Riceviamo e diffondiamo:
Lo spazio ultraterrestre è fondamentale nella guerra tra le forze che si
contendono il controllo del mondo. Lo spazio ha un ruolo centrale nella
carneficina in corso in Ucraina, nello sterminio a Gaza e in Cisgiordania, nella
guerra contro le persone migranti, nella sorveglianza delle città.
ARGOTEC partecipa a questa guerra.
ARGOTEC è una piccola azienda “eccellenza” torinese fondata nel 2008 dall’ex
parà della folgore David Avino, un’eccellenza che guadagna grazie alla morte,
come tutte le aziende che sulla guerra si arricchiscono.
ARGOTEC produce microsatelliti e sistemi d’Intelligenza Artificiale per
programmi Nasa ed europei, per esempio la costellazione di satelliti “IRIDE”
dello stato italiano finanziata con i fondi del PNNR, voluta prima dal governo
Draghi e poi da quello Meloni. “IRIDE” serve ad avere dati sempre più precisi
per la sorveglianza della terra e si avvale proprio dei microsatelliti ARGOTEC.
ARGOTEC vende i suoi prodotti ai padroni delle fabbriche, ai grossi industriali
nelle campagne, alle polizie che deportano le persone migranti, alla protezione
civile per il governo delle “emergenze”, agli eserciti.
ARGOTEC ha contratti di collaborazione con il Ministero della Difesa, per
esempio con il progetto “SeQBO” del 2018 per sviluppare un “computer sicuro
basato sulla comunicazione quantistica” in supporto a missioni militari.
ARGOTEC ha sede in Barriera di Milano, ma nell’ottobre 2024 ha inaugurato grazie
a fondi pubblici la sua sede produttiva nelle ex Cartiere Burgo, in via burgo 8,
a San Mauro Torinese, nell’area industriale Pescarito. Questo posto si chiama
“SpacePark”, un gigantesco snodo per “l’innovazione” aerospaziale dove vengono
ospitate anche diverse startup, occupa migliaia di mq ed è alimentato da 400 km
di cavi.
ARGOTEC negli ultimi due anni ha raddoppiato i profitti con la benedizione del
“centrodestra”, il presidente della regione Cirio e del “centrosinistra”, i
sindaci di Torino e San Mauro torinese Lousso e Guazzora, tutti presenti a
tagliare il nastro dello Space Park.
nessuna pace per questa fabbrica di morte che si espande nella nostra città
per questo abbiamo deciso di scrivere sui muri “ARGOTEC – MERDA NEI TUOI
INGRANAGGI“
buttando un bel po’ di merda, la stessa che si produce lì dentro
incatenando i cancelli della sede dirigenziale dell’azienda, in via Cervino 52,
a Torino
che tutti sappiano dove trovarvi
con Gaza con i disertori con le persone migranti nel cuore
siamo e saremo sabbia nei vostri ingranaggi di morte
azione diretta contro la guerra.
Tag - Rompere le righe
Riceviamo e diffondiamo:
SOLIDARIETÀ PER ANAN YAEESH
Anan Yaeesh è un palestinese combattente della Seconda Intifada, prigioniero dal
gennaio 2024 dello Stato italiano. Si trova sotto processo per terrorismo
internazionale insieme ad Alì Irar e Mansour Doghmosh. Il procedimento è
promosso dalla DNAA, Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, un
organismo repressivo-carcerario messo in piedi all’inizio degli anni 90 e
continuamente perfezionato negli anni seguenti, che funziona non per particolari
capacità istruttorie, ma attraverso la figura del “collaboratore di giustizia”.
Nel caso di Anan (che, dopo aver trascorso un anno e mezzo nella sezione ad alta
sorveglianza del carcere di Terni, è stato trasferito a centinaia di km, a Melfi
-PZ-), pretenderebbe da parte sua un pentimento e un’abiura della sua identità
di partigiano.
Nel contesto di guerra, lo Stato ha la necessità di un consenso totale della
società, colpendo le componenti che non si piegano attraverso vari strumenti
repressivi, uno dei quali è l’Antimafia.
Ora che la mobilitazione per la Resistenza palestinese è diventata un fenomeno
di massa le udienze contro Anan, Alì e Mansour sono state rallentate per tentare
di smorzare la potenza della nostra protesta.
