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Salute mentale e carcere: le crepe di un sistema che fallisce
Una diagnosi psichiatrica ignorata, nessuna terapia, nessuna visita. Moussa Ben Mahmoud aveva 28 anni ed era in custodia cautelare nel carcere di Marassi, a Genova. È morto dopo un tentato suicidio. La sua storia rivela le falle di un sistema penitenziario che abbandona i più fragili, soprattutto se migranti L'articolo Salute mentale e carcere: le crepe di un sistema che fallisce proviene da IrpiMedia.
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Sullo sciopero della fame di Maja (appena terminato)
Rammaricandoci di non aver seguito per tempo questa vicenda, apprendiamo che Maja (una delle persone coinvolte nella vicenda degli “antifascisti di Budapest”) ha terminato lo sciopero della fame. Di seguito le righe di chi ci ha inviato la traduzione di questi comunicati, utili a contestualizzare la vicenda, quindi il comunicato di Maja sul suo sciopero e quello sulla sospensione dello sciopero stesso. Solidarietà a Maja! “Questa dichiarazione è stata pubblicata il 19 giugno su https://de.indymedia.org/node/516278 ma era stata scritta evidentemente il 4 giugno, il giorno prima che Maja entrasse in sciopero della fame. Al momento Maja si trova in un ospedale carcerario a 2 chilometri e mezzo da Budapest e sta iniziando a stare molto male. Hanno detto a Maja che per curarl* dovrebbe andare in un ospedale civile, ma in quel caso verrebbe legat* al letto 24 ore su 24 e Maja si è rifiutat*. ! Dichiarazione di Maja in sciopero della fame Mi chiamo Maja. Quasi un anno fa sono stat* estradat* illegalmente in Ungheria. Da allora, sono trattenut* qui in un isolamento disumano e prolungato. Ieri, 4 giugno 2025, si sarebbe dovuta prendere una decisione sulla mia richiesta di trasferimento agli arresti domiciliari. Questa decisione è stata rinviata. Le precedenti richieste di trasferimento agli arresti domiciliari sono state respinte. Non sono più dispost* a sopportare questa situazione intollerabile e ad attendere le decisioni di una magistratura che ha sistematicamente violato i miei diritti negli ultimi mesi. Pertanto, oggi, 5 giugno 2025, inizio uno sciopero della fame. Chiedo di essere estradat* di nuovo in Germania, che mi sia consentito di tornare dalla mia famiglia e di partecipare ai procedimenti in Ungheria da casa. Non posso più tollerare le condizioni di detenzione in Ungheria. La mia cella è stata videosorvegliata 24 ore su 24 per oltre tre mesi. Per oltre sette mesi, ho dovuto indossare le manette sempre fuori dalla mia cella, e a volte anche dentro, mentre facevo la spesa, facevo chiamate Skype o durante le visite. Gli agenti effettuano ispezioni visive della mia cella ogni ora, anche di notte, e lasciano sempre le luci accese. Devo sottopormi a perquisizioni intime, durante le quali devo spogliarmi completamente. Le visite si svolgevano in stanze separate, dove er* separat* dai miei familiari, avvocati e rappresentanti ufficiali da un tramezzo. Durante le ispezioni, gli agenti lasciavano la mia cella nel caos più totale. Le condizioni strutturali mi impediscono di vedere la luce del giorno a sufficienza. Il piccolo cortile è di cemento e coperto da una grata. La temperatura dell’acqua della doccia non può essere regolata. La mia cella è permanentemente infestata da cimici e scarafaggi. Non c’è un’adeguata fornitura di cibo fresco ed equilibrato. Sono anche in isolamento a lungo termine. Per quasi sei mesi non ho avuto contatti con altri detenuti. Ad oggi, vedo o sento altre persone per meno di un’ora al giorno. Questa privazione permanente del contatto umano è intesa a causare deliberatamente danni psicologici e fisici. Ecco perché le Regole Penitenziarie Europee del Consiglio d’Europa stabiliscono “almeno due ore di contatto umano significativo al giorno”. Ecco perché l'”isolamento prolungato”, ovvero l’isolamento di un detenuto per almeno 22 ore al giorno per più di 15 giorni, è considerato trattamento disumano o tortura ai sensi delle Regole Nelson Mandela delle Nazioni Unite. Qui in Ungheria, sono sepolt* viv* in una cella di prigione e questa custodia cautelare può durare fino a tre anni in Ungheria. Per questi motivi, non avrei mai dovuto essere estradat* in Ungheria. La Corte d’Appello di Berlino e la commissione speciale “Linx” dell’Ufficio di Polizia Criminale dello Stato della Sassonia hanno pianificato e perseguito l’estradizione, aggirando deliberatamente i miei avvocati e la Corte Costituzionale Federale. Il 28 giugno 2024, poche ore dopo la mia estradizione lampo, la Corte Costituzionale Federale ha stabilito che non potevo essere estradat* per il momento. Il 6 febbraio 2025, la Corte Suprema ha stabilito che la mia estradizione era illegale. Da allora, nessuno dei responsabili è stato ritenuto responsabile. Finora non ho ricevuto alcun risarcimento. Con il mio sciopero della fame, desidero anche richiamare l’attenzione sul fatto che nessuna persona dovrebbe essere estradata in Ungheria. Zaid di Norimberga, che è seriamente minacciato di estradizione in Ungheria, ha attualmente bisogno di questa attenzione. Dichiaro la mia solidarietà a tutti gli antifascisti processati nel processo di Budapest. Maja termina lo sciopero della fame Oggi, 14 luglio 2025, Maja ha terminato il suo sciopero della fame dopo 40 giorni. Maja è gravemente indebolit*. La sua frequenza cardiaca è scesa a 30 a tratti. Si sono considerati possibili svenimenti e persino arresti cardiaci, e si temevano danni irreversibili agli organi. Fino all’ultimo, le autorità ungheresi hanno ignorato la richiesta di Maja di tornare a casa. Anche il trasferimento agli arresti domiciliari è stato respinto. Persino nell’ospedale del carcere, Maja è rimast* in completo isolamento 24 ore su 24. Il padre di Maja, Wolfram Jarosch, afferma: “La Corte Costituzionale Federale ha stabilito che l’estradizione viola il diritto fondamentale sancito dall’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (divieto di tortura). Questa violazione dei diritti fondamentali dura da oltre un anno. Da allora, mi* figli* è stata torturat* psicologicamente attraverso l’isolamento. In Ungheria non esiste un giusto processo, ma piuttosto una sorta di processo farsa. Francia e Italia non hanno estradato verso l’Ungheria. Georgia Meloni si è personalmente spesa per Ilaria Salis in un caso simile. Il signor Wadephul afferma di voler finalmente difendere anche Maja. Ora attendiamo i risultati. Lo stato di diritto deve essere ripristinato; Maja deve tornare in Germania!” Dopo quasi sei settimane di digiuno, Maja deve ricominciare a mangiare lentamente e con attenzione per evitare i sintomi potenzialmente letali della sindrome da rialimentazione. Come Comitato di Solidarietà, famiglia di Maja e sostenitori, siamo orgogliosi di Maja. Con incredibile forza, spirito combattivo e determinazione, nonostante fosse tenut* in isolamento in un paese straniero, Maja ha perseverato e attirato l’attenzione sia a livello nazionale che europeo. La lotta per la giustizia continuerà. Non abbandoneremo Maja e non ci fermeremo finché non sarà di nuovo con noi. Maja e noi vorremmo esprimere la nostra sincera gratitudine a tutti coloro che ci hanno sostenuto – emotivamente e moralmente, politicamente e concretamente. Questa solidarietà in azione è ciò che ci dà forza. Comitato di solidarietà per lo sciopero della fame di Maja
Carcere
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Carbonio – il podcast
Un podcast che racconta la storia di otto persone condannate all'ergastolo ostativo, una forma di sentenza a vita che non dà accesso a nessun tipo di beneficio e che spesso si traduce in una condanna a morire in carcere L'articolo Carbonio – il podcast proviene da IrpiMedia.
