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A buon rendere. Solidarietà con gli anarchici condannati a Massa
Riceviamo e diffondiamo. Qui il testo in formato volantino, di cui è incoraggiata anche la distribuzione cartacea: a-buon-rendere-massa-5-novembre A buon rendere Solidarietà con gli anarchici condannati dal tribunale di Massa Continuiamo a lottare contro il 41 bis e le politiche di guerra Il 5 novembre 2025 si è tenuta al Tribunale di Massa l’udienza con la lettura della sentenza di primo grado nel processo per la manifestazione tenutasi a Marina di Carrara il 10 settembre 2022. Un’iniziativa in solidarietà con i rivoluzionari prigionieri e in particolare con l’anarchico Alfredo Cospito, trasferito a maggio dello stesso anno nel regime detentivo previsto dall’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario e all’epoca a rischio di una condanna all’ergastolo nell’ambito del processo “Scripta Manent”. Una sentenza che si discosta di molto poco dalle richieste del pubblico ministero. Due condanne a 3 anni e 6 mesi (più una multa di 1800 euro a testa) e una a 2 anni e 4 mesi (più 700 euro) per “rapina” e “impedimento di una riunione di propaganda elettorale” nei confronti di due compagni e una compagna (tra l’altro già coinvolta nel cosiddetto procedimento “Sibilla” assieme ad altri 11 inquisiti, tra cui Alfredo Cospito, e terminato con una sentenza di non luogo a procedere). Durante il percorso della manifestazione venne incrociata una postazione di propaganda elettorale della Lega, il cui banchetto finì ribaltato dopo un breve parapiglia. Da qui l’accusa di “rapina” per cui questi tre imputati nel marzo 2023 sono stati perquisiti, ricevendo anche la notifica della misura cautelare dell’obbligo di firma, prolungatosi per oltre un anno. Poi, una condanna a 1 anno e 6 mesi (più 7 euro) e un’altra a 1 anno (più 3 euro, con pena sospesa) per il solo “impedimento di una riunione di propaganda elettorale” in relazione al turbamento arrecato dalla manifestazione al baraccone che portò all’elezione dell’attuale governo Meloni. Una multa di 70 euro per “imbrattamento” in riferimento ad alcune scritte murali comparse su una filiale Unicredit situata nelle vicinanze: “Fuori Alfredo dal 41 bis” e “Guerra alla guerra”. Infine l’assoluzione per un imputato. Cinque gli aderenti alla Lega tra le “persone offese” nel processo. Con il solito vittimismo – certamente consueto, ma ogni volta stupefacente per la completa assenza di pudore – nei giorni seguenti i fatti questi signori avevano descritto quella vivace manifestazione come un momento di guerriglia urbana (magari!). La Lega è un partito notoriamente responsabile in particolar modo delle stragi nel Mediterraneo: i suoi dirigenti si sono assiduamente impegnati affinché sempre più migranti possano affogare senza che la falsa coscienza dei benpensanti venga scossa. La Lega ha sostenuto tutte le politiche guerrafondaie e antiproletarie che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Abbandonata ogni demenziale velleità secessionista, al “prima il nord” hanno sostituito un “prima gli italiani”, ma sappiamo bene che – come ogni altro partito politico – ciò che ci stanno dicendo è sempre prima i padroni. Prima i padroni, i capitalisti, i loro interessi e quelli dei loro servitori e reggicoda. Oggi degli anarchici vengono condannati per rapina nei confronti della Lega – il cui magro bottino, lo diciamo senza assumere pose vittimiste, sarebbe stato un tavolino da campeggio – e per aver turbato il sereno svolgimento della farsa elettorale. Non ci aspettiamo un