Riceviamo e diffondiamo:
Divulghiamo il volantino “Cose vecchie, dell’altro secolo?” incentrato sulla
reclusione del compagno Alfredo Cospito in regime di 41 bis. Il testo è stato
distribuito a Carrara in occasione dell’inaugurazione della mostra “Anarchici”
con 25 opere di Flavio Costantini su compagni e azioni avvenute tra fine
Ottocento e primi del Novecento.
COSE VECCHIE, DELL’ALTRO SECOLO?
Ravachol, Émile Henry, Malatesta, Lucetti, Ferrer sono anarchici che, nella
storia, hanno unito pensiero e azione, lottando in prima persona per l’anarchia.
Flavio Costantini ha raffigurato alcuni momenti di questa nostra storia e una
mostra su di loro trova spazio a Palazzo del Medico.
Un centinaio di anni dopo, Alfredo Cospito ha anch’esso deciso di unire pensiero
e azione. L’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare viene ferito a colpi di
pistola a Genova nel 2012. Un messaggio contro i produttori di morte, i
responsabili del disastro nucleare che verrà. In seguito, una volta entrato in
carcere non ha smesso di lottare, di esprimersi per l’azione diretta e
rivoluzionaria. Per questo, dopo quasi 10 anni è stato trasferito in regime di
41 bis, con l’obiettivo di metterlo a tacere.
Anche in quel momento ha continuato a lottare, insieme a migliaia di compagni (e
non) contro questo regime detentivo e contro l’ergastolo ostativo, portando
avanti uno sciopero della fame durato 181 giorni. Dentro e fuori le carceri, è
stato sostenuto da una marea di azioni, iniziative, manifestazioni. Con la lotta
abbiamo impedito una condanna all’ergastolo e messo i bastoni tra le ruote alla
macchina della repressione statale che ci riguarda tutti.
In primavera si discuterà del rinnovo di questo regime nei confronti di Alfredo.
Nessuno merita di stare in galera, nessuno merita la tortura del 41 bis.
Dentro e fuori i confini ci chiamano a raccolta per massacrare e distruggere i
“nemici”, come hanno già iniziato a fare in Ucraina, Palestina, Sudan… Carceri,
regimi speciali e repressione sono l’orizzonte che lo Stato prospetta a chi
vorrà disertare e non rispettare la censura e le più ampie politiche di guerra.
Le azioni degli anarchici non sono cose d’altri tempi. Siano esse lontane o
vicine, sembrano sospese in un tempo tutto loro, illuminando anche le
ingiustizie di oggi. Dall’epoca della propaganda con i fatti fino a oggi, “sono
parte di un continuum storico che non sparirà; nonostante ci condannino a decadi
di reclusione, e persino se ci uccidessero, ci saranno sempre individui e gruppi
di individui che sono disposti a rispondere alla brutalità dello Stato e del
capitalismo: ciò è inevitabile” (Francisco Solar, 2023).
Contro guerra e repressione, occorrono scelte e azioni chiare come ragioni di
vita.
Carrara, 13 dicembre 2025
Circolo Culturale Anarchico “Gogliardo Fiaschi”
Qui il volantino impaginato, seguito da un elenco sintetico di iniziative del
Circolo Culturale Anarchico “Goliardo Fiaschi”:
volantino 13 dicembre imp
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Riceviamo e diffondiamo:
Carcere e guerra, incontro con Mansoor Adayfi
SABATO 13.12 H 19 PARCO DELLE ENERGIE – VIA PRENESTINA 175 – ROMA
Mansoor Adyfi è un ex prigioniero del campo di concentramento di Guantánamo,
dove è stato detenuto per oltre 14 anni senza che fosse mai formulata nei suoi
confronti nessuna accusa.
Guantánamo è un carcere di guerra statunitense attivo dal 2002, per la lotta al
cosiddetto terrorismo, dove vige un perenne stato di eccezione, si opera in
condizioni di extra territorialità ed extra legalità, ed i detenuti subiscono
torture, privazioni, e una detenzione arbitraria.
Nel 2016 Mansoor Adyfi è stato consegnato alla Serbia e ha iniziato una lotta
per costruirsi una nuova vita e per liberarsi dalla classificazione di sospetto
terrorista.
Oggi è uno scrittore ed avvocato ed è l’autore del libro don’t forget us here,
lost and found at Guantánamo. A partire dalla sua esperienza di prigioniero a
Guantánamo ha pubblicato articoli, rilasciato interviste, partecipato a
documentari, programmi radio e podcast. Mansoor Adayfi è inoltre un attivista di
CAGE international, organizzazione che sta supportando Prisoners for Palestine.
A dimostrazione della censura in vigore verso chi difende la causa palestinese è
stata bloccata la spedizione del suo libro in Italia e gli è stato concesso un
visto di soli pochi giorni, motivo per il quale potrà tenere un numero limitato
di iniziative.
Con questo incontro vogliamo approfondire la conoscenza dei dispositivi
contro-insurrezionali usati dagli Stati colonialisti per supportare le loro
aggressioni. L’utilizzo di questi strumenti viene sempre giustificato tramite la
narrazione della “lotta al terrorismo”. Vediamo, ad esempio, come riguardo alla
situazione in Palestina i governi occidentali, mentre non compiono alcun atto
concreto contro il genocidio attuato da sionisti, sono sempre pronti a
delegittimare la resistenza palestinese e a censurare, criminalizzare, reprimere
ogni forma di solidarietà verso il popolo palestinese che vada al di la
dell’umanitarismo di facciata. L’accusa di terrorismo è quindi sempre pronta per
essere utilizzata contro chi sostiene la Palestina.
