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La GPA è violenza sui corpi delle donne
Riceviamo e diffondiamo questo lungo e utile volantino, diffuso da alcune individualità anarchiche antispeciste lo scorso 21 dicembre a Bergamo durante un presidio a favore della Gestazione Per Altri (più crudamente detta “utero in affitto”): La GPA è violenza sui corpi delle donne
January 4, 2025 / il Rovescio
Francisco Solar – Considerazioni sulla libertà
Riceviamo e pubblichiamo questo testo, la cui versione originale è uscita qui (https://informativoanarquista.noblogs.org/post/2024/12/24/chile-consideraciones-sobre-la-libertad-escrito-del-companero-anarquista-francisco-solar/), del compagno anarchico Francisco Solar. Libertà come tensione parmanente, come esigente ricerca di coerenza, come rispetto della parola data, come conquista tramite l’azione. Insomma, l’esatto contrario della “libertà” (tecno-)liberale.   Considerazioni sulla libertà Qui la versione in pdf: considerazioni sulla liberta imp La libertà è, senza dubbio, un principio fondamentale all’interno dei diversi discorsi e tendenze anarchici. Costituisce l’asse cartesiano da cui partire per elaborare proposte, progetti e pratiche, a incominciare dal concetto per cui l’esistenza di un potere centralizzato determina le differenti oppressioni che sottomettono le comunità e gli individui. È lo Stato, o qualunque altra espressione del potere, ciò che genera e fortifica in sostanza questo sistema di sfruttamento e tutte le sue conseguenze. I tentacoli, le realizzazioni e le manifestazioni di quest’ultimo puntano in diverse direzioni – in modo ogni volta più impercettibile – raggiungendo praticamente la totalità degli aspetti della vita delle persone. Intendendo la libertà come un processo permanente di riappropriazione graduale delle nostre vite, in cui si cerca di eliminare qualsiasi traccia di autorità che cerchi di costringerci, così come quelle che si trovano nel nostro stesso comportamento, essa non costituisce un punto di arrivo cui dobbiamo aspirare. Pertanto, è molto probabile che la libertà in quanto entità stabilita, come punto culminante di un percorso, non esista, chissà che non sia solo un sogno, e quindi, credo, il nostro sguardo non debba soffermarsi lì, bensì nel concetto di lotta che questo concetto contiene. Come ben disse Don Chisciotte: “Più importante è il cammino che la taverna”. Sono la costruzione di relazioni che cercano di essere libere e la distruzione di qualsiasi espressione di autorità ciò che dev’essere al centro delle nostre preoccupazioni e dei nostri compiti, poiché è tramite la pratica quotidiana e l’approfondimento di questa che ci impossessiamo di momenti di libertà. Questo non significa che deciderci a transitare per questo cammino ci converta in esseri liberi o che abbiamo raggiunto l’anelata libertà, bensì rappresenta solamente un’opzione di lotta nel tentativo di liberarci dell’autorità. Pertanto, non siamo liberi e non sappiamo se mai lo saremo, e questo senz’altro ci rende noncuranti. A questo punto mi sembra pertinente fare brevemente cenno alla distinzione tra i termini “anarchico” e “libertario” che fece l’irriverente Albert Libertad nell’articolo “La libertà” del 1907. Il primo “Non fa della libertà la causa ma piuttosto il fine dell’evoluzione dell’individuo. Non dice, anche quando si tratta del più piccolo dei suoi gesti: ‘Io sono libero’, bensì: ‘Io voglio essere libero’”. Mentre il libertario concepisce la libertà come “l’inizio e la fine di ogni cosa”, dichiarandosi libero “nei movimenti allorché il determinismo ereditario, atavico e l’ambiente rendono schiavi…”. L’anarchico, l’anarchica avrebbe chiaro che è imprescindibile lottare per la libertà, il che costituisce un conflitto quotidiano con l’autorità. Al contrario il libertario, la libertaria si sente e si crede libero, e deve difendere questa conquistata libertà. Non vede o non vuole vedere le molteplici oppressioni cui è sottomesso, derivate in gran parte dal Potere. Questa caratterizzazione dei libertari e libertarie realizzata da Albert Libertad la possiamo apprezzare nell’attualità, ad esempio negli spazi che si autodefiniscono “sicuri”, nell’ottica della costruzione di “bolle di libertà” che sarebbero scevre da qualsiasi forma di autorità. Questi spazi, secondo i e