MANTENIAMO VIVA LA NOSTRA SOLIDARIETÀ VERSO ANAN! FACCIAMO SENTIRE IL PESO DELLA
NOSTRA PROTESTA, MANIFESTANDO DAVANTI AL TRIBUNALE DI TRIESTE, SEDE DELLA
DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA, IL 30 OTTOBRE 2025 DALLE ORE 10!
ASSEMBLEA NO LEONARDO
Riceviamo e diffondiamo:
Qui in pdf: prepariamoci-impaginato
Riceviamo e diffondiamo:
“La NATO si riarma, la guerra si avvicina: resistere, resistere come in
Palestina”. È uno degli slogan gridati nelle piazze che meglio sintetizza, in
poche parole, il quadro generale dei vari fronti di guerra, compreso quello
interno. Il “fronte ucraino” è lungi dal venire risolto come da promessa
elettorale, ma appare in continua escalation fra provocazioni, nuove forniture
di missili a lungo raggio ed esercitazioni militari in Europa orientale sempre
più “realistiche”. Il governo genocida dell’entità sionista, col contributo
nordamericano e la benedizione di tutti i blocchi capitalistici – dalla Russia
al G7 passando per i regimi arabi – pone alla resistenza palestinese il suo più
feroce ultimatum: la resa, il disarmo e il ritorno al protettorato coloniale
(anche con accenti surreali, come l’incoronazione di Tony Blair come viceré di
Gaza), oppure lo sterminio. Nel fronte interno la borghesia cala l’elmetto e lo
Stato si presenta sempre più letteralmente come suo braccio armato: dopo il
decreto sicurezza (ex ddl 1660), arriva la proposta di Salvini di equiparare
penalmente l’antisionismo all’antisemitismo, si minacciano nuove leggi
anti-scioperi e anti-manifestazioni, continua lo stillicidio di operazioni
repressive. È il programma politico-militare di una società in mobilitazione
bellica permanente che serra i ranghi e non può più tollerare alcuna forma di
dissenso.
In questo quadro, sembra risvegliarsi qualcosa nella coscienza della nostra
classe. Gli scioperi di settembre e ottobre in Italia, i blocchi dei porti e
delle infrastrutture logistiche, il montare della diserzione nel fronte
russo-ucraino (solo in Ucraina si è raggiunta la cifra di 17mila nuovi processi
per diserzione ogni mese!), la resistenza armata del popolo palestinese, che non
ha amici tra le grandi potenze e che riesce ad opporsi a una delle più terribili
e avanzate macchine belliche presenti sulla Terra, sono fenomeni diversi, ma che
indicano come la variante umana e di classe è ancora determinante.
Dal nostro lato dei molteplici fronti, lottiamo per la disfatta del nostro
campo: per la sconfitta della NATO, per la distruzione del sionismo.
Trasformiamo la guerra dei padroni in guerra contro i padroni!
VITERBO 9 NOVEMBRE 2025
Ore 10,30 – Assemblea pubblica di “Sabotiamo la guerra”. Bilancio di lotta di
metà autunno e discussione sul connubio guerra-repressione.
Dal pomeriggio – discutiamo la proposta di costruire una manifestazione contro
la guerra, repressione e il 41-bis come carcere di guerra, in occasione del
possibile rinnovo di questo regime di tortura ad Alfredo Cospito.
presso Officina Dinamo
via del suffragio 18 Viterbo
Riceviamo e diffondiamo:  vogliamo essere dalla parte giusta della storia__
Riceviamo e diffondiamo:
La corsa agli armamenti è iniziata. Né con le loro guerre, né con la loro
pace!Contro la fabbrica di munizioni Rheinmetall nel quartiere Wedding di
Berlino
La corsa agli armamenti è iniziata…
Ancora una volta, è la paura di uno scenario di minaccia militare a togliere il
sonno ai politici. Si pongono domande come: è moralmente accettabile che la
Germania torni a essere in grado di combattere una guerra? Solo dieci anni fa,
una domanda del genere sarebbe stata liquidata come una fantasia, ma ora la
risposta è chiara: sì, la Germania deve diventare il più rapidamente possibile
pronta a combattere. Ogni nazione che voglia definirsi tale ha bisogno di un
esercito che la difenda, che attacchi e per cui i suoi figli siano disposti a
sacrificare la vita in nome del Paese e dei suoi valori. Nel fango delle
trincee, bombardati da droni telecomandati.
