Mohammad Hannoun, presidente dell’API Associazione dei palestinesi in Italia, ha
ricevuto la notifica di un Daspo urbano per un anno da Milano emesso dal
questore del capoluogo lombardo. “E’ un tentativo …
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di Marco Bertorello* Intervista a Riccardo Rudino del Collettivo autonomo dei
lavoratori portuali di Genova che racconta le mobilitazioni contro il genocidio,
la convergenza con movimenti e altri sindacati, le …
di Giuliano Santoro* La commissione Affari giuridici del Parlamento Europeo ha
respinto la richiesta presentata dal governo ungherese di revocare l’immunità
giuridica per Ilaria Salis. Parola definitiva alla plenaria dell’europarlamento
…
Riccardo Rudino, lavoratore portuale di Genova e membro del Calp, racconta la
mobilitazione attorno alla Flotilla e le reti che attorno ad essa si organizzano
di Giorgio De Girolamo e Ferdinando Pezzopane da Jacobin Italia «Se veramente
perdiamo il contatto con José e con gli altri, se si mette male per loro, si
mette male […]
Il padre del giovane massacrato dalla polizia a Bologna: “All’inizio avevo
fiducia nelle istituzioni”. “Federico quel pomeriggio ha portato fuori il suo
cagnolino, ricordo che aveva le cuffiette per la musica: è uscito fischiettando,
poi è tornato a casa e dopo è uscito di nuovo per andare a giocare a calcio. La
sera gli amici […]
Dopo esserci conosciuti ad hackmeeting 2025,
vi presentiamo la cooperativa di comunità Mussura, di Seneghe, Oristano,
Sardegna.
https://www.enotica.it/degustazioni/106-vignaioli/463-mussura.html
Interessante, sia conoscere i motivi che portano a scegliere il lavoro agricolo
come investimento sia economico che politico sulla propria terra;
ed interessante sapere che le piccole produzioni agricole spesso non hanno a
disposizione software libero per organizzarsi, ma vengono “TASSATE” da software
proprietari gestionali.
… a seguire altre puntate di approfondimento agri-tecnico
PUNTATA:
https://hackordie.gattini.ninja/randioworld/wp-content/uploads/2025/07/hod_2025_29luglio_intervista.ogg
download
 
 
 
 
 
«Ci sono oltre 90 processi aperti per le nostre azioni, rischiamo anni di
carcere» Parla Ultima Generazione: «Le strategie che adottiamo sono cambiate,
non parliamo più di blocchi stradali ma di campagne di boicottaggio. Puntiamo ad
arrivare almeno a 100mila persone» di Michele Gambirasi da il manifesto Simone
Costantini, membro del movimento di ecoattivisti Ultima […]
Intervista a Flavio Rossi Albertini, legale di Alfredo Cospito “segnalato”
all’ordine degli avvocati dalla direzione del carcere di Sassari per un saluto.
“Gli riconosco la dignità di essere umano, che è un principio cardine della
nostra cultura e gli esprimo la mia vicinanza perché ritengo ingiusto per lui il
41 bis” di Michele Gambirasi da […]
La minaccia iraniana è da tempo un consenso unanime in Israele, e la guerra
lanciata da Benjamin Netanyahu non ha incontrato alcuna opposizione. Poche
persone mettono in discussione questo consenso. Intervista a Haggai Ram, storico
israeliano, antisionista, autore del libro Iranofobia: la logica di
un’ossessione israeliana di Gwenaelle Lenoir da Mediapart.fr – traduzione di
Salvatore […]
(disegno di mattia xxx)
Georges Ibrahim Abdallah è un attivista libanese nato in una famiglia maronita.
Nel 1979 ha fondato un movimento rivoluzionario marxista-leninista in supporto
alla lotta palestinese. Arrestato in Francia nel 1984, è stato condannato
all’ergastolo nel 1987 con l’accusa di complicità con gli omicidi di un addetto
militare statunitense e di un diplomatico israeliano. Il 15 novembre 2024 un
tribunale francese ha accettato la domanda di liberazione di Abdallah, ma la
Procura nazionale anti-terrorismo ha presentato ricorso.
