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Gallarate (MI): presidio contro la settimana della sicurezza
Riceviamo e diffondiamo: LA SETTIMANA DELLA PARANOIA ALL’ISTITUTO FALCONE DI GALLARATE Dal 10 al 18 gennaio, presso l’Istituto Falcone di Gallarate, è in programma la cosiddetta Settimana della Sicurezza. A una prima occhiata, potrebbe apparire un’iniziativa finalizzata alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, con interventi su prevenzione degli infortuni, corsi sull’uso del defibrillatore e la sensibilizzazione sulle malattie, e così via. Ma osservando più da vicino il programma riportato nella circolare n. 59 pubblicata sul sito della scuola, emerge che circa la metà degli eventi previsti consiste in interventi delle forze dell’ordine. Nello specifico: venerdì 10 gennaio, i Carabinieri inaugureranno la settimana parlando di stalking e femminicidio, seguiti dalla Polizia Postale con una lezione sui pericoli della rete. Lunedì 13 gennaio, la giornata sarà caratterizzata da tre interventi: la Guardia di Finanza illustrerà il proprio ruolo a tutela del cittadino, gli agenti del Commissariato di Gallarate tratteranno il tema delle babygang, mentre Polizia Scientifica e Stradale discuteranno i pericoli legati alle sostanze stupefacenti. Gli incontri si concluderanno con ulteriori interventi sulla sicurezza stradale: mercoledì 15 sarà la volta della Polizia Stradale, e venerdì 17 del Comando della Polizia Locale. La prima considerazione da fare è che l’Istituto Falcone non è una scuola qualunque e in passato si è reso tristemente noto a livello nazionale per aver inviato alcuni suoi studenti in alternanza presso la base NATO di Solbiate Olona. Inoltre, in questa scuola si applica un regolamento estremamente rigido nei confronti degli studenti, che ci risulta essere tra i più severi di questa provincia. La “Settimana della sicurezza” non è altro che l’ennesimo tassello della pericolosa deriva verso cui sta andando questo istituto. Riteniamo che sia inopportuno affidare ai Carabinieri la trattazione di temi complessi come la violenza di genere, soprattutto quando associazioni di donne, che da anni denunciano comportamenti inadeguati e lassisti da parte delle stesse forze dell’ordine, potrebbero offrire una prospettiva molto più coerente. Ancora più grave è la presenza, durante la “Settimana della sicurezza”, degli agenti del Commissariato di Gallarate: ricordiamo, in particolare, quanto avvenuto durante la protesta contro l’abbattimento del bosco di via Curtatone, dove – su ordine del Prefetto, anch’esso invitato come relatore – questi hanno messo seriamente a rischio l’incolumità di giovani manifestanti che resistevano arrampicati sugli alberi. Alla faccia della sicurezza! Per non parlare del sindaco Andrea Cassani, che proprio durante questa mobilitazione si è reso protagonista di un gesto di sfrontata arroganza, mostrando il dito medio ai manifestanti. Azione che gli ha fatto guadagnare le prime pagine dei giornali locali quale simbolo dell’arroganza istituzionale, cosa che rende ancora più paradossale il suo ruolo nell’inaugurazione della “Settimana della sicurezza”. Infine, ci sembra del tutto fuori luogo affrontare il tema della criminalità giovanile senza considerare le sue cause strutturali, quali la crescente miseria, i quartieri ghetto invivibili, la mancanza di lavoro e servizi, il razzismo dilagante. Affrontare queste questioni dal punto di vista repressivo significa negare agli studenti la possibilità di sviluppare un pensiero critico sulle cause profonde del disagio che li circonda. Invece di stimolare una riflessione sulle radici sociali e culturali dei problemi, si propone una visione che mostra esclusivamente la repressione come soluzione. Insomma come a dire… “non delinquere perché vai in galera”! Del resto, la