Ma lo Stato moderno non è forse perennemente in guerra? O meglio, in tempo di
pace non sta forse già preparandosi alla prossima guerra? In che misura il
periodo di approntamento può ancora essere considerato un periodo di pace? È qui
che il concetto di Stato, anche quello socialdemocratico, si rivela per quello
che è: uno spietato stratega, pronto a calpestare letteralmente i cadaveri,
compresi quelli delle proprie pecorelle, pur di garantire il benessere alla
maggioranza dei propri cittadini. La guerra è un aspetto intrinseco al sistema
di tutti gli Stati. La pace è il periodo che precede il prossimo conflitto
mortale, una breve pausa per riprendere fiato. Mentre il benessere pacifica i
cittadini obbedienti, ogni giorno, in tutto il mondo, innumerevoli persone
muoiono a causa delle conseguenze del sistema capitalista: emarginazione,
sfruttamento e persecuzione. Mentre per una ristretta cerchia regna una presunta
“pace”, altri subiscono le conseguenze di una costante offensiva sociale.
Un’aggressione verticale, dall’alto verso il basso. Viviamo ancora in una pace
“formale”, ma tutti i segnali indicano che presto sarà solo un ricordo. In un
batter d’occhio è stato reintrodotto il servizio militare e la coscrizione
obbligatoria è oggetto di accesi dibattiti da parte della stampa. In
televisione, viene mostrato sempre più spesso e in modo sempre più dettagliato
come potrebbe svolgersi un conflitto militare concreto. Ora anche una parte
considerevole dell’economia viene militarizzata. L’astrattezza sta lentamente,
ma inesorabilmente, diventando realtà. E questa nuova realtà bellica ci
riguarderà tutti. Come dovremmo affrontarla?
Non possiamo chiedere ai governanti di «smettere». Non abbiamo alcuna intenzione
di negoziare con loro. Non abbiamo alcun interesse a cercare di attirare la loro
attenzione o avanzare altre richieste. In fin dei conti, è nel loro interesse
socioeconomico e nella loro volontà promuovere questo cambiamento epocale. Che
ci crepino, allora!
Economia di guerra e guerra economica
Lo Stato tedesco è in crisi. Una crisi economica, politica e di identità. Per
uscire da questa crisi, è necessario il sangue e il sudore di coloro che
certamente non possiedono un attico nel centro della città, ma che devono
lavorare duramente per potersi permettere un misero buco in periferia; di coloro
che un lavoro nemmeno ce l’hanno, perché troppo indesiderabili secondo i criteri
della società borghese; di coloro che fuggono dalle bombe che lo stesso Stato
tedesco, insieme a tutti i suoi complici guerrafondai, produce e sgancia su
quelle zone del mondo che da sempre sono considerate la fogna della prosperità
borghese occidentale. E ora ci dicono che queste bombe sarebbero la soluzione
per uscire dalla recessione! Che dobbiamo accettare e applaudire la guerra,
perché si presume che crei posti di lavoro! Che tra 20, 30 o 40 anni, questi
proiettili d’artiglieria, che oggi da qualche parte stanno massacrando uomini,
donne e bambini, pagheranno le nostre pensioni e ci regaleranno una vecchiaia
confortevole in qualche località esotica, in un mega camper, magari proprio lì
dove, tempo addietro, quelle stesse bombe hanno sterminato chi sapeva bene che
la vecchiaia non l’avrebbe mai raggiunta.
Proiettili da 45 chilogrammi made in Wedding
Nel quartiere di Wedding, dove un tempo un impianto di componentistica
automobilistica produceva parti per auto, a partire dal luglio 2026 dovrebbe
iniziare la produzione di componenti per munizioni di artiglieria da 155 mm.
L’ex Pierburg GmbH è stata recentemente rinominata Rheinmetall Waffen Munition
GmbH. Un nome, un programma.
Non sarà né la prima né l’ultima azienda a intraprendere questa strada. È degno
di nota il fatto che queste aziende non vengano relegate silenziosamente in
parchi industriali isolati, ma che un’industria bellica venga insediata nel
cuore di Humboldthain. Ciò evidenzia la portata dell’agenda politica volta a
rendere la militarizzazione della società una condizione ordinaria.