Carcere
Diritti
Aggiornamenti su Alfredo Cospito – Perdurano blocco totale della corrispondenza e altre vessazioni
Riceviamo e diffondiamo: PERDURA IL TOTALE BLOCCO DELLA CORRISPONDENZA AL COMPAGNO ANARCHICO ALFREDO COSPITO Aggiornamento a inizio luglio 2025. In questi giorni arrivano nuovamente notizie riguardanti la situazione particolarmente afflittiva che la direzione del carcere di Bancali, probabilmente di concerto col ministero della cosiddetta giustizia, sta imponendo al nostro compagno anarchico Alfredo Cospito, in particolare nei riguardi della corrispondenza epistolare. Ricordiamo che la censura della posta in entrata e in uscita è un elemento costitutivo del regime di 41 bis a cui il compagno è sottoposto. Da molto tempo Alfredo non riceve lettere, cartoline, telegrammi e comunicazioni di nessun tipo. Questo nonostante in molti stiamo continuando a scrivergli, anche con iniziative di corrispondenza collettive come quella che si è svolta a Foligno lo scorso 31 maggio. Inoltre la direzione del carcere ha smesso da tempo di comunicare al prigioniero la notifica di avvenuta censura, un documento contro il quale appellarsi per ricevere il materiale epistolare posto sotto sequestro. La posta semplicemente sparisce nel nulla. Questo comportamento si aggiunge a una lunga serie di disposizioni persecutorie, volte alla distruzione psicologica e politica del compagno: dal negato accesso ai libri già ordinati e autorizzati, ai CD o alle cuffie per ascoltare musica, fino alla segnalazione all’ordine degli avvocati per i suoi difensori colpevoli di avergli stretto la mano e dato un bacio al momento del colloquio – vale a dire colpevoli di averlo trattato come un essere umano. Tutto ciò in un contesto già enormemente afflittivo quale quello del 41 bis che prevede due ore di aria al giorno in gruppi di massimo quattro persone decisi dal ministero, un’ora di colloquio al mese con un familiare separato da un vetro o in alternativa dieci minuti di telefonata durante i quali il familiare autorizzato deve recarsi all’interno di una caserma per chiamare. Nonché come già detto la censura della corrispondenza e l’impossibilità di leggere libri che riguardano tematiche ritenute sensibili (e le grosse difficoltà nel reperire qualsiasi libro in generale). Denunciamo con fermezza che questo accanimento è evidentemente una vendetta di Stato per l’intransigenza e la determinazione con cui è stato condotto lo sciopero della fame del 2022-23 e la mobilitazione solidale internazionale, ponendo i riflettori su quella zona d’ombra che è il 41 bis con un’intensità senza precedenti, andando a picconare quella fasulla aurea celestiale che circonda la struttura antimafia-antiterrorismo. Un accanimento che avviene peraltro all’indomani della condanna del sottosegretario Delmastro a 8 mesi per rivelazioni di atto d’ufficio, maturato proprio nel tentativo gaglioffo di infangare Alfredo Cospito durante lo sciopero della fame. Balza agli occhi la miseria di questi personaggi di fronte alla coerenza di un anarchico che non ha mai piegato la testa. Da una parte chi gambizza uno stregone del nucleare, dall’altra chi a capodanno strafatto di cocaina in un momento di rara coerenza si spara alle gambe da solo. Nel clima di guerra mondiale che si respira di questi tempi, ribadiamo che questi episodi vanno letti come vere e proprie politiche di guerra nei riguardi del nemico interno. Grandi sono le sfide che impegnano i rivoluzionari in un periodo storico di questo tipo, ma a maggior ragione noi non possiamo e non vogliamo lasciare indietro nessuno. Perché chi si dimentica dei prigionieri della lotta rivoluzionaria, si dimentica della lotta rivoluzionaria stessa. In vista del possibile rinnovo del 41 bis per Alfredo Cospito a maggio dell’anno prossimo, facciamo sì che anche questo torni a essere un campo di battaglia gravido di contraddizioni per lo Stato. Circolo Anarchico “La Faglia” – Foligno Luglio 2025 circoloanarchicolafaglia@inventati.org – t.me/circoloanarchicolafaglia PDF: PERDURA IL TOTALE BLOCCO DELLA CORRISPONDENZA AL COMPAGNO ANARCHICO ALFREDO COSPITO
Carcere
[it, en, es] FUORILEGGE Contributi dalle giornate pisane di discussioni tra fuori e dentro il carcere
Riceviamo e diffondiamo (con un po’ di ritardo…) questi materiali dalla “due giorni” Fuorilegge, svoltasi a Pisa il 23 e 24 maggio scorsi: [it] FUORILEGGE: Contributi dalle carceri, materiali vari e un racconto su una due giorni di discussione tra fuori e dentro il carcere (Da questa iniziativa è nato il sito http://presospolitico.noblogs.org dove sono raccolte le lettere, quelle con permesso di pubblicazione, arrivate dalle carceri e le trascrizioni degli interventi, in aggiornamento) Lo scorso 23 e 24 maggio, presso alcuni spazi occupati per l’occasione all’interno dell’Università di Pisa, si è tenuta “fuorilegge”: un’iniziativa di racconto e confronto sulle lotte all’interno delle carceri in varie parti del mondo, con alcune delle esperienze di lotta contro il carcere tra le più importanti tra quelle portate avanti all’interno del mondo anarchico per il ritorno in strada di quelle identità irriducibili, rivoluzionarie, insurrezionali e fuorilegge. L’iniziativa ha visto nella prima giornata una discussione a partire dalla traduzione italiana di Kamina Libre1 – giunta alla sua seconda ristampa aggiornata con alcuni contributi sull’importanza della memoria viva – come contributo alla campagna di solidarietà per la libertà di Marcelo Villarroel e l’annullamento delle condanne della giustizia militare di Pinochet a suo carico. La presenza di un compagno cileno e alcuni video arrivati dal Cile, ci hanno dato modo di analizzare la storia e il lascito, nel movimento anarchico cileno e non solo, delle esperienze di Kamina Libre. Questo collettivo era caratterizzato da un agire intransigente nel CAS (carcere di alta sicurezza), dalla necessità di uscire dalle regole e rompere l’annichilimento a qualsiasi costo tramite uno scontro permanente sia all’interno che all’esterno del carcere. Questa connessione, tra il dentro e fuori, è imprescindibile per poter rendere una lotta dentro, non una mera discussione giuridica o tanto meno un esercizio di radicalismo, ma una lotta con l’obiettivo del ritorno in strada dei compagni, non per un ideale astratto di libertà, ma per poter continuare a lottare in una prospettiva insurrezionale e distruggere la società di cui il carcere è lo specchio. Con questo compagno abbiamo anche potuto dibattere su ciò che è stato il movimento dei prigionieri politici della rivolta del 2019 in Cile, e di come la “memoria negra”, se mantenuta viva, tenga i compagni e le compagne che non sono più al nostro fianco, perché in prigione o morti in azioni, vivi e quotidianamente presenti nelle lotte e nelle strade, cercando di non rendere queste figure martiri o eroi. A questa discussione hanno contribuito anche delle lettere inviateci dalle carceri. Alcune lette all’interno dell’iniziativa, come quelle di Marcelo Villarroel2, Francisco Solar3 e Juan Sorroche4, ed altre non arrivate in tempo, che si possono trovare nella sezione della pagina5. Questi prigionieri anarchici, dalla conoscenza e lettura di Kamina Libre, hanno condiviso le loro riflessioni e domande su come oggi si possa lottare da dentro e da fuori e non relegare la lotta anticarceraria all’ambito tecnico, giuridico, assistenzialista o vittimistico, nonostante le condizioni interne siano oggi differenti, anche per la popolazione carceraria. A questo dibattito è intervenuto – per quanto tramite malevoli mezzi tecnologici – il compagno anarchico Gabriel Pombo da Silva6 che da poco è nuovamente in libertà, dopo aver passato oltre 20 anni tra le carceri di Spagna e Germania, sempre combattendo dentro al carcere con dignità e senza vendersi al nemico, e che decise, insieme alla compagna anarchica Elisa, di annunciare il loro passaggio alla clandestinità così: «Siamo un clan nomade che va di paese in paese alla ricerca di complici che praticano l’anarchismo… che disturba i servitori dello Stato… abbiamo deciso di vivere nell’ombra.» Non è stata una ricostruzione di una realtà a sé stante, perché «il ricordo è sventura se visto come coerenza senza pietà». È stata una discussione senza un punto di arrivo predeterminato, un confronto che prendeva spunto dalle esperienze, dalle sollecitazioni e dai racconti. Domandarci oggi come lottare tra dentro e fuori le mura delle prigioni nasce dalla convinzione che il carcere è parte integrante e fondamentale dei meccanismi di oppressione e sfruttamento. L’esperienza della carcerazione in questa società può diventare un’esperienza comune per ogni individuo, una dimensione altamente probabile all’interno di una vita dalla cui miseria non vi è alcuna via di uscita se non tentando la via dell’illegalità, rischiando quindi di passare per ««l’imprevisto della prigione»: questa sofferenza senza assoluzioni può portare tanto all’autodistruzione quanto alla strada della rivolta per chi non ha da perdere altro che le proprie catene. Per questo affilare le armi è nostro compito! Durante questa due giorni è stato anche letto e distribuito un contributo arrivato da un compagno, Paolo7, rinchiuso ad Uta e in sciopero della fame contro le condizioni detentive a cui sono sottoposti quotidianamente tutti i prigionieri di quel carcere, che raccontava la sua storia di fuorilegge, come negli anni ha visto cambiare la popolazione carceraria e dei tentativi di costruire una lotta da dentro. Il giorno successivo, attraverso lo spunto che veniva dai racconti delle fughe più spettacolari raccolte e riedite in “Adiós prisión”è stato invece un momento per poter ascoltare le parole della compagna Pola Roupa, appartenente all’organizzazione Lotta Rivoluzionaria (Επαναστατικός Αγώνας ) attiva in Grecia dal 2003 al 2017, che ha avuto la pazienza e la disponibilità nel narrare la sua esperienza. Partendo dal periodo di attività di questo gruppo, ha raccontato qual è per lei il significato e il motivo della latitanza e le problematiche che ha incontrato durante il tentativo di far evadere, sequestrando un elicottero, il compagno Nikos Maziotis e altri prigionieri. Il racconto, emotivamente coinvolgente, ha anche evidenziato come alcune azioni, anche quelle per la liberazione totale, si scontrano con dei grandissimi limiti se non vi è una concreta solidarietà esterna. Un contributo scritto è arrivato anche dal carcere di massima sicurezza di Domokos da Nikos Maziotis8, che ha evidenziato il rapporto tra solidarietà, guerriglia e lotta insurrezionale tra i rivoluzionari e il movimento anarchico/antiautoritario dal 2010 ad oggi. Questa discussione ha avuto anche la partecipazione (sempre tramite gli odiosi mezzi tecnologici) di un compagno anarchico9, che da oltre un ventennio è parte di quelle lotte contro il carcere e la società che ne ha bisogno, proveniente dal territorio occupato dallo Stato del Messico. Con lui si è potuto avere un racconto diretto e approfondito di come, dopo tanti anni, i compagni si sono organizzati in un’assemblea che sostenesse apertamente i prigionieri che hanno scelto la via della fuga e della clandestinità, parlando del caso di Miguel Peralta10, un anarchico indigeno latitante, e di come hanno riflettuto e scelto – per la prima volta dopo aver avuto per anni situazioni in cui l’appoggio al compagno o compagna in fuga si limitava a un quadro di silenzio complice e di aiuto fattuale – di sostenere e lanciare delle iniziative per parlare e diffondere apertamente le idee, le parole di questo compagno e le ragioni della sua lotta e della sua fuga. Ha posto poi l’attenzione su come superare il rimosso, il tabù del non parlare per non essere inseriti in quelle famose liste e inchieste di sospetti solidali che diventano immediatamente complici dei fuggitivi, ma comunque ponendo attenzione alla sicurezza del compagno/a latitante. Ha infine fatto un breve racconto delle esperienze di lotte vissute dentro le carceri