trattamento differente e non abbiamo l’imbarazzo di questo o quel politico quando qualche loro amico viene accusato di qualche intrallazzo, truffa o ladrocinio che è il pane quotidiano della politica (detto en passant, le cronache degli anni passati abbondano di notizie sull’appropriazione indebita di 49 milioni di euro). Non abbiamo amicizie tra questi signori e i loro maggiordomi, né nutriamo illusioni elettorali o istituzionali: tutta la nostra storia è quella di un’ineludibile lotta contro lo Stato, il capitale e i loro servi. Non abbiamo nulla da salvare di questo vecchio, decrepito mondo che intendiamo mettere a soqquadro (ben altro che un banchetto ribaltato). È presto detto: desideriamo la distruzione di ogni ordine politico ed economico in favore della libertà integrale di tutti e di ciascuno. Mentre la guerra è alle porte, tra piani di riarmo europeo, incessanti morti per il lavoro e un genocidio trasmesso in diretta mondiale, la fiducia nei confronti dei governanti pare svanire ogni giorno di più. Eppure, eccettuate incoraggianti eccezioni, sopportiamo supinamente quasi ogni angheria, alzando il capo di tanto in tanto quando la dignità viene calpestata con maggiore vigore. Quando smetteremo di coltivare la nostra rassegnazione, quando cominceremo a rispondere? Continueremo ad alzare le spalle con indifferenza? Il 20 ottobre 2022 Alfredo Cospito iniziava uno sciopero della fame contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo, interrotto il 19 aprile successivo a seguito del pronunciamento della Corte costituzionale sulla normativa inerente l’ergastolo. Il movimento di solidarietà internazionale sviluppatosi negli anni 2022-’23 ha impedito una condanna all’ergastolo ostativo per Alfredo (all’epoca pressoché certa con l’esito del processo “Scripta Manent” in Corte di Cassazione), gettato luce sulla natura di un regime detentivo di tortura prima di allora intoccabile, messo un bastone tra le ruote della macchina della repressione statale che riguarda tutti gli oppressi. Azioni dirette e rivoluzionarie, uno sciopero della fame a oltranza, iniziative nelle carceri di mezzo mondo, manifestazioni in ogni dove. Impeti di dignità che non riguardano solamente le sorti processuali e detentive di qualche anarchico recluso. Le calunnie dei politici e le mistificazioni dei mass-media non sono bastate a nascondere una verità lampante: padroni e governanti non valgono un briciolo dell’integrità di un rivoluzionario. Oggi come ieri, nei tribunali si celebra il diritto e si sancisce il monopolio della violenza da parte dello Stato. Che altro dire? Noi andiamo avanti per la strada intrapresa. A buon rendere. Novembre 2025 Circolo Culturale Anarchico “Gogliardo Fiaschi” – Carrara Circolo Anarchico “La Faglia” – Foligno • Circolo Culturale Anarchico “G. Fiaschi”, via Ulivi 8/B, Carrara — Aperture: mercoledì (16:00-18:00), venerdì (17:30-19:00) • e-mail: circolofiaschi@canaglie.org — pagina facebook: https://www.facebook.com/circoloculturaleanarchicogogliardofiaschi — canale telegram: https://t.me/circoloculturaleanarchicocarrara • Circolo Anarchico “La Faglia”, via Monte Bianco 23, Foligno • e-mail: circoloanarchicolafaglia@inventati.org — canale telegram: https://t.me/circoloanarchicolafaglia
Stato di emergenza
Materiali
Il caso di Ahmad Saled
