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Non ci affidiamo alle amnesie di Nordio! Manifesto contro il rinnovo del 41-bis ad Alfredo Cospito
Riceviamo e diffondiamo: Non ci affidiamo alle amnesie di Nordio! Torniamo in piazza contro il rinnovo del 41 bis ad Alfredo Cospito! Da maggio 2022 il compagno anarchico Alfredo Cospito è stato trasferito nel regime detentivo di 41 bis. Il carcere duro che prevede una socialità estremamente ristretta, la censura permanente sulla posta e svariati divieti per l’accesso ai libri. Colloqui previsti rigorosamente per familiari autorizzati, separati da un vetro divisorio. Un’area di passeggio volta a limitarti lo sguardo con mura alte fino al cielo e una rete come soffitto. Una pressione costante dello Stato sul detenuto, i suoi familiari, i suoi avvocati. Un messaggio unico per tutti coloro che sono costretti a orbitare intorno a questo universo: quello che succede al 41 bis non può essere comunicato. L’obbiettivo è distruggere il prigioniero, torturarlo fino al punto di spingerlo alla collaborazione. Un dogma intoccabile che non viene messo in discussione nemmeno di fronte alla morte. Un regime – visto dallo stesso diritto borghese che l’ha creato come un’eccezione a sé stesso – il cui rinnovo deve per forza essere avallato dal Ministro della cosiddetta “Grazia e Giustizia”, con decreto motivato in cui si giustifica la sua proroga. Questo iter amministrativo, suonerebbe come una buona notizia considerando che il preposto a tale dicastero è Carlo Nordio. Un uomo affetto da una sbadataggine cronica, preda di amnesie folgoranti che lo portano a rimpatriare in terra d’origine, con voli di Stato, noti torturatori come il generale libico Almasri, dimentico, improvvisamente, dei mandati d’arresto pendenti su di lui da parte di corti internazionali. Purtroppo la patologia di cui è affetto il ministro risulta oggettivamente selettiva e colpisce solo quando qualche potente ha qualcosa da perdere. Quindi, per le sorti detentive del compagno Alfredo Cospito, c’è poco da sperare nella malattia di Nordio. D’altronde Alfredo non è ricercato per reati di pluriomicidio su persone in condizione di minorata difesa (detenuti nelle carceri che il generale amministrava, reclusi principalmente per aver tentato clandestinamente la fuga dagli orrori e dalla miseria dei luoghi d’origine), non è accusato di sevizie e stupri, praticati con maggior sadismo su prigionieri accusati d’ateismo od omosessualità, finalizzati all’estorsione, non è capo di bande di miliziani al soldo di potere e denaro. Soprattutto, non è accusato di aver fatto questo e altro al servizio dell’imperialismo italiano, internando e torturando i rifugiati in nostra vece e combattendo la propria parte di guerra civile per le fazioni sponsorizzate dal nostro Paese e dall’Eni. Alfredo è, invece, un anarchico che crede, come credono gli anarchici, che un po’ di giustizia, differente da quella comunemente chiamata legge, si possa realmente portare in questo mondo dannato, affetto da logiche di predominio. Per questo ha rivendicato di aver gambizzato, in una splendida mattina di maggio del 2012, uno tra i massimi dirigenti del nucleare in Italia. Alfredo è un anarchico e come gli anarchici, come la compagna Anna Beniamino, non si fanno piegare da uno Stato che prima li accusa e poi li condanna con capi d’imputazione totalmente sproporzionati, come quello di “strage politica”, rimanendo a testa alta e, seppur sottoposti a un processo farlocco, ribadendo attraverso dichiarazioni spontanee la vera natura stragista dello Stato italiano. Alfredo, quindi, non è un leader e non ricopre ruoli apicali. Gli anarchici capi e gerarchie non ne hanno. È solo un uomo coerente in un mondo nel quale la coerenza fa paura. Per questo Alfredo non godrà delle amnesie selettive dei potenti. Per tirarlo fuori dal 41 bis serve la nostra determinazione.