le loro difensori, sarebbero alieni alle molteplici nocività dell’“esterno”, facendo convergere la maggior parte dei propri sforzi nell’evitare – in ipotesi e ingenuamente – l’intromissione di “condotte nefaste” nelle proprie dinamiche interne. Intendere in questo modo la libertà, oltre a essere un’illusione, implica un rischio per qualunque posizionamento conflittuale, nella misura in cui pensa e propone l’esistenza di esperienze libere nel contesto della più completa e assoluta dominazione. I rischi di un’illusione Il Potere nelle sue differenti forme si trova presente in praticamente tutti i nostri comportamenti, perché nell’attualità siamo, consciamente o inconsciamente, riproduttori di esso, e ciò è innegabile. Per quanti scommettiamo su una vita priva di catene, tale aspetto rappresenta evidentemente una contraddizione che dobbiamo sempre tenere chiara e presente. Implica, tra le altre cose, porci continuamente in discussione, il che è parte fondamentale della nostra lotta contro l’autorità in questo percorso interminabile che si fa a livello individuale e collettivo. Ciononostante, l’illusione di credersi “liberi”, alieni dall’oppressione, si è installato come un argomento potente per giustificare comportamenti che di certo ci debilitano e ci sottraggono, in maggiore o minor misura, credibilità. Una pratica che ha caratterizzato gli anarchici e le anarchiche nel corso della storia è l’impegno incrollabile con la parola data, cosa riconosciuta e tenuta in conto da tutte le tendenze rivoluzionarie e persino dai nostri nemici. Questa caratteristica ci ha impresso un’etica particolare che ha che fare con il fare ciò che si sostiene, con il tentare in qualsiasi maniera di essere coerenti con le nostre posizioni. Non avendo ed essendo contrari a rigidi statuti che fissino norme di comportamento, la parola è ciò che ci conferisce identità e ci fortifica, ci fornisce continuità e credibilità. Tuttavia, questa ricca eredità è cancellata con un colpo di penna attraverso il sorprendente argomento del “rispetto della libertà individuale”. Gli impegni presi sarebbero molte volte un ostacolo per lo sviluppo della supposta libertà individuale, visto che si parte dal presupposto secondo cui la priorità assoluta sono l’interesse e il desiderio personali. Ciò che chiama l’attenzione è che questi impegni non sono frutto dell’obbligazione, al contrario sono il risultato della volontà e dell’iniziativa personali. Pertanto, questo modo di intendere la libertà individuale ci fa domandare: che solidità possono avere i nostri progetti collettivi? Che serietà può tenere la nostra parola se deve sottostare ai cambiamenti del nostro stato d’animo ed emozionale? “Ho la libertà di fare ciò che ritengo conveniente, incluso, se è il caso, di mancare agli impegni presi”. Questo è l’argomento che si cela dietro questa nefasta concezione di libertà individuale, null’altro che un’infantile giustificazione dell’irresponsabilità. Questo non solo rende impraticabile qualsiasi iniziativa congiunta, visto che lascia installarsi la sfiducia, ma getta pure a mare questa coerenza che è il risultato dello storico lavoro dei compagni e delle compagne che ci hanno preceduti e che è tenuta in considerazione come parte dell’arsenale teorico-pratico che ci distingue dalle altre tendenze rivoluzionarie. Analogamente alla maniera con cui alcuni spazi si sentono sicuri e alieni da ogni forma di autoritarismo e sfruttamento, l’individuo che si crede libero intende sostenere che ha ottenuto una conquista e che deve difenderla, pertanto vede nella lotta qualcosa di superfluo che manca di senso. L’inazione, quindi, va di pari passo con questa maniera di intendere la libertà, alimentando in tal modo una convivenza pacifica con l’oppressione. Così, il conflitto con il potere è negato e addirittura criticato perché non avrebbe ragione di esistere; addirittura, molte volte viene visto come una minaccia che può pregiudicare la libertà acquisita. Un altro rischio di questa illusione libertaria ha a che fare con l’adottare comportamenti che si trovano ai nostri antipodi. Con la scusa della “libertà individuale” in non poche occasioni sono state fatte scelte che storicamente sono state contrarie alle pratiche anarchiche. Penso a quei “compagni” che decisero di andare a votare per la