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Comunicato di Juan, fianco a fianco dei “Prisoners for Palestine”
A causa di ritardi nella comunicazione via posta, facciamo sapere solo adesso che anche il compagno anarchico Juan Sorroche ha aderito alla protesta dei “Prisoners for Palestine”, con uno sciopero dell’aria durato alcuni giorni. Di seguito il suo comunicato, in cui ancora una volta il cuore del nostro amico Juanito è un atto di accusa  contro la meschinità di chi lo tiene rinchiuso. Tutti liberi! Palestina libera! Solidarietà ai/alle prigionieri/e palestinesi nel mondo Solidarietà ai/alle prigionieri/e delle proteste di “Palestine Action” Questo mio pensiero viene stimolato dalle proteste dei/delle prigionieri/e di “Palestine Action” in sciopero della fame dal 14/11/2025 nelle carceri britanniche e anche da chi si è unito in solidarietà a loro. Il compagno anarchico Stecco, prigioniero in Italia, ha aderito allo sciopero della fame dal 07/11 fino al 28/11, così come Massimo, compagno anarchico che si trova in semilibertà nella prigione di Trento, che ha portato la sua solidarietà e protesta rinunciando a una settimana di lavoro e quindi di uscite giornaliere. Ho deciso di aderire il 26/11/2025 anch’io con un gesto simbolico e di solidarietà alle ragioni di questa protesta rinunciando alle mie ore d’aria (nel cortile) per una settimana nel carcere di TerniAS2, dove mi trovo prigioniero, in solidarietà libertaria e internazionalista e che accompagno con queste parole. Per prima cosa vorrei ricordare che il mio cuore piange nel sapere il gran numero di BAMBINI PRGIONIERI dello Stato israeliano! E innanzi tutto, la mia solidarietà non può che andare ai 17.000 prigionieri dello Stato sionista in Palestina e ai prigionieri palestinesi in tutto il mondo! La mia solidarietà rivoluzionaria e il mio cuore batte per il coraggio della resistenza degli oppressi palestinesi, i combattenti partigiani che resistono oggi con la guerriglia armata di liberazione, che dura da settantacinque anni contro il colonialismo israeliano sionista e occidentale! E nello specifico mando la mia solidarietà in Italia ad Ali e a Mansour e in special modo al mio amico e fratello Anan partigiano palestinese, trasferito poco fa da qui, portato via e rinchiuso a Melfi in maniera punitiva per mano dello Stato italiano che è complice obbediente dei sionisti dello Stato di Isreale. Così come vorrei ricordare gli oppressi che soffrono la guerra nel mondo! E il popolo palestinese in particolare con le 67.000 persone assassinate dagli Stati capitalisti occidentali, di cui 20.000 BAMBINI, cioè quasi la metà del totale!! Questa guerra infame e queste violenze razziste strutturali, che sono intrinseche a tutta la nostra società occidentale statalista-capitalista e colonialista, che sono la genesi della società israeliana. Per fare ciò in queste nostre società siamo stati in primo luogo assuefatti a questa violenza e razzismo SISTEMICI degli Stati capitalisti ed educati ai “grandi” valori politico-economici DEMOCRATICI e questo, DICIAMOLO, dev’essere detto FORTE E CHIARO. Vorrei ricordare i genocidi programmati da secoli dalle democrazie occidentali! Che OGGI ANCORA avanzano indisturbati in ogni momento e adesso, a Gaza e in Cisgiordania, con la complicità dell’Occidente, che a parole roboanti dell’ONU dà “diritti e pace” e nei fatti reali vende le bombe e le armi che trucidano. Come sono anche programmate scientificamente da decenni LE DIVERSE GUERRE STATALI-CAPITALISTE (a suon di leggi) nell’indifferenza delle nostre società occidentali. Ne sono un “piccolo” esempio le infinite stragi degli immigrati nel Mediterraneo che avvengono nell’indifferenza strutturale razzista che continua nel silenzio complice di quasi tutta la nostra società occidentale. Questi danni e tanto, tanto ancora è ciò che fa l’interclassismo democratico nelle nostre vite-lotte, io credo che a livello pratico della lotta autonoma e antiautoritaria quest’ultimo ci porti via le poche energie preziose, indirizzandoci volutamente a forme spettacolari di solidarietà che vengono svuotate completamente dalle poche forze reali che si hanno; tra l’altro così non incidendo minimamente nella possibilità di cambiamenti radicali della lotta di classe e rivoluzionaria e della realtà del cambiamento della nostra società incanalandoci verso la pace sociale che è la continuità delle azioni di guerra stataliste-capitaliste e della conseguente repressione esterna-interna. È giusto anche ricordare che oggi ci sono compagni prigionieri rivoluzionari comunisti in Italia, alcuni rinchiusi da più di 40 anni, che già decenni addietro lottavano con la lotta armata contro l’imperialismo, ricordare che storicamente lottavano anche con la resistenza armata palestinese, in solidarietà al popolo palestinese, ci serve per ricordare la storia rivoluzionaria, per dare la giusta dimensione solidale contro la repressione statale, come bussola, per dare le giuste ragioni sociali e storiche per le future lotte rivoluzionarie-libertarie! Solidarietà all’amico e compagno anarchico Alfredo Cospito rinchiuso al 41 bis per azioni rivoluzionarie contro Ansaldo. Contro il 41 bis, fuori tutti! Solidarietà alla compagna prigioniera Anna Beniamino e a tutti/e i/le prigionieri/e anarchici e libertari nel mondo! Lo Stato italiano come quello inglese è complice delle guerre coloniali di Israele e del genocidio, della repressione interna, con l’imprigionamento dei/delle compagni/e rivoluzionari comunisti e anarchici: in Italia di tre partigiani palestinesi, uno dei quali è Anan Yaeshh; in Inghilterra con l’arresto degli attivisti di “Palestine Action” e la detenzione degli indipendentisti irlandesi. Questi Stati sono anche complici di aver rinchiuso i 17.000 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Tutto ciò è collegato! Ciò che vogliono dare oggi lo Stato italiano e quello inglese sia nel processo di Anan che di “Palestine Action”, accusandoli di terrorismo e non riconoscendo la loro resistenza di liberazione del popolo palestinese e dal colonialismo occidentale, è un chiaro messaggio di tutto il colonialismo occidentale e della complicità italiana e inglese con il genocidio. Solidarietà ai/alle prigionieri/e delle proteste di “Palestine Action”! Libertà per tutti/e i/le prigionieri/e nel mondo! Per la distruzione di tutte le carceri, delle frontiere, di tutti gli Stati e del capitalismo! Contro la guerra! Rivoluzione-libertaria! Juan Sorroche (spedito il 24/11/2025 dalla sezione AS2 del carcere di Terni)
Carcere
Stato di emergenza
(IT;ENG) Comunicato della partecipazione allo sciopero della fame per la Palestina di Dimitris Chatzivasileiadis
Vittoria allo sciopero della fame di massa per Palestine Action - Schiacciamo l'alleanza 1+3 Dal 2 novembre è in corso uno sciopero della fame collettivo a rotazione nelle carceri britanniche contro il coinvolgimento del Regno Unito nella guerra coloniale in Palestina e la repressione dell’organizzazione Palestine Action. Trentatré prigionieri si sono impegnati, Amu Gib e Qesser Zuhrah sono stati i primi a iniziare e gradualmente il numero degli scioperanti sta aumentando. La lotta all’interno delle prigioni ha già assunto carattere internazionale, con la partecipazione dei compagni Massimo Passamani e Luca Dolce (Italia). Le richieste: – Fine immediata di ogni forma di censura e restrizione alla loro corrispondenza e alle loro comunicazioni. – Rilascio immediato e incondizionato su cauzione. – Diritto a un processo equo e trasparente. – Depenalizzazione di Palestine Action. – Chiusura definitiva di tutte le strutture di Elbit Systems nel Regno Unito. Tutte le richieste sono al servizio della resistenza palestinese e della lotta comune contro la contro-rivoluzione capitalista. L’ultima richiesta colloca lo sciopero della fame nell’ambito dell’obiettivo della campagna politica per cui Palestine Action è stata inserita nella lista del “terrorismo”. La lotta continua quindi dall’interno della prigione. L’azienda israeliana Elbit fornisce gran parte delle attrezzature dell’esercito israeliano. Palestine Action, attraverso sabotaggi e blocchi, ha causato gravi danni all’azienda e la chiusura di fabbriche. Ha anche compiuto gravi sabotaggi alle basi e agli aerei della RAF, portando le forme più moderate di resistenza antimilitarista al livello delle esigenze oggettive determinate dal conflitto in Palestina. Il 28 novembre, l’attivista palestinese Anan Yaeesh, che è stato un prigioniero politico nella Palestina occupata, sarà processato dallo Stato italiano. È accusato, senza prove, di collaborare con le Brigate di Tulkarm (Cisgiordania), legate alle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, una componente armata di Fatah che resiste all’occupazione. L’UE sta combattendo in prima linea con l’occupazione sionista con tutti i mezzi a sua disposizione. Il compagno Anan ha dichiarato: “Volete che mi difenda dalle accuse contro di me,‭ ‬ma mi vergogno di chiedere l’assoluzione per accuse che,‭ ‬per me,‭ ‬rappresentano una fonte di onore.