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Spagna, i movimenti per la casa in piazza e l’intervento del governo sugli affitti brevi
Fotogalleria di Victor Serri Questa mattina il parlamento catalano ha finalmente approvato la regolamentazione degli affitti brevi turistici, dopo anni di pressioni da parte dei movimenti per la casa, e dopo le grandi manifestazioni in tutto lo stato spagnolo di sabato scorso. Oltre centomila persone, secondo gli organizzatori (poco più di ventimila per la polizia municipale), hanno sfilato a Barcellona per esigere la riduzione degli affitti, mentre un’altra manifestazione avveniva nello stesso momento a Madrid e in altre quaranta città dello stato spagnolo. La grande mobilitazione per la casa, in crescita da alcuni anni grazie al lavoro di base di un gran numero di strutture organizzate, per lo più assemblee territoriali, ha minacciato di far partire un grande sciopero degli affitti in tutto lo stato, se non verranno soddisfatte le richieste fondamentali degli inquilini: la riduzione degli affitti, il ritorno ai contratti indefiniti aboliti dal Partito Socialista negli anni Novanta, la fine delle compravendite speculative, il recupero delle case vuote e di quelle adibite a case vacanza, e l’aumento del numero di case popolari. La Catalogna è il territorio di tutto lo stato che sta subendo in modo più violento le conseguenze dell’impennata dei valori immobiliari: nei primi due trimestri del 2024 sono stati eseguiti più di quattromila sfratti, di cui mille e ottocento solo a Barcellona; gli affitti  sono aumentati del quarantacinque per cento in dieci anni, al punto che oggi l’affitto medio per una famiglia a Barcellona è di 1.300 euro al mese. Due grandi episodi di resistenza hanno segnato la fine del 2024 nella capitale catalana: lo sgombero della Antiga Massana, un’ex accademia d’arte occupata dal Movimento Socialista a due passi dalla Rambla, e il tentativo di sfratto degli inquilini della Casa Orsola, un palazzetto modernista del quartiere Eixample, acquistata da un fondo immobiliare. Nel primo caso, migliaia di attivisti e attiviste avevano riempito le strade del centro in protesta contro l’espulsione; nel secondo, un picchetto di almeno un migliaio di persone per impedire l’accesso alla polizia è durato tutta la notte, mentre alcuni artisti suonavano o parlavano dai balconi degli appartamenti minacciati di sfratto. Il movimento catalano comprende varie anime, ognuna con il suo modello organizzativo. La più antica è la PAH, la struttura creata dopo le mobilitazioni del 2010 per difendere gli abitanti che perdevano le case per la crisi dei mutui. La PAH era riuscita a occupare molto spazio nell’opinione pubblica di tutto lo stato, al punto che dalle sue fila era emerso il movimento municipalista di Barcelona en Comú, guidato dall’ex sindaca Ada Colau. La PAH ha segnato il modello per tutti gli altri movimenti, ma ultimamente ha perso forza, anche se si mantengono varie assemblee territoriali. Una seconda struttura, che oggi ha più protagonismo nella sfera pubblica, è quella dei Sindicats d’habitatge, i sindacati inquilini, emersi invece dalle lotte dei quartieri dopo il 2017. Si tratta per lo più di assemblee di inquilini, organizzate in forma orizzontale, con basi nelle diverse cittadine catalane e nei quartieri di Barcellona. Una struttura più grande chiamata Sindicat de llogateres de Catalunya mantiene la stessa struttura organizzativa e si coordina con i sindacati più piccoli, ma il suo ambito è tutto il territorio catalano. La confluenza di queste assemblee ha dato luogo alla Confederació Sindical de l’Habitatge, a cui partecipano anche diverse assemblee della PAH (ma non quella di Barcellona). Un terzo modello si è diffuso negli ultimi anni: il Moviment Socialista, emerso nel País Vasco e poi in Catalogna. In rottura con i movimenti indipendentisti e contro l’istituzionalizzazione del municipalismo di Podemos e Barcelona en Comù, considerato un fallimento, è cresciuta un’organizzazione comunista centralizzata, organizzata gerarchicamente, con