scuola non è altro che lo specchio della società e delle sue ideologie dominanti e oggi la narrazione mediatica ha al suo centro una paranoia securitaria quasi asfissiante, ma del tutto ingiustificata, dal momento che i dati mostrano una evidente diminuzione dei reati. Una narrazione che ingigantisce sensazionalisticamente i micro-reati, marginalizza gli indesiderati e concede carta bianca alle forze dell’ordine, che agiscono sempre più spesso in un contesto di totale impunità. Emblematico è il caso recente in cui i Carabinieri hanno speronato due ragazzi in motorino, causando la morte di uno di loro, Ramy. Nonostante i tentativi di insabbiare l’accaduto, inclusa la minaccia all’unico testimone, la verità è emersa grazie a un video trasmesso dal TG. Questo episodio rende ancora più inappropriato che i Carabinieri tengano lezioni agli studenti, proprio nel momento in cui emerge il loro goffo e tragico tentativo di nascondere un omicidio. Ma non sono i singoli episodi il vero fulcro della vicenda, bensì il progetto ideologico ben più ampio che numerosi docenti e studenti hanno definito militarizzazione della scuola e delle coscienze. Iniziative come la “Settimana della sicurezza”, apparentemente innocue, e che pur presentano incontri interessanti, nascondono in realtà un chiaro intento ideologico: attraverso collaborazioni sempre più frequenti tra scuole e forze armate, si vuole normalizzare la presenza di Polizia, Carabinieri e militari negli istituti scolastici. Perché? Viene da chiedersi. Ebbene, noi pensiamo che alla base di questa paranoia securitaria vi sia la crisi irreversibile del modello economico capitalista e il suo impatto devastante che si avvicina sempre di più: guerre, catastrofi ambientali, ed enormi squilibri sociali non sembrano più concetti fantascientifici ma realtà palpabili. Per far fronte a questa crisi, gli Stati stanno investendo sempre più in dispositivi repressivi, non solo a livello poliziesco, ma anche attraverso percorsi educativi che mirano a formare una mentalità di accettazione passiva delle disuguaglianze e della militarizzazione. Il percorso è chiaro: fomentare divisioni e conflitti tra poveracci, legittimare la guerra e preparare le coscienze ad accettare passivamente ogni prepotenza e imposizione. Esprimiamo profondo sdegno verso questa iniziativa diseducativa per gli studenti, e verso una scuola al servizio di un’ideologia militarista e securitaria. Intendiamo batterci per una scuola che torni ad essere luogo di apprendimento, cultura e crescita personale. Alcuni insegnanti, studenti e studentesse della provincia di Varese 18 GENNAIO 2025 Presidio contro “La settimana della sicurezza” Dalle ore 10:00 in Via Matteotti a Gallarate, davanti all’istituto Falcone
January 13, 2025 / il Rovescio
Guerra alle guerre, qui e ora (Bellinzona, 15 gennaio 2025)
Riceviamo e diffondiamo: GUERRA ALLE GUERRE, QUI E ORA Dopo i cocci delle feste, i balli e la ripresa temporanea di un luogo – con la gioielleria (purtroppo) ancora intatta – la palla rimane lì, come sempre rimbalzante. E nonostante c’è chi ne predica l’eliminazione, gli elefanti sono ancora lì a girovagare in attesa del buon rimbalzo. SABOTIAMO LA GUERRA, mercoledì 15 gennaio 2025 – Serata pubblica di incontro e discussione con le compagne e i compagni dell’assemblea permanente contro le guerre di Lecco. https://molino.noblogs.org/2025/01/08/mercoledi-15-gennaio-2025-serata-guerra-alle-guerre-qui-e-ora/ Presso e in collaborazione con l’Associazione Culturale Kurda, via Portaccia 1A, Bellinzona: dalle 19.00 apericena e dalle 20.30 discussione * Perché la cultura che ci anima e ci muove è prima di tutto prassi politica-sociale-culturale che ci impegna nella contemporaneità della crisi climatica, delle guerre neocoloniali, della distruzione dello stato sociale, dell’estrattivismo, delle