‭ ‬Non voglio difendermi dall’accusa di avere dei diritti e di averli rivendicati,‭ ‬o di aver cercato di liberare il mio popolo e il mio paese dall’oppressione coloniale.‭ ‬Giuro che non ho alcuna intenzione di essere assolto dalla legittima resistenza contro l’occupazione sionista.‭ ‬La resistenza palestinese è uno dei fenomeni più nobili conosciuti dalla storia‭”. Esprimo il mio rispetto per la memoria dei due martiri dell’attacco suicida contro un insediamento israeliano a sud di Betlemme il 18 novembre. Come hanno scritto le Brigate di Al-Shahid Abu Ali Mustafa, del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, nel loro annuncio commemorativo: “Il nostro impegno è una vendetta eterna che non svanisce. Domani la nebbia si diraderà dalle colline”.  Lo sciopero della fame di massa è stato annunciato per l’anniversario della Dichiarazione Balfour, il mandato britannico per attuare il piano sionista. Lo sviluppo storico del capitale si è fondato su un genocidio implacabile. Dobbiamo considerare i genocidi da una prospettiva antistatale e anticapitalista. Il massacro e la carestia a Gaza e la guerra centenaria di distruzione e sfollamento del popolo palestinese sono processi di accumulazione primitiva, disciplinamento di classe e sterminio del proletariato in eccedenza. La brutalità della macchina da guerra imperialista e della sua avanguardia sionista è apertamente mostrata con l’obiettivo di affermare il suo terrorismo in tutto il mondo. Di fronte alla resistenza eroica di un popolo, i macellai capitalisti hanno fatto del pane e dell’acqua del popolo l’oggetto dei negoziati di guerra. La decisione unanime del Consiglio di sicurezza dell’ONU (17 novembre), con l’accordo degli imperialisti cinesi e russi, proclama l’assunzione di responsabilità per il completamento dell’occupazione. Ciò che il sionismo non è riuscito a ottenere attraverso guerre costanti, lo stanno ottenendo ora i suoi protettori. La prevista Forza Internazionale di Stabilizzazione ha il compito di disarmare la resistenza “con tutti i mezzi necessari”, cioè continuando la guerra genocida. Come hanno dichiarato lo stesso giorno i Comitati di Resistenza Popolare, “Non accetteremo lo schieramento di forze internazionali o straniere all’interno della Striscia di Gaza per sostituire l’occupazione, né accetteremo un ruolo americano nel controllo dell’amministrazione di Gaza. Qualsiasi sostegno internazionale a questa decisione sarà considerato allineamento e legittimazione della presenza straniera sul territorio di Gaza”. La resistenza palestinese non torna indietro sui suoi obiettivi politici: la liberazione di Gaza, militarmente ed economicamente; la fine degli insediamenti in Cisgiordania, approvati dalla Knesset sionista; il rilascio di tutti i prigionieri. Punizione per tutti i criminali di guerra. Nessuna pace con l’occupazione. L’unico linguaggio che il nemico capisce è il linguaggio della forza. Due anni dopo che l’iniziativa rivoluzionaria del 7 ottobre è riuscita a riportare in primo piano, più forte che mai, la causa della distruzione della colonia imperialista, ripeto e dirò tutte le volte che sarà necessario che qualsiasi compromesso sulle richieste di libertà popolare in nome della pace, svalutando e seppellendo la resistenza nel silenzio o nel crogiolo dei diritti borghesi, affila le armi della controrivoluzione. Se la sinistra è perseguitata dalla maledizione storica della socialdemocrazia coloniale, la corrente antiautoritaria e il marxismo accademico sono perseguitati dalla maledizione dell’idealismo utopistico elitario, che trasforma convenientemente i padroni in vittime. Ma non c’è federalismo senza giustizia, né socialismo senza terra e libertà. L’obiettrice di coscienza israeliana Daniela Schultz con la sua dichiarazione ha sventato tutti coloro che minano la resistenza palestinese: “La società israeliana nel suo insieme ha un ruolo nel plasmare l’orribile realtà del popolo palestinese. Non è ‘complicato’, non ci sono ‘eccezioni alla regola’, e i discorsi sull’innocenza o la moralità degli individui in una società la cui essenza è lo spargimento di sangue e la supremazia razziale sono irrilevanti”. Sul volontarismo fascista, che il neoliberismo e la sua post-socialdemocrazia presentano come alternativismo: “Il genocidio di Gaza ha avuto un impatto anche sulla società israeliana, ma invece di ribellarsi, le ONG civili hanno fatto di tutto per assecondarlo. Sostenendo le famiglie dei riservisti, ristrutturando i rifugi, le sale operatorie civili, tutto per ridurre al minimo il prezzo che gli israeliani pagano per il genocidio. Invece della disobbedienza civile, abbiamo creato una spina dorsale civile. Invece di resistere al genocidio, gli oppositori del governo si lamentano della scarsa efficienza della gestione della “guerra””. E per quanto riguarda l’opposizione “sociale”, così altamente considerata dai pacifisti occidentali: “Invece di rifiutarsi di arruolarsi,‭ ‬essi competono nel numero di giorni di servizio di riserva.‭ ‬L’opposizione e i gruppi di protesta dichiarano‭ ‬non a “nome nostro” e contemporaneamente salutano l’IDF e i suoi combattenti”.‭ In questo modo lei‬ mette la disobbedienza dei cittadini israeliani nella sua vera prospettiva: “Il mio rifiuto non è un atto eroico. Non mi rifiuto perché credo che la mia azione individuale cambierà la realtà, e non penso che le mie scelte come israeliana meritino un’attenzione centrale nella conversazione sulla liberazione palestinese. Mi rifiuto perché è la cosa più umana da fare”. ‭Il movimento antimilitarista dello Stato occupante riconosce l’obiettivo della resistenza:‭ “‬Un Paese la cui sicurezza richiede lo sterminio di un altro popolo non ha diritto alla sicurezza.‭ ‬Un popolo determinato a commettere un olocausto su un altro popolo non ha diritto all’autodeterminazione”. Questo vale anche per il nazionalismo greco e il suo Stato. Il blocco strategico America-Israele-Grecia-Cipro (1+3) ha una responsabilità politica congiunta per la guerra genocida. La borghesia greca, insieme alle classi medie ad essa associate, è legata al piano imperialista di un “Nuovo Medio Oriente”, del “Grande Israele” dell’IMEC, del massacro e dello sterminio senza fine delle società nella guerra globale con il concorrente cinese e del terrorismo militarista. Lo Stato greco è, per sua natura, una base d’assalto del capitalismo cristiano occidentale. Dalla campagna controrivoluzionaria in Ucraina, alla guerra civile e alla guerra in Corea, Somalia e Afghanistan, al genocidio trentennale del proletariato migrante, all’ultimo decennio contro lo Yemen ribelle, all’alleanza coloniale per il Sahel e al fronte NATO-nazista in Ucraina, l’esercito greco è uno strumento mortale della metropoli capitalista. Solidarietà rivoluzionaria significa collegare organicamente tutti i movimenti di resistenza sulla Terra ed estendere ogni linea del fronte ovunque ci troviamo. Qui, nel territorio greco-NATO, la solidarietà con la Palestina significa guerra civile di classe. Lo stesso vale, ovviamente, per tutti i regimi collaborazionisti arabi e islamici. La borghesia greca, con i suoi partiti politici, tecnocrati e accademici, difende cinicamente il sostegno strategico alla guerra genocida in Palestina in nome dell’interesse nazionale. Non è una novità. Kostas Simitis aveva sostenuto il bombardamento della Jugoslavia con lo slogan “Prima la Grecia”. Eterni collaboratori, lacchè del potere dominante. Tale è la moralità capitalista, che esige la responsabilità collettiva nazionale per i suoi crimini atroci, con il voto delle classi lavoratrici. Come ha detto Daniela Shultz a proposito della sicurezza sionista: “Il discorso pubblico israeliano ha sempre subordinato la libertà del popolo palestinese – persino il suo diritto all’esistenza – all’impatto sulla ‘sicurezza’ israeliana. Dalla destra, che sostiene che la sicurezza può essere raggiunta solo attraverso l’occupazione e gli insediamenti, alla sinistra sionista, che afferma che ‘la sicurezza porterà la pace'”. La resistenza palestinese chiede di punire i criminali di guerra. Il primo ministro greco è stato il primo a incontrare Netanyahu dopo che questi era stato incriminato dalla Corte internazionale di giustizia. Nessun pubblico ministero greco ha incriminato Mitsotakis per aver dato rifugio a un criminale di guerra internazionale. È stato il governo di sinistra, con la complicità di tutte le sue attuali fazioni, ad aggiornare l’alleanza strategica con il sionismo dieci anni fa. Essi