Carcere
Materiali
Contro il ponte, contro la repressione! Solidarietà agli arrestati No Ponte (con gli indirizzi per scrivere ai compagni e indicazioni per il sostegno economico)
Riceviamo e diffondiamo: CONTRO IL PONTE, CONTRO LA REPRESSIONE SOLIDARIETÀ AD ANDRE, BAK E GUI Negli scorsi giorni tre compagni, Andre e Bak di Bari e Gui di Varese, sono stati arrestati per eventi relativi al corteo del carnevale No ponte del 1 Marzo di quest’anno a Messina. Una manifestazione che ha dato una scossa alla lotta contro il progetto del ponte sullo Stretto, ribadendo l’inevitabilità del conflitto con lo Stato e i suoi apparati di sicurezza. Varie le accuse tra cui resistenza e lesioni gravissime. In concomitanza degli arresti sono state effettuate diverse perquisizioni, anche a casa di altre compagne e compagni, con il sequestro di materiale informatico e di propaganda. Bak è stato arrestato a Napoli ed è rinchiuso nel carcere di Poggioreale, Andre è stato trasferito oggi dal carcere di Bari a quello di Potenza come probabile ritorsione, mentre Gui è al momento rinchiuso nel carcere di Varese. Riteniamo sia di grande importanza mostrare vicinanza e affetto ai compagni privati della libertà e invitiamo tutte e tutti a scrivere lettere e telegrammi. Guido Chiarappa C/o Casa Circondariale di Varese, Via Felicità Morandi, 5, 21100 Varese (VA). Gabriele Maria Venturi C/o C.c. di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia” Via nuova Poggioreale 167, 80143 – Napoli Andrea Berardi C/o C. c. di Potenza “Andrea Santoro” Via Appia 175, 85100 Potenza (PZ) Per il sostegno economico è possibile mandare dei  contributi alla cassa anticarceraria caricando la postepay numero 4023601012012746 intestata a Daniele Giaccone (causale: solidarietà  NOPONTE). Per contattarci scrivere a: vumsec@canaglie.net SOLIDARIETÀ AD ANDRE, BAK E GUI VOGLIO UN MONDO SENZA CARCERE CONTRO IL PONTE CONTRO QUESTO MONDO Cassa Anticarceraria VUMSeC
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Tre arresti e una perquisizione per il Carnevale No Ponte
Riceviamo e diffondiamo, esprimendo solidarietà ai compagni arrestati e alla compagna perquisita: Nella sera tra il 9 e il 10 settembre, in un piccolo paese della provincia di Bari, alcunx compagnx, hanno ricevuto la notizia dell’arresto di altrx tre compagnx G., A. e G. Questx, infatti, erano statx arrestatx rispettivamente a Napoli a Bari e a Varese, tuttx con molteplici accuse relative al corteo “Carnevale No Ponte” avvenuto a Messina nel marzo 2025. Una volta ricevuta la notizia, lx compagnx hanno deciso di incontrarsi in una casa privata. Intorno alla mezzanotte, poco dopo aver raggiunto l’abitazione, lx compagnx hanno sentito bussare violentemente e ripetutamente alla porta. Sei agenti della DIGOS hanno intimato di uscire velocemente dall’abitazione. Una volta fuori hanno specificato di avere un mandato di perquisizione per la compagna S. S. assieme ad un altro compagno sono statx caricatx nelle macchine della DIGOS e condottx all’abitazione dove risiede S. Una volta entratx nell’abitazione, gli agenti della DIGOS sono raddoppiati. Inoltre è apparso evidente fin da subito che la metà degli agenti non proveniva da Bari. Come si legge dalle carte, sei di loro provenivano da Messina e l’obiettivo della perquisizione, oltre alla chiara intimidazione, era quello di recuperare materiale inerente alle indagini contro lx compagnx arrestatx. L’atteggiamento della DIGOS è stato quello di sempre, arrogante, violento e prevaricatore. L’abitazione è stata completamente rivoltata per sequestrare, oltre a due maschere di carnevale, dei poster e degli opuscoli di stampa anarchica. Intorno alle 01.30, dopo la perquisizione S., assieme ad un altro compagno, è stata portata nella questura di Bari per degli accertamenti, effettuare le foto segnaletiche e depositare le impronte digitali. S. ed il compagno che l’aveva accompagnata sono statx lasciatx liberx di andare solo dopo le 5 del mattino. Al momento G. si trova nel carcere di Poggio Reale a Napoli, A. nel carcere di Bari e G. nel carcere di Varese. Queste intimidazioni da parte dello stato non ci fermeranno. Non faremo mancare la nostra solidarietà allx nostrx compagnx detenutx. FUOCO AD OGNI GABBIA! SIAMO TUTTX NO PONTE! Per scrivere: Gabriele Maria Venturi C/o C.c. di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia” Via nuova Poggioreale 167, 80143 – Napoli Andrea Berardi C/o Casa circondariale di Bari “Francesco Rucci” Via Alcide De Gasperi 307, 70125 – Bari Chiarappa Guido Casa Circondariale di Varese Via Felicità Morandi, 5 21100 Varese (VA)
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Stato di emergenza
Dagli USA al Regno Unito, da carcere a carcere. Comunicato di Casy Goonan in sciopero della fame
