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Sulla manifestazione dello scorso 2 ottobre a Lecco. Bloccare la produzione bellica è possibile!
Riceviamo e diffondiamo: Qui in formato volantino: DUE PAROLE SULLA SERATA DI LOTTA DEL 2 OTTOBRE A LECCO DUE PAROLE SULLA SERATA DI LOTTA DEL 2 OTTOBRE A LECCO Bloccare la produzione bellica è urgente e possibile! Il corteo spontaneo di giovedì 2 ottobre ha dimostrato che la lotta al fianco della resistenza palestinese può trasformarsi in una critica radicale del nostro sistema economico di guerra e sfruttamento. Infatti, dopo un primo ritrovo in Largo Montenero con l’obiettivo di bloccare la normalità della vita lecchese, oltre mille persone hanno scelto di dirigersi verso la Fiocchi Munizioni e i rioni di Belledo e Germanedo, veri avamposti locali di guerra con la presenza di aziende quali Invernizzi Presse, Simecon, 3M, LDM Transport, Defremm. La scelta di bloccare stazioni ferroviarie e strade avrebbe portato con sé una volontà di denuncia, di lotta anche simbolica, bloccare tutto anche per far riflettere tutte e tutti sulla necessità di interrompere la propria quotidianità e “normalità”. La scelta di muoversi compatti verso i poli della guerra, invece, è quel passo in più, che esce dal simbolico per diventare obiettivo di lotta, che trasforma una testimonianza in un attacco a chi le guerre le produce. Una giornata che ci mostra la strada da percorrere se veramente vogliamo dire no alle guerre e ai genocidi dei padroni. A ridosso del cancello di ingresso della Fiocchi, protetto da una camionetta e da agenti in tenuta antisommossa, ci si è fermati per un lungo presidio in prossimità del cambio turno serale. Questo ha provocato l’annullamento da parte dell’azienda del turno notturno. I e le dipendenti, intimoriti dalla presenza di centinaia di persone, hanno posticipato l’uscita. Chi sceglie di contribuire alla produzione di morte e di guerra deve riconoscere le proprie colpe e le proprie responsabilità: noi saremo lì ogni volta che potremo a ricordarglielo. Questo è il segno evidente che le proteste, se mantengono uno sguardo di lotta, sono in grado di sortire effetti concreti, reali. Il corteo, verso le 21:00, ha poi deciso di proseguire in direzione ospedale dove si è ricongiunto al personale sanitario impegnato nel flash mob “Luci per la Palestina”. Quello che è accaduto ieri è stato un profondo movimento politico collettivo. Il simbolo potente della direzione che deve prendere la lotta. Dobbiamo continuare a fare fronte compatto. Un fronte che condanna le oppressioni, le guerre e i genocidi e che, al contrario, supporta la cura e la resistenza. Perché non c’è pace sotto occupazione. Non c’è pace senza autodeterminazione. Non c’è pace senza libertà. La resistenza palestinese infatti non punta solo alla sopravvivenza, combatte per smantellare un sistema che opprime. Lo stesso sistema che, seppur in forme diverse, si ripropone a livello mondiale. Per questo ci riguarda. Per questo chi lotta per la Palestina lo sta facendo pensando alla liberazione di tutte e tutti. La protesta perciò è una faccia dell’umanità. Un’umanità che non accetta di essere complice. Che non si piega. Che non arretra. Che non scende a compromessi con chi arma e finanzia il genocidio. Che non si lascia intimidire. Serve perciò una mobilitazione continua, un’attivazione perenne popolare dal basso, che inizi a incrinare le strutture stesse del potere. E che lo faccia, innanzitutto, partendo da qui. Dobbiamo tenere al centro la Palestina, ma anche la nostra complicità, perché le radici del genocidio affondano qui: nella nostra storia coloniale e nella nostra economia. L’Italia arma, finanzia e copre i crimini israeliani. Da Lecco sono partiti quei proiettili che ritroviamo nei corpi dei palestinesi in Cisgiordania. Da Lecco sono partiti quei macchinari che producono proiettili per l’esercito israeliano. A sconcertarci, non può essere solo la violenza di Israele, ma anche la violenza razzista, fascista, coloniale e suprematista che attraversa tutto l’”Occidente” IL SIONISMO SI FERMA CON IL BOICOTTAGGIO. IL GENOCIDIO SI FERMA CON LA RESISTENZA. LA MACCHINA BELLICA SI FERMA CON LA RIVOLTA. La città si è riunita in un unico boato di rabbia e in un grande abbraccio collettivo d’amore. Una piccola intifada è esplosa nel cuore della città: un grido di resistenza. Lecco sa da che parte stare. Palestina libera. Dal fiume fino al mare. Assemblea permanente contro le guerre (Lecco) Coordinamento Stop Genocidio (Lecco)
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Stato di emergenza
Da Torino. Sul presidio in solidarietà ad Anan, Alì e Mansour e contro la Tech Week
Riceviamo e diffondiamo: SUL PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ AD ANAN, ALÌ, MANSOUR E CONTRO LA TECH WEEK DI TORINO Il 25 settembre un gruppo di solidali si è ritrovato davanti alla sede della D.I.A. di Torino (legata alla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo), difesa da un apparato imbarazzante di forze dell’ordine, per ribadire la diretta partecipazione dello Stato italiano – anche attraverso i suoi apparati repressivi – al  progetto di sterminio sionista. Il processo contro Anan, Alì e Mansour in corso al tribunale de L’Aquila non è solo un processo contro la resistenza anticoloniale, ma è contro i palestinesi in quanto tali, che ovunque si trovino devono essere attaccati e perseguiti in quanto minaccia per lo Stato israeliano e di conseguenza per tutti gli apparati scientifici-militari-industriali con esso integrati, tra cui quello italiano. A L’Aquila si difendono interessi congiunti di tipo commerciale, militare, tecnologico e scientifico, svelando l’assoluta continuità tra fronte esterno e fronte interno. Questa continuità è dimostrata anche da grandi eventi quali la Tech Week, che si terrà a Torino dal 1 ottobre, infame celebrazione delle nuove tecnologie utili al controllo e allo sterminio, con ospiti del calibro di Jeff Bezos e John Elkann. Il titolo scelto per quest’anno è “The Wave Ahead”, un’immagine che evoca una spinta inarrestabile: l’onda dell’innovazione tecnologica che vorrebbero appunto ineluttabile. Che il piano di riarmo europeo sia un progetto di riconversione verso il militare e verso l’automazione dell’industria automobilistica in crisi non deve stupire, conoscendo l’ignobile storia della FIAT. Come non stupisce che Amazon fornisca servizi di cloud e IA all’Esercito israeliano per archiviare ed elaborare enormi quantità di informazioni sui palestinesi da sterminare. Intelligenza artificiale è guerra. E’ guerra contro il vivente perchè comporta la delega delle nostre facoltà creative e decisionali a macchine; ed è guerra militare perchè i dati con cui queste vengono “addestrate” servono direttamente a potenziare “operazioni di polizia”, in Palestina, in Ucraina, come qui. Per questo ieri il presidio dalla D.I.A. si è spostato davanti allo IAAD, su via