Con i disertori russi ed ucraini, per un mondo senza frontiere ed eserciti
Sabato 22 febbraio
giornata di lotta antimilitarista!
Ore 11 presidio al Balon
Fermiamo la guerra dall’Ucraina a Gaza, dal Sudan al Kurdistan, dallo Yemen al
Congo…
Sono passati tre anni dall’invasione russa dell’Ucraina e il conflitto si
inasprisce sempre di più.
Le guerre insanguinano vaste aree del pianeta in una spirale che sembra non aver
fine. Con la terribile guerra in Medio Oriente, il conflitto nel Mar Rosso, il
moltiplicarsi degli attacchi turchi in Rojava, le tensioni per Taiwan, il
perdurare dei conflitti per il controllo delle risorse nel continente africano,
il rischio di una guerra, anche nucleare, su scala planetaria è una possibilità
reale.
Opporsi concretamente è un’urgenza ineludibile.
La guerra in Ucraina ha nel proprio DNA uno scontro interimperialistico di
enorme portata.
Il prezzo di questa guerra lo pagano le popolazioni ucraine e russe.
Lo pagano oppositori, sabotatori, obiettori e disertori che subiscono pestaggi,
processi e carcere.
Lo paghiamo noi tutti stretti nella spirale dell’inflazione, tra salari e
pensioni da fame e fitti e bollette in costante aumento.
Il governo italiano si è schierato in questa guerra inviando armi, arrivando a
schierare 3.500 militari nelle missioni in ambito NATO nell’est europeo e nel
Mar Nero.
L’Italia è impegnata in ben 43 missioni militari all’estero, in buona parte in
Africa, dove le truppe tricolori fanno la guerra ai migranti e difendono gli
interessi di colossi come l’ENI.
L’Italia vende armi a tutti i paesi in guerra, contribuendo direttamente alle
guerre di ogni dove.
Torino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia.
Un’economia di morte.
La nostra città è uno dei maggiori poli dell’industria bellica aerospaziale.
Ed è a Torino che sorgerà la Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per
l’industria bellica aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal
Politecnico subalpino. La Città dell’Aerospazio ospiterà un acceleratore
d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei del Defence
Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della
NATO.
Progetti di morte che è impegno di tutt* inceppare.
Occorre capovolgere la logica perversa che vede nell’industria bellica il motore
che renderà più prospera la nostra città. Un’economia di guerra produce solo
altra guerra.
Provate ad immaginare quante scuole, ospedali, trasporti pubblici di prossimità
si potrebbero finanziare se la ricerca e la produzione venissero usate per la
vita di noi tutti, per la cura invece che per la guerra.
La guerra è anche interna.
Il governo risponde alla povertà trattando le questioni sociali in termini di
ordine pubblico: i militari dell’operazione “strade sicure” li trovate nelle
periferie povere, nei CPR, nelle stazioni, sui confini.
Il comitato per l’ordine e la sicurezza ha dichiarato zone a sorveglianza
rinforzata Barriera, Aurora, San Salvario, il centro cittadino.
Come se non bastasse il ministro della Difesa ha annunciato la costituzione di
una “riserva”, un corpo di 10.000 militari volontari in addestramento perenne
che possono essere richiamati per far fronte a qualsiasi “emergenza” interna.
Il governo di estrema destra alimenta la retorica identitaria, i “sacri”
confini, l’esaltazione della guerra. Le scuole e le università sono divenute
terreno di conquista per l’arruolamento dei corpi e delle coscienze.
In Russia e in Ucraina c’è chi lotta perché le frontiere siano aperte per chi si
oppone alla guerra.
Noi facciamo nostra questa lotta contro le frontiere, per l’accoglienza di
obiettor, renitent, disertor* da entrambi i paesi.
Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rigettiamo i vergognosi
giochini di Trump, Putin e dell’UE sulla pelle di popolazioni stremate dalla
guerra, messe a tacere da regimi, che in Russia come in Ucraina, gettano in
galera chi vi si oppone concretamente.