Ringraziando chi l’ha fatta, pubblichiamo la traduzione dello scritto con cui Casey Goonan, prigioniero politico dell’intifada studentesca statunitense (accusato dell’incendio di un’auto della polizia in risposta agli sgomberi delle accampate) annuncia di unirsi allo sciopero della fame di T. Hoxha, prigioniera politica di Palestine Action nel Regno Unito (contro alcune restrizioni che le sono state imposte in prigione). Qui un articolo di Samidoun che spiega le due vicende e la situazione attuale: https://samidoun.net/2025/08/call-to-action-political-prisoners-for-palestine-on-hunger-strike-from-britain-to-the-u-s/ Qui un sito di supporto a Casey Goonan: https://freecaseynow.noblogs.org/   Oggi ho saputo di T. Hoxha, una prigioniera di Pal Action nel Regno Unito, al 16° giorno di sciopero della fame presso il carcere di Peterborough. Alle 16:00 (ora della costa orientale) del 26 agosto 2025, 2 delle sue 3 richieste sono state accolte, ma è ancora in sciopero per chiedere al carcere di rilasciare la posta che le è stata trattenuta. Come prigionieri incarcerati per la nostra partecipazione al movimento di liberazione palestinese in Occidente, abbiamo la responsabilità reciproca, oltre i confini, di vivere la nostra vita in prigione con la stessa fermezza del movimento dei prigionieri palestinesi tenuti prigionieri nelle prigioni “israeliane”. Gli stati da cui siamo stati catturati sono i facilitatori del genocidio accelerato dei palestinesi da parte dell’entità sionista, così come dei genocidi in corso dei neri e degli indigeni, le cui terre continuano a occupare. Mentre la sinistra occidentale continua a passare da una crisi all’altra, evitando le proprie responsabilità nei confronti della Palestina, noi siamo tutto ciò che abbiamo. Con noi mi riferisco a chi subisce la repressione per il suo sostegno alla Palestina, a chi si sta davvero sacrificando. Come T. Hoxha, che ha sofferto 16 giorni di fame solo per ricevere la posta. Il movimento di solidarietà con la Palestina in Occidente non può abbandonare persone come lei, che hanno rischiato la vita e continuano a farlo per resistere all’intollerabile condizione di genocidio. Da oggi, io e uno dei miei compagni di cella siamo in sciopero della fame nel carcere di Santa Rita finché le sue richieste non saranno soddisfatte. Solidarietà a T. Hoxha e a tutti i prigionieri del movimento di solidarietà con la Palestina! Abbattete i muri! Liberate tutti i prigionieri dell’impero dei coloni! Casey Goonan
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Stato di emergenza
Sugli ultimi gravi fatti nel CPR di Macomer
Riceviamo e diffondiamo con rabbia: Da https://rifiuti.noblogs.org/post/2025/08/28/riguardo-al-ragazzo-salito-sul-tetto-per-protesta/ A PROPOSITO DEGLI ULTIMI FATTI ACCADUTI AL CPR DI MACOMER La condizione all’interno dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) è caratterizzata da violenze e abusi sistematici. Nonostante le promesse di riforma e miglioramento, le politiche razziste dello Stato italiano e del capitalismo ed imperialismo europeo non solo persistono, ma si intensificano. Il mese di agosto ha visto episodi di pestaggi, mancate cure adeguate e torture, confermando che l’unico cambiamento accettabile è la totale demolizione di queste strutture disumane. Uno degli episodi più recenti ha coinvolto un giovane detenuto in uno dei tre blocchi del CPR di Macomer. Per protestare contro la mancanza di cure necessarie, il ragazzo è salito sul tetto del centro. In segno di solidarietà, un compagno di cella, dopo che si è accorto che erano stati chiusi i citofoni per comunicare con l’esterno, ha tentato di raggiungerlo, ma durante il tentativo è caduto, fratturandosi la mano. Un altro loro compagno non poteva muoversi, perché stava male dopo che aveva ingerito delle batterie e delle lamette, sempre come atto di protesta, senza aver ricevuto nessun tipo di cure al pronto soccorso. Nel frattempo, la situazione si è rivelata una trappola: un’ambulanza è stata chiamata per convincere il ragazzo sul tetto a scendere, promettendo assistenza medica. Una volta sceso con l’aiuto dei vigili del fuoco, è stato brutalmente pestato da un gruppo di 15 tra finanzieri anti-sommossa e operatori del centro, utilizzando anche bastoni. I suoi compagni hanno riferito che è stato massacrato. L’ambulanza, complice in questo inganno, è ripartita vuota, ingannando anche i compagni del ragazzo, che credevano stesse per essere portato all’ospedale San Francesco di Nuoro. La mattina seguente, è emerso che il giovane, dopo il pestaggio, era stato trasferito in un altro blocco, separato dai suoi compagni e senza ricevere le cure necessarie. LA LOTTA PER LA SOLIDARIETÀ Ieri, come nostra consuetudine, abbiamo cercato di portare solidarietà direttamente fuori dalle mura del CPR. Tuttavia, l’accesso è diventato sempre più complicato. A differenza delle carceri, il CPR è più isolato e militarizzato. Al nostro arrivo, l’unica strada per farsi sentire era già presidiata. Abbiamo tentato di trovare un’altra via, ma le speranze erano scarse, poiché avevamo già compreso che l’accesso a un punto idoneo per la nostra solidarietà era stato