Ci segnalano questa importante e incresciosa notizia, che a nostra volta diffondiamo. Da https://pungolorosso.com/2025/11/19/il-caso-di-ahmad-salem-in-carcere-da-6-mesi-per-aver-chiamato-alla-mobilitazione-contro-il-genocidio/   Ahmad Salem è un giovane palestinese di 24 anni, nato e cresciuto nel campo profughi palestinese al-Baddawi in Libano, arrivato in Italia in cerca di protezione internazionale e che dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per presentare richiesta di asilo politico. Durante l’audizione davanti alla Commissione territoriale, il suo telefono è stato sequestrato e perquisito ed a Salem sono stati contestati gli articoli 414 (istigazione a delinquere) e 270 quinquies (autoaddestramento con finalità di terrorismo) del cp. Le autorità italiane, così come la stampa, lo hanno descritto come un “jihadista” che incitava all’odio e istigava a compiere atti terroristici, sostenendo che sul suo telefono fossero presenti “materiali istruttivi” utili a fini terroristici. L’intero impianto accusatorio si basa su un paio di frasi decontestualizzate estratte da un video di otto minuti pubblicato online, in cui Ahmad invitava alla mobilitazione contro il genocidio in corso a Gaza, alla sollevazione in Cisgiordania e a scendere nelle piazze in Libano; e per un passaggio del video in cui Ahmad condanna il silenzio e l’immobilismo del mondo arabo e musulmano davanti ai crimini commessi da Israele, diventa, per la Digos di Campobasso, un video di “propaganda jihadista”. Quanto ai presunti “video istruttivi”, è emerso che si trattava di filmati degli attacchi della resistenza palestinese a Gaza contro mezzi militari israeliani, gli stessi video che per mesi sono circolati su canali e mezzi d’informazione; questi si sono rivelati non contenere alcuna indicazione di natura tecnica o addestrativa come sostenuto dall’accusa; tant’è che gli stessi video diffusi dalla resistenza palestinese a Gaza sono stati a più riprese, negli ultimi due anni, pubblicamente resi accessibili e trasmessi da testate italiane tra cui Rai News, La Repubblica, La Stampa e altre. Nonostante ciò, Ahmad si trova da oltre sei mesi in carcere, in regime di alta sicurezza, a Rossano Calabro, in attesa di giudizio. I suoi legali hanno presentato ricorso in Cassazione e hanno sollevato la questione di costituzionalità dell’articolo 270 quinquies, articolo noto come “terrorismo della parola” recentemente introdotto con il “DL Sicurezza” (ex DDL 1660) ad aprile, ampliando ulteriormente il margine repressivo in Italia. 
Carcere
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[it, en] “Preferisco morire da leonessa…” Sulla repressione dell’incontro antimilitarista internazionale di Amburgo
Riceviamo e diffondiamo: [it] “Preferisco morire da leonessa piuttosto che vivere come un cane”. Sulla repressione contro il 2° incontro internazionale di Amburgo contro il servizio militare e per il rifiuto di ogni forma di militarismo «Preferirei morire come una leonessa…» Con queste parole, nel 1917, Emma Goldman si oppose al militarismo che si stava diffondendo in tutto il mondo e si schierò contro il servizio militare obbligatorio. A più di un secolo di distanza, ci troviamo di fronte a un altro periodo di massiccia militarizzazione, caratterizzato da nuove e continue guerre e genocidi. Lo scorso fine settimana, dal 14 al 16 novembre 2025, anarchici provenienti da diversi paesi si sono incontrati per la seconda volta in occasione di uno scambio internazionale per analizzare, discutere e approfondire ulteriormente le lotte antimilitariste. Sono stati presentati contributi di compagni provenienti da Gran Bretagna, Grecia, Israele/Palestina, Italia, Francia, Finlandia e Germania, proposti in loco, tramite video o per iscritto. Come facilmente immaginabile, i nemici della libertà e i loro seguaci non sono certamente entusiasti di un momento