Noi invece vogliamo ribadire che la liberazione dal colonialismo passa
attraverso l’autodeterminazione degli oppressi e quindi tramite la lotta che
assume la forma della resistenza. Per noi solidarietà verso la Palestina
significa quindi dare legittimità alla resistenza, contrastare ogni forma di
collaborazionismo con Israele e smascherare tutta la narrazione mistificatoria a
partire appunto da quella della ”war on terror” nata dal Patriot Act del 2001 e
diffusasi in tutto il mondo.
Dobbiamo inoltre considerare come i dispositivi repressivi sperimentati ed
utilizzati nei territori colonizzati possono “tornare indietro” ed essere
utilizzati per la repressione all’interno dell’occidente. Basti pensare a quel
vero e proprio carcere di guerra che è il 41 bis in Italia (utilizzato anche per
la repressione politica) ed alle sue analogie con strutture di tortura e
annientamento quali Guantánamo; oppure alla detenzione amministrativa usata
tanto contro migliaia di prigionieri palestinesi quanto contro i “senza
documenti” nei CPR italiani, oppure ai dispositivi di spionaggio, schedatura e
controllo, all’utilizzo dell’intelligenza artificiale come strumento poliziesco
e militare, che Israele sviluppa grazie alla collaborazione con le università
occidentali, sperimenta contro i palestinesi e poi rivende all’estero. Riteniamo
importante quindi conoscere questi dispositivi anche per difendersi qui. In
particolare in un periodo in cui si manifestano una crescente crisi economica ed
una tendenza alla guerra, alimentata da politiche militariste (vedi l’aumento
delle spese militari e il ritorno della leva obbligatoria). In questa situazione
la normalizzazione del fronte interno, l’aumento di repressione, controllo e
censura, l’attacco agli sfruttati, agli esclusi, ai movimenti di lotta è più che
probabile. Riteniamo necessario per le classi sfruttate comprendere questa
realtà ed attrezzarci per contrastarla.
Nel corso di questo incontro parleremo dello sciopero delle prigioniere e dei
prigionieri di Palestine Action nelle carceri britanniche.
Al momento vi sono sette “Prisoners For Palestine” in sciopero della fame, di
cui tre ospedalizzati, ed alcuni di loro hanno annunciato di volerlo portare
avanti ad oltranza. Altri trentatré prigionieri si uniranno allo sciopero, uno
di loro Sean Midddlebrough ha colto l’occasione di un permesso di qualche giorno
per darsi alla macchia ed è al momento irrintracciabile, ha rilasciato
dichiarazioni con cui rivendica il suo gesto come il rifiuto di essere «un
prigioniero di guerra dello Stato d’Israele in una prigione britannica». Fuori
dalle carceri ci sono state manifestazioni di solidarietà, mentre proseguono le
azioni dirette contro le aziende legate a Elbit Systems (fabbrica che produce
droni e sistemi di sorveglianza) di cui gli scioperanti chiedono la chiusura
degli stabilimenti nel Regno Unito.
Lo sciopero della fame dei detenuti inglesi ha assunto un carattere
internazionale, hanno aderito anche Jakhy McCray negli Stati Uniti (recluso per
l’incendio di alcuni mezzi della polizia di New York) e Dimitris
Chatzivasileiadis prigioniero in Grecia. Hanno fatto arrivare la loro
solidarietà i prigionieri palestinesi e Georges Ibrahim Abdallah. In Italia
hanno supportato lo sciopero, con varie modalità di protesta, i prigionieri
anarchici Luca Dolce (Stecco) – che ha tenuto uno sciopero della fame dal 8 al
29 novembre – , Juan Sorroche e Massimo Passamani.
A dimostrazione che Israele è l’avanguardia della repressione e che nello Stato
sionista si sviluppano e sperimentano le pratiche e le tecnologie repressive che
in seguito si esportano altrove, parleremo anche dello sciopero dei prigionieri
comunisti turchi, rinchiusi nelle celle pozzo. Si tratta di cubicoli di cemento,
introdotti recentemente in Turchia come forma di isolamento estremo e di tortura
psicologica, e che sono lo stesso tipo di cella che da anni Israele utilizza per
annientare i prigionieri palestinesi.
In questo contesto affronteremo inoltre la questione della repressione che lo
Stato italiano sta conducendo – con crescente aggressività – verso i e le
palestinesi e le persone solidali con il popolo palestinese. L’Italia è un paese
che nella sua politica estera persegue gli interessi delle proprie
multinazionali (ENI e LEONARDO). In Asia occidentale ha da tempo abbandonato
politiche autonome ed equidistanti per porsi come piattaforma logistica
dell’esercito statunitense e spalleggiare i piani espansionistici dei sionisti,
anche facendo lo sbirro per Israele.
Tra i vari casi di questa attività poliziesca ricordiamo la condanna di Tarek
Didri a 4 anni e 8 mesi di carcere, per avere difeso i manifestanti caricati
dalla polizia al corteo del 5 ottobre 2024 di Roma; Ahmad Saled, un richiedente
asilo di 24 anni rinchiuso da 6 mesi nel carcere di Rossano Calabro, con il capo
di accusa di 270 quinquies (il cosiddetto terrorismo della parola introdotto
recentemente), questo per dei semplici video che circolano liberamente in rete e
in TV che gli sono stati trovati sul telefonino al momento della richiesta di
asilo, che contenevano un invito al popolo arabo a mobilitarsi e scendere nelle
strade a fianco dei loro fratelli e sorelle palestinesi; Mohamed Shahin, imam
della moschea di S. Salvario a Torino, colpito da decreto di espulsione e
trattenuto nel CPR di Caltanissetta, per le sue dichiarazioni a sostegno della
resistenza palestinese e dell’attacco del 7 ottobre.