Solo un’umanità internazionale potrà gettare le fondamenta di quel mondo di
libere ed uguali che può porre fine alle guerre.
Oggi ci vorrebbero tutti arruolati.
Noi disertiamo.
Noi non ci arruoliamo a fianco di questo o quello stato imperialista. Rifiutiamo
la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro
pretese espansionistiche. In ogni dove. Non ci sono nazionalismi buoni.
Noi siamo al fianco di chi, in ogni angolo della terra, diserta la guerra.
Vogliamo un mondo senza frontiere, eserciti, oppressione, sfruttamento e guerra.
Tag - Appuntamenti
23 febbraio 2025 ore 15 – ritrovo al capolinea del Tram 3 alla Vallette Tornare
sotto le mura del carcere è – a nostro avviso – qualcosa di impellente e…
Torino
Giovedì 20 febbraio
ore 21
alla Fat
corso Palermo 46
“La rivoluzione sconosciuta. Il movimento anarchico nelle lotte per
l’emancipazione sociale in Russia” di Volin, edizioni Zero in Condotta.
Presenta il libro Enzo Papa, traduttore e curatore dell’edizione italiana..
Volin, anarchico, tra i protagonisti della rivoluzione russa, ci restituisce
l’immagine viva di una rivoluzione sociale, in cui la dimensione autogestionaria
e libertaria dei Soviet viene soffocata poco a poco alla dittatura bolscevica.
Non senza una forte resistenza.
Il teorico e rivoluzionario anarchico, Vsevolod Michajlovič Eichenbaum, detto
Volin, racconta la storia della Rivoluzione russa dal 1825 al 1939, con i suoi
due sommovimenti del 1905 e del 1917, che egli ha vissuto come militante
attivamente impegnato negli eventi. Potendo disporre di documenti e
testimonianze di prima mano, Volin descrive, dal punto di vista anarchico – con
lucidità e con rara finezza d’analisi -, tutto il processo del movimento
rivoluzionario russo, dalla nascita dei Soviet all’annientamento del movimento
anarchico da parte dello stalinismo passando per l’ascesa al potere dei
bolscevichi, la rivolta dei marinai di Kronstadt o ancora l’epopea
insurrezionale di Nestor Machno.
Il libro, oltre che alle presentazioni, lo trovate alla FAT oppure può essere
richiesto a http://www.zeroincondotta.org/
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
www.anarresinfo.org
Diffondiamo: In Puglia abbiamo 2 CPR: Bari Palese e Brindisi Restinco. Nel corso
degli anni entrambi hanno conosciuto la rabbia di chi ci era reclus3, entrambi
sono stati dati alle…
Riceviamo e diffondiamo: Il 21 gennaio, nel CPR di Gradisca d’Isonzo, la paura e
l’isolamento hanno cambiato campo. Dopo due giorni di scontri, diversi fuochi
sono stati accesi nella notte.…
🛂 Stato di Polizia
📌 Sabato 25 gennaio
dalle 15 alle 17,30
Punto info in piazza Carlo Felice di fronte alla Stazione di Porta Nuova.
Porta Nuova, che assieme a San Salvario, Torino Centro, Aurora e Barriera di
Milano è ” Zona a sorveglianza rinforzata” sino al 30 aprile.
🟢 Zone rosse, daspo, militari per le strade, leggi speciali contro
l’opposizione politica e sociale
🟣 Il governo sperimenta nuovi meccanismi di esclusione e controllo degli
indesiderabili. Muri invisibili ma concreti segmentano le città, separando chi
può accedere liberamente nelle aree più pregiate e chi deve esserne tenuto
fuori.
Con le zone rosse e il daspo urbano il ministro dell’Interno ha arricchito la
cassetta degli attrezzi della polizia di nuovi strumenti, che le forze del
disordine statale possono utilizzare senza neppure scomodare un magistrato.