hanno una responsabilità politica collettiva per la distruzione di Gaza, per la colonizzazione della Cisgiordania, per le torture di massa e le esecuzioni indiscriminate di civili a Gaza e nelle prigioni, per gli ospedali bombardati, per le centinaia di medici, infermieri e giornalisti assassinati, per le scuole, le moschee e le chiese che sono state trasformate da rifugi a fosse comuni. Tutto questo ha la firma dello slogan “Prima la Grecia”. Nello stesso spirito nazionale, i governatori di destra e di sinistra chiedono alle classi lavoratrici ulteriori sacrifici per armare l’imperialismo dell’Europa occidentale, provocando apertamente una guerra interimperialista. Qualche giorno fa, il ministro della Guerra greco ha consigliato ai popoli europei di prepararsi a vedere i propri figli nelle bare, sottintendendo che i greci sono già pronti a ricevere i propri giovani nelle bare. Punire questi assassini genocidi non è responsabilità della resistenza palestinese, e nessun tribunale del loro sistema li giudicherà. Ci stanno prendendo le misure da molto tempo ormai, ma hanno calcolato male. Prendiamo le nostre misure, inchiodiamoli alla tavola con gli stessi chiodi che hanno preparato per le nostre bare. Come ha recentemente affermato Macron, per sopravvivere nel mondo di oggi bisogna essere temuti, e per essere temuti bisogna essere forti. In solidarietà con la lotta nelle prigioni britanniche, da domenica 30 novembre 2025 farò uno sciopero della fame di una settimana (bevendo acqua) e dopo, per un giorno alla settimana o a seconda dell’evoluzione della situazione degli scioperanti della fame che sono in prima linea. La storia ci ha insegnato che la prigione è un campo cruciale di resistenza. Ma non confondiamoci, i prigionieri politici che resistono sono una luna piena sul lato oscuro della Terra. Il lato soleggiato è dove la ribellione e l’azione diretta sono in aumento. Diffondiamo Palestine Action ovunque. Infittiamo la foresta dell’internazionalismo rivoluzionario (con il vero parallelo tracciato dal compagno Massimo). Libertà ai combattenti di Palestine Action Libertà per Elias Rodriguez e Casey Goonan Onore al rivoluzionario anarchico Aaron Bushnell Libertà a tutti gli ostaggi del campo sionista “Ho paura della fame, di perdere le persone, di non avere nulla da perdere, dei fiumi che si prosciugano, della terra avvelenata, degli incendi boschivi, dell’invenzione, della produzione e del lancio di bombe che possono far evaporare le persone e lasciare buchi nella terra dove si trovavano. Ho paura del nostro silenzio e di ciò che sembra possibile normalizzare. Ho paura di ciò che siamo in grado di sopportare. Ho paura di quanto sia facile finire in prigione per non avere soldi. Ho paura della guerra, che nessuno venga quando abbiamo bisogno di loro. Ma il nostro silenzio, la nostra paura, la nostra produttività non ci proteggeranno”, Amu Gib. “Elbit, mentre ti vanti di come le tue armi siano state ‘testate in battaglia sui palestinesi’, la nostra Resistenza ti informerà che i tuoi test hanno fallito. Perché Gaza si rialzerà e la Palestina non morirà mai”, gli scioperanti della fame. Ai nostri compagni anarchici della teoria post-industriale: non abbiamo timore reverenziale nei confronti della marcia tecnologia capitalista di Stato. L’algoritmo non fa nulla di reale: è solo una metonimia, un velo su una morte improvvisa. È ingannevole e incapacitante vedere il potere dove non c’è altro che la paura autoreferenziale dell’innovazione della vita. “La differenza tra una nazione radicata nella sua terra e le campagne di invasione che si sono ripetutamente infrante contro la roccia della sua determinazione non è stata ancora compresa”, Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Nessun atto di solidarietà dovrebbe essere fatto a mio nome. L’obiettivo immediato è quello di far cedere lo Stato britannico di fronte alla lotta comune. Nel territorio greco-NATO, l’obiettivo è la macchina da guerra dell’alleanza 1+3. Come ha detto il compagno Anan: “Mi vergogno di trovarmi in una stanza calda, anche in prigione, mentre i bambini di Gaza muoiono di freddo, fame e sete”. Dimitris Chatzivasileiadis Prigione di Domokos Grecia ____ For solidarity with the hunger strikers for Palestine: Victory to the mass hunger strike for Palestine Action - Let's crush the alliance 1+3 Since the 2nd of November, a rolling collective hunger strike has been taking place in British prisons against the UK's involvement in the colonial war in Palestine and the crackdown on the Palestine Action organisation. Thirty-three prisoners have committed themselves in advance, Amu Gib and Qesser Zuhrah were the first to start, and gradually the number of strikers is increasing. The struggle inside the prisons has already gone international, with the participation of comrades Massimo Passamani and Luca Dolce (Italy). The demands: - Immediate end to all censorship and restrictions on their correspondence and communications. - Immediate and unconditional release on bail. - Right to a fair and transparent trial. - Deproscription of Palestine Action. - Permanent closure of all Elbit Systems facilities in the United Kingdom. All demands serve the Palestinian resistance and the common struggle against capitalist counter-revolution. The last demand places the hunger strike within the objective aim of the political campaign for which Palestine Action was placed on the "terrorism" list. Thus, the struggle continues from within prison. The Israeli company Elbit supplies a big part of the Israeli army's equipment. Palestine Action, through sabotage and blockades, has caused serious damage to the company and the closure of factories. It has also carried out serious sabotage at RAF bases and aircrafts, upgrading the more moderate forms of anti-militarist resistance to the level of the objective needs determined by the conflict in Palestine. On the 28th of November, Palestinian activist Anan Yaeesh, who was a political prisoner in occupied Palestine, will be tried by the Italian state. He is accused, without evidence, of collaborating with the Tulkarm Brigades (West Bank), which are linked to the Al-Aqsa Martyrs Brigades, an armed component of Fateh that resists the occupation. The EU is fighting on the front lines of the Zionist occupation with all means at its disposal. Comrade Anan stated: "You want me to defend myself against the accusations against me,‭ ‬but I am ashamed to seek acquittal on charges that,‭ ‬for me,‭ ‬represent a source of honour.‭ ‬I do not want to defend myself against the accusation of having rights and having claimed them,‭ ‬or of having tried to liberate my people and my country from colonial oppression.‭ ‬I swear that I have no intention of being acquitted of the legitimate resistance against the Zionist occupation.‭ ‬The Palestinian resistance is one of the noblest phenomena known to history.‭" I express my respect for the memory of the two martyrs of the self-sacrificing attack on an Israeli settlement south of Bethlehem on 18/11. As the Brigades of Al-Shahid Abu Ali Mustafa, of the Popular Front for the Liberation of Palestine wrote in their commemorative announcement, "Our plegde is eternal revenge that does not fade. Tomorrow the fog will clear from the hills." The mass hunger strike was announced to be launched on the anniversary day of the Balfour Declaration, the British mandate to implement the Zionist plan. The historical development of capital has been founded on relentless genocide. We need to view genocides from an anti-state, anti-capitalist perspective. The massacre and famine in Gaza and the hundred-year war of destruction and displacement of the Palestinian people are processes of primitive accumulation, class discipline and of extermination of surplus proletariat. The brutality of the imperialist war machine and its Zionist vanguard is openly displayed with the aim of establishing its terrorism worldwide. Faced with the heroic resistance of a people, the capitalist butchers have made the people's bread and water the subject of war negotiations. The unanimous decision of the UN Security Council (17/11), with the agreement of the Chinese and Russian imperialists, proclaims the assumption of responsibility for the completion of the occupation. What Zionism failed to achieve through constant wars, its patrons are now taking over. The planned International Stabilisation Force is tasked with disarming the resistance "by all necessary means", i.e. by continuing the genocidal war. As the Popular Resistance Committees stated on the same day, "We will not accept the deployment of any international or foreign forces inside the Gaza Strip to replace the occupation, nor will we accept an American role in controlling the administration