Anan Yaeesh è invece un palestinese, militante della seconda Intifada e in
seguito vittima di un agguato delle forze speciali israeliane. Ha lasciato il
suo paese nel 2013 e dal 2019 è rifugiato politico in Italia. Nel gennaio del
2025 è stato arrestato in Italia e Israele ne ha chiesto l’estradizione. Il
processo a suo carico è in corso e la giustizia italiana deve scegliere due
opzioni: rispettare il diritto internazionale che garantisce la tutela dei
rifugiati politici, oppure riconoscere le accuse fondate su indagini e
interrogatori condotti da uno stato straniero.
Circa un mese fa abbiamo intervistato alla Mensa Occupata di Napoli, a margine
di una iniziativa sul tema della prigionia politica dei palestinesi, gli
attivisti del comitato Free Anan e della sezione Paris Banlieue di Samidoun,
organizzazione parte di un network internazionale a supporto dei prigionieri
palestinesi nel mondo, che si batte tra le altre cose per la liberazione di
Georges Ibrahim Abdallah.
Proponiamo qui alcuni estratti della nostra conversazione. 
*     *     * 
Comitato Free Anan: Se si vuole parlare di causa palestinese in Italia, oggi, la
questione di Anan è la causa palestinese in Italia, oggi. Stiamo parlando di un
palestinese che viene accusato di aver progettato un’operazione di Resistenza a
una colonia e per questo lo stato italiano lo vuole processare. Parliamo di una
persona che viene accusata di aver resistito e che oramai da oltre un anno si
trova all’interno del carcere di Terni per questo.
In tutta una prima fase abbiamo cercato di tenere il dibattito sul caso
prettamente legale, per provare a evitare che la cosa assumesse una connotazione
esclusivamente politica, nonostante in realtà sia totalmente politica, ma era
una strategia processuale difensiva. Oramai questa cosa non c’è più: Anan sta
parlando e bisogna leggere bene le cose che dice, le sue dichiarazioni, perché
non c’è solamente un attacco all’entità sionista, c’è un attacco anche allo
stato italiano, al sistema di repressione che viene applicato dallo stato
italiano, ai regimi di detenzione differenziati, alle torture di alcuni regimi
come il 41-bis.
Anan parla di “Corte di amici” quando questa corte si relaziona con Israele. Lo
stato italiano si sta comportando come se fosse parte di un conflitto in corso,
come se ci fossero due alleati, Italia e Israele, nel corso di un conflitto.
I materiali che sta usando la corte dell’Aquila sono in larghissima parte
forniti dai servizi segreti israeliani. Sono frutto di interrogatori che sono
stati estorti a diciassette palestinesi, arrestati o rapiti, due termini che
possiamo utilizzare indifferentemente in queste circostanze. Stiamo parlando di
prigionieri che sono stati deportati all’interno del territorio palestinese
occupato, quello che chiamiamo stato di Israele, e sono stati interrogati con le
modalità che le organizzazioni internazionali denunciano da decenni: violenze,
torture, intimidazioni, abusi, anche sessuali. La cosa grave è che la Corte
dell’Aquila ha ritenuto di poter assumere questo materiale come elemento
probante all’interno di un processo: in questo modo l’Italia, sulla base di
interrogatori estorti da una entità occupante a danno di uomini e donne sotto
occupazione militare, ha costruito un capo di imputazione e un processo a carico
di un comandante partigiano.
Samidoun Paris Banlieue: In tutti questi anni di detenzione, Georges ha sempre
chiesto, attraverso il suo avvocato, la liberazione. L’ultima sua richiesta è
stata valutata l’ottobre scorso, il 7, quindi anche in questo caso l’aspetto
politico del suo processo continua a essere chiaro, nel fatto che abbiano scelto
questa data. A febbraio il tribunale di Parigi si è dichiarato favorevole per
l’ennesima volta alla sua liberazione condizionata e all’estradizione in Libano,
e questa volta non ci sarà bisogno del del beneplacito del ministero degli
Interni, una condizione che era stata messa in passato e che aveva fatto sì che
l’estradizione venisse negata.
Questa volta la sua liberazione è stata condizionata al pagamento di
un’indennità ai familiari delle due vittime, che è una cosa che Georges Abdallah
non considera come giusta, data la natura politica del suo atto, che è un atto
per la liberazione del popolo palestinese e del popolo libanese. A fine giugno
arriverà la sentenza. Noi di Samidoun continueremo la campagna, che va ormai
avanti in maniera strutturata da più di vent’anni anni, per cercare di arrivare
alla fine, e speriamo di poter vedere Georges salire su un aereo e tornare a
casa sua nella valle del Beqa’, in Libano.