nuove tecnologie di controllo e di dominio di un post-capitalismo, forse in grado di mutare e rinnovare sé stesso, ma pur sempre detestabilmente basato su patriarcato, razzismo e guerra. La lotta contro la guerra e, a livello più ampio, il militarismo in ogni sua forma, è forse una delle massime priorità per chi, in questi anni, vuole cambiare lo stato delle cose. Il percorso antimilitarista fatto da alcunx compagnx anarchici di Lecco, dal 2016, ne è un esempio concreto: incentrato sulla Fiocchi Munizioni e sfociato nell’ultimo anno nella nascita di un’assemblea permanente contro la guerra che vuole bloccare la produzione di armi nei nostri territori. La Fiocchi è un’azienda nata a Lecco nel 1876 che produce proiettili per caccia, sport, ma soprattutto guerra. L’intera provincia di Lecco, che conta poco più di 200 mila persone, è imperniata sulla produzione militare, dalla fabbrica che produce i macchinari per la produzione di proiettili venduti a Israele (Invernizzi Presse), fino alla ditta che vende attrezzatura per arrampicata ma che ha creato linee per la guerra (Kong). Ed è a partire da questa esperienza che ci confronteremo, mercoledî 15 gennaio, all’interno di uno spazio – quello dell’Associazione Culturale Kurda, le cui compagne e compagni si confrontano e convivono quotidianamente, qui e là, con la costante del dominio e della guerra permanente – su quali possono essere, in Italia, in Svizzera, ovunque, le forme di opposizione ad un potere che spinge sempre più le nostre vite lungo il piano inclinato della guerra. Perchè per fermare la guerra, pensiamo che si debba partire dal proprio territorio, dal “qui ed ora”. Opponendoci e sabotando il mercato e l’industria della guerra e costruendo territori altri come fatto dall’esperienza autogestionaria e autonoma del Confederalismo Democratico in Rojava, nel nord-est della Siria. Per continuare a contrastare il ristretto mondo di frontiere, securizzazione e mercificazione che intende porsi come ragione esclusiva dei territori. Guerra alle guerre, qui e ora. * E perché, ancora e nonostante tutto, uno, dieci, mille spazi occupati, autogestiti, ripresi, liberati. Fuori gli elefanti. * Dalla Palestina al Kurdistan, Basta guerra contro i popoli in lotta! SOA il Molino
January 9, 2025 / il Rovescio
Trento, 25 gennaio: corteo contro le collaborazioni trentine con il genocidio di Gaza
RICEVIAMO E DIFFONDIAMO: Qui il manifesto del corteo in pdf: manifesto_25_gennaio CONTRO IL GENOCIDIO A GAZA. PER UNA MEMORIA DEL PRESENTE Contrariamente a quello che spesso si pensa, la consapevolezza di cos’è stata la macchina di sterminio nazista comincia a farsi largo solo negli anni Settanta (e questo non per merito delle istituzioni democratiche, ma malgrado la loro memoria auto-assolutoria). L’inferno di Auschwitz-Birkenau è stato possibile grazie all’intreccio tra i volenterosi carnefici del Führer e la «zona grigia» della collaborazione. Hitler e gli altri gerarchi nazisti si richiamavano esplicitamente al modello statunitense di segregazione dei neri e alle leggi americane sulla sterilizzazione forzata dei «tarati» e degli «improduttivi». Stuoli di accademici e scienziati hanno lavorato entusiasti per le imprese del Terzo Reich. L’efficacia burocratica della macchina nazista è stata garantita dalle schede perforate fornite dall’IBM. Gli Alleati si sono sempre astenuti dal bombardare le linee ferroviarie su cui viaggiavano i treni della morte per non farsi carico di milioni di ebrei apolidi. A collaborare con la polizia nazista nella deportazione verso i lager sono stati anche i Consigli ebraici (aver ricordato questa scomoda verità storica è costato all’ebrea Hannah Arendt un furioso linciaggio morale). Quali lezioni abbiamo tratto da tutto ciò? La risposta sta in quattro lettere: Gaza. Il punto non è