internazionale come questo. Oltre alla sorveglianza intorno al nostro incontro, desideriamo rendere noto un episodio: La sera di venerdì, un gruppo di cinque compagni anarchici provenienti da Milano è stato fermato dalla polizia federale tedesca all’aeroporto di Amburgo, subito dopo essere sceso dall’aereo. Sono stati sottoposti a controllo e successivamente gli agenti in uniforme hanno cercato di interrogarli, rivolgendo loro domande sull’incontro e, più in generale, sulle loro attività anarchiche. Dopo essersi rassegnati alla mancata collaborazione dei nostri compagni e dopo alcune ore, è diventato chiaro che l’ingresso nel paese sarebbe stato loro negato ai sensi dell’articolo 6. Dopo aver trascorso la notte in una cella della stazione di polizia, la polizia federale ha provveduto a cambiare la loro prenotazione aerea, inserendoli su un volo in partenza la mattina seguente. I loro documenti sono stati consegnati al pilota e sono stati rispediti in Italia, dove sono stati accolti dalla polizia italiana e successivamente rilasciati. Nei documenti consegnati ai nostri compagni, l’incontro dell’anno scorso contro il servizio militare e il rifiuto di ogni forma di militarismo è stato indicato come il motivo di questa azione repressiva. Secondo quanto riportato, durante le giornate dello scorso anno si sarebbe verificata una manifestazione violenta, nel corso della quale sarebbe stato esposto uno striscione con la scritta “Contro il militarismo, no alla Bundeswehr”, distrutto un ufficio della SPD, bloccate le strade, scritti slogan sui muri e aggrediti i poliziotti giunti sul posto. Consideriamo questa repressione come un messaggio rivolto alla nostra iniziativa antimilitarista internazionale e inviamo la nostra solidarietà ai compagni fermati e a cui è stato impedito di partecipare all’incontro. Le nostre lotte non si fermeranno né di fronte alle loro leggi né ai loro confini, né di fronte a chi, in uniforme o meno, difende un sistema che trae profitto dalle guerre e dai genocidi in tutto il mondo. Con le imminenti lotte contro la militarizzazione e la reintroduzione del servizio militare obbligatorio, ci saranno ulteriori interventi repressivi. Siamo già venuti a conoscenza di studenti perseguitati nelle loro scuole per essersi opposti alla propaganda dell’esercito tedesco. Con queste parole, vogliamo esprimere la nostra solidarietà anche al compagno anarchico Stecco in Italia, che ha aderito allo sciopero della fame dell’iniziativa “Prisoners for Palestine”. Libertà per tutti i prigionieri! Contro ogni forma di militarismo! Amburgo, novembre 2025 ——- [de] „Lieber sterbe ich als Löwin, als dass ich ein Leben als Hund führe“. Zur Repression gegen den 2. internationalen Austausch gegen Militärdienst und für die Verweigerung jedes Militarismus in Hamburg „Ich würde lieber als Löwin sterben …“ Mit diesen Worten konfrontierte Emma Goldman 1917 den sich weltweit ausbreitenden Militarismus und sprach sich gegen die Wehrpflicht aus. Mehr als hundert Jahre später stehen wir vor einer weiteren Episode massiver Militarisierung, einhergehend mit neuen und andauernden Kriegen und Genoziden. Am vergangenen Wochenende, vom 14. bis 16. November 2025, trafen sich Anarchist*innen aus verschiedenen Ländern zum zweiten Mal zu einem internationalen Austausch, um antimilitaristische Kämpfe zu analysieren, zu diskutieren und weiterzuentwickeln. Es wurden Beiträge von Mitstreiter*innen aus Großbritannien, Griechenland, Israel/Palästina, Italien, Frankreich, Finnland und Deutschland präsentiert, die vor Ort, per Video oder schriftlich eingereicht