Noi, che vogliamo una libertà autodeterminata, neghiamo lo Stato, i suoi
progetti, le sue guerre e la sua pace. Tutto ciò che costituisce uno Stato ha
portato finora solo a un risultato: guerra e sofferenza. La nostra pace e la
nostra libertà saranno possibili solo quando il capitalismo, lo Stato, le sue
leggi, la sua giustizia e il suo ordine saranno ridotti in cenere e macerie.
Finché tutto questo continuerà a esistere, a noi non resta altro che trasformare
la guerra dei padroni in una guerra contro i padroni.
Non prenderemo parte ad alcuna guerra tra Stati o blocchi imperialisti.
Non riconosceremo mai alcun esercito nazionale. Saremo sempre dalla parte di
coloro che disertano il fronte. Dalla parte di coloro che rivolgono le armi
contro i propri superiori, non contro gli sfruttati che indossano un’uniforme di
diverso colore. La nostra unica guerra è la guerra sociale contro l’oppressione
e il dominio, a cominciare dagli oppressori e dai padroni di “casa nostra”,
contro ogni Stato, a cominciare da quello in cui ci troviamo.
Essere contro lo Stato significa inevitabilmente confrontarsi con il potere e la
sua repressione.
Pertanto, la nostra proposta per contrastare la militarizzazione della società e
lo sviluppo bellico è: disobbedienza, sabotaggio, diserzione e
auto-organizzazione.
Invitiamo tutti a partecipare alla manifestazione contro la fabbrica di
munizioni Rheinmetall che si terrà il 12 ottobre alle ore 14:00 a
Nettelbeckplatz.
Né con le loro guerre, né con la loro pace!
 
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Riprendiamo e diffondiamo la traduzione in italiano pubblicata in
https://lanemesi.noblogs.org/post/2025/10/09/sabotare-il-bellicismo-e-il-riarmo-costi-quel-che-costi-rivendicazione-dellattacco-contro-la-linea-ferroviaria-per-il-trasporto-merci-dirette-al-porto-amburgo-germania-8-agosto-2025/
[Pubblicato in tedesco in https://de.indymedia.org/node/530478]
Sabotare il bellicismo e il riarmo! Costi quel che costi
Nella notte tra il 7 e l’8 agosto 2025 abbiamo sabotato una linea ferroviaria
per il trasporto merci nel porto di Amburgo, a sud di Wilhelmsburg. Abbiamo
scelto questo tratto consapevolmente, perché non volevamo colpire i pendolari,
già abbastanza provati, ma l’industria degli armamenti e i guerrafondai.
Il porto di Amburgo è un importante centro di smistamento per le armi. Ogni
giorno, da qui vengono trasferite tonnellate di armi, munizioni, attrezzature
belliche e relativi componenti.
Molte di queste armi vengono prodotte proprio ad Amburgo. Diverse aziende locali
producono autonomamente prodotti destinati alla guerra o forniscono
esplicitamente singoli componenti ottici, elettronici o meccanici. Coloro che
traggono profitto dalle guerre riforniscono sia l’esercito tedesco che le forze
armate di altri Stati.
Nonostante gli impegni presi dalla Repubblica Federale Tedesca di abbandonare
l’energia nucleare, attraverso il porto di Amburgo transitano regolarmente anche
trasporti di materiale nucleare. In particolare, le navi delle compagnie di
navigazione MACS, OOCL e Hapag-Lloyd sono coinvolte in queste operazioni. Nel
2024 sono stati registrati 154 trasporti.
Attualmente, stiamo assistendo a un riarmo a livello europeo e a un’espansione
dell’industria degli armamenti. Anche la Repubblica Federale Tedesca si sta
preparando alla guerra su tutti i fronti. La mania bellica è dilagante.
A ciò si aggiunge l’esercitazione prevista per settembre ad Amburgo
dell’esercito tedesco. Già nel 2024, nel porto di Amburgo, si è svolta una
manovra denominata “Red Storm Alpha”, incentrata principalmente sulla sicurezza
delle strutture portuali. Oltre a 100 soldati, hanno partecipato anche
l’Autorità Portuale di Amburgo (HPA) e la HHLA.
Quest’anno, sullo sfondo di una fantomatica guerra di aggressione russa,
l’esercitazione verterà sul trasferimento di truppe e materiali dal porto
attraverso la città verso il confine della NATO, nei Paesi Baltici. Dal 25 al 29
settembre, nell’ambito della “Red Storm Bravo”, circa 500 soldati si
eserciteranno insieme alla polizia, ai vigili del fuoco, al THW, all’HPA,
all’HHLA, alle autorità, come l’Agenzia per il lavoro, e a imprese quali Airbus
e Blohm & Voss. Giorno e notte, in tutta la città.