Tramite questa iniziativa daremo il nostro contributo alla giornata nazionale di
mobilitazione in sostegno ad Anan Alì e Mansour. I tre palestinesi sono sotto
processo a l’Aquila con l’accusa di terrorismo internazionale, ma per noi sono
persone che hanno giustamente difeso la loro terra dal colonialismo. Il loro è
un processo farsa, istruito dalle autorità italiane per esaudire la richiesta di
Israele di colpire Anan, storico e dichiarato membro della resistenza della
Cisgiordania.
Nelle ultime udienze abbiamo assistito alla presenza di funzionari dello Stato
sionista in sostegno all’accusa, ovvero i tribunali italiani chiamano i
responsabili di un genocidio a testimoniare contro chi lotta contro questo
genocidio. Questo odioso atto di servilismo è ben rappresentato dalla
dichiarazione, rilasciata in videoconferenza dal carcere di alta sicurezza di
Melfi, da Anan:
“È successo in passato, e mi sono trovato di fronte a testimoni israeliani, ma
era in un tribunale militare israeliano, di fronte alla giustizia militare
all’interno di Israele. Ma non mi aspettavo, né attendevo, di dovermi trovare
ancora una volta ad ascoltare la testimonianza dell’esercito israeliano che
occupa la nostra terra e che pratica la pulizia etnica contro il nostro popolo
palestinese, e che il loro Primo Ministro, condannato dalla Corte Internazionale
come criminale di guerra, fosse un testimone contro di me in un tribunale
italiano.
Non so più se mi trovo in un tribunale Israeliano e se vengo processato in base
alla legge militare israeliana, e se il pubblico ministero sia israeliano o
lavori per conto di Israele. Sarà forse un processo militare israeliano, Israele
ha davvero così tanta influenza in Italia?”
Si è inoltre tenuta la requisitoria della pubblico ministero la quale,
nonostante nel dibattimento non sia mai riuscita a dimostrare nulla delle accuse
rivolte ai tre, ha richiesto pesanti condanne, 12 anni per Anan, 9 per Alì, 7
per Mansour.
Di fatto queste pesanti pene sono quelle che richiede il codice per le accuse
loro rivolte, la questione che si pone è che queste accuse sono infondate. Va
inoltre ricordato che in Italia esistono le leggi antiterrorismo (ad esempio
l’art. 270 bis ed i suoi derivati) che permettono di infliggere pesanti pene a
partire da accuse fumose ed aleatorie, l’Italia in fatto di repressione politica
non ha nulla da invidiare a nessuno.
Il processo farsa dell’Aquila, è la dimostrazione dell’asservimento della
magistratura italiana agli assassini israeliani e della complicità del governo
italiano con il genocidio in corso in Asia occidentale. Difendere la Palestina
significa anche difendere i Palestinesi in Europa colpiti dalla longa manus di
Israele e sostenere il diritto dei palestinesi a difendere la loro terra con i
mezzi necessari.
Il 13 dicembre si terrà una giornata nazionale di mobilitazione diffusa in
solidarietà con Anan, Alì e Mansour.
Il 19 Dicembre si terrà al tribunale di l’Aquila un’importante udienza del
processo ad Anan, Alì e Mansour. In questà data parlerà la difesa e potrebbe
essere emessa la sentenza.
Invitiamo da ora tutte e tutti i solidali a partecipare al presidio che si terrà
a partire dalle ore 9.30 al tribunale de L’Aquila in via 20 settembre 66.
Riceviamo e diffondiamo queste importanti iniziative:
Riceviamo e diffondiamo:
CHI DEVASTA È LO STATO,
CHI SACCHEGGIA È IL CAPITALE
All’alba di giovedì 20 novembre è scattata l’operazione Ipogeo orchestrata dalla
Procura di Catania, con perquisizioni a Catania, Palermo, Messina, Siracusa e
Bari. Per tre delle sedici compagnx inquisitx è stata disposta la detenzione in
carcere come misura cautelare. I fatti contestati riguardano quanto accaduto
durante il corteo di Catania dello scorso 17 maggio contro il Decreto Sicurezza.
Interruzione di pubblico servizio, imbrattamento, lesioni personali, rapina e
devastazione e saccheggio, queste le principali accuse che la Procura muove ai
sedici compagnx.
Il recupero di devastazione e saccheggio, reato introdotto nel ventennio
fascista con il Codice Rocco e rispolverato e sdoganato dal G8 di Genova in poi,
è del tutto strategico. La sua estrema ambiguità ne permette l’applicazione nei
contesti più disparati facendone deterrente perfetto per cortei e manifestazioni
che non intendono rientrare nei recinti della concertazione, che non si
accontentano di mere passeggiate e anzi esprimono nelle strade un saldo
antagonismo politico. Inoltre, la severità delle pene (dagli otto ai quindici
anni) che questo reato prevede lo rende strumento ideale per terrorizzare e
reprimere la conflittualità. A rendere il quadro ancora più tetro contribuisce
l’uso diffuso del dispositivo del concorso in reato, anch’esso largamente
elargito a buona parte delle compagnx inquisitx nell’Operazione Ipogeo. Si
tratta di un articolo del Codice penale che colpisce chi si ritiene concorrere
materialmente o moralmente al reato contestato, prevedendo la stessa pena di
questo.
