Il sottosegretario leghista Claudio Durigon, riferendosi allo sciopero dei
trasporti nella stessa giornata di ieri, annuncia un pacchetto di provvedimenti
per «impedire gli scioperi i venerdì e i lunedì, almeno nella stagione
turistica, introducendo l’obbligo di comunicare l’adesione individuale alla
mobilitazione 24 ore prima». di Unione Sindacale di Base – USB Per bocca del
sottosegretario […]
Tag - lotte sindacali
Il giorno successivo al mancato raggiungimento del quorum per i 5 referendum (4
a tema lavoro, 1 a tema cittadinanza), abbiamo chiesto a Arturo, del sindacato
di base SuddCobas, di raccontarci l’esperienza degli ultimi anni di lotta nel
distretto di Prato e di parlarci dell’ultima iniziativa che ha mobilitato lx
lavoratorx del distretto, gli Strike […]
Un nuovo attacco all’occupazione nella logistica lombarda. Ai magazzini della
GEODIS di Marzano, Pavia, i lavoratori e lavoratrici in presidio sono stati
caricati dalle forze di polizia nella giornata di martedì, 10 giugno 2025. Erano
in protesta da una settimana davanti ai cancelli del magazzino della logistica
per difendere il posto di lavoro quando un […]
Carcerazione domiciliare di due anni per il referente del sindacato in lotta Si
Cobas di Modena, Enrico Semprini. Tale ordine riguarderebbe una condanna
collegata alle lotte No Tav ed alla partecipazione ad alcune iniziative di
protesta davanti alle fabbriche. Enrico Semprini non ha infatti ottenuto di pene
alternative alla detenzione domiciliare a seguito delle denunce per gli scioperi
e per l’attività svolta col sindacato al fianco di operai/e.
Enrico Semprini ai microfoni di Radio Onda d’Urto Ascolta o scarica
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Dopo le esplosioni e i pacchi incendiari nei magazzini della logistica tessile
di sabato scorso, Prato è scesa in piazza per ribadire che nessunx lavoratorx
deve più rischiare la propria vita per guerre e faide che non gli appartengono.
Dalle parole del sindacato Suddcobas: “Per troppi anni la violenza mafiosa si è
potuta consumare nell’invisibilità. […]
A Napoli la polizia attacca il picchetto operaio alla GLS e ferma il
coordinatore provinciale del SI Cobas, Peppe D’Alesio
da pungolo rosso
Gravissimo quanto successo nella mattinata di mercoledi 29 gennaio a Napoli,
giornata in cui in tutta Italia si sono moltiplicati gli scioperi a seguito
dell’apertura dello stato di agitazione in tutte filiere Fedit (SDA, BRT, GLS).
In questo momento, Giuseppe D’Alesio, coordinatore provincia di Napoli e
Caserta, è in Questura dopo che la celere ha sgomberato il picchetto operaio
fuori la GLS di Gianturco.
Da più di un mese e mezzo il SI Cobas sta lottando fuori ai cancelli GLS per il
reintegro dei 50 licenziati di Napoli, i quali sono stati buttati fuori dal
franchising TEMI (gruppo Tavassi) solo per aver detto basta al
super-sfruttamento e alla totale precarietà lavorativa, rivendicando la piena
applicazione del Ccnl così come hanno fatto quindici anni fa i lavoratori della
logistica quando si sono organizzati nel SI Cobas.
Il nostro sostegno a questa battaglia, fondato sulla giustezza delle ragioni di
questi lavoratori e fuori da ogni calcolo di bottega, nel corso di queste
settimane si è sempre accompagnato alla ricerca di un dialogo costruttivo con
GLS e con Fedit, affinché queste ultime si adoperassero per portare al tavolo
l’azienda Temi con la quale ha un intreccio commerciale fondamentale e si
individuassero soluzioni accettabili per entrambe le parti in conflitto.
