Rammaricandoci di non aver seguito per tempo questa vicenda, apprendiamo che
Maja (una delle persone coinvolte nella vicenda degli “antifascisti di
Budapest”) ha terminato lo sciopero della fame. Di seguito le righe di chi ci ha
inviato la traduzione di questi comunicati, utili a contestualizzare la vicenda,
quindi il comunicato di Maja sul suo sciopero e quello sulla sospensione dello
sciopero stesso. Solidarietà a Maja!
“Questa dichiarazione è stata pubblicata il 19 giugno su
https://de.indymedia.org/node/516278
ma era stata scritta evidentemente il 4 giugno, il giorno prima che Maja
entrasse in sciopero della fame. Al momento Maja si trova in un ospedale
carcerario a 2 chilometri e mezzo da Budapest e sta iniziando a stare molto
male. Hanno detto a Maja che per curarl* dovrebbe andare in un ospedale civile,
ma in quel caso verrebbe legat* al letto 24 ore su 24 e Maja si è rifiutat*. !
Dichiarazione di Maja in sciopero della fame
Mi chiamo Maja. Quasi un anno fa sono stat* estradat* illegalmente in Ungheria.
Da allora, sono trattenut* qui in un isolamento disumano e prolungato. Ieri, 4
giugno 2025, si sarebbe dovuta prendere una decisione sulla mia richiesta di
trasferimento agli arresti domiciliari. Questa decisione è stata rinviata. Le
precedenti richieste di trasferimento agli arresti domiciliari sono state
respinte. Non sono più dispost* a sopportare questa situazione intollerabile e
ad attendere le decisioni di una magistratura che ha sistematicamente violato i
miei diritti negli ultimi mesi. Pertanto, oggi, 5 giugno 2025, inizio uno
sciopero della fame. Chiedo di essere estradat* di nuovo in Germania, che mi sia
consentito di tornare dalla mia famiglia e di partecipare ai procedimenti in
Ungheria da casa.
Non posso più tollerare le condizioni di detenzione in Ungheria. La mia cella è
stata videosorvegliata 24 ore su 24 per oltre tre mesi. Per oltre sette mesi, ho
dovuto indossare le manette sempre fuori dalla mia cella, e a volte anche
dentro, mentre facevo la spesa, facevo chiamate Skype o durante le visite. Gli
agenti effettuano ispezioni visive della mia cella ogni ora, anche di notte, e
lasciano sempre le luci accese. Devo sottopormi a perquisizioni intime, durante
le quali devo spogliarmi completamente. Le visite si svolgevano in stanze
separate, dove er* separat* dai miei familiari, avvocati e rappresentanti
ufficiali da un tramezzo. Durante le ispezioni, gli agenti lasciavano la mia
cella nel caos più totale. Le condizioni strutturali mi impediscono di vedere la
luce del giorno a sufficienza. Il piccolo cortile è di cemento e coperto da una
grata. La temperatura dell’acqua della doccia non può essere regolata. La mia
cella è permanentemente infestata da cimici e scarafaggi. Non c’è un’adeguata
fornitura di cibo fresco ed equilibrato.
Sono anche in isolamento a lungo termine. Per quasi sei mesi non ho avuto
contatti con altri detenuti. Ad oggi, vedo o sento altre persone per meno di
un’ora al giorno. Questa privazione permanente del contatto umano è intesa a
causare deliberatamente danni psicologici e fisici. Ecco perché le Regole
Penitenziarie Europee del Consiglio d’Europa stabiliscono “almeno due ore di
contatto umano significativo al giorno”. Ecco perché l'”isolamento prolungato”,
ovvero l’isolamento di un detenuto per almeno 22 ore al giorno per più di 15
giorni, è considerato trattamento disumano o tortura ai sensi delle Regole
Nelson Mandela delle Nazioni Unite. Qui in Ungheria, sono sepolt* viv* in una
cella di prigione e questa custodia cautelare può durare fino a tre anni in
Ungheria. Per questi motivi, non avrei mai dovuto essere estradat* in Ungheria.
La Corte d’Appello di Berlino e la commissione speciale “Linx” dell’Ufficio di
Polizia Criminale dello Stato della Sassonia hanno pianificato e perseguito
l’estradizione, aggirando deliberatamente i miei avvocati e la Corte
Costituzionale Federale. Il 28 giugno 2024, poche ore dopo la mia estradizione
lampo, la Corte Costituzionale Federale ha stabilito che non potevo essere
estradat* per il momento. Il 6 febbraio 2025, la Corte Suprema ha stabilito che
la mia estradizione era illegale. Da allora, nessuno dei responsabili è stato
ritenuto responsabile. Finora non ho ricevuto alcun risarcimento. Con il mio
sciopero della fame, desidero anche richiamare l’attenzione sul fatto che
nessuna persona dovrebbe essere estradata in Ungheria. Zaid di Norimberga, che è
seriamente minacciato di estradizione in Ungheria, ha attualmente bisogno di
questa attenzione. Dichiaro la mia solidarietà a tutti gli antifascisti
processati nel processo di Budapest.
Maja termina lo sciopero della fame
Oggi, 14 luglio 2025, Maja ha terminato il suo sciopero della fame dopo 40
giorni. Maja è gravemente indebolit*. La sua frequenza cardiaca è scesa a 30 a
tratti. Si sono considerati possibili svenimenti e persino arresti cardiaci, e
si temevano danni irreversibili agli organi.