bloccato. Nonostante fossimo distanti dal centro, i carabinieri ci hanno seguito con tre volanti, bloccandoci, identificandoci e denunciandoci per violazione del foglio di via da Macomer, lo strumento con cui l’ex questore di Nuoro, Alfonso Polverino, ha provato ad allontanarci da quel lager. Dopo le perquisizioni personali e dell’auto, abbiamo sentito per telefono il nostro compagno, che era stato picchiato dopo la protesta sul tetto. Era contento perché finalmente stava arrivando un’ambulanza, ma anche questa volta si è rivelato un inganno. Allora abbiamo provato a contattare il 118 e abbiamo parlato con gli operatori dell’ambulanza, i quali ci hanno rimbalzato al CPR, affermando che senza la loro chiamata non potevano intervenire. Abbiamo tentato di contattare il centro, ma non abbiamo ricevuto risposta. Abbiamo richiamato l’ambulanza, ribadendo per l’ennesima volta che una persona in gravi condizioni necessitava di assistenza. L’operatore ci ha risposto: “Il ragazzo ci ha chiamato, lo sappiamo. Ma il medico della struttura ha visitato il ragazzo e ha detto che non c’era bisogno del nostro intervento”. A quel punto, abbiamo richiamato il nostro compagno, il quale ha smentito quanto detto dall’operatore: era stato visitato da un infermiere tunisino, non da un medico. Siamo certi che sia stato messo a tacere dopo un brutale pestaggio eseguito da 15 infami finanzieri anti-sommossa e operatori del centro. Questa situazione mette in luce un sistema gerarchico che esiste anche all’interno della sanità, dove una catena di scarico di responsabilità legittima il mancato soccorso per una persona gravemente ferita. LA COMPLICITÀ DEL SISTEMA Prefettura, sbirri, personale medico, ente gestore: siete tutti complici di queste torture. Chi confida ancora nel loro lavoro per migliorare le condizioni all’interno del CPR è parte di questo sistema oppressivo. Ancora una volta le politiche razziste dello Stato italiano e del capitalismo ed imperialismo europeo trovano applicazione, tramite le ordinanze della Questura e Prefettura di Nuoro, per cui una porzione significativa del territorio di Macomer risulta interdetta ai civili e a qualsiasi manifestazione di solidarietà e dissenso verso i prigionieri, su cui viene praticata una violenza feroce ed incontrollata, tramite colei che può essere definita la Lager Kommandant, Elisabeth Rijo, e i suoi sgherri. La zona rimane aperta per gli accessi dei politici, Ghirra, Licheri, Salis e compagnia, che cercano di consolidare la loro inutile e squallida carriera politica con l’aiuto di varie associazioni compiacenti, a cui è permesso accedere per effettuare attività di controllo e “dissenso” e che, di fatto, rafforzano la facciata cosiddetta “democratica” dello Stato, nascondendo quello che succede realmente all’interno del lager. SOLIDALI E COMPLICI CON I DETENUTI IN RIVOLTA. I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO.
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Stato di emergenza
Roma, 11-12 ottobre: Assemblea nazionale contro il rinnovo del 41-bis ad Alfredo Cospito
Riceviamo e diffondiamo: Chiamata per un’assemblea nazionale in solidarietà con l’anarchico Alfredo Cospito in vista dalla scadenza dei termini del regime di 41 bis del prossimo anno e della sua potenziale proroga (Roma, 11 ottobre 2025) FUORI ALFREDO DAL 41BIS – ASSEMBLEA NAZIONALE Sono più di tre anni che il nostro compagno Alfredo Cospito è rinchiuso in quella “tomba per vivi” che è il 41bis. Nel frattempo gran parte dei pretesti repressivi utilizzati per applicarglielo sono venuti meno, visto l’esito di alcuni procedimenti giudiziari che vedevano imputati lui e altri anarchici. Entro maggio del prossimo anno è previsto da parte del ministero il rinnovo di questo regime per altri due anni. A seconda della decisione la difesa potrà fare ricorso, una procedura che potrebbe richiedere mesi prima della fissazione di una udienza. È proprio in vista di tale scadenza che tra varie individualità e collettivi anarchici, nonostante le differenze, abbiamo sentito l’esigenza di ritrovarci per discutere e ragionare assieme su come arrivare a quella data. Dal momento del suo trasferimento nella sezione 41bis del carcere di Bancali è nata una mobilitazione che è andata man mano crescendo, raggiungendo il suo apice ben dopo l’inizio dello sciopero della fame avviato da Alfredo nell’ottobre del 2022. Vari sono i processi imbastiti oggi dallo Stato contro i compagni e le compagne che hanno partecipato in vari modi a quella mobilitazione che pur con i suoi limiti è ugualmente riuscita a ridare credibilità e visibilità alle idee e alle pratiche anarchiche. Ma ad oggi il compagno è ancora lì rinchiuso e continuiamo a sentire la responsabilità di non lasciarlo solo in questa lotta. Per questo invitiamo le individualità e i gruppi anarchici a due giorni di dibattito e confronto. L’incontro si terrà a Roma presso il CSA La Torre, in via Bertero 13, a partire dalle ore 15 di sabato 11 Ottobre, con possibilità di proseguire l’assemblea nella mattinata del giorno seguente.Per arrivare con i mezzi pubblici prendere o la linea 341 da Ponte Mammolo (metro B) o la 311 da Rebibbia (metro B) e scendere all’ultima fermata di via E. Galbani. Qui la chiamata in pdf per la stampa:  ASSEMBLEA-NAZIONALE1 ASSEMBLEA-NAZIONALE2
