Tag - lotte sindacali

Napoli: la polizia attacca il picchetto operaio alla GLS
A Napoli la polizia attacca il picchetto operaio alla GLS e ferma il coordinatore provinciale del SI Cobas, Peppe D’Alesio da pungolo rosso Gravissimo quanto successo nella mattinata di mercoledi 29 gennaio a Napoli,  giornata in cui in tutta Italia si sono moltiplicati gli scioperi a seguito dell’apertura dello stato di agitazione in tutte filiere Fedit (SDA, BRT, GLS). In questo momento, Giuseppe D’Alesio, coordinatore provincia di Napoli e Caserta, è in Questura dopo che la celere ha sgomberato il picchetto operaio fuori la GLS di Gianturco. Da più di un mese e mezzo il SI Cobas sta lottando fuori ai cancelli GLS per il reintegro dei 50 licenziati di Napoli, i quali sono stati buttati fuori dal franchising TEMI (gruppo Tavassi) solo per aver detto basta al super-sfruttamento e alla totale precarietà lavorativa, rivendicando la piena applicazione del Ccnl così come hanno fatto quindici anni fa i lavoratori della logistica quando si sono organizzati nel SI Cobas. Il nostro sostegno a questa battaglia, fondato sulla giustezza delle ragioni di questi lavoratori e fuori da ogni calcolo di bottega, nel corso di queste settimane si è sempre accompagnato alla ricerca di un dialogo costruttivo con GLS e con Fedit, affinché queste ultime si adoperassero per portare al tavolo l’azienda Temi con la quale ha un intreccio commerciale fondamentale e si individuassero soluzioni accettabili per entrambe le parti in conflitto. In questo mese e mezzo abbiamo invece assistito al totale disinteresse sia di GLS (trinceratasi dietro lo schermo di una presunta impossibilità ad intervenire su un proprio franchising) sia di Fedit, la quale non è mai andata realmente al di là di un’ipotesi di buonuscita per tutti i licenziati non svolgendo come nel passato un forte ruolo mediazione con il sindacato. Ciò ha determinato una radicalizzazione dello scontro, a malapena frenato dalla Prefettura di Napoli, la quale ha convocato ben 9 incontri tra le parti nel tentativo di individuare una soluzione alla vertenza, alle quali GLS non si è mai presentata e TEMI si è limitata a fare da spettatore, lasciando al proprio fornitore il compito (e l’onere istituzionale) di mantenere il pugno di ferro contro i licenziati. In realtà, questa lunga e difficile vertenza si inserisce in un clima di sistematica chiusura delle aziende in franchising della GLS che non hanno accettato di applicare l’accordo sul premio natalizio (vedi Brescia e Siena).Tutto ciò si inserisce in un contesto generale che vede da un lato il sostanziale peggioramento delle condizioni di tutti i lavoratori del trasporto merci e logistica, grazie a un rinnovo del Ccnl che da un lato non recupera neanche la metà del potere d’acquisto perso in questi anni a causa dell’inflazione, dall’altro aumenta la precarietà attraverso l’innalzamento delle soglie per l’utilizzo di manodopera in somministrazione, cioè il principale strumento di ricatto usato dai padroni per minare l’unità degli operai e indebolire la forza del sindacato nella contrattazione. D’altro canto, stiamo assistendo in questi mesi a una chiara volontà da parte dei 3 corrieri appartenenti a Fedit (SDA, BRT, GLS) di mettere in discussione le conquiste strappate dai lavoratori negli ultimi anni: gli accordi-quadro di secondo livello, che hanno permesso a migliaia di lavoratori in tutta Italia di ottenere il riconoscimento dei ticket, dei passaggi automatici livello in base all’anzianità, dei premi di risultato, del pagamento di indennità di disagio per i turni spezzati, ecc., sono ormai scaduti e non è stata manifestata alcuna volontà da parte padronale di procedere a un loro rinnovo ed adeguamento, tuttalpiù l’intenzione è quella di spostare sui fornitori le totali responsabilità contrattuali. Chiaramente ciò frazionerebbe la forza dei lavoratori in tante situazioni. Per questo, in questi giorni, l’azione di lotta nella filiera della Gls si è rafforzata affinché si risolvano in particolar modo i problemi relativi ai licenziamenti dei nostri compagni di Napoli e contemporaneamente apriamo uno stato di agitazione con una prima giornata di lotta nei magazzini di Sda e Bartolini in solidarietà a quelli di Gls a significare alla Fedit che assuma un ruolo più attivo e positivo per la soluzione della vertenza su Napoli ma anche per ritornare ad un confronto centrale per rinnovare i contratti di secondo livello stabiliti con il SI Cobas. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