Fino all’ultimo, le autorità ungheresi hanno ignorato la richiesta di Maja di
tornare a casa. Anche il trasferimento agli arresti domiciliari è stato
respinto. Persino nell’ospedale del carcere, Maja è rimast* in completo
isolamento 24 ore su 24.
Il padre di Maja, Wolfram Jarosch, afferma: “La Corte Costituzionale Federale ha
stabilito che l’estradizione viola il diritto fondamentale sancito dall’articolo
4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (divieto di tortura).
Questa violazione dei diritti fondamentali dura da oltre un anno. Da allora, mi*
figli* è stata torturat* psicologicamente attraverso l’isolamento. In Ungheria
non esiste un giusto processo, ma piuttosto una sorta di processo farsa. Francia
e Italia non hanno estradato verso l’Ungheria. Georgia Meloni si è personalmente
spesa per Ilaria Salis in un caso simile. Il signor Wadephul afferma di voler
finalmente difendere anche Maja. Ora attendiamo i risultati. Lo stato di diritto
deve essere ripristinato; Maja deve tornare in Germania!”
Dopo quasi sei settimane di digiuno, Maja deve ricominciare a mangiare
lentamente e con attenzione per evitare i sintomi potenzialmente letali della
sindrome da rialimentazione.
Come Comitato di Solidarietà, famiglia di Maja e sostenitori, siamo orgogliosi
di Maja. Con incredibile forza, spirito combattivo e determinazione, nonostante
fosse tenut* in isolamento in un paese straniero, Maja ha perseverato e attirato
l’attenzione sia a livello nazionale che europeo.
La lotta per la giustizia continuerà. Non abbandoneremo Maja e non ci fermeremo
finché non sarà di nuovo con noi.
Maja e noi vorremmo esprimere la nostra sincera gratitudine a tutti coloro che
ci hanno sostenuto – emotivamente e moralmente, politicamente e concretamente.
Questa solidarietà in azione è ciò che ci dà forza.
Comitato di solidarietà per lo sciopero della fame di Maja
Tag - Stato di emergenza
Ringraziando chi l’ha fatta, riceviamo e diffondiamo questa traduzione da
https://de.indymedia.org/node/520023
Se il Senato di Berlino avrà la meglio, la cosiddetta “Legge sulla Sicurezza e
l’Ordine” (ASOG) verrà presto inasprita. Oltre alla videosorveglianza permanente
degli spazi pubblici, sono previste ulteriori misure drastiche.
Gli incontri finali tra CDU e SPD sono previsti per questo fine settimana, in
modo che l’inasprimento dell’ASOG a Berlino possa essere deciso tempestivamente.
A quanto pare, i piani sono promossi dal senatore degli Interni Spranger,
esponente di destra della SPD.
Videosorveglianza negli spazi pubblici
Finora, alla polizia di Berlino era vietato monitorare costantemente gli spazi
pubblici con telecamere. Ora la situazione è destinata a cambiare. La nuova ASOG
(Associazione della Polizia di Berlino-Brandeburgo) consentirà l’installazione
di telecamere fisse ad alta tecnologia – inizialmente nelle cosiddette “aree a
forte criminalità” come Kotti, Görlitzer Park, Alexanderplatz o Leopoldplatz –
per filmare chiunque 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Inoltre, le telecamere saranno
collegate all’intelligenza artificiale, che rileverà in tempo reale i cosiddetti
“comportamenti devianti” e li segnalerà alle autorità di polizia competenti. Non
è noto se e per quanto tempo i dati saranno archiviati.
I luoghi di Berlino che in futuro saranno soggetti a videosorveglianza 24 ore su
24 includono non solo incroci importanti come Kottbusser Tor e Alexanderplatz,
frequentati ogni giorno da decine di migliaia di persone, ma anche aree
ricreative e ricreative come Görlitzer Park, dove, secondo la volontà del
Senato, potremo prendere il sole, leggere un libro o rilassarci con gli amici
sotto l’occhio indiscreto delle telecamere.
Luoghi come Kotti, Alex, Leo o Görli sono anche importanti sedi di
organizzazione politica e proteste. Già oggi, ad esempio, manifestazioni o
raduni politici non possono essere semplicemente ripresi dalla polizia. Come si
evolverà la situazione in futuro con le proteste politiche in luoghi
videosorvegliati in modo permanente non è del tutto chiaro.
Secondo il Senato, finora non è previsto alcun riconoscimento facciale.
Tuttavia, possiamo supporre che, con le moderne telecamere ad alta tecnologia e
l’intelligenza artificiale appropriata a supporto, un sistema del genere sarebbe
facilmente implementabile e probabilmente lo sarà nel prossimo futuro. Non a
caso le autorità repressive hanno già sperimentato ampiamente il riconoscimento
facciale automatico negli spazi pubblici, ad esempio alla stazione di Südkreuz.
L’intera vicenda è, ovviamente, un classico progetto da Grande Fratello. Mentre
la disuguaglianza sociale, la povertà e la mancanza di una casa aumentano e
sempre più persone sono costrette a vivere in condizioni estremamente precarie,
lo Stato sta intensificando il controllo e la sorveglianza su larga scala.
