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28 giugno. Via i militari! Per una Barriera libera e solidale
Sabato 28 giugno ore 10 antimilitaristi in corso Palermo angolo via Sesia Vivere in periferia non è mai stato facile. Oggi va ancora peggio: ovunque si allungano le file dei senza casa, senza reddito, senza prospettive. Per mettere insieme il pranzo con la cena in tanti si adattano ad una miriade di lavori precari, sottopagati, in nero, senza tutele. Ovunque si allunga la lista dei morti e dei mutilati sul lavoro: non sono incidenti ma la feroce logica del profitto che si mangia la vita e la salute di tanta gente. In questi ultimi anni i ricchi sono diventati ancora più ricchi, mentre chi era povero è diventato ancora più povero. Il prezzo di gas e luce è raddoppiato, tanta gente è sotto sfratto o con la casa messa all’asta. Se non ci sono i soldi per il fitto e le bollette, la tutela della salute diventa una merce di lusso che possono permettersi in pochi. Così dal 2015, ben prima della pandemia, per la prima volta dal 1945, l’aspettativa di vita nel nostro paese si è ridotta. Barriera di Milano, ormai da anni, è divenuta un laboratorio dove sperimentare tecniche di controllo sociale prima impensabili, pur di non spendere un soldo per la casa, la sanità, i trasporti, le scuole. In questi anni la spesa militare è costantemente aumentata, le missioni all’estero delle forze armate italiane si sono moltiplicate. I militari fanno sei mesi in missioni militari all’estero, sei mesi per le strade delle nostre città. Tante missioni sono in Africa, dove le bandiere tricolori sventolano accanto a quelle gialle con il cane a sei zampe dell’ENI, la punta di diamante del colonialismo italiano. La guerra per il controllo delle risorse energetiche va di pari passo con l’offensiva contro le persone in viaggio, per ricacciarle nelle galere libiche, dove torture, stupri e omicidi sono fatti normali. In Barriera tanti sono immigrati o figli di immigrati arrivati dal sud come i cerignolesi della piazza del mercato. Poi sono arrivate altre persone, nate in Africa, in Cina, in Sudamerica: i loro figli e nipoti vanno nelle stesse scuole e negli stessi giardinetti dei figli e dei nipoti degli immigrati degli anni Sessanta. Tanti degli attuali abitanti delle Barriera sono arrivati su un barcone e sono passati dalle prigioni in Libia e dagli hotspot in Italia. Il governo e i fascisti soffiano sul fuoco della guerra tra poveri italiani e poveri immigrati, per avere mano libera a fare la guerra a noi tutti. Nei quartieri poveri il controllo militare è diventato normale. Anzi! Ogni giorno è peggio. Intere aree del quartiere vengono messe sotto assedio, con continue retate di persone senza documenti o che vivono grazie ad un’economia informale. Torino da città dell’auto si sta trasformando in città dei bombardieri e vetrina per turisti. Una vetrina che i poveri che passano ore ai giardinetti non devono sporcare. L’aspirazione ad una socialità non mercificata va repressa. Il governo a tutti i livelli punta il dito sulle persone più povere, razzializzate, con il continuo ricatto dei permessi, per nascondere la guerra sociale che ha scatenato contro tutti i poveri, italiani e nati altrove, schierandosi a fianco dei padroni grandi e piccoli. Il controllo etnicamente mirato del territorio mira a reprimere sul nascere ogni possibile insorgenza sociale. Da quando i militari dell’operazione “Strade Sicure”, sono stati inviati i Barriera di Milano, l’area di corso Palermo limitrofa al mercato di piazza Foroni è stata costantemente militarizzata: in corso Palermo angolo via Sesia stazionano stabilmente mezzi dell’esercito e un’auto pattuglia della polizia o dei carabinieri. Da aprile i militari sono anche in largo Giulio Cesare. Per cosa? Per spostare di qualche centinaio di metri i pusher? Per alimentare la favola che se si cacciano gli spacciatori, poi, per magia, Barriera diventa come la Crocetta? Eppure. Basterebbe farla finita con il proibizionismo, consentendo la vendita delle sostanze, con tanto di etichetta e foglio informativo in appositi negozi, per farla finita con le mafie e la disperazione dei tossici. E diminuirebbero drasticamente le morti causate da sostanze tagliate male, velenose, pericolose. Con la lotta, la solidarietà il mutuo appoggio, possiamo far si che le nostre vite diventino migliori. Riprendiamoci gli spazi del quartiere militarizzati e resi deserti dalla polizia e dai militari. Proviamo ad immaginare di farla finita, sin da ora, con stato, padroni, militari, polizia. Ci raccontano la favola che una società complessa è ingovernabile dal basso mentre ci annegano nel caos della gestione centralizzata e burocratica delle scuole, degli ospedali, dei trasporti. Costruiamo insieme assemblee territoriali, spazi, scuole, trasporti, ambulatori autogestiti! Non è un’utopia ma l’unico orizzonte possibile per liberarci dallo stato e dal capitalismo. La sicurezza è casa, reddito, sanità per tutte e tutti, non soldati per per le strade!