La stretta securitaria, collaudata inizialmente a Bologna e Firenze, a dicembre
si è estesa a Milano e Napoli, e con l’anno nuovo ha investito Roma, dove la
morsa poliziesca durante il giubileo è imponente. A Torino il sindaco annuncia
un approccio più “morbido”: niente zone rosse ma aree a “sorveglianza
rinforzata”, come a Roma. Difficile cogliere le sfumature di fronte alla
declinazione sabauda delle direttive governative. Nei fatti, dal 27 gennaio al
30 aprile saranno zone rosse Porta Nuova, San Salvario, Torino centro, Aurora e
Barriera di Milano.
Nei fatti le forze di polizia possono allontanare con la forza chiunque, assuma
“atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti”. Va da se che
gli “atteggiamenti” non sono atti e, quindi gli uomini e le donne in divisa
mandano via le persone il cui modo di stare in strada sia considerato, a loro
arbitrio, indesiderabile.
🔵 Queste direttive sono solo l’ultimo tassello del mosaico
repressivo del governo, che colpisce ogni forma di contestazione e lotta
politica e sociale.
Il DDL 1236 – ex 1660 – approvato alla Camera in settembre ed oggi in
discussione alla commissione giustizia del Senato si inserisce nel solco già
aperto da altri provvedimenti (i decreti rave, Cutro, immigrazione, Caivano) che
colpiscono i poveri, gli stili di vita non conformi, gli stranieri senza
documenti. Le misure contro la socialità non mercificata, quelle contro i
profughi e i migranti, l’affondo verso i giovani, la repressione dei movimenti
di lotta sono le architravi del progetto repressivo del governo.
🟠 Il DDL 1236 infligge colpi sempre più duri a chi lotta nei CPR e nelle
carceri, a chi si batte contro gli sfratti, a chi occupa, a chi fa scritte su
caserme e commissariati, a chi blocca una strada o un treno, a chi fa picchetti
sui luoghi di lavoro, a chi sostiene e diffonde idee sovversive.
Si criminalizzano i movimenti climatici, sociali e sindacali, anticarcerari e no
border e si cerca di bloccarli, infliggendo lunghe pene detentive per
banalissime pratiche di lotta politica e sociale.
La logica di classe e di repressione verso chi cerca di cambiare il mondo
intollerabile in cui viviamo è connaturata con l’ordinamento giudiziario
democratico: ma i provvedimenti adottati da questo governo la rendono sempre più
spudorata e violenta.
Quest’insieme di nuove leggi rende sempre più forti i poteri di polizia,
riducendo le pur esili tutele alla libertà di espressione, movimento,
opposizione sociale.
🔴 L’articolo 31 del DDL 1236 permette ai servizi segreti di entrare a far parte
di organizzazioni terroristiche, cercando di assumerne il controllo, nella
certezza dell’anonimato e dell’impunità per i reati commessi. Dulcis in fundo
questi agenti provocatori legalizzati possono costruire e detenere bombe.
Finisce la favola dei servizi segreti “deviati”, le mele marce che hanno
burattinato, con la complicità dei fascisti, le tante stragi di Stato che hanno
insanguinato il nostro paese negli anni
Settanta ed Ottanta. Oggi, con i fascisti al potere, stanno per ottenere la
licenza di strage. Di Stato. Per Legge.
Lo stesso articolo prevede l’obbligo, di fatto, anche per università ed enti di
ricerca di collaborare con i servizi segreti, inclusa la possibilità di derogare
alle normative sulla riservatezza.
⚫ In generale il fortissimo aumento delle pene, l’introduzione di nuovi reati,
la meticolosa scelta dei soggetti da colpire e di quelli da tutelare sono il
segno distintivo del DDL 1236. Più galera per molti, ma non per tutti, perché la
trama dei vari provvedimenti di Meloni è esplicitamente autoritaria e di classe.
Le lotte nelle carceri e nei CPR vengono perseguite in modo più duro perché chi
le attua è dipinto come costitutivamente criminale, illegale, fuori norma. A
questo governo non basta massacrare di botte, privare di ogni dignità, vuole
seppellire in carcere chi da vita a rivolte nei luoghi di reclusione.