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Aggiornamenti su Alfredo Cospito e proposta contro il blocco della posta
Riceviamo e diffondiamo: Da diffondere il più possibile! Per rompere l’isolamento a cui l’anarchico Alfredo Cospito* è sottoposto tramite il blocco praticamente totale della corrispondenza, rilanciamo qui la chiamata a mandargli cartoline e lettere… in questo periodo di spostamenti vacanzieri, ecc. potrebbe arrivare corrispondenza a lui diretta da molte amene località! Questa ennesima chiamata a scrivere al nostro compagno è motivata anche dagli aggiornamenti che ci giungono da Bancali, visto che Alfredo valuta estremamente opportuno continuare e incrementare l’invio di corrispondenza a lui diretta: anche senza tracciabilità, anche solo cartoline con o senza mittente… se ne arrivassero in numero considerevole darebbero un bell’impegno a chi è preposto a bloccargli la posta. Si è valutato poi che in questo momento la tracciabilità della corrispondenza a lui destinata non sia necessaria quanto lo è stata fino ad ora visto che Alfredo ha accumulato più di 30 trattenimenti di corrispondenza certificata su cui deve esprimersi il Magistrato di Sorveglianza, che però sta tardando a farlo (normale per quanto riguarda Bancali, a detta dell’avvocato che assiste numerosi reclusi in quell’istituto). Infine, a margine della questione “corrispondenza”, il prossimo 14 settembre ci sarà un’udienza inerente al “giudizio di ottemperanza” nei confronti del carcere di Bancali: si tratta di un procedimento in cui il magistrato valuta se il carcere non è in grado di fare rispettare un’autorizzazione concessa ma che non viene realmente resa possibile. Si tratta dell’accesso di Alfredo alla biblioteca dell’istituto, che era stata autorizzata senza che però ne abbia potuto beneficiare. Se danno ragione ad Alfredo il giudice designerà altra figura differente dal personale penitenziario per fare sì che l’autorizzazione venga rispettata. Facciamo anche nostra la proposta di “Iniziativa in solidarietà ad Alfredo contro il blocco della posta” formulata dai/dalle compas di S’Idea Libera di Sassari per dare ulteriore sviluppo  al tentativo di inceppare uno dei dispositivi di isolamento applicati nei confronti di Alfredo: un’occasione in più perché, superata questa “fase estiva” di invio di cartoline e lettere senza modalità coordinate, si provi a dare continuità sul lungo periodo all’impegno nel dimostrare ai suoi carcerieri che Alfredo non sarà mai solo! INIZIATIVA IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO CONTRO IL BLOCCO DELLA POSTA In relazione alla situazione di censura, blocco e isolamento di Alfredo in 41 bis a Bancali, vorremmo condividere questa proposta di iniziativa. Nel tempo sono state diverse le occasioni in cui, in forma individuale o organizzata, si è cercato di rompere l’isolamento tramite la corrispondenza. In questo momento, in cui ci sembra importante battere il ferro con costanza, abbiamo pensato a un’iniziativa che abbia come obiettivo quello di sostenere Alfredo tramite la corrispondenza e dargli un po’ di continuità per avere un certo impatto, o provare ad averlo. La proposta è la seguente: ogni realtà, collettivo o individuale, che abbia voglia di aderire si prende l’impegno di inviare almeno 7 cartoline ad Alfredo in una determinata settimana. In questo modo, quante più adesioni ci saranno, tanto più riusciremo a garantire una “copertura” nel tempo con una certa continuità. Proponiamo questa modalità organizzativa: 1. le realtà, individuali o collettive, possono mandare la propria disponibilità alla mail evaliber2@inventati.org entro l’1 settembre. 2. sulla base delle disponibilità butteremo giù un calendario, per cui a ogni realtà sarà data una settimana di riferimento in cui inviare le cartoline/lettere ad Alfredo. L’indirizzo per scrivere ad Alfredo è: Alfredo Cospito C.C. “G.Bacchiddu” Strada Provinciale 56, n°4 Località Bancali 07100 Sassari Rompiamo l’isolamento! Spazio Sociale S’Idea Libera (Sassari) Cassa AntiRep delle Alpi occidentali * Alfredo Cospito è un compagno anarchico in carcere dal 2012. Inizialmente arrestato e condannato per il ferimento dell’Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare, sta ora scontando una condanna a 23 anni di reclusione emessa nell’ambito del processo “Scripta Manent” in cui sono stati imputati (e alcune e alcuni tra loro anche condannati) vari anarchici e anarchiche. Dopo la sua assegnazione al regime detentivo del 41bis nella primavera del 2022, Alfredo ha intrapreso uno sciopero della fame durato 6 mesi contro il 41bis e l’ergastolo ostativo che, grazie anche