Bologna. L’Istituto di Arte Applicata e Design non solo è partner ufficiale della Tech Week, ma parteciperà tramite il suo direttore con una masterclass dal titolo “Le Intelligenze del Made in Italy”, dove si sdoganano le innovazioni tecnologiche nelle cosiddette industrie creative per cui i futuri diplomati diventeranno piccoli o grandi imprenditori, per – citiamo – “formare professionisti ibridi che uniscano sensibilità umanistica, design e intelligenza artificiale, valorizzando il Made in Italy come polo di innovazione sostenibile”. Queste iniziative rappresentano nient’altro che la normalizzazione culturale dello sterminio e della guerra al vivente portata avanti dai padroni del mondo, dai cultori dell’algoritmo. La guerra tecno-capitalista alla vita e il genocidio si alimentano oggi soprattutto di “dati”. Altro che “resistenza tecnologica” come propone qualcuno, è ora di distruggere e disertare le macchine che ci immiseriscono e distruggono. Un modo concreto per sabotare la guerra e portare solidarietà ad Anan, Alì, Mansour e alla resistenza palestinese. Tech Destruction Not Resistance! — sulla “resistenza tecnologica”: www.instagram.com/italian_tech_resistance/
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Stato di emergenza
Da Carrara. Con la Palestina nel cuore, contro tutti gli Stati, contro le politiche di guerra dello Stato italiano
Riceviamo e diffondiamo: Diffondiamo il volantino “Con la Palestina nel cuore, contro tutti gli Stati, contro le politiche di guerra dello Stato italiano”, distribuito lunedì 22 settembre a uno dei due ingressi del porto di Marina di Carrara. Almeno 400 persone erano presenti durante la mattina al varco di Levante nell’ambito dello sciopero indetto da alcune componenti del sindacalismo di base (mentre al corteo pomeridiano erano presenti circa 3500 persone). Qui in pdf: con-la-palestina-nel-cuore-vol-22-sett-2025 CON LA PALESTINA NEL CUORE, CONTRO TUTTI GLI STATI, CONTRO LE POLITICHE DI GUERRA DELLO STATO ITALIANO Come anarchici scendiamo oggi in piazza nel contesto della mobilitazione a sostegno della resistenza della popolazione palestinese. Il 7 ottobre 2023 si è infranto il mito dell’infallibilità dello Stato di Israele e del suo progetto sionista. L’azione del 7 ottobre non ha avuto solo il significato di un vendicativo riscatto di una popolazione oppressa e colonizzata da ottant’anni contro l’onnipotenza tecno-militare israeliana, contro i suoi muri elettronici, i suoi droni, la sua sorveglianza di massa, ma ha avuto anche l’obiettivo politico di inserirsi come un cuneo nel processo di normalizzazione del cosiddetto Medio Oriente avviato dai Patti di Abramo, che avrebbe definitivamente eclissato la questione palestinese dall’orizzonte degli Stati arabo-islamici. Oggi nessuno può più negarlo: dopo la colonizzazione, il regime di apartheid, le stragi, i massacri sistematici occorsi negli ultimi ottant’anni, nella martoriata Palestina è oggi in corso un tentativo di vera e propria pulizia etnica e di annientamento programmato della popolazione palestinese. Il genocidio nella striscia di Gaza fa il paio con l’intensificarsi degli attacchi dei coloni e delle operazioni militari mirate in Cisgiordania. Il primo genocidio automatizzato della storia, reso possibile dalle sempre maggiori applicazioni dell’intelligenza artificiale, sta venendo trasmesso in diretta mondiale. L’assuefazione all’orrore è a portata di chiunque. Stare dalla parte dei palestinesi è anzitutto una questione di dignità. Gli Stati occidentali, a parte alcune timorose recenti defezioni, stanno tutti collaborando con Israele o avallando il genocidio in Palestina. Giustificando l’operato dei sionisti tramite la propaganda mass-mediatica, consentendo l’adeguata copertura ideologica ai massacri, inviando armamenti e fornendo ulteriori luoghi di esercitazioni e sviluppo della capacità offensiva delle forze militari israeliane (si veda i passati addestramenti nelle basi che occupano ampi territori in Sardegna), lo Stato italiano è tra i maggiori sostenitori di Israele in Europa. Un sostegno che si manifesta non solo in campo militare e diplomatico, ma anche nella repressione interna: si veda il processo imbastito dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo dell’Aquila contro tre palestinesi, di cui uno ancora recluso nel circuito di “Alta Sicurezza 2” (Anan Yaeesh, la cui richiesta di estradizione in Israele è stata respinta e che nel 2006 era rimasto gravemente ferito in un agguato armato israeliano). Gli interessi bellicisti dello Stato vanno inoltre a braccetto con quelli di un intero comparto che si occupa della produzione di armi. Si vedano ad esempio i consolidati rapporti tra Leonardo Spa e Israele: tre sedi della compagnia italiana sono presenti nella Palestina occupata. E sempre più aziende in tutta Europa vanno convertendo la propria produzione verso scopi bellici. Una trama di interessi e di rapporti di una miriade di aziende che – eccettuate sparute attività di disturbo e rilevanti azioni di sabotaggio e attacco – stanno proseguendo indisturbate nella propria produzione di morte. Bloccare i porti – così come il 12 settembre è stato bloccato l’ingresso dello stabilimento di Leonardo e Thales Alenia all’Aquila – è quindi una tra le tante pratiche che possiamo realizzare e sviluppare qui da noi per impedire lo spostamento degli armamenti verso Israele e non solo. SUPERIAMO LE FORME RITUALI DELLE MANIFESTAZIONI DI TESTIMONIANZA, BLOCCHIAMO ATTIVAMENTE I FLUSSI DELLA LOGISTICA MILITARE E OPPONIAMOCI ALLA MACCHINA BELLICA ALL’INTERNO DEI PAESI CAPITALISTI OCCIDENTALI. SCIOPERARE, DISERTARE, SABOTARE. Carrara, 22 settembre 2025 Circolo Culturale Anarchico “Gogliardo Fiaschi” Indirizzo: Circolo Culturale Anarchico “G. Fiaschi”, via Ulivi 8/B, Carrara – E-mail: circolofiaschi@canaglie.org – Pagina facebook: https://www.facebook.com/circoloculturaleanarchicogogliardofiaschi/
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Prepariamoci alla guerra