nell’ultimo decennio a Città del Messico, dell’utilizzo da parte dello Stato di accuse di connivenza tra il mondo anarchico e quello dei narcos come nel caso di Jorge Ezquivel, prigioniero anarchico detenuto del carcere di Città del Messico. Questo caso si intreccia con le esperienze di lotta contro il carcere della scorsa decade, quando azioni, sabotaggi contro i simboli del dominio, e contro l’aumento del biglietto dei trasporti, durante il “decembre negro” che in Messico è stato una chiara espressione di solidarietà insurrezionale internazionalista anche con i prigionieri rivoluzionari greci Nikos Romanos e Yannis Michailidis in sciopero della fame nelle carceri greche in quel periodo. Alberi di Natale, metro e stazioni dei bus sono andate a fuoco: queste sono solo alcune tra le molte iniziative che hanno avuto luogo in quegli anni di fermento insurrezionale, che ha visto anche lo svolgersi, dentro al più grande auditorium occupato, del primo congresso internazionale anarchico insurrezionale con la partecipazione tra gli altri (via Skype perché non gli venne concesso l’ingresso nel paese) anche del compagno Alfredo M. Bonanno. Questo decennio di lotte all’interno delle carceri, dati i numerosi arresti tra compagne e compagni anarchici e non solo, come Fernando Barcenas, Fernando Sotelo, Abram Cortez, Amelie e Fallon ha avuto il tratto distintivo del rifiuto di aderire alle buone condotte e alla servitù volontaria imposta dall’amministrazione carceraria. Ci sono state varie esperienze di autorganizzazione: da laboratori di scrittura anarchica fino alla realizzazione di un periodico, “Cañero”11. Questo giornale, che veniva prodotto e distribuito sia all’interno dei vari istituti penitenziari che fuori, e raccontava le condizioni e le lotte carcerarie, oltre ad essere uno strumento di unione tra i prigionieri per rompere la dispersione che li vedeva divisi in vari penitenziari, fu anche utile per sviluppare ed esprimere la loro posizione contro l’amnistia. In quegli anni sono state portate avanti anche numerose lotte, come ad esempio uno sciopero della fame per la liberazione totale e contro il carcere, lanciato con le seguenti parole: «nella nostra concezione, [il carcere] è costituito dalla società nel suo complesso, mentre le prigioni fisiche sono solo un’espressione concreta dell’isolamento sociale che sostiene e legittima il potere ed è per questo che non ci rivolgiamo ai media, né alle classi dirigenti, ma ci rivolgiamo e parliamo ai nostri compagni dell’immensa prigione chiamata terra che, come noi, sono anch’essi figli della guerra per il solo fatto di essere nati diseredati.» Da questo progetto di traduzione12 di Kamina Libre, abbiamo preso la decisione di realizzare questa due giorni di incontri anche per poter contribuire a discutere, trovare spunti e domandarsi come poter portare avanti, da fuori, un supporto e una solidarietà attiva alle lotte dei prigionieri, un riconoscersi nelle lotte, nelle insurrezioni, nella rivolta, e nella solidarietà internazionalista. L’ascolto e il confronto con compagni e compagne che hanno negli anni lottato, e che lottano, contro il carcere, è fondamentale, nonostante il tempo mai sufficiente, per riflettere su alcune possibilità ed esperienze. Questa due giorni di discussione nasce per oltrepassare i limiti riscontrati nel sostenere le rivolte che avvengono all’interno, come ad esempio abbiamo visto nel 2020 durante l’emergenza Covid, così come in questi ultimi anni, durante i quali ci sono state altre rivolte nelle carceri in varie parti d’Italia, che però non sono riuscite a dilagare e dialogare con il fuori, e dalla necessità di rispondere all’ attacco degli Stati contro le lotte portate avanti sia dentro che fuori le carceri, dall’Italia con l’ex DDL 1660, al Cile, alla Grecia e alla Francia. Questo tipo di attacco, che passa dalle riforme del sistema penitenziario tra le altre cose, a nostro modo di vedere, ha un carattere preventivo in un orizzonte di guerra e conflitto sociale che ribolle sempre più sotto la superficie, in continuità diretta con l’applicazione del 41bis ad Alfredo. Pensiamo infatti che l’attacco ad Alfredo Cospito sia stato un monito da parte dello Stato nei confronti di chi persevera nel sostenere le idee e le pratiche rivoluzionarie, quello Stato che deve cancellare tanto la possibilità quanto la memoria della lotta armata in questo paese, di cui l’azione contro Adinolfi di Ansaldo Nucleare, rivendicata da Alfredo in tribunale a Genova, è una delle più recenti testimonianze. Ma soprattutto, ci siamo domandati cosa vuol dire continuare a sostenere una battaglia del primo compagno anarchico seppellito nel sottosuolo del carcere di Bancali in 41 bis e contro l’espansione del modello di questo regime in varie parti del mondo, dal Cile alla Francia, con lo Stato italiano sempre più esportatore di regimi di isolamento. Nella seconda giornata sono state ripercorse le motivazioni della lotta e la mobilitazione in solidarietà ad Alfredo Cospito. La discussione è stata introdotta su dei punti critici e di domanda contenuti nel testo13 Dal centro alla periferia, che hanno permesso di riflettere anche sugli elementi di riuscita della mobilitazione che, seppur sotto mille difficoltà e in una situazione “ai minimi termini del movimento anarchico”, è riuscita a portare fuori le ragioni, le parole e l’identità di Alfredo Cospito, che ha sostenuto uno sciopero della fame durato per ben 181 giorni. Una mobilitazione che ha avuto carattere internazionale di solidarietà e di azione diretta, durata oltre dieci mesi e iniziata molti mesi prima dello sciopero di Alfredo, per cercare di infrangere la coltre di silenzio dove avrebbero voluto relegarlo. Questa mobilitazione vede ora la vendetta dello Stato contro chi si è mobilitato in quei mesi, come con la richiesta di condanne per oltre 6 anni per resistenza aggravata, travisamento, lancio di oggetti e concorso morale in danneggiamento per un corteo a Milano, l’11 febbraio del 202314 contestualmente a quando Alfredo era stato trasportato in ospedale. Il concorso morale, elemento che sarebbe da approfondire, è anche uno degli elementi centrali dell’operazione City con 19 richieste di condanne per devastazione e saccheggio in riferimento al corteo del 4 marzo 2023 a Torino. A questa discussione ha portato il suo contributo e saluto Lello Valitutti, che da oltre un anno si trova agli arresti domiciliari per questo corteo e per il processo del Brennero. Lello ha oggi una situazione medica complessa, e questo, ci ha detto, gli rende impossibile poter presenziare e poter esercitare pienamente il suo diritto di difesa al processo dell’operazione City del prossimo luglio che lo vede imputato insieme agli altri compagni e compagne accusati appunto di concorso morale in devastazione e saccheggio. Si trova quindi a dover chiedere la sospensione del processo per motivi di salute. Concludiamo con alcune considerazioni uscite da questa discussione: Siamo ad un anno da quando lo Stato e la DNAA con quasi certa probabilità proporranno di mantenere Alfredo Cospito in 41bis, e magari mandarci anche degli altri prigionieri anarchici. Questo nonostante siano cadute le accuse del processo dove lo Stato ha provato a colpire l’agitazione e la propaganda anarchica verso i compagni e le compagne del quindicinale Bezmotivny, nel quale l’accusa ha provato a delineare la figura di Alfredo, nel procedimento Scripta Scelera, come figura apicale nell’ambito di un certo segmento del movimento anarchico. Dipingendo una istigazione a delinquere con lui come “orientatore”, anche dopo l’assoluzione piena per il processo Sibilla, dove lo si accusava direttamente di essere un “istigatore” in un ambito, quello del movimento anarchico, che ha nell’autonomia di pensiero e azione il suo fulcro. Assieme al processo Scripta Manent l’operazione Sibilla è stata determinante nel trasferimento in 41bis di Alfredo Cospito. Con la mobilitazione partita dalla lotta di Alfredo si è aperto un dibattito, si sono create delle crepe sul 41 bis, sull’ergastolo ostativo e sul carcere duro, apice del sistema repressivo, che è talmente risuonato, che a volte, di fronte ad alcune carceri dove esistono le sezioni di 41bis, i detenuti dall’interno erano i primi a lanciare il coro “fuori Alfredo dal 41bis”. La lotta non ha avuto una dinamica essenzialmente antirepressiva, néintrapresa unicamente dagli avvocati, ma ha rilanciato l’iniziativa del movimento anarchico e rivoluzionario più in generale per contrastare l’offensiva del capitale e dello Stato, questo nonostante viviamo in tempi di elogio del disimpegno, di smobilitazione permanente, di rassegnazione imperante. La lotta di Alfredo ha permesso di portare avanti un dibattito sul 41bis e sulla repressione in Italia, ha soprattutto messo in contraddizione tanto lo Stato con le sue emanazioni (si veda il cambio del parere della DNAA sul mantenerlo in 41bis che si è scontrato con Nordio), così come anche la mobilitazione esterna ha creato problemi all’apparato repressivo, con la forza di portare le parole e la lotta di Alfredo in ogni angolo possibile e con le più differenti iniziative, riprendendo in modo conflittuale la presenza nelle strade, nelle piazze, fuori dalle carceri. Dire “fuori Alfredo dal 41 bis” ha imposto nel dibattito la figura di Alfredo, della sua storia, in un’ottica di incompatibilità con ogni compromesso o soluzione politica di sorta nonostante delle componenti para istituzionali della sinistra abbiano tentato di insinuarsi all’ interno della mobilitazione. Oggi l’importante è poter discutere di come, oltre alla vita di Alfredo, siano stati messi in gioco anche il senso e la prospettiva della solidarietà, un principio da anni sotto costante attacco da parte delle procure antiterrorismo di tutta Italia e non solo. Dalla fine dello sciopero della fame, e ora che la mobilitazione si è praticamente fermata, lo Stato cerca di prendersi una rivincita su questo compagno, come dimostrano anche i recenti aggiornamenti sulla sua prigionia, ovvero il ritorno del graduato del GOM, precedentemente allontanato per il suo coinvolgimento nello “scandalo intercettazioni”, alla direzione della sezione 41bis del carcere di Bancali, che ha portato con sé un ulteriore inasprimento delle condizioni già dure in questo regime per Alfredo. Oggi è necessario riflettere su un dato di realtà: questa mobilitazione per quanto insufficiente a tirare fuori Alfredo dal 41bis, alla chiusura di questo regime detentivo e anche alla liberazione di Alfredo e di tutti i prigionieri e le prigioniere, ha certamente alimentato delle scintille non proprio ordinarie, da cui sarebbe auspicabile trarre insegnamento e stimolo per la realizzazione di una progettualità che vada oltre l’emergenzialità del momento. A questo proposito, riflettendo su come non fossilizzarsi su una lotta anticarceraria, l’applicazione del 41bis ad Alfredo sarebbe da mettere in una relazione più esplicita con le politiche di guerra dello Stato italiano. Sempre su come proseguire la lotta in solidarietà ad Alfredo e al sostegno alle pratiche da lui portate avanti è stata anche rimarcata l’importanza di portare il caso di Alfredo nelle lotte contro il nucleare. Come proseguire adesso data la realtà della situazione di oggi è una delle domande per cui abbiamo pensato valesse la pena incontrarsi e riflettere. Mentre gli Stati si attrezzano per la guerra e i profitti sugli armamenti crescono a dismisura, mentre prosegue il genocidio in Palestina, e con l’approvazione di una nuova legge sulla sicurezza che attacca gli oppressi, questi signori si affrettano nuovamente a processare gli anarchici, un nemico interno da debellare perché da sempre in opposizione al capitalismo, allo Stato e alle sue politiche di guerra. Sabotare il fronte interno significa quindi anche rilanciare la solidarietà ad Alfredo, a tutte e tutti i prigionieri e le prigioniere. 