CFA: Sulla figura di Anan facciamo continuamente iniziative di approfondimento,
ma ci sforziamo sempre di metterle nel contesto della carcerazione, perché la
questione dei prigionieri palestinesi è una questione fondamentale. Subito dopo
il 7 ottobre ciò che è stato detto è che tutto era stato fatto per la
liberazione dei prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane; questo è
sempre avvenuto negli anni, a partire dagli Ottanta, quando si dirottavano gli
aerei: non veniva richiesta con quelle azioni la liberazione dalla Palestina dal
fiume al mare, veniva richiesta la liberazione dei prigionieri dalle carceri
israeliane e di altri paesi. 
In Italia c’è grande supporto nella rete di compagni che si occupano di carcere
e detenzioni, ma soprattutto nel periodo in cui c’era il rischio di estradizione
di Anan abbiamo anche avuto il sostegno, per esempio, da parte di una
parlamentare dei 5 Stelle, Ascari, che si è spesa per la questione. Sappiamo
bene che il supporto che ci può arrivare da quest’area, anche quella
dell’associazionismo, della società civile, è un supporto finalizzato a far
uscire la questione dal nostro gruppo di compagni, a raggiungere un livello
mediatico più ampio. Abbiamo dei contatti anche con europarlamentari che hanno
espresso l’interesse a voler visitare Anan in carcere, ci auguriamo che questo
possa essere un apripista per una riflessione più politica.
SPB: La campagna per Georges è cominciata relativamente di recente. Una cosa che
ne ha aiutato lo sviluppo è stata proprio la lunghezza della sua condanna.
Parliamo di un militante politico arrestato negli anni Ottanta, in Francia, con
delle accuse assurde che lo collegavano all’uccisione di due diplomatici, uno
statunitense e uno sionista, due uomini che si occupavano peralto di affari
militari, erano attaché militari per le loro rispettive ambasciate.
Da subito era chiaro che si trattava di un processo politico, e la conferma è
arrivata anche decenni dopo, quando nel 1999, a seguito di pressioni dagli Stati
Uniti, il governo francese ha deciso di non liberare Georges. All’inizio degli
anni Duemila è cominciata la campagna, che in una prima fase è stata portata
avanti da organizzazioni come il Soccorso Rosso internazionale e altri compagni
come quelli del collettivo Palestine Vaincra, che tra l’altro è stato sciolto
recentemente dal governo francese dopo una battaglia legale durata un paio
d’anni. Parliamo di compagni che si trovano per lo più a Tolosa, e che sono
geograficamente più vicini alla prigione di Lannemezan.
Col tempo la campagna è cresciuta, ha coinvolto molte organizzazioni. Ha un
livello chiaramente politico, dovuto al fatto che Georges è un militante
comunista, che non ha mai rinunciato alle sue convinzioni, e che anzi anche dal
carcere ha sempre parlato e studiato, è intervenuto nel dibattito sui processi
di lotta in Francia, per esempio sul tema dei Gilet gialli, e che ovviamente si
esprime su tutto quanto succede in Palestina e Libano. E poi c’è un elemento che
riunisce le forze progressiste, che è quello di lotta contro il carcere, contro
la persecuzione politica.
Nel 2014 anche Ahmad Sa’dat, segretario generale del Fronte popolare per la
liberazione della Palestina, si è espresso pubblicamente per la liberazione di
Georges, ha scritto di lui come di un combattente della causa palestinese, parte
del movimento dei prigionieri, la cui liberazione è un elemento fondamentale per
la vita politica della Palestina.
Samidoun Banlieue è un gruppo decisamente giovane, ha la capacità di attrarre
soprattutto la gioventù araba di Parigi e delle banlieue circostanti. Abbiamo
compagni di varie estrazioni politiche che hanno la priorità di portare la voce
dei prigionieri palestinesi di tutte le fazioni; parliamo di compagni che sono
in quartieri popolari come Belleville, Ménilmontant, Massy, quindi la periferia
sud di Parigi, proprio per questo abbiamo scelto questo nome, perché la
composizione è quella e perché il nostro sguardo non è solo sulla città di
Parigi, ma su tutto quello che c’è che c’è attorno. (redazione napolimonitor)