Riceviamo e diffondiamo. Qui sotto la chiamata per l’assemblea pubblica.
Seguiranno aggiornamenti.
Tag - Rompere le righe
Riceviamo e diffondiamo
Riceviamo e diffondiamo:
Sabato 5 aprile 2025, Busto Arsizio, Piazza Garibaldi – Ore 15.00:
Corteo!
Contro la guerra e tutto ciò che la rende possibile
-No ReArm Europe
Contro la “campagna di riarmo” dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri, che
ci trascinano nel baratro di un nuovo conflitto mondiale. Fermiamo la macchina
bellica, dalle fabbriche di morte alle basi militari presenti sui nostri
territori.
-No all’economia di guerra
Dalla scuola alla sanità pubblica, dalle pensioni al lavoro: mentre centinaia di
miliardi vengono destinati al riarmo ed ingrassano l’industria bellica, prosegue
impunito il saccheggio e la distruzione di quel che resta dello stato sociale.
-No alla guerra interna e alla militarizzazione della società, della scuola e
dell’università
Se all’esterno dei confini si sganciano le bombe, all’interno del Paese si
inasprisce la repressione del dissenso, delle lotte e del conflitto sociale,
come nel caso del DDL 1660. Aumentano anche la sorveglianza ed il controllo di
massa, facilitate dall’impiego di tecnologie militari sperimentate sugli odierni
campi di battaglia.
-No NATO
In occasione del 76esimo anniversario di fondazione dell’Alleanza atlantica,
mobilitiamoci contro l’imperialismo occidentale coordinato dalla NATO, una
minaccia costante alla pace, alla libertà e all’autodeterminazione dei popoli
del mondo, a partire dalla vicina base di Solbiate Olona, dove ha sede il
Comando multinazionale delle forze di intervento rapido dell’Alleanza.
-Palestina libera!
Per fermare il genocidio in corso in Palestina, sosteniamo la resistenza del
popolo palestinese, recidiamo i legami di connivenza ed il supporto economico,
politico e militare all’insediamento coloniale sionista.
La guerra comincia qui: dall’Italia, terzo maggior esportatore di armi verso Tel
Aviv, responsabile anche dell’invio di almeno 2.5 miliardi di euro di armamenti
a Kiev; dalla Lombardia, una delle regioni italiane con la più alta produzione
militare; dalla provincia di Varese, che tra il 2022 e il 2023 ha visto le
proprie esportazioni belliche crescere del 96.7% e che ospita anche la Leonardo
SpA, il cui titolo in borsa ha registrato dall’inizio dell’anno un +70%.
E’ tempo di agire prima che sia troppo tardi, è tempo di rovesciare questo
sistema di predazione, di colonizzazione, di sfruttamento e di morte.
Assemblea contro la guerra
Riceviamo e diffondiamo:
Sabato 29 marzo, alle ore 11
ci sarà un nuovo presidio contro il genocidio del popolo palestinese.
Il ritrovo è all’angolo fra via cassa di risparmio e via museo (di fronte a
museo di Oetzi)
GAZA È ANCHE QUI – IL GENOCIDIO È ORA!
I palestinesi “sono feccia, subumani, nessuno al mondo li vuole. I bambini e le
donne vanno separati, e gli adulti eliminati.”
Nissim Vaturi, vicepresidente del Parlamento israeliano
Dopo 17 mesi di genocidio e una fragile tregua, durante la quale Israele ha
continuato ad uccidere impedendo l’entrata di aiuti umanitari e tagliando
l’elettricità, Netanyahu ha dato seguito alle minacce e ordinato di riprendere i
bombardamenti a tappeto sulla Striscia. Il 18 marzo, alle 2 di notte i caccia di
Tel Aviv sono partiti e hanno colpito la popolazione nel sonno causando 500
morti in un solo giorno, fra essi almeno 150 bambini. Insieme alle bombe
l’esercito israeliano ha dato nuovi ordini di evacuazione a centinaia di
migliaia di persone che ormai da un anno vagano disperati in una terra ormai
invivibile, senza ospedali e ridotti allo stremo da fame, malattie,
rastrellamenti militari e bombe.