wurden. Wie wir uns leicht vorstellen können, sind die Feind*innen der Freiheit und ihre Hunde sicherlich nicht begeistert von einem internationalen Moment wie diesem. Abgesehen von der Überwachung rund um unser Treffen möchten wir einen Vorfall bekannt machen: Am Freitagabend wurde eine Gruppe von fünf anarchistischen Mitstreiter*innen, die aus Mailand (Italien) am Flughafen Hamburg ankam, unmittelbar nach dem Verlassen des Flugzeugs von der deutschen Bundespolizei aufgehalten. Sie wurden kontrolliert und später versuchten die Hunde in Uniform sie zu verhören, indem sie ihnen Fragen über das Treffen und allgemeine Fragen zu ihren anarchistischen Aktivitäten stellten. Nachdem sie die Nichtkooperation unserer Mitstreiter*innen akzeptieren mussten und einige Stunden vergangen waren, wurde klar, dass ihnen die Einreise gemäß § 6 verweigert werden würde. Nach einer Nacht auf der Polizeiwache änderte die Bundespolizei ihre Flugbuchung und buchte sie auf einen Flug am nächsten Morgen um. Ihre Papiere wurden der*dem Pilot*in ausgehändigt und sie wurden nach Italien zurückgeschickt, wo sie von der italienischen Polizei empfangen und anschließend freigelassen wurden. In den Papieren, die unseren Mitstreiter*innen ausgehändigt wurden, wurde der Austausch gegen den Militärdienst und die Verweigerung jedes Militarismus im letzten Jahr als Begründung für die Repression angegeben. Es hieß, dass es während der Tage des letzten Jahres zu einer wilden Demonstration gekommen sei, bei der ein Transparent mit der Aufschrift „Gegen Militarismus, keine Bundeswehr“ getragen, ein Büro der SPD zerstört, die Straße blockiert, Slogans gesprüht und ankommende Polizist*innen angegriffen worden seien. Wir verstehen diese Repression als Botschaft an unsere internationale antimilitaristische Initiative und senden unsere Solidarität an die Mitstreiter*innen, die aufgehalten und an der Teilnahme am Austausch gehindert wurden. Unsere Kämpfe werden weder durch ihre Gesetze und Grenzen gestoppt werden, noch durch diejenigen – ob in Uniform oder ohne Uniform – die ein System verteidigen, das von Kriegen und Genoziden weltweit profitiert. Mit den bevorstehenden Kämpfen gegen die Militarisierung und die Wiedereinführung der Wehrpflicht wird es zu weiterer Repression kommen. Wir haben bereits von Schüler*innen gehört, die wegen ihres Widerstands gegen Bundeswehr-Propaganda in ihren Schulen verfolgt werden. Mit diesen Worten möchten wir auch unsere Solidarität mit dem anarchistischen Mitstreiter Stecco in Italien ausdrücken, der sich dem Hungerstreik der Initiative „Prisoners for Palestine“ angeschlossen hat. Freiheit für alle Gefangenen! Gegen jeden Militarismus! Hamburg, November 2025
Rompere le righe
Stato di emergenza
Babele
Torino: “la loro guerra è la nostra morte”. Attacco contro ENI
Riceviamo da email anonima e diffondiamo: ENI colonialista, ENI genocida Eni, colosso dell’energia sotto il controllo del ministero dell’Economia, compie rapine coloniali in mezzo mondo. L’Ente nazionale idrocarburi, che addrestra reparti di Carabinieri per scopi di spionaggio, detta la politica estera dello Stato italiano, che difende gli insediamenti Eni con missioni militari, chiamate di pace. Il 29 ottobre 2023, a tre settimane dall’inizio del primo genocidio in diretta streaming, a Gaza, il Ministero dell’Energia dello Stato di Israele ha concesso ad Eni una licenza per saccheggiare i giacimenti di gas naturale al largo della Striscia. Mentre i droni massacrano la popolazione prigioniera, poco più in là le trivelle scavano protette dall’esercito per rubare il nuovo