Riceviamo e diffondiamo: Qui il pdf: prepariamoci alla guerra Prepariamoci alla guerra Mentre i nostri occhi pieni di orrore sono per forza di cose puntati su Gaza, le cancellerie d’Europa – in testa la Commissione europea – sembrano fare di tutto per far precipitare la guerra contro la Russia. Nel giro di neanche un mese, abbiamo assistito alla reintroduzione della leva militare in Germania (al momento volontaria, ma con «opzione di obbligo» nel caso non si raggiunga un numero sufficiente di arruolati); al clamore mediatico – dal chiaro linguaggio bellicista – sull’incontro tra Putin, Xi Jinping e Kim Jong-un a Pechino; alla fake news sul sabotaggio mai avvenuto all’aereo di Ursula von der Leyen nei cieli della Bulgaria; alla circolare per la militarizzazione degli ospedali in Francia (seguìta in questi giorni da un’analoga disposizione in Italia) e, infine, all’episodio dei droni “russi” (virgolette d’obbligo, perché su questa notizia sono più i dubbi che le certezze) in parte caduti e in parte abbattuti dalla contraerea polacca all’interno dei propri confini. Nelle stesse ore in cui il governo della Polonia convocava i vertici della NATO attivando l’articolo 4 dell’Alleanza, Ursula von der Leyen, nel suo quinto discorso sullo stato dell’Unione Europea, pronunciava parole inequivocabili: «l’Europa deve combattere» all’interno di «uno scontro per il nuovo ordine mondiale basato sul potere», e rilanciava nuovamente la necessità di una «economia di guerra». Nello stesso discorso, Von der Leyen ha dichiarato anche che il massacro a Gaza «non è più accettabile» – come se lo fosse fino al giorno prima… – paventando delle «sanzioni parziali» contro Israele. A strettissimo giro, è cominciata la missione «Sentinella dell’Est», con lo schieramento di 40.000 soldati polacchi, nonché di sistemi d’arma della NATO (aerei da bombardamento, fregate, radar), sui confini russi e bielorussi, mentre viene ipotizzata una «no fly zone» sulla parte occidentale dell’Ucraina. Da un lato e l’altro del fronte, entrambi i contendenti stanno predisponendo e testando mezzi che possono essere armati con testate nucleari (la Francia ha schierato in Polonia aerei Rafale, la Russia ha simulato in Bielorussia il lancio di missili Iskander). Come interpretare questo indubitabile crescendo di quelli che – comunque li si voglia leggere – sono dei segnali, rivolti tanto alla popolazione europea quanto ai vari gerarchi dello scacchiere internazionale (e ai “loro” popoli)? Se sappiamo benissimo che nella società dello spettacolo il dominio persegue i propri obiettivi facendo dell’organizzazione dell’apparenza una leva di trasformazione della realtà, e che questa sequela di mosse potrebbe essere finalizzata “soltanto” a riempire le casse dei produttori di armi e a rilanciare il complesso scientifico-militare-industriale, sappiamo anche – come avvertiva un vecchio situazionista – che non c’è illusione senza supporto reale. Un’economia di guerra non può funzionare senza la guerra stessa, ovvero, nella situazione attuale, senza rilanciarla e allargarla. Anche solo per il fatto che, per poter essere prodotte a ciclo continuo, le armi devono essere via via distrutte sui campi di battaglia. Se a questo aggiungiamo che non sappiamo come reagirà il Cremlino davanti a queste provocazioni, e che ogni guerra riapre sempre i conti lasciati in sospeso nei conflitti passati (e infatti tutto il fronte orientale dell’Unione, da Svezia e Finlandia alla Polonia a guida atlantista-nazionalista, passando per i Paesi baltici, non vede l’ora di potersi scagliare contro la Russia – mentre la Romania pacifista è già stata precettata), lo spettacolo della nuova “Grande Guerra” potrebbe rovesciarsi in realtà da un giorno all’altro. In questo contesto, che significa prepararsi? Innanzitutto sapere che la guerra può effettivamente espandersi, e che non possiamo dare per scontato il suo contenimento all’interno dell’Ucraina mentre tutto fa pensare il contrario. In secondo luogo, sapere bene cosa dire e cosa fare in caso di allargamento del conflitto, denunciando con fermezza le responsabilità sempre più flagranti dei padroni di casa nostra: degli USA che l’hanno provocato; dell’Unione Europea che, con la bava alla bocca, ne raccoglie il testimone; del governo italiano, reggicoda di entrambi; della falsa opposizione, pacifista dell’ultim’ora o realmente guerrafondaia. In terzo luogo, tenere bene a mente che chi varcherà per primo il confine altrui, la NATO o la Federazione Russa, non deve fare per noi alcuna differenza. Solo con delle idee chiare è possibile evitare quell’effetto paralisi che ci ha già còlti nel recente passato (con l’Emergenza Covid, con l’invasione russa dell’Ucraina e, in misura fortunatamente minore, anche nella prima fase del massacro dei palestinesi dopo il 7 ottobre), e che sarebbe ancora più imperdonabile nel presente. Solo con le idee chiare si possono cogliere le occasioni, senza regalare per l’ennesima volta ai nostri nemici quel tempo prezioso che permetterebbe loro di seminare ancora una volta confusione e divisioni attraverso un avvelenamento propagandistico che abbiamo già conosciuto, e di dare un’ulteriore stretta securitaria e repressiva al fronte interno. Se ragionamenti come questi, per motivi che qui non ci interessa analizzare, fanno un po’ fatica a muoversi negli attuali àmbiti “antagonisti”, teniamo presente che non siamo soli. Là fuori c’è un mondo intero di sfruttati e oppressi che negli ultimi cinque anni ha subito di tutto: restrizioni, terrore televisivo in dosi inaudite, inoculazioni forzate, censura; che oggi boccheggia sotto i colpi di inflazione, povertà e precarietà; e che soprattutto non vuole la guerra. Se questo mondo, in caso di escalation, scenderà nuovamente in strada, la presenza di personaggi ambigui, quando non apertamente reazionari e razzisti, non dovrà spaventarci. Mentre sappiamo per esperienza diretta che in giro non mancano le persone di cuore che negli ultimi due anni hanno guardato a Gaza con la nostra stessa angoscia, a tenere alla larga i vari Rizzo e Vannacci c’è una parola di quattro sillabe: Palestina. Che basta e avanza a differenziare il disfattismo internazionalista dal pacifismo reazionario: quello di chi è contrario alla guerra solo quando pensa che possa arrivargli in casa, e per il resto vuole che tutto continui come prima (e tanto meglio, come dice il premier tedesco, se Israele fa il lavoro sporco per tutti noi). Da questo punto di vista, non appare casuale che, nel discorso più bellicista della sua carriera, la tecnocrate Von der Leyen abbia espresso per la prima volta una timidissima condanna dell’operato di Israele. Senza neanche una mezza reprimenda verso un genocidio che ormai solo i burocrati del suo stampo non chiamano per nome, come sarebbe possibile legittimare un conflitto potenzialmente nucleare in nome dei “valori” e della “libertà” occidentali? Nel frattempo si è visto in cosa consisterebbero le fantozziane «sanzioni parziali» proposte dalla Commissione Europea: ad Israele verrebbe negato soltanto il suo status di «partner commerciale privilegiato» (ovvero, dovrebbe pagare le stesse tasse degli altri Paesi extra-UE), e nella bozza della Commissione non c’è neanche l’ombra di un divieto all’esportazione di armi e materiale bellico. A noi, e a chi si ribellerà con noi, spetta ribadire che le mani che armano il genocidio e cercano di incendiare la nuova Grande Guerra sono esattamente le stesse, con la complicità della sinistra più o meno sionista e sempre con l’elmetto (PD, Avs, Cgil), che da un lato cerca di «salvare Israele da se stesso» agitando la parola d’ordine sempre più improponibile dei «due popoli due Stati» in Palestina, e dall’altro soffia più di tutti sul fuoco della guerra alla Russia (quanto al Movimento 5stelle, basta ricordare che ha votato fino a ieri l’invio di armi a Kiev per smascherare la sua opposizione di facciata). Mentre il grido “Blocchiamo tutto!” si alza dalle piazze per Gaza e dai porti del Mediterraneo (e dalle manifestazioni francesi contro i piani di austerità), fornendoci finalmente l’occasione per fare qualcosa di concreto contro i massacratori sionisti – ma anche, indirettamente, contro i piani di repressione e pacificazione del fronte interno; mentre le atrocità dell’IDF a Gaza City potrebbero portare in strada anche chi finora non si è mosso; e mentre ci prepariamo a una nuova mobilitazione per strappare Alfredo Cospito alla tortura del 41-bis, non cessiamo né di agire né di pensare ai prossimi tornanti. Mentre scendiamo in strada per la Palestina, creiamo le condizioni per poter continuare a lottare, chiudendo la via alla guerra e rovesciandola contro i padroni. La realtà sta arrivando. Che ci trovi sulle barricate. 21 settembre 2025 assemblea Sabotiamo la guerra
