcci scientifici, possono portare a cogliere gli innumerevoli agenti, relazioni e interazioni che costituiscono questo mondo. Quando le nostre capacità sensoriali e riflessive si emancipano, anche parzialmente, la nostra comprensione e la nostra attenzione alle relazioni esistenti e potenziali aumentano. Mediante un’altra presenza e altri collegamenti, le nostre capacità ad iniziare, trasformare e sovvertire questi legami crescono di pari passo. Quando si è risoluti.e a combattere la dominazione e vivere il più possibile in maniera anarchica, è possibile intraprendere delle connivenze, dal vicinato a livello internazionale, per densificare ed estendere la propria rivolta tramite, per e grazie a quelle degli altri. Prospettive concrete Cos’è che nelle dinamiche e nei tentativi passati può ispirare e rinforzare le prospettive internazionaliste attuali? Il rigetto della comunità e della solidarietà obbligatoria permettono, in negativo, di immaginare l’aiuto reciproco e la cooperazione come degli atti individuali e volontari. La prima risoluzioni dell’Internazionale anti-autoritaria precisava che essa “non ha altra missione che quella di riunire aspirazioni, bisogni e idee del proletariato in modo che si armonizzino ed unifichino il più possibile”. L’apertura della propria lente focale sensoriale e mentale permette di proiettare e sperimentare delle sinergie all’interno ma anche al di fuori del “proletariato”, degli.lle “oppressi.e”, “dei.lle rivoltosi.e” e di altre (auto-)designazioni e abitudini dai confini limitati. Citerò ancora una volta E. Armand che, nonostante fosse lungi dall’essere tra i più combattivi, scrisse che «ci sono degli incarichi che sono impossibili a tentare, svolgere o portare a termine in altro modo che mediante un lavoro associato». Per riguadagnare vigore, la prospettiva internazionalista richiede di associarsi localmente, ma non solo. L’incarico di distruggere questo mondo da cima a fondo passerà, credo, per l’internazionalità del nostro agire. Prendiamo le mosse dalle esperienze di lotta passate. I.le wobblies, parlando una quantità di lingue diverse, si sono uniti.e in federazione in diversi continenti. Alcuni gruppi armati dagli anni ’60 agli anni ’80 hanno saputo comporre delle complicità internazionaliste tra contrade lontane. L’ALF, l’ELF, Shack attack e la FAI-FRI tra le altre, sono riuscite e riescono ancora a propagare informalmente delle offensive. Coniughiamo convinzioni internazionaliste e pratiche internazionaliste. Pubblichiamo dei giornali poliglotti e diffondiamoli largamente. Rinforziamo i legami tra compagni.e all’estero mediante delle corrispondenze, delle visite. Continuiamo ad organizzare degli incontri internazionali per conoscersi, discutere, sviluppare rapporti di fiducia e ambizioni. Accentuiamo l’agitazione sociale contro le guerre. Tessiamo delle affinità tra e in diversi territori. Aggiorniamo le nostre battaglie contro patriottismi, nazionalismi, imperialismi. Diamo risonanza a conflitti lontani geograficamente mediante delle manifestazioni di solidarietà a parole e nei fatti. Andiamo a sostenere fisicamente lotte, occupazioni lontane da casa. Troviamo dei passaggi per coloro che devono circolare al di fuori dai radar. Approntiamo ospitalità per coloro che devono partire senza poter tornare. Inviamo soldi e materiali là dove desideriamo appoggiare le forze. Battiamoci contro le frontiere e per gli.le indesiderabili che le attraversano. Usciamo dalle nostre cerchie per scoprire altre interazioni fruttuose qui o altrove, senza transigere sui nostri fini e i nostri mezzi. Immaginiamo e tentiamo ancora, finché il battito dell’internazionalismo farà vibrare i nostri corpi. Andiamo figli senza patria[7]! (anche se non ci dovessero essere giorni di “gloria”) 1. Questo magnate possiede, oltre a Tesla, X (precedentemente Twitter), Space X (di cui il programma Starlink) e investe enormi quantità di denaro nella riproduzione artificiale eugenetica con l’obiettivo di promuovere la razza bianca dei/delle ricchi/e della Silicon Valley. 2. Vedi https://sansnom.noblogs.org/archives/20942 e https://sansnom.noblogs.org/archives/18854. 3. Il 18 aprile, il giornale “Libération” pubblicava un articolo sui recenti licenziamenti di massa e inauditi, almeno secondo i sindacati, di 14.000 operai.e presso Tesla. La fine dell’articolo confermava la mia tesi di un fato internazionalista decisamente astioso nei confronti della ditta. Questa subirebbe una crisi a causa degli effetti congiunti di tre fattori: atto di pirateria Huti di un cargo di pezzi automobilistici nel mar Rosso, blocco dell’approvvigionamento di materiale da parte di un sindacato svedese, attacco alla Gigafactory di Berlino. 4. Anatole Deibler, sulla scia del padre, assume la carica di boia capo, che occupa per 40 anni! Questo celebre carnefice ha ucciso con le sue mani 299 persone tra il 1899 e il 1939. 5. Non dimentichiamo anche che Piotr Kropotkine sostenne, con altri 15 “compagni”, la Triplice intesa durante la prima guerra mondiale. 6. Questa frase contorta mi permette di rendermi conto che organizzarsi in maniera internazionale non significa necessariamente essere internazionalisti, così come agire localmente non impedisce di essere internazionalisti. È quindi più una questione di tipo di attività e di prospettive, anche se l’internazionalismo si basa, come minimo, su di un’apertura geografica sul piano delle idee. 7. Détournement dell’inno francese (Allons enfants de la Patrie, “Andiamo figli della Patria”) [N.d.T.]  
Approfondimenti
Sullo sciopero della fame di Maja (appena terminato)
Rammaricandoci di non aver seguito per tempo questa vicenda, apprendiamo che Maja (una delle persone coinvolte nella vicenda degli “antifascisti di Budapest”) ha terminato lo sciopero della fame. Di seguito le righe di chi ci ha inviato la traduzione di questi comunicati, utili a contestualizzare la vicenda, quindi il comunicato di Maja sul suo sciopero e quello sulla sospensione dello sciopero stesso. Solidarietà a Maja! “Questa dichiarazione è stata pubblicata il 19 giugno su https://de.indymedia.org/node/516278 ma era stata scritta evidentemente il 4 giugno, il giorno prima che Maja entrasse in sciopero della fame. Al momento Maja si trova in un ospedale carcerario a 2 chilometri e mezzo da Budapest e sta iniziando a stare molto male. Hanno detto a Maja che per curarl* dovrebbe andare in un ospedale civile, ma in quel caso verrebbe legat* al letto 24 ore su 24 e Maja si è rifiutat*. ! Dichiarazione di Maja in sciopero della fame Mi chiamo Maja. Quasi un anno fa sono stat* estradat* illegalmente in Ungheria. Da allora, sono trattenut* qui in un isolamento disumano e prolungato. Ieri, 4 giugno 2025, si sarebbe dovuta prendere una decisione sulla mia richiesta di trasferimento agli arresti domiciliari. Questa decisione è stata rinviata. Le precedenti richieste di trasferimento agli arresti domiciliari sono state respinte. Non sono più dispost* a sopportare questa situazione intollerabile e ad attendere le decisioni di una magistratura che ha sistematicamente violato i miei diritti negli ultimi mesi. Pertanto, oggi, 5 giugno 2025, inizio uno sciopero della fame. Chiedo di essere estradat* di nuovo in Germania, che mi sia consentito di tornare dalla mia famiglia e di partecipare ai procedimenti in Ungheria da casa. Non posso più tollerare le condizioni di detenzione in Ungheria. La mia cella è stata videosorvegliata 24 ore su 24 per oltre tre mesi. Per oltre sette mesi, ho dovuto indossare le manette sempre fuori dalla mia cella, e a volte anche dentro, mentre facevo la spesa, facevo chiamate Skype o durante le visite. Gli agenti effettuano ispezioni visive della mia cella ogni ora, anche di notte, e lasciano sempre le luci accese. Devo sottopormi a perquisizioni intime, durante le quali devo spogliarmi completamente. Le visite si svolgevano in stanze separate, dove er* separat* dai miei familiari, avvocati e rappresentanti ufficiali da un tramezzo. Durante le ispezioni, gli agenti lasciavano la mia cella nel caos più totale. Le condizioni strutturali mi impediscono di vedere la luce del giorno a sufficienza. Il piccolo cortile è di cemento e coperto da una grata. La temperatura dell’acqua della doccia non può essere regolata. La mia cella è permanentemente infestata da cimici e scarafaggi. Non c’è un’adeguata fornitura di cibo fresco ed equilibrato. Sono anche in isolamento a lungo termine. Per quasi sei mesi non ho avuto contatti con altri detenuti. Ad oggi, vedo o sento altre persone per meno di un’ora al giorno. Questa privazione permanente del contatto umano è intesa a causare deliberatamente danni psicologici e fisici. Ecco perché le Regole Penitenziarie Europee del Consiglio d’Europa stabiliscono “almeno due ore di contatto umano significativo al giorno”. Ecco perché l'”isolamento prolungato”, ovvero l’isolamento di un detenuto per almeno 22 ore al giorno per più di 15 giorni, è considerato trattamento disumano o tortura ai sensi delle Regole Nelson Mandela delle Nazioni Unite. Qui in Ungheria, sono sepolt* viv* in una cella di prigione e questa custodia cautelare può durare fino a tre anni in Ungheria. Per questi motivi, non avrei mai dovuto essere estradat* in Ungheria. La Corte d’Appello di Berlino e la commissione speciale “Linx” dell’Ufficio di Polizia Criminale dello Stato della Sassonia hanno pianificato e perseguito l’estradizione, aggirando deliberatamente i miei avvocati e la Corte Costituzionale Federale. Il 28 giugno 2024, poche ore dopo la mia estradizione lampo, la Corte Costituzionale Federale ha stabilito che non potevo essere estradat* per il momento. Il 6 febbraio 2025, la Corte Suprema ha stabilito che la mia estradizione era illegale. Da allora, nessuno dei responsabili è stato ritenuto responsabile. Finora non ho ricevuto alcun risarcimento. Con il mio sciopero della fame, desidero anche richiamare l’attenzione sul fatto che nessuna persona dovrebbe essere estradata in Ungheria. Zaid di Norimberga, che è seriamente minacciato di estradizione in Ungheria, ha attualmente bisogno di questa attenzione. Dichiaro la mia solidarietà a tutti gli antifascisti processati nel processo di Budapest. Maja termina lo sciopero della fame Oggi, 14 luglio 2025, Maja ha terminato il suo sciopero della fame dopo 40 giorni. Maja è gravemente indebolit*. La sua frequenza cardiaca è scesa a 30 a tratti. Si sono considerati possibili svenimenti e persino arresti cardiaci, e si temevano danni irreversibili agli organi. Fino all’ultimo, le autorità ungheresi hanno ignorato la richiesta di Maja di tornare a casa. Anche il trasferimento agli arresti domiciliari è stato respinto. Persino nell’ospedale del carcere, Maja è rimast* in completo isolamento 24 ore su 24. Il padre di Maja, Wolfram Jarosch, afferma: “La Corte Costituzionale Federale ha stabilito che l’estradizione viola il diritto fondamentale sancito dall’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (divieto di tortura). Questa violazione dei diritti fondamentali dura da oltre un anno. Da allora, mi* figli* è stata torturat* psicologicamente attraverso l’isolamento. In Ungheria non esiste un giusto processo, ma piuttosto una sorta di processo farsa. Francia e Italia non hanno estradato verso l’Ungheria. Georgia Meloni si è personalmente spesa per Ilaria Salis in un caso simile. Il signor Wadephul afferma di voler finalmente difendere anche Maja. Ora attendiamo i risultati. Lo stato di diritto deve essere ripristinato; Maja deve tornare in Germania!” Dopo quasi sei settimane di digiuno, Maja deve ricominciare a mangiare lentamente e con attenzione per evitare i sintomi potenzialmente letali della sindrome da rialimentazione. Come Comitato di Solidarietà, famiglia di Maja e sostenitori, siamo orgogliosi di Maja. Con incredibile forza, spirito combattivo e determinazione, nonostante fosse tenut* in isolamento in un paese straniero, Maja ha perseverato e attirato l’attenzione sia a livello nazionale che europeo. La lotta per la giustizia continuerà. Non abbandoneremo Maja e non ci fermeremo finché non sarà di nuovo con noi. Maja e noi vorremmo esprimere la nostra sincera gratitudine a tutti coloro che ci hanno sostenuto – emotivamente e moralmente, politicamente e concretamente. Questa solidarietà in azione è ciò che ci dà forza. Comitato di solidarietà per lo sciopero della fame di Maja
Carcere
Stato di emergenza
Il Senato di Berlino pianifica la videosorveglianza degli spazi pubblici con analisi IA in tempo reale
Ringraziando chi l’ha fatta, riceviamo e diffondiamo questa traduzione da https://de.indymedia.org/node/520023   Se il Senato di Berlino avrà la meglio, la cosiddetta “Legge sulla Sicurezza e l’Ordine” (ASOG) verrà presto inasprita. Oltre alla videosorveglianza permanente degli spazi pubblici, sono previste ulteriori misure drastiche. Gli incontri finali tra CDU e SPD sono previsti per questo fine settimana, in modo che l’inasprimento dell’ASOG a Berlino possa essere deciso tempestivamente. A quanto pare, i piani sono promossi dal senatore degli Interni Spranger, esponente di destra della SPD. Videosorveglianza negli spazi pubblici Finora, alla polizia di Berlino era vietato monitorare costantemente gli spazi pubblici con telecamere. Ora la situazione è destinata a cambiare. La nuova ASOG (Associazione della Polizia di Berlino-Brandeburgo) consentirà l’installazione di telecamere fisse ad alta tecnologia – inizialmente nelle cosiddette “aree a forte criminalità” come Kotti, Görlitzer Park, Alexanderplatz o Leopoldplatz – per filmare chiunque 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Inoltre, le telecamere saranno collegate all’intelligenza artificiale, che rileverà in tempo reale i cosiddetti “comportamenti devianti” e li segnalerà alle autorità di polizia competenti. Non è noto se e per quanto tempo i dati saranno archiviati. I luoghi di Berlino che in futuro saranno soggetti a videosorveglianza 24 ore su 24 includono non solo incroci importanti come Kottbusser Tor e Alexanderplatz, frequentati ogni giorno da decine di migliaia di persone, ma anche aree ricreative e ricreative come Görlitzer Park, dove, secondo la volontà del Senato, potremo prendere il sole, leggere un libro o rilassarci con gli amici sotto l’occhio indiscreto delle telecamere. Luoghi come Kotti, Alex, Leo o Görli sono anche importanti sedi di organizzazione politica e proteste. Già oggi, ad esempio, manifestazioni o raduni politici non possono essere semplicemente ripresi dalla polizia. Come si evolverà la situazione in futuro con le proteste politiche in luoghi videosorvegliati in modo permanente non è del tutto chiaro. Secondo il Senato, finora non è previsto alcun riconoscimento facciale. Tuttavia, possiamo supporre che, con le moderne telecamere ad alta tecnologia e l’intelligenza artificiale appropriata a supporto, un sistema del genere sarebbe facilmente implementabile e probabilmente lo sarà nel prossimo futuro. Non a caso le autorità repressive hanno già sperimentato ampiamente il riconoscimento facciale automatico negli spazi pubblici, ad esempio alla stazione di Südkreuz. L’intera vicenda è, ovviamente, un classico progetto da Grande Fratello. Mentre la disuguaglianza sociale, la povertà e la mancanza di una casa aumentano e sempre più persone sono costrette a vivere in condizioni estremamente precarie, lo Stato sta intensificando il controllo e la sorveglianza su larga scala. Ulteriori insidie nel previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la Sicurezza Pubblica e la Sicurezza) Oltre alla videosorveglianza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, degli spazi pubblici, il previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la Sicurezza Pubblica e la Sicurezza) contiene ulteriori insidie: – La cosiddetta sorveglianza delle comunicazioni alla fonte, ovvero l’infezione da parte dello Stato, ad esempio, dei telefoni cellulari tramite spyware, diventerà uno strumento abituale delle forze dell’ordine – Il periodo di archiviazione per la videosorveglianza sui mezzi pubblici verrà raddoppiato da 48 a 96 ore Nel complesso, il previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la Salute Pubblica e i Servizi Sociali) è una classica restrizione delle libertà individuali e collettive da parte di uno Stato sempre più autoritario, incarnato qui dal reazionario Senato di Berlino. Lo troviamo disgustoso, ovviamente. Vogliamo ancora, e ora più che mai, giustizia sociale invece della sorveglianza, riduzione della povertà invece di esclusione e controllo, alloggio, assistenza sanitaria e una vita dignitosa per tutti!