Ulteriori insidie nel previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la
Sicurezza Pubblica e la Sicurezza)
Oltre alla videosorveglianza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, degli spazi pubblici,
il previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la Sicurezza Pubblica e la
Sicurezza) contiene ulteriori insidie:
– La cosiddetta sorveglianza delle comunicazioni alla fonte, ovvero l’infezione
da parte dello Stato, ad esempio, dei telefoni cellulari tramite spyware,
diventerà uno strumento abituale delle forze dell’ordine
– Il periodo di archiviazione per la videosorveglianza sui mezzi pubblici verrà
raddoppiato da 48 a 96 ore
Nel complesso, il previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la Salute
Pubblica e i Servizi Sociali) è una classica restrizione delle libertà
individuali e collettive da parte di uno Stato sempre più autoritario, incarnato
qui dal reazionario Senato di Berlino.
Lo troviamo disgustoso, ovviamente. Vogliamo ancora, e ora più che mai,
giustizia sociale invece della sorveglianza, riduzione della povertà invece di
esclusione e controllo, alloggio, assistenza sanitaria e una vita dignitosa per
tutti!
Riceviamo e diffondiamo:
Mercoledì 6 luglio si è tenuta la più recente udienza del processo ai tre
palestinesi.
Si è trattato di un udienza burrascosa, che ha visto lo scontro tra accusa e
difesa. La PM ha tentato di screditare il teste della difesa – un docente di
lingua araba dell’università Ca’ Foscari di Venezia – mentre la difesa ha
richiesto alla corte di rigettare l’acquisizione di nuovi documenti presentati
dall’accusa all’ultimo minuto. In questa udienza l’accusa ha rinunciato
all’audizione di un testimone che avrebbe dovuto relazionare in merito a
documenti redatti dai servizi segreti.
Le prossime udienze si terranno il 19 ed il 26 settembre. Nella prima data data
si dibatterà in merito all’ammissione dei nuovi documenti presentati
dall’accusa, tra cui una rogatoria internazionale verso gli Stati Uniti e
riguardante membri della resistenza palestinese e inoltre si concluderà
l’istruttoria.
Nella seconda data dovrebbero tenersi le arringhe dei difensori e le
dichiarazioni spontanee degli accusati.
Complici e solidali
Rilanciamo da
https://pungolorosso.com/2025/07/10/napoli-arresti-e-feriti-la-rabbia-dei-disoccupati-contro-il-click-day-truffa-del-comune/
Solidarietà!
Napoli: arresti e feriti. La rabbia dei disoccupati contro il click-day truffa
del Comune
Abbiamo ancora notizie provvisorie, ma le mettiamo immediatamente in rete in
solidarietà con il movimento dei disoccupati organizzati di Napoli, 7 Novembre e
Cantiere 167 Scampia.
Ciò che è accaduto e sta accadendo è gravissimo.
Oggi doveva essere, per accordi presi, il click-day in cui partiva il passaggio
finale per l’avviamento al lavoro di molte centinaia di disoccupati e
disoccupate che per anni e anni si sono battuti con grande tenacia e dignità, e
ancor più grandi sacrifici, per conquistare un posto di lavoro senza sottostare
al padrinaggio di varie camorre, politiche e comuni.
Ebbene il click-day si è rivelato una truffa perché il sistema era in crash.
Questa la scusa ufficiale. Dietro questa scusa, però, c’è un chiaro disegno
politico delle istituzioni, con in prima fila i fascisti di Fratelli d’Italia,
che hanno fatto di tutto per far fallire questo progetto: prima tentando di
inquinare le acque con la repressione, poi violando gli impegni presi e
azzerando i criteri di gestione del bando, ignorando le competenze acquisite in
questi anni dalle platee 7 novembre e 167 Scampia, le quali erano state
appositamente formate attraverso tirocini e stage presso cooperative
qualificate.
Lo schiavismo è la religione delle istituzioni. Se sei disoccupato, se sei una
disoccupata, devi bussare, pregare, inchinarti, strisciare alle porte di “chi
può”, giurare fedeltà, altrimenti non hai alcun diritto a dare da mangiare ai
tuoi. Senonché l’esperienza di questi anni ha dimostrato che con
l’organizzazione e la lotta i disoccupati napoletani sono stati capaci di far
valere le proprie necessità, di saper percorrere una via alternativa a quella
della umiliazione e della sottomissione, respingendo sia le minacce che le
lusinghe individuali.
E’ evidente, quindi, che ci troviamo di fronte ad un attacco politico diretto
non solo alla massa dei disoccupati e delle disoccupate, ma alla sua direzione
sindacale e politica, “rea” di avere rifiutato sempre ogni forma di
consociativismo e di avere sempre marcato la propria totale autonomia da
clientele e carrozzoni elettorali-istituzionali.
Inevitabile, perciò, che stamattina reagissero con rabbia a questo autentico
agguato dei poteri costituiti, centrali e locali. Una rabbia sacrosanta a cui
gli apparati istituzionali stanno rispondendo con la repressione violenta. Ad
ora sappiamo che la compagna Mimì Ercolano, una delle portavoce del movimento, è
stata arrestata, e che Giuseppe D’Alesio, coordinatore provinciale del SI Cobas,
è stato ferito e sta raggiungendo l’ospedale.
