Vale per Monza, vale per ManhattanVale per Monza, vale per Manhattan
Difficilmente un omicidio poteva suscitare una più vasta approvazione sociale di
quello attribuito a Luigi Mangione. Analizzando l’impressionante fenomeno di
vera e propria acclamazione in corso negli Stati Uniti (decine di migliaia di
messaggi di sostegno, magliette, cappellini, spille, canzoni con le parole
“deny, defend, depose” e “Free Mangione”, raccolte di fondi per le spese legali
dell’accusato, boicottaggio del McDonald’s in cui è stato arrestato…), un
consulente del “Network Contagion Resarch Institute” ha scritto queste righe
gustose: «L’uccisione di Thompson viene accolta come una specie di segnale
d’inizio di una più ampia guerra di classe».
Per comprendere un tale fenomeno bisogna capire innanzitutto chi era
l’ammazzato.
Solo l’anno scorso, UnitedHealthcare, di cui Brian Thompson era l’amministratore
delegato, ha fatturato 22 miliardi di dollari di profitti fatti letteralmente
sulla pelle di milioni di persone. I maggiori azionisti di UnitedHealth sono il
gigante della gestione patrimoniale Vanguard, che detiene una quota del 9%,
seguito da BlackRock (8%) e Fidelity (5,2%). Le tre formule standard – rese
celebri dai proiettili con cui Thompson è stato tirato giù dalle spese –
attraverso le quali la società nega la copertura assicurativa per le cure
mediche non valgono soltanto per interventi chirurgici particolarmente costosi.
Quel “deny” è una risposta automatica per un sacco di gente e ogni giorno.
Lontano dai quartieri di lusso, in quegli ectoplasmi che non sono né campagne né
città, ma hinterland in mezzo al deserto, commesse, pulitori, operai, rider
fanno la fila per entrare in farmacie indistinguibili dai supermercati, con la
guardia armata all’entrata, in cui tutto – persino il dentifricio – è chiuso a
chiave dietro il vetro. Finita la fila, un addetto «che emana quel sottile
sentore di ammoniaca che fa pensare a una malattia endocrina» comunica che il
farmaco prescritto dal medico non può essere consegnato perché manca
l’autorizzazione preventiva da parte della compagnia assicurativa. Aggiungiamoci
anche il sentimento di essere delle cavie per l’industria farmaceutica (e per
Big data). Pensiamo per esempio alle terapie digitali, la cui
commercializzazione è stata autorizzata dalla Food and Drugs Administration nel
2017. A spingere la gente a ingerire farmaci-software dotati di nano-sensori
attraverso i quali il “tele-medico” può “monitorare” l’attività neuropsichica e
metabolica, è spesso il ricatto di evitare in tal modo una polizza assicurativa
più cara. In maniera più prosaica, dei dipendenti pubblici si trovano costretti
ad indossare un fit bit (un orologio digitale che misura il numero di passi),
altrimenti la UnitedHealthcare di turno può decidere di non assicurare chi ha
una vita considerata non sana sulla base dei dati forniti da quel fit bit…
Nella gioia per la morte di Thompson c’è tutto questo: cure negate, certo, ma
anche umiliazioni garantite da guardie armate, possibilità chiuse a chiave,
passeggiate obbligatorie, e una miseria che sa di ammoniaca.
Se poi il vendicatore è un giovane bianco, di bell’aspetto e di famiglia
benestante, laureatosi in una prestigiosa università, a cui si attribuiscono «un
manifesto politico anticapitalista», delle simpatie per Ted Kaczynski e dei modi
piuttosto gentili («Questi parassiti la devono pagare. Mi scuso per i traumi
provocati, ma andava fatto»), la sua «brutale onestà» (altra espressione
attribuita a Mangione) comunica un senso di riscatto e di speranza perché spezza
la più potente – se non la sola rimasta – ideologia contemporanea:
l’inevitabilismo.
Mettiamoci ora dal lato dei capitalisti, degli amministratori delegati e dei
tecnocrati. Al loro sentimento di costituire una razza superiore non
contribuiscono soltanto l’istruzione, i privilegi quotidiani e l’appartenenza a
una ristretta gated community. A un simile darwinismo sociale – lo stesso che ha
prodotto, storicamente, l’eugenetica – oggi si aggiunge qualcosa di inedito. La
possibilità di raggiungere, se non l’immortalità, una vita aumentata. Nel mondo
del transumanesimo realmente esistente, questa upper class spende milioni di
dollari in biotecnologie anti-invecchiamento e in medicina rigenerativa con
l’idea – che le si vende cara – di vivere fino a 120 anni. Questa nuova razza di
signori è pervasa quindi dal terrore di incidenti che possano ridurre il suo
capitale biologico, e possiede allo stesso tempo il potere di costruire una
società panottica a misura delle proprie paranoie. Per questi gated dreams, il
fantasma col cappuccio che si è materializzato in Avenue of the Americas, a
Manhattan, il 4 dicembre scorso, è un incubo umano, troppo umano.
Osservando quanto un solo gesto abbia polarizzato le passioni di un’intera
società, c’è di che riflettere. Se il giudizio di fatto è persino banale, quello
di valore non lo è affatto. Su questo abbiamo letto soprattutto formule
cautelative, distinguo, precisazioni (non richieste) di non voler fare né
apologie né istigazioni. E poi le immancabili tirate contro l’“individualismo” e
il “terrorismo”, oppure versioni “antagoniste” dell’inevitabilismo: morto un
amministratore delegato se ne fa un altro.
Per noi vale l’esatto opposto. L’azione violenta, quando è ben discriminata, va
sempre difesa. Poco importa che sia individuale o collettiva. Se, come in questo
caso, è addirittura cristallina, la difesa diventa essa stessa uno strumento di
propaganda rivoluzionaria.
È vero che a Thompson succederà un altro Ceo. Ma si può ripetere oggi quello che
l’anarchico Galleani diceva di Umberto I (il paragone non sembri esagerato,
perché il potere dei Thompson non è affatto inferiore). Il re ammazzato insegna
al suo successore se non altro la moderazione. La qual cosa va a pro di tutti
gli sfruttati. E sembra proprio questo il caso. «Appena il Ceo è stato
assassinato, Anthem Blue Cross (un’altra compagnia assicurativa) ha
immediatamente fatto marcia indietro su una nuova clausola che avrebbe messo a
carico degli assicurati eventuali tempi “extra” di anestesia». Le formule
“deny”, “delay”, “defend” si sono fatte magicamente meno arroganti, migliorando
un poco la salute degl’individui e della classe. Poteva riuscirci anche l’azione
collettiva? In astratto, sì. Nel concreto: quale?
Se ci auguriamo con tutto il cuore che i tre spari di Midtown Manhattan siano
davvero una «specie di segnale d’inizio di una più ampia guerra di classe»,
possiamo dire di Mangione quello che diciamo sempre dei nostri compagni
incarcerati: «Se è innocente, merita la nostra solidarietà. Se è colpevole, la
merita ancora di più». Anzi, per una volta, rinunciamo volentieri alle nostre
formule. Nega, difendi, detronizza. Mangione Libero!