stabilire le analogie e le differenze tra la Shoah e la nuova Nakba del popolo palestinese. Il punto è che non serve aspettare trent’anni per capire cosa sta succedendo e chi collabora oggi con i massacratori, poiché stiamo assistendo al primo genocidio in diretta della storia. Se vogliamo sapere chi sono i volenterosi carnefici di Netanyahu basta guardare le immagini che i soldati dell’esercito israeliano “postano” sui social. Se vogliamo trovare delle tracce inequivocabili di intenzioni genocidiarie non dobbiamo scovare i verbali di qualche riunione segreta: basta leggere quello che Netanyahu, Gallant, Ben-Gvir e Smotrich affermano pubblicamente. Se vogliamo la conferma che la cultura dominante non è affatto un argine alla barbarie, ma spesso la sua più infame giustificazione, possiamo osservare allo stesso tempo il ruolo dei professori universitari israeliani nel lubrificare la macchina di morte contro i palestinesi e il ruolo ignobile di tanti intellettuali italiani e occidentali. Se vogliamo capire chi fornisce soldi, armi, tecnologie e appoggio politico agli sterminatori di bambini la risposta non è difficile: gli Stati Uniti e l’intero Occidente. Se vogliamo una risposta meno generica e più vicina a noi: l’Università di Trento e la Fondazione Bruno Kessler. Se vogliamo un esempio attuale di complicità tra persecutori e “rappresentanti” dei perseguitati, possiamo osservare il ruolo collaborazionista dell’Autorità Nazionale Palestinese, i cui poliziotti in questi giorni stanno rastrellando il campo profughi di Jenin per arrestare o assassinare i resistenti palestinesi. A conferma di quanto sia mistificatorio e oltraggioso l’uso politico della Shoah non basta il fatto che siano gli eredi del razzismo anti-ebraico e dei fucilatori di partigiani a pretendere di darci lezioni sull’antisemitismo? A parlare nella «Giornata della memoria» sarà anche quest’anno chi non muove un dito né apre bocca contro il genocidio palestinese. Come ha affermato di recente lo scrittore palestinese Abdaljawad Omar, Gaza non è solo una «rovina apocalittica», ma anche «un deliberato spettacolo di crudeltà». Per milioni di oppressi, «ogni bambino sepolto, ogni famiglia cancellata, ogni casa ridotta in macerie diventa un promemoria del loro posto in un mondo che si rifiuta di fermare il massacro». Qui sta la nostra «bancarotta morale». A meno di non spezzare la nostra disumana collaborazione. Assemblea di solidarietà con la resistenza palestinese SABATO 25 GENNAIO, ORE 15,00 – PIAZZA DUOMO, TRENTO CORTEO CONTRO LE COLLABORAZIONI TRENTINE CON IL GENOCIDIO DI GAZA
January 8, 2025 / il Rovescio
Manifestazioni contro la guerra di russi e ucraini in Europa [rus, it]
Riceviamo e diffondiamo questo testo del collettivo anarchico moscovita KRAS. Si tratta di un’utile panoramica delle diverse manifestazioni contro la guerra in Ucraina svoltesi recentemente in più parti d’Europa, con una particolare attenzione a quelle di rifugiati e disertori russi e ucraini. Al di là del carattere genericamente pacifista di molte tra queste iniziative, di alcune ingenuità democraticiste (come l’esortazione alla stampa europea a “fare il proprio dovere”) o anche di qualche ambiguità (che significa la “pace senza annessioni” propugnata dagli anarcosindacalisti di Colonia?), ci rallegriamo di cuore di questa fraternizzazione internazionalista tra gli oppressi dei due fronti, “contro la dittatura di Putin e quella di Zelenskij”, mentre riconosciamo in queste manifestazioni dei segnali importanti, da conoscere e seguire con attenzione. Qui il testo originale in russo: https://aitrus.info/node/6281 Qui il pdf in italiano: Manifestazioni contro la guerra di russi e ucraini in Europa
December 29, 2024 / il Rovescio
Al tempo del genocidio. Tafferugli al termine dell’universo. 19 dicembre 2024, Tessera (VE).