January 29, 2025 / Osservatorio Repressione
Rimini, Notte Rosa: a processo per la campagna “Mai più sfruttamento stagionale
Si terrà venerdì 24 il processo che vede imputati attivisti e solidali della campagna denominata “Mai più sfruttamento stagionale”: un procedimento penale iniziato quattro anni fa, nel corso di un volantinaggio a Rimini in occasione della “Notte Rosa”; per questa iniziativa furono denunciati in tre, tra attiviste e attivisti solidali con la campagna anti sfruttamento. di Slang-Usb L’evento del turismo riminese che si ripete ogni estate dal 2006, è una cartina di tornasole del modello turistico della riviera, con aperture fino a tardi di locali ed eventi diffusi su tutta la provincia che portano aumento ulteriore dello sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici stagionali. Dalla nascita della campagna denunciamo questo evento come emblematico dello sfruttamento in riviera, una auto-promozione fortemente voluta dalle istituzioni locali in totale accordo con il mondo dell’impresa turistico-balneare. Evento che propone l’idea di un turismo armonioso e maschera le reali contraddizioni che attraversano il settore, a partire dalla condizione di chi ogni anno si trova a lavorare in nero e grigio, con bassi salari, per sempre meno settimane all’anno. Questa kermesse del turismo locale è da noi sempre stata contestata con forza e ripetutamente, ed ha trovato sostegno in molti lavoratori e lavoratrici del settore che chiedono aumenti salariali, rispetto della turnazione e dei giorni di riposo, ed emersione dal grigio e dal nero. Perciò esprimiamo la nostra solidarietà agli attivisti e le attiviste che affronteranno il processo questo venerdì 24 gennaio. Mai più sfruttamento stagionale / Slang-Usb > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
January 23, 2025 / Osservatorio Repressione
Firenze: Montblanc chiede il daspo antisindacale
La multinazionale del lusso Montblanc ha chiesto alla sezione civile del Tribunale di Firenze il “daspo antisindacale per mettere il bavaglio ai lavoratori”. Lo ha denunciato il sindacato di base Sudd Cobas. Se il Tribunale accogliesse la richiesta, a lavoratori e lavoratrici Sudd Cobas sarebbe vietato manifestare nel raggio di 500 metri dal negozio di via Tornabuoni a Firenze, pena sanzioni da 5.000 euro. Il 6 febbraio l’udienza nella quale il giudice deciderà sulla “domanda di urgenza” presentata dal brand, dove le lotte di lavoratori e lavoratrici Sudd Cobas hanno fatto emergere le condizioni di pesante sfruttamento e la “delocalizzazione puntitiva messa in atto contro la loro sindacalizzazione”. Montblanc è un’azienda tedesca con sede ad Amburgo, nota in particolare per la produzione di penne, orologi, gioielli e pelletteria di lusso. In seguito alle denunce di Sudd Cobas, che ha evidenziato tra l’altro turni da 12 ore al giorno e salari da fame, l’azienda ha risposto “di non avere alcuna responsabilità, neppure indiretta”. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, per raccontare della vertenza, Luca Toscano coordinatore Sudd Cobas. Ascolta o scarica Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000  News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
January 20, 2025 / Osservatorio Repressione
Carcerazione domiciliare per Enrico Semprini, referente SI Cobas a Modena
In queste ore è arrivato un ordine di carcerazione domiciliare di due anni per il referente Si Cobas di Modena, Enrico Semprini. Tale ordine riguarderebbe una condanna collegata alle lotte No Tav ed alla partecipazione ad alcune iniziative di solidarietà Il compagno non ha ottenuto di espiare la pena utilizzando i servizi sociali a seguito delle denunce per gli scioperi e per l’attività svolta col nostro sindacato al fianco di operai/e. Da anni rispondiamo colpo su colpo all’arsenale repressivo che Stato e padroni scagliano contro le lotte dentro e fuori i magazzini che conduciamo senza tregua evidenziando la l’escalation repressiva in atto. In particolare da mesi indichiamo nel ddl 1660 un tassello di questo processo. La “legge-manganello” da Stato di polizia con la quale il governo vuole “regolare i conti” con le lotte operaie e tutte le realtà ed esperienze di lotta in corso e creare gli strumenti giuridici necessari per stroncare sul nascere i futuri, inevitabili conflitti sociali. La sempre più marcata tendenza alla guerra sul fronte esterno richiede sul fronte interno un contesto sociale pacificato, e a questo “lavorano” tutti gli apparati dello stato. SOLIDARIETÀ AD ENRICO! RISPONDIAMO UNITI CONTRO LA REPRESSIONE   > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