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In primo piano
Dalla manifestazione di Ronchi: Contro Leonardo, il sistema-guerra e i suoi servi dell’informazione
Riceviamo e diffondiamo questa presa di posizione dalla manifestazione dello scorso 13 settembre contro la Leonardo a Ronchi dei Legionari (Ud):   CONTRO LEONARDO, IL SISTEMA-GUERRA E I SUOI SERVI Non è necessario indossare l’uniforme, la tenuta anti-sommossa e il distintivo (e/o il borsello) per appartenere allo schieramento degli apparati di controllo e repressione dello Stato, è sufficiente esercitare una certa funzione “pubblica” e soprattutto esprimerne insieme la legittimità. Può bastare un tesserino di giornalista. Ma cosa fanno questi “professionisti dell’informazione che spesso operano in un clima di tensione”? Ti piantano in faccia le loro arroganti telecamere e quando cerchi di spiegare loro che non possono farlo contro la tua volontà e che no vuol dire no, si appellano alla legge che loro rispetterebbero e continuano imperterriti a mancarti di rispetto, poi quando la contestazione al loro operato diventa collettiva, allora si lamentano e invocano conseguenze penali per chi ha osato contestarli. Ecco, questi difensori della libertà di parola e della democrazia, svolgono una precisa funzione, quella di servi dello Stato. E infatti sono sempre pronti a consegnare alla Digos i loro filmatini (alla faccia della libertà di espressione e di opinione!). E infatti, anche in occasione di questa mobilitazione contro la Leonardo spa di Ronchi e in solidarietà con la Resistenza del popolo palestinese contro il genocidio portato avanti dallo Stato di Israele, mobilitazione auto-organizzata da parte di varie realtà del territorio riunite nell’Assemblea no Leonardo, senza partiti, padrini e né padroni, chi intercettano questi campioni dell’informazione? Politicanti d’assalto che si fanno largo e per avere il loro momento di visibilità “radicale” e si permettono valutazioni sulla mobilitazione confrontandola con quella del dicembre 2023, notabili riformisti, mitomani provocatori in odor di sionismo. Chiunque pur di non andare al cuore delle questioni, chiunque pur di sminuire e stigmatizzare le proteste e di mantenere e difendere lo schifo esistente. E infatti, a titolo di esempio paradigmatico, che cosa hanno fatto questi sinceri professionisti, millantatori dell’attività di informare, durante le stragi nelle carceri italiane dell’8-9 marzo 2020? Naturalmente hanno riportato solo le versioni dei carcerieri, questo sanno fare i servi del potere e questo fanno! Non possiamo non rispondere al comunicato della Rai del Friuli-Venezia Giulia perché non porre argine alla falsificazione degli avvenimenti si tradurrebbe per noi in una accettazione delle manipolazioni ai nostri danni e nel consentire al trionfo della passività sul mondo e siccome non siamo un ammasso di docili pezzi di carne inerti in attesa di essere macinati per gli spettatori, ci rivoltiamo. Riportiamo le parole del giornalista inviato di guerra Chris Hedges dal blog Invicta Palestina: “I giornalisti occidentali sono complici a pieno titolo del genocidio. Amplificano le menzogne israeliane che sanno essere menzogne, tradendo i colleghi palestinesi che vengono calunniati, presi di mira e uccisi da Israele”. Usigrai, RAI, coordinamento CdR della RAI regionale FVG, hanno manifestato solidarietà attiva nei confronti degli oltre 250 giornalisti palestinesi uccisi a Gaza da Israele? Nella tragedia di Pasolini I Turcs tal Friûl, scritta a ridosso del 1945 e ispirata alle invasioni turche del ‘500, le persone di una periferia remota e dimenticata discutono ed elaborano piani di autodifesa di fronte al pericolo imminente di un’invasione e alla prospettiva di una minaccia concreta al loro vivere quotidiano. Emergono due atteggiamenti, l’uno rinunciatario e rassegnato, l’altro combattivo e vitale, destinato a soccombere. Sono personificati nei due fratelli Colùs, Pauli e Meni, il secondo andrà a combattere e non ritornerà, come un eroe tragico, e i turchi alla fine risparmieranno misteriosamente il villaggio. Partecipare al corteo di Ronchi del 13 settembre ha fatto pensare ai turchi in duplice senso, nel primo, alla lettera, ovvero nel fatto che nei prossimi mesi dallo stabilimento Leonardo di Ronchi usciranno droni micidiali concepiti in Turchia dalla Baykar; nel secondo, più allegorico, ovvero che questo fatto non viene percepito in loco come un pericolo imminente, come una minaccia concreta alla comunità, ma si preferisce una pseudo-normalità fatta di quieto vivere. Allo stesso modo questo atteggiamento di pseudo-normalità si è riproposto anche in alcune componenti che hanno partecipato al corteo del 13 settembre, quelle “istituzionali-pacifiste”, che non perdono occasione per prendersi uno spazio di parola, sottraendolo agli altri. Quello spazio che faticosamente si è cercato di costruire, con la ricerca e l’agitazione, nei pochi mesi trascorsi da quando è scaturita, tra i collettivi e le individualità che si sono incontrati, la proposta di fare qualcosa. Allo stesso modo, cioè con fatica, gli interventi al microfono e gli slogan lanciati durante il corteo hanno voluto esprimere ai residenti lo sgomento e la paura, oltre che il merito, oltre a denunciare il fatto cioè che il tessuto industriale della zona si sta rapidamente rivolgendo verso il settore difesa e il dual-use1; ma insieme a ciò hanno voluto esprimere anche una scelta chiara, quella di reagire al fatalismo. Ci è rimasto impresso un aneddoto di un compagno, molto istruttivo. Ai tempi delle lotte antimilitariste alla base NATO di Comiso nei primi anni ‘80, il prefetto di Ragusa lo fece prelevare dalla polizia con altri compagni, si informò sulle loro intenzioni. Alla risposta che volevano entrare nella base per distruggerla, il prefetto rispose che “Se venite con la gente, potete farlo, se siete da soli, non ve lo consiglio”2. Il prezioso suggerimento, per non soccombere, è quello di prepararsi, concretamente, con il ragionamento e con l’azione. Udine 18 settembre 2025 Qualcuno che c’era 1Adriatronics cambia proprietà, salvi trecentotrenta posti di lavoro, “Il Piccolo”, 12/9/25; Difesa, fra Trieste, Pordenone e Gorizia in “distretto” del militare, “Tgr Rai Friuli Venezia Giulia”, 31/7/25. Sono solo due esempi eclatanti. 2A.M.BONANNO, Errico Malatesta e la violenza rivoluzionaria, Trieste, 2023, pp.51-52   Qui le solite parole vuote di condanna, stavolta da parte di Usigrai, RAI FVG e compagnia cantante: https://www.rainews.it/articoli/2025/09/rai-condanna-aggressione-giornalista-tgr-friuli-venezia-giulia-maurizio-mervar-036a3a1b-7173-4a2d-be52-1e4071e36313.html  
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Succede all’Aquila, il 12 settembre. Bloccata Leonardo S.P.A. in solidarietà ad Anan, Alì e Mansour
Riceviamo e diffondiamo questo resoconto commentato dell’importante iniziativa a L’Aquila dello scorso 12 settembre, corredato da diverse foto: Bloccata Leonardo S.P.A., fabbrica di morte, in solidarietà con Anan, Alì e Mansour Venerdì 12 settembre 2005, abbiamo partecipato ad un’assemblea pubblica indetta all’ingresso delle fabbriche di armi Leonardo e Thales Alenia, situate nella zona industriale dell’Aquila. In questo complesso militare di eccellenza lavorano 450 persone tra tecnici e ingegneri e si producono sistemi di riconoscimento (amico-nemico) ed apparati di identificazione avionica, sia civili che militari. Queste fabbriche sono un pezzo della guerra algoritmica contro l’umano combattuta dal capitalismo. Sono ubicate all’interno di uno spazio paradigmatico del mondo distopico in cui viviamo, un non-luogo in cui convivono fabbriche d’armi, centri commerciale e carceri speciali. Durante la nostra presenza il blocco è stato effettivo, nessun veicolo è entrato o uscito dalle fabbriche; siamo inoltre a conoscenza del fatto che Leonardo ha lasciato preventivamente a casa molti dipendenti in “smart working”. Siamo stati determinati nel non farci spostare dalla strada di accesso che abbiamo presidiato fin dalle prime ore del mattino, per un giorno è stata interrotta la normalità di chi produce e vende armi. I pochi lavoratori con cui abbiamo avuto modo di confrontarci ci hanno confermato che all’interno di questi siti produttivi non vi sono operai, ma solo tecnici altamente specializzati perfettamente coscienti di quello che producono. Al termine del presidio ci siamo spostati in corteo fino ad un Hub importante per il commercio ed il capitalismo, uno dei grandi centri commerciali della città, dove abbiamo tenuto un presidio informativo sulla presenza delle vicine fabbriche e sulla lotta per la liberazione della Palestina. Va segnalato l’interesse e l’approvazione di molte delle persone che abbiamo incrociato durante l’intero arco dell’iniziativa. Leonardo, industria controllata dallo Stato, ha continuato a vendere armi ad Israele durante tutto il periodo dell’assedio a Gaza, del massacro di un enorme numero di palestinesi in tutti i territori occupati, e dell’attacco del IDF a diversi paesi dell’Asia occidentale. Questa è una prova della complicità del Governo italiano con il genocidio in corso. A parte qualche ipocrita dissociazione di facciata, fatta per rabbonire una società schierata per la maggior parte a fianco dei palestinesi e contro Israele, il Governo italiano sostiene fedelmente i terroristi israeliani nei loro progetti criminali. Senza un flusso costante di aiuti da parte dei paesi occidentali Israele non potrebbe perpetrare il genocidio: fermiamolo! Blocchiamo tutto: scuole, fabbriche, trasporti, ricerca, eventi culturali e sportivi! Le azioni dei solidali con la Palestina contro i complici di Israele sono continue, crescenti e diffuse un ogni parte del mondo: è nato un movimento di solidarietà internazionale che può fermare la guerra. Se il popolo palestinese non ha amici tra i potenti ha al suo fianco tutti gli oppressi del mondo. Trasformiamo la guerra dei padroni in guerra contro i padroni! Abbiamo bloccato Leonardo in solidarietà con i tre palestinesi, Anan, Alì e Mansour, accusati dal tribunale dell’Aquila di finanziamento del terrorismo e associazione con finalità di terrorismo. Si tratta di un processo farsa ordito dal DDAA (Dipartimento Distrettuale Antimafia ed Antiterrorismo) e dal DCPP (Dipartimento Centrale della Polizia di Prevenzione) su mandato del governo e dei servizi segreti israeliani. Anan Yaeesh è stato un combattente della resistenza contro l’occupazione coloniale in Cisgiordania, ha fatto parte del gruppo di risposta rapida, brigata Tulkarem, articolazione delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, ha subito tentativi di omicidio, è stato ferito, imprigionato e torturato dalle forze di occupazione israeliane. Da 2017 vive in Italia e gode di protezione umanitaria. Perseguire gli esuli all’estero, che hanno legittimamente combattuto contro l’occupazione illegale delle loro terre, fa parte del progetto di colonialismo di insediamento e della guerra di sterminio perché fino a quando esisteranno palestinesi coscienti e combattivi, in qualsiasi parte del mondo, la perpetuazione dell’occupazione israeliana è in pericolo. Quanto sta accadendo in questi tempi ci chiarisce che non saranno né il diritto internazionale né degli aiuti umanitari a porre fine al massacro. Se esiste la Palestina e se il popolo palestinese vive sulla sua terra lo deve a se stesso ed alla sua forte resistenza, è solo tramite la resistenza che i popoli oppressi possono sconfiggere il giogo coloniale e giungere alla liberazione ed all’autodeterminazione. Quanto accade un Palestina ci riguarda tutti, è lo specchio del mondo in cui viviamo. La colonizzazione capitalista del pianeta considera la popolazione palestinese come una massa eccedente, superflua e da eliminare per fare spazio a progetti di valorizzazione dello spazio. In direzione opposta la strenua resistenza del popolo palestinese a questi processi dimostra che è possibile fermarli e ribaltare l’ordine delle cose. I palestinesi ci danno un esempio di come possiamo bloccare i devastanti progetti del capitale, ovunque e anche qui. Il 19 e 26 settembre si terranno presso il tribunale dell’Aquila due udienze del processo ai tre palestinesi. A questo processo vi è stata una presenza di solidali costante, nutrita ed utile. Se guerra, genocidio e repressione partono da qui è qui che bisogna fermarli! Adesso è il momento di moltiplicare la solidarietà con la resistenza e farla risuonare in ogni città! Libertà per Anan, Alì e Mansour! Complici e solidali Qui il pdf: comunicato presidio Leonardo 1 Qui sotto le foto dell’iniziativa:
Rompere le righe
Stato di emergenza
Contro il genocidio, la corsa alla guerra e al riarmo. Contro la complicità dello Stato e del capitale italiano, Iveco, Flying Basket e Leonardo in testa. Dal presidio a Bolzano dello scorso 11 settembre