oro. Nell’ottobre 2024, Eni sigla un accordo con l’inglese Ithaca Energy, di cui azionista di maggioranza è l’israeliana Delek, colosso dell’energia sionista. Delek sostiene attivamente la colonizzazione e il saccheggio della Cisgiordania e fornisce benzina e gasolio all’esercito israeliano. Oggi Eni si prepara a spartirsi miliardi con la ricostruzione delle macerie di Gaza. L’Italia è pronta a fare la sua parte, dice il governo, che insieme ad Eni mandera’ anche i Carabinieri per costruire la pace eterna. E’ un requiem quello che stanno componendo. Questa notte a Torino, al riparo dagli occhi indiscreti delle telecamere, abbiamo colpito alcune macchine Fiat 500 di Enjoy, il car sharing di Eni. La loro pace e’ la nostra morte. Ma siamo ancora vivi e se non ci sono i tunnel, troviamo gli angoli bui. 21 novembre 2025
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Azioni
Applicata la censura della posta a Stecco
Oggi, martedì 18 novembre, è stata disposta la censura sulla corrispondenza per sei mesi al nostro compagno Stecco a causa di un testo scritto sul carcere di Sanremo in cui ha denunciato le pessime condizioni del carcere e i pestaggi subiti da alcuni detenuti. Tale testo è stato considerato pericoloso per la sicurezza e l’ordine del carcere stesso. https://ilrovescio.info/2025/10/18/lettera-dal-carcere-di-sanremo/ Sempre a fianco a Stecco, al momento in sciopero della fame! Libertà per tutte e tutti! Per non smettere di scrivergli: Luca Dolce Via Armea, 144 18038 Sanremo (IM)
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Un segno dei tempi che vale la pena raccontare
Riceviamo e diffondiamo: Seppure la notizia che segue possa apparire di lieve entità, ci sembra importante riportarla, poiché potrebbe essere un sintomo non del tutto indifferente dell’aria che tira. Il 14 novembre alcuni compagni e alcune compagne (cinque per la precisione) hanno preso un aereo dall’Italia per recarsi ad Amburgo, in Germania, dove si è svolta una tre giorni di discussione antimilitarista. Arrivati all’aeroporto della suddetta città, si sono ritrovati circondati da una ventina di poliziotti e poi condotti separatamente ad una stazione di polizia. Una volta lì, sono stati portati in diversi uffici e sottoposti a particolari interrogatori. Le domande erano più o meno di questo tenore: “Sei a conoscenza del fatto che durante questo fine-settimana ci sarà una manifestazione anarchica in questa città?”, “Fai parte di qualche gruppo anarchico o di estrema sinistra?”, “Hai mai violato la legge in Germania?” etc. Finita la farsa, ed attestata la “non collaborazione” dei compagni e delle compagne, questi ultimi sono stati tenuti in custodia per l’intera notte all’interno della stazione. Sono stati messi poi al corrente del fatto che non sarebbero stati i benvenuti nello Stato e sarebbero stati espulsi (a quanto pare sulla base anche di indicazioni da parte del governo italiano). All’alba i compagni sono stati scortati, sempre separatamente, nuovamente all’aeroporto, per poi essere portati fino all’interno di un aereo con un biglietto già pronto verso l’Italia. Qui, sempre all’interno dell’aereo, sono stati prelevati dalla polizia italiana e poi rilasciati (ironico il fatto che quest’ultima si chiedesse quale spiegazione avrebbe dovuto dare alla Farnesina). Al di là del fatto che tale “operazione” (così definita dalla polizia tedesca) possa essere legalmente valida o meno, il dato che ci sembra rilevante è che ai fermati non è stata data alcuna motivazione giuridica se non il fatto di essere “una minaccia per lo Stato”. Un segno dei tempi?