January 8, 2025 / Osservatorio Repressione
La criminalizzazione delle lotte: 3000 sindacalisti indagati
Sindacalisti sotto attacco della magistratura per le proteste e manifestazioni avvenute nel rispetto della Costituzione. Un’azione di repressione di lotte cruciali, quelle della logistica, che saranno rese molto più pesanti dal Ddl Sicurezza in discussione al Senato di Leonardo Bison da Jacobin Italia Un numero alto, enorme, che pure nessuno si era arrischiato a quantificare. Lo ha fatto lo studio milanese dell’avvocato Eugenio Losco, affidandolo a LaPresse. È il numero di sindacalisti indagati o imputati, negli ultimi anni, per proteste o manifestazioni avvenute in ambito sindacale. Lo studio, specializzatosi dal 2016 in poi nella difesa di operai e esponenti sindacali nel settore della logistica, ne ha contati circa tremila, solo nei territori seguiti: in particolare Milano e Piacenza, ma anche Bologna, Alessandria, Pavia, Brescia, Novara, Mantova, Cremona, Bergamo. Significa che il numero totale italiano è molto più alto: almeno 500 le denunce arrivate nello stesso lasso di tempo in territorio emiliano, tra Modena e Parma; almeno 200 – solo dal 2018, quando sono iniziati gli scioperi con blocchi merci anche lì – nel distretto industriale (tessile e mobilifici) tra Firenze, Prato e Pistoia. Dunque a livello nazionale, in meno di dieci anni, possiamo contare circa quattromila sindacalisti o operai indagati o mandati a processo per azioni commesse nell’ambito di scioperi e manifestazioni. Centinaia e centinaia di procedimenti ancora in corso. «Attualmente sto seguendo 300 procedimenti penali», ha chiarito Losco. Numeri impressionanti, diffusi alla vigilia del convegno «Lotta sindacale: diritto o delitto?», organizzato dall’associazione di giuslavoristi Comma 2 e tenutosi venerdì 22 novembre a Piacenza. Ma che da soli rischiano di non dire abbastanza. Soprattutto nel momento in cui al Senato è in discussione il Ddl 1660, cosiddetto Ddl sicurezza, che quei numeri rischia di peggiorarli ulteriormente. Fino al Ddl Sicurezza Come ci siamo arrivati? Da quando i sindacati di base, in Emilia e non solo, hanno ricominciato sistematicamente a utilizzare il blocco delle merci e il picchettaggio come mezzo di mobilitazione, l’utilizzo delle denunce – ma anche di altri mezzi meno normati, come i fogli di via o gli ammonimenti – è diventato altrettanto sistemico, come già raccontava Jacobin qualche anno fa. Scioperi di mesi e mesi, sgomberi non di rado a forza di manganelli, nuovi picchetti, che creavano e creano il panico e danni evidenti, milionari, per le aziende della logistica – settore non delocalizzabile, il cui fatturato è passato dai 71 miliardi del 2009 ai 112 del 2023 – e conseguente raffica di denunce, per reati quali resistenza a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, violenza privata, sabotaggio e, dal 2018 (anno del decreto Salvini), blocco stradale. Spesso i comunicati stampa recitavano più o meno così: «Nella giornata di ieri sono stati denunciati dal Commissariato di Polizia di Stato di Carpi, per il reato di violenza privata, due sindacalisti dei Si Cobas, e quattro operai. I fatti risalgono al 2017, quando i sei soggetti hanno effettuato un presidio non preannunciato davanti ai cancelli della ditta di trasporti Ups. I manifestanti avevano bloccato l’accesso e l’uscita dei mezzi diretti ai magazzini/logistica dalle ore 16.00 alle ore 22.00. Questo blocco dell’attività lavorativa, mai autorizzato, ha messo in difficoltà – ancor prima della Ups – gli operai addetti al carico scarico merci». Nel dicembre 2023, la Guardia di Finanza ha sequestrato 86 milioni di euro a Ups per frode fiscale, attraverso quel sistema di appalti fittizi e serbatoi di manodopera – già riconosciuto dalla procura di Milano dal 2017 in poi in moltissime altre multinazionali della logistica – che i sindacati denunciavano. In alcuni casi si è arrivati anche a maxi processi con oltre 80 imputati, come nei casi di ItalPizza e Alcar Uno, a Modena. Ma, insieme a netti miglioramenti per i lavoratori – oggi nella logistica il Contratto collettivo nazionale della Logistica è la