In questo mese e mezzo abbiamo invece assistito al totale disinteresse sia di
GLS (trinceratasi dietro lo schermo di una presunta impossibilità ad intervenire
su un proprio franchising) sia di Fedit, la quale non è mai andata realmente al
di là di un’ipotesi di buonuscita per tutti i licenziati non svolgendo come nel
passato un forte ruolo mediazione con il sindacato.
Ciò ha determinato una radicalizzazione dello scontro, a malapena frenato dalla
Prefettura di Napoli, la quale ha convocato ben 9 incontri tra le parti nel
tentativo di individuare una soluzione alla vertenza, alle quali GLS non si è
mai presentata e TEMI si è limitata a fare da spettatore, lasciando al proprio
fornitore il compito (e l’onere istituzionale) di mantenere il pugno di ferro
contro i licenziati.
In realtà, questa lunga e difficile vertenza si inserisce in un clima di
sistematica chiusura delle aziende in franchising della GLS che non hanno
accettato di applicare l’accordo sul premio natalizio (vedi Brescia e
Siena).Tutto ciò si inserisce in un contesto generale che vede da un lato il
sostanziale peggioramento delle condizioni di tutti i lavoratori del trasporto
merci e logistica, grazie a un rinnovo del Ccnl che da un lato non recupera
neanche la metà del potere d’acquisto perso in questi anni a causa
dell’inflazione, dall’altro aumenta la precarietà attraverso l’innalzamento
delle soglie per l’utilizzo di manodopera in somministrazione, cioè il
principale strumento di ricatto usato dai padroni per minare l’unità degli
operai e indebolire la forza del sindacato nella contrattazione.
D’altro canto, stiamo assistendo in questi mesi a una chiara volontà da parte
dei 3 corrieri appartenenti a Fedit (SDA, BRT, GLS) di mettere in discussione le
conquiste strappate dai lavoratori negli ultimi anni: gli accordi-quadro di
secondo livello, che hanno permesso a migliaia di lavoratori in tutta Italia di
ottenere il riconoscimento dei ticket, dei passaggi automatici livello in base
all’anzianità, dei premi di risultato, del pagamento di indennità di disagio per
i turni spezzati, ecc., sono ormai scaduti e non è stata manifestata alcuna
volontà da parte padronale di procedere a un loro rinnovo ed adeguamento,
tuttalpiù l’intenzione è quella di spostare sui fornitori le totali
responsabilità contrattuali.
Chiaramente ciò frazionerebbe la forza dei lavoratori in tante situazioni.
Per questo, in questi giorni, l’azione di lotta nella filiera della Gls si è
rafforzata affinché si risolvano in particolar modo i problemi relativi ai
licenziamenti dei nostri compagni di Napoli e contemporaneamente apriamo uno
stato di agitazione con una prima giornata di lotta nei magazzini di Sda e
Bartolini in solidarietà a quelli di Gls a significare alla Fedit che assuma un
ruolo più attivo e positivo per la soluzione della vertenza su Napoli ma anche
per ritornare ad un confronto centrale per rinnovare i contratti di secondo
livello stabiliti con il SI Cobas.
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Si terrà venerdì 24 il processo che vede imputati attivisti e solidali della
campagna denominata “Mai più sfruttamento stagionale”: un procedimento penale
iniziato quattro anni fa, nel corso di un volantinaggio a Rimini in occasione
della “Notte Rosa”; per questa iniziativa furono denunciati in tre, tra
attiviste e attivisti solidali con la campagna anti sfruttamento.
di Slang-Usb
L’evento del turismo riminese che si ripete ogni estate dal 2006, è una cartina
di tornasole del modello turistico della riviera, con aperture fino a tardi di
locali ed eventi diffusi su tutta la provincia che portano aumento ulteriore
dello sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici stagionali.
Dalla nascita della campagna denunciamo questo evento come emblematico dello
sfruttamento in riviera, una auto-promozione fortemente voluta dalle istituzioni
locali in totale accordo con il mondo dell’impresa turistico-balneare.