Stato di emergenza
Carrara, 25 e 29 luglio: Iniziative per i 50 anni del Circolo culturale anarchico “Gogliardo Fiaschi”
Riceviamo e diffondiamo: Scarica la locandina in pdf: 50 anni del circolo culturale anarchico   50 anni del Circolo Culturale Anarchico “Gogliardo Fiaschi” di Carrara (1975–2025) 50 ANNI DEL CIRCOLO CULTURALE ANARCHICO “GOGLIARDO FIASCHI” (1975 – 2025) Venerdì 25 luglio presso “La Pala”, in via Emilia 32, località Castelpoggio (Carrara). Ore 18:00 – Presentazione della ristampa del libro Fòc al fòc! Goliardo Fiaschi: una vita per l’anarchia, edito dal Circolo Culturale Anarchico. Ore 20:00 – Cena. Ore 21:30 – Concerto dei Tower Harratz (RevengePunk da Bristol, UK). Martedì 29 luglio al Circolo Culturale Anarchico “Gogliardo Fiaschi”, in via Ulivi 8/B, Carrara. Ore 18:00 – Aperitivo a sostegno delle attività del circolo. In occasione dei cinquant’anni di apertura, brindiamo al regicidio di Umberto I da parte di Gaetano Bresci (29 luglio 1900). Per contatti scriveteci al nuovo indirizzo e-mail del Circolo Culturale Anarchico: circolofiaschi@canaglie.org
Iniziative
Solidarietà ad Anan, Alì, Mansour
Riceviamo e diffondiamo, in pdf scaricabile, la prima versione di questo opuscoletto “da battaglia”, realizzato in occasione delle udienze dello scorso giugno del processo ad Anan, Alì e Mansour e che sarà via via aggiornato (anche in vista di un’edizione a stampa): opuscolo anan
Materiali
Breve aggiornamento sul processo ad Anan, Alì e Mansour
Riceviamo e diffondiamo: Mercoledì 6 luglio si è tenuta la più recente udienza del processo ai tre palestinesi. Si è trattato di un udienza burrascosa, che ha visto lo scontro tra accusa e difesa. La PM ha tentato di screditare il teste della difesa – un docente di lingua araba dell’università Ca’ Foscari di Venezia – mentre la difesa ha richiesto alla corte di rigettare l’acquisizione di nuovi documenti presentati dall’accusa all’ultimo minuto. In questa udienza l’accusa ha rinunciato all’audizione di un testimone che avrebbe dovuto relazionare in merito a documenti redatti dai servizi segreti. Le prossime udienze si terranno il 19 ed il 26 settembre. Nella prima data data si dibatterà in merito all’ammissione dei nuovi documenti presentati dall’accusa, tra cui una rogatoria internazionale verso gli Stati Uniti e riguardante membri della resistenza palestinese e inoltre si concluderà l’istruttoria. Nella seconda data dovrebbero tenersi le arringhe dei difensori e le dichiarazioni spontanee degli accusati. Complici e solidali
Stato di emergenza
Udine, 18 luglio: “Altro che eccellenza…” Iniziativa contro la fabbrica di morte di Leonardo a Ronchi dei Legionari (in preparazione di una manifestazione per il 13 settembre)
Riceviamo e diffondiamo: Venerdì 18 luglio h 20.30 Spazio autogestito via de Rubeis 43 UDINE presentazione dell’opuscolo Altro che eccellenza… a proposito della fabbrica di droni armati di Ronchi dei Legionari (Gorizia) Leonardo, colosso italiano della difesa, ha recentemente stretto un accordo per una joint-venture con l’equivalente turca Baykar per produrre, nell’immediato, nello stabilimento di Ronchi, droni-caccia per la marina militare turca. A quest’ultimo colpo di scena si affiancano le tradizionali produzioni militari della famiglia Falco e Mirach. Questa fabbrica NON è un’eccellenza locale come ci viene spacciata, ma una realtà dove si progettano e realizzano dispositivi, macchine e algoritmi che servono a ucciderci uno con l’altro, che sanno di morte. Leonardo È stato italiano e per chi come noi crede che lo stato difende gli interessi di chi ci sfrutta, avvelena, affama, questa fabbrica deve essere fermata. Di fronte alle stragi immani che funestano l’umanità, moltiplichiamo i blocchi, gli scioperi, le occupazioni! Non restiamo complici di questi progetti di potere! Assemblea No Leonardo INIZIATIVA DI MOBILITAZIONE IN VISTA DELLA MANIFESTAZIONE DI SABATO 13 SETTEMBRE A RONCHI DEI LEGIONARI CONTRO LA LEONARDO