norma, dieci anni fa lo era il molto più povero Multiservizi – arrivano anche montagne di assoluzioni. Nonostante in questi anni le aziende siano arrivate in alcuni casi a chiedere che il sindacato pagasse i danni economici legati al calo della produzione dovuta agli scioperi, i tribunali hanno quasi sempre riconosciuto che queste azioni, nell’ambito dello sciopero, sono tutelate dalla Costituzione, e che un blocco delle merci non può essere considerato un sabotaggio industriale. Ma le denunce continuano a piovere. Poche settimane fa, altre 19 al Si Cobas di Piacenza, per reati legati alle proteste del 2023 volte ad evitare che circa 370 lavoratori del magazzino Leroy Merlin perdessero il posto dopo l’addio della multinazionale. La procura ha contestato reati come violenza privata e sabotaggio, per un’azione che prevedeva un volantinaggio mentre gli operai riempivano i carrelli della spesa e li lasciavano in mezzo alle corsie. Per la procura si è impedito «il normale svolgimento del lavoro» recando «minaccia» agli operatori del centro commerciale a causa della «suggestione emotiva di una folla in tumulto che inneggia ad una forte protesta». Condanne contro le lotte Ciò non significa che il problema in questi anni per i sindacati sia stato solo quello – non irrilevante – dei migliaia e migliaia di euro l’anno spesi in avvocati. A maggio 2024 cinque sindacalisti della Cgil di Genova sono stati condannati in primo grado a pene tra 8 e 14 mesi per il blocco del centro città e l’occupazione dell’aeroporto di Genova seguita alla minaccia di chiusura dello stabilimento Ansaldo dell’ottobre 2022. Nel 2022 due dirigenti di Usb sono stati condannati (con la condizionale) a 4 mesi per le manifestazioni esplose dopo la morte di un sindacalista ucciso, investito da un tir, durante un picchetto alla Gls di Piacenza. Nell’aprile 2024 due coordinatori dei Si Cobas sono stati condannati in primo grado per estorsione, 7 lavoratori per boicottaggio, nell’ambito degli scioperi al Penny Market di Desenzano del 2018-2019 Solo per citare alcuni casi in cui, in seguito alla manifestazione «non autorizzata», il sindacato ha ottenuto quello che chiedeva per lavoratori e lavoratrici, dal mantenimento dei posti di lavoro all’aumento di salari e sicurezza. Ci sono stati casi di indagini, in questo senso, più preoccupanti. Nel 2022 a Piacenza i vertici locali dei Si Cobas e dell’Usb sono stati messi agli arresti domiciliari con l’accusa di aver creato due diverse associazioni a delinquere, e aver sfruttato gli operai per ottenere i soldi delle tessere. Il Riesame non convalidò gli arresti smontando di fatto l’intero impianto accusatorio, costruito, peraltro, anche con mesi di intercettazioni, e relegando i fatti descritti a semplici dinamiche sindacali. Già nel 2017, il segretario del Si Cobas, Aldo Milani, veniva arrestato con l’accusa di estorsione ai danni della famiglia Levoni, proprietaria di Alcar Uno. La procura di Modena allora diffuse un video in cui si assisteva al passaggio di una busta con cinquemila euro durante una trattativa tra Milani e i Levoni. La difesa fu capace di dimostrare che la persona che prendeva la busta era un consulente dei Levoni, non Milani. Un dirigente della Digos di Modena, in un’intercettazione, diceva ai Levoni: «Abbiamo devastato i Cobas a livello nazionale. Sono contento per voi innanzitutto, voglio dire siete usciti da un incubo, e per noi perché abbiamo fatto una cosa pazzesca». Milani fu assolto nel 2019 perché il fatto non sussisteva. E poi c’è il tema, enorme, dei lavoratori migranti: solo la presenza di una denuncia penale porta a difficoltà nell’ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, o la cittadinanza. Un tema che rischia di crescere ulteriormente con il Ddl 1660. «Si prevede esplicitamente il reato di blocco stradale pacifico, non violento. Questo, oltre a portare a condanne in più, dopo anni in cui, contestando la violenza privata, non ci sono riusciti, creerà un deterrente enorme per i lavoratori extracomunitari, che sono poi la maggior parte di quelli che hanno bisogno di scioperare», chiarisce Marina Prosperi, giuslavorista di Bologna che segue i Si Cobas. Le novità del Ddl 1660 Che il Ddl 1660 sia – anche – contro i sindacati di base della logistica, ormai è indubbio. Il ministro Matteo Piantedosi già in ottobre, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, ha chiarito che dato che gli scioperi