Riceviamo e diffondiamo. Qui l’articolo originale: https://oltreilponte.noblogs.org/post/2025/09/11/bz-tanti-partecipanti-al-presidio-contro-leonardo-spa-flying-basket-e-idv-guerra-e-genocidio-partono-anche-da-qui/   TANTI PARTECIPANTI AL PRESIDIO CONTRO LEONARDO SPA, FLYING BASKET E IDV. GUERRA E GENOCIDIO PARTONO ANCHE DA QUI. Giovedì 11 settembre 2025, a 52 anni dal colpo di stato fascista in Cile sostenuto dagli Stati Uniti d’America, tanti compagni e solidali con il popolo palestinese hanno partecipato al presidio di fronte allo stabilimento industriale-militare di Iveco defence vehicles, da poco acquistato da Leonardo spa. Dalle ore 17 alle 19 circa oltre una cinquantina di persone hanno manifestato per denunciare le responsabilità di Leonardo nel genocidio del popolo palestinese, con interventi al megafono e distribuendo volantini. Da quasi due anni Israele sta portando avanti un progetto genocida con la decisiva complicità di Stati Uniti e Unione Europea, fra cui anche il Governo italiano di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Oggi più che mai è importante denunciare i responsabili in ogni ambito di questo orrore e renderli visibili alla popolazione. VEDERE LE RESPONSABILITA’ – VEDERE LA GUERRA Di fronte a un’apparato di propaganda e di informazione di guerra scendere in piazza è fondamentale per rompere la normalizzazione dell’orrore assoluto di Gaza ma soprattutto per rendere visibile alla città come la guerra abbia profonde radici nel tessuto economico della nostra città. Pochi sanno delle gravi responsabilità di Leonardo nel genocidio in atto ed è quindi essenziale denunciare la sua attività e delle start-up come Flying Basket che non si fanno scrupoli a collaborare con tale macchina di morte e distruzione. NON SI PUO’ FERMARE IL VENTO – SABBIA NEGLI INGRANAGGI DELLA GUERRA Nonostante la sistematica censura e la repressione della polizia politica della Questura di Bolzano e le sue intimidazioni, la mobilitazione continua con forza. Si mostra sempre più profondo l’abisso morale ed etico che separa chi, come la Digos, protegge i soldati israeliani in vacanza in Italia dopo aver partecipato allo sterminio di donne e bambini e chi lotta per fermare questo orrore e gli interessi che lo permettono. Se in questo mondo non esiste un tribunale che può processare responsabili e complici di questo genocidio, di certo quello della storia e della coscienza ha già emesso la sua sentenza. Di seguito pubblichiamo il testo del volantino distribuito durante il presidio. IVECO E LEONARDO COMPLICI DI GUERRE E GENOCIDI Dopo aver acquisito il 10% della start-up altoatesina produttrice di droni Flying Basket, nei mesi scorsi il colosso dell’apparato militare-industriale Leonardo ha acquistato Iveco defence vehicles per 1,7 miliardi di euro. Questa operazione si inserisce in una quadro internazionale di tendenza alla guerra e di corsa al riarmo che sta aprendo prospettive di enormi profitti per le aziende dell’industria bellica. La presenza in città di questa società, leader mondiale dell’industria della guerra, ci pone di fronte a dilemmi etici e morali che non lasciano vie di fughe ed a cui, in tempi di guerra e genocidio, è doveroso dare una risposta. Da 2 anni ormai è in corso il genocidio del popolo palestinese, affamato e massacrato quotidianamente da terra, aria e mare. L’obiettivo dichiarato dal governo sionista è quello di occupare ed evacuare Gaza city costringendo così 2 milioni di gazawi in un grande campo di concentramento sorvegliato da carriarmati e sciami di droni, privi di ogni minima assistenza medica, senza acqua corrente e in uno stato di malnutrizione cronica, in attesa della morte o della deportazione. Uno scenario distopico, che ricorda il film Hunger games, in cui la fame diventa uno strumento per disgregare la società palestinese e ogni forma di solidarietà sociale. Questo orrore assoluto non si ferma perché Israele vuole estendere il progetto coloniale di insediamento iniziato nel 1948 ma anche perché questo sterminio è redditizio per molte aziende, fra cui Leonardo. I cannoni delle corvette della marina israeliana sono prodotti da Oto Melara, una società controllata da Leonardo e dal 1985 consorziata con Iveco DV. Leonardo è partner strategico del sistema militare-industriale di Israele, dove ha stabilimenti e dipendenti ed è coinvolta nella produzione dei cacciabombardieri F35 che lo Stato sionista sta utilizzando per distruggere Gaza. Oltre alle bombe ed ai cannoni che stanno massacrando la popolazione, gli interessi di Leonardo entrano anche nella costruzione dei bulldozer D9 di Caterpillar, utilizzati per radere al suolo ospedali, case, moschee e trasformati in un’arma automatizzata e comandata a distanza grazie anche al contributo di RADA Electronic Industries, controllata dalla società italiana. Il progetto del blocco finanziario e politico Usa – Israele di deportare i sopravvissuti della popolazione di Gaza per fare posto a un resort per ricchi trasforma una colossale e disumana cancellazione di una popolazione in un progetto immobiliare che ha una regia chiara e finanziatori ben definiti. Un’operazione di ingegneria sociale e demografica studiata nei circoli del capitalismo finanziario più barbaro e spregiudicato che vede il partito unico degli affari, della guerra e del genocidio deciso nel trasformare un orrore senza fine in un’opportunità per macinare profitti grondanti sangue. Il capitalismo nella sua forma più estrema, priva di maschere, che non esita a cancellare individui e popoli se considerati di intralcio ai propri affari. L’Italia è sempre più la retrovia di un fronte di guerra che va dall’Ucraina al Medio Oriente fino al circolo polare artico, dove da tempo le grandi potenze stanno affilando i coltelli (da anni in Alto Adige si tengono esercitazioni militari in montagna e nei laboratori del NOI Techpark per simulare la guerra in ambiente artico). Dalla base militare di Sigonella transitano aerei israeliani mentre diverse località turistiche italiane – dalle Marche alla Sardegna – vedono centinaia di soldati delle forze di occupazione sioniste in vacanza per rilassarsi, dopo aver partecipato al genocidio del popolo palestinese. Una presenza che avviene sotto la protezione della Digos, da un lato impegnata nel reprimere e criminalizzare ogni protesta (lo vediamo anche a Bolzano con denunce, avvisi orali e fogli di via distribuiti in quantità), dall’altro al lavoro per garantire vacanze sicure e tranquille ai responsabili dello sterminio di centinaia di migliaia di civili, donne e bambini. Da oltre un decennio nelle basi militari in Sardegna i piloti dell’aviazione israeliana si addestrano insieme a quelli italiani e di altri paesi NATO. Il Governo italiano è complice di questo orrore. Denunciamo le sue responsabilità. Mentre il genocidio a Gaza prosegue con la decisiva complicità di Usa e Ue, le società di investimento finanziario e le industrie dell’apparato militare industriale stanno spingendo le èlite