Aggiorneremo le notizie, man mano che ci arrivano, ma è evidente che deve
partire subito la più ampia solidarietà, nazionale e internazionale, verso
questo coraggioso, tenacissimo movimento di lotta, che in questi anni ha dato la
solidarietà concreta a tutte le lotte e a tutti i repressi, per imporre un passo
indietro alle istituzioni, la liberazione degli arrestati e il pieno rispetto
degli impegni assunti.
Non si tratta solo dei disoccupati napoletani del Movimento 7 novembre e del
Cantiere 167 Scampia! E’ un test sociale e politico: il governo della guerra e
del decreto “sicurezza” vuole inaugurare sulla pelle dei disoccupati in lotta la
sua guerra interna all’intera classe lavoratrice. Impediamogli di raggiungere
questo obiettivo!
Facciamo sentire dappertutto la nostra rabbia e la nostra solidarietà: chi tocca
uno, tocca tutti!
Riceviamo e diffondiamo. Di seguito all’aggiornamento un intervento dei Giovani
Palestinesi al corteo de L’Aquila dello scorso 25 giugno:
Il loro sangue ricadrà su di voi
Aggiornamenti di Luglio sul processo ad Anan, Alì e Mansour.
I prossimi 9 e 10 luglio si terranno al tribunale dell’Aquila due udienze
consecutive del processo ad Anan, Alì e Mansour, accusati di proselitismo e
finanziamento del terrorismo. Nel corso di queste udienze verranno ascoltati gli
unici tre testimoni accettati, su quarantasette presentati dalla difesa, e gli
imputati. Se le intenzioni dei giudici precedentemente erano quelle di chiudere
il processo entro l’estate fissando molte udienze a distanza ravvicinata, nei
fatti la corte non riuscirà a terminare l’istruttoria nei tempi prefissati e la
conclusione del processo è già rimandata a dopo l’estate.
Questo processo è sempre stato seguito da un pubblico solidale ed accompagnato
da un presidio all’esterno del palazzo di giustizia. In occasione delle tre
udienze consecutive del 25, 26 e 27 giugno scorso all’Aquila si sono tenute
iniziative informative e mercoledì 25 un corteo vitale ha attraversato le strade
della città. La presenza solidale è rinnovata per le prossime udienze.
Nelle scorse udienze sono stati ascoltati i testi dell’accusa (agenti e
dirigenti di DIGOS, Dipartimento Centrale della Polizia di Prevenzione e Guardia
di Finanza).
L’ enorme mole di dati presentata dagli inquirenti ci fa supporre che questi
vogliano sostituire con la quantità l’assenza di qualità, cioè di contenuti
significativi. Effettivamente non abbiamo avuto modo di capire su quali basi si
giustifichi tanto questo processo quanto la detenzione di una persona nel
carcere speciale di Terni da oltre un anno.
Il fatto che i tre simpatizzino per la resistenza palestinese in Cisgiordania,
loro terra d’origine, è ovvio. L’ulteriore fatto che uno di loro abbia fatto
parte della prima linea della resistenza è dichiarato con orgoglio da lui stesso
ed è ritenuto legittimo perfino dal diritto borghese.
Invece che i tre abbiano organizzato azioni in Italia è escluso e che abbiano
organizzato dall’Italia azioni in Cisgiordania che prendessero di mira
cosiddetti civili (cioè coloni) israeliani non è emerso dall’istruttoria, e
questi sarebbero stati gli elementi accusatori su i quali sembrava improntato
questo processo.
Al di fuori del codice penale, di cui ci interessa relativamente,a noi sembra
semplicemente disumano e abbietto perseguire delle persone perché sostengono il
proprio popolo mentre subisce l’apice di soprusi e violenze che perdurano
ininterrottamente dal 1948.
La mancanza di argomenti emersa dalle deposizioni dei dirigenti delle forze
dell’ordine ha spinto la PM a richiedere l’audizione di un ulteriore testimone,
cioè di Vincenzo di Peso dirigente della DCPP, questa testimonianza dovrebbe
avere come oggetto annotazioni pervenute al PM di recente dai servizi segreti.
Si tratta di una richiesta irrituale e che potrà essere discussa solo alla fine
dell’istruttoria. Questa richiesta ci conferma quella che ormai è più di
un’ipotesi, cioè che questo processo abbia preso origine da una catena di
comando che parte dai servizi segreti israeliani, passa per quelli italiani, per
la DCCP ed arriva alla Digos ed alla magistratura antimafia dell’Aquila.
Le tracce di questa direttrice emergono dal precedente rifiuto dello Stato
Italiano di estradare Anan in Israele, dal tentativo fallito di portare a
processo documenti prodotti dallo Shin Bet e che contenevano testimonianze
raccolte in centri di detenzione in cui si fa ricorso sistematico alla tortura,
dalla vaghezza degli inquirenti sull’origine delle fonti utilizzate.
Le relazioni dei servizi potrebbero essere quindi all’origine di questo
procedimento. Al loro utilizzo si oppone la difesa in quanto ritiene questi
elementi inammissibili per l’impossibilità di verificarne la fonte e
considerando che i servizi segreti non svolgono attività di polizia giudiziaria.
Capiremo a breve se la corte chiuderà il processo sul nulla probatorio o
l’accusa tenterà di condizionare la giuria popolare con qualche sorpresa
dell’ultimo minuto.