nel settore sono egemonizzati da sigle che utilizzano i blocchi delle merci, confliggendo «con il legittimo interesse dell’impresa» di proseguire con il lavoro, nel nuovo Ddl 1660 è previsto che chi «impedisca anche solo col proprio corpo» il transito dei veicoli in strada commetterà un delitto, non più un illecito amministrativo: pena da 6 mesi a due anni se il fatto è commesso in più persone. Il ministro ha anche spiegato che sarà sua intenzione, con il nuovo Ddl, «richiamare le autorità di pubblica sicurezza affinché siano rafforzate tutte le attività di carattere preventivo» per evitare questi blocchi sindacali. Nel Ddl non c’è solo il reato di blocco stradale pacifico, ma anche l’estensione dell’uso dei fogli di via e dello strumento del Daspo urbano – facilissimamente utilizzabili per allontanare leader sindacali da aree di manifestazioni –, o l’aumento della pena per resistenza a pubblico ufficiale vietando le attenuanti, tra le altre cose. «Se passa la legge così com’è, qualche giudice sarà costretto a condannare» in caso di picchetti sindacali pacifici, ammette con preoccupazione Lorenzo Venini, avvocato milanese, che come Prosperi riconosce che, nonostante l’enorme numero di denunce e processi, in questi anni le condanne sono state pochissime. Venini sottolinea anche il punto dei fogli di via, strumento che il Questore può adoperare con facilità, e con tempi di ricorso che non permettono di intervenire efficacemente. «L’utilizzo è aumentato già da anni, da tempo non veniva utilizzato contro i sindacalisti». Con il Ddl, per la prima volta, arriverebbe un esplicito rinforzo legislativo. Uno dei tanti temi, insieme alla preoccupazione per i lavoratori migranti, che agita i giuslavoristi italiani. Eppure, nonostante questi rischi enormi già esistenti, gli scioperi in questi anni non sono calati. Anzi si sono allargati, ad esempio al distretto tessile di Prato, dove i lavoratori pakistani, nonostante una serie di rappresaglie violente, stanno riuscendo anche in questi mesi a ottenere i diritti di base che non gli erano concessi: lavorare 8 ore al giorno per 5 giorni a settimana, godere di misure di sicurezza, ferie, malattia. Prima che arrivasse il sindacato Sudd Cobas – separatosi l’anno scorso dai Si Cobas – la regola (che ancora vale per la maggior parte delle aziende del distretto) era il lavoro 12 ore al giorno, 7 giorni su 7. «Quello che non si capisce è che questi lavoratori, se sindacalizzati, non hanno paura», mi spiega Sarah Caudiero del Sudd Cobas quando le chiedo come facciano, nonostante il rischio di perdere documenti e cittadinanza, a convincerli a scioperare. «Vengono da anni di lavoro in condizioni di semischiavitù, arrivano da luoghi in cui il livello di violenza è molto più alto. Ci dicono ‘al mio Paese gli sparano, pensi che abbia paura di una denuncia?’». Ciò non toglie che, in un paese di diritto europeo, lo sciopero andrebbe garantito, non perseguito: soprattutto se nello stesso paese esistono persone che lavorano 12 ore al giorno o prive di qualsivoglia dispositivo di sicurezza.     > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. 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November 26, 2024 / Osservatorio Repressione
Delegato sindacale sospeso per aver denunciato l’invio di armi dall’aeroporto civile di Brescia
Borrelli Luigi RSU e RLS delegato sindacale dell’USB all’aeroporto di Montichiari, ha subito un provvedimento disciplinare di sei giorni di sospensione a seguito delle denunce e delle iniziative sindacali intraprese dai lavoratori dell’aeroporto civile Montichiari di Brescia contro l’invio di armi belliche dall’aeroporto civile di Brescia di USB Lavoro Privato A seguito delle denunce e delle iniziative sindacali intraprese dai lavoratori dell’aeroporto civile Montichiari di Brescia negli ultimi mesi, contro l’invio di armi belliche, contro tutte le guerre e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e della popolazione dei comuni limitrofi all’aeroporto, oggi pomeriggio la direzione della GDA Handling a seguito della contestazione disciplinare, ha fatto pervenire al sig. Borrelli Luigi RSU e RLS di USB all’aeroporto di Montichiari, il provvedimento disciplinare di sei giorni di sospensione. Perché tanta violenza? Un provvedimento disciplinare evidentemente pretestuoso e strumentale, che segue una contestazione al lavoratore non per le rivendicazioni ma per aver in qualche modo reso pubