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“No Meloni day” a Torino, blocchi, cariche e un arresto
Contro l’escalation bellica e i tagli alle scuole e alle università, e in solidarietà con la Palestina, venerdì, è stata una giornata di lotta e sciopero studentesco in decine di città italiane, organizzato da collettivi studenteschi e dal movimento Fridays For Future, per denunciare anche “una situazione drammatica per la scuola, con investimenti a pioggia nell’economia bellica e poco o nulla per formazione, istruzione, cultura”. La giornata di mobilitazione di venerdì è stata anche definita come “No Meloni Day”, con il blocco non solo di scuole, ma anche di Università, con scioperi, presidi e manifestazioni. Ieri, domenica, all’alba gli agenti della Digos di Torino hanno fatto irruzione a casa di uno studente diciottenne, attivista dei collettivi studenteschi torinesi, che è stato arrestato e posto agli arresti domiciliari. Stamattina comparirà davanti al giudice per il processo per direttissima. L’operazione è stata eseguita in flagranza differita, una procedura che permette l’arresto anche a distanza di ore dal fatto. La reazione del mondo studentesco non si è fatta attendere, con un comunicato di diffuso ieri e che riportiamo per intero e diversi appuntamenti: oggi alle ore 16 davanti alla Prefettura in Piazza castello, domani alle ore 18, appuntamento a Palazzo Nuovo per l’assembea pubblica di Torino per Gaza e il 28 novembre, giornata di sciopero generale. Abbiamo chiesto a uno studente del collettivo del liceo Einstein di raccontarci la giornata di venerdì e di darci più informazioni rispetto all’arresto di ieri e ai prossimi appuntamenti. Di seguito, il comunicato uscito ieri dal Collettivo Gioberti di Torino, Assemblea studentesca e KSA Torino a seguito dell’arresto in flagranza differita nei confronti di Omar, uno studente del liceo Gioberti che ha partecipato alla manifestazione studentesca di venerdì 14 novembre. Stamattina, domenica 16 novembre, la polizia è piombata in casa di uno studente appena diciottenne, portandolo in questura per poi metterlo ai domiciliari, impedendogli categoricamente di andare a scuola nei prossimi giorni, il suo processo è fissato per domani in direttissima e non gli sono neanche stati consegnati gli atti per preparare la difesa, che invece che in mesi dovrà essere preparata in ore. Omar non è che uno studente, un compagno di scuola e di lotta, un coetaneo che la polizia ha deciso di individuare come soggetto su cui accanirsi violentemente per colpire ed intimidire tutti coloro che hanno preso parte allo sciopero di venerdì 14 novembre. È evidente infatti, che quest’azione miri a rompere l’unità e la coesione studentesca andatasi a creare dopo mesi di mobilitazioni e occupazioni che hanno visto protagoniste più di quaranta scuole Torinesi, nel tentativo di spaventare lə innumerevoli studentə che si sono viste protagoniste delle piazza di venerdì e provando a sminuire le azioni che sono state fatte a seguito di decisioni COLLETTIVE, riducendole ad un atto dislocato e facendone gravare le conseguenze su una singola persona. In una giornata che ha visto un grande coinvolgimento da parte delle scuole, la risposta da parte delle forze dell’ordine non è stata che violenta, prima a Porta Nuova e in un secondo tempo a Città Metropolitana, luogo in cui ci siamo diretti per portare ancora un volta alla luce le gravi mancanze a livello strutturale e finanziario nell’istituzione scolastica, situazioni di disagio per cui lə studentə hanno bloccato le scuole dimostrando, come al liceo Lagrange, che nel momento in cui si fa pressione i fondi per ristrutturare le scuole magicamente compaiono. Alla città metropolitana c’eravamo tutte e rivendichiamo collettivamente ciò che invece la questura di Torino affilia ad una sola persona, e ricordiamo che i famosi scontri per i quali viene accusato Omar sono partiti dopo che la polizia ha chiuso uno studente in uno stanzino e gli ha spaccato la testa, prendendolo in ostaggio. Del resto, questo modus operandi non ci è nuovo. è un copione già scritto infatti, quello in cui le dimensioni di scontro di piazza collettive vengano depoliticizzate e ridotte a meri atti di violenza imputabili a singole soggettività, unico modo per legittimare la repressione su chi lotta contro gli sporchi interessi governativi, contro una scuola asservita alla conversione bellica, contro al taglio sempre crescente di fondi al welfare pubblico in favore del suprematismo occidentale a suon di bombe. Siamo indignati, incazzati, ma non così sorpresi da queste dinamiche repressive, infantili e quasi di ripicca da parte del governo, che si vede messo all’angolo dai giovani ormai esasperati che non si tirano indietro nel mostrare il loro dissenso ad un governo complice che giorno dopo giorno mette sempre più da parte la scuola, preparandosi a tagliare 600 milioni di euro dall’istruzione per investirli nell’industria bellica. Ma non basteranno i manganelli a farci abbassare la testa. Siamo tenaci, furiosi e non abbiamo paura di alzare la voce continuando a bloccare tutto per un futuro diverso,per un mondo nuovo. In piazza con Omar c’eravamo tutti. Non era da solo, e per quanto possano provare a confinarlo in casa e ad isolarlo non lo sarà nemmeno ora. Non gliela daremo vinta, la lotta è appena iniziata, torniamo nelle nostre scuole, alziamo la voce,disertiamo le lezioni, blocchiamo tutto, prendiamoci gli spazi scolastici che in quanto studenti ci appartengono e dimostriamo che gli studenti sono una collettività unita a cui i loro sporchi giochi di potere di divisione e repressione delle lotte Omar ha il diritto di andare a scuola esattamente come tutti noi. Se non lo potrà fare lui, non lo farà nessuno. Omar libero subito
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