all’energica mobilitazione internazionale che ha accompagnato la sua iniziativa, ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica l’aberrazione di questo regime carcerario e della condanna a morire in carcere rappresentata dall’ergastolo ostativo. Alfredo è tuttora rinchiuso nel 41bis di Bancali (Sassari), e il rinnovo o meno della sua assegnazione a tale regime avverrà la prossima primavera. La finalità del 41bis è chiara: annientare fisicamente e psicologicamente gli individui che ci finiscono. Nel caso di Alfredo è evidente una progressiva limitazione nelle già esigue possibilità di vivibilità stabilite per tale regime detentivo: blocco della corrispondenza da/per l’esterno, impossibilità di accedere alla biblioteca interna (autorizzazione che Alfredo aveva avuto dalla Direzione), blocco dei libri regolarmente acquistati in libreria tramite il carcere (come prevede il regime del 41-bis) e di altri beni, come farina o indumenti, di uso quotidiano. ps: Per chi fosse interessat*, sono state stampate delle cartoline contro il 41bis che si possono richiedere alla mail: cassantirepalpi@autistici.org
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A proposito del carcere di Varese
Riceviamo da un nostro corrispondente questo testo, proveniente dal carcere di Varese. Al di là del merito delle critiche mosse all’amministrazione carceraria, ci sembra il caso di divulgare questo spaccato della vita all’interno di questo e molte altre carceri, dando voce a chi spesso ne viene privato insieme alla sua libertà. Di seguito quanto ricevuto:   «Ho ricevuto e riscritto col computer questa lettera da un […] ospite della casa circondariale di Varese, via Felicita Morandi. Non essendoci in quella struttura il “ garante dei detenuti “invio a voi lo scritto. La firma è probabilmente falsa (per motivi intuibili) ma il resto è vero , come potrete verificare, per esempio, intervistando parenti all’uscita dei colloqui (attualmente mercoledì e sabato, all’ incirca fra le ore 10.30 e le 14,30).»   A proposito del carcere di Varese 1. La direttrice non incontra i detenuti e non consente “percorsi di inserimento” 2. Terapie psichiatriche a volontà : per abuso di medicinali , recentemente , sono morti tre ragazzi. Nel carcere c’è una percentuale altissima di stranieri e quasi tutti si sottopongono a terapie che poi spacciano fra loro e agli italiani in cambio di tabacco e di spesa 3. Reparto infettivi: non esiste, come non esiste spazio riservato ai tossici 4. Autolesionismo: molti ingoiano lamette o batteria: invece di essere richiamati, invece, ottengono, per essere calmati, tabacco o sigarette 5. Spaccio : rispetto all’ esterno i prezzi sono maggiorati almeno del 150 %. Per arrivare all’assurdo che due mazzi di carte ( che da action trovi a meno di due euro, e che i parenti non possono fare entrare “ perché il gioco d’azzardo è proibito “) allo spaccio costano 14 euro 6. Graduatoria lavoranti; non viene premiato chi lavora meglio, ma chi si arruffiana le guardie 7. Cortile: l’area esterna in cui potersi sfogare è di 10 metri per 10 ! 8. Giochi: esiste solo un ping pong e due biliardini rotti 9. Campo di pallavolo : i palloni da pallavolo sono bucati: il pavimento è dissestato e pieni di buche, per questo motivo sono all’ordine del giorno contusioni e fratture a caviglie, braccia e polsi (l’ultimo, ieri, 8 luglio: frattura a un piede di un marocchino) 10. Accesso al lavoro interno: Spesso si fa lavorare, come premio, chi ha compiuto atti di autolesionismo e gente in terapia. 11. Valutazione del lavoro. il lavoro non è valutato da psicologi o esperti ma in base alle simpatie della direttrice 12. Rancio : Tutte cose congelate: per ogni detenuto sono a disposizione solo 50 grammi di carne rossa ogni 15 giorni. Tutte le sere o minestra o pasta al pomodoro 13. Celle: si sta in tre in quindici metri quadrati. In realtà calpestabili sono solo cinque metri quadrati , considerando che ci sono 3 letti, 4 armadietti, 1 tavolo, 3 sgabelli, lavandino e wc In pratica uno può andare avanti e indietro sono se gli altri due stanno sdraiati a letto 14. Ore di aria limitate : si sta in cella dalle ore 17 fino alle ore 8,30 del giorno dopo: ci sono solo due ore d’aria al mattino e 2 al pomeriggio . 15. Rifornimenti dall’esterno : sono molto limitati . Vengono bloccati molte cose portate dai familiari perché si vuole che la spesa venga fatta solo al costoso spaccio interno . Ringrazio per l’attenzione 9 luglio 2025 Mario Rossi
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Un lavoretto da portare a termine. Sul 41-bis