1 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/05/e-uscito-la-prima-edizione-italiana-di-alcuni-scritto-su-kamina-libre-identita-irriducibili-di-una-lotta-anticarceraria/ 2 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/03/marcelo-villarroel-su-iniziativa-fuorilegge-due-giorni-di-discussione-contro-la-galera-tra-dentro-e-fuori/ 3 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/fransisco-solar-prigioniero-sovversivo-anarchico-detenuto-nelle-prigioni-del-territorio-occupato-cileno-carcere-azienda-la-gozalina-rongagua/ 4 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/juan-sorroche-prigioniero-anarchico-italia-as2-terni/ 5 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/04/contributi-dal-carcere-senza-frontiere-alledizione-italiana-di-kamina-libre/ 6 https://www.rivoluzioneanarchica.it/notizie-prigionieri-anarchici-elisa-di-bernardo-stiamo-vincendo-delle-battaglie-per-la-liberta-di-gabriel-pombo-da-silva/ 7 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/04/paolo-todde-compagno-prigioniero-ad-utaca-contributo-percorsi-di-lotta/ 8 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/nikos-maziotis-prigioniero-anarchico-condannato-per-le-azione-di-lotta-rivoluzionaria/ 9 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/04/messico-da-citta-del-messico-un-contributo-sulle-lotte-esperienze-di-complicita-tra-fuori-e-dentro/ 10 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/24/da-qualche-luogo-sulla-terra-aggiornamenti-e-scritti-dalla-latitanza/ 11 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/el-canero-1-stampa-carceraria-dal-messico/ 12 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/24/presentazione-progetto-di-traduzione/ 13 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/24/dal-centro-alla-periferia/ 14 Il testo è stato composto e inviato prima della sentenza di primo grado, in cui sono state inflitte condanne di pesantezza quasi inaudita. Si veda qua: https://ilrovescio.info/2025/06/24/milano-solidarieta-ai-condannati-in-primo-grado-per-il-corteo-dell11-febbraio-2023-a-fianco-di-alfredo/ [nota redazionale del sito ilrovescio.info] PDF: fuorilegge -------------------------------------------------------------------------------- [en] FUORILEGGE: Contributions from prisons, various materials and a story about two days of discussion between those inside and outside prison (This initiative led to the website http://presospolitico.noblogs.org where letters, with permission for publication, received from prisons and transcripts of speeches are collected, and are being updated) Last May 23 and 24, an initiative “out of law” of storytelling and discussion on struggles within prisons in various parts of the world was held in spaces occupied for the occasion at the University of Pisa, featuring some of the most important anti-prison struggle experiences carried out within the anarchist world for the return to the streets of those irreducible, revolutionary, insurrectionary, and outlaw identities. The first day of the initiative saw a discussion based on the Italian translation of Kamina Libre1– now in its second updated reprint with contributions on the importance of living memory – as a contribution to the solidarity campaign for Marcelo Villarroel’s freedom and the annulment of Pinochet’s military justice convictions against him. The presence of a chilean comrade and some videos from Chile allowed us to analyze the history and legacy of Kamina Libre’s experiences within the chilean anarchist movement and beyond. This collective was characterized by intransigent action in the CAS (high-security prison), by the need to break free from rules and overcome annihilation at all costs through permanent confrontation both inside and outside the prison. This connection, between inside and outside, is inseparable to make a struggle inside not merely a legal discussion or an exercise in radicalism, but a struggle with the goal of comrades returning to the streets, not for an abstract ideal of freedom, but to continue fighting in an insurrectionary perspective and destroy the society of which the prison is a mirror. With this comrade, we were also able to discuss what the political prisoner movement of the 2019 revolt in Chile has been, and how “black memory,” if kept alive, keeps comrades who are no longer with us – because they are in prison or died in actions – alive and daily present in struggles and on the streets, trying not to turn these figures into martyrs or heroes. Letters sent to us from prisons also contributed to this discussion. Some were read during the initiative, such as those from Marcelo Villarroel2, Francisco Solar3and Juan Sorroche4, and others that did not arrive in time can be found in the section of the page . These anarchist prisoners, through their knowledge and reading of Kamina Libre, shared their reflections and questions on how to fight from inside and outside today and not relegate the anti-prison struggle to the technical, legal, assistance-oriented, or victimistic spheres, despite the current different internal conditions, also for the prison population. The anarchist comrade Gabriel Pombo da Silva5also participated in this debate – although forced by malicious technological means – who has recently regained his freedom after spending over 20 years in prisons in Spain and Germany, always fighting inside prison with dignity and without selling out to the enemy, and who decided, along with his anarchist companion Elisa, to announce their going underground as follows: “We are a nomadic clan that goes from country to country looking for accomplices who practice anarchism… that disturbs the servants of the State… we have decided to live in the shadows.” It was not a reconstruction of a self-contained reality, because “memory is misfortune if seen as coherence without pity.” It was a discussion without a predetermined endpoint, a confrontation that drew inspiration from experiences, provocations, and stories. Asking ourselves today how to fight inside and outside prison walls stems from the conviction that prison is an integral and fundamental part of the mechanisms of oppression and exploitation. The experience of incarceration in this society can become a common experience for every individual, a highly probable dimension within a life from whose misery there is no way out except by attempting the path of illegality, thus risking to go through “the unforeseen of prison”: this suffering without absolution can lead both to self-destruction and to the path of revolt for those who have nothing to lose but their chains. This is why sharpening our weapons is our task! During these two days, a contribution from a comrade, Paolo6, imprisoned in Uta and on hunger strike against the detention conditions to which all prisoners in that prison are subjected daily, was also read and distributed, recounting his story as an outlaw, how he has seen the prison population change over the years and attempts to build a struggle from within. The following day, drawing inspiration from the stories of the most spectacular escapes collected and re-edited in Adiós prisión, was a moment to hear the words of comrade Pola Roupa, belonging to the Revolutionary Struggle organization active in Greece, who patiently and willingly narrated her experience. Starting from the period of activity of this group, she recounted what for her is the meaning and reason for being a fugitive and the problems she encountered during the attempt to help comrade Nikos Maziotis and other prisoners escape by hijacking a helicopter. The emotionally engaging account also highlighted how some actions, even those for total liberation, encounter great limitations if there is no concrete external solidarity. A written contribution also arrived from the maximum-security prison of Domokos from Nikos Maziotis7, who highlighted the relationship between solidarity, guerrilla warfare, and insurrectionary struggle among revolutionaries and the anarchist/anti-authoritarian movement from 2010 to today. This discussion also saw the participation (again through hateful technological means) of an anarchist comrade8, who for over twenty years has been part of those struggles against prison and the society that needs it, coming from the territory occupied by the State of Mexico. With him, we were able to have a direct and in-depth account of how, after many years, comrades organized themselves into an assembly that openly supported prisoners who chose the path of escape and clandestinity, talking about the case of Miguel Peralta9, an indigenous anarchist fugitive, and how they reflected and chose – for the first time after years of situations where support for a comrade on the run was limited to maintaining a framework of complicit silence and factual help – to openly support and launch initiatives to talk about and disseminate the ideas, the words of this comrade and the reasons for his struggle and his escape. He then focused on how to overcome the suppressed, the taboo of not speaking to avoid being included in those famous lists and investigations of suspected sympathizers who immediately become accomplices of fugitives, while still paying attention to the safety of the fugitive comrade. Finally, he briefly recounted the experiences of struggles lived inside prisons in the last decade in Mexico City, and the State’s use of accusations of connivance between the anarchist world and narcos, as in the case of Jorge Ezquivel, an anarchist prisoner detained in Mexico City prison. This case intertwines with the anti-prison struggle experiences of the last decade, when actions and sabotages against symbols of domination and against the increase in transport fares, during “black December” in Mexico, were a clear expression of internationalist insurrectionary solidarity also with the Greek revolutionary prisoners Nikos Romanos and Yannis Michalaidis on hunger strike in Greek prisons at that time. Christmas trees, metro and bus stations went up in flames: these are just some of the many initiatives that took place in those years of insurrectionary ferment, which also saw the first international anarchist insurrectionary congress held in the largest occupied auditorium, with the participation, among others (via Skype because he was not granted entry into the country), of comrade Alfredo Maria Bonanno. This decade of struggles within prisons, given the numerous arrested comrades, such as Fernando Barcenas, Fernando Sotelo, Abram Cortez, Amelie, Fallon, Mario and others has been characterized by the refusal to adhere to good conduct and voluntary servitude imposed by the prison administration. There have been various experiences of self-organization: from anarchist writing workshops to the creation of a periodical Canero (https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/el-canero-1-stampa-carceraria-dal-messico/). This newspaper was produced and distributed both inside and outside various penitentiary institutions, recounting prison conditions and struggles, and serving as a tool for unity among prisoners to break the dispersion that saw them divided into various penitentiaries; it was also useful for developing and expressing their position against amnesty. In those years, numerous struggles were also carried out, such as a hunger strike for total liberation and against prison, launched with the following words: “in our conception, it is constituted by society as a whole, while physical prisons are only a concrete expression of the social isolation that supports and legitimizes power, and that is why we do not address the media, nor the ruling classes, but we address and speak to our comrades in the immense prison called earth who, like us, are also children of war for the sole fact of being born disinherited.” From this translation project of Kamina Libre10, we made the decision to hold these two days of meetings and discussions also to contribute to discussing, finding ideas, and asking how