Questo governo vuole mettere a tacere qualunque protesta, introducendo
nell’ordinamento un reato collettivo, equiparato a quelli di mafia e terrorismo,
che persegue anche le azioni non violente come lo sciopero della fame.
Dalla criminalizzazione pubblica dell’opposizione politica e sociale scaturisce
il reato di “terrorismo della parola”.
🟡 Questi dispositivi si configurano come diritto penale del nemico, pur
mantenendosi in una cornice universalista.
Il diritto penale del nemico è informato ad una logica di guerra. In guerra i
nemici vanno annientati, ridotti a nulla, privati di vita, libertà e dignità.
Per il nemico non valgono le tutele formali riservate ai cittadini.
Quando la logica bellica si applica al diritto, alcuni gruppi umani vengono
repressi per quello che sono più che per quello che fanno. L’intera azione
dell’esecutivo è informata a questo principio. Un principio sulle cui fondamenta
sono stati costruiti i lager nazisti e i gulag staliniani. La definizione del
“nemico” interno è squisitamente politica ed è appannaggio di chi detiene il
potere di decidere chi mantiene le prerogative del “cittadino” e chi ne è
privato perché considerato individualmente e collettivamente incompatibile con
il nuovo ordine che il governo sta costruendo.
Un ordine che non ha neppure bisogno delle famigerate “leggi eccezionali” del
1926 per colpire la libertà di scioperare, di scrivere e dire la propria, di
lottare per casa, salute, libertà, dignità.
Le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all’interno di una
società. Oggi i fascisti al governo si sentono forti e giocano tutte le carte a
loro disposizione per assicurarsi il totale controllo politico e il
disciplinamento sociale.
🟢 Il governo effettua una manovra a tenaglia, muovendosi contemporaneamente su
più fronti. Oltre al piano squisitamente repressivo, Meloni punta ad una riforma
istituzionale che renda ancora più forte l’esecutivo, e persegue un’egemonia
culturale, che vede la scuola, i media e il territorio come spazi di conquista.
Il fascismo sta tornando. Usano la cornice democratica per dare una secca svolta
autoritaria al paese: segno che la democrazia è solo illusione di libertà e
giustizia sociale.
🟣 Fermarli è ancora possibile. Occorre rinforzare le reti ed i movimenti che si
battono contro la svolta autoritaria e, insieme, mantenere fermo l’impegno
contro la guerra, il militarismo, il patriarcato, le frontiere, lo sfruttamento,
la devastazione ambientale, il nazionalismo.
Il tempo è ora.
🏴 Federazione Anarchica Torinese
Assemblea Antimilitarista – Torino
riunioni, aperte agli interessat, ogni martedì alle 20,30 in corso Palermo 46
Crisi climatica e azione diretta
Strumenti di ricerca, misurazione, analisi e lotta
Venerdì 31 gennaio
ore 21 alla FAT
corso Palermo 46 Torino
Interverrà il fisico Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale
di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze
Polari del CNR.
Che sia in atto un cambiamento climatico con un’accelerazione senza precedenti,
da quando il pianeta è abitato da forme di vita strutturate in comunità è un
dato ormai privo di dimostrazioni opposte. Le estese analisi e i risultati cui è
pervenuto il lungo lavoro della comunità climatologica portano a una conclusione
unica: il clima sta cambiando a una velocità tale per cui le forme di vita
vegetali e animali (inclusa quella umana) vengono poste in seria difficoltà di
adattamento. Adattamento fisico, chimico, biologico, sociale e migratorio sono a
rischio, sottoposti a forzanti indotte dalla produzione industriale, alimentare
e trasportistica sempre più energivora.