socialdemocrazia di fronte al timore dell’avanzata del fascismo o addirittura a coloro che, vedendosi colpiti dalla repressione, hanno collaborato con la polizia e tradito i compagni e le compagne. L’utilizzo di questo argomento è arrivato sino a casi estremi in una nefasta, interessata e opportunista maniera di intendere la libertà. In maniera sorprendente si ricorre alla “libertà” per rinforzare e mantenere le catene della dominazione. La libertà come motore per il conflitto Albert Libertad è preciso nel segnalare che “l’uomo non è libero di fare o di non fare, esclusivamente in base alla propria volontà. Impara a fare o a non fare quando ha esercitato il proprio giudizio, illuminato la propria ignoranza, distrutto gli ostacoli che lo intralciano”. Partendo da questa base, la libertà non è qualcosa di conquistato ma, come si è sostenuto, un percorso che si realizza tanto individualmente quanto collettivamente, in un processo di messa in discussione permanente che mira all’eliminazione di ogni forma di autorità. E questo percorso significa conflitto, significa lotta contro ogni passività e inazione. Comprendere che non si è liberi, che si vive sotto diverse oppressioni, costituisce per un anarchico, un’anarchica, un invito alla ribellione, al fine di rompere ognuna della catene. Rappresenta anche uno sforzo per identificare le nostre contraddizioni e cercare di superarle, comprendendo che siamo determinati da un contesto di dominazione che è indispensabile distruggere. Sebbene si abbia la chiarezza che siamo soggetti a molteplici aspetti dell’autorità, questo non ci impedisce di provare a portare avanti relazioni lontane e contrarie a ogni forma di costrizione. La lotta per eliminare l’autorità dalle nostre relazioni e dai nostri comportamenti è qui e ora, così come il conflitto contro il Potere. Ed è a partire da qui che abbiamo scelto l’informalità per organizzarci nel e per lo scontro, nella misura in cui la flessibilità e il dinamismo che la costituiscono rendano infattibile che prevalga la coercizione. “Lottiamo per essere liberi”, questa è la base del posizionamento che pone la libertà come motore della lotta e che ha spinto gli anarchici e le anarchiche a gettarsi nel combattimento con tutte le proprie forze, e che oggi è più attuale che mai. Per una costellazione di individualità e gruppi di affinità per il combattimento! Carcere “La Gonzalina” – Rancagua Dicembre 2024 Francisco Solar
December 30, 2024 / il Rovescio
Sanità e lotta di classe
Sanità e lotta di classe L’omicidio dell’amministratore delegato Brian Thompson ha illuminato in maniera addirittura abbacinante la situazione sanitaria negli Stati Uniti, situazione dominata dalle pratiche speculative delle compagnie assicurative – controllate dai giganti della finanza – con conseguenze nefaste per le persone della nostra classe sociale. In una fase storica caratterizzata dalla guerra al vivente in tutte le sue forme da parte degli Stati e del capitale, e da una presa sempre più stretta e rapace delle classi dominanti, l’accesso alle cure da parte degli sfruttati è sempre di più un terreno di scontro di classe del “fronte interno”, fra situazioni di emergenza permanenti e il ruolo sempre più invasivo dei dispositivi tecnologici nel quotidiano anche in questo ambito. Si va sempre più delineando, sulla base di un approccio riduzionista e funzionale, una “sanità per l’umanità eccedente” caratterizzata (ad esempio per la telemedicina) da un estrattivismo dei dati personali e da un approccio quantitativo che porta a rafforzare anche in questo caso un muro di divisione di classe fra inclusi (cioè la classe dominante che potrà accedere alle cure “vecchia maniera”) e esclusi. Anche in Europa è sempre più forte la tendenza ad acquisire strutture e organizzazioni sanitarie da parte di fondi di investimento, fondi pensione, fondi speculativi e compagnie generali di assicurazioni. Oltre alla cosiddetta “privatizzazione”, la finanziarizzazione della Sanità sta muovendo i suoi passi anche in Italia (il “project financing” di nuovi ospedali è l’esempio più conosciuto) e negli altri Stati europei, così come le assicurazioni private anche alle nostre latitudini propongono sempre di più pacchetti integrativi sanitari. Se poi pensiamo che il riferimento esplicito del governo Meloni