of Gaza. Any international support for this decision will be considered alignment, bias, and legitimization of the foreign presence on the land of Gaza." The Palestinian resistance does not go back on its political goals: the liberation of Gaza, militarily and economically; a halt to the settlement of the West Bank, which was approved by the Zionist Knesset; and the release of all prisoners. Punishment of all war criminals. No peace with the occupation. The only language the enemy understands is the language of force. Two years after the revolutionary initiative of October 7 managed to bring back to the fore, more strongly than ever before, the cause of the destruction of the imperialist colony, I repeat and will say as many times as necessary, that any compromise on the demands of popular freedom for the sake of peace, by devaluing and burying resistance in silence or in the melting pot of bourgeois rights, sharpens the weapons of counter-revolution. If the left is haunted by the historical curse of colonial social democracy, the anti-authoritarian current and academic Marxism are haunted by the curse of elitist utopian idealism, which conveniently transforms masters into victims. But there is no federalism without justice, nor socialism without land and freedom. Israeli conscientious objector Daniela Schultz with her statement, thwarted all those who undermine the Palestinian resistance: "Israeli society in its entirety has a role in shaping the horrible reality of the Palestinian people. It isn't 'complicated', there aren't 'exceptions to the rule', and talks of the innocence or morality of individuals in a society whose whole essence is bloodshed and racial supremacy are irrelevant". On fascist voluntarism, which neoliberalism and its post-socialdemocracy present as alternativism: "The Gaza genocide has also taken its toll on Israeli society – but instead of rising against it, civil NGOs went out of their way to accommodate it. Supporting reservists' families, renovating shelters, civil operation rooms, all meant to minimise the price Israelis pay for the genocide. Instead of civil disobedience, we created a civil backbone. Instead of resisting the genocide, the government's critics complain about the efficiency of managing the 'war'". And as for the 'social' opposition, so highly regarded by Western pacifists: "Instead of refusing to enlist,‭ ‬they compete in the number of days of reserve service.‭ ‬The opposition and protest groups declare‭ '‬not in our name' and simultaneously salute the IDF and its combatants".‭ In this way she‬ puts the disobedience of Israeli citizens into its true perspective:‭ "‬My refusal isn't a heroic act.‭ ‬I'm not refusing because I believe my individual action will change reality,‭ ‬and I don't think my choices as an Israeli deserve central attention in the conversation of Palestinian liberation.‭ ‬I'm refusing because it is the most human thing to do".‭ ‬The anti-militarist movement of the occupying state recognizes the goal of resistance:‭ "‬A country whose security requires the extermination of another people has no right to security.‭ ‬A people determined to commit a Holocaust on another people has no right to self-determination". This also applies to Greek nationalism and its state. The strategic bloc of America-Israel-Greece-Cyprus (1+3) has joint political responsibility for the genocidal war. The Greek bourgeoisie, along with the middle classes associated with it, is tied to the imperialist plan of a "New Middle East", of the "Greater Israel" of IMEC, of the endless slaughter and extermination of societies in the global war with the Chinese competitor and of militaristic terrorism. The Greek state is by its foundation a storming base of Western Christian capitalism. From the counter-revolutionary campaign in Ukraine, to the civil war and the war in Korea, Somalia and Afghanistan, to the thirty-year genocide of the migrant proletariat, to the last decade against rebellious Yemen, the colonial alliance for the Sahel and the NATO-Nazi front in Ukraine, the Greek army is a deadly tool of the capitalist metropolis. Revolutionary solidarity means organically connecting all resistance movements on Earth and extending every front line wherever we are. Here, in the Greek-NATO territory, solidarity with Palestine means civil class war. The same is true, of course, for all collaborative Arab and Islamic regimes. The Greek bourgeoisie, with its political parties, technocrats and academics, cynically defends the strategic support for the genocidal war in Palestine in the name of the national interest. This is nothing new. Kostas Simitis had supported the bombing of Yugoslavia with the slogan 'Greece first'. Eternal collaborators, lackeys of the ruling power. Such is capitalist morality, which demands national collective responsibility for its heinous crimes, with the vote of the working classes. As Daniela Shultz said about Zionist security: "Israeli public discourse has always made the freedom of the Palestinian people — even their right to exist — conditional on the impact on Israeli 'security'. From the right, which claims that security can only be achieved through occupation and settlements, to the Zionist left, which says 'security will bring peace'". The Palestinian resistance demands the punishment of war criminals. The Greek prime minister was the first to meet with Netanyahu after he was indicted by the International Court of Justice. No Greek prosecutor has indicted Mitsotakis for harbouring an international war criminal. It was the left-wing government, with the complicity of all its current factions, that upgraded the strategic alliance with Zionism ten years ago. They bear collective political responsibility for the levelling of Gaza, for the colonisation of the West Bank, for the mass torture and indiscriminate executions of civilians in Gaza and in prisons, for the bombed hospitals, for the hundreds of murdered doctors, nurses and journalists, for the schools, mosques and churches that have been turned from shelters into mass graves. All of this has the signature of the slogan, 'Greece first'. In the same national spirit, right-wing and left-wing governors are demanding that the working classes make further sacrifices to arm Western European imperialism, openly provoking an inter-imperialist war. A few days ago, the Greek Minister of War advised the European peoples to be prepared to see their children in coffins, implying that the Greeks are already prepared to receive their youth in coffins. The punishment of these genocidal murderers is not the responsibility of the Palestinian resistance, and no court of their own system will judge them. They have been taking our measurements for a long time now, but they have miscalculated. Let us take our measures, let us nail them to the board with the same nails they have for our coffins. As Macron recently said, to survive in today's world, you have to be feared, and to be feared, you have to be strong. In solidarity with the struggle in British prisons, from Sunday 30/11 I will go on a week-long hunger strike (drinking water) and after that, for one day a week or depending on the progress of the situation of the hunger strikers who are on the front line. History has taught us that prison is a crucial field of resistance. But let's not get confused, the resisting political prisoners are a full moon on the dark side of the Earth. The sunny side is where rebellion and direct action are on the rise. Let us spread Palestine Action everywhere. Let us thicken the forest of revolutionary internationalism (with the real parallel drawn by comrade Massimo). Freedom to the fighters of Palestine Action Freedom for Elias Rodriguez and Casey Goonan Honour to the anarchist revolutionary Aaron Bushnell Freedom to all the hostages of the Zionist camp "I am afraid of hunger, of losing people, of having nothing to lose, of rivers running dry, of poisoned land, of forest fires, of the invention, manufacture, and release of bombs that can evaporate people and leave holes in the earth where they stood. I'm scared of our silence, and what it's apparently possible to normalise. I'm scared of what we can stomach. I'm scared of how easily you can be put in prison for not having money. I'm scared of war, of no one coming when we need them. But our silence, our fear, our productivity will not protect us," Amu Gib "Elbit, while you boast of how your weapons have been 'battle tested on Palestinians', our Resistance will inform you that your tests have failed. Because Gaza will rise and Palestine will never die," the hunger strikers. To our anarchist comrades of post-industrial theory: No awe is due to the rotten state capitalist technology. The algorithm