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Il 2 giugno dei Senzapatria
Il 2 giugno contestiamo le cerimonie militariste, la retorica patriottica, la guerra e chi la a(r)ma Lunedì 2 giugno ore 16 Appuntamento in via Garibaldi angolo piazza Castello (se piove in piazza Palazzo di Città) Ogni 2 giugno la Repubblica celebra sé stessa con esibizioni militari, parate e commemorazioni. Con gli anni questa “festa” ha assunto una sempre più marcata connotazione nazionalista e militarista. Il governo di estrema destra alimenta la retorica identitaria, i “sacri” confini, l’esaltazione della guerra. Anche quest’anno il governo usa le cerimonie militari del due giugno per giustificare enormi spese militari, l’invio delle armi e l’impegno diretto dell’Italia nelle missioni militari all’estero, dall’Ucraina all’Africa. Guerre, stupri, occupazioni di terre, bombardamenti, torture, l’intero campionario degli orrori umani, se compiuto da uomini e donne inquadrati in un esercito, diventa legittimo, necessario, opportuno, eroico. Le divise da parata, le bandiere, le medaglie, la triade “dio, patria, famiglia” non sono il mero retaggio di un passato più retorico e magniloquente del nostro presente, ma la rappresentazione sempre attuale dell’attitudine imperialista e neoconiale dello stato italiano. Contestare attivamente queste cerimonie è la chiave di volta per impedire che diventi normale la presenza dei militari per le strade della nostra città, che diventi normale che qualcuno uccida, bombardi, stupri, occupi e devasti territori in nostro nome. Mentre l’Europa – e il mondo – fanno una precipitosa corsa al riarmo è sempre più necessario mettersi di mezzo, inceppare gli ingranaggi, lottare contro l’industria bellica e il militarismo. La guerra insanguina vaste aree del pianeta in una spirale che sembra non aver fine. A tre anni dall’accelerazione violenta impressa dall’invasione russa dell’Ucraina il conflitto si inasprisce sempre di più. A Gaza è ripresa la pulizia etnica volta alla deportazione dei gazawi. Se si aggiungono il conflitto nel Mar Rosso, il moltiplicarsi degli attacchi turchi in Rojava, i massacri degli alewiti in Siria, le tensioni per Taiwan, il perdurare dei conflitti per il controllo delle risorse nel continente africano dal Sudan al Congo, il rischio di una guerra, anche nucleare, su scala planetaria è una possibilità reale. I paesi europei, indeboliti da tre anni di guerra e dal conseguente aumento della spesa energetica, hanno intrapreso un processo di riarmo, che potrebbe aprire a nuove pericolose escalation belliche. La guerra non è più così lontana come un tempo. I potenti che si contendono risorse e potere, sono indifferenti alla distruzione di città, alla contaminazione dell’ambiente, al futuro negato di tanta parte di chi vive sul pianeta. Le macerie sono solo buoni affari per un capitalismo vorace e distruttivo che ha una sola logica, quella del profitto ad ogni costo. Uomini, donne, bambine e bambini sono solo pedine sacrificabili in un gioco terribile, che non ha altro limite se non quello imposto dalla forza di oppress e sfruttat, che si ribellano ad un ordine del mondo intollerabile. Il prezzo delle guerre lo pagano bambine e bambini, uomini e donne massacrati ed affamati in ogni angolo del pianeta. Lo paghiamo noi tutti stretti nella spirale dell’inflazione, tra salari e pensioni da fame e fitti e bollette in costante aumento. Il governo italiano si è schierato nella guerra in Ucraina inviando armi, e dispiegando 3.500 militari nelle missioni in ambito NATO nell’est europeo e nel Mar Nero. L’Italia è impegnata in ben 43 missioni militari all’estero, in buona parte in Africa, dove le truppe tricolori fanno la guerra ai