Riceviamo e diffondiamo questo comunicato sulla giornata del 19 dicembre contro lo stabilimento di Leonardo Spa a Tessera: Scarica il file in formato pdf: 19 dicembre Tessera   Al tempo del genocidio. Tafferugli al termine dell’universo. 19 dicembre 2024, Tessera, Venezia. Loro in un centinaio, il doppio di noi, armati di tutto punto, e ciononostante due finiscono in ospedale. Noi in una cinquantina, armatx di complicità e determinazione; un compagno, a cui siamo vicinx e solidali, è stato preso durante le cariche e portato in questura per poi essere denunciato. Ci hanno dovuto caricare per 3 volte di seguito, per conquistarsi 30 metri di strada, che noi abbiamo difeso con coraggio e determinazione. Loro avevano imposto un divieto negando il corteo, autorizzando solo il presidio statico, a cui si è risposto bloccando la strada. Dobbiamo fin da subito rivendicarci questa scelta, quella di essere parte che agisce e non solo che subisce; abbiamo alzato noi il livello del conflitto, e le cariche ricevute e le probabili conseguenze per questa giornata sono la risposta più diretta della controparte. Ma per reggere l’urto e significare quello che facciamo, noi, chi ha preso parte a quella giornata, ci dobbiamo percepire come potenza contro il potere: con le leggi e con gli sbirri il potere impone il proprio volere (in questo caso negando il corteo), noi grazie alle complicità e alle amicizie diventiamo potenza contro il potere, definendo noi la piazza. L’avevamo detto fin da subito che lo scopo di questa mobilitazione contro lo stabilimento della Leonardo SPA a Tessera era quella di bloccare; anche se non siamo riuscitx ad avvicinarci allo stabilimento per bloccarne la produzione, abbiamo bloccato le strade limitrofe, creando disagi e disturbi. Un bilancio positivo, per essersi trovatx in 50 in una giornata di pioggia al termine dell’universo, circondatx da sbirri, due per ognunx di noi. Parafrasando qualcuno, “eppur si muove”… Certo, quello che abbiamo fatto a Tessera il 19 dicembre è nulla in confronto al tempo del genocidio e della guerra globale. Dal 7 ottobre 2023 la mobilitazione per la Palestina ha animato tutto il mondo, e qua a Venezia ha assunto caratteristiche interessanti. Ma la situazione internazionale non ha fatto che peggiorare; il conflitto in Asia Occidentale è in continua espansione, mentre quello tra NATO e Russia in Ucraina sembra essere in una fase di “caldo” congelamento, se non per la pratica della diserzione, che si diffonde sempre più, essendo l’unico modo per provare ad uscire vivi dalla carneficina capitalistica. Proprio per questo pensiamo che l’obiettivo della Leonardo SPA a Tessera sia organico e coerente con i tempi storici che viviamo, e perciò abbiamo costruito la mobilitazione di questi mesi che è culminata nella giornata del 19 dicembre. Un segnale minimo, ma necessario. Abbiamo trovato nuove amicizie e complicità, che sono quelle con cui ci piacerebbe proseguire, se decideremo di andare avanti, ma ne abbiamo perse anche. Le indicazioni della resistenza palestinese sono state molto chiare: colpire i responsabili del genocidio “a casa nostra”: università, aziende, enti che hanno accordi con l’entità sionista. Lascia sicuramente un po’ di amarezza avere incontrato persone e gruppi che si sono riempiti bocca e comunicati di parole di solidarietà al popolo palestinese, e che poi su questa mobilitazione e sulla giornata del 19 non hanno impiegato nemmeno un minimo della loro energia. E ancora peggio, dal momento che il paradigma di questa mobilitazione è stato quello del blocco, da costruire con pratiche e modalità diverse, e che avrebbe funzionato ancora di più, se ci fosse stata una partecipazione più ampia; un paradigma per il quale o si è a favore del blocco e ci si impegna in questa direzione, oppure si è contrarx e, consequenzialmente si accetta il normale funzionamento di uno stabilimento che produce morte. Non abbiamo molto altro da dire; un cerchio si chiude. Questa mobilitazione di Tessera è nata anche grazie ad un opuscolo che abbiamo pubblicato con il titolo “o la guerra o la vita”. Il 7 ottobre 2023 la resistenza palestinese ha compiuto il più alto gesto della vita, quello della liberazione dall’oppressione, dando vita ad un movimento di solidarietà internazionale. Per vendicarsi, l’entità sionista usa la guerra per eliminare intere popolazioni. Noi stiamo vivendo il primo genocidio in diretta, e abbiamo un ruolo, data la complicità dell’Occidente. Questo radicalizza: o ci si abitua alla morte, rendendoci anestetizzatx a quanto ci circonda, o ci si assume la responsabilità del tempo che viviamo, seguendo la strada che la resistenza palestinese ha indicato, quella della vita. In un sito sperduto dell’internet si legge “Life finds a way. Vitalism does not mean enhancing one’s experiences, but rather choosing to align oneself with the creative forces captured by the present organization of the world. Vitalists are commonly found in the woods, at punk shows, at the beach, in dance parties, in the black bloc, wherever screens do not loom so large.” Il vitalismo, ovvero l’energia vitale, è un qualcosa di cui si può fare esperienza. Il 5 ottobre 2024, a Roma, per esempio, la vita si è data una forma, quella dell’irriducibilità nel conflitto. Lì abbiamo trovato vitalità: è stato un momento vitalista. Nel nostro piccolo, trovarsi in 50 persone, al termine dell’universo -geografico e letterale-, in una giornata di pioggia, ad opporre la vita alla guerra e alla morte, pensiamo sia stato un gesto vitalista. Non abbiamo la minima idea di come fare, ma pensiamo che un modo per non farci anestetizzare dalla morte che ci circonda, sia quello di cercare di alimentare il vitalismo del conflitto.