does nothing real: it is merely a metonymy, a veil over sweeping death. It is deceptive and incapacitating to see power where there is nothing but self-referential fear of the innovation of life. "The difference between a nation rooted in its land and the campaigns of invasion that have repeatedly broken against the rock of its determination has not yet been understood", Popular Front for the Liberation of Palestine (No act of solidarity should be done in my name. The immediate goal is to make the British state yield in the face of the common struggle. In the Greek-NATO territory, the target is the war machine of the 1+3 alliance. As Comrade Anan said: "I am ashamed to find myself in a warm room, even in prison, while children in Gaza die of cold, hunger, and thirst". Dimitris Chatzivasileiadis Domokos Prison Greece ____________________________________________________ Per Anan Yaeesh: Il 28 novembre 2025, l'attivista palestinese Anan Yaeesh, che è stato un prigioniero politico nella Palestina occupata, sarà processato dallo Stato italiano. È accusato, senza prove, di aver collaborato con le Brigate di Tulkarem (Cisgiordania), un'organizzazione legata alle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, un gruppo armato di Fatah che resiste all'occupazione. L'UE sta combattendo in prima linea con l'occupazione sionista con tutti i mezzi a sua disposizione. Il compagno Anan ha dichiarato: "Voi volete che mi difenda dalle accuse che mi vengono rivolte, ma mi vergogno di cercare l'assoluzione da accuse che, per me, rappresentano una fonte d'onore. Non voglio difendermi dall'accusa di avere diritti e di averli rivendicati, o di aver cercato di liberare il mio popolo e il mio paese dall'oppressione coloniale. Giuro che non ho alcuna intenzione di essere assolto dalla legittima resistenza contro l'occupazione sionista. La resistenza palestinese è uno dei fenomeni più nobili che la storia conosca". Esprimo il mio rispetto per la memoria dei due martiri dell'attacco suicida a un insediamento israeliano a sud di Betlemme il 18 novembre. Come hanno scritto le Brigate Al-Shahid Abu Ali Mustafa del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina nel loro tributo, "Il nostro impegno è una vendetta eterna che non svanisce. Domani la nebbia si dissiperà dalle colline". Solidarietà all'attivista palestinese Anan Yaeesh. Libertà per gli attivisti di Palestine Action. Libertà per Elias Rodriguez e Casey Goonan. Onore al rivoluzionario anarchico Aaron Bushnell. Libertà per tutti gli ostaggi del campo sionista. Dimitris Chatzivasileiadis 27 novembre Prigione di Domokos Grecia ___ For Anan Yaeesh: On November 28 2025, the Palestinian activist Anan Yaeesh, who was a political prisoner in occupied Palestine, will be tried by the Italian state. He is accused, without evidence, of collaborating with the Tulkarm Brigades (West Bank), an organisation linked to the Al-Aqsa Martyrs Brigades, an armed group of Fateh that resists the occupation. The EU is fighting on the front lines of the Zionist occupation with all means at its disposal. Comrade Anan stated: "You want me to defend myself against the accusations against me, but I am ashamed to seek acquittal on charges that, for me, represent a source of honor. I do not want to defend myself against the accusation of having rights and having claimed them, or of having tried to liberate my people and my country from colonial oppression. I swear that I have no intention of being acquitted of the legitimate resistance against the Zionist occupation. The Palestinian resistance is one of the noblest phenomena known to history". I express my respect for the memory of the two martyrs of the self-sacrificing attack on an Israeli settlement south of Bethlehem on November 18. As the Al-Shahid Abu Ali Mustafa Brigades of the Popular Front for the Liberation of Palestine wrote in their tribute, "Our pledge is eternal revenge that does not fade. Tomorrow, fog will clear from hills" Solidarity with Palestinian activist Anan Yaeesh Freedom for the activists of Palestinian Action Freedom for Elias Rodriguez and Casey Goonan Honor to the anarchist revolutionary Aaron Bushnell Freedom for all the hostages of the Zionist camp Dimitris Chatzivasileiadis 27th of November Domokos prison Greece
Carcere
Babele
Il caso di Ahmad Saled
Ci segnalano questa importante e incresciosa notizia, che a nostra volta diffondiamo. Da https://pungolorosso.com/2025/11/19/il-caso-di-ahmad-salem-in-carcere-da-6-mesi-per-aver-chiamato-alla-mobilitazione-contro-il-genocidio/   Ahmad Salem è un giovane palestinese di 24 anni, nato e cresciuto nel campo profughi palestinese al-Baddawi in Libano, arrivato in Italia in cerca di protezione internazionale e che dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per presentare richiesta di asilo politico. Durante l’audizione davanti alla Commissione territoriale, il suo telefono è stato sequestrato e perquisito ed a Salem sono stati contestati gli articoli 414 (istigazione a delinquere) e 270 quinquies (autoaddestramento con finalità di terrorismo) del cp. Le autorità italiane, così come la stampa, lo hanno descritto come un “jihadista” che incitava all’odio e istigava a compiere atti terroristici, sostenendo che sul suo telefono fossero presenti “materiali istruttivi” utili a fini terroristici. L’intero impianto accusatorio si basa su un paio di frasi decontestualizzate estratte da un video di otto minuti pubblicato online, in cui Ahmad invitava alla mobilitazione contro il genocidio in corso a Gaza, alla sollevazione in Cisgiordania e a scendere nelle piazze in Libano; e per un passaggio del video in cui Ahmad condanna il silenzio e l’immobilismo del mondo arabo e musulmano davanti ai crimini commessi da Israele, diventa, per la Digos di Campobasso, un video di “propaganda jihadista”. Quanto ai presunti “video istruttivi”, è emerso che si trattava di filmati degli attacchi della resistenza palestinese a Gaza contro mezzi militari israeliani, gli stessi video che per mesi sono circolati su canali e mezzi d’informazione; questi si sono rivelati non contenere alcuna indicazione di natura tecnica o addestrativa come sostenuto dall’accusa; tant’è che gli stessi video diffusi dalla resistenza palestinese a Gaza sono stati a più riprese, negli ultimi due anni, pubblicamente resi accessibili e trasmessi da testate italiane tra cui Rai News, La Repubblica, La Stampa e altre. Nonostante ciò, Ahmad si trova da oltre sei mesi in carcere, in regime di alta sicurezza, a Rossano Calabro, in attesa di giudizio. I suoi legali hanno presentato ricorso in Cassazione e hanno sollevato la questione di costituzionalità dell’articolo 270 quinquies, articolo noto come “terrorismo della parola” recentemente introdotto con il “DL Sicurezza” (ex DDL 1660) ad aprile, ampliando ulteriormente il margine repressivo in Italia. 
Carcere
Stato di emergenza
Udine, 22 novembre: Sosteniamo il libro di Claudio sulle rivolte carcerarie del marzo 2020! Cena benefit
Riceviamo e diffondiamo: Le rivolte carcerarie del marzo 2020 sono state le più potenti dell’intera storia dello stato italiano e hanno mostrato un’anticipazione di una torsione autoritaria su tutta la società, fino a quel momento inedita. In risposta alla crisi sanitaria e alla richiesta di scarcerazione temporanea da parte dei detenuti, che si sentirono immediatamente in trappola, lo Stato rispose sospendendo colloqui, permessi e con altre misure punitive. In risposta alle giuste rivolte dei detenuti, lo Stato reagì sparando e manganellando. Claudio, uno dei cinque detenuti che decisero di esporsi nel 2020 presentando un esposto in cui denunciavano ciò che lo Stato aveva agito in quei giorni, ha scritto un libro che ripercorre dalla sua prospettiva gli accadimenti di quelle giornate. La pubblicazione di questo libro, che sta per approdare alla fase di stampa, rappresenta una coraggiosa presa di parola da parte di chi vive l’oppressione e non vi si rassegna. Per questo è importante sostenerla e diffonderla il più possibile. SOSTENIAMO IL LIBRO DI CLAUDIO! CENA SOCIALE BENEFIT SABATO 22 NOVEMBRE 2025 ORE 20.00 SPAZIO AUTOGESTITO DI UDINE V. DE RUBEIS 43
Iniziative
Carcere
Un cesto di pensieri