Iniziative
Rompere le righe
Possibile attacco imminente allo Yemen (e all’Iran)
Riceviamo da un nostro amico e compagno (che si informa sui media internazionali) e diffondiamo: Un’intensa attività di aerei militari statunitensi è stata registrata a Camp Thunder Cove, sull’isola di Diego Garcia nell’Oceano Indiano, il che, secondo alcune fonti, indica che le forze sono in stato di massima allerta. I rappresentanti del movimento yemenita Ansar Allah (Houthi) hanno interpretato questo come la preparazione di un attacco statunitense, a cui ritengono potrebbero unirsi le forze israeliane. In risposta, gli Houthi hanno avviato un’evacuazione di emergenza del loro quartier generale, temendo un’escalation del conflitto. Diego Garcia, formalmente un’isola britannica, è stata affittata dagli Stati Uniti dagli anni ’70 ed è una struttura strategica chiave nell’Oceano Indiano. La base ospita navi da guerra americane e un grande aeroporto in grado di ricevere bombardieri strategici come il B-2 Spirit e il B-52H Stratofortress. Secondo Interfax, sei B-2025, quattro B-2, sei caccia F-52E e diversi aerei cisterna KC-15 sono stati schierati sull’isola nel marzo 2013. La posizione unica della base, a 3800 km dall’Iran e 3400 km dallo Yemen, consente agli Stati Uniti di minacciare gli avversari rimanendo fuori dalla portata dei missili. Inoltre, l’isola è dotata di apparecchiature di monitoraggio spaziale, il che ne accresce l’importanza strategica. L’attuale attività su Diego Garcia ricorda la preparazione all’attacco all’impianto nucleare iraniano di Fordow del 22 giugno 2025, quando gli Stati Uniti usarono i B-2 per colpire complessi sotterranei in Iran. Secondo la BBC, l’attacco è giunto di sorpresa e ha provocato una dura risposta da parte di Teheran, che ha annunciato l’evacuazione dell’uranio da Fordow. In risposta, gli Houthi, sostenuti dall’Iran, hanno rotto il cessate il fuoco con gli Stati Uniti, riprendendo gli attacchi alle navi mercantili nel Mar Rosso. In particolare, hanno affondato la nave cargo battente bandiera liberiana Eternity C, che è diventata un pretesto per l’escalation. Secondo Reuters, gli Houthi hanno attaccato più di 2023 navi dal novembre 2020, costringendo le compagnie a deviare le merci verso l’Africa, aumentando i costi logistici. Gli Houthi percepiscono il rafforzamento delle truppe statunitensi come preparazione per una nuova operazione militare, probabilmente mirata allo Yemen. *Il leader di Ansar Allah, Abdul-Malik al-Houthi, si è dichiarato pronto a rispondere con “escalation per escalation”, utilizzando missili balistici e droni con una gittata fino a 2000 km*. Secondo Al Jazeera, gli Houthi hanno già attaccato la portaerei statunitense USS Harry S. Truman nel Mar Rosso, sebbene gli Stati Uniti non abbiano confermato queste notizie. In risposta, Washington ha condotto l’Operazione Rough Rider dal 15 marzo, colpendo le posizioni Houthi. Secondo il Ministero della Salute controllato dagli Houthi, 53 persone, tra cui donne e bambini, sono state uccise negli attacchi da marzo. Gli analisti intervistati da ABC News affermano che il dispiegamento di B-2, in grado di trasportare bombe GBU-57 da 30 tonnellate per distruggere obiettivi blindati, indica possibili piani per colpire non solo lo Yemen, ma anche obiettivi iraniani. Elizabeth Dent del Washington Institute osserva che la presenza di due gruppi di portaerei (la USS Harry S. Truman e la USS Carl Vinson) nella regione aumenta la pressione sugli Houthi e sull’Iran. Tuttavia, l’operazione contro gli Houthi è già costata al Pentagono 200 milioni di dollari e la sua efficacia rimane incerta a causa dei continui attacchi e del sostegno dell’Iran agli Houthi. Leggi qui: https://avia-pro.net/news/ssha-i-izrail-gotovyatsya-k-masshtabnoy-bombardirovke-husitov-v-yemene https://avia-pro.net/news/ssha-i-izrail-gotovyatsya-k-masshtabnoy-bombardirovke-husitov-v-yemene