sono le politiche sociali di Milei, e che il cosiddetto deficit economico viene ridotto con cure da cavallo, si può affermare che il modello statunitense è alle porte. Non in blocco, tutto in una volta, ma con la logica dei fatti compiuti. Due esempi: la creazione del Piano Strategico Nazionale, il quale si occupa – in collaborazione con Microsoft, Google e Oracle – di trasferimento dei dati della “pubblica amministrazione” (Sanità compresa) ai cloud e il passaggio da “Fondazione Med-or” a “Fondazione per l’Italia”. Qui, al ruolo fondamentale di Leonardo, si affiancano tutti i colossi del capitalismo di Stato-mercato italiano (Cassa Depositi e Prestiti, Enel, Eni, Fs, Fincantieri, Poste Italiane, Snam, Terna). Il fatto che Poste, Ferrovie, Rete elettrica diventino parte di una cosa chiamata “Fondazione per l’Italia” – per il comune giubilo di Minniti e Meloni! – non è una questione di parole. Si annunciano programmi di privatizzazione dei servizi (dentro un’economia di guerra che ha bisogno di ingenti fondi statali) da far impallidire quelli dei Letta, dei Monti e dei Draghi. Una simile tendenza rafforza ulteriormente l’approccio (tecno-)riduzionista ai corpi e conseguentemente delle cure, con maggiori costi per i pazienti, pessimi esiti in termini di salute, insufficiente quantità e qualità degli operatori medici. Il programma sanitario delle classi dominanti e degli Stati dell’UE (EU4HEALTH- 2021-2027) è stato delineato chiaramente su due architravi principali: sanità di guerra e sanità di classe. Questo risulta evidente in alcuni degli obiettivi generali che questo documento si dà: * “preparazione alla crisi” (leggi: dispositivi di guerra interni agli Stati e di controllo della popolazione) * “prevenzione delle malattie” (leggi: ingenti giri d’affari sulla salute delle popolazioni) * “digitale” (paradigma cibernetico, distruzione della sanità locale, e nuovo muro di divisione di classe sull’accesso e sulla qualità delle cure). Anche in Italia la gestione della Sanità (fra scomparsa delle strutture locali, accentramento nei grossi complessi aziendali ospedalieri, negazione e pagamento dei servizi) segue criteri sempre più accentuati di differenziazione di classe (per i proletari telemedicina e malasanità) e di repressione (contro le contraddizioni sociali e le ribellioni spontanee nei Pronto soccorsi) con l’aumento e il rafforzamento dei dispositivi polizieschi negli ospedali messi in campo dalle ultime leggi. La cura di sé e degli altri si sta mostrando sempre più chiaramente un campo di lotta di classe. E per noi, “umanità in eccesso”, la soluzione possibile non è con la Sanità dello Stato né tanto meno con quella privata. Senza nulla togliere alla necessità di fermare questo processo di aziendalizzazione e finanziarizzazione della Sanità, abbiamo sempre più bisogno di un nostro immaginario e un nostro sapere di classe; una visione altra per noi reietti di tutto il mondo, che vada dall’orizzonte verso cui ci muoviamo al differente rapporto con i corpi, con la salute e con il vivente tutto, recuperando saperi terapeutici non medicalizzati e autorganizzando nelle lotte quelle strutture per la cura di se stessi e degli altri che da secoli appartengono alle conoscenze e al saper fare della nostra classe. Saperi e modi organizzativi che da sempre sono stati repressi dagli Stati e dai privilegiati, e che hanno sempre marcato le lotte e la qualità della quotidianità di noi sfruttati. Oggi come ieri, non si inventa dal nulla l’attacco a questo mondo di morte, tanto meno l’autogestione generalizzata della vita individuale e sociale.
December 23, 2024 / il Rovescio
La guerra-informe e il rifiuto radicale
Segnaliamo questo approfondimento di Happy Hour. Pillole sintetiche dal mondo-guerra su radio Blackout. Nella puntata zero, riflessioni sulla guerra come “fondamento e orizzonte dei complessi scientifici-militari-industriali capitalisti in cui viviamo” e sulla diserzione, che oggi deve sfidare innanzitutto la religione che tutto ingloba: quella dell’ineluttabilità; senza cadere nelle trappole del nemico (ad esempio la retorica delle “uguali opportunità” con cui l’esercito israeliano si vende alla falsa coscienza democratica). https://radioblackout.org/podcast/la-guerra-informe-e-il-rifiuto-radicale/
December 20, 2024 / il Rovescio