La rottura della tregua è stata preceduta da una serie di notizie false,
inventate ad arte dalla propaganda israeliana e puntualmente riprese da tutti i
principali media occidentali come quella che riferiva di un nuovo progetto di
invasione di Israele da parte dei commando di Hamas. Sempre nei giorni scorsi
gli Stati Uniti hanno bombardato a più riprese lo Yemen, massacrando decine di
persone mentre invece Israele continua a colpire in Siria e Libano.
Non si contano ormai le inchieste e i rapporti delle organizzazioni
internazionali che dimostrano come quello in corso a Gaza sia uno sterminio con
un chiaro intento genocida. Un recente rapporto Onu intitolato Più di quanto un
essere umano possa sopportare ha documentato le sistematiche violenze sessuali,
riproduttive e di genere finalizzate a eliminare fisicamente i palestinesi.
Nessuna forma di violenza è risparmiata ad un popolo martirizzato da Israele con
la decisiva complicità dell’Occidente, Stati Uniti e Unione Europea in testa,
fra cui l’Italia.
Gaza è la cartina di tornasole della retorica militarista della borghesia
europea, ostile a ogni possibile accordo che metta fine alla guerra per procura
condotta in Ucraina tanto da rilanciare come unica opzione, una corsa al riarmo
che fa unicamente la fortuna dei colossi delle armi come Leonardo, Rheinmetall e
Iveco Defence Vehicles. Il partito unico della guerra e degli affari,
trasversale a partiti e gruppi di potere, sta spingendo sulla necessità di
avviare piani straordinari di riarmo. Gli intellettuali e giornalisti organici
al potere danno man forte e chiamano le piazze a sostegno di un’Unione Europea
che parla solo di riarmarsi mentre non hanno il coraggio di dire una parola
netta sullo sterminio del popolo palestinese o sui criminali bombardamenti
americani in Yemen.
Dopo 17 mesi di orrore indicibile come quello di Gaza il messaggio che le élite
israeliane, americane ed europee stanno mandando a tutto il mondo è chiaro: un
genocidio in diretta televisiva, con un adeguato apparato propagandistico in
grado di falsificare la realtà, le responsabilità e il significato delle parole
si può fare. Si può condurre una guerra contro una popolazione civile, tagliare
cibo, acqua ed elettricità, si possono ammazzare 50mila persone, forse 70mila
(la rivista di medicina “The Lancet” parla di oltre 186.000 morti per cause
dirette e indirette). Si può violare impunemente un accordo di tregua e dire che
la colpa sta altrove. Si possono stuprare i prigionieri politici, si possono
torturare in maniera sistematica i prigionieri in veri e propri lager. Si può
fare. Gaza è laboratorio del possibile e la dimostrazione che anche la
democrazia, con le dovute manipolazioni, può essere ridotta a essere una mera
procedura decisionale e quindi compatibile con lo sterminio di un popolo, con
l’apartheid, con i peggiori orrori che credevamo fossero un’esclusiva del
fascismo novecentesco.
Il caso del Genocidio del popolo palestinese dimostra come nel 2025, in una
società iperconnessa in cui gli algoritmi determinano orientamenti, informazioni
e interessi, sia possibile fare digerire ogni forma di orrore alla popolazione,
ridotta in buona parte all’apatia digitale e sempre più incapace di provare
sentimenti di umanità, ancor prima di avere una coscienza politica.
Non possiamo permetterci la rassegnazione: denunciamo le gravi responsabilità
del Governo italiano e di multinazionali come Leonardo e Iveco nel Genocidio.
Fermiamo la corsa al riarmo. Facciamo battere il nostro cuore con gli oppressi
di Gaza, con tutti gli oppressi che lottano e resistono alla barbarie del
terrorismo di Stato israeliano, del colonialismo e dell’imperialismo. La loro
lotta è la nostra lotta. Siamo tutti palestinesi.
IL SILENZIO È COMPLICITA’ – FERMIAMO IL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE
Assemblea solidale con il popolo palestinese –Bolzano
freepalestinebz@inventati.org – Telegram “Free Palestine BZ”
Mai adatto alla guerra! Fuoco alla flotta della Bundeswehr [forze armate
tedesche]
da https://abolitionmedia.noblogs.org
Nel corso delle elezioni del Bundestag [Parlamento federale tedesco], quasi
tutti i partiti si sono superati a vicenda nell’aumentare la spesa per gli
armamenti, (ri)stabilire la capacità militare tedesca, richiedere ancora più
esportazioni di armi e obbligare i giovani a prestare servizio nell’esercito. La
RFT [Repubblica federale di Germania] è da tempo tornata al gioco della corsa
agli armamenti e della mobilitazione. Ma le guerre non hanno bisogno solo di
armi e infrastrutture, hanno bisogno di soldati, ma soprattutto di una società
che sia disposta a seguire, che sia pronta ad assassinare e che sia pronta a
compiere ciecamente e con giubilo tutte le atrocità del mondo.
Mai adatto alla guerra!
Non oggi
Non nel 2029
Mai più
Resisti agli inizi…
Siamo in una crisi in cui la prossima guerra mondiale non sembra lontana. Se
questa guerra continua a intensificarsi, devasterà il nostro pianeta. Mentre gli
Stati Uniti si sono ritirati dalla guerra di aggressione in Ucraina, l'”Europa
unita” si unisce e discute apertamente di un vero deterrente nucleare contro la
Russia. Ogni giorno, gli eventi si susseguono fitti e rapidi senza che troviamo
una risposta che renda giustizia a ciò che sta accadendo in questo mondo.
Questa non è la nostra guerra, vogliamo un futuro.
Per quale guerra ci si sta preparando qui? E chi trae vantaggio dalla guerra?
Le guerre e i conflitti di questo mondo ruotano in una proporzione significativa
attorno alle lotte per la distribuzione dell’energia, all’accesso alle risorse,
agli interessi economici e, in ultima analisi, al potere. Non è una lotta per la
democrazia, la giustizia o i valori, anche se questa è la narrazione dei
governanti. La maggior parte delle persone soffre di queste guerre, mentre i
ricchi e i potenti si riempiono le tasche. L’imperialismo occidentale sta
cercando di mantenere la sua supremazia, mentre altre forze imperialiste come la
Russia e la Cina vogliono rivendicarla per sé. Il sistema capitalista reagisce
all’attuale crisi, come spesso accade nella storia, con distruzione e
aggressione. E le diverse parti in guerra non agiscono mai secondo gli interessi
delle persone che ne sono direttamente colpite. La guerra è sempre una guerra di
potenze capitaliste, in cui le persone di tutti i paesi possono solo perdere. La
loro sofferenza è descritta come un destino inevitabile e l’inimicizia tra loro
è alimentata dal nazionalismo.
Difendiamo la nostra posizione rivoluzionaria sulla questione della guerra e
lottiamo per l’amicizia di tutti i popoli!
Ciò che sta accadendo in Germania non è la preparazione per la difesa di
possibili attacchi o l’istituzione di una cosiddetta capacità difensiva. Essere
pronti per la guerra significa prepararsi a fare la guerra. Ciò per cui
Pistorius e Merz stanno preparando la società tedesca, anche per quanto riguarda
uno spostamento globale del potere e un nuovo rafforzamento delle guerre per
garantire riserve energetiche, zone di potere e mercati di vendita, sono guerre
di aggressione in altri paesi con un’elevata partecipazione tedesca. A tal fine,
i soldati devono essere mandati a scuola, la clausola civile deve essere
revocata e le infrastrutture e il sistema sanitario devono essere preparati per
l’evento di guerra.
Qui nel Paese gli affitti aumentano, il sistema sociale viene sempre più minato
e allo stesso tempo centinaia di miliardi di euro devono essere stanziati per
gli armamenti. E non si vede la fine: per soddisfare il 2 percento del PIL
richiesto dalla NATO, il fondo speciale è solo una pietra miliare e il dibattito
su ulteriori aumenti è in corso da molto tempo.
Ciò che sta accadendo qui è guerrafondaio. Dov’è il clamore?
Qui in Germania si sta preparando un’ulteriore intensificazione di una guerra
globale, quindi dobbiamo sabotare i centri dei guerrafondai.
Nella notte del 7 marzo, sette veicoli della Bundeswehr sono stati incendiati
nel parcheggio di un’officina MAN, perché ci piace che vengano bruciati solo i
mezzi bellici.
No al riarmo! No alle esportazioni di armi! No alla coscrizione!
Per la pace dei popoli!
Gruppo Agenda2029
ps: Abbiamo registrato un video della nostra azione. Saremo felici se lo
diffondete sui vostri canali:
http://klktv54valq67z2llp6ew7cejyepqgcrnpaf2xhwlq7o64ufk5tb6kid.onion/w/2RtPgFArnHCu7ay83uPkJm
https://de.indymedia.org/node/497213
Un piccolo spartiacque. Sul 15 marzo a Trento
Partiamo da un’immagine. La “piazza per l’Europa” scelta a Trento dal quotidiano
“Il Dolomiti” è tra le più piccole della città ed ha accessi molto stretti.
Insomma, se i Michele Serra nostrani non si aspettavano le folle, non
escludevano le contestazioni. Il risultato è stato qualche centinaio di persone
(300? 400?) che si sono parlate addosso letteralmente circondate dalla celere e
dai carabinieri in tenuta antisommossa. Perché a cinquecento metri di distanza è
stata lanciata una manifestazione inequivocabilmente contro il riarmo, contro
l’economia di guerra, per la fine del massacro in Ucraina e del genocidio in
Palestina, in solidarietà ai disertori ucraini e russi. Nonostante lo scarso
preavviso (e la tanta pioggia), poco meno di 300 persone sono partite in corteo,
passando dalle quattro strade attorno alla piazza dei guerrafondai (malamente)
mascherati, disturbando con gli interventi amplificati proprio le parole del
sindaco (neanche a farlo apposta). Le persone che passavano in centro si sono
accorte degli europeisti con l’elmetto solo per via della polizia, mentre gli
slogan e gli interventi che hanno sentito erano antimilitaristi,
internazionalisti, anticolonialisti: “Gaza nel cuore, Jenin nella memoria,
Intifada fino alla vittoria”, “Dalla von der Leyen a Michele Serra, cambiano le
forme, la sostanza è guerra”, “Lo chiede l’Europa, la riposta è no. Per le loro
guerre non mi arruolerò”, “Contro le guerre dei signori, siamo tutti disertori”,
“Non un soldo né un soldato per le guerre del governo, dell’UE e della NATO”…
La composizione del corteo – più variegata rispetto alle ultime manifestazioni a
fianco della resistenza palestinese – suggerisce un moto di risveglio di fronte
a piani di riarmo che non hanno precedenti negli ultimi decenni. Poco, troppo
poco. Ma le due piazze di sabato rappresentano un netto, necessario spartiacque.
E infatti chi si muove nelle orbite di PD, Cgil, Arci, Anpi o AVS, e magari si
considera antifascista e contro la guerra, non ha mosso un dito né una voce,
perché sa che schierarsi davvero contro i progetti imperialisti e contro i
complessi scientifico-militar-industriali significa oggi tagliare i ponti della
compatibilità politica. Non caso a lanciare il corteo è stato quel pezzo di
società che da 16 mesi si attiva senza se e senza ma contro il governo, contro
l’Europa, contro le collaborazioni trentine con il genocidio a Gaza.