europee verso la guerra. Il Governo Meloni ha infatti approvato l’impegno a destinare il 5% del PIL alla spesa bellica entro il 2035. Soldi sottratti a sanità, scuola, edilizia popolare e servizi sociali. I giornali principali costruiscono un clima di paranoia inventando nemici dell’Occidente nel tentativo di alimentare tali politiche guerrafondaie e antipopolari mentre in diversi paesi dell’Ue si discute di introduzione della leva obbligatoria. In Germania e Francia alcune circolari dei rispettivi ministeri della Salute invitano gli ospedali a prepararsi ad emergenze come l’arrivo di centinaia di soldati da curare. Non possiamo abituarci alla guerra e all’orrore di Gaza. Denunciamo le responsabilità politiche del Governo italiano e di aziende come Leonardo che lucrano sul sangue dei palestinesi. Scioperiamo, disertiamo le loro guerre, i loro genocidi. Sabbia non olio negli ingranaggi della guerra e del genocidio. No alla corsa al riarmo. IL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE PARTE ANCHE DA QUI Assemblea solidale con il popolo palestinese – Bolzano Per contatti: freepalestinebz@inventati.org – Telegram “Free Palestine BZ” – Instagram: gazaiscalling
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Berlino: Attacco al complesso militare-industriale – Blackout nel più grande parco tecnologico d’Europa
Traduciamo e diffondiamo questo bel testo di rivendicazione dell’importante attacco al complesso militare-industriale a Berlino. Qui il testo originale: https://de.indymedia.org/node/537364 Qui un articolo da un giornale indipendente che aiuta a contestualizzare la vicenda: https://www.lindipendente.online/2025/09/10/a-berlino-il-sabotaggio-del-complesso-militare-ha-causato-un-grande-blackout/ [Berlino] Attacco al complesso militare-industriale – Blackout nel più grande parco tecnologico d’Europa 9 settembre, mattina presto: migliaia di città si risvegliano, milioni di persone vengono strappate dal sonno dal suono stridulo della sveglia, che annuncia l’inizio di un’altra giornata di monotonia e apatia – 15 minuti per bere un caffè e poi correre al lavoro. Un’ora sui mezzi pubblici, pochi sguardi che si incrociano, nessuno parla, tutti fissano i propri schermi. Moltitudini di auto attraversano le strade, il rumore delle sirene spaventa i pochi uccelli che volteggiano sopra la città. I quartieri diventano ogni giorno un po’ più desolati. La solitudine si diffonde tra la gente, tra edifici di cemento, recinzioni e telecamere. Circondati dalla presenza della polizia, che minaccia sempre più di soffocarci. Schermi pubblicitari che invitano a consumare o ad arruolarsi nell’esercito. Sì, ci risiamo: “Il mondo può guarire grazie allo spirito tedesco”. La “svolta epocale” richiede di stare saldi per la patria e di essere pronti alla guerra, affinché il “corpo del popolo” si stringa e porti sacrifici. La militarizzazione avanza e dietro la promessa neoliberista di prosperità si mostra sempre più apertamente il volto fascista. La rassegnazione e il pessimismo guadagnano seguaci, si respira tristezza. I notiziari riportano continuamente notizie di catastrofi. Guerre e genocidi non cessano. Al contrario: a Gaza, in Congo, in Sudan, in Ucraina si continua a uccidere e i governanti si fregano le mani. Gli affari vanno bene. Si stringono continuamente nuovi accordi per sfruttare le risorse di altri paesi e privare le persone dei loro mezzi di sussistenza. I neofascisti sono saldamente al potere in un numero sempre maggiore di Stati e il capitale è al loro servizio. L’ondata reazionaria di antifemminismo e omofobia è alimentata dai tech bro, mentre l’intelligenza artificiale continua la sua rapida ascesa, rendendo il mondo sempre più artificiale. La loro promessa distopica di progresso: una tecnocrazia fascistoide con aspirazioni extraplanetarie come risposta al collasso del pianeta. Tutto sembra indicare che questo mondo sia ormai perduto da tempo, che non ci sia alcuna possibilità di agire, che le nostre azioni non servano a nulla, come se i tempi di rivolta fossero ormai lontani nel passato. Oggi, però, non tutto funziona così bene. Nel più grande parco tecnologico d’Europa, nella parte orientale di Berlino, dove di solito c’è un’intensa attività, questa normalità sembra essere svanita nelle prime ore del mattino dopo pochi minuti. L’oscurità è stata sostituita da un barlume di speranza, perché l’apatia e la frustrazione non sono le uniche reazioni a questa realtà opprimente. No, oggi non è una giornata normale. Centinaia di amministratori delegati di diverse aziende e istituti di ricerca nei settori dell’IT, della robotica, delle biotecnologie e delle nanotecnologie, dell’industria spaziale, dell’intelligenza artificiale, della sicurezza e degli armamenti hanno ricevuto la triste notizia che il loro parco tecnologico di Adlershof ha smesso di funzionare. Almeno per un breve periodo, ma questo è sufficiente per compromettere gravemente le loro sensibili supermacchine e i loro processi operativi. Due tralicci dell’alta tensione da 110 kV nella Königsheide a Johannisthal sono stati danneggiati da un incendio doloso, causando un blackout nel parco tecnologico. Chiediamo scusa ai residenti che ne sono stati colpiti nelle loro abitazioni private, non era affatto nostra intenzione. Ciononostante, riteniamo che questo danno collaterale sia accettabile, al contrario della distruzione effettiva della natura e della sottomissione spesso mortale delle persone, di cui molte delle aziende qui residenti sono responsabili giorno dopo giorno. Il loro attaccamento alla ricerca del progresso tecnologico e la continua espansione dello sfruttamento industriale di fronte alle catastrofi attuali hanno conseguenze molto più gravi. Per tutti e in modo permanente. La volontà incondizionata di imporre questo obiettivo con la forza militare, se necessario, mostra ciò che realmente conta: il profitto e il potere. Questo fatto non può essere nascosto nemmeno da divertenti spettacoli di droni nel cielo notturno o da robot dotati di intelligenza artificiale che giocano a calcio, come quelli che di tanto in tanto vengono presentati al pubblico appassionato di tecnologia ad Adlershof. I loro slogan pubblicitari altisonanti su innovazione, sostenibilità e progresso non sono altro che una manovra fuorviante sul campo di battaglia della definizione del discorso, per distogliere l’attenzione dal fatto che in realtà costruiscono strumenti che portano morte e distruzione. Ogni modello di business immaginabile nei settori dell’industria high-tech citati, con sede nel parco tecnologico di Adlershof, ha in un modo o nell’altro una funzione di stabilizzazione del sistema ed è, tra l’altro, un prodotto di interessi militari. Le loro macchinazioni garantiscono la sopravvivenza della macchina capitalista della morte. Sono loro il vero obiettivo della nostra azione. Tuttavia, sarebbe impossibile esaminare singolarmente ciascuna delle oltre