Per la Questura e la stampa è stata l’ennesima occasione per rivomitare
all’opinione pubblica la solita retorica dei buoni e dei cattivi. Ci ripetono
che chi mette in campo pratiche che eccedono il recinto della legalità è un
infiltratx che inquina le lotte giuste, quelle ben perimetrate dei sinceri
democratici, e va quindi isolatx.
Il corteo al centro dell’operazione, che ha attraversato Catania passando sotto
il carcere di Piazza Lanza, si opponeva al Decreto Sicurezza, l’ennesimo
strumento con cui Stato e padroni si armano nella guerra interna contro oppresse
e sfruttati. Il cosiddetto Decreto Sicurezza, divenuto legge a giugno, con il
suo nauseabondo insieme di nuovi reati e aggravanti prevede sempre più carcere
per gli esclusx e per chi si ribella allo stato di cose presenti. Contro queste
misure le compagnx arrestatx e inquisitx si sono oppostx e per questo sono statx
colpitx dalla repressione. È fondamentale ora non lasciarlx solx mostrando
vicinanza, supporto e solidarietà.
Dove il livello dello scontro si abbassa, la repressione ha campo libero. Di
fronte alla stretta repressiva l’unico modo che abbiamo per resistere non è
piegarci alle regole della controparte, ma dare forza e nutrire le nostre
pratiche reagendo all’isolamento. Anche le recenti piazze in solidarietà alla
resistenza del popolo palestinese lo hanno dimostrato: non accettare le
limitazioni imposte dal nuovo Decreto Sicurezza rende più difficile allo Stato e
ai suoi gendarmi applicarne il contenuto.
L’UNICO INFILTRATO È LO STATO!
ADESSO E SEMPRE SOLIDARIETÀ!
BAK, LUIGI E ALE LIBERX!
Per il supporto ai compagni scrivi a vumsec@canaglie.net
A causa di ritardi nella comunicazione via posta, facciamo sapere solo adesso
che anche il compagno anarchico Juan Sorroche ha aderito alla protesta dei
“Prisoners for Palestine”, con uno sciopero dell’aria durato alcuni giorni. Di
seguito il suo comunicato, in cui ancora una volta il cuore del nostro amico
Juanito è un atto di accusa contro la meschinità di chi lo tiene rinchiuso.
Tutti liberi! Palestina libera!
Solidarietà ai/alle prigionieri/e palestinesi nel mondo
Solidarietà ai/alle prigionieri/e delle proteste di “Palestine Action”
Questo mio pensiero viene stimolato dalle proteste dei/delle prigionieri/e di
“Palestine Action” in sciopero della fame dal 14/11/2025 nelle carceri
britanniche e anche da chi si è unito in solidarietà a loro.
Il compagno anarchico Stecco, prigioniero in Italia, ha aderito allo sciopero
della fame dal 07/11 fino al 28/11, così come Massimo, compagno anarchico che si
trova in semilibertà nella prigione di Trento, che ha portato la sua solidarietà
e protesta rinunciando a una settimana di lavoro e quindi di uscite giornaliere.
Ho deciso di aderire il 26/11/2025 anch’io con un gesto simbolico e di
solidarietà alle ragioni di questa protesta rinunciando alle mie ore d’aria (nel
cortile) per una settimana nel carcere di TerniAS2, dove mi trovo prigioniero,
in solidarietà libertaria e internazionalista e che accompagno con queste
parole.
Per prima cosa vorrei ricordare che il mio cuore piange nel sapere il gran
numero di BAMBINI PRGIONIERI dello Stato israeliano! E innanzi tutto, la mia
solidarietà non può che andare ai 17.000 prigionieri dello Stato sionista in
Palestina e ai prigionieri palestinesi in tutto il mondo! La mia solidarietà
rivoluzionaria e il mio cuore batte per il coraggio della resistenza degli
oppressi palestinesi, i combattenti partigiani che resistono oggi con la
guerriglia armata di liberazione, che dura da settantacinque anni contro il
colonialismo israeliano sionista e occidentale!
E nello specifico mando la mia solidarietà in Italia ad Ali e a Mansour e in
special modo al mio amico e fratello Anan partigiano palestinese, trasferito
poco fa da qui, portato via e rinchiuso a Melfi in maniera punitiva per mano
dello Stato italiano che è complice obbediente dei sionisti dello Stato di
Isreale.
Così come vorrei ricordare gli oppressi che soffrono la guerra nel mondo! E il
popolo palestinese in particolare con le 67.000 persone assassinate dagli Stati
capitalisti occidentali, di cui 20.000 BAMBINI, cioè quasi la metà del totale!!
Questa guerra infame e queste violenze razziste strutturali, che sono
intrinseche a tutta la nostra società occidentale statalista-capitalista e
colonialista, che sono la genesi della società israeliana.