Le esercitazioni riguarderanno anche le cure mediche di emergenza, l’evacuazione
dei feriti e la gestione dell’ordine pubblico.
Manovre di questo tipo servono anche a consolidare l’immagine dell’esercito in
città. La popolazione deve familiarizzare con questo aspetto, così come con il
coinvolgimento di molte aziende “civili”. Infatti, secondo il Comando Regionale,
la difesa e la resilienza sono responsabilità di tutta la società.
“Dobbiamo essere pronti alla guerra. Dobbiamo essere in grado di difenderci”.
Dobbiamo preparare l’esercito e la società a questo scopo”, ha affermato il
ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius in un discorso tenuto il 29
ottobre 2023. Entro il 2029 intende trasformare l’esercito tedesco in un
esercito “pronto alla guerra”. Questo sulla base della tesi che dal 2029 ci sarà
una minaccia di attacco da parte della Russia.
Nonostante gli esperti e lo stesso Pistorius confermino che non vi sono
indicazioni di un attacco russo a un partner della NATO, il continuo
martellamento mediatico su un attacco imminente alimenta i timori della
popolazione. Poiché “i russi sono alle porte” (Jens Spahn), l’attuale clima
bellicista può essere presentato come una misura difensiva necessaria e imporre
il silenzio alle voci critiche. La popolazione viene preparata.
Con il manuale “Grünbuch 4.0”, il gruppo di esperti “Zukunftsforum Öffentliche
Sicherheit e.V.” [Forum sul futuro della sicurezza pubblica] lancia un vero e
proprio appello alla guerra e sostiene apertamente l’introduzione di restrizioni
legali e misure manipolative nei confronti della popolazione civile.
Il disegno di legge necessario per attuare nel modo più rapido possibile la
preparazione alla guerra ed eliminare gli ostacoli esistenti è già pronto.
Questi includono sistemi di appalto semplificati, l’allentamento delle norme
ambientali e l’abolizione delle gare d’appalto per importi inferiori a 440.000
euro, nonché la rinuncia alla sicurezza sul lavoro e agli standard minimi
tariffari nel settore degli armamenti.
Sono previste anche misure di carattere civile, come l’istituzione della
Giornata dei Veterani, l’introduzione dell’educazione al servizio militare
obbligatorio nelle scuole e l’abolizione delle clausole civili.
Già nel 2022, l’allora cancelliere Olaf Scholz aveva chiesto una “preparazione
alla guerra” per il sistema sanitario. Il sistema sanitario tedesco, già colpito
da tagli e privatizzazioni, dovrebbe ora concentrarsi sul sostegno prioritario
alle forze armate. Secondo Pistorius, “con le prestazioni sociali e l’istruzione
non si può difendere questo Paese”.
Il 5% del prodotto interno lordo destinato alle spese militari, agli armamenti e
alla difesa (obiettivo da raggiungere entro il 2035 secondo la decisione della
NATO) non potrà essere coperto a lungo dal “patrimonio speciale” messo a
disposizione. Di conseguenza, saranno effettuati tagli in altri settori.
La pressione sul sistema sociale si è intensificata già da tempo. Sempre più
persone ne risentono. Organizzazioni come Human Rights Watch parlano già oggi di
un aumento significativo della povertà in Germania.
È giunto il momento di (ri)attivare un movimento antimilitarista.
La guerra inizia qui. Tagliamo la strada ai produttori di armi.
Sabotiamo il bellicismo e il riarmo! “Costi quel che costi”.
Mai pronti alla guerra! Né oggi, né nel 2029, mai più!
Riceviamo e diffondiamo:
Qui in formato volantino: DUE PAROLE SULLA SERATA DI LOTTA DEL 2 OTTOBRE A LECCO
DUE PAROLE SULLA SERATA DI LOTTA DEL 2 OTTOBRE A LECCO
Bloccare la produzione bellica è urgente e possibile!
Il corteo spontaneo di giovedì 2 ottobre ha dimostrato che la lotta al fianco
della resistenza palestinese può trasformarsi in una critica radicale del nostro
sistema economico di guerra e sfruttamento.