Il tentativo delle autorità israeliane di perseguire noti esponenti della
resistenza, quale è Anan Yaeesh che risiede e lavora in Italia da anni e gode di
protezione umanitaria, risponde a precisi principi: il popolo palestinese non
solo deve essere espulso dai territori controllati dagli israeliani, ma va
attaccato e cancellato nella sua stessa esistenza ovunque risieda. Questo perché
finché esiste la coscienza dell’esistenza del popolo palestinese – e la
resistenza la incarna a pieno – la persistenza dell’entità coloniale di Israele
è messa radicalmente in discussione.
Ne consegue che la persecuzione della resistenza, della sua memoria e dei suoi
simboli è parte integrante del programma di genocidio del popolo palestinese
attualmente in corso. Ne consegue ulteriormente che chi collabora con questo
programma è esso stesso responsabile del genocidio, lo sono quindi anche le
autorità italiane che, in questo come in altri ambiti, ubbidiscono agli ordini
dei sionisti. Questo processo ha scopo di disperdere e punire la diaspora
palestinese, mandare il messaggio intimidatorio che Israele la può perseguitare
in ogni dove e che può costantemente ribaltare la realtà accusando di terrorismo
chi ne è vittima.
Il sangue dei palestinesi ricadrà su chi sta compiendo, supportando, tollerando
questo massacro.
Non è possibile voltarsi dall’altra parte per non vedere, chi non vuole essere
complice è chiamato da questo sangue a fare sentire la propria voce.
complici e solidali
Qui il pdf: anan aggiornamenti luglio def.
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INTERVENTO DI GPI AL MEGAFONO DURANTE IL CORTEO DELL’AQUILA DEL 25 GIUGNO 2025
Anan da gennaio si trova nel carcere di Terni, è detenuto ed è accusato di
terrorismo.
Adesso voi vi chiederete perché viene arrestato in questa città un palestinese,
un palestinese che vive qua, lavora qua, viene arrestato per terrorismo?
Voleva fare un attacco terroristico in questa città secondo voi?
Questo direbbe la teoria, no?
Che all’interno dello Stato italiano, un cittadino che vive nello Stato italiano
vuole compiere un attacco, verso magari un bar come questo?
Questo direbbe la teoria, ma poi la pratica in realtà è che Anan è stato
arrestato in questa città, è sotto processo in questa città, perché quando stava
in Palestina, il nostro paese dal quale noi siamo stati cacciati dagli
israeliani, lui si è difeso ed ha resistito contro l’occupazione israeliana, ed
è per questo motivo che Anan oggi sta in un carcere italiano, perché è arrivata
la richiesta di Israele al vostro Stato di arrestare Anan.
E a questo punto io vi chiedo, se questo Stato, questo Paese è il vostro Paese?
Perché la risposta è che non è neanche il vostro paese, perché è un paese che è
servo, che esegue gli ordini di un paese straniero e fa i compiti di un paese
straniero qua. Il diritto internazionale dice che la resistenza di un popolo
occupato contro il suo occupante non è reato, è legittima, ma questo a quanto
pare non vale per Israele, non vale neanche per l’Italia che oggi tiene in
carcere un palestinese che è responsabile solamente di aver difeso casa sua e la
sua terra. Voi pensate che a noi palestinesi ci piace vivere nella terra di
qualcun altro? Ci piace vivere qua in Italia? A noi palestinesi, se la nostra
terra non fosse stata distrutta, bruciata, devastata dall’occupazione israeliana
saremmo nella nostra terra, a costruire sulla nostra terra e a costruire il
nostro futuro sulla nostra terra.
E allora do un consiglio anche a tutti coloro ai quali non piacciono gli
immigrati…no? Vi do un consiglio, visto che non vi piace che io sto in questo
paese, lavorate affinché il vostro paese non sostenga chi la mia terra me l’ha
rubata. Lavorate affinché il vostro paese non sia schiavo di un paese straniero…
fate i nazionalisti davvero e non fatelo solo quando vi conviene!
Anan, Ali e Mansour devono essere liberati, devono essere liberati perché loro
non hanno fatto niente contro il popolo italiano, e non hanno fatto niente
contro di voi. E allora al processo del 9 e del 10 luglio ci dovete essere
tutti.
Oggi la Palestina è sulla bocca di tutti, ed è sulla bocca di tutti perché c’è
chi non ha accettato di stare con la testa piegata, ha alzato la testa contro
l’occupazione e ha sfondato la prigione di Gaza, è uscito fuori ed è tornato
sulle nostre terre, le terre che ci sono state rubate. Anan era all’interno
delle brigate di resistenza, e come dice lui anche nelle sue dichiarazioni,
questo non è un motivo per doversi difendere in un tribunale, perché non si
difenderà per quello che ha fatto. Anzi, a testa alta dice: “è un onore essere
stati la prima linea di difesa contro l’occupazione”.
Libertà per Anan, libertà per Ali, libertà per Mansour.
Perché anche chi oggi, come Ali e Mansour, si trova fuori dalla cella di un
carcere ma ancora è costretto a venire a vedere, ad assistere allo Stato
italiano che prova a condannarlo.
Questo è un trauma, questo però è il destino di noi palestinesi e lo conosciamo
bene, e sappiamo che per la nostra terra pagheremo e saremo sempre a testa alta
e pagheremo con onore.
Perciò non diciamo solo libertà per Anan ma diciamo anche libertà per Ali e
Mansour che ancora oggi non sanno quale sarà il loro futuro.
Mansour giusto per dire alla “madre cristiana”, è padre di famiglia.