Evento che propone l’idea di un turismo armonioso e maschera le reali
contraddizioni che attraversano il settore, a partire dalla condizione di chi
ogni anno si trova a lavorare in nero e grigio, con bassi salari, per sempre
meno settimane all’anno.
Questa kermesse del turismo locale è da noi sempre stata contestata con forza e
ripetutamente, ed ha trovato sostegno in molti lavoratori e lavoratrici del
settore che chiedono aumenti salariali, rispetto della turnazione e dei giorni
di riposo, ed emersione dal grigio e dal nero.
Perciò esprimiamo la nostra solidarietà agli attivisti e le attiviste che
affronteranno il processo questo venerdì 24 gennaio.
Mai più sfruttamento stagionale / Slang-Usb
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La multinazionale del lusso Montblanc ha chiesto alla sezione civile del
Tribunale di Firenze il “daspo antisindacale per mettere il bavaglio ai
lavoratori”.
Lo ha denunciato il sindacato di base Sudd Cobas. Se il Tribunale accogliesse la
richiesta, a lavoratori e lavoratrici Sudd Cobas sarebbe vietato manifestare nel
raggio di 500 metri dal negozio di via Tornabuoni a Firenze, pena sanzioni da
5.000 euro.
Il 6 febbraio l’udienza nella quale il giudice deciderà sulla “domanda di
urgenza” presentata dal brand, dove le lotte di lavoratori e lavoratrici Sudd
Cobas hanno fatto emergere le condizioni di pesante sfruttamento e la
“delocalizzazione puntitiva messa in atto contro la loro sindacalizzazione”.
Montblanc è un’azienda tedesca con sede ad Amburgo, nota in particolare per la
produzione di penne, orologi, gioielli e pelletteria di lusso. In seguito alle
denunce di Sudd Cobas, che ha evidenziato tra l’altro turni da 12 ore al giorno
e salari da fame, l’azienda ha risposto “di non avere alcuna responsabilità,
neppure indiretta”.
Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, per raccontare della vertenza, Luca Toscano
coordinatore Sudd Cobas. Ascolta o scarica
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In queste ore è arrivato un ordine di carcerazione domiciliare di due anni per
il referente Si Cobas di Modena, Enrico Semprini.
Tale ordine riguarderebbe una condanna collegata alle lotte No Tav ed alla
partecipazione ad alcune iniziative di solidarietà
Il compagno non ha ottenuto di espiare la pena utilizzando i servizi sociali a
seguito delle denunce per gli scioperi e per l’attività svolta col nostro
sindacato al fianco di operai/e.
Da anni rispondiamo colpo su colpo all’arsenale repressivo che Stato e padroni
scagliano contro le lotte dentro e fuori i magazzini che conduciamo senza tregua
evidenziando la l’escalation repressiva in atto.
In particolare da mesi indichiamo nel ddl 1660 un tassello di questo processo.
La “legge-manganello” da Stato di polizia con la quale il governo vuole
“regolare i conti” con le lotte operaie e tutte le realtà ed esperienze di lotta
in corso e creare gli strumenti giuridici necessari per stroncare sul nascere i
futuri, inevitabili conflitti sociali. La sempre più marcata tendenza alla
guerra sul fronte esterno richiede sul fronte interno un contesto sociale
pacificato, e a questo “lavorano” tutti gli apparati dello stato.
SOLIDARIETÀ AD ENRICO! RISPONDIAMO UNITI CONTRO LA REPRESSIONE
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Sindacalisti sotto attacco della magistratura per le proteste e manifestazioni
avvenute nel rispetto della Costituzione. Un’azione di repressione di lotte
cruciali, quelle della logistica, che saranno rese molto più pesanti dal Ddl
Sicurezza in discussione al Senato
di Leonardo Bison da Jacobin Italia
Un numero alto, enorme, che pure nessuno si era arrischiato a quantificare. Lo
ha fatto lo studio milanese dell’avvocato Eugenio Losco, affidandolo a LaPresse.