Il piano von der Leyen arma un plurisecolare suprematismo colonialista che oggi
deve farsi la guerra anche al proprio interno. Il fatto che nelle risoluzioni
belliciste dell’UE non si parli più di “Occidente”, bensì di “Europa”, significa
che l’accordo sulla rapina delle masse palestinizzate del mondo non basta più; e
che la guerra coloniale torna indietro sotto forma di furia estrattivista, di
“monopoli radicali” e di fine delle pantomime democratiche. Se Volkswagen si
dichiara pronta a riconvertire i propri stabilimenti insieme a Rheinmetall, si
scopre per passaparola che Leonardo SpA sta contattando piccole aziende locali
per proporre la produzione di armamenti (c’è da scommettere che, in tal senso,
arriveranno a breve gli incentivi governativi sotto forma di sgravi fiscali).
Esattamente come cento anni fa, il partito unico della guerra mobilita gli
“intellettuali progressisti”, la sinistra del capitale e i sindacati di Stato
per arruolare o irretire chi potrebbe rompere le righe. La novità è che oggi a
schierarsi contro il riarmo UE (ma non quello nazionale) sono anche forze
reazionarie. Motivo in più per prendere l’iniziativa. Che il genocidio e le
guerra spacchino in due la società. Il 15 marzo ha creato solo le prime crepe.
Di seguito il volantino distribuito a Trento dall’Assemblea in solidarietà con
la resistenza palestinese:
Prendiamo esempio dalla resistenza palestinese.
Fermiamo e cacciamo chi ci ha trascinato nella spirale della guerra
Le “piazze per l’Europa” lanciate a Roma da “Repubblica” e qui a Trento dal
“Dolomiti” sono un capolavoro della propaganda, quel terreno infido che è uno
degli elementi costitutivi della guerra al pari dell’artiglieria.
L’Europa come terra della libertà, della fratellanza tra i popoli e del Diritto
internazionale è un mito che gronda sangue. La storia delle classi dominanti
europee è quella del colonialismo e del suprematismo bianco, di cui gli stessi
Stati Uniti sono un prodotto. I «valori europei» dei quali si straparla in
queste piazze li vediamo a Gaza. Se tutto l’Occidente è schierato con il
colonialismo genocida israeliano (non una sanzione, non un embargo militare, non
una sola cessazione delle collaborazioni e degli scambi strategici… alla faccia
del Diritto internazionale!) è perché Israele compendia fino all’estremo la
storia europea e occidentale. In tal senso, l’unica differenza fra Trump-Musk e
von der Leyen è che il primo si dichiara esplicitamente suprematista, mentre la
seconda pratica il suprematismo senza dichiararlo.
Ma nelle “piazze per l’Europa” si va oltre l’ipocrisia. Ci si mobilita per la
guerra. Partiti, partitini e sindacati che vi partecipano sembrano in disaccordo
su alcuni aspetti (tra chi appoggia apertamente il piano di riarmo dei singoli
Stati e chi preferisce la «difesa comune europea»), ma sul rafforzamento
dell’industria bellica per continuare a depredare il resto del mondo sono tutti
d’accordo. Il punto è chi ci deve guadagnare.
Tutto ciò non c’entra nulla, sia chiaro, con la protezione della popolazione
ucraina. Massacrata e depredata sia dalla Russia sia da USA-NATO-UE, la gran
parte delle gente in Ucraina vuole il cessate il fuoco (come dimostra il livello
di massa raggiunto dalle diserzioni). Quello che l’UE non può accettare non è
certo l’invasione di un Paese sovrano (vogliamo parlare dell’Iraq, della Serbia,
dell’Afghanistan, della Libia, della Siria, della Palestina, del Libano?),
peraltro ampiamente ricercata dal blocco occidentale con una serie di continue
provocazioni volte a far entrare Ucraina e Georgia nella NATO, ma solo di essere
tagliata fuori da un bottino su cui le sue classi dirigenti hanno scommesso
tutto. L’«orgoglio europeo» dei vari Michele Serra è il tentativo di rilanciare
una potenza imperialista europea in declino. Rilancio che passa oggi attraverso
l’economia di guerra – chiamata furbescamente «difesa» – quale ulteriore
concentrazione dei monopoli economici e finanziari, pagata come sempre da chi
sta in basso.