Riceviamo e diffondiamo: Qui l’articolo in pdf: Un lavoretto da portare a termine Un lavoretto da portare a termine All’inizio del mese di luglio (2025) il tribunale di sorveglianza di Roma ha rinnovato l’applicazione del regime detentivo 41-bis a Marco Mezzasalma. Marco è stato arrestato nel 2003 ed in seguito condannato all’ergastolo per le azioni dell’organizzazione di cui faceva parte: le Brigate Rosse per la Costituzione del Partito Comunista Combattente. Le più note azioni di questa organizzazione armata furono l’eliminazione di Massimo D’Antona, presidente della commissione tecnica per la redazione di un testo unico per la disciplina del rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni del governo Amato, e di Marco Biagi, consulente del ministro del welfare Roberto Maroni per l’elaborazione della riforma del mercato del lavoro. Entrambi i giuslavoristi erano impegnati nella trasformazioni dei rapporti di sfruttamento per renderli idonei all’affermazione del modello economico neoliberista. Marco Mezzasalma, come altri due membri della sua organizzazione Nadia Lioce e Roberto Morandi, è soggetto al 41-bis da oltre vent’anni, periodo in cui l’applicazione del regime speciale gli è stata costantemente rinnovata. Il 41bis prevede la reclusione in istituti appositamente dedicati; l’isolamento; l’assenza di spazi comuni; limitazioni all’accesso all’aria e la gestione delle sezioni unicamente da parte di corpi speciali della polizia penitenziaria (GOM); la limitazione dei colloqui e l’utilizzo di vetri divisori; la censura della posta e forti limitazioni alla possibilità di studio; la totale impossibilità di comunicare con l’esterno. Si tratta quindi di una forma di detenzione finalizzata all’annientamento fisico, mentale e politico del detenuto. Dalla data del 2 marzo 2023, in cui si verificò il conflitto a fuoco che portò alla morte del combattente Mario Galesi e di un agente della PolFer, alla cattura di Nadia Lioce, ed al successivo arresto di altri membri del loro gruppo, l’esistenza dell’organizzazione PCC non si è più manifestata. Quindi è palesemente inesistente il presupposto legale per cui viene applicato il 41-bis ai tre compagni, cioè recidere i contatti tra il detenuto e l’organizzazione all’esterno, mentre è altrettanto evidente la sua non dichiarata funzione punitiva. L’accanimento con cui viene prorogato il 41-bis sembra quindi essere l’esercizio della vendetta e dell’odio di classe della borghesia verso chi ne ha messo in discussione il potere; ed essere inoltre un castigo esemplare attraverso cui si sottopone un corpo a condizioni estreme per lanciare un monito a molti altri: che sappiano cosa li potrebbe aspettare se la loro rivolta superasse determinati limiti. Il 41-bis si manifesta come sospensione (delle regole previste dall’ordinamento penitenziario), si tratta quindi dell’instaurazione dello stato di emergenza all’interno delle carceri, cioè di una misura di carattere eccezionale e provvisorio prevista per gravi motivi di ordine pubblico e di sicurezza. Nei fatti, una volta introdotta, questa misura di governo delle carceri è stata normalizzata e la sua applicazione progressivamente estesa: l’eccezione è divenuta la regola. Infatti il 41-bis, che riprende il percorso del carcere speciale (una storia sia europea che specificamente italiana legata alla repressione dell’insorgenza rivoluzionaria degli anni 70), è stato inizialmente introdotto a tempo determinato negli anni 80, ma successivamente la sua applicazione è stata costantemente prorogata ed infine è diventata stabile nell’ordinamento penitenziario. Inoltre il limite di tempo per il quale un detenuto può esservi sottoposto è stato prolungato da due a quattro anni. Ma soprattutto, per quanto riguarda la durata, è importante rilevare che le istituzioni preposte ad amministrare questa misura – la cui applicazione, dato il suo elevato livello di afflizione, era appunto prevista per periodi limitati – hanno assunto nella maggior parte dei casi la decisione di rinnovarla costantemente, ed in sostanza automaticamente, facendola diventare una pesante pena accessoria che, per molti detenuti, accompagna l’intera durata della reclusione. Questa è una grave responsabilità politica di chi gestisce il 41-bis, cioè in primo luogo del Ministro della Giustizia in carica e del tribunale di sorveglianza di Roma, ma evidentemente, risalendo l’ordine gerarchico, anche del presidente del consiglio e del presidente della repubblica che avrebbero il potere di porre fine a questa situazione disumana. Infine il 41-bis, originariamente utilizzato per contrastare “l’emergenza mafia”, dal 2002 è diventato uno strumento di repressione politica, e vi possono essere sottoposti gli accusati di delitti commessi con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico. Inoltre 41-bis si è esteso nello spazio, facendo dello Stato italiano un punto di riferimento per le politiche repressive in campo internazionale. Infatti recentemente questo modello detentivo, sperimentato in Italia, è stato proposto e preso in considerazione dalle amministrazioni dei sistemi carcerari cileno e francese. Il principale argomento utilizzato per giustificare il carcere duro è la sua utilità nel contrastare la mafia, conseguenza della diffusa quanto reazionaria ideologia antimafia. Essere contro la mafia non vuol dire