È il numero di sindacalisti indagati o imputati, negli ultimi anni, per proteste
o manifestazioni avvenute in ambito sindacale. Lo studio, specializzatosi dal
2016 in poi nella difesa di operai e esponenti sindacali nel settore della
logistica, ne ha contati circa tremila, solo nei territori seguiti: in
particolare Milano e Piacenza, ma anche Bologna, Alessandria, Pavia, Brescia,
Novara, Mantova, Cremona, Bergamo. Significa che il numero totale italiano è
molto più alto: almeno 500 le denunce arrivate nello stesso lasso di tempo in
territorio emiliano, tra Modena e Parma; almeno 200 – solo dal 2018, quando sono
iniziati gli scioperi con blocchi merci anche lì – nel distretto industriale
(tessile e mobilifici) tra Firenze, Prato e Pistoia. Dunque a livello nazionale,
in meno di dieci anni, possiamo contare circa quattromila sindacalisti o operai
indagati o mandati a processo per azioni commesse nell’ambito di scioperi e
manifestazioni. Centinaia e centinaia di procedimenti ancora in corso.
«Attualmente sto seguendo 300 procedimenti penali», ha chiarito Losco.
Numeri impressionanti, diffusi alla vigilia del convegno «Lotta sindacale:
diritto o delitto?», organizzato dall’associazione di giuslavoristi Comma 2 e
tenutosi venerdì 22 novembre a Piacenza. Ma che da soli rischiano di non dire
abbastanza. Soprattutto nel momento in cui al Senato è in discussione il Ddl
1660, cosiddetto Ddl sicurezza, che quei numeri rischia di peggiorarli
ulteriormente.
Fino al Ddl Sicurezza
Come ci siamo arrivati? Da quando i sindacati di base, in Emilia e non solo,
hanno ricominciato sistematicamente a utilizzare il blocco delle merci e il
picchettaggio come mezzo di mobilitazione, l’utilizzo delle denunce – ma anche
di altri mezzi meno normati, come i fogli di via o gli ammonimenti – è diventato
altrettanto sistemico, come già raccontava Jacobin qualche anno fa. Scioperi di
mesi e mesi, sgomberi non di rado a forza di manganelli, nuovi picchetti, che
creavano e creano il panico e danni evidenti, milionari, per le aziende della
logistica – settore non delocalizzabile, il cui fatturato è passato dai 71
miliardi del 2009 ai 112 del 2023 – e conseguente raffica di denunce, per reati
quali resistenza a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, violenza
privata, sabotaggio e, dal 2018 (anno del decreto Salvini), blocco stradale.
Spesso i comunicati stampa recitavano più o meno così: «Nella giornata di ieri
sono stati denunciati dal Commissariato di Polizia di Stato di Carpi, per il
reato di violenza privata, due sindacalisti dei Si Cobas, e quattro operai. I
fatti risalgono al 2017, quando i sei soggetti hanno effettuato un presidio non
preannunciato davanti ai cancelli della ditta di trasporti Ups. I manifestanti
avevano bloccato l’accesso e l’uscita dei mezzi diretti ai magazzini/logistica
dalle ore 16.00 alle ore 22.00. Questo blocco dell’attività lavorativa, mai
autorizzato, ha messo in difficoltà – ancor prima della Ups – gli operai addetti
al carico scarico merci».
Nel dicembre 2023, la Guardia di Finanza ha sequestrato 86 milioni di euro a Ups
per frode fiscale, attraverso quel sistema di appalti fittizi e serbatoi di
manodopera – già riconosciuto dalla procura di Milano dal 2017 in poi in
moltissime altre multinazionali della logistica – che i sindacati denunciavano.
In alcuni casi si è arrivati anche a maxi processi con oltre 80 imputati, come
nei casi di ItalPizza e Alcar Uno, a Modena. Ma, insieme a netti miglioramenti
per i lavoratori – oggi nella logistica il Contratto collettivo nazionale della
Logistica è la norma, dieci anni fa lo era il molto più povero Multiservizi –
arrivano anche montagne di assoluzioni. Nonostante in questi anni le aziende
siano arrivate in alcuni casi a chiedere che il sindacato pagasse i danni
economici legati al calo della produzione dovuta agli scioperi, i tribunali
hanno quasi sempre riconosciuto che queste azioni, nell’ambito dello sciopero,
sono tutelate dalla Costituzione, e che un blocco delle merci non può essere
considerato un sabotaggio industriale.