Per fare ciò in queste nostre società siamo stati in primo luogo assuefatti a
questa violenza e razzismo SISTEMICI degli Stati capitalisti ed educati ai
“grandi” valori politico-economici DEMOCRATICI e questo, DICIAMOLO, dev’essere
detto FORTE E CHIARO. Vorrei ricordare i genocidi programmati da secoli dalle
democrazie occidentali! Che OGGI ANCORA avanzano indisturbati in ogni momento e
adesso, a Gaza e in Cisgiordania, con la complicità dell’Occidente, che a parole
roboanti dell’ONU dà “diritti e pace” e nei fatti reali vende le bombe e le armi
che trucidano. Come sono anche programmate scientificamente da decenni LE
DIVERSE GUERRE STATALI-CAPITALISTE (a suon di leggi) nell’indifferenza delle
nostre società occidentali. Ne sono un “piccolo” esempio le infinite stragi
degli immigrati nel Mediterraneo che avvengono nell’indifferenza strutturale
razzista che continua nel silenzio complice di quasi tutta la nostra società
occidentale. Questi danni e tanto, tanto ancora è ciò che fa l’interclassismo
democratico nelle nostre vite-lotte, io credo che a livello pratico della lotta
autonoma e antiautoritaria quest’ultimo ci porti via le poche energie preziose,
indirizzandoci volutamente a forme spettacolari di solidarietà che vengono
svuotate completamente dalle poche forze reali che si hanno; tra l’altro così
non incidendo minimamente nella possibilità di cambiamenti radicali della lotta
di classe e rivoluzionaria e della realtà del cambiamento della nostra società
incanalandoci verso la pace sociale che è la continuità delle azioni di guerra
stataliste-capitaliste e della conseguente repressione esterna-interna. È giusto
anche ricordare che oggi ci sono compagni prigionieri rivoluzionari comunisti in
Italia, alcuni rinchiusi da più di 40 anni, che già decenni addietro lottavano
con la lotta armata contro l’imperialismo, ricordare che storicamente lottavano
anche con la resistenza armata palestinese, in solidarietà al popolo
palestinese, ci serve per ricordare la storia rivoluzionaria, per dare la giusta
dimensione solidale contro la repressione statale, come bussola, per dare le
giuste ragioni sociali e storiche per le future lotte rivoluzionarie-libertarie!
Solidarietà all’amico e compagno anarchico Alfredo Cospito rinchiuso al 41 bis
per azioni rivoluzionarie contro Ansaldo. Contro il 41 bis, fuori tutti!
Solidarietà alla compagna prigioniera Anna Beniamino e a tutti/e i/le
prigionieri/e anarchici e libertari nel mondo!
Lo Stato italiano come quello inglese è complice delle guerre coloniali di
Israele e del genocidio, della repressione interna, con l’imprigionamento
dei/delle compagni/e rivoluzionari comunisti e anarchici: in Italia di tre
partigiani palestinesi, uno dei quali è Anan Yaeshh; in Inghilterra con
l’arresto degli attivisti di “Palestine Action” e la detenzione degli
indipendentisti irlandesi. Questi Stati sono anche complici di aver rinchiuso i
17.000 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.
Tutto ciò è collegato!
Ciò che vogliono dare oggi lo Stato italiano e quello inglese sia nel processo
di Anan che di “Palestine Action”, accusandoli di terrorismo e non riconoscendo
la loro resistenza di liberazione del popolo palestinese e dal colonialismo
occidentale, è un chiaro messaggio di tutto il colonialismo occidentale e della
complicità italiana e inglese con il genocidio.
Solidarietà ai/alle prigionieri/e delle proteste di “Palestine Action”!
Libertà per tutti/e i/le prigionieri/e nel mondo!
Per la distruzione di tutte le carceri, delle frontiere, di tutti gli Stati e
del capitalismo!
Contro la guerra!
Rivoluzione-libertaria!
Juan Sorroche
(spedito il 24/11/2025
dalla sezione AS2 del carcere di Terni)
Apprendiamo che il nostro compagno Stecco ha interrotto lo sciopero della fame
in solidarietà con i “Prisoners for Palestine” all’alba di sabato 29 novembre.
In attesa di aggiornamenti, rimaniamo al fianco dei prigionieri in lotta che
continuano a portare avanti lo sciopero della fame.
Tutti liberi! Palestina libera!
Riceviamo e diffondiamo questo testo riguardo l’operazione “Maistrali”,
imbastita dalla Digos e dal Tribunale di Cagliari contro 36 compagni, di cui 10
accusati anche di “associazione terroristica” (270bis). Solidarietà a compagne e
compagni indagati!
Qui il testo: NON PIEGARE LA TESTA DI FRONTE5
Riceviamo e diffondiamo. Qui il testo in formato volantino, di cui è
incoraggiata anche la distribuzione cartacea:
a-buon-rendere-massa-5-novembre
A buon rendere
Solidarietà con gli anarchici condannati dal tribunale di Massa
Continuiamo a lottare contro il 41 bis e le politiche di guerra
Il 5 novembre 2025 si è tenuta al Tribunale di Massa l’udienza con la lettura
della sentenza di primo grado nel processo per la manifestazione tenutasi a
Marina di Carrara il 10 settembre 2022. Un’iniziativa in solidarietà con i
rivoluzionari prigionieri e in particolare con l’anarchico Alfredo Cospito,
trasferito a maggio dello stesso anno nel regime detentivo previsto dall’art. 41
bis dell’ordinamento penitenziario e all’epoca a rischio di una condanna
all’ergastolo nell’ambito del processo “Scripta Manent”.
Una sentenza che si discosta di molto poco dalle richieste del pubblico
ministero. Due condanne a 3 anni e 6 mesi (più una multa di 1800 euro a testa) e
una a 2 anni e 4 mesi (più 700 euro) per “rapina” e “impedimento di una riunione
di propaganda elettorale” nei confronti di due compagni e una compagna (tra
l’altro già coinvolta nel cosiddetto procedimento “Sibilla” assieme ad altri 11
inquisiti, tra cui Alfredo Cospito, e terminato con una sentenza di non luogo a
procedere). Durante il percorso della manifestazione venne incrociata una
postazione di propaganda elettorale della Lega, il cui banchetto finì ribaltato
dopo un breve parapiglia. Da qui l’accusa di “rapina” per cui questi tre
imputati nel marzo 2023 sono stati perquisiti, ricevendo anche la notifica della
misura cautelare dell’obbligo di firma, prolungatosi per oltre un anno.