to carry out, from outside, active support and solidarity for prisoners’ struggles, a recognition in struggles, insurrections, revolt, and internationalist solidarity. Listening and confronting with comrades who have fought, and are fighting, against prison over the years is fundamental, despite the never-sufficient time, to reflect on some possibilities and experiences. These two days of discussion arose to overcome the limits encountered in supporting the revolts that occur inside, as we saw in 2020 during the COVID emergency, as well as in recent years during which there have been other revolts in prisons in various parts of Italy, which, however, failed to spread and communicate with the outside, and from the need to respond to the attack by States against struggles carried out both inside and outside prisons, from Italy with the former ex DDL 1660, to Chile, Greece, and France. This type of attack, which includes reforms of the penitentiary system, in our view, has a preventive character in a horizon of war and social conflict that is increasingly simmering beneath the surface, in direct continuity with the application of 41bis to Alfredo. Indeed, we believe that the attack on Alfredo was a warning from the State against those who persevere in supporting revolutionary ideas and practices, that State that must erase both the possibility and the memory of armed struggle in this country, of which the action against Adinolfi of Ansaldo Nucleare, claimed by Alfredo in court in Genoa, is one of the most recent testimonies. But above all, we asked ourselves what it means to continue supporting a battle of the first anarchist comrade buried in the underground of Bancali prison under 41 bis and the expansion of this regime’s model in various parts of the world, from Chile to France, with the Italian State increasingly exporting isolation regimes. On the second day, the reasons for the struggle and the mobilization in solidarity with Alfredo Cospito were re-examined. The discussion was introduced with critical points and questions contained in this text11 “dal centro alla periferia” which allowed for reflection on the successful elements of the mobilization which, despite a thousand difficulties and in a situation “at the bare minimum of the anarchist movement,” managed to bring out the reasons, words, and identity of Alfredo Cospito, who sustained a hunger strike lasting a full 181 days. A mobilization that had an international character of solidarity and direct action, lasting over ten months and starting many months before Alfredo’s strike, to try to break the veil of silence where they wanted to relegate him. This mobilization is now seeing the State’s revenge against those who mobilized in those months, as with the request for sentences of over 6 years for aggravated resistance, disguise, throwing objects, and moral complicity in damage for a procession in Milan on February 11, 2023, concurrently with Alfredo’s hospitalization. Moral complicity, an element that should be further explored, is also one of the central elements of Operation City with 19 convictions for devastation and looting in reference to the March 4 2023 procession in Turin. Lello Valitutti, who has been under house arrest for over a year for this march and for the Brenner trial, contributed to this discussion and sent his regards. Lello is currently in a complex medical situation, which, he told us, makes it impossible for him to attend and fully exercise his right to defence at the City trial next July, where he is accused, along with his comrades, of moral complicity in devastation and looting. He is therefore forced to request the suspension of the trial for health reasons. We conclude with some considerations that emerged from this discussion: We are one year away from when the State and the DNAA will almost certainly propose to keep Alfredo Cospito in 41 bis, and perhaps send other anarchist prisoners there. Charges in the trial, in which the state try to attack anarchist agitation and propaganda towards the comrades of the fortnightly magazine, Bezmotivny, in which the prosecution attempted to portray Alfredo as a leading figure within a certain segment of the anarchist movement in the Scripta Scelera trial. They depicted him as an instigator of crime, acting with him ‘guide’, and also after the full acquittal in the Sibilla trial, where the prosecution tried to portray Alfredo as an “instigator” in a sphere, that of the anarchist movement, which has autonomy of thought and action as its core. Along with the Scripta Manent trial, Operation Sibilla was decisive in Alfredo Cospito’s transfer to 41 bis. With the mobilization stemming from Alfredo’s struggle, a debate opened, cracks were created in 41 bis, in life imprisonment without parole and in the harsh prison regime, the apex of the repressive system, which resonated so much that, at times, in front of some prisons where 41 bis sections exist, the inmates from inside were the first to chant “Alfredo out of 41 bis.” The struggle did not have a merely anti-repressive dynamic, nor was it managed solely by lawyers, but it relaunched the initiative of the anarchist and revolutionary movement more generally to counter the offensive of capital and the State, despite living in times of praise for disengagement, permanent demobilization, and rampant resignation. Alfredo’s struggle allowed a debate on 41 bis and repression in Italy to be carried forward, it especially put the State and its emanations into contradiction (see the change in the DNAA’s opinion on keeping him in 41 bis, which clashed with Nordio), just as the external mobilization also created problems for the repressive apparatus, with the strength to bring Alfredo’s words and struggle to every possible corner and with the most diverse initiatives, conflictually resuming presence in the streets, in the squares, outside prisons. Saying ‘Alfredo out of 41 bis’ brought Alfredo and his story to the forefront of the debate, presenting him as incompatible with any compromise or political solution whatsoever, despite some para-institutional components of the left attempting to insinuate themselves into the mobilization. Today, it is important to be able to discuss how, in addition to Alfredo’s life, the meaning and perspective of solidarity have also been put at stake, a principle that has been under constant attack for years by anti-terrorism prosecutors throughout Italy and beyond. Since the end of the hunger strike, and now that the mobilization has practically stopped, the State is trying to take revenge on this comrade, as also demonstrated by recent updates on his imprisonment, namely the return of the GOM officer, previously removed for his involvement in the “interception scandal,” to the direction of the 41bis section of Bancali prison, which has brought with it a further tightening of the already harsh conditions in this regime for Alfredo. Today it is necessary to reflect on a fact of reality: this mobilization, however insufficient to get Alfredo out of 41 bis, to close this detention regime, and also to free Alfredo and all prisoners, has certainly ignited not-so-ordinary sparks, from which it would be desirable to draw lessons and stimulus for the realization of a project that goes beyond the urgency of the moment. In this regard, reflecting on how not to become fossilized in an anti-prison struggle, the application of 41bis to Alfredo should have been placed in a more explicit relationship with the Italian State’s war policies. Also on how to continue the struggle in solidarity with Alfredo and the support for the practices he carried out, the importance of bringing Alfredo’s case into the anti-nuclear struggles was also emphasized. How to proceed now given the reality of today’s situation is one of the questions for which we thought it was worthwhile to meet and reflect. While States are preparing for war and arms profits are growing immeasurably, while the genocide in Palestine continues, and with the approval of a security decree that attacks the oppressed, these gentlemen are once again rushing to prosecute anarchists, an internal enemy to be eradicated because they have always been in opposition to capitalism, the State, and its war policies. Sabotaging the internal front therefore also means relaunching solidarity with Alfredo and all prisoners. 1 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/05/e-uscito-la-prima-edizione-italiana-di-alcuni-scritto-su-kamina-libre-identita-irriducibili-di-una-lotta-anticarceraria/ 2 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/03/marcelo-villarroel-su-iniziativa-fuorilegge-due-giorni-di-discussione-contro-la-galera-tra-dentro-e-fuori/ 3 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/fransisco-solar-prigioniero-sovversivo-anarchico-detenuto-nelle-prigioni-del-territorio-occupato-cileno-carcere-azienda-la-gozalina-rongagua/ 4 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/juan-sorroche-prigioniero-anarchico-italia-as2-terni/ 5 https://www.rivoluzioneanarchica.it/notizie-prigionieri-anarchici-elisa-di-bernardo-stiamo-vincendo-delle-battaglie-per-la-liberta-di-gabriel-pombo-da-silva/ 6 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/04/paolo-todde-compagno-prigioniero-ad-utaca-contributo-percorsi-di-lotta/ 7 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/nikos-maziotis-prigioniero-anarchico-condannato-per-le-azione-di-lotta-rivoluzionaria/ 8 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/04/messico-da-citta-del-messico-un-contributo-sulle-lotte-esperienze-di-complicita-tra-fuori-e-dentro/ 9 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/24/da-qualche-luogo-sulla-terra-aggiornamenti-e-scritti-dalla-latitanza/ 10 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/24/presentazione-progetto-di-traduzione/ 11 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/24/dal-centro-alla-periferia/ PDF: fuorilegge eng -------------------------------------------------------------------------------- [es] FUORILEGGE: Contribuciones desde las cárceles, materiales diversos y un relato sobre dos días de debate entre el exterior y el interior de la cárcel (De esta iniciativa nació el sitio http://presospolitico.noblogs.org donde se recogen las cartas, las que tienen permiso para su publicación, las que llegan de las cárceles y las transcripciones de las intervenciones, que se van actualizando) Los pasados 23 y 24 de mayo, en unos espacios ocupados para la ocasión dentro de la Universidad de Pisa, se realizó una iniciativa “fuera de la ley” para contar y comparar las luchas al interior de las cárceles en varias partes del mundo, con algunas de las experiencias de lucha contra la cárcel entre las más importantes entre las llevadas a cabo dentro del mundo anarquista por el retorno a las calles de esas identidades irreductibles, revolucionarias, insurreccionales y “fuera de la ley”. La iniciativa tuvo como punto de partida el primer día una discusión sobre la traducción al italiano de Kamina Libre.1—ahora en su segunda reimpresión actualizada con algunas contribuciones sobre la importancia de la memoria viva— como contribución a la campaña de solidaridad por la libertad de Marcelo Villarroel y la anulación de las condenas de la justicia militar de Pinochet en su contra. La presencia de un compañero chileno y algunos videos de Chile nos brindaron la oportunidad de analizar la historia y el legado, en el movimiento anarquista chileno y más allá, de las experiencias de Kamina Libre. Este colectivo se caracterizó por una acción intransigente en el CAS (cárcel de alta seguridad), por la necesidad de ir más allá de las reglas y romper la aniquilación a cualquier precio mediante un enfrentamiento permanente tanto dentro como fuera de la prisión. Esta conexión, entre el interior y el exterior, es inseparable para construir una lucha interna, no una mera discusión legal, ni mucho