Infatti, dopo un primo ritrovo in Largo Montenero con l’obiettivo di bloccare la
normalità della vita lecchese, oltre mille persone hanno scelto di dirigersi
verso la Fiocchi Munizioni e i rioni di Belledo e Germanedo, veri avamposti
locali di guerra con la presenza di aziende quali Invernizzi Presse, Simecon,
3M, LDM Transport, Defremm.
La scelta di bloccare stazioni ferroviarie e strade avrebbe portato con sé una
volontà di denuncia, di lotta anche simbolica, bloccare tutto anche per far
riflettere tutte e tutti sulla necessità di interrompere la propria quotidianità
e “normalità”.
La scelta di muoversi compatti verso i poli della guerra, invece, è quel passo
in più, che esce dal simbolico per diventare obiettivo di lotta, che trasforma
una testimonianza in un attacco a chi le guerre le produce. Una giornata che ci
mostra la strada da percorrere se veramente vogliamo dire no alle guerre e ai
genocidi dei padroni.
A ridosso del cancello di ingresso della Fiocchi, protetto da una camionetta e
da agenti in tenuta antisommossa, ci si è fermati per un lungo presidio in
prossimità del cambio turno serale. Questo ha provocato l’annullamento da parte
dell’azienda del turno notturno. I e le dipendenti, intimoriti dalla presenza di
centinaia di persone, hanno posticipato l’uscita. Chi sceglie di contribuire
alla produzione di morte e di guerra deve riconoscere le proprie colpe e le
proprie responsabilità: noi saremo lì ogni volta che potremo a ricordarglielo.
Questo è il segno evidente che le proteste, se mantengono uno sguardo di lotta,
sono in grado di sortire effetti concreti, reali.
Il corteo, verso le 21:00, ha poi deciso di proseguire in direzione ospedale
dove si è ricongiunto al personale sanitario impegnato nel flash mob “Luci per
la Palestina”.
Quello che è accaduto ieri è stato un profondo movimento politico collettivo. Il
simbolo potente della direzione che deve prendere la lotta.
Dobbiamo continuare a fare fronte compatto.
Un fronte che condanna le oppressioni, le guerre e i genocidi e che, al
contrario, supporta la cura e la resistenza.
Perché non c’è pace sotto occupazione.
Non c’è pace senza autodeterminazione.
Non c’è pace senza libertà.
La resistenza palestinese infatti non punta solo alla sopravvivenza, combatte
per smantellare un sistema che opprime. Lo stesso sistema che, seppur in forme
diverse, si ripropone a livello mondiale.
Per questo ci riguarda.
Per questo chi lotta per la Palestina lo sta facendo pensando alla liberazione
di tutte e tutti.
La protesta perciò è una faccia dell’umanità.
Un’umanità che non accetta di essere complice.
Che non si piega.
Che non arretra.
Che non scende a compromessi con chi arma e finanzia il genocidio.
Che non si lascia intimidire.
Serve perciò una mobilitazione continua, un’attivazione perenne popolare dal
basso, che inizi a incrinare le strutture stesse del potere. E che lo faccia,
innanzitutto, partendo da qui.
Dobbiamo tenere al centro la Palestina, ma anche la nostra complicità, perché le
radici del genocidio affondano qui: nella nostra storia coloniale e nella nostra
economia.
L’Italia arma, finanzia e copre i crimini israeliani.
Da Lecco sono partiti quei proiettili che ritroviamo nei corpi dei palestinesi
in Cisgiordania.
Da Lecco sono partiti quei macchinari che producono proiettili per l’esercito
israeliano.
A sconcertarci, non può essere solo la violenza di Israele, ma anche la violenza
razzista, fascista, coloniale e suprematista che attraversa tutto l’”Occidente”
IL SIONISMO SI FERMA CON IL BOICOTTAGGIO.
IL GENOCIDIO SI FERMA CON LA RESISTENZA.
LA MACCHINA BELLICA SI FERMA CON LA RIVOLTA.
La città si è riunita in un unico boato di rabbia e in un grande abbraccio
collettivo d’amore.
Una piccola intifada è esplosa nel cuore della città: un grido di resistenza.
Lecco sa da che parte stare.
Palestina libera.
Dal fiume fino al mare.