Poi, una condanna a 1 anno e 6 mesi (più 7 euro) e un’altra a 1 anno (più 3
euro, con pena sospesa) per il solo “impedimento di una riunione di propaganda
elettorale” in relazione al turbamento arrecato dalla manifestazione al
baraccone che portò all’elezione dell’attuale governo Meloni. Una multa di 70
euro per “imbrattamento” in riferimento ad alcune scritte murali comparse su una
filiale Unicredit situata nelle vicinanze: “Fuori Alfredo dal 41 bis” e “Guerra
alla guerra”. Infine l’assoluzione per un imputato.
Cinque gli aderenti alla Lega tra le “persone offese” nel processo. Con il
solito vittimismo – certamente consueto, ma ogni volta stupefacente per la
completa assenza di pudore – nei giorni seguenti i fatti questi signori avevano
descritto quella vivace manifestazione come un momento di guerriglia urbana
(magari!).
La Lega è un partito notoriamente responsabile in particolar modo delle stragi
nel Mediterraneo: i suoi dirigenti si sono assiduamente impegnati affinché
sempre più migranti possano affogare senza che la falsa coscienza dei
benpensanti venga scossa. La Lega ha sostenuto tutte le politiche guerrafondaie
e antiproletarie che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Abbandonata ogni
demenziale velleità secessionista, al “prima il nord” hanno sostituito un “prima
gli italiani”, ma sappiamo bene che – come ogni altro partito politico – ciò che
ci stanno dicendo è sempre prima i padroni. Prima i padroni, i capitalisti, i
loro interessi e quelli dei loro servitori e reggicoda.
Oggi degli anarchici vengono condannati per rapina nei confronti della Lega – il
cui magro bottino, lo diciamo senza assumere pose vittimiste, sarebbe stato un
tavolino da campeggio – e per aver turbato il sereno svolgimento della farsa
elettorale. Non ci aspettiamo un trattamento differente e non abbiamo
l’imbarazzo di questo o quel politico quando qualche loro amico viene accusato
di qualche intrallazzo, truffa o ladrocinio che è il pane quotidiano della
politica (detto en passant, le cronache degli anni passati abbondano di notizie
sull’appropriazione indebita di 49 milioni di euro). Non abbiamo amicizie tra
questi signori e i loro maggiordomi, né nutriamo illusioni elettorali o
istituzionali: tutta la nostra storia è quella di un’ineludibile lotta contro lo
Stato, il capitale e i loro servi. Non abbiamo nulla da salvare di questo
vecchio, decrepito mondo che intendiamo mettere a soqquadro (ben altro che un
banchetto ribaltato). È presto detto: desideriamo la distruzione di ogni ordine
politico ed economico in favore della libertà integrale di tutti e di ciascuno.
Mentre la guerra è alle porte, tra piani di riarmo europeo, incessanti morti per
il lavoro e un genocidio trasmesso in diretta mondiale, la fiducia nei confronti
dei governanti pare svanire ogni giorno di più. Eppure, eccettuate incoraggianti
eccezioni, sopportiamo supinamente quasi ogni angheria, alzando il capo di tanto
in tanto quando la dignità viene calpestata con maggiore vigore. Quando
smetteremo di coltivare la nostra rassegnazione, quando cominceremo a
rispondere? Continueremo ad alzare le spalle con indifferenza?
Il 20 ottobre 2022 Alfredo Cospito iniziava uno sciopero della fame contro il 41
bis e l’ergastolo ostativo, interrotto il 19 aprile successivo a seguito del
pronunciamento della Corte costituzionale sulla normativa inerente l’ergastolo.
Il movimento di solidarietà internazionale sviluppatosi negli anni 2022-’23 ha
impedito una condanna all’ergastolo ostativo per Alfredo (all’epoca pressoché
certa con l’esito del processo “Scripta Manent” in Corte di Cassazione), gettato
luce sulla natura di un regime detentivo di tortura prima di allora intoccabile,
messo un bastone tra le ruote della macchina della repressione statale che
riguarda tutti gli oppressi. Azioni dirette e rivoluzionarie, uno sciopero della
fame a oltranza, iniziative nelle carceri di mezzo mondo, manifestazioni in ogni
dove. Impeti di dignità che non riguardano solamente le sorti processuali e
detentive di qualche anarchico recluso. Le calunnie dei politici e le
mistificazioni dei mass-media non sono bastate a nascondere una verità lampante:
padroni e governanti non valgono un briciolo dell’integrità di un
rivoluzionario.
Oggi come ieri, nei tribunali si celebra il diritto e si sancisce il monopolio
della violenza da parte dello Stato. Che altro dire? Noi andiamo avanti per la
strada intrapresa. A buon rendere.
Novembre 2025
Circolo Culturale Anarchico “Gogliardo Fiaschi” – Carrara
Circolo Anarchico “La Faglia” – Foligno
• Circolo Culturale Anarchico “G. Fiaschi”, via Ulivi 8/B, Carrara — Aperture:
mercoledì (16:00-18:00), venerdì (17:30-19:00) •
e-mail: circolofiaschi@canaglie.org — pagina facebook:
https://www.facebook.com/circoloculturaleanarchicogogliardofiaschi — canale
telegram: https://t.me/circoloculturaleanarchicocarrara
• Circolo Anarchico “La Faglia”, via Monte Bianco 23, Foligno •
e-mail: circoloanarchicolafaglia@inventati.org — canale telegram:
https://t.me/circoloanarchicolafaglia
Ci segnalano questa importante e incresciosa notizia, che a nostra volta
diffondiamo.