Ma le denunce continuano a piovere. Poche settimane fa, altre 19 al Si Cobas di
Piacenza, per reati legati alle proteste del 2023 volte ad evitare che circa 370
lavoratori del magazzino Leroy Merlin perdessero il posto dopo l’addio della
multinazionale. La procura ha contestato reati come violenza privata e
sabotaggio, per un’azione che prevedeva un volantinaggio mentre gli operai
riempivano i carrelli della spesa e li lasciavano in mezzo alle corsie. Per la
procura si è impedito «il normale svolgimento del lavoro» recando «minaccia»
agli operatori del centro commerciale a causa della «suggestione emotiva di una
folla in tumulto che inneggia ad una forte protesta».
Condanne contro le lotte
Ciò non significa che il problema in questi anni per i sindacati sia stato solo
quello – non irrilevante – dei migliaia e migliaia di euro l’anno spesi in
avvocati. A maggio 2024 cinque sindacalisti della Cgil di Genova sono stati
condannati in primo grado a pene tra 8 e 14 mesi per il blocco del centro città
e l’occupazione dell’aeroporto di Genova seguita alla minaccia di chiusura dello
stabilimento Ansaldo dell’ottobre 2022. Nel 2022 due dirigenti di Usb sono stati
condannati (con la condizionale) a 4 mesi per le manifestazioni esplose dopo la
morte di un sindacalista ucciso, investito da un tir, durante un picchetto alla
Gls di Piacenza. Nell’aprile 2024 due coordinatori dei Si Cobas sono stati
condannati in primo grado per estorsione, 7 lavoratori per boicottaggio,
nell’ambito degli scioperi al Penny Market di Desenzano del 2018-2019 Solo per
citare alcuni casi in cui, in seguito alla manifestazione «non autorizzata», il
sindacato ha ottenuto quello che chiedeva per lavoratori e lavoratrici, dal
mantenimento dei posti di lavoro all’aumento di salari e sicurezza.
Ci sono stati casi di indagini, in questo senso, più preoccupanti. Nel 2022 a
Piacenza i vertici locali dei Si Cobas e dell’Usb sono stati messi agli arresti
domiciliari con l’accusa di aver creato due diverse associazioni a delinquere, e
aver sfruttato gli operai per ottenere i soldi delle tessere. Il Riesame non
convalidò gli arresti smontando di fatto l’intero impianto accusatorio,
costruito, peraltro, anche con mesi di intercettazioni, e relegando i fatti
descritti a semplici dinamiche sindacali. Già nel 2017, il segretario del Si
Cobas, Aldo Milani, veniva arrestato con l’accusa di estorsione ai danni della
famiglia Levoni, proprietaria di Alcar Uno. La procura di Modena allora diffuse
un video in cui si assisteva al passaggio di una busta con cinquemila euro
durante una trattativa tra Milani e i Levoni. La difesa fu capace di dimostrare
che la persona che prendeva la busta era un consulente dei Levoni, non Milani.
Un dirigente della Digos di Modena, in un’intercettazione, diceva ai Levoni:
«Abbiamo devastato i Cobas a livello nazionale. Sono contento per voi
innanzitutto, voglio dire siete usciti da un incubo, e per noi perché abbiamo
fatto una cosa pazzesca». Milani fu assolto nel 2019 perché il fatto non
sussisteva.