December 29, 2024 / il Rovescio
La variante umana – contributo alle giornate di lotta a Roma del 29-30 novembre e 2 dicembre
Riceviamo e diffondiamo questo contributo diffuso in occasione delle giornate di lotta del 29-30 novembre e 2 dicembre a Roma.   Contributo a “La variante umana. Giornate di lotta a Roma” Trasformare la guerra dei padroni in guerra contro i padroni In Ucraina scarseggia la carne da cannone. Per rimpolpare le file dell’esercito, nella guerra con la Russia, il governo ricorre alla caccia all’uomo, secondo i consiglieri militari statunitensi l’età minima dei reclutati dovrebbe abbassarsi dai venticinque ai diciotto anni. Dal paese slavo arrivano continuamente immagini di uomini, rapiti per strada, picchiati e spediti al fronte. Di pari passo, all’interno dell’Unione Europea, ci sono crescenti pressioni per rimpatriare gli esuli, sia da parte delle ambasciate che non rinnovano i passaporti, sia da parte dei paesi membri che, non potendo deportare forzatamente i profughi in un paese in guerra, cercano di rendere loro la vita più difficile per costringerli a rimpatriare. Per denunciare questa situazione, per sostenere chi in Ucraina si ribella e lotta contro governo e la guerra, il 4 novembre scorso abbiamo promosso un presidio a Milano presso l’ambasciata Ucraina. Presidio che ripeteremo, il 2 dicembre prossimo, alle ore 19, presso l’ambasciata ucraina (sede dei servizi consolari) di Roma, via monte Pramagiore 13. Questo accade mentre lo scontro tra blocchi di paesi capitalisti per la spartizione del mondo si fa sempre più aspro ed esteso e scivola sul piano inclinato che porta alla terza guerra mondiale ed all’apocalisse nucleare. Se a qualcuno questa sembra una esagerazione basta ricordare quanto avvenuto nei giorni scorsi quando l’esercito ucraino è stato autorizzato dal governo degli Stati Uniti a colpire il territorio della Russia con i missili ATACSM e STORM SHADOW. armi che per essere utilizzate necessitano sia della presenza di militari degli Stati Uniti e della NATO, sia del supporto del loro sistema di satelliti e di intelligence militare. Il governo russo ha considerato gli attacchi con questi missili come il superamento dell’ennesima linea rossa e ha dichiarato di ritenere alcuni paesi occidentali belligeranti. La risposta della Russia è consistita nel ratificare le modifiche della sua dottrina nucleare, compiendo un passaggio formale nell’escalation verso la guerra atomica. Inoltre il 21 novembre scorso l’esercito russo ha colpito l’Ucraina con un nuovo missile balistico ipersonico. In questa occasione il missile trasportava testate multiple inerti, ma trattandosi di un vettore progettato per trasportare testate nucleari l’avvertimento inviato dai russi è esplicito. Contemporaneamente a questi irresponsabili “giochi di guerra”, in Asia occidentale, da quasi un anno, è in corso il primo genocidio automatizzato e trasmesso in diretta della storia. Israele bombarda le popolazioni di Gaza, Libano e Siria con tutto l’arsenale di cui dispone. L’obbiettivo è quello di espandere i confini dello Stato sionista e costruire il “grande Israele”. Il punto di forza del sistema di colonialismo di insediamento sionista e della casta suprematista che lo governa è il suo esercito IDF. Questa forza è conseguenza del supporto economico e militare, quasi incondizionato, degli Stati Uniti, ma anche dell’alto livello di tecnologia in possesso dell’esercito sionista. La ricerca avanzata in funzione militare di Israele è realizzata in collaborazione con le più importanti università ed industrie internazionali, i militari israeliani hanno un alto livello di formazione tecnica, nella loro formazione e nella loro carriera la vita militare e quella civile sono strettamente connesse. Inoltre Israele può testare sul campo i suoi prodotti nei rami della difesa e del controllo, la