Da https://pungolorosso.com/2025/11/19/il-caso-di-ahmad-salem-in-carcere-da-6-mesi-per-aver-chiamato-alla-mobilitazione-contro-il-genocidio/
Ahmad Salem è un giovane palestinese di 24 anni, nato e cresciuto nel campo
profughi palestinese al-Baddawi in Libano, arrivato in Italia in cerca di
protezione internazionale e che dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per
presentare richiesta di asilo politico.
Durante l’audizione davanti alla Commissione territoriale, il suo telefono è
stato sequestrato e perquisito ed a Salem sono stati contestati gli articoli 414
(istigazione a delinquere) e 270 quinquies (autoaddestramento con finalità di
terrorismo) del cp.
Le autorità italiane, così come la stampa, lo hanno descritto come un
“jihadista” che incitava all’odio e istigava a compiere atti terroristici,
sostenendo che sul suo telefono fossero presenti “materiali istruttivi” utili a
fini terroristici.
L’intero impianto accusatorio si basa su un paio di frasi decontestualizzate
estratte da un video di otto minuti pubblicato online, in cui Ahmad invitava
alla mobilitazione contro il genocidio in corso a Gaza, alla sollevazione in
Cisgiordania e a scendere nelle piazze in Libano; e per un passaggio del video
in cui Ahmad condanna il silenzio e l’immobilismo del mondo arabo e musulmano
davanti ai crimini commessi da Israele, diventa, per la Digos di Campobasso, un
video di “propaganda jihadista”.
Quanto ai presunti “video istruttivi”, è emerso che si trattava di filmati degli
attacchi della resistenza palestinese a Gaza contro mezzi militari israeliani,
gli stessi video che per mesi sono circolati su canali e mezzi d’informazione;
questi si sono rivelati non contenere alcuna indicazione di natura tecnica o
addestrativa come sostenuto dall’accusa; tant’è che gli stessi video diffusi
dalla resistenza palestinese a Gaza sono stati a più riprese, negli ultimi due
anni, pubblicamente resi accessibili e trasmessi da testate italiane tra cui Rai
News, La Repubblica, La Stampa e altre.
Nonostante ciò, Ahmad si trova da oltre sei mesi in carcere, in regime di alta
sicurezza, a Rossano Calabro, in attesa di giudizio. I suoi legali hanno
presentato ricorso in Cassazione e hanno sollevato la questione di
costituzionalità dell’articolo 270 quinquies, articolo noto come “terrorismo
della parola” recentemente introdotto con il “DL Sicurezza” (ex DDL 1660) ad
aprile, ampliando ulteriormente il margine repressivo in Italia.
Riceviamo e diffondiamo:
[it] “Preferisco morire da leonessa piuttosto che vivere come un cane”. Sulla
repressione contro il 2° incontro internazionale di Amburgo contro il servizio
militare e per il rifiuto di ogni forma di militarismo
«Preferirei morire come una leonessa…» Con queste parole, nel 1917, Emma Goldman
si oppose al militarismo che si stava diffondendo in tutto il mondo e si schierò
contro il servizio militare obbligatorio. A più di un secolo di distanza, ci
troviamo di fronte a un altro periodo di massiccia militarizzazione,
caratterizzato da nuove e continue guerre e genocidi. Lo scorso fine settimana,
dal 14 al 16 novembre 2025, anarchici provenienti da diversi paesi si sono
incontrati per la seconda volta in occasione di uno scambio internazionale per
analizzare, discutere e approfondire ulteriormente le lotte antimilitariste.
Sono stati presentati contributi di compagni provenienti da Gran Bretagna,
Grecia, Israele/Palestina, Italia, Francia, Finlandia e Germania, proposti in
loco, tramite video o per iscritto. Come facilmente immaginabile, i nemici della
libertà e i loro seguaci non sono certamente entusiasti di un momento
internazionale come questo. Oltre alla sorveglianza intorno al nostro incontro,
desideriamo rendere noto un episodio:
La sera di venerdì, un gruppo di cinque compagni anarchici provenienti da Milano
è stato fermato dalla polizia federale tedesca all’aeroporto di Amburgo, subito
dopo essere sceso dall’aereo. Sono stati sottoposti a controllo e
successivamente gli agenti in uniforme hanno cercato di interrogarli, rivolgendo
loro domande sull’incontro e, più in generale, sulle loro attività anarchiche.
Dopo essersi rassegnati alla mancata collaborazione dei nostri compagni e dopo
alcune ore, è diventato chiaro che l’ingresso nel paese sarebbe stato loro
negato ai sensi dell’articolo 6.
Dopo aver trascorso la notte in una cella della stazione di polizia, la polizia
federale ha provveduto a cambiare la loro prenotazione aerea, inserendoli su un
volo in partenza la mattina seguente. I loro documenti sono stati consegnati al
pilota e sono stati rispediti in Italia, dove sono stati accolti dalla polizia
italiana e successivamente rilasciati. Nei documenti consegnati ai nostri
compagni, l’incontro dell’anno scorso contro il servizio militare e il rifiuto
di ogni forma di militarismo è stato indicato come il motivo di questa azione
repressiva. Secondo quanto riportato, durante le giornate dello scorso anno si
sarebbe verificata una manifestazione violenta, nel corso della quale sarebbe
stato esposto uno striscione con la scritta “Contro il militarismo, no alla
Bundeswehr”, distrutto un ufficio della SPD, bloccate le strade, scritti slogan
sui muri e aggrediti i poliziotti giunti sul posto.