essere favorevoli al carcere duro, ad esempio gli anarchici sono contro la mafia, perché qualsiasi mafia è un sistema fondato sulla gerarchia, sulla sopraffazione, sullo sfruttamento e quando lo scontro tra le classi si accende si dimostra fedele alleata dei capitalisti e dello Stato, ma allo stesso tempo gli anarchici sono per la distruzione del carcere. Basterebbe conoscere la storia degli anarchici di Africo in Calabria, della loro lotta contro la ‘ndrangheta e di come lo Stato li abbia repressi per favorire l’insediamento delle Cosche, per fugare qualsiasi dubbio in merito a questa irreversibile inimicizia, messa recentemente in discussione dalle vergognose insinuazioni del sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro. Non pretendiamo rappresentare l’opinione di tutti ma, limitandoci alle idee di chi scrive, riteniamo che l’esistenza della mafia sia indissolubilmente connaturata all’ingiustizia insita nel sistema capitalista e che quindi solo tramite la distruzione di questo sistema si potrà estinguerla. Il carcere duro invece non risolve nulla in questo senso, infatti non solo la logica punitiva ed il carcere duro non hanno evidentemente sconfitto la mafia, ma l’antimafia ha creato nuove concentrazioni di potere e rafforzato la parte più profonda e totalitaria dello Stato. Rigettiamo totalmente quindi la logica punitiva insita nella concezioni giustizialiste, tanto di destra quanto di sinistra, che arrivano a fare presa perfino in ambiti che si definiscono libertari. Questa visione, strettamente legate al pensiero dominante, si concentra sulle responsabilità individuali di fenomeni ritenuti criminali o nocivi per la società, rifiutandosi di indagarne le cause. Ragionando in questi termini i conflitti interni alla società vengono letti come un problema di legalità e la soluzione è sempre la repressione. Invitiamo a ribaltare completamente questo paradigma ed a considerare che si possono risolvere i problemi di una società solo analizzandone e comprendendone le cause originanti ed andando a ad agire su di esse. La lotta di classe quindi è l’unica soluzione possibile per avere giustizia, per un vero cambiamento della società, e anche per sconfiggere la mafia. Il 41-bis va chiuso perché è tortura, è il carcere nella sua massima espressione, e la sua funzione antimafia non lo giustifica. Inoltre il 41 bis va chiuso perché è uno strumento di guerra, pronto per per essere usato dallo Stato contro chiunque osi metta in discussione l’ordine che domina la società in cui viviamo. In un periodo di relativa pace sociale, lo Stato si è dotato di una serie di potenti strumenti repressivi, che vanno dall’apice del 41-bis, fino arrivare al decreto sicurezza approvato quest’anno. Questi strumenti non sono scollegati tra loro, ma andrebbero letti come un sistema complessivo che abbraccia l’intero spettro delle pratiche con cui si esprime il conflitto sociale, mirando a impedirgli qualsiasi possibilità di espressione che non sia totalmente sterile o recuperabile. Oggi che il pluridecennale periodo di dominio incontrastato del capitalismo occidentale è giunto al termine e sul suo orizzonte si addensano pesanti nubi che portano tempesta, il rapporto tra conflitto sociale e repressione è di stringente attualità. Segnaliamo alcune importanti questioni, che comportano l’aumento della repressione, quali la fine del mondo unipolare e la ridefinizione degli equilibri internazionali, quindi la guerra come questione fondamentale del presente e quindi la necessità di mantenere un rigido controllo del fronte interno. Altra importante questione è la diminuzione costante della richiesta di forza lavoro all’interno dell’occidente, dovuta ad una somma di cause tra cui l’introduzione di nuove tecnologie, che porta all’esistenza di masse umane eccedenti rispetto alle esigenze del capitale, quindi alla necessità per chi detiene il potere di gestirle: l’aumento di repressione e controllo è la soluzione che è stata adottata. Il 41-bis è un carcere di guerra, è la punta di diamante di questo guerra di classe dall’alto verso il basso, uno strumento che oggi è rivolto conto pochi combattenti ma che è a disposizione dello Stato qualora dovesse allargarsi il conflitto. Lo sciopero della fame intrapreso dal compagno anarchico Alfredo Cospito per l’abolizione del 41-bis e dell’ergastolo ostativo, ha avuto il grande merito di fare prendere coscienza a molti, anche al di fuori del movimento, della inaccettabile esistenza del 41 bis. Questa iniziativa è stata sostenuta da una campagna di solidarietà internazionale. In previsione della decisione su un eventuale rinnovo del regime speciale di detenzione al compagno, che verrà presa dal ministro della giustizia Carlo Nordio nei prossimi mesi, è giunta l’ora di riprendere la discussione e la mobilitazione in merito a questa lotta. Un lavoro iniziato bene che dobbiamo ancora concludere… complici e solidali
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