cui qualità è certificata con i massacri, divenuti quindi fonte di lauti profitti. Queste sono istantanee da un mondo in fiamme, un mondo in cui denaro e potere sono sempre piu concentrati nelle mani di un’esigua minoranza di oligarchi che pretendono di decidere i destini dell’umanità. Ma se le guerre ci vengono raccontate come un affare di stati maggiori che muovono soldatini di latta, nella realtà il fattore umano è decisivo: se i soldati si rifiutano di combattere la guerra non si fa, cosi come se gli schiavi si ribellano le colonie bruciano e se i sudditi si sollevano i re cadono. Su questa umanità vorremmo ragionare alla luce di due concetti: quello di masse eccedenti e quello di variante umana. Uno dei più importanti teorici dell’ideologia trans-umanista, Elon Musk, è stato designato prossimo capo del nuovo dipartimento per l’efficienza statunitense. Secondo il magnate sudafricano a capo di Space X, Neuralink, Open AI, Tesla ed altre importanti industrie ad alta tecnologia, nel futuro prossimo il sistema di produzione capitalista avrà sempre meno bisogno di lavoratori in carne ed ossa, aggiungiamo a questa previsione la constatazione della difficoltà del sistema capitalista di sostenere la forte pressione demografica dell’umanità su un pianeta devastato che offre risorse sempre più scarse. La mancanza di fiducia che riponiamo nelle caste degli eletti ci porta ad interrogarci su quale sia il fururo che il capitalismo riserva a quelle che, per i suoi progetti, sono masse eccedenti. Da quello che possiamo costatare con uno sguardo ai recenti eventi queste masse eccedenti sono quelle che gli strateghi israeliani, a Gaza, vorrebbero ricollocare in un imprecisato altrove per fare posto alle speculazioni immobiliari dei coloni. Sono quelle che, a causa del saccheggio del continente africano, vengono spinte verso Nord, che annegano nel mare Mediterraneo, che vengono schiavizzate in Libia ed Europa, o deportati in non-luoghi dell’oblio umano. Sono l’enorme numero di poveri che negli Stati Uniti, paese più ricco e potente del mondo, marciscono nelle galere o nei ghetti dell’eroina e del Fentanyl. Sono i sottoproletari a cui hanno dichiarato guerra i governi europei – in Italia con il decreto legge 1660 che è un attacco diretto agli esclusi, ma anche il manifesto dell’ideoligia neo-liberista che trasforma ogni questione sociale in un problema di ordine pubblico. Sono alcuni esempi recenti di quella che è una guerra di classe a senso unico che, da decenni in tutto il mondo, gli sfruttatori stanno facendo agli sfruttati. In Ucraina, il paese europeo dove la vita umana ha il valore più basso in assoluto, l’affare per i capitalisti è stato trasformare le masse di proletari in carne da cannone al fine di regolare i conti con la Russia “fino all’ultimo ucraino”. Per raggiungere questo scopo hanno utilizzato tanto il richiamo del nazionalismo e le azioni punitive dei gruppi nazisti, quanto i processi di state-bulding gestiti dalla NATO e le allettanti promesse di ammissione all’Unione Europea. Ma, se il sacrificio degli ucraini è stato un grande affare per gli speculatori della finanza e per i manager dell’industria delle armi, ora questa guerra è giunta alla fase terminale, sia perché le risorse umane stanno terminando sia perché molti hanno capito che si stanno facendo accoppare per gli interessi altrui e si sono stufate di obbedire. Le forze russe sono in vantaggio, sia dal punto di vista tecnologico, sia per la quantità di mezzi a loro disposizione, sia per quanto riguarda le risorse umane che possono mettere in campo. Inoltre va considerato il fatto che il cambio di governo negli Stato Uniti potrebbe portare ad un disimpegno del loro sostegno sul fronte ucraino mandando in crisi l’esercito di Zelensky che dal loro aiuto è strettamente dipendente. Siamo quindi entrati in una delle