Variazioni di concentrazioni di elementi (CO2 in primis in atmosfera e nei mari)
e pochi gradi in più di aumento delle temperature atmosferiche, marine e del
suolo portano a collassi repentini e imprevedibili in un sistema regolato da
equilibri stabili ma altrettanto caotici. Ricerche e studi sul clima, mai
abbastanza supportati e sovvenzionati rispetto ad altre discipline tecnologiche
e belliche, basano le loro analisi su una comunità di ricerca competente,
distribuita e in continuo contatto e confronto. La stessa comunità che produce
le decine di migliaia di analisi e pubblicazioni costantemente analizzate, in
modo critico e rigoroso da iniziative mondiali in seno alle Commissioni
internazionali di climatologia della World Meteorological Organization (WMO),
dal Global Climate Observing System (GCOS) e dall’International Panel on Climate
Change (IPCC).
Lontano dall’essere in mano a lobby di interesse, come talvolta anche sostenuto
all’interno di alcuni movimenti e pensieri che sfociano in un pericoloso
negazionismo a priori, scienziati e autori IPCC vengono sovente screditati. Il
caso forse più eclatante sono le COP: alla 28 edizione (Dubai 2023) il
presidente ha sostenuto che non vi è alcuna evidenza circa la necessità di
ridurre al massimo aumento di 1,5 °C l’innalzamento della temperatura media,
rispetto ai valori pre-industriali, riducendo sino all’eliminazione l’utilizzo
dei combustibili fossili. Del resto, se a presiedere una COP viene nominato il
Sultano Al Jaber, CEO della compagnia petrolifera statale degli Emirati Arabi, è
il minimo che ci si possa attendere. Replica puntuale un anno dopo, alla COP29,
dove l’Arabia Saudita senza portare controprove solide, ha categoricamente
negato la validità dei lavori dell’IPCC. Esternazioni ormai sdoganate senza
vergogna, di stampo negazionista e reazionario, simili al rifiorire di
esternazioni di stampo fascista e nazista cui si assiste quotidianamente su
tante altre questioni a livello nazionale e internazionale. È un ulteriore
allarme che segnala l’urgenza diiniziative improcrastinabili di risposta
culturale e di azione collettiva e individuale.
Un problema di origine capitalista non può avere una soluzione capitalista.
Il riscaldamento globale e la sua accelerazione sono causati principalmente
dalle emissioni collegate alle attività umane: industriali, di trasporto e
alimentari. Tre fattori strettamente legati all’impulso-compulsivo verso
l’impraticabile crescita infinita. Che in politica ed economia siano ancora
presenti indici matematici e numerici che vedono la crescita della produzione,
del consumo e del capitale come un fattore indispensabile al benessere
collettivo è indice di come il capitalismo, al pari delle religioni, sia
riuscito a introdurre dogmi utili a indirizzare le classi dirigenti e guidare
comportamenti decisionali e scelte collettive. La necessità di azioni di
mitigazione, osteggiata nei primi momenti sia dalla finanza sia dalla
cittadinanza, è ormai un fatto che il capitalismo ha imparato a cavalcare con
agilità e destrezza. Al pari delle religioni, si “evangelizza” la persona e il
“decision making” verso comportamenti virtuosi che incrementano astutamente e
con tempismo il giro di affari del “green”. Con due risultati di rilievo:
aumentare la produzione e convincere il “consumatore” di avere fatto una cosa
giusta e di tenerci all’ambiente. Si vedano le sempre maggiori operazioni di
“green washing” sbandierate da quasi tutte le multinazionali.
Il capitalismo quindi si sostituisce al non-decisionismo politico, dal quale
però trae legittimità normativa, offrendo soluzioni e strategie di mitigazione:
i continui cambi di categoria nei mezzi di trasporto che, con l’aiuto di
limitazioni nella circolazione di categorie precedenti, portano a sbarazzarsi di
veicoli perfettamente funzionanti verso l’acquisto imposto di nuovi modelli; la
pur benvenuta elettrificazione sposta solo il problema, con costi accresciuti e
a carico dell’utenza, data la cronica assenza di sistemi di produzione elettrica
non clima-alteranti; le tassazioni crescenti e capillari che coinvolgono
chiunque possieda un sistema di riscaldamento o di piccola produzione
artigianale; fittizi miglioramenti delle classi energetiche degli edifici che
portano a declassare immobili più vecchi, portando fuori parametro e
conseguentemente fuori mercato piccole case e borghi facilmente recuperabili (se
non dove il restauro è per pochi e porta a trasformare antiche dimore in beni di
lusso); e molto altro.