Assemblea permanente contro le guerre (Lecco)
Coordinamento Stop Genocidio (Lecco)
Riceviamo e diffondiamo:
SUL PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ AD ANAN, ALÌ, MANSOUR E CONTRO LA TECH WEEK DI
TORINO
Il 25 settembre un gruppo di solidali si è ritrovato davanti alla sede della
D.I.A. di Torino (legata alla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo),
difesa da un apparato imbarazzante di forze dell’ordine, per ribadire la diretta
partecipazione dello Stato italiano – anche attraverso i suoi apparati
repressivi – al  progetto di sterminio sionista. Il processo contro Anan, Alì e
Mansour in corso al tribunale de L’Aquila non è solo un processo contro la
resistenza anticoloniale, ma è contro i palestinesi in quanto tali, che ovunque
si trovino devono essere attaccati e perseguiti in quanto minaccia per lo Stato
israeliano e di conseguenza per tutti gli apparati
scientifici-militari-industriali con esso integrati, tra cui quello italiano. A
L’Aquila si difendono interessi congiunti di tipo commerciale, militare,
tecnologico e scientifico, svelando l’assoluta continuità tra fronte esterno e
fronte interno.
Questa continuità è dimostrata anche da grandi eventi quali la Tech Week, che si
terrà a Torino dal 1 ottobre, infame celebrazione delle nuove tecnologie utili
al controllo e allo sterminio, con ospiti del calibro di Jeff Bezos e John
Elkann. Il titolo scelto per quest’anno è “The Wave Ahead”, un’immagine che
evoca una spinta inarrestabile: l’onda dell’innovazione tecnologica che
vorrebbero appunto ineluttabile. Che il piano di riarmo europeo sia un progetto
di riconversione verso il militare e verso l’automazione dell’industria
automobilistica in crisi non deve stupire, conoscendo l’ignobile storia della
FIAT. Come non stupisce che Amazon fornisca servizi di cloud e IA all’Esercito
israeliano per archiviare ed elaborare enormi quantità di informazioni sui
palestinesi da sterminare. Intelligenza artificiale è guerra. E’ guerra contro
il vivente perchè comporta la delega delle nostre facoltà creative e decisionali
a macchine; ed è guerra militare perchè i dati con cui queste vengono
“addestrate” servono direttamente a potenziare “operazioni di polizia”, in
Palestina, in Ucraina, come qui.
Per questo ieri il presidio dalla D.I.A. si è spostato davanti allo IAAD, su via
Bologna. L’Istituto di Arte Applicata e Design non solo è partner ufficiale
della Tech Week, ma parteciperà tramite il suo direttore con una masterclass dal
titolo “Le Intelligenze del Made in Italy”, dove si sdoganano le innovazioni
tecnologiche nelle cosiddette industrie creative per cui i futuri diplomati
diventeranno piccoli o grandi imprenditori, per – citiamo – “formare
professionisti ibridi che uniscano sensibilità umanistica, design e intelligenza
artificiale, valorizzando il Made in Italy come polo di innovazione
sostenibile”.
Queste iniziative rappresentano nient’altro che la normalizzazione culturale
dello sterminio e della guerra al vivente portata avanti dai padroni del mondo,
dai cultori dell’algoritmo. La guerra tecno-capitalista alla vita e il genocidio
si alimentano oggi soprattutto di “dati”. Altro che “resistenza tecnologica”
come propone qualcuno, è ora di distruggere e disertare le macchine che ci
immiseriscono e distruggono. Un modo concreto per sabotare la guerra e portare
solidarietà ad Anan, Alì, Mansour e alla resistenza palestinese.
Tech Destruction Not Resistance!
—
sulla “resistenza tecnologica”: www.instagram.com/italian_tech_resistance/
Riceviamo e diffondiamo:
Diffondiamo il volantino “Con la Palestina nel cuore, contro tutti gli Stati,
contro le politiche di guerra dello Stato italiano”, distribuito lunedì 22
settembre a uno dei due ingressi del porto di Marina di Carrara. Almeno 400
persone erano presenti durante la mattina al varco di Levante nell’ambito dello
sciopero indetto da alcune componenti del sindacalismo di base (mentre al corteo
pomeridiano erano presenti circa 3500 persone).