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Siamo tutti Palestine Action! 20 novembre proiezione e serata informativa, 21 novembre manifestazione a Trento
Riceviamo e diffondiamo: Scarica il volantino: VOLANTINO SCIOPERO FAME_modificatodef-1 Qui la locandina della serata del 20 novembre:   SIAMO TUTTI PALESTINE ACTION! «Fino a quando le nostre richieste non saranno soddisfatte, continueremo a resistere. Chiediamo ora al nostro governo: siete disposti a lasciarci morire prima di smettere di armare un genocidio? Nel portare avanti questa lotta, seguiamo l’onorevole eredità dei prigionieri di tutti i tempi, dall’Irlanda a Guantanamo alla Palestina. La resistenza è sempre stata bandita dagli oppressori nelle prigioni, nella speranza che fosse lì che sarebbe morta. Ma ora, è proprio dall’interno di queste mura che useremo gli strumenti dei prigionieri per disarmare la casa del padrone.» [Qesser Zuharah] Il 2 novembre 2025 è iniziato lo sciopero della fame dei prigionieri e delle prigioniere di Palestine Action rinchiusi nelle carceri britanniche. Palestine Action è un gruppo britannico nato per smantellare l’industria bellica che arma Israele, prendendo di mira attraverso l’azione diretta la produttrice di droni israeliana Elbit Systems, ma anche l’italiana Leonardo. Lo ha fatto con blocchi, occupazioni, sabotaggi, portando alla chiusura di alcuni stabilimenti e di alcuni contratti di fornitura di servizi ad Elbit. Su pressione di Elbit e di Israele, Palestine Action è stata messa al bando come “gruppo terroristico” e tali sono considerati i suoi trentatré appartenenti incarcerarti in attesa di giudizio. Con questo sciopero della fame i prigionieri, riuniti nel collettivo “Prisoners for Palestine” chiedono: 1) la fine della censura; 2) la scarcerazione in attesa di giudizio; 3) la pubblicazione dei documenti che provano le interferenze dell’industria bellica e dello stato israeliano nel processo; 4) la revoca della messa al bando del gruppo e la fine dell’utilizzo della legislazione antiterrorismo contro chi si oppone al genocidio; 5) la chiusura degli stabilimenti Elbit nel Regno Unito. Per loro questo sciopero è un modo di proseguire la lotta per cui si trovano incarcerati. Allo sciopero, che al momento in cui scriviamo riguarda sei militanti di Palestine Action, si sono uniti prigionieri in altri paesi: hanno smesso di toccare cibo anche Luca Dolce (“Stecco”), compagno anarchico detenuto a Sanremo e a lungo vissuto in Trentino, e Jakhy McCray, compagno ai domiciliari negli Stati Uniti. Questo sciopero ci riguarda per vari motivi. Perché Elbit Systems ha contratti milionari con lo Stato italaino, in particolare uno per la realizzazione di un centro d’addestramento elicotteristi a Luno (La Spezia). Perché la lotta contro le collaborazioni con guerra e genocidio passa anche dai centri di ricerca di Unitn e FBK. Perché un movimento di lotta deve sostenere chi è in carcere per la lotta stessa, come Tarek in carcere per la manifestazione a Roma del 4 ottobre 2024. Perché la repressione di massa contro il movimento in solidarietà alla Palestina in Europa (Regno Unito, Germania, Francia…) è un anteprima di quello che potrebbe accadere in Italia col “Ddl Gasparri”, che equipara l’antisionismo all’antisemitismo. Perché, mentre processa per procura Palestine Action nel Regno Unito, Israele ha appaltato allo Stato italiano la reclusione di Anan Yaesh, sotto processo con l’accusa anch’egli di “terrorismo” per essere un partigiano della Resistenza palestinese: il 21 novembre contro di lui deporrà al tribunale dell’Aquila l’ambasciatore israeliano. Dai “Prisoners for Palestine” arriva un appello all’azione. Raccogliamolo, anche in vista dello sciopero generale di fine mese. SOLIDARIETÀ ATTIVA COI PRIGIONIERI DI PALESTINE ACTION, CON STECCO E CON JAKHY IN SCIOPERO DELLA FAME! LIBERTÀ PER I PRIGIONIERI, PER ANAN E PER TAREK! TERRORISTA È SEMPRE LO STATO: ISRAELIANO, BRITANNICO, ITALIANO CHE SIA! Giovedì 20 novembre 2025, ore 18.00 PROIEZIONE DOCUMENTARIO “TO KILL A WAR MACHINE” (sulla nascita di Palestine Action) presso Dipartimento di Sociologia , via verdi 26, Trento Venerdì 21 novembre 2025, ore 18.00 MANIFESTAZIONE via verdi, Trento
Iniziative
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Potrebbe essere dannoso! Sull’utilizzo di spyware contro compagni e compagne