È stato carcerato ed è stato per dei mesi lontano da sua moglie e dai suoi
figli, perché lo Stato italiano non ha una spina dorsale, perché lo Stato
italiano è schiavo, perché lo Stato italiano è una colonia.
Perciò libertà per Anan, libertà per Ali e libertà per Mansour e una grossa
libertà per tutti quanti!
Riceviamo e diffondiamo:
Scarica le locandine in pdf:
ManifPolizzi 26 luglio giallo-1 ManifPolizzi 26 luglio BN
Ha senso oggi, con un piede dentro la terza guerra mondiale, una iniziativa
specifica contro il carcere? C’è ancora tempo per tenere insieme l’attenzione
alle condizioni di chi è rinchiuso/a con il pensiero agli occhi affamati dei
bambini di Gaza?
Pensiamo di sì, per diverse e importanti ragioni. Perché lo sciopero della fame
di Alfredo Cospito, Paolo Todde e di molte/i altre/i, sono gesti individuali che
richiamano la resistenza di un intero popolo posto al 41 bis dallo stato
sionista. Perché rompere l’aura di sacralità dell’Antimafia in Sicilia, parlando
di DNAA, è un colpo al più potente apparato ideologico/morale e militare di
spoliazione, controllo e repressione della “nostra” storia nazionale. Perché non
disperdere la memoria delle lotte di oggi e di chi ci ha preceduto è parte della
nostra liberazione. Perché rimpinguare le casse anti-repressione significa
continuare a tessere solidarietà rivoluzionaria.
————
La DNAA ( Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo) è il fiore
all’occhiello del sistema repressivo dello Stato italiano. Nata nel 1992 come
Direzione Nazionale Antimafia, dal 2015 inizia ad occuparsi anche di reati
riguardanti il terrorismo aggiungendo una “A” al proprio nome.
La riunificazione dei fenomeni mafioso e terroristico sotto uno stesso corpo
repressivo rende evidenti le commistioni e gli sconfinamenti nella costruzione
di queste figure simbolico-spettacolari da parte dello Stato. Mafia e terrorismo
sono infatti sempre più “idee senza parole”, contenitori astratti utili a
terrorizzare la popolazione, ad ergere lo Stato e i suoi servi a protettori dal
Male assoluto e a mantenere in piedi uffici e cariche per magistrati che
costruiscono le proprie carriere sulla pelle di sfruttate e oppressi.
La nascita della DNA nel 1992 aveva provocato molte perplessità anche in alcuni
giuristi e osservatori democratici, ma dopo gli attentati di Capaci e di via
D’Amelio, approfittando del panico morale da essi generati, lo Stato italiano
aveva ormai le risorse simboliche per rendere intoccabile la sua nuova
superprocura e per dar vita a quella barbarie che risponde al nome di 41bis(
ordinamento che è figlio dell’articolo 70 del codice penitenziario e che nel
2002 è stato esteso anche ai reati di terrorismo). La posizione geografica e
psicogeografica di frontiera fra Europa e Africa della Sicilia permette di
mobilitare tutto l’armamentario spettacolare che può trattare un fenomeno
strutturalmente funzionale al dominio di merce e autorità, come un male estremo
a cui lo Stato non può che opporre l’estremo rimedio della violenza e della
tortura. Criticare l’operato delle procure antimafia diventa impossibile e le
varie inchieste messe in piedi da queste rendono sempre più larghe le maglie di
regimi detentivi come Alta Sicurezza e 41bis. Si è quindi venuta a creare una
retorica che squalifica come mostruoso chiunque non accetti la sacralità delle
Leggi dello Stato e rifiuti l’identificazione di giusto e legale.
Per quanto riguarda il terrorismo crediamo sia utile partire dall’articolo
270sexies del codice penale. Tale articolo, infatti, definisce “condotte con
finalità di terrorismo” tutti quegli atti che “costringono i poteri pubblici o
un’organizzazione internazionale a compiere o ad astenersi dal compiere un
qualsiasi atto”, estendendo tale categoria a chiunque non si limiti alla
protesta legale e democratica e dunque completamente gestibile e riassorbibile
da Stato e padroni.
Con la nascita della DNAA, lo Stato può utilizzare facilmente la legittimità
simbolica e le capacità investigative accumulate contro chiunque non accetti i
progetti del potere, comprendere ciò si fa sempre più necessario e fondamentale
per rispondere al salto di qualità introdotto dalla controparte nel campo della
repressione. A maggior ragione adesso che, con gli scenari di guerra che si
profilano all’orizzonte, le fila dei nemici interni si vanno ingrossando sempre
più.
Ma, come ogni spettacolo, anche l’antimafia e l’antiterrorismo non sono qualcosa
di inscalfibile: lo sciopero della fame del compagno anarchico Alfredo Cospito
sottoposto al regime del 41bis e le azioni diurne e notturne che si sono
sviluppate in Italia e nel mondo in sua solidarietà hanno aperto una breccia che
non potrà essere richiusa facilmente. La lotta può dissacrare la religione della
legalità e dissolvere la cortina fumogena eretta a difesa dello Stato.