Riceviamo e pubblichiamo questo profondo testo del nostro amico e compagno Massimo, ora detenuto in regime di semilibertà nel carcere di Trento. Quello che segue contiene le motivazioni di un gesto di solidarietà, al fianco di Stecco e dei prigionieri di Palestine Action in sciopero della fame, di Anan, Alì e Mansour, dei prigionieri palestinesi.  Un cesto di pensieri In quella sorta di interregno in cui mi trovo – né libero né del tutto carcerato –, ho deciso di rinunciare per la prossima settimana alle uscite giornaliere dalla prigione, come gesto di solidarietà con le compagne e i compagni di Palestine Action in sciopero della fame nelle carceri britanniche, sciopero a cui si è unito anche il mio amico e fratello Stecco. So che stando in prigione invece di andare al lavoro non impensierisco certo l’amministrazione penitenziaria. Ma il mio messaggio non è rivolto alla direzione del carcere – a cui non ho niente da dire né da chiedere –, bensì a chi si sta battendo contro il genocidio del popolo palestinese, al fianco della sua indomita resistenza. Quello che posso offrire, insieme a questo mio piccolo gesto, è un cesto di pensieri, un pugno di parole con cui esprimere ciò che ho nel cuore. La forza che mi arriva dalle carceri britanniche – che a sua volta riflette la tenacia di quella resistenza che le prigioni e i centri di detenzione amministrativa sionisti non riescono a piegare, nonostante l’isolamento, la tortura e gli stupri – non ha solo la forma della condivisione etica e ideale, ma anche l’intensità delle emozioni che provo nel leggere le dichiarazioni di sciopero. Sono convinto – perché lo sento con tutte le fibre dell’animo – che il moto internazionale contro il genocidio a Gaza e contro il sistema globale che lo rende possibile sia un nuovo inizio, un cominciamento. In aggiunta a quello che è successo nelle strade, nei porti, nelle università; in aggiunta ai sabotaggi avvenuti di giorno e di notte, anche le proteste che collegano prigioniere e prigionieri al di là delle sbarre, dei Paesi e dei continenti ne sono un segnale importante. Innanzitutto perché tra “dentro” e “fuori” si sta creando un rapporto di reciprocità e di circolarità, non solo di sostegno da “fuori” a “dentro”. Il fatto che tra le rivendicazioni dei prigionieri per la Palestina ci sia la chiusura di tutti gli stabilimenti di Elbit Systems UK dimostra la volontà di non separare la propria sorte dalla liberazione della Palestina, la quale implica niente meno che la sovversione globale dei rapporti di potere e di sfruttamento, di cui il colonialismo d’insediamento sionista è un ganglio fondamentale. Il genocidio algoritmico del popolo palestinese è l’espressione più atroce di un sistema scientifico-militare-industriale in guerra con gli oppressi, con gli immigrati, con le donne, con i diversi, con i bambini, con tutto il vivente e ormai con gli umani in quanto tali. Se, come ha scritto Mohammed El-Kurd, ci sono «semi che germogliano all’inferno», la rivolta contro l’inferno di Gaza sta facendo germogliare un’Internazionale del genere umano. Che i terroristi di Stato strillino al «terrorismo» di fronte ai tentativi di sabotare almeno in parte la loro violenza sterminatrice significa che cominciano ad avere paura. E fanno bene. Perché i cuori ardenti, a differenza degli algoritmi, non sono prevedibili. E non sono prevedibili perché non subordinano al calcolo costi-benefici la propria ricerca della libertà e della giustizia. Come un albero non ha bisogno di vedere l’insieme della foresta per sapere che la grande quercia è stata abbattuta – perché lo avverte attraverso la fitta rete delle sue radici –, anche gli umani che si rifiutano di diventare macchine sentono la sofferenza e la gioia di altri umani che non incontreranno mai. La solidarietà tra sorelle e fratelli sconosciuti, le cui azioni e parole ci fanno vibrare, è il lievito morale di ogni Intifada, il dono più prezioso nel cesto. Forza e coraggio ai prigionieri palestinesi. Forza e coraggio ai prigionieri per la Palestina. Solidarietà con Anan, Alì e Mansour. Fianco a fianco con il mio amico e compagno Stecco. Carcere di Trento, 12 novembre 2025 Massimo Passamani
Carcere
In primo piano
Stecco in sciopero della fame in solidarietà con i “Prisoners for Palestine”
Veniamo a sapere in queste ore che il nostro compagno Luca Dolce, detto Stecco, attualmente rinchiuso nel carcere di Sanremo, inizierà da domani sabato 8 novembre uno sciopero della fame unendosi a quello intrapreso dai “Prisoners for Palestine” nelle carceri inglesi a partire dal 2 novembre. Mentre attendiamo ulteriori notizie dal compagno, quello che possiamo dire è che siamo al suo fianco esprimendogli tutta la nostra solidarietà e complicità. Seguiranno aggiornamenti al più presto. Per scrivergli: Luca Dolce c/o Casa Circondariale Sanremo Strada Armea, 144 18038, Sanremo (IM)
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Stato di emergenza
In primo piano
Cagliari, 12 novembre: presidio di fronte al tribunale
Riceviamo e diffondiamo: Il 12 novembre lo Stato italiano con ogni probabilità celebrerà il processo contro il nostro compagno Paolo e altri due nostri amici. Non sappiamo e non ci interessa sapere se siano o meno gli autori di ciò per cui vengono accusati. Come anarchici, siamo sempre solidali e complici con chi si oppone a una società che produce miseria, disuguaglianze, violenze, morte e genocidi. Ci preme sottolineare come ancora una volta il sistema tramite i suoi servi si accanisca, con continue ritorsioni e tormenti, contro chi, in libertà e in detenzione, non ha mai piegato la testa, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli, denunciando le violenze degli sbirri, le torture dello Stato che, nel carcere di Uta, nega ai prigionierx persino l’acqua potabile, contro chi svela la complicità arrogante del tribunale di Sorveglianza e dei garanti che tacciono sui soprusi e sulle torture subiti quotidianamente dai prigionierx. Per questi e per tanti altri motivi Paolo ha portato avanti uno sciopero della fame per 44 giorni tra maggio e giugno. I tribunali sono strumenti per esercitare la violenza della legalità pertanto pensiamo che il verdetto sarà usato come punizione esemplare, per mandare a loro, e a tuttx i proletari, il messaggio che non bisogna ribellarsi, ma bisogna accettare in silenzio ogni violenza e tortura dello Stato. Per questo non accetteremo i verdetti di giudici che rappresentano questo sistema assassino. Siamo solidali e complici con Paolo, Joan e Walter e non li lasceremo soli né nelle galere, né nei tribunali. PRESIDIO DI FRONTE AL TRIBUNALE DI CAGLIARI MERCOLEDÌ 12/11 ALLE ORE 9 PAOLO LIBERO TUTTX LIBERI FUOCO ALLE GALERE
Iniziative
Carcere
Imminente sciopero della fame di massa nelle carceri del Regno Unito
Da: https://calla.substack.com/p/imminent-mass-hunger-strike-across Sugli scioperi della fame precedenti, si veda qui: https://ilrovescio.info/2025/08/31/dagli-usa-al-regno-unito-da-carcere-a-carcere-comunicato-di-casy-goonan-in-sciopero-della-fame/ Imminente sciopero della fame di massa nelle carceri del Regno Unito Decine di prigionieri politici nel cosiddetto Regno Unito, che hanno sopportato mesi di abusi mirati dietro le sbarre a causa del loro sostegno alla liberazione della Palestina, annunciano la loro intenzione di avviare uno sciopero della fame. Audrey Corno, rappresentante dei Prigionieri per la Palestina (che ho intervistato il mese scorso), afferma che si tratterebbe del più grande sciopero della fame coordinato dei prigionieri nel Regno Unito dai tempi dello sciopero della fame dell’Esercito Repubblicano Irlandese/Esercito di Liberazione Nazionale Irlandese nell’Irlanda del Nord occupata nel 1981, quando dieci prigionieri di guerra furono martirizzati. Il 20 ottobre, Audrey e Francesca Nadin, entrambe in carcere per azioni dirette contro le aziende di armi sioniste, hanno consegnato una lettera al Ministro degli Interni del Regno Unito “a nome delle 33 persone ingiustamente incarcerate a seguito di azioni intraprese per fermare il genocidio in Palestina”. Hanno cinque richieste: la fine di ogni censura sulla loro posta e sulle loro comunicazioni; il rilascio immediato e incondizionato su cauzione; il diritto a un giusto processo; la rimozione di Pal Action dalla lista dei “terroristi” proibiti; e la chiusura di tutte le strutture di Elbit Systems nel Regno Unito. I prigionieri, tra cui figurano membri del Filton 24 e del Brize Norton 5 , sono detenuti senza accusa in diverse carceri del Regno Unito ai sensi del “Terrorism Act”, in alcuni casi per oltre un anno. Finora, i ricorsi per il rilascio su cauzione dei prigionieri non hanno avuto successo. Gli scioperi della fame collettivi su larga scala hanno il potere di avanzare richieste coraggiose e di vasta portata che vanno oltre il miglioramento delle condizioni immediate dei prigionieri. I Prigionieri per la Palestina ne sono chiaramente consapevoli, come dimostra il modo strategico in cui hanno integrato richieste più immediate relative ai loro casi legali e alle condizioni carcerarie in attacchi più ampi alla Elbit Systems. Ad esempio, sostengono che il loro diritto a un giusto processo dovrebbe includere la trasparenza riguardo a tutti gli incontri che hanno avuto luogo tra funzionari britannici, israeliani ed Elbit, nonché “a chiunque altro sia