Consideriamo questa repressione come un messaggio rivolto alla nostra iniziativa
antimilitarista internazionale e inviamo la nostra solidarietà ai compagni
fermati e a cui è stato impedito di partecipare all’incontro. Le nostre lotte
non si fermeranno né di fronte alle loro leggi né ai loro confini, né di fronte
a chi, in uniforme o meno, difende un sistema che trae profitto dalle guerre e
dai genocidi in tutto il mondo. Con le imminenti lotte contro la
militarizzazione e la reintroduzione del servizio militare obbligatorio, ci
saranno ulteriori interventi repressivi. Siamo già venuti a conoscenza di
studenti perseguitati nelle loro scuole per essersi opposti alla propaganda
dell’esercito tedesco.
Con queste parole, vogliamo esprimere la nostra solidarietà anche al compagno
anarchico Stecco in Italia, che ha aderito allo sciopero della fame
dell’iniziativa “Prisoners for Palestine”.
Libertà per tutti i prigionieri! Contro ogni forma di militarismo!
Amburgo, novembre 2025
——-
[de] „Lieber sterbe ich als Löwin, als dass ich ein Leben als Hund führe“. Zur
Repression gegen den 2. internationalen Austausch gegen Militärdienst und für
die Verweigerung jedes Militarismus in Hamburg
„Ich würde lieber als Löwin sterben …“ Mit diesen Worten konfrontierte Emma
Goldman 1917 den sich weltweit ausbreitenden Militarismus und sprach sich gegen
die Wehrpflicht aus. Mehr als hundert Jahre später stehen wir vor einer weiteren
Episode massiver Militarisierung, einhergehend mit neuen und andauernden Kriegen
und Genoziden. Am vergangenen Wochenende, vom 14. bis 16. November 2025, trafen
sich Anarchist*innen aus verschiedenen Ländern zum zweiten Mal zu einem
internationalen Austausch, um antimilitaristische Kämpfe zu analysieren, zu
diskutieren und weiterzuentwickeln. Es wurden Beiträge von Mitstreiter*innen aus
Großbritannien, Griechenland, Israel/Palästina, Italien, Frankreich, Finnland
und Deutschland präsentiert, die vor Ort, per Video oder schriftlich eingereicht
wurden. Wie wir uns leicht vorstellen können, sind die Feind*innen der Freiheit
und ihre Hunde sicherlich nicht begeistert von einem internationalen Moment wie
diesem. Abgesehen von der Überwachung rund um unser Treffen möchten wir einen
Vorfall bekannt machen:
Am Freitagabend wurde eine Gruppe von fünf anarchistischen Mitstreiter*innen,
die aus Mailand (Italien) am Flughafen Hamburg ankam, unmittelbar nach dem
Verlassen des Flugzeugs von der deutschen Bundespolizei aufgehalten. Sie wurden
kontrolliert und später versuchten die Hunde in Uniform sie zu verhören, indem
sie ihnen Fragen über das Treffen und allgemeine Fragen zu ihren anarchistischen
Aktivitäten stellten. Nachdem sie die Nichtkooperation unserer Mitstreiter*innen
akzeptieren mussten und einige Stunden vergangen waren, wurde klar, dass ihnen
die Einreise gemäß § 6 verweigert werden würde.
Nach einer Nacht auf der Polizeiwache änderte die Bundespolizei ihre Flugbuchung
und buchte sie auf einen Flug am nächsten Morgen um. Ihre Papiere wurden der*dem
Pilot*in ausgehändigt und sie wurden nach Italien zurückgeschickt, wo sie von
der italienischen Polizei empfangen und anschließend freigelassen wurden. In den
Papieren, die unseren Mitstreiter*innen ausgehändigt wurden, wurde der Austausch
gegen den Militärdienst und die Verweigerung jedes Militarismus im letzten Jahr
als Begründung für die Repression angegeben. Es hieß, dass es während der Tage
des letzten Jahres zu einer wilden Demonstration gekommen sei, bei der ein
Transparent mit der Aufschrift „Gegen Militarismus, keine Bundeswehr“ getragen,
ein Büro der SPD zerstört, die Straße blockiert, Slogans gesprüht und ankommende
Polizist*innen angegriffen worden seien.
Wir verstehen diese Repression als Botschaft an unsere internationale
antimilitaristische Initiative und senden unsere Solidarität an die
Mitstreiter*innen, die aufgehalten und an der Teilnahme am Austausch gehindert
wurden. Unsere Kämpfe werden weder durch ihre Gesetze und Grenzen gestoppt
werden, noch durch diejenigen – ob in Uniform oder ohne Uniform – die ein System
verteidigen, das von Kriegen und Genoziden weltweit profitiert. Mit den
bevorstehenden Kämpfen gegen die Militarisierung und die Wiedereinführung der
Wehrpflicht wird es zu weiterer Repression kommen. Wir haben bereits von
Schüler*innen gehört, die wegen ihres Widerstands gegen Bundeswehr-Propaganda in
ihren Schulen verfolgt werden.
Mit diesen Worten möchten wir auch unsere Solidarität mit dem anarchistischen
Mitstreiter Stecco in Italien ausdrücken, der sich dem Hungerstreik der
Initiative „Prisoners for Palestine“ angeschlossen hat.
Freiheit für alle Gefangenen! Gegen jeden Militarismus!
Hamburg, November 2025