Viviamo in un’epoca che non permette alcuna pigrizia nel pensare. La guerra è
condotta, oltre che sui campi di battaglia e nelle retrovie, contro i nostri
cervelli. Se vogliamo opporci ai venti di guerra e di riarmo; se vogliamo
spezzare le collaborazioni nei nostri territori con il genocidio a Gaza e la
pulizia etnica in Cisgiordania, dobbiamo disintossicarci dalla propaganda e
contrapporle idee e princìpi ben saldi.
A volere la guerra è un’infima minoranza: quella che si arricchisce. Per tutti
gli altri un riarmo da 800 miliardi di euro significa salari miseri, bollette
alle stelle, sanità al collasso, scuole in cui si impara poco e si obbedisce
molto, criminalizzazione del dissenso, città militarizzate.
Prendiamo esempio dalla resistenza palestinese. Fermiamo e cacciamo chi ci ha
trascinato nella spirale della guerra.
Da perdere non abbiamo che una vita sempre più invivibile. E la nostra
disumanità.
Trento, 15 marzo 2025
Assemblea in solidarietà con la resistenza palestinese
(ci troviamo ogni lunedì, dalle ore 18,30, alla Talpa di via S. Martino a
Trento)
Riceviamo e diffondiamo:
Breve opuscolo presentato durante una giornata di discussione a Lecco
https://leccoriot.noblogs.org/post/2025/02/25/9-marzo-allarrotino/
IL SERVIZIO DI LEVA IN EUROPA
Non sarò carne da cannone!
A partire dal 1992, il servizio di leva obbligatorio è stato sospeso o abolito
in buona parte degli Stati europei. Ciò è accaduto per varie ragioni, che
concernono sia la temporanea assenza di possibili conflitti “vicini”, sia il
fattore tecnologico delle nuove guerre.
Infatti pensando a nuove modalità di guerra più tecnologiche che “umane”, i vari
Stati sono passati ad una leva professionale volontaria, credendo bastassero
militari ben preparati e specializzati anche se in numero più esiguo. Per questo
si sono sviluppate campagne di arruolamento volte a ricercare persone che
volessero fare una carriera militare e a selezionarle in base alle loro qualità.
L’esercito di naja pareva inutile o addirittura controproducente in conflitti
affrontati con tecnologie e tattiche sempre più complesse da apprendere e
gestire. Al tempo stesso, lo spostamento dell’attenzione su missioni di
“peacekeeping” all’estero o interventi comunque lontani dal territorio nazionale
favoriva allo stesso modo l’impiego di un ridotto esercito di professionisti ben
addestrati e motivati.
A partire dal 2015 però, col conflitto divenuto più caldo in Ucraina, molti
Stati hanno iniziato a reinserire la leva obbligatoria, rendendosi conto che il
numero di militari era troppo basso. Il tutto si è poi velocizzato a partire
dallo scoppio del vero e proprio conflitto tra Federazione Russa e Nato in
Ucraina. Questo, nonostante le sempre più moderne tecnologie, ha anche visto il
ritorno di una guerra d’attrito, spesso combattuta in trincea, facendo
riscoprire a molti governi europei la necessità di avere una riserva di carne da
cannone da mandare al fronte.
Per questo abbiamo voluto sintetizzare in questo opuscolo cosa sta avvenendo nei
vari paesi europei, partendo da come funzionava l’esercito in Russia e Ucraina
prima della guerra.
Qui l’opuscolo scaricabile: SERVIZIO DI LEVA IN EUROPA def.docx
Questo sabato 15 marzo (in Piazza Lodron dalle 15) ci sarà anche a Trento una
“piazza per il riarmo europeo”, convocata dal giornale “Il Dolomiti”. Vi
prenderà parte – tra gli altri politicanti – anche l’immondo sindaco Ianeselli,
già responsabile della devastazione ad alta velocità di Trento e dintorni. Chi
odia le guerre dei padroni e non intende pagarle con decenni di lacrime e sangue
chiama a scendere in piazza.