coinvolto nel coordinamento della caccia alle streghe in corso contro attiviste e attivisti”. In questo modo, lo sciopero della fame è una continuazione delle azioni dirette che presumibilmente hanno intrapreso contro lo stesso obiettivo nemico fuori dalle mura del carcere: stanno solo lottando su un terreno nuovo. Lo sciopero della fame segna una significativa escalation nella resistenza in risposta alla discriminazione e ai maltrattamenti estesi che i prigionieri della Pal Action hanno subito dietro le sbarre: privazione di adeguati servizi religiosi e del Corano, impedimento ai contatti e alle visite con i familiari, isolamento in strutture rurali, aggressioni violente e confisca della posta e dei beni, nonché al fallimento dei loro ripetuti tentativi di appellarsi all’amministrazione penitenziaria del Regno Unito e alle autorità governative. Si basa anche sulla scia di uno sciopero della fame di 28 giorni intrapreso con successo da Teuta “T” Hoxha , una delle 24 di Filton, all’inizio di quest’anno, quando ha esercitato una forte pressione internazionale contro la prigione di Peterborough affinché le venissero ripristinati il lavoro di posta, le attività ricreative e biblioteca. Sebbene il suo lavoro in prigione non sia stato alla fine ripristinato, Hoxha ha ottenuto il riconoscimento di tutte le altre sue richieste ed è riuscita a denunciare l’esistenza di un’Unità Congiunta per l’Estremismo (JEU) appositamente incaricata di individuare, isolare e punire i prigionieri per la Palestina. Oltre a questi successi, lo sciopero di T. Hoxha ha avuto effetti di vasta portata sul movimento internazionale di solidarietà con la Palestina, attirando un’attenzione senza precedenti sulla draconiana repressione subita dagli attivisti di tutto il mondo che hanno scelto di agire direttamente contro la partecipazione dei loro Paesi al genocidio palestinese. Nei cosiddetti Stati Uniti, i prigionieri politici Casey Goonan e Malik Muhammad hanno aderito a scioperi della fame di solidarietà con Hoxha, dopo aver subito simili attacchi e abusi politici. (E vale la pena notare che la prigioniera politicizzata Shine White è attualmente in sciopero della fame nella Carolina del Nord per ragioni simili.) La pressione e la solidarietà internazionale suscitate dallo sciopero della fame di T. Hoxha, così come il suo successo nell’ottenere le sue richieste, hanno sensibilizzato i suoi coimputati e i prigionieri politici, compresi quelli incarcerati per motivi non apertamente politici. La sua azione ha dimostrato loro che quando si lotta, si vince. Gli attivisti hanno lasciato intendere che questo imminente sciopero della fame avrebbe un più ampio sostegno da parte della popolazione carceraria in generale. “I prigionieri sono fermamente convinti di poter contare su un enorme sostegno, sia qui che a livello internazionale, e che la gente si unirà per agire in loro nome. Questo è il risultato diretto non solo delle terribili azioni del governo nei confronti dei prigionieri, ma anche della loro partecipazione attiva al genocidio a Gaza”, ha affermato il Dott. Asim Qureshi , Direttore di Ricerca presso CAGE International , partner negoziale per gli scioperanti della fame insieme a Prisoners for Palestine. “Questo sciopero della fame, se andrà avanti, sarà il primo del suo genere in almeno due decenni. Porta in primo piano la violenza del sistema carcerario nel Regno Unito, una violenza che spesso associamo a luoghi lontani. Da Guantanamo a Gaza, l’infrastruttura delle leggi autoritarie sul terrorismo costruita per imprigionare, mettere a tacere e reprimere le azioni per la Palestina e le voci che contestano guerre e genocidio deve essere smantellata”, ha aggiunto Qureshi. “I prigionieri sono il cuore pulsante del nostro movimento per la giustizia. Dobbiamo onorare i loro sacrifici e opporci alle ingiustizie che subiscono”. Audrey ha sottolineato nella nostra precedente intervista che sarebbe fondamentale dare il tempo necessario ai sostenitori esterni per prepararsi allo sciopero e massimizzarne l’impatto e la portata. L’annuncio di uno sciopero della fame collettivo con settimane di anticipo solleva la questione se questa volta parteciperanno più prigionieri internazionali e quanto crescerà. I membri del movimento dei prigionieri politici dovrebbero allertare il maggior numero possibile di compagni all’interno, in modo che sappiano che questo atto di resistenza collettiva è in atto e possano scegliere di mostrare la loro solidarietà con parole o azioni, se lo desiderano. Prisoners for Palestine e CAGE International hanno dato al governo del Regno Unito tempo fino al 24 ottobre per rispondere alle loro richieste. Lo sciopero inizierà il 2 novembre, una data di risonanza storica che segna l’anniversario della Dichiarazione Balfour del 1917, quando il Regno Unito concesse il suo sostegno ufficiale al colonialismo sionista in Palestina. Gli attivisti del movimento dei prigionieri politici di tutto il mondo dovrebbero prendere atto del modo in cui i prigionieri e i loro sostenitori si sono rifiutati di fare marcia indietro anche di fronte a un’enorme repressione, insistendo nel politicizzare ogni aspetto dello sciopero. SUI PRIGIONIERI COME SOGGETTI POLITICI Gli scioperi della fame hanno avuto un ruolo centrale nel movimento dei prigionieri palestinesi, nel movimento di liberazione nazionale irlandese, nella Frazione dell’Armata Rossa nella Germania Ovest, in Sudafrica , in India e altrove. Nel corso dell’occupazione sionista, i prigionieri palestinesi hanno intrapreso scioperi della fame di massa, spesso a migliaia alla volta, uniti da diverse fazioni politiche. Negli anni ’70 e ’80, diversi prigionieri palestinesi sono morti a causa dell’alimentazione forzata, una pratica ripristinata dall’occupazione sionista nel 2012. Questi scioperi hanno plasmato il movimento più ampio: la Rete di Solidarietà con i Prigionieri Palestinesi Samidoun, nata dallo sciopero della fame dei prigionieri del FPLP di settembre/ottobre 2011 per liberare Ahmad Sa’adat, segretario generale del partito, dall’isolamento. “Da Ansar [Palestina] ad Attica [New York] a Lannemezan [la prigione francese dove fu detenuto Georges Abdallah], la prigione non è solo uno spazio fisico di reclusione, ma un luogo di lotta degli oppressi che si confrontano con l’oppressore”, ha scritto Sa’adat . Allo stesso modo, nel 2013, i detenuti statunitensi in isolamento a lungo termine presso la prigione statale di Pelican Bay hanno organizzato uno sciopero di massa, che ha portato 29.000 prigionieri californiani a protestare, rifiutando lavoro e lezioni, e 100 detenuti in due prigioni a rifiutare il cibo finché non avessero ottenuto riforme. Nel campo di detenzione militare statunitense di Guantanamo Bay (in territorio cubano illegalmente occupato), centinaia di prigionieri hanno iniziato lo sciopero della fame e sono stati alimentati forzatamente con violenza dal 2002, con la censura militare che ha represso le notizie. Mansoor Adayfi , uno yemenita detenuto a tempo indeterminato senza accusa, ha iniziato lo sciopero della fame ed è stato alimentato forzatamente per due anni. Ora libero, collabora con CAGE International e sostiene l’imminente sciopero dei prigionieri politici nel Regno Unito, con cui parlerà in una chiamata il 25 ottobre . Lo sciopero della fame non è una tattica da prendere alla leggera. È una scelta di resistenza fatta in condizioni di prigionia, quando il corpo è l’unica arma rimasta, poiché lo Stato ha eliminato ogni altro mezzo di resistenza. Non stiamo parlando delle acrobazie performative di digiuni da uno a tre giorni intrapresi da non prigionieri, etichettati in modo ridicolo come “scioperi della fame” per Gaza. Questi sono inefficaci perché vengono condotti al di fuori del contesto della prigionia e quindi non hanno alcuna influenza; sono anche offensivi, in quanto ridicolizzano gli scioperi della fame, cooptando e annacquando quella che in realtà è una tattica disponibile solo come ultima risorsa per i prigionieri in condizioni di estrema costrizione, che a volte muoiono di una morte lenta e straziante nel corso dei loro scioperi. (Per quelli di noi che sono all’esterno, con più mezzi a disposizione per resistere, il nostro dovere non è indebolire passivamente i nostri corpi, ma rafforzarci per passare all’offensiva.) Scrivendo del rivoluzionario palestinese martirizzato Walid Daqqa e della sua lunga storia di prigionia nelle prigioni sioniste, Kaleem Hawa ha osservato come lo sciopero della fame, quando praticato in cattività, provochi un’inversione dei rapporti di potere: > “Lo [sciopero della fame] capovolge il copione abituale, della docilità come > condanna, della fame come giuria. [È] uno schiocco degli strumenti dei coloni, > un promemoria che la dignità persiste