menos un ejercicio de radicalismo, sino una lucha con el objetivo de que los compañeros regresen a las calles, no por un ideal abstracto de libertad, sino para poder seguir luchando desde una perspectiva insurreccional y destruir la sociedad de la que la prisión es espejo. Con este compañero también pudimos conversar sobre el movimiento de presxs políticxs del levantamiento de 2019 en Chile y cómo la “memoria negra”, si se mantiene viva, mantiene vivos y presentes a diario en las luchas y en las calles a los compañeros que ya no están con nosotros, por estar en prisión o haber muerto en combate. procurando no convertirlos en mártires ni héroes, sino tenerlo vivo con el fuego. Las cartas que nos enviaron desde las cárceles también contribuyeron a este debate. Algunas se leyeron en el marco de la iniciativa, como las de Marcelo Villarroel.2, Francisco Solar3y Juan Sorroche4, y otros que no llegaron a tiempo, se pueden encontrar en la sección de la página5 Estos presos anarquistas, a partir de su conocimiento y lectura de Kamina Libre, compartieron sus reflexiones y preguntas sobre cómo podemos hoy luchar desde dentro y desde fuera, sin relegar la lucha anticarcelaria al ámbito técnico, legal, asistencial o victimista, a pesar de que las condiciones internas sean diferentes hoy, incluso para la población carcelaria. El compañero anarquista Gabriel Pombo da Silva intervino en este debate, aunque forzado por los malditos medios tecnológicos.6 el ha sido recientemente liberado, tras haber pasado más de 20 años en cárceles de España y Alemania, luchando siempre dentro de la prisión con dignidad y sin venderse al enemigo, y que decidió hace un tiempo, junto a la compañera anarquista Elisa, anunciar sus paso a la clandestinidad de la siguiente manera: “Somos un clan nómada que va de pueblo en pueblo en busca de cómplices que practiquen el anarquismo… que incomoda a los servidores del Estado… hemos decidido vivir en la sombra”. ——————————————————————————————————————————- 1 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/05/sale-la-primera-edicion-italiana-de-algunos-escritos-sobre-kaminalibre identidades-irreducibles-de-una-lucha-anti-carcelaria/ 2 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/03/marcelo-villarroel-su-iniziativa-fuorilegge-due-giorni didiscussione-contro-la-galera-tra-dentro-e-fuori/ 3 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/fransisco-solar-preso-subversivo-anarquista-detenido-en carceles-del-territorio-ocupado-chile-compania-carcelaria-la-gozalina-rongagua/ 4 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/juan-sorroche-preso-anarquista-italia-as2-terni/ 5 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/04/aportaciones-de-la-prision-sin-fronteras-a-la-edicion-italiana-de-dikamina libre/ 6 https://www.rivoluzioneanarchica.it/noticias-prisioneras-anarquistas-elisa-di-bernardo-nos-sentimos-vinculadas-de-las-batallas-por la-libertad-de-gabriel-pombo-da-silva/ No se trató de una reconstrucción de una realidad en sí misma, porque «la memoria es una desgracia si se la ve como coherencia sin piedad». Fue una discusión sin un punto de llegada predeterminado, una comparación que se inspiró en experiencias, cuentos y historias. Preguntarnos hoy cómo luchar dentro y fuera de la prisión parte de la convicción de que la prisión es parte integral y fundamental de los mecanismos de opresión y explotación. La experiencia del encarcelamiento en esta sociedad puede convertirse en una experiencia común para cada individuo, una dimensión altamente probable dentro de una vida de cuya miseria no hay salida excepto intentando el camino de la ilegalidad, arriesgándose así a pasar por «lo inesperado de la prisión»: este sufrimiento sin absolución puede conducir tanto a la autodestrucción como al camino de la rebelión para quienes no tienen nada que perder salvo sus cadenas. Por eso, ¡afilar nuestras armas es nuestra tarea! Durante estos dos días, también se leyó y distribuyó una contribución de un compañero, Paolo.7, encerrado en Uta y en huelga de hambre contra las condiciones carcelarias a las que se ven sometidos diariamente todos los presos de esa cárcel, quien contó su historia como companero y “fuorilegge”, de cómo ha visto cambiar la población carcelaria a lo largo de los años y sus intentos de construir una lucha desde dentro. Al día siguiente, a través de la inspiración que surgieron de las historias de las escapadas más espectaculares recopiladas y republicadas en Adiós prisión fue un momento para escuchar las palabras de la compañera Poula Roupa, miembro de la organización Lucha Revlucionaria, activa en Grecia, quien tuvo la paciencia y la disposición de narrar su experiencia. Partiendo del período de actividad de este grupo, relató el significado y la razón de su fuga y los problemas que encontró durante el intento de fuga del compañero Nikos Maziotis y otros presos, secuestrando un helicóptero. Su conmovedora historia también destacó cómo algunas acciones, incluso las que buscan la liberación total, enfrentan enormes limitaciones si no existe una solidaridad externa concreta. También llegó una contribución escrita de Nikos Maziotis desde la prisión de máxima seguridad de Domokos 8, que destacó la relación entre la solidaridad, la guerra de guerrillas y la lucha insurreccional entre los revolucionarios y el movimiento anarquista/antiautoritario desde 2010 hasta hoy. Esta discusión también contó con la participación (siempre a través de los malditos medios tecnológicos) de un compañero anarquista.9, que desde hace más de veinte años forma parte de esas luchas contra la prisión y la sociedad que la necesita, provenientes del territorio que ocupa el Estado de México. Con él pudimos tener un relato directo y profundo de cómo después de muchos años los compañeros se organizaron en una asamblea que apoyó abiertamente a los presos que eligieron el camino de la fuga y la clandestinidad, hablando del caso de Miguel Peralta.10 Un companero anarquista indígena latitante, y cómo reflexionaron y decidieron —por primera vez después de años de situaciones en las que el apoyo al compañero en fuga se limitaba a mantener un marco de silencio cómplice y apoyo fáctico— apoyar y lanzar iniciativas para hablar y difundir abiertamente las ideas, la palabra de este compañero y las razones de su lucha y su huida. Luego se centró en cómo superar la represión, el tabú de no hablar para no ser incluido en esas famosas listas e investigaciones de sospechosos solidarios que inmediatamente se convierten en cómplices de los fugitivos, pero sin dejar de prestar atención a la seguridad del compañero en fuga. Finalmente, hizo un breve recuento de las experiencias de luchas vividas al interior de las cárceles en la última década en la Ciudad de México, del uso por parte del Estado de las acusaciones de colusión entre el mundo anarquista y el narcotráfico como en el caso de Jorge Ezquivel, preso anarquista detenido en Prisión de la Ciudad de México. Este caso se entrelaza con las experiencias de lucha contra la prisión en la última década, cuando se llevaron a cabo acciones de sabotaje contra los símbolos de dominación y contra el aumento de las tarifas del transporte durante el “Diciembre Negro”, que en México fue una clara expresión de solidaridad insurreccional internacionalista, también con los presos revolucionarios griegos Nikos Romanos y Yannis Michalaidis, quienes se encontraban en huelga de hambre en las cárceles griegas durante ese período. Árboles de Navidad, estaciones de metro y autobús fueron incendiadas: estas son solo algunas de las muchas iniciativas que tuvieron lugar en esos años de efervescencia insurreccional, que también vieron el primer congreso anarquista insurreccional internacional, celebrado dentro del auditorio ocupado más grande, con la participación, entre otros (vía Skype, ya que no se le permitió entrar al país), del camarada Alfredo Maria Bonanno. —————————————————————————————————————————– 7 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/04/paolo-todde-compagno-prigioniero-ad-utaca-contributo-percorsidi lotta/ 8 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/nikos-maziotis-preso-anarquista-condenado-por-la-accion-de lucha-revolucionaria/ 9 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/06/04/messico-da-citta-del-messico-un-contributo-sulle-lotte-esperienze-di complicita-tra-fuori-e-dentro/ 10 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/24/desde-algun-lugar-en-la-tierra-actualizaciones-y-escritos-del fugitivo/ Esta década de luchas dentro de las cárceles, dada la cantidad de compañeros detenidos, como Fernando Bárcenas, Fernando Sotelo y Abram Cortés entre otros y otras, se ha caracterizado por negarse a adherirse a la buena conducta y la servidumbre voluntaria impuestas por la administración penitenciaria. Se han dado diversas experiencias de autoorganización: desde talleres de escritura anarquista hasta la creación de una revista. Canero11 Este periódico fue producido y distribuido tanto dentro como fuera de las distintos penitenciarios, el cual relataba las condiciones y las luchas carcelarias, además de ser una herramienta de unión entre los presos para romper la dispersión que los dividía en las distintas penitenciarías, también sirvió para desarrollar y expresar su postura contra la amnistía. En aquellos años también se llevaron a cabo numerosas luchas, como una huelga de hambre por la liberación total y contra la prisión, iniciada con las siguientes palabras: “en nuestra concepción, está constituida por la sociedad en su conjunto, mientras que las cárceles físicas son solo una expresión concreta del aislamiento social que sustenta y legitima el poder y por eso no recurrimos a los medios de comunicación, ni a las clases dominantes, sino que nos dirigimos y hablamos a nuestros compañeros de la inmensa prisión llamada tierra que, como nosotros, también son hijos de la guerra por el solo hecho de haber nacido desheredados”. De este proyecto de traducción12 de Kamina Libre, hemos tomado la decisión de organizar estos dos días de encuentros y discusiones también para poder contribuir a discutir, encontrar ideas y preguntarnos cómo podemos llevar adelante, desde afuera, un apoyo activo y solidario a las luchas de los presos, un reconocimiento en las luchas., en las insurrecciones, en las revueltas y en la solidaridad internacionalista. Escuchar y discutir con compañeros que han luchado y siguen luchando contra la cárcel a lo largo de los años es fundamental, a pesar del tiempo nunca suficiente, para reflexionar sobre algunas posibilidades y experiencias. Este debate de dos días nació para superar las limitaciones que existen para apoyar las revueltas internas, como vimos, por ejemplo, en 2020 durante la emergencia de la COVID-19, así como en los últimos años, cuando se han producido otras revueltas en cárceles de diversas partes de Italia. Sin embargo, estas revueltas no han logrado extenderse ni dialogar con el exterior, y surge de la necesidad de responder a los ataques de los Estados contra las luchas que se libran tanto dentro como fuera de las cárceles, desde Italia con la nueva ley de seguridad (ex DDL 1660), hasta Chile, Grecia y Francia. Este tipo de ataque, que pasa, entre otras cosas, por las reformas del sistema penitenciario, en nuestra opinión, tiene un carácter preventivo en un horizonte de guerra y conflicto social cada vez más latente, en directa continuidad con la aplicación del artículo 41bis a Alfredo. Creemos que el ataque a Alfredo fue una advertencia del Estado a quienes persisten en apoyar las ideas y prácticas revolucionarias, un Estado que debe borrar tanto la posibilidad como la memoria de la lucha armada en este país, de la cual la acción contra Adinolfi de Ansaldo Nucleare, reclamada por Alfredo ante el tribunal de Génova, es uno de los testimonios más recientes. Pero, sobre todo, nos preguntamos qué significa seguir apoyando la lucha del primer