mille aziende e smascherare tutte le loro malefatte. L’elenco sarebbe infinito. Pertanto, limiteremo questa impresa a pochi esempi che illustrano in modo esemplare l’indicibile intreccio tra ricerca, scienza e tecnologia con la guerra, la distruzione dell’ambiente e il controllo sociale. ATOS – Uno dei giganti del cyber, che sviluppa, tra l’altro, prodotti IT e applicazioni basate sull’intelligenza artificiale per l’esercito e la polizia. Per l’esercito tedesco, il gruppo gestisce il progetto HaFIS (Armonizzazione dei sistemi informativi di comando) e costruisce container funzionali a prova di proiettile con infrastruttura IT. Per il bellicista Israele, Atos gestisce un centro dati ad alta sicurezza per le sue autorità di difesa e sicurezza ed è quindi corresponsabile della guerra e del genocidio. ASTRIAL – Un’azienda che, oltre alle infrastrutture di sicurezza per le smart city, si distingue soprattutto per il suo impegno nella guerra globale delle autorità di frontiera contro i migranti. I suoi sistemi di comando e controllo elaborano enormi quantità di dati provenienti da sensori terrestri, marittimi, sottomarini, sotterranei, aerei e spaziali per ottimizzare la caccia all’uomo alle frontiere esterne del Nord globale. CENTRO TEDESCO PER L’AERONAUTICA E L’AEROSPAZIALE (DLR) – Nell’era della policrisi, lo spazio è un ambito altamente conteso e il DLR trae enormi vantaggi dal fondo speciale militare del governo federale tedesco. La ricerca nel campo della tecnologia militare è parte integrante del programma del DLR. Il DLR sostiene, ad esempio, i voli di addestramento dell’aeronautica militare o gestisce a Colonia, in collaborazione con la Bundeswehr, un centro di competenza per la medicina aerospaziale. EDAG – Partner di lunga data dell’industria della sicurezza e degli armamenti. L’azienda sviluppa veicoli militari su ruote e cingolati, soluzioni per la sicurezza marittima o velivoli militari con e senza equipaggio. In breve: tutte le macchine immaginabili progettate per uccidere. EUROVIA/VINCI – Una delle più grandi aziende di costruzioni e infrastrutture al mondo, coinvolta, tra l’altro, nella controversa costruzione del deposito francese di scorie nucleari. Vinci costruisce anche carceri (di espulsione), aeroporti o autostrade. Con le sue innumerevoli filiali, l’azienda è attiva anche nel settore energetico e sta entrando sempre più nel mercato degli armamenti. Recentemente, la filiale di Vinci Actemium ha annunciato l’acquisizione della Wärtsilä SAM Electronics GmbH, che opera per la marina tedesca e i cantieri navali di Amburgo, Wilhelmshaven, Elmenhorst, Bremerhaven e Kiel. JENOPTIK – L’azienda tecnologica di Jena opera all’interfaccia tra sicurezza interna e difesa militare con prodotti quali telemetri laser, termocamere, LED, ottiche a infrarossi e polimeriche, utilizzati ad esempio per la ricognizione militare o la protezione delle infrastrutture. Di particolare rilevanza è attualmente il suo software “TraffiData”, utilizzato tra l’altro nella zona di confine con il Messico e ampliato su richiesta delle autorità di frontiera statunitensi con “TraffiCatch” per rendere più efficiente la caccia alle persone indesiderate. ROHDE & SCHWARZ – L’azienda tecnologica e di armamenti produce tecnologia radio per impianti radio militari e sistemi di sorveglianza, che vengono venduti a grandi aziende tecnologiche, governi e servizi segreti in tutto il mondo. I prodotti R&S trovano applicazione, ad esempio, nella sicurezza delle frontiere (ad esempio in Arabia Saudita), nei veicoli militari, negli aerei, nelle navi, nonché nel controllo di missili e simili. Ma anche nelle apparecchiature di intercettazione della polizia e dei servizi segreti. SIEMENS – Non c’è quasi nessun settore dell’industria militare e pesante in cui non siano presenti prodotti Siemens. Sistemi d’arma, sottomarini nucleari, portaerei, carri armati, reattori nucleari, dighe, impianti eolici, carceri, aeroporti e molto altro ancora. Molti di questi megaprogetti sono molto controversi, come ad esempio TrenMaya in Messico, i progetti di dighe di Erdogan in Kurdistan o, più recentemente, la costruzione del cavo elettrico sottomarino EuroAsia Interconnector, che collega Israele con Cipro e la Grecia. Anche altri progetti infrastrutturali israeliani nella Gerusalemme Est occupata e nelle colonie israeliane in Cisgiordania sono sostenuti dal gruppo. TRUMPF – Un’azienda in prima linea nella guerra internazionale dei chip per la supremazia nel mondo digitale. Che si tratti di smartphone con trasmissione dati turbo e riconoscimento facciale, occhiali intelligenti, intelligenza artificiale, auto a guida autonoma o sistemi missilistici, droni e sistemi d’arma. I semiconduttori sono presenti ovunque e l’azienda tedesca Trumpf, in collaborazione con Zeiss e ASML, svolge un ruolo chiave nella loro produzione grazie ai suoi sistemi di litografia EUV. Senza i suoi componenti, il mondo altamente tecnologico si fermerebbe. Questo sabotaggio non vuole solo identificare e disturbare i nemici della libertà, ma è anche un appello ad ampliare l’azione offensiva in generale, e in particolare questa forma di azione, che porta a un’efficace interruzione del sistema. È un appello a lasciarsi definitivamente alle spalle la frustrazione e la disperazione. Un grido per proclamare che le nostre idee anarchiche e la nostra voglia di agire prosperano e che le azioni irresponsabili dei governanti avranno sempre delle conseguenze. Ciò vale soprattutto per i complici dell’industria degli armamenti, perché non resteremo a guardare mentre le persone vengono massacrate nelle loro guerre o condannate a morire di fame. Attaccare le infrastrutture critiche significa attaccare una delle arterie principali della sottomissione dell’uomo sull’uomo e sulla natura. La rete elettrica rappresenta di per sé la storia del progresso ed è il presupposto fondamentale per lo sviluppo spietato verso una società altamente tecnologica come quella che conosciamo oggi. Questa società, sotto il giogo della tecnologia e del capitale, sembra essere per ora il prodotto finale terreno delle conquiste della civiltà e sta causando una distruzione del pianeta quasi irreparabile, la cui portata è senza precedenti nella storia della Terra. Per non parlare delle sanguinose guerre per il potere e le risorse che i governanti impongono ai loro servitori. L’insaziabile desiderio di crescita li porta, nel vero senso della parola, a puntare sempre più spesso alle stelle. L’elettricità è la principale fonte di energia che alimenta ogni macchina e il “progresso” necessari per riprodurre l’attuale sistema. È possibile spegnerlo ed è anche possibile sostituirlo con una vita in libertà senza dominio e sfruttamento! Sabotiamo l’attacco tecnologico – togliamo il potere al complesso militare-industriale! Sempre aggressivi – mai bellicosi! Alcuni/e anarchici/e
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