Qui in pdf: con-la-palestina-nel-cuore-vol-22-sett-2025
CON LA PALESTINA NEL CUORE, CONTRO TUTTI GLI STATI, CONTRO LE POLITICHE DI
GUERRA DELLO STATO ITALIANO
Come anarchici scendiamo oggi in piazza nel contesto della mobilitazione a
sostegno della resistenza della popolazione palestinese.
Il 7 ottobre 2023 si è infranto il mito dell’infallibilità dello Stato di
Israele e del suo progetto sionista. L’azione del 7 ottobre non ha avuto solo il
significato di un vendicativo riscatto di una popolazione oppressa e colonizzata
da ottant’anni contro l’onnipotenza tecno-militare israeliana, contro i suoi
muri elettronici, i suoi droni, la sua sorveglianza di massa, ma ha avuto anche
l’obiettivo politico di inserirsi come un cuneo nel processo di normalizzazione
del cosiddetto Medio Oriente avviato dai Patti di Abramo, che avrebbe
definitivamente eclissato la questione palestinese dall’orizzonte degli Stati
arabo-islamici.
Oggi nessuno può più negarlo: dopo la colonizzazione, il regime di apartheid, le
stragi, i massacri sistematici occorsi negli ultimi ottant’anni, nella
martoriata Palestina è oggi in corso un tentativo di vera e propria pulizia
etnica e di annientamento programmato della popolazione palestinese. Il
genocidio nella striscia di Gaza fa il paio con l’intensificarsi degli attacchi
dei coloni e delle operazioni militari mirate in Cisgiordania. Il primo
genocidio automatizzato della storia, reso possibile dalle sempre maggiori
applicazioni dell’intelligenza artificiale, sta venendo trasmesso in diretta
mondiale. L’assuefazione all’orrore è a portata di chiunque.
Stare dalla parte dei palestinesi è anzitutto una questione di dignità.
Gli Stati occidentali, a parte alcune timorose recenti defezioni, stanno tutti
collaborando con Israele o avallando il genocidio in Palestina. Giustificando
l’operato dei sionisti tramite la propaganda mass-mediatica, consentendo
l’adeguata copertura ideologica ai massacri, inviando armamenti e fornendo
ulteriori luoghi di esercitazioni e sviluppo della capacità offensiva delle
forze militari israeliane (si veda i passati addestramenti nelle basi che
occupano ampi territori in Sardegna), lo Stato italiano è tra i maggiori
sostenitori di Israele in Europa.
Un sostegno che si manifesta non solo in campo militare e diplomatico, ma anche
nella repressione interna: si veda il processo imbastito dalla Direzione
Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo dell’Aquila contro tre palestinesi, di
cui uno ancora recluso nel circuito di “Alta Sicurezza 2” (Anan Yaeesh, la cui
richiesta di estradizione in Israele è stata respinta e che nel 2006 era rimasto
gravemente ferito in un agguato armato israeliano).
Gli interessi bellicisti dello Stato vanno inoltre a braccetto con quelli di un
intero comparto che si occupa della produzione di armi. Si vedano ad esempio i
consolidati rapporti tra Leonardo Spa e Israele: tre sedi della compagnia
italiana sono presenti nella Palestina occupata. E sempre più aziende in tutta
Europa vanno convertendo la propria produzione verso scopi bellici. Una trama di
interessi e di rapporti di una miriade di aziende che – eccettuate sparute
attività di disturbo e rilevanti azioni di sabotaggio e attacco – stanno
proseguendo indisturbate nella propria produzione di morte.
Bloccare i porti – così come il 12 settembre è stato bloccato l’ingresso dello
stabilimento di Leonardo e Thales Alenia all’Aquila – è quindi una tra le tante
pratiche che possiamo realizzare e sviluppare qui da noi per impedire lo
spostamento degli armamenti verso Israele e non solo.
SUPERIAMO LE FORME RITUALI DELLE MANIFESTAZIONI DI TESTIMONIANZA, BLOCCHIAMO
ATTIVAMENTE I FLUSSI DELLA LOGISTICA MILITARE E OPPONIAMOCI ALLA MACCHINA
BELLICA ALL’INTERNO DEI PAESI CAPITALISTI OCCIDENTALI.
SCIOPERARE, DISERTARE, SABOTARE.
Carrara, 22 settembre 2025
Circolo Culturale Anarchico “Gogliardo Fiaschi”
Indirizzo: Circolo Culturale Anarchico “G. Fiaschi”, via Ulivi 8/B, Carrara –
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