Qui il volantino di chiamata: trento15Mcontroilriarmo
Riceviamo e diffondiamo:
ANCORA, ANCORA, ANCORA…
Ancora in piazza al fianco del popolo palestinese, anche se l’attenzione cala,
la kefiah passa di moda, e i colori palestinesi lasciano il posto ad altre
casacche… Il genocidio non è finito, si è “geograficamente spostato”, ma
l’infamia in atto continua; ciò che è finito è la coerenza da parte di tante e
tanti “solidali” per i quali le parole che si dicono non hanno un peso, e non
bisogna dare una consequenzialità tra pensiero, parola, ed azione.
Ancora in piazza contro il conflitto in Ucraina, che in tre anni di guerra per
gli interessi delle borghesie occidentali, da decenni impegnate per espandersi
ad est a danno della Russia (Donbass ed EuroMaiden), ha dimostrato come lo
scontro tra poli imperialisti miete vittime tra i proletari russi e ucraini,
scaricando i costi economici della guerra sulla classe oppressa europea.
Ancora in piazza per ricordare che alla guerra capitalistica si può rispondere
solo con la diserzione, come sempre più soldati ucraini e russi stanno facendo,
e che in tempi di guerra è importante avere una bussola etica che definisca il
nostro agire.
Ancora in piazza perché tra Palestina ed Ucraina emerge qualcosa: intelligenza
artificiale significa morte, capitalismo ed imperialismo significano
distruzione, tecnologia significa oppressione.
Ancora in piazza perché l’unico modo per opporsi alla repressione e alle zone
rosse è con la conflittualità, provando a violare le imposizioni e i divieti.
“Bloccare” una zona rossa, anche se per poco, è un modo per arginarla.
Ancora in piazza per indicare i responsabili del genocidio in atto, e della
guerra che si fa governo. Leonardo SPA ha uno stabilimento a Tessera; Tiziana
Lippiello è membro delle nuove fondazioni di Leonardo SPA nate da Med-Or (“per
l’Italia”, “per la scuola italiana”) e quindi collabora nella creazione di un
complesso scientifico-militare-accademico-industriale che, guadagnando dalla
guerra, si vuole mettere a capo della ricerca. E questo per tenere lo sguardo
vicino a noi.
Ancora in piazza a prendere manganellate, perché la violenza sbirresca è l’unica
risposta a chi cerca di mantenere una coerenza etica in un mondo che ci spinge
all’infamia e all’essere dissociati; la separazione dei corpi, della natura,
delle vite in diversi aspetti è una forma di governo che si attacca tramite una
forma di lotta fatta dal contatto umano, dai rapporti di reciprocità, dai legami
di verità con i mondi, interni ed esterni, abolendo così la separazione in
quanto governo e repressione.
Ancora in piazza perché questo è il messaggio del popolo palestinese. Sedici
mesi di genocidio algoritmico non hanno piegato un popolo e la sua resistenza,
grazie al legame di verità che questo popolo ha con il mondo. Un legame di
verità fatto di attaccamento alla propria terra, alla vita, alla lotta
all’imperialismo occidentale, a tante altre cose. Questa è la responsabilità
storica che ci troviamo di fronte: che legame di verità vogliamo costruire con
questo mondo? Il 2024 ha dimostrato che le democrazie liberali occidentali sono
complici del genocidio, che il capitalismo è inscindibile dalla guerra, che la
tecnologia serve per separare la vita dalla vita, dalla natura, dalla morte.
Prendendo il popolo palestinese come massima espressione di resistenza attuale,
non dobbiamo forse anche noi costruire un legame con il vero che faccia poi da
guida per le nostre azioni? È solo questo legame con il mondo che ci permette di
dare un senso alle manganellate che prendiamo in strada, alle denunce che
arrivano tassativamente dopo ogni corteo, alle “sbatte” e agli “accolli”; è
questo legame con il mondo che ci fa andare avanti, proprio perché il genocidio
in atto dimostra le complicità nostrane, e la nostra impossibilità di far finta
di nulla. E questo legame con il mondo si sviluppa nelle piazze, nel resistere
alle cariche assieme, nella solidarietà umana, nella reciprocità. La repressione
è separazione, è attaccare lo sviluppo di legame di verità con il mondo, ovvero
ciò che permette al popolo palestinese di resistere fino alla fine. Qua da noi,
si vuole attaccare proprio la nascita di questi legami di verità con il mondo, a
suon di divieti, manganellate, denunce, etc. per evitare di trovare ovunque un
popolo che resiste come quello Palestinese, una “Palestina ovunque”.