fasi più pericolose di questo conflitto, e anche della storia dell’umanità, visto che l’unico modo per scongiurare la sconfitta delle forze occidentale, per le quali l’esercito ucraino combatte una guerra per procura, è che la Nato entri direttamente in campo e conseguentemente si corra il rischio della guerra nucleare. Uno dei fattori che sta portando al crollo del fronte ucraino è proprio la mancanza di militari da spedire al fronte. Questo limite è prodotto da tre fattori. Il primo è che il paese slavo negli ultimi decenni ha subìto un forte ridimensionamento demografico conseguente all’emigrazione di una percentuale consistente della sua popolazione; il secondo è la quantità di caduti che l’esercito ha subìto in questa guerra, un numero che non viene diffuso ma potrebbe essere molto consistente; il terzo è la quantità crescente di uomini che sono renitenti alla leva, disertori, fuggitivi. Il fermento che constatiamo in Ucraina è una manifestazione di quello che definiamo la variante umana e che coincide con una presa di coscienza che si espande progressivamente nella società. Sono sempre più gli ucraini che si rifiutano di fare da carne da macello, tra la popolazione aumentano l’opposizione alla guerra e l’insofferenza verso il governo, aumentano i sabotaggi e gli attacchi ai reclutatori, aumentano le diserzioni, i renitenti alla leva, i fuggitivi. Dovremmo considerare la possibilità che questa insofferenza cresca fino al punto di manifestarsi sotto forma di rivolte e insurrezioni. Conseguentemente dovremmo anche ragionare su come solidarizzare e supportare la lotta antimilitarista in quel paese. Uno dei modi per supportare questa situazione è appunto contrastare i tentativi di rimpatriare degli ucraini presenti in UE. Disertori e rivoltosi possono realmente porre fine ad un conflitto, cosi come può essere importante l’ostilità alla guerra e la mobilitazione che i movimenti solidali possono mettere in campo nelle retrovie del fronte, nei paesi industrializzati dell’UE. Ogni università, ogni porto, ogni binario è parte integrante della macchina bellica e lavora per alimentarla, bloccare tutto significa praticare la solidarietà internazionale tra oppressi per trasformare la guerra dei padroni in guerra contro i padroni. La variante umana è anche quella che ha fatto irruzione a Gaza con la rivolta del sette ottobre 2023. Se nei progetti sionisti, attraverso una guerra a bassa intensità, la popolazione palestinese avrebbe dovuto essere eliminata gradualmente e sarebbe dovuta uscire dalla scena in silenzio, con l’azione della resistenza il popolo palestinese ha ripreso in mano il proprio destino, dimostrando come gli oppressi possono sconfiggere gli oppressori, e cambiare il corso della storia. Che piaccia o meno la lotta armata si è dimostrata l’unica strada praticabile per impedire la cancellazione del popolo palestinese, ogni approccio umanitario risulta fuori luogo per sconfiggere il colonialismo in quanto potrà sì dare qualche sollievo, tanto agli oppressi quanto alla coscienza dei benpensanti di sinistra europei ma di certo non può sconfiggere un esercito occupante. Il super-tecnologico e armato Israele, braccio armato della potenza statunitense, invece ha subìto pesanti colpi. La sua potenza è stata messa in discussione, nella sua stessa possibilità di esistere, da uomini e donne dotati di pochi mezzi, ma con la volontà di resistere e la creatività di chi sa immaginare un possibile oltre l’oppressione del presente e la rassegnazione a cui il potere vorrebbe ridurli. Gaza è un esempio di resistenza per gli sfruttati di tutto il mondo. Sostenere la resistenza del popolo palestinese per noi in Europa significa attaccare i padroni a casa nostra. Cioè sabotare la collaborazione tra il “nostro” Stato ed i massacratori del popolo palestinese.
December 24, 2024 / il Rovescio