Di questo vorremmo parlare a partire dall’opuscolo Ruolo e strategie repressive
della DNAA con la presenza di alcuni/e curatori/trici della cassa di solidarietà
La Lima il 26 luglio alle 15:30 ad Alavò in via Duca Lancia di Brolo, Polizzi
Generosa (PA)
Riceviamo e diffondiamo
Mentre quella che già viene chiamata “la guerra dei 12 giorni” è congelata da
una fragile tregua, un nostro amico ha scovato in rete la traduzione di questo
comunicato di alcuni Lavoratori anticapitalisti iraniani, già apparso su un blog
ispanico
(https://barbaria.net/2025/06/22/dos-comunicados-internacionalistas-desde-iran-contra-las-guerras-en-oriente-medio-por-la-lucha-de-clases-contra-todos-los-capitalistas/).
A questi compagni il nostro augurio di realizzazione dei loro propositi
sovversivi, e a tutto il popolo iraniano, e agli sfruttati di tutto il mondo.
Solo un’insurrezione operaia anticapitalista, può schiacciare queste due piovre
capitaliste assassine e guerrafondaie
1 I lavoratori vengono impiegati in tutti i settori: nelle fabbriche, nelle
scuole, negli ospedali, nei servizi comunali, nell’agricoltura, nell’industria,
nei trasporti terrestri, marittimi e aerei, nell’energia e nei servizi pubblici,
nell’edilizia, nella silvicoltura e altro ancora. Che si sia disoccupati,
pensionati o gravati da un lavoro domestico non retribuito, apparteniamo tutti
alla stessa classe operaia, unita dalla nostra esistenza sociale e dal nostro
sfruttamento. Sopportiamo tutto il peso della dominazione capitalista: schiavitù
salariata, repressione, privazione, genocidio, incarcerazione, tortura, violenza
di genere, oppressione etnica, distruzione ambientale e tutte le calamità che
questo sistema genera.
2 Fino a poco tempo fa, in Iran, questa violenza ci veniva imposta direttamente
solo dalla classe capitalista e dal regime islamico. Ora, con la guerra in
corso, ci troviamo di fronte a due mostri capitalistici: la borghesia iraniana e
il suo regime da un lato, e i governi di Israele, degli Stati Uniti e
dell’Unione Europea dall’altro. Nonostante il loro conflitto interno, entrambe
le parti impongono la stessa brutalità genocida. Sia dall’alto che dal basso –
in quelli che sono tutti gli aspetti della vita – veniamo schiacciati dalla
violenta macchina del capitale, che sia iraniano, israeliano, americano o
europeo.
3 Questa guerra non viene condotta tra “Stati”, essa viene condotta contro di
noi. Decine di milioni di lavoratori ne sopportano il peso: sfollamento,
senzatetto, fame, carestia, mancanza di acqua, di medicine, di cure, e morte di
massa. Le nostre case vengono bombardate, i nostri cari giacciono insepolti, e
il futuro dei nostri figli è incerto. A Teheran, Kermanshah, Isfahan e altrove,
il costo della guerra è immenso. Tutte queste condizioni ci impongono di agire
collettivamente, a livello nazionale e con un’organizzazione cosciente e
consiliare. Questo non è uno slogan. È una questione di sopravvivenza. Dobbiamo
unirci dove viviamo e dove lavoriamo – fabbriche, scuole, ospedali, porti,
quartieri – per formare consigli. Questi consigli non dovrebbero essere isolati
o locali; ma devono crescere in un movimento nazionale, capace di mobilitare
tutte le risorse per poter soddisfare i bisogni urgenti: cibo, sicurezza,
assistenza sanitaria, alloggio, istruzione. Questi consigli devono riunirsi,
evolversi fino a diventare una forza anticapitalista unificata, e strappare
dalle mani della classe capitalista e del suo Stato il controllo della
produzione, della ricchezza e delle infrastrutture. Proclamiamo al mondo che:
noi vediamo tutte le classi dominanti – israeliane, islamiche, americane,
europee – come i nemici genocidi della classe operaia. Chiediamo ai lavoratori
di tutto il mondo solidarietà e sostegno.
Lavoratori anticapitalisti (Iran)
17 Giugno 2025
Riceviamo e diffondiamo stringendoci a Ghespe, e rilanciando l’appello a
scrivergli e a partecipare al presidio solidale di questo 5 luglio al carcere di
Spoleto:
Aggiornamenti su Ghespe
Un paio di novità sulla situazione di Ghespe, recluso nel carcere di Spoleto da
marzo 2025 per scontare un residuo pena di 5 anni e mezzo per il “botto di
capodanno” nell’ambito della c.d. operazione panico.
La direzione del carcere gli ha applicato la censura della corrispondenza a
partire da metà maggio, a seguito di una nota inviata dalla digos di Firenze in
cui si farebbe cenno alla sua pericolosità sociale, ai suoi contatti con
l’ambiente anarchico, ecc. La posta dunque viene tutta letta e timbrata; questo
ha ovviamente provocato dei rallentamenti e delle “sparizioni” di lettere, sia
in entrata che in uscita. Gli vengono inoltre trattenuti francobolli e adesivi,
quindi è meglio non metterglieli in busta.