E poi c’è il tema, enorme, dei lavoratori migranti: solo la presenza di una
denuncia penale porta a difficoltà nell’ottenere il rinnovo del permesso di
soggiorno, o la cittadinanza. Un tema che rischia di crescere ulteriormente con
il Ddl 1660. «Si prevede esplicitamente il reato di blocco stradale pacifico,
non violento. Questo, oltre a portare a condanne in più, dopo anni in cui,
contestando la violenza privata, non ci sono riusciti, creerà un deterrente
enorme per i lavoratori extracomunitari, che sono poi la maggior parte di quelli
che hanno bisogno di scioperare», chiarisce Marina Prosperi, giuslavorista di
Bologna che segue i Si Cobas.
Le novità del Ddl 1660
Che il Ddl 1660 sia – anche – contro i sindacati di base della logistica, ormai
è indubbio. Il ministro Matteo Piantedosi già in ottobre, rispondendo a
un’interrogazione parlamentare, ha chiarito che dato che gli scioperi nel
settore sono egemonizzati da sigle che utilizzano i blocchi delle merci,
confliggendo «con il legittimo interesse dell’impresa» di proseguire con il
lavoro, nel nuovo Ddl 1660 è previsto che chi «impedisca anche solo col proprio
corpo» il transito dei veicoli in strada commetterà un delitto, non più un
illecito amministrativo: pena da 6 mesi a due anni se il fatto è commesso in più
persone. Il ministro ha anche spiegato che sarà sua intenzione, con il nuovo
Ddl, «richiamare le autorità di pubblica sicurezza affinché siano rafforzate
tutte le attività di carattere preventivo» per evitare questi blocchi sindacali.
Nel Ddl non c’è solo il reato di blocco stradale pacifico, ma anche l’estensione
dell’uso dei fogli di via e dello strumento del Daspo urbano – facilissimamente
utilizzabili per allontanare leader sindacali da aree di manifestazioni –, o
l’aumento della pena per resistenza a pubblico ufficiale vietando le attenuanti,
tra le altre cose.
«Se passa la legge così com’è, qualche giudice sarà costretto a condannare» in
caso di picchetti sindacali pacifici, ammette con preoccupazione Lorenzo Venini,
avvocato milanese, che come Prosperi riconosce che, nonostante l’enorme numero
di denunce e processi, in questi anni le condanne sono state pochissime. Venini
sottolinea anche il punto dei fogli di via, strumento che il Questore può
adoperare con facilità, e con tempi di ricorso che non permettono di intervenire
efficacemente. «L’utilizzo è aumentato già da anni, da tempo non veniva
utilizzato contro i sindacalisti». Con il Ddl, per la prima volta, arriverebbe
un esplicito rinforzo legislativo. Uno dei tanti temi, insieme alla
preoccupazione per i lavoratori migranti, che agita i giuslavoristi italiani.
Eppure, nonostante questi rischi enormi già esistenti, gli scioperi in questi
anni non sono calati. Anzi si sono allargati, ad esempio al distretto tessile di
Prato, dove i lavoratori pakistani, nonostante una serie di rappresaglie
violente, stanno riuscendo anche in questi mesi a ottenere i diritti di base che
non gli erano concessi: lavorare 8 ore al giorno per 5 giorni a settimana,
godere di misure di sicurezza, ferie, malattia. Prima che arrivasse il sindacato
Sudd Cobas – separatosi l’anno scorso dai Si Cobas – la regola (che ancora vale
per la maggior parte delle aziende del distretto) era il lavoro 12 ore al
giorno, 7 giorni su 7. «Quello che non si capisce è che questi lavoratori, se
sindacalizzati, non hanno paura», mi spiega Sarah Caudiero del Sudd Cobas quando
le chiedo come facciano, nonostante il rischio di perdere documenti e
cittadinanza, a convincerli a scioperare. «Vengono da anni di lavoro in
condizioni di semischiavitù, arrivano da luoghi in cui il livello di violenza è
molto più alto. Ci dicono ‘al mio Paese gli sparano, pensi che abbia paura di
una denuncia?’». Ciò non toglie che, in un paese di diritto europeo, lo sciopero
andrebbe garantito, non perseguito: soprattutto se nello stesso paese esistono
persone che lavorano 12 ore al giorno o prive di qualsivoglia dispositivo di
sicurezza.
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