compañero anarquista enterrado en la prisión de Bancali en 41 bis y la expansión del modelo de este régimen en diversas partes del mundo, desde Chile hasta Francia, con el Estado italiano exportando cada vez más regímenes de aislamiento. —————————————————————————————————————————– 11 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/29/el-canero-1-stampa-carcelaria-dal-messico/ 12 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/24/presentazione-progetto-di-traduzione/ El segundo día, se repasaron las razones de la lucha y la movilización en solidaridad con Alfredo Cospito. El debate se centró en algunos puntos críticos y preguntas contenidas en este texto “dal centro a la perifieria”.13 Lo que nos permitió reflexionar sobre los factores de éxito de la movilización que, a pesar de las mil dificultades y en una situación en los niveles más bajos del movimiento anarquista, logró sacar a la luz las razones, las palabras y la identidad de Alfredo Cospito, quien apoyó una huelga de hambre que duró 181 días. Una movilización de carácter internacional, de solidaridad y acción directa, que duró más de diez meses y comenzó muchos meses antes de la huelga de Alfredo, para intentar romper el manto de silencio donde querían relegarlo. Esta movilización ahora ve la venganza del Estado contra quienes se movilizaron durante esos meses, como con la solicitud de condenas hasts seis años por resistencia agravada, disfraz, lanzamiento de objetos y complicidad moral en daños, por una marcha en Milán el 11 de febrero de 2023, coincidiendo con el traslado de Alfredo al hospital. La complicidad moral, un elemento que debe explorarse más a fondo, es también uno de los elementos centrales de la Operación City, con 19 condenas por devastación y saqueo en relación con la marcha del 4 de marzo en Turín 2023. Lello Valitutti, acusado por esta marcha, y que se encuentra bajo arresto domiciliario durante más de un año por el juicio de Brennero, además de la obligación de residir en su localidad de residencia, aportó su contribución y saludo a este debate. Lello se encuentra actualmente en una situación médica compleja, lo que, según nos comentó, le impide estar presente y ejercer plenamente su derecho a la defensa en el juicio por la operación de la City el próximo julio, donde se le acusa, junto con otros compañeros, de complicidad moral en la devastación y el saqueo. Por lo tanto, y solicitarà la suspensión del juicio por motivos de salud. Concluimos con algunas consideraciones surgidas de esta discusión: Estamos a un año de que el Estado y la DNAA propongan, con casi total certeza, mantener a Alfredo Cospito en 41 bis, y tal vez enviarnos también a otros presos anarquistas. Esto a pesar de que han caído los cargos del juicio en el que el Estado intentó golpear la agitación y la propaganda anarquista hacia los compañeros y compañeras del quincenal Bezmotivny, en el que la acusación intentó perfilar la figura de Alfredo, en el proceso Scripta Scelera, como la figura más destacada dentro de un determinado segmento del movimiento anarquista. Pintando una instigación al delito con él como «orientador», incluso después de la absolución total en el juicio Sibilla, donde se le acusaba directamente de ser un «instigador» en un ámbito, el del movimiento anarquista, que tiene en la autonomía de pensamiento y acción su eje central. Junto con el juicio Scripta Manent, la operación Sibilla fue decisiva en el traslado de Alfredo Cospito al 41 bis. Con la movilización que surgió de la lucha de Alfredo, se abrió un debate y se crearon grietas en el 41 bis, la cadena perpetua sin libertad condicional y la prisión de aislamiento, la cúspide del sistema represivo. Esta repercusión fue tal que, a veces, frente a algunas cárceles con secciones del 41 bis, los presos de adentro fueron los primeros en lanzar el coro “¡Alfredo fuera del 41 bis!”. La lucha no tuvo una dinámica meramente antirepresiva, ni fue gestionada únicamente por abogados, sino que se relanzó la iniciativa del movimiento anarquista y revolucionario en general para contrarrestar la ofensiva del capital y del Estado, esto a pesar de que vivimos tiempos de elogio del desapego, de desmovilización permanente, de resignación reinante. La lucha de Alfredo nos ha permitido impulsar un debate sobre el 41 bis y la represión en Italia. Sobre todo, ha puesto al Estado en contradicción con sus emanaciones (véase el cambio de opinión de la DNAA sobre su permanencia en el 41 bis, en contra del ministro de la justicia Nordio). Asimismo, la movilización externa ha generado problemas para el aparato represivo, con la fuerza para llevar la palabra y la lucha de Alfredo a todos los rincones posibles y con las más diversas iniciativas, retomando de forma conflictiva la presencia en las calles, en las plazas y fuera de las cárceles. Decir «fuera Alfredo del 41 bis» ha impuesto en el debate la figura de Alfredo, su historia, desde una perspectiva de incompatibilidad con cualquier tipo de compromiso o solución política, a pesar de que algunos sectores parainstitucionales de la izquierda hayan intentado infiltrarse en la movilización. Hoy lo importante es poder hablar de cómo, además de la vida de Alfredo, se pusieron también está en juego el significado y la perspectiva de la solidaridad, un principio que ha sido objeto de constantes ataques durante años por parte de las procuradoria antiterroristas en toda Italia y más allá. Desde el fin de la huelga de hambre, y ahora que la movilización prácticamente ha cesado, el Estado intenta vengarse de este compañero, como lo demuestran las recientes noticias sobre su encarcelamiento, en particular el regreso del graduado del GOM, previamente destituido por su implicación en el escándalo de las escuchas telefónicas, a la dirección de la sección 41 bis de la prisión de Bancali, lo que ha agravado aún más las ya duras condiciones de Alfredo en este régimen. Hoy es necesario reflexionar sobre un hecho real: esta movilización, si bien insuficiente para liberar a Alfredo de la 41 bis, para el cierre de este régimen de detención y también para la liberación de Alfredo y de todos los presos, Sin duda, ha alimentado chispas nada comunes, de las que sería deseable extraer enseñanzas y estímulos para la realización de un proyecto que vaya más allá de la emergencia del momento. A este respecto, reflexionando sobre cómo no quedarse estancados en una lucha contra las cárceles, la aplicación del 41bis a Alfredo debería ponerse en relación más explícita con las políticas bélicas del Estado italiano. Siempre en relación con cómo continuar la lucha en solidaridad con Alfredo y el apoyo a las prácticas que él lleva a cabo, también se destacó la importancia de llevar el caso de Alfredo a las luchas contra la energía nuclear. Cómo continuar ahora, dada la realidad de la situación actual, es una de las preguntas por las que pensamos que valía la pena reunirnos y reflexionar. Mientras los Estados se preparan para la guerra y los beneficios de las armas crecen desmesuradamente, mientras continúa el genocidio en Palestina y con la aprobación de un decreto de seguridad que ataca a los oprimidos, estos señores se apresuran de nuevo a juzgar a los anarquistas, un enemigo interno al que hay que erradicar porque siempre se ha opuesto al capitalismo, al Estado y a sus políticas bélicas. Sabotear el frente interno significa, por lo tanto, también relanzar la solidaridad con Alfredo, con todos y todas las personas encarceladas. —————————————————————————————————————————– 13 https://presospolitico.noblogs.org/post/2025/05/24/del-centro-a-la-periferia PDF: fuorilegge esp
Carcere
Materiali
Babele
Il compagno Paolo Todde ha sospeso lo sciopero della fame
Riceviamo e diffondiamo: Paolo Todde ha sospeso lo sciopero della fame contro le condizioni detentive nel carcere di Uta (21 giugno 2025) Informiamo della sospensione dello sciopero della fame contro le condizioni detentive nel carcere di Uta, in Sardegna, avviato l’8 maggio dal compagno Paolo Todde. Ricordiamo che lo sciopero riprendeva una precedente iniziativa dei detenuti di quel carcere, uno sciopero della fame a staffetta iniziato il 25 aprile contro sovraffollamento, acqua imbevibile nei rubinetti, celle chiuse ventidue ore al giorno, assistenza sanitaria inesistente, assenza di spazi di socialità, limitazioni nell’accesso alla biblioteca interna e provocazioni sui detenuti e sui familiari. Qui di seguito gli aggiornamenti divulgati il 25 giugno dagli “Anarchicx contro carcere e repressione” (Cagliari) e dall’Archivio-Biblioteca Anarchica “G. Ciavolino” (Assemini). «PAOLO SOSPENDE LO SCIOPERO DELLA FAME. Paolo informa tramite corrispondenza che dal 21 giugno ha deciso di sospendere lo sciopero della fame per il caldo e i conseguenti malori. Continua comunque la sua lotta contro il carcere e la società che lo produce. SEMPRE DALLA PARTE DI CHI LOTTA. SOLIDALI E COMPLICI CON PAOLO. FUOCO ALLE GALERE». «AGGIORNAMENTI SUL COMPAGNO SARDO PAOLO TODDE AL 25 GIUGNO 2025. Apprendiamo da corrispondenza giunta oggi alla Biblioteca Anarchica “G. Ciavolino” e inviata da Paolo il 23 giugno 2025 che ha deciso di SOSPENDERE lo sciopero della fame in data 21 giugno 2025. Riportiamo alcuni stralci di questa sua lettera: “[…] da sabato 21 giugno ho ripreso ad alimentarmi, lo sciopero della fame è sospeso, il caldo, l’afa mi stavano giocando un brutto scherzo, infatti avevo dei momenti di giramento di testa, tanto che dovevo appoggiarmi al muro… ad un certo punto sanguinavo dal naso, la pressione arteriosa ballava nel mio corpo, e mi faceva questi scherzi. Sono due giorni che sto mangiando, però riesco ad ingurgitare poco e niente, perché ho un limite di sazietà molto basso […]”. Inoltre il compagno specifica che lui risponde a tutti, ma sta avendo problemi la posta in uscita, la stanno facendo sparire. Seguiranno aggiornamenti sulla situazione del compagno».
Carcere
26-27 Luglio. Due giorni contro il carcere in Sicilia
Riceviamo e diffondiamo: Scarica le locandine in pdf: ManifPolizzi 26 luglio giallo-1  ManifPolizzi 26 luglio BN Ha senso oggi, con un piede dentro la terza guerra mondiale, una iniziativa specifica contro il carcere? C’è ancora tempo per tenere insieme l’attenzione alle condizioni di chi è rinchiuso/a con il pensiero agli occhi affamati dei bambini di Gaza? Pensiamo di sì, per diverse e importanti ragioni. Perché lo sciopero della fame di Alfredo Cospito, Paolo Todde e di molte/i altre/i, sono gesti individuali che richiamano la resistenza di un intero popolo posto al 41 bis dallo stato sionista. Perché rompere l’aura di sacralità dell’Antimafia in Sicilia, parlando di DNAA, è un colpo al più potente apparato ideologico/morale e militare di spoliazione, controllo e repressione della “nostra” storia nazionale. Perché non disperdere la memoria delle lotte di oggi e di chi ci ha preceduto è parte della nostra liberazione. Perché rimpinguare le casse anti-repressione significa continuare a tessere solidarietà rivoluzionaria. ———— La DNAA ( Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo) è il fiore all’occhiello del sistema repressivo dello Stato italiano. Nata nel 1992 come Direzione Nazionale Antimafia, dal 2015 inizia ad occuparsi anche di reati riguardanti il terrorismo aggiungendo una “A” al proprio nome. La riunificazione dei fenomeni mafioso e terroristico sotto uno stesso corpo repressivo rende evidenti le commistioni e gli sconfinamenti nella costruzione di queste figure simbolico-spettacolari da parte dello Stato. Mafia e terrorismo sono infatti sempre più “idee senza parole”, contenitori astratti utili a terrorizzare la popolazione, ad ergere lo Stato e i suoi servi a protettori dal Male assoluto e a mantenere in piedi uffici e cariche per magistrati che costruiscono le proprie carriere sulla pelle di sfruttate e oppressi. La nascita della DNA nel 1992 aveva provocato molte perplessità anche in alcuni giuristi e osservatori democratici, ma dopo gli attentati di