Azioni “green” che se da un lato portano un contributo minimo a ridurre gli
impatti diretti clima-alteranti, dall’altro causano effetti “indiretti” ben più
gravi: la sostituzione di un veicolo funzionante ma meno “prestante” in termini
di inquinamento con uno elettrico è accompagnata da impatti ambientali (consumo
di risorse, trasporti, generazione di gas clima alteranti) certamente superiore
a quanto emesso portando a reale fine vita il veicolo esistente. Considerazione
applicabile alla quasi totalità delle iniziative, ma ovviamente ben celata.
Lontana dal porre in atto serie azioni di mitigazione, l’azione capitalistica è
così improntata per natura ad accrescere e aggravare il problema, rifiutando
sistematicamente qualsiasi inversione nei livelli di produzione e consumo. Il
rallentamento della crescita sino a una sua sostenibile inversione è così
l’unica soluzione seriamente adottabile, pur insieme a transizioni energetiche
condivise, per avviare concrete ed efficaci contromisure immediate. Una
consapevolezza che deve permeare l’azione diretta individuale e di gruppo e non
essere relegata a pochi movimenti e alcuni “portavoce” politici o ad alta
notorietà.
Il cambiamento climatico richiede azioni chiare e urgenti piani di mitigazione.
Ed è altrettanto urgente aumentare il dissenso verso i governi che voltano le
spalle a un problema ora quotidianamente avvertito sia a livello globale che
locale, rilanciando l’azione autogestita e diretta.
Misurare il clima che cambia
Comprendere il clima e i suoi mutamenti, locali e globali, richiede metodi di
calcolo e grandi quantità di dati. Sono proprio i dati l’ingrediente principale
di ogni studio climatologico: sia che si tratti di serie storiche, attraverso le
quali ricostruire un’evoluzione rispetto al passato, sia che si osservino
fenomeni recenti e in tempo reale, soprattutto nel caso di eventi estremi. La
capacità di valutare e quantificare il mutamento del clima dipende così dalla
qualità dei dati che provengono da moltitudini di misure di parametri diversi.
Alle tradizionali misure meteorologiche ora si sono aggiunte diverse
osservazioni marine, glaciali, nel terreno e in alta atmosfera. Uno sforzo
scientifico senza distinzione di nazione o area geografica, che vede centinaia
di ricercatori collaborare da discipline diverse: fisica dell’atmosfera,
chimica, geologia, agronomia, biologia e metrologia. Con un percorso che parte
dai laboratori di Torino, andremo a presentare strumenti e stazioni di misura,
da quelle urbane all’alta montagna, dalla base artica all’Everest. Senza entrare
in dettagli ingegneristici, accenneremo ai diversi strumenti che quotidianamente
forniscono dati, sempre più affidabili, che riportano in modo chiaro come
l’accelerazione del mutamento del clima sia un fenomeno perfino sottostimato.
Un accenno a cosa può fare ognuno di noi per misurare e osservare fenomeni
climaticamente rilevanti sarà anche parte della discussione.