migranti e difendono gli interessi di colossi come l’ENI. L’Italia vende armi a tutti i paesi in guerra, contribuendo direttamente alle guerre di ogni dove. Torino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte. La nostra città è uno dei maggiori poli dell’industria bellica aerospaziale. Ed è a Torino che sorgerà la Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino. La Città dell’Aerospazio ospiterà un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei del Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO. Progetti di morte che è impegno di tutt* inceppare. Occorre capovolgere la logica perversa che vede nell’industria bellica il motore che renderà più prospera la nostra città. Un’economia di guerra produce solo altra guerra. Provate ad immaginare quante scuole, ospedali, trasporti pubblici di prossimità si potrebbero finanziare se la ricerca e la produzione venissero usate per la vita di noi tutti, per la cura invece che per la guerra. La corsa alla guerra uccide anche in tempo di “pace”. La mancanza di prevenzione e cura per tutti è intrinsecamente omicida. La guerra non dichiarata ai migranti uccide ogni giorno lungo le frontiere del Belpaese. La guerra è anche interna. Il governo con una forzatura inedita, da stato di polizia, ha trasformato il disegno di legge 1236 in decreto, che in questi giorni viene convertito in legge. Colpi sempre più forti a chi lotta nei CPR e nelle carceri, a chi si batte contro gli sfratti, a chi occupa, a chi fa scritte , a chi blocca una strada o una ferrovia, a chi sostiene e diffonde idee sovversive. Il governo risponde alla povertà trattando le questioni sociali in termini di ordine pubblico: i militari dell’operazione “strade sicure” li trovate nelle periferie povere, nei CPR, nelle stazioni, sui confini. A Torino il comitato per l’ordine e la sicurezza ha dichiarato zone a sorveglianza rinforzata Barriera, Aurora, San Salvario, il centro cittadino. Il governo di estrema destra alimenta la retorica identitaria, il militarismo, l’esaltazione della guerra. In periferia retate e controllo etnicamente mirato del territorio sono la normalità di vite sotto costante assedio. Le scuole e le università sono divenute terreno di conquista per l’arruolamento dei corpi e delle coscienze. Solo un’umanità internazionale potrà gettare le fondamenta di quel mondo di libere ed uguali che può porre fine alle guerre. Oggi ci vorrebbero tutti arruolati. Noi disertiamo. Noi non ci arruoliamo a fianco di questo o quello stato imperialista. Rifiutiamo la retorica patriottica – anche quando veste l’abito buono europeista – come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche, funzionali agli interessi del capitalismo. In ogni dove. Non ci sono nazionalismi buoni. Noi siamo al fianco di chi, in ogni angolo della terra, diserta la guerra. Facciamo nostro l’insegnamento del “disfattismo rivoluzionario”: siamo solidali con chi si batte contro il proprio governo, perché noi lottiamo contro il nostro . Vogliamo un mondo senza frontiere, eserciti, oppressione, sfruttamento e guerra. Coordinamento contro la guerra e chi la arma antimilitarista.to@gmail.com
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25 maggio. Imbrattata la lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni: presidio antifascista