E’ stato inoltre disposto da parte del sost. Procuratore De Gregorio della DDA
di Firenze, in data 19.06, un prelievo coattivo del DNA da effettuare in
carcere, per un decreto emesso il 5 giugno ’25 nell’ambito di un procedimento
penale del 2023. In questa indagine, solo accennata, risulterebbe indagato,
insieme ad altri, per 305 c.p. (cospirazione politica mediante associazione),
per aver “promosso ed organizzato una rudimentale associazione finalizzata alla
commissione dei delitti di cui all’art. 302 c.p.”. Nel giustificare questo
prelievo, le cartacce fanno il solito resoconto di serate benefit e
iniziative/rivendicazioni solidali nei suoi confronti a partire dal suo arresto
in Spagna, a “dimostrazione” del suo ruolo di spicco all’interno del movimento
anarchico, per poi enunciare la necessità del campione biologico per
“approfondire indagini sui soggetti che si sono coagulati attorno a lui” per
“verificarne le potenzialità e capacità operative e strategie d’azione” [sic!].
Magie del DNA….
[A questo proposito: segnaliamo il recente ritrovamento di microspie e GPS in
due automobili di compagni/e a lui vicini/e…]
Molto più onestamente, in seguito si fa vago riferimento ad “analoghi” attentati
con ordigni esplosivi (analoghi all’azione per cui è stato condannato,
s’intende) avvenuti nell’ambito della mobilitazione contro il 41bis di cui
evidentemente non sanno a chi attribuire la responsabilità. Gli esempi citati:
l’ordigno esplosivo al tribunale di Pisa del 23.02.’23 e le bottiglie
incendiarie alla caserma Perotti del 30.01.’23. Il Dna, aggiungono, servirebbe
inoltre ad accertare la sua presenza “nei luoghi di aggregazione del movimento
anarchico“ e la sua collocazione quindi all’interno della cosiddetta “frangia
toscana”. Rispetto al DNA, ricordiamo che il prelievo per la banca dati era già
stato imposto, a lui come ai/alle altre arrestati/e del 3 agosto 2017, il giorno
della convalida dell’arresto e che la principale “prova” usata a suo carico è
stata un controversa perizia sul DNA operata in modalità “irripetibile” tra una
microtraccia biologica repertata su un frammento di scotch che presumevano
facesse parte dell’ordigno esploso, confrontata con campioni biologici prelevati
da oggetti a lui attribuiti quali, ad es., lattine. Nel lamentare l’assenza del
suo profilo in banca dati, le carte odierne parlano di un “verosimile errore
nella procedura di campionamento” eseguito all’epoca nel carcere di Sollicciano.
Come ultima motivazione addotta quindi vi è la necessità di “sanare tale
mancanza” e l’onere di tale procedura viene assegnato alla digos di Firenze.
Oltre a ciò, permane per lui l’impossibilità di ottenere l’autorizzazione a
colloqui visivi con chiunque non sia un suo avvocato e la totale discrezionalità
di ciò che passa di volta in volta coi pacchi a colloquio (ad esempio penne,
fogli protocollo, occhiali, libri giudicati troppo “sovversivi”) e ricordiamo
inoltre che non può ricevere libri tramite posta (poiché questa possibilità, a
Spoleto, sarebbe concessa solo a chi segue dei percorsi di studio, eventualità
peraltro non prevista in quel carcere). Pare abbastanza evidente che, al di là
delle particolari restrizioni che pensiamo siano proprie di un carcere al cui
interno vi è una sezione di 41bis, come Spoleto, nei confronti di Ghespe si vada
ad aggiungere la volontà ritorsiva per i due anni di irreperibilità prima del
suo arresto in Spagna nel febbraio ’25: è particolarmente importante, quindi,
fargli sentire la nostra solidarietà e andare sotto a quel carcere, per lui e
per gli altri prigionieri. A metà giugno si sono verificate, lì come nel carcere
di Terni, delle proteste per le condizioni di detenzione e per il caldo
soffocante, tali da richiedere l’intervento della celere e da far dichiarare al
segretario regionale del SAPPE che l’Umbria è diventata la “discarica sociale”
del sistema penitenziario toscano, invocando la riapertura del supercarcere a
Pianosa per i “isolare i detenuti più pericolosi”, anche in vista delle
probabili rivolte estive.
Chiamiamo quindi a una partecipazione numerosa per il presidio al carcere di
Spoleto, in loc. Maiano 10, il 5 luglio 2025, alle 16.30: contro ogni galera,
per Ghespe, per Paolo Todde che ha sospeso il 21.6 uno sciopero della fame
iniziato i primi di maggio nel carcere di Uta (CA), per tuttx x prigionierx.
Per l’Anarchia!
Continuiamo a scrivere a Ghespe!
Salvatore Vespertino
C.D.R. Spoleto
Loc. Maiano 10
06049 Spoleto (PG)
Riceviamo e diffondiamo:
Perquisizioni nelle case di due compagni del Garage Anarchico (Pisa)
All’alba di mercoledì 25 giugno ha avuto luogo a Massarosa (LU) una
perquisizione domiciliare nella casa di un compagno in merito a un’inchiesta
della Procura di Bologna, che vede indagati 15 compagni e compagne da varie
parti d’Italia, relativa a un incendio di due auto della polizia ferroviaria
avvenuto a Rimini in data 20/04/2023 (reati 423 c.p. – 270 BIS 1 c.p.-110 c.p. e
635 c.2 – 270 BIS 1 c.p. – 110 c.p.).
Il giorno successivo gli sbirri si sono ripresentati all’alba a casa di un altro
compagno per una perquisizione in merito ad alcune scritte comparse nel
tribunale di Massa durante una delle udienze del processo Scripta Scelera (reato
639 c.p.).
A fianco degli indagati contro ogni repressione!