Andrea Merlone, fisico, è Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca
Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del
CNR. Si occupa di misure accurate di temperatura, avendo contribuito alla
definizione del Kelvin e alla realizzazione di metodi sperimentali e strumenti
scientifici. Da oltre un decennio si promuove studi e progetti sulle misure
termiche per la climatologia e il miglioramento dei dati utili a comprendere il
riscaldamento globale. Ha partecipato a diverse missioni, dalla piramide al
campo base Everest, alle stazioni in Artico, dagli studi in alta montagna alle
grotte. E’ autore di oltre 120 articoli su riviste scientifiche e presiede il
comitato di esperti sulle misure di temperatura per l’ambiente della World
Meteorological Organization (Agenzia delle Nazioni Unite per il clima e
l’ambiente), di cui è delegato alla Commissione Climatologica.
www.anarresinfo.org
Sabato 18 gennaio
Leggi di guerra, zone rosse, militari per le strade
Il paradigma autoritario del governo Meloni
Punto info al Balon
dalle 10,30 alle 13,30
Il governo sperimenta nuovi meccanismi di esclusione e controllo degli
indesiderabili. Muri invisibili ma concreti segmentano le città, separando chi
può accedere liberamente nelle aree più pregiate e chi deve esserne tenuto
fuori.
Con le zone rosse e il daspo urbano il ministro dell’Interno ha arricchito la
cassetta degli attrezzi della polizia di nuovi strumenti, che le forze del
disordine statale possono utilizzare senza neppure scomodare un magistrato.
La stretta securitaria, collaudata inizialmente a Bologna e Firenze, a dicembre
si è estesa a Milano e Napoli, e con l’anno nuovo ha investito Roma, dove la
morsa poliziesca durante il giubileo è imponente. A Torino il sindaco annuncia
un approccio più “morbido”: niente zone rosse ma aree a “sorveglianza
rinforzata”, come a Roma. Difficile cogliere le sfumature di fronte alla
declinazione sabauda delle direttive governative.
Nei fatti le forze di polizia possono allontanare con la forza chiunque, assuma
“atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti”. Va da se che
gli “atteggiamenti” non sono atti e, quindi gli uomini e le donne in divisa
mandano via le persone il cui modo di stare in strada sia considerato, a loro
arbitrio, indesiderabile.
Queste direttive sono solo l’ultimo tassello del mosaico repressivo del governo,
che colpisce ogni forma di contestazione e lotta politica e sociale.
Il DDL 1236 – ex 1660 – approvato alla Camera in settembre ed oggi in
discussione alla commissione giustizia del Senato si inserisce nel solco già
aperto da altri provvedimenti (i decreti rave, Cutro, immigrazione, Caivano) che
colpiscono i poveri, gli stili di vita non conformi, gli stranieri senza
documenti. Le misure contro la socialità non mercificata, quelle contro i
profughi e i migranti, l’affondo verso i giovani, la repressione dei movimenti
di lotta sono le architravi del progetto repressivo del governo.
Il DDL 1236 infligge colpi sempre più duri a chi lotta nei CPR e nelle carceri,
a chi si batte contro gli sfratti, a chi occupa, a chi fa scritte su caserme e
commissariati, a chi blocca una strada o un treno, a chi fa picchetti sui luoghi
di lavoro, a chi sostiene e diffonde idee sovversive.
Si criminalizzano i movimenti climatici, sociali e sindacali, anticarcerari e no
border e si cerca di bloccarli, infliggendo lunghe pene detentive per
banalissime pratiche di lotta politica e sociale.
La logica di classe e di repressione verso chi cerca di cambiare il mondo
intollerabile in cui viviamo è connaturata con l’ordinamento giudiziario
democratico: ma i provvedimenti adottati da questo governo la rendono sempre più
spudorata e violenta.
Quest’insieme di nuove leggi rende sempre più forti i poteri di polizia,
riducendo le pur esili tutele alla libertà di espressione, movimento,
opposizione sociale.
L’articolo 31 del DDL 1236 permette ai servizi segreti di entrare a far parte di
organizzazioni terroristiche, cercando di assumerne il controllo, nella certezza
dell’anonimato e dell’impunità per i reati commessi. Dulcis in fundo questi
agenti provocatori legalizzati possono costruire e detenere bombe. Finisce la
favola dei servizi segreti “deviati”, le mele marce che hanno burattinato, con
la complicità dei fascisti, le tante stragi di Stato che hanno insanguinato il
nostro paese negli anni Settanta ed Ottanta. Oggi, con i fascisti al potere,
stanno per ottenere la licenza di strage. Di Stato. Per Legge.