Croci celtiche alla lapide di Ilio Baroni. Chiamata Antifascista per una Barriera libera e solidale. No Pasarán! Domenica 25 maggio ore 16,30 Presidio antifascista alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni in corso Giulio Cesare, angolo corso Novara. Ad un mese dalla partecipata commemorazione del 25 aprile, ignoti neofascisti hanno insultato la memoria della Resistenza sfregiando con i loro simboli di morte la lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni. Gli esponenti dell’estrema destra xenofoba e razzista sono il braccio armato dei padroni, i loro fedeli servitori, la loro manovalanza prediletta. Gli artefici di questa vile provocazione sono gli stessi che quotidianamente soffiano sul fuoco della guerra tra poveri italiani e poveri immigrati. Provano a metterci gli uni contro gli altri perché sanno che divisi siamo più deboli e sfruttabili. Strizzano l’occhio alle politiche repressive del governo Meloni, ovverosia gli eredi diretti della dittatura del Ventennio che varano leggi speciali come l’ultimo decreto sicurezza che imprime una svolta sempre più autoritaria e liberticida al paese. Applaudono l’incalzante militarizzazione dei territori, le retate e i controlli etnicamente mirati contro i senza documenti, le reclusioni nei CPR, le deportazioni coatte e le migliaia di morti nel Mar Mediterraneo. Ci conducono dritti verso la guerra, sostenendo la corsa al riarmo e agitando il tricolore che rischia di essere la nostra rovina e la nostra tomba. Ma la gente di Barriera di Milano, i nati qui così come i nati altrove, vivono gli stessi problemi, la stessa condizione di sfruttamento e di oppressione, la stessa di chi combatté armi alla mano il fascismo perché voleva una società senza stato né padroni. Barriera è afflitta dall’aumento del prezzo del fitto e delle bollette. È afflitta da lavori precari e pericolosi, salari miseri e ritmi insostenibili. È afflitta da continue minacce di sfratto. È afflitta dai tagli e dalle privatizzazioni dei servizi sociali fondamentali (sanità, scuola, trasporti, ecc). Non ci sono i soldi per casa, educazione, prevenzione e cura. In compenso ce ne sono in abbondanza per far scorrazzare polizia e militari per le strade delle periferie. Oggi come ieri, solo un ampio fronte di lotta contro il nemico comune può consegnarci un mondo di libertà e di uguaglianza. Un manipolo di invasati può anche imbrattare un pezzo di storia della lotta di liberazione dal nazifascismo ma non può certo cancellarlo. La storia di Ilio, la storia degli Arditi del Popolo, la storia dei rivoluzionari di Barriera, risuona ancora nelle lotte di ciascun* di noi, e continuerà a farlo a lungo! Per questo motivo vogliamo scendere in strada e vogliamo farlo in tant*. Vogliamo trovarci e riconoscerci, esprimere tutta la nostra rabbia contro l’ennesimo attacco al cuore del quartiere, a chi quotidianamente lo abita e lo attraversa. Vogliamo ripristinare la lapide e continuare a tenere viva la memoria, facendone un’arma per la trasformazione radicale dell’esistente. «Gli unici stranieri, i fascisti nei quartieri!» Federazione Anarchica Torinese Assemblea Antimilitarista – Torino
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Venerdì 16/5. Transfemminismo e anarchia
Anarchia e transfemminismo Un universale plurale che spezza i generi in un’irriducibile molteplicità di percorsi individuali. Venerdì 16 maggio ore 21 in corso Palermo 46 Presentazione dell’opuscolo della Fat e del Germinal di Trieste con alcun* autor* I nostri corpi degeneri, abbattono le frontiere tra gli Stati, lottano contro il nazionalismi ed ogni identità escludente, frantumano le tante leggi del padre, del padrone, degli dei e dei loro preti. Qui potete leggere e scaricare liberamente i testi: https://www.anarresinfo.org/transfemminismo-percorsi-e-prospettive/ https://germinalts.noblogs.org/post/2025/02/19/non-ci-puo-essere-anarchismo-senza-femminismo/ E qui il PDF: transfemminismo e anarchia Federazione Anarchica Torinese Corso Palermo 46 – riunioni ogni martedì ore 20,30 – www.anarresinfo.org
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