nel soggetto colonizzato, una > riconfigurazione dell’ordine coloniale sia all’interno della prigione che al > di fuori di essa… chi fa lo sciopero della fame non fugge dalla vita, ma va > verso la libertà; il suo atto ricongiunge il corpo in stasi e l’autoisolamento > verso un tutto politicamente impegnato… che insiste sul diritto di narrare la > propria prigionia”. Purtroppo, alcuni attivisti esterni hanno scelto di condannare l’atto di resistenza di T. Hoxha, definendo l’impulso a intraprendere uno sciopero della fame come suicida e quindi intrinsecamente immorale. Si sono chiesti perché avesse scelto di rischiare la vita per richieste apparentemente insignificanti come il ripristino di un posto di lavoro nella biblioteca del carcere. Non poteva semplicemente lasciar perdere? Eppure, come ha sottolineato la stessa Hoxha in un messaggio registrato a Casey Goonan: “Sappiamo entrambi che non si tratta di un posto di lavoro in biblioteca, ma del principio che lo sostiene”. L’insistenza di Hoxha sul fatto che non sia il contenuto della richiesta in sé a essere importante, ma il principio che la sostiene, è condivisa da migliaia di altri scioperanti della fame nel corso della storia, che hanno preferito rischiare e in molti casi sacrificare la propria vita piuttosto che accettare le condizioni disumanizzanti della vita in carcere. Dopo che Casey iniziò il suo sciopero della fame in solidarietà con T. Hoxha, circa due settimane dopo aver iniziato il suo, alcuni attivisti esterni negli Stati Uniti condannarono analogamente la loro azione come una forma di autolesionismo, arrivando persino a equipararla a un’overdose di droghe. Questo “autolesionismo” fu definito sia in termini fisici che legali, sebbene non politici. Poiché Casey era diabetico, si sosteneva, e la loro condanna non era ancora stata emessa, uno sciopero della fame solidale non solo avrebbe comportato gravi conseguenze per la salute, ma avrebbe anche potuto compromettere la loro causa legale. Questi attivisti esterni sostennero inoltre che non c’era nulla che i sostenitori statunitensi potessero fare per aiutare T. Hoxha, poiché era incarcerata in un altro Paese, insistendo così sul fatto che l’atto di solidarietà di Casey fosse non solo sconsiderato, ma anche inutile. I compagni che sostenevano lo sciopero della fame di Casey e sostenevano attivamente la militanza delle loro azioni furono pubblicamente calunniati e persino incolpati della dura condanna a 19 anni di carcere inflitta dallo Stato poche settimane dopo la fine dello sciopero. Tali episodi di attacco e denuncia di atti di coraggio, solidarietà e resistenza basata su principi in nome della “preoccupazione” e della “sicurezza” non sono isolati. Ironicamente, mentre queste voci affermano che sono coloro che sostengono la resistenza basata su principi a rappresentare una minaccia e un pericolo per i prigionieri, è proprio l’insistenza nel condannare e scoraggiare la resistenza alla repressione statale a rappresentare la tendenza più pericolosa di tutte. Come ha osservato Shaka Shakur, un prigioniero politico di New Afrikan, in una recente intervista : > “È una tendenza per noi [della sinistra statunitense] cercare di lottare entro > i limiti stabiliti dall’oppressore. Non puoi dire di essere anti-stato, o > anti-governativo, anti-capitalista, anti-imperialista, e che tutta la tua > organizzazione e il tuo concetto di resistenza rientrano nella legalità, nei > confini, nei limiti della tua opposizione, permettendo così alla controparte > di dettare quali siano le tue strategie e tattiche. Questo riconosce una certa > legittimità allo stesso sistema che dici di voler distruggere, abbattere o > cambiare. Quindi sei già condannato”. Nella stessa intervista, Shakur estende la sua critica al pacifismo che, a suo avviso, ostacola il progresso della sinistra statunitense in generale, alla cultura del sostegno ai prigionieri e all’organizzazione carceraria in particolare: > “Sai, penso che sia un errore tattico, un errore strategico, che quando si > parla di sostenere i prigionieri, i prigionieri politici in > particolare – beh, un movimento che dice di sostenere i prigionieri politici o > i prigionieri di guerra e che si limita a brontolare ma si rifiuta di mordere, > è un movimento farsa. È un movimento farsa. Se lo Stato sa che può entrare qui > e uccidermi, orchestrare il mio omicidio, senza alcun tipo di ripercussione > reale, o alcun effetto a catena, allora questo la dice lunga sulla serietà del > movimento che ci sostiene. E questa è una tragedia. E purtroppo, troppi di noi > ci sono caduti”. Shakur osserva inoltre come il concetto di solidarietà con i detenuti sia stato annacquato, limitandosi a fornire loro un mero supporto materiale o tecnico – ad esempio tramite l’invio di denaro o lettere – ma non politico, una critica che abbiamo sollevato anche altrove . Il risultato è che quando i prigionieri vengono presi di mira con repressione o addirittura omicidio per le loro opinioni e azioni politiche, non vi è alcuna conseguenza equivalente sul sistema carcerario da parte di sostenitori esterni. Shakur prosegue: > Quindi, quando si parla di mutuo soccorso e sostegno, dove si colloca questo > concetto rispetto ad altre cose, come altri livelli di resistenza, lotta e > azione diretta? Sapete, perché tutti i nostri anziani devono aspettare di > avere 70, 80 anni e di essere sul letto di morte per essere liberati, per > essere rilasciati? Sapete cosa intendo? E quindi, quando parliamo del concetto > di abolizione nel suo complesso, cosa significa veramente? Come possiamo > renderlo manifesto? Quali sono le fasi di sviluppo in termini di acutizzazione > di queste contraddizioni e di intensificazione della lotta e della resistenza > per realizzare effettivamente l’abolizione? Stiamo cercando di sostenere la > nostra gente, i nostri compagni in prigione, per farli stare bene, o stiamo > cercando di rendere questi figli di puttana ingovernabili? Ovvero, stiamo > cercando di mandare soldi o stiamo cercando di liberare alcune persone?”. Di fronte alla brutale repressione statale, non possiamo permetterci di lasciare che concetti di “sicurezza” o di “consulenza legale” prendano il sopravvento sulla nostra strategia politica e sulla nostra lotta collettiva. Se tutti noi diamo priorità alla nostra sicurezza individuale rispetto alla liberazione collettiva, la nostra lotta non progredirà mai. I prigionieri politici vengono incarcerati per atti politici di resistenza allo Stato, quindi la loro lotta per la libertà deve essere condotta anche su un terreno e in termini politici. La storia degli scioperi della fame dei prigionieri dimostra che si tratta in realtà dell’opposto di un impulso suicida. Si tratta piuttosto della riaffermazione della vita e dell’umanità di un prigioniero nelle condizioni più disumanizzanti immaginabili, dell’insistenza sulla propria soggettività rivoluzionaria quando lo Stato lo ha ridotto a un oggetto passivo. Per noi che siamo fuori, è nostro dovere sostenere questa narrazione e i rischi che i nostri compagni scelgono di correre, nonostante le nostre preoccupazioni personali per la loro sicurezza e il loro benessere. Il silenzio è fatale. Anche se lo sciopero di T. Hoxha e Casey ha attirato l’attenzione, molte importanti organizzazioni di solidarietà con la Palestina non hanno fatto nulla, o si sono addirittura rifiutate, di rinnovare le loro semplici richieste di chiamare e inviare email al carcere per chiedere che T. Hoxha ricevesse le cure mediche urgenti di cui aveva bisogno. A meno che il governo imperialista e genocida del Regno Unito non riacquisti improvvisamente una coscienza e non accolga le cinque semplici richieste dell’imminente e questa volta molto più ampio sciopero della fame, è nostro dovere offrire il nostro sostegno incondizionato a coloro che, all’interno, intraprendono questi atti di coraggio. Circondate le segrete dove sono tenuti prigionieri. Facciamo in modo che la loro resistenza e i loro sacrifici risuonino così forte e così ampiamente da far crollare le mura della prigione. Per concludere con le parole di uno dei 10 repubblicani irlandesi martirizzati nello sciopero della fame del 1981, Patsy O’Hara dell’Esercito di Liberazione Nazionale Irlandese: “Quando non ci saremo più, cosa direte di aver fatto? Direte di essere stati con noi nella nostra lotta o di esservi conformati allo stesso sistema che ci ha condotti alla morte?”. -------------------------------------------------------------------------------- Per aggiornamenti, seguite: * Prigionieri per la Palestina ( Instagram , Twitter , Youtube , sito web ). * Appunti di prigione di T. * Il sotto-stack di Zahra * Sottopila Filton 24 * CAGE International
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