Lo stesso articolo prevede l’obbligo, di fatto, anche per università ed enti di
ricerca di collaborare con i servizi segreti, inclusa la possibilità di derogare
alle normative sulla riservatezza.
In generale il fortissimo aumento delle pene, l’introduzione di nuovi reati,
la meticolosa scelta dei soggetti da colpire e di quelli da tutelare sono il
segno distintivo del DDL 1236. Più galera per molti, ma non per tutti, perché la
trama dei vari provvedimenti di Meloni è esplicitamente autoritaria e di classe.
Le lotte nelle carceri e nei CPR vengono perseguite in modo più duro perché chi
le attua è dipinto come costitutivamente criminale, illegale, fuori norma. A
questo governo non basta massacrare di botte, privare di ogni dignità, vuole
seppellire in carcere chi da vita a rivolte nei luoghi di reclusione.
Questo governo vuole mettere a tacere qualunque protesta, introducendo
nell’ordinamento un reato collettivo, equiparato a quelli di mafia e terrorismo,
che persegue anche le azioni non violente come lo sciopero della fame.
Dalla criminalizzazione pubblica dell’opposizione politica e sociale scaturisce
il reato di “terrorismo della parola”.
Questi dispositivi si configurano come diritto penale del nemico, pur
mantenendosi in una cornice universalista.
Il diritto penale del nemico è informato ad una logica di guerra. In guerra i
nemici vanno annientati, ridotti a nulla, privati di vita, libertà e dignità.
Per il nemico non valgono le tutele formali riservate ai cittadini.
Quando la logica bellica si applica al diritto, alcuni gruppi umani vengono
repressi per quello che sono più che per quello che fanno. L’intera azione
dell’esecutivo è informata a questo principio. Un principio sulle cui fondamenta
sono stati costruiti i lager nazisti e i gulag staliniani. La definizione del
“nemico” interno è squisitamente politica ed è appannaggio di chi detiene il
potere di decidere chi mantiene le prerogative del “cittadino” e chi ne è
privato perché considerato individualmente e collettivamente incompatibile con
il nuovo ordine che il governo sta costruendo.
Un ordine che non ha neppure bisogno delle famigerate “leggi eccezionali” del
1926 per colpire la libertà di scioperare, di scrivere e dire la propria, di
lottare per casa, salute, libertà, dignità.
Le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all’interno di una
società. Oggi i fascisti al governo si sentono forti e giocano tutte le carte a
loro disposizione per assicurarsi il totale controllo politico e il
disciplinamento sociale.
Il governo effettua una manovra a tenaglia, muovendosi contemporaneamente su più
fronti. Oltre al piano squisitamente repressivo, Meloni punta ad una riforma
istituzionale che renda ancora più forte l’esecutivo, e persegue un’egemonia
culturale, che vede la scuola, i media e il territorio come spazi di conquista.
Il fascismo sta tornando. Usano la cornice democratica per dare una secca svolta
autoritaria al paese: segno che la democrazia è solo illusione di libertà e
giustizia sociale.
Fermarli è ancora possibile. Occorre rinforzare le reti ed i movimenti che si
battono contro la svolta autoritaria e, insieme, mantenere fermo l’impegno
contro la guerra, il militarismo, il patriarcato, le frontiere, lo sfruttamento,
la devastazione ambientale, il nazionalismo.
Il tempo è ora.
Riceviamo e diffondiamo da Trieste: Incontro e benefit per le persone recluse
nel CPR di Gradisca 17 gennaio 2024 – ore 18 Via Tarabocchia 3, Trieste La
macchina del razzismo…
Rilanciamo il corteo che si terrà domenica 15-12 ad Alba alle ore 15:30, contro
il razzismo di Stato invitiamo tutte e tutti ad attraversare le strade della
ricca cittadina con…