sezioni locali e una struttura di coordinatori e rappresentanti. Il MS ha saputo fare un uso molto efficace delle reti sociali, mobilitando migliaia di giovani e giovanissimi: alcuni sindacati della casa catalani si sono dichiaratamente posizionati all’interno di questa organizzazione, e sono rappresentati da un Sindicat d’Habitatge Socialista. Questa struttura però potrebbe però aver raggiunto il suo limite di espansione, ed è la più reticente a coordinarsi con i gruppi di diverso orientamento politico. Eppure, la volontà di convergenza e organizzazione comune è generalizzata. Il congresso di febbraio e la manifestazione di sabato sono riusciti proprio perché hanno tenuto insieme le diverse anime – PAH, Confederació, Sindicat socialista – senza che nessuna perdesse le proprie strutture, facendone un movimento unitario. Il nuovo ciclo di lotte di cui le ultime manifestazioni sono espressione sarà il banco di prova per vedere se una forma organizzativa di questo tipo riuscirà a tenere insieme le migliaia di inquilini in lotta nello stato spagnolo organizzando uno sciopero degli affitti – con tutto ciò che comporta in termini di repressione e di sfratti – e a consolidare finalmente un ribaltamento radicale dei rapporti di potere intorno alla questione della casa. Il patto tra le forze di governo per regolare gli affitti brevi è sicuramente un primo passo, ottenuto dai movimenti non grazie a complesse alleanze istituzionali, ma grazie alla pressione popolare che si è espressa nei picchetti, nelle proteste e nell’ultima grande manifestazione. (stefano portelli)
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Chi toglie casa toglie vita. Mille persone in piazza a Napoli per il diritto all’abitare
Fotografie di Giuseppe Carrella Un corteo unitario di circa mille persone ha sfilato ieri pomeriggio a Napoli per rivendicare il diritto alla casa, alla sicurezza abitativa e alla gestione pubblica dei beni comuni. Contro sfratti e caro affitti, insieme ai promotori della mobilitazione della rete Resta Abitante hanno manifestato i comitati di lotta per la casa di Melito e San Giovanni a Teduccio, le famiglie del Frullone e dell’ex Motel Agip. Il corteo è partito da piazza Dante, ha attraversato Montesanto e ha raggiunto Palazzo San Giacomo. Le settemila firme raccolte in questi mesi per la petizione cittadina “Stop B&B” sono state consegnate al Comune, proprio mentre uno striscione calato da un’impalcatura, in riferimento al recente suicidio di un trentunenne, avvenuto a seguito della notifica di sfratto a Caivano, ha sottolineato che “chi toglie casa toglie vita”.
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Mo’ basta! La protesta dei lavoratori Gls a Napoli
Fotografie di Mario Spada Nel pomeriggio di ieri un gruppo di lavoratori dell’azienda Gls, organizzati nel sindacato Sol Cobas, si è radunato davanti la sede dell’Unione Industriali di Napoli, a piazza dei Martiri, e ha esposto un lunghissimo striscione con scritto: “Ordini con un clic, le mie ossa fanno crac. Corro sempre, ‘o pacco pesa, pochi soldi a fine mese. Mo’ basta!”.  I lavoratori denunciano continui licenziamenti e sospensioni di massa legate allo stato di agitazione che da mesi portano avanti per ottenere il rispetto dei contratti, in particolare su scatti di anzianità, malattie e infortuni, una retribuzione più equa, condizioni di lavoro generali umane. In Italia la Gls è presente con oltre centocinquanta sedi e tredici centri di smistamento, per un fatturato che supera i centocinquanta milioni di euro annui.  
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Trafficanti o capitani? Contro la criminalizzazione degli scafisti
Il gruppo di attivisti di Liberi Edizioni è tornato in strada ieri a Napoli, affiggendo su un'edicola nella zona di piazza Garibaldi un nuovo numero del proprio maxi giornale murale. Dopo quelle sui casi Assange e Paciolla [...] L'articolo Trafficanti o capitani? Contro la criminalizzazione degli scafisti sembra essere il primo su NapoliMONiTOR.
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