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Napoli: cariche, ferimenti e arresti contro i disoccupati organizzati
Rilanciamo da https://pungolorosso.com/2025/07/10/napoli-arresti-e-feriti-la-rabbia-dei-disoccupati-contro-il-click-day-truffa-del-comune/ Solidarietà! Napoli: arresti e feriti. La rabbia dei disoccupati contro il click-day truffa del Comune Abbiamo ancora notizie provvisorie, ma le mettiamo immediatamente in rete in solidarietà con il movimento dei disoccupati organizzati di Napoli, 7 Novembre e Cantiere 167 Scampia. Ciò che è accaduto e sta accadendo è gravissimo. Oggi doveva essere, per accordi presi, il click-day in cui partiva il passaggio finale per l’avviamento al lavoro di molte centinaia di disoccupati e disoccupate che per anni e anni si sono battuti con grande tenacia e dignità, e ancor più grandi sacrifici, per conquistare un posto di lavoro senza sottostare al padrinaggio di varie camorre, politiche e comuni. Ebbene il click-day si è rivelato una truffa perché il sistema era in crash. Questa la scusa ufficiale. Dietro questa scusa, però, c’è un chiaro disegno politico delle istituzioni, con in prima fila i fascisti di Fratelli d’Italia, che hanno fatto di tutto per far fallire questo progetto: prima tentando di inquinare le acque con la repressione, poi violando gli impegni presi e azzerando i criteri di gestione del bando, ignorando le competenze acquisite in questi anni dalle platee 7 novembre e 167 Scampia, le quali erano state appositamente formate attraverso tirocini e stage presso cooperative qualificate. Lo schiavismo è la religione delle istituzioni. Se sei disoccupato, se sei una disoccupata, devi bussare, pregare, inchinarti, strisciare alle porte di “chi può”, giurare fedeltà, altrimenti non hai alcun diritto a dare da mangiare ai tuoi. Senonché l’esperienza di questi anni ha dimostrato che con l’organizzazione e la lotta i disoccupati napoletani sono stati capaci di far valere le proprie necessità, di saper percorrere una via alternativa a quella della umiliazione e della sottomissione, respingendo sia le minacce che le lusinghe individuali. E’ evidente, quindi, che ci troviamo di fronte ad un attacco politico diretto non solo alla massa dei disoccupati e delle disoccupate, ma alla sua direzione sindacale e politica, “rea” di avere rifiutato sempre ogni forma di consociativismo e di avere sempre marcato la propria totale autonomia da clientele e carrozzoni elettorali-istituzionali. Inevitabile, perciò, che stamattina reagissero con rabbia a questo autentico agguato dei poteri costituiti, centrali e locali. Una rabbia sacrosanta a cui gli apparati istituzionali stanno rispondendo con la repressione violenta. Ad ora sappiamo che la compagna Mimì Ercolano, una delle portavoce del movimento, è stata arrestata, e che Giuseppe D’Alesio, coordinatore provinciale del SI Cobas, è stato ferito e sta raggiungendo l’ospedale. Aggiorneremo le notizie, man mano che ci arrivano, ma è evidente che deve partire subito la più ampia solidarietà, nazionale e internazionale, verso questo coraggioso, tenacissimo movimento di lotta, che in questi anni ha dato la solidarietà concreta a tutte le lotte e a tutti i repressi, per imporre un passo indietro alle istituzioni, la liberazione degli arrestati e il pieno rispetto degli impegni assunti. Non si tratta solo dei disoccupati napoletani del Movimento 7 novembre e del Cantiere 167 Scampia! E’ un test sociale e politico: il governo della guerra e del decreto “sicurezza” vuole inaugurare sulla pelle dei disoccupati in lotta la sua guerra interna all’intera classe lavoratrice. Impediamogli di raggiungere questo obiettivo! Facciamo sentire dappertutto la nostra rabbia e la nostra solidarietà: chi tocca uno, tocca tutti!
Stato di emergenza