Si cambia con la lotta, non con il voto
I referendum abrogativi previsti per le giornate dell’8 e 9 giugno, i cui
quesiti riguarderanno il reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento
illegittimo, le indennità per i lavoratori licenziati nelle imprese con meno di
15 dipendenti, i contratti a termine, la responsabilità delle aziende
committenti sugli infortuni nel lavoro in caso di appalti e la riduzione del
tempo necessario per richiedere la cittadinanza italiana da parte dei cittadini
stranieri (da 10 a 5 anni), sono ancora una volta un’arma spuntata per i
movimenti sociali.
Il gioco referendario ha le sue regole ferree. Se si tiene conto che i
referendum sono soggetti ad un meccanismo per cui vengono invalidati se non si
raggiunge il quorum del 50% + 1 oltre, ovviamente, alla maggioranza dei Sì, è
capitato molto spesso che si risolvessero in un nulla di fatto. Inoltre, la
storia ci dimostra che quand’anche sono stati soddisfatti tutti i requisiti,
ecco che in diverse occasioni le istituzioni si sono mobilitate per vanificarne
i risultati. Ne è un chiaro esempio il referendum sull’acqua pubblica, a
distanza di oltre un decennio totalmente ignorato e disatteso.
Ma la CGIL ha raccolto le firme necessarie e tutto è pronto per procedere con la
votazione.
Il sindacalismo confederale e concertativo – che da tanti anni opera per la
pacificazione sociale – persegue imperterrito il suo esclusivo interesse, non
certo quello delle classi sfruttate e oppresse. Il famigerato “Pacchetto Treu”
del 1997, che durante il primo governo Prodi aprì le porte ad un inesorabile
processo di precarizzazione del lavoro, venne sostenuto dalle stesse forze
partitiche e sindacali che oggi si sgolano per la chiamata alle urne. Al tempo
dell’approvazione del Jobs Act e della cancellazione dell’articolo 18, la triade
non fece certo i salti mortali per ostacolare le politiche del governo Renzi,
limitandosi ad una flebile protesta simbolica. Pesanti riforme neoliberiste che
sancirono tagli ai servizi e privatizzazioni, vennero accettate a cuor leggero.
L’imperativo era ed è tutt’ora chiaro: il mantenimento dei propri privilegi
conta più del domani di chi tocca con mano miseria e precarietà. La proposta
dell’ultimo quesito, se possibile è ancora più paradossale. Il pacchetto
sicurezza targato Minniti-Orlando, il daspo urbano per poveri e senza documenti,
il piano di costruire un CPR in ogni regione, gli accordi con la Libia al fine
di facilitare i respingimenti in mare, la chiusura dei porti e il blocco delle
navi delle ONG, furono opera della coalizione di centro-sinistra a guida Dem.
Non solo. I referendum sono a nostro avviso la cortina fumogena che rischia di
distogliere l’attenzione dal conflitto sociale, l’unico terreno dove sfruttate e
sfruttati possono ottenere risultati concreti.
L’unico terreno sul quale i sindacati di Stato non possono e non vogliono
impegnarsi.
Rispetto a tali dinamiche, serve una buona dose di consapevolezza e di
disincanto.
Serve aprire gli occhi sulla natura interclassista e perdente degli strumenti
offerti dalle istituzioni borghesi e impugnati dalle burocrazie sindacali.
Le leggi non sono altro che il precipitato normativo dei rapporti di forza nella
società.
Se il referendum sul nucleare del 1987, svoltosi all’indomani del disastroso
incidente alla centrale di Chernobyl, si rivelò vincente, ciò fu anche e
soprattutto grazie agli scioperi, occupazioni e imponenti iniziative di piazza.
Perché conquiste non supportate da una significativa campagna conflittuale,
risultano effimere e precarie.
Solo attraverso una mobilitazione generale e diffusa è possibile ottenere
effettivi miglioramenti delle condizioni di vita e di lavoro dei soggetti
coinvolti. Solo rifuggendo la logica della delega e praticando l’azione diretta
si può fare in modo che il governo faccia un passo indietro, ripristinando
diritti e tutele da tempo smantellate.
Rinnoviamo il nostro impegno alla partecipazione sul terreno della lotta.
Costruiamo l’alternativa dal basso!
La Commissione di Corrispondenza della FAI
Tag - referendum
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> Anarres del 23 maggio. Il Leone di Chicago. Referendum: una trappola. Fascisti
> in Barriera…
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Il Leone di Chicago
Il nuovo papa, agostiniano statunitense, per ora non gode a sinistra delle
stesse simpatie del suo predecessore, nonostante abbia le stesse posizioni sulle
donne, le persone omosessuali, trans, non binarie. Ma che dire? Prevost non è
certo un populista. Anche se, essendo noto per il proprio spiccato
antisemitismo, si è affrettato a correre ai ripari, stringendo la mano al
presidente israeliano.
Per capirne di più dobbiamo mettere in fila alcuni fattori chiave. Il primo è
sicuramente la scelta del nome, mai casuale per i papi, che danno il loro primo
segnale, scegliendo un nome adottato da un papa il cui ruolo è stato in qualche
modo cruciale. Leone XIII fu il papa della Rerum Novarum cupiditas, l’enciclica
con cui venne formulata la dottrina sociale della chiesa cattolica, basata sulla
collaborazione di classe in opposizione alla guerra di classe. In questa stessa
enciclica vi è una critica dei processi di industrializzazione, che oggi, in
tempi mutati potrebbe avere una forte eco.
Inoltre un agostiniano sul soglio di Pietro, con l’insistito ruolo della grazia
divina come necessaria ispirazione al bene, può rappresentare una forte
alternativa alle chiese evangeliche, che stanno scalzando il cattolicesimo sia
in Sud America che in Africa.
Ne abbiamo parlato con Giorgio Sacchetti, docente di storia all’Università di
Firenze
Referendum. Una trappola insidiosa
I referendum abrogativi sul reintegro sul posto di lavoro in caso di
licenziamento illegittimo, le indennità per i lavoratori licenziati nelle
imprese con meno di 15 dipendenti, i contratti a termine, la responsabilità
delle aziende committenti sugli infortuni nel lavoro in caso di appalti e la
riduzione del tempo necessario per richiedere la cittadinanza italiana da parte
dei cittadini stranieri, sono ancora una volta un’arma spuntata per i movimenti
sociali.
Il gioco referendario ha le sue regole ferree: se non si raggiunge il quorum del
50% + 1, il referendum viene invalidato, portando acqua al mulino del governo.
Non solo. In passato anche i referendum che hanno raggiunto il quorum e la
maggioranza sono stati regolarmente svuotati come una vasca da bagno quando si
toglie il tappo.
Un buon esempio è il referendum sull’acqua pubblica che, a distanza di oltre un
decennio, è stato totalmente ignorato.
Ne abbiamo parlato con Gian Maria Valent
Croci celtiche alla lapide di Ilio Baroni.
Chiamata Antifascista per una Barriera libera e solidale. No Pasarán!
Ad un mese dalla partecipata commemorazione del 25 aprile, ignoti neofascisti
hanno insultato la memoria della Resistenza sfregiando con i loro simboli di
morte la lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni.
Domenica 25 maggio ore 16,30 presidio alla lapide in corso Giulio Cesare angolo
corso Novara
Appuntamenti:
Sabato 28 giugno
dalle 10,30 alle 12,30
presidio antimilitarista in corso Palermo angolo via Sesia
Via i militari e la polizia da Barriera di Milano!
A-Distro e SeriRiot
vanno in pausa sino a settembre
Ci troverete alla Blackout fest!
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
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