Capaci e di via D’Amelio, approfittando del panico morale da essi generati, lo Stato italiano aveva ormai le risorse simboliche per rendere intoccabile la sua nuova superprocura e per dar vita a quella barbarie che risponde al nome di 41bis( ordinamento che è figlio dell’articolo 70 del codice penitenziario e che nel 2002 è stato esteso anche ai reati di terrorismo). La posizione geografica e psicogeografica di frontiera fra Europa e Africa della Sicilia permette di mobilitare tutto l’armamentario spettacolare che può trattare un fenomeno strutturalmente funzionale al dominio di merce e autorità, come un male estremo a cui lo Stato non può che opporre l’estremo rimedio della violenza e della tortura. Criticare l’operato delle procure antimafia diventa impossibile e le varie inchieste messe in piedi da queste rendono sempre più larghe le maglie di regimi detentivi come Alta Sicurezza e 41bis. Si è quindi venuta a creare una retorica che squalifica come mostruoso chiunque non accetti la sacralità delle Leggi dello Stato e rifiuti l’identificazione di giusto e legale. Per quanto riguarda il terrorismo crediamo sia utile partire dall’articolo 270sexies del codice penale. Tale articolo, infatti, definisce “condotte con finalità di terrorismo” tutti quegli atti che “costringono i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o ad astenersi dal compiere un qualsiasi atto”, estendendo tale categoria a chiunque non si limiti alla protesta legale e democratica e dunque completamente gestibile e riassorbibile da Stato e padroni. Con la nascita della DNAA, lo Stato può utilizzare facilmente la legittimità simbolica e le capacità investigative accumulate contro chiunque non accetti i progetti del potere, comprendere ciò si fa sempre più necessario e fondamentale per rispondere al salto di qualità introdotto dalla controparte nel campo della repressione. A maggior ragione adesso che, con gli scenari di guerra che si profilano all’orizzonte, le fila dei nemici interni si vanno ingrossando sempre più. Ma, come ogni spettacolo, anche l’antimafia e l’antiterrorismo non sono qualcosa di inscalfibile: lo sciopero della fame del compagno anarchico Alfredo Cospito sottoposto al regime del 41bis e le azioni diurne e notturne che si sono sviluppate in Italia e nel mondo in sua solidarietà hanno aperto una breccia che non potrà essere richiusa facilmente. La lotta può dissacrare la religione della legalità e dissolvere la cortina fumogena eretta a difesa dello Stato. Di questo vorremmo parlare a partire dall’opuscolo Ruolo e strategie repressive della DNAA con la presenza di alcuni/e curatori/trici della cassa di solidarietà La Lima il 26 luglio alle 15:30 ad Alavò in via Duca Lancia di Brolo, Polizzi Generosa (PA)
Iniziative
Carcere
Stato di emergenza
Aggiornamenti su Ghespe. Per una presenza solidale al presidio al carcere di Spoleto il 5 luglio
Riceviamo e diffondiamo stringendoci a Ghespe, e rilanciando l’appello a scrivergli e a partecipare al presidio solidale di questo 5 luglio al carcere di Spoleto: Aggiornamenti su Ghespe Un paio di novità sulla situazione di Ghespe, recluso nel carcere di Spoleto da marzo 2025 per scontare un residuo pena di 5 anni e mezzo per il “botto di capodanno” nell’ambito della c.d. operazione panico. La direzione del carcere gli ha applicato la censura della corrispondenza a partire da metà maggio, a seguito di una nota inviata dalla digos di Firenze in cui si farebbe cenno alla sua pericolosità sociale, ai suoi contatti con l’ambiente anarchico, ecc. La posta dunque viene tutta letta e timbrata; questo ha ovviamente provocato dei rallentamenti e delle “sparizioni” di lettere, sia in entrata che in uscita. Gli vengono inoltre trattenuti francobolli e adesivi, quindi è meglio non metterglieli in busta. E’ stato inoltre disposto da parte del sost. Procuratore De Gregorio della DDA di Firenze, in data 19.06, un prelievo coattivo del DNA da effettuare in carcere, per un decreto emesso il 5 giugno ’25 nell’ambito di un procedimento penale del 2023. In questa indagine, solo accennata, risulterebbe indagato, insieme ad altri, per 305 c.p. (cospirazione politica mediante associazione), per aver “promosso ed organizzato una rudimentale associazione finalizzata alla commissione dei delitti di cui all’art. 302 c.p.”. Nel giustificare questo prelievo, le cartacce fanno il solito resoconto di serate benefit e iniziative/rivendicazioni solidali nei suoi confronti a partire dal suo arresto in Spagna, a “dimostrazione” del suo ruolo di spicco all’interno del movimento anarchico, per poi enunciare la necessità del campione biologico per “approfondire indagini sui soggetti che si sono coagulati attorno a lui” per “verificarne le potenzialità e capacità operative e strategie d’azione” [sic!]. Magie del DNA…. [A questo proposito: segnaliamo il recente ritrovamento di microspie e GPS in due automobili di compagni/e a lui vicini/e…] Molto più onestamente, in seguito si fa vago riferimento ad “analoghi” attentati con ordigni esplosivi (analoghi all’azione per cui è stato condannato, s’intende) avvenuti nell’ambito della mobilitazione contro il 41bis di cui evidentemente non sanno a chi attribuire la responsabilità. Gli esempi citati: l’ordigno esplosivo al tribunale di Pisa del 23.02.’23 e le bottiglie incendiarie alla caserma Perotti del 30.01.’23. Il Dna, aggiungono, servirebbe inoltre ad accertare la sua presenza “nei luoghi di aggregazione del movimento anarchico“ e la sua collocazione quindi all’interno della cosiddetta “frangia toscana”. Rispetto al DNA, ricordiamo che il prelievo per la banca dati era già stato imposto, a lui come ai/alle altre arrestati/e del 3 agosto 2017, il giorno della convalida dell’arresto e che la principale “prova” usata a suo carico è stata un controversa perizia sul DNA operata in modalità “irripetibile” tra una microtraccia biologica repertata su un frammento di scotch che presumevano facesse parte dell’ordigno esploso, confrontata con campioni biologici prelevati da oggetti a lui attribuiti quali, ad es., lattine. Nel lamentare l’assenza del suo profilo in banca dati, le carte odierne parlano di un “verosimile errore nella procedura di campionamento” eseguito all’epoca nel carcere di Sollicciano. Come ultima motivazione addotta quindi vi è la necessità di “sanare tale mancanza” e l’onere di tale procedura viene assegnato alla digos di Firenze. Oltre a ciò, permane per lui l’impossibilità di ottenere l’autorizzazione a colloqui visivi con chiunque non sia un suo avvocato e la totale discrezionalità di ciò che passa di volta in volta coi pacchi a colloquio (ad esempio penne, fogli protocollo, occhiali, libri giudicati troppo “sovversivi”) e ricordiamo inoltre che non può ricevere libri tramite posta (poiché questa possibilità, a Spoleto, sarebbe concessa solo a chi segue dei percorsi di studio, eventualità peraltro non prevista in quel carcere). Pare abbastanza evidente che, al di là delle particolari restrizioni che pensiamo siano proprie di un carcere al cui interno vi è una sezione di 41bis, come Spoleto, nei confronti di Ghespe si vada ad aggiungere la volontà ritorsiva per i due anni di irreperibilità prima del suo arresto in Spagna nel febbraio ’25: è particolarmente importante, quindi, fargli sentire la nostra solidarietà e andare sotto a quel carcere, per lui e per gli altri prigionieri. A metà giugno si sono verificate, lì come nel carcere di Terni, delle proteste per le condizioni di detenzione e per il caldo soffocante, tali da richiedere l’intervento della celere e da far dichiarare al segretario regionale del SAPPE che l’Umbria è diventata la “discarica sociale” del sistema penitenziario toscano, invocando la riapertura del supercarcere a Pianosa per i “isolare i detenuti più pericolosi”, anche in vista delle probabili rivolte estive. Chiamiamo quindi a una partecipazione numerosa per il presidio al carcere di Spoleto, in loc. Maiano 10, il 5 luglio 2025, alle 16.30: contro ogni galera, per Ghespe, per Paolo Todde che ha sospeso il 21.6 uno sciopero della fame iniziato i primi di maggio nel carcere di Uta (CA), per tuttx x prigionierx. Per l’Anarchia! Continuiamo a scrivere a Ghespe! Salvatore Vespertino C.D.R. Spoleto Loc. Maiano 10 06049 Spoleto (PG)
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Torino, 3 e 4 luglio: appuntamenti di lotta per l’inizio del processo per l’operazione City
Riceviamo e diffondiamo: Anche su https://nocprtorino.noblogs.org/post/2025/06/13/torino-3-4-luglio-appuntamenti-di-lotta-per-linizio-del-processo-per-loperazione-city/ TORINO 3/4 LUGLIO: APPUNTAMENTI DI LOTTA PER L’INIZIO DEL PROCESSO PER L’OPERAZIONE CITY Il 4 Marzo 2023 un corteo in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito – intrapreso il 17 Ottobre 2022 contro 41 bis ed ergastolo ostativo – ha attraversato alcune vie della città di Torino. Un corteo per rispondere alla decisione della corte di Cassazione, che non esitava a condannare a morte il prigioniero anarchico, dando parere negativo alla revoca del regime speciale di detenzione. Un corteo con cui rompere il silenzio di fronte alla repressione, le sue pene esemplari ed i suoi strumenti di tortura. Un corteo autodifeso a tutela di chi decideva di attraversarlo con rabbia, determinazione o anche solo per la necessità di esserci. Devastazione e saccheggio è il reato che oggi la Procura tenta di utilizzare, tra gli altri, per portare sul banco degli imputati alcunx compagne e compagni che quel corteo lo hanno vissuto insieme a tantx altrx. Il 3 Luglio 2025, a più di 2 anni da quel momento di strada, il Tribunale di Torino celebra la prima udienza di dibattimento del processo per la cosiddetta “operazione City”, guidata dall’ex direttore della Digos Carlo Ambra e firmata dal PM Paolo Scafi. Eredità del codice penale fascista Rocco, questo reato è sempre più utilizzato per colpire, non solo momenti di piazza, ma anche e soprattutto lotte e rivolte all’interno dei centri di detenzione penali e amministrativi. Infatti, l’8 Luglio – pochi giorni dopo l’udienza del processo “City” – lo stesso Tribunale pronuncerà la sentenza per le rivolte avvenute nell’IPM Ferrante Aporti la notte fra l’1 e il 2 Agosto 2024. L’inchiesta per quella giornata di rivalsa dei giovani reclusi del minorile di Torino, diretta dal PM Davide Fratta, vede imputate 11 persone sempre per il reato di devastazione e saccheggio. Quelle rivolte, però, che hanno dato non poco filo da torcere all’amministrazione penitenziaria e reso inagibile buona parte della struttura detentiva, non possono essere considerate un caso isolato, ma devono essere ricordate come parte di una stagione di resistenze, proteste e rivolte che ha infiammato decine e decine di carceri in tutta Italia e che continuano ad infiammare i centri di detenzione amministrativa. È ormai più che evidente come i tentativi di procure, legislatori, giudici e guardie ambiscano a radere al suolo ogni forma di conflittualità, utilizzando strumenti ereditati dal passato – come le pene da 8 a 15 anni previste per devastazione e saccheggio – o creandone di nuovi – come nel caso dei decreti e dei pacchetti sicurezza di Minniti, Salvini e dell’attuale governo. Un’ambizione, quella di pacificare attraverso la paura della repressione e la costruzione di nemici interni, più forte man mano che l’escalation bellica coinvolge sempre più da vicino il nostro paese: un paese complice del genocidio in Palestina e promotore delle politiche di riarmo europee. Di fronte a questi attacchi e a politiche repressive sempre più aggressive, sentiamo di voler tenere stretti gli strumenti di lotta e solidarietà a nostra disposizione coltivandoli e rilanciandoli, per non rimanere indietro o lasciarci qualcunx. Per questo – Giovedì 3 LUGLIO dalle 9:30 PRESIDIO davanti al TRIBUNALE di Torino al fianco delle e degli imputatx – Venerdì 4 LUGLIO ore 17 PRESIDIO sotto le mura dell’IPM Ferrante Aporti
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