Riceviamo e diffondiamo:
FERMIAMO I CAMPI SCUOLA DEGLI ALPINI!
In questo momento storico nel quale la stampa di regime silenzia il più
possibile le iniziative che si oppongono alla guerra e, più in generale, quelle
che si contrappongono alla profonda trasformazione politica/sociale in corso, è
importante diffondere le iniziative che vengono realizzate nei propri territori.
Questa condivisione oltre a bucare il muro di silenzio utile alla pacificazione
sociale può essere anche uno stimolo per realizzare iniziative simili su altri
territori.
Lo scorso 28 febbraio si è tenuta a Vercurago (Lecco), una serata di
presentazione dei “Campi scuola degli alpini”: campi estivi per bambini e
bambine dai 9 ai 13 anni organizzati dalla locale Associazione Nazionale degli
Alpini (ANA).
Ciò che accade in questi campi è descritto nel loro stesso volantino, in cui
dichiarano: “…cerchiamo di trasmettere i valori alpini, il rispetto verso gli
altri e il territorio che ci circonda in quanto i ragazzi rappresentano il
nostro futuro”. Più esplicitamente, citando un responsabile degli alpini:
“Questi momenti formativi (i campi scuola ndr) hanno permesso ai gruppi, ai
capigruppo, ai direttivi, agli Alpini e agli amici degli Alpini di affrontare
periodi complessi, segnati dalla mancanza di nuove leve a seguito della
sospensione della naìa”.
Il loro progetto è chiaro: abituare e preparare sin da piccoli ad un futuro
fatto di guerra, atrocità e massacri; ciò che contraddistingue gli oltre 150
anni di storia del corpo degli alpini.
Per questo motivo una quindicina di antimilitaristi non ha voluto che la serata
passasse sotto il silenzio generale, riuscendo almeno a rovinare la tranquillità
dell’evento. È stato distribuito un volantino alle persone che si recavano alla
serata e, ad inizio presentazione, con un megafono abbiamo detto loro cosa
pensiamo di questi campi estivi e del corpo degli alpini. Facendo più rumore
possibile per farci sentire da tutti i presenti, anche quelli all’interno della
sala, si voleva disturbare l’incontro di formazione di nuove leve. Uno
striscione, che recitava “Campi alpini = Naia per bambini”, è stato esposto
invece verso la strada per rendere evidente anche ai passanti quale fosse lo
scopo dell’iniziativa e cosa stesse accadendo all’interno di quell’oratorio.
Purtroppo, per lo scenario che stiamo vivendo, non basterà certo una piccola
contestazione a bloccare il militarismo che ci circonda, ma aver reso evidente a
tutti i genitori e bambini presenti che il corpo degli alpini con questi campi
scuola sta preparando il terreno per arruolare le future nuove leve è già un
primo passo. Il progetto dei campi scuola degli alpini è ormai diffuso in molte
città italiane, tra marzo e aprile saranno aperte le iscrizioni per la prossima
estate. Per questo invitiamo tutti a creare iniziative per rovinare loro almeno
la tranquillità di questi incontri di preparazione all’arruolamento di fatto. Se
grazie alle contestazioni anche un solo bambino farà i capricci per non andarci,
avremo tolto loro una nuova vittima da indottrinare. Se anche un solo genitore
si sarà reso conto che dietro all’immagine del “buon alpino” impegnato nel
sociale si cela un militare, di per sé portatore di guerra, un risultato sarà
stato ottenuto.
Di seguito riportiamo il volantino distribuito durante la serata.
Assemblea permanente contro le guerre di Lecco
Qui il volantino in pdf: campi alpini DEF