Riceviamo e diffondiamo: POTREBBE ESSERE DANNOSO! Nell’ultimo periodo abbiamo visto un aumento nell’utilizzo di spyware contro politici, aziende, avvocati e attivisti. Abbiamo motivo di credere che simili dispositivi si stiano diffondendo anche nel corso di indagini condotte contro individui associati a determinate aree di movimento. Probabilmente sta diventando sempre più facile per le procure affidarsi a start-up esterne per dotarsi di software, non necessariamente sofisticati e costosi come i noti Pegasus, Predator, Graphite o Triangulation (che utilizzano exploit di tipo zero-day con modalità zero-click), ma che svolgono ugualmente la loro infame funzione di raccogliere informazioni riguardanti l’attività del malcapitato senza il suo consenso. Di recente alcuni compagni hanno subito un’intrusione sui propri dispositivi mobili. Innanzitutto hanno improvvisamente e inspiegabilmente riscontrato l’assenza di connettivita’ internet e telefonica. Contestualmente tutte le telefonate in uscita venivanodeviate al centralino dell’operatore telefonico (o questo veniva contattato volontariamente per avere spiegazioni). In ogni caso, dopo la telefonata con l’assistente che, ignaro o ignavo, segnalava probabili problemi di campo, venivano subito ricontattati dallo stesso numero, ma da una persona diversa e sedicente tecnico dell’operatore telefonico. Questo segnalava, invece, il mancato aggiornamento del telefono e dettava, con gentilezza e precisione, tutte le operazioni da eseguire per ristabilire le funzionalità, facendo installare una app con il nome e il logo dell’operatore associato alla scheda telefonica. Riportiamo i passaggi dell’installazione, da cui si può desumere il grado di intrusività dell’app installata: – Per prima cosa viene fatta disattivare l’analisi delle app di Play Protect su Playstore, che serve a proteggere il dispositivo da app potenzialmente dannose e a garantire che le app installate siano sicure e affidabili. – Arriva un SMS con il link ad una pagina simile al sito dell’operatore telefonico. Qui si viene indotti a cliccare su un bottone graficamente simile a quello di Google Playper scaricare l’”aggiornamento”. – Il file vienein realtà scaricato bypassando il Playstore, e aperto dai downloads nonostante gli avvisi da parte del telefono, che vengono tutti fatti skippare. Per completare l’installazione vengono fatte modificare le impostazioni del telefono per consentire l’installazione di app da questa sorgente. – Dalle impostazioni del telefono viene dato l’accesso alla rete mobile che consente di usare la connessione dati dell’operatore telefonico per inviare e ricevere informazioni. – Viene dato il consenso all’esecuzione dell’app in background in modo che possa continuare a funzionare anche quando non è attiva sullo schermo, all’attività sullo sfondo, in modo che possa svolgere delle attività mentre è in background e all’avvio automatico, in modo che possa avviarsi all’accensione del telefono senza aprirla manualmente. – Vengono dati tutti i permessi all’app, plausibilmente Fotocamera, Microfono, Contatti, Telefono, SMS, Calendario, Posizione, Archivio, etc. – Sempre dalle impostazioni viene disattivata l’ottimizzazione della batteria per l’app in modo da non limitare l’attività per risparmiare energia. – Il telefono è stato fatto riavviare e alla riaccensione è subito comparso il simbolino verde del microfono in alto a sinistra, poi diventato un punto verde e, infine, scomparso. – Per chiudere in bellezza, è arrivato un SMS che chiedeva: “Sei soddisfatto della mia gestione?” Plausibilmente, attraverso queste operazioni, tutti i dati contenuti nel telefono (file, media, contatti, messaggi, etc.) sarebbero stati inoltrati ad un server remoto attraverso l’app (spyware) precedentemente installata con l’inganno e reso il telefono una vera e propria microspia mobile con possibilità di attivare il microfono, la fotocamera, la geolocalizzazione, fare screenshot dello schermo,etc. Non è difficile immaginare l’origine di questa invasione, considerata l’identità delle persone colpite e le possibilità di chi ha attaccato. Invitiamo perciò a prestare attenzione a episodi di questo genere, nonostante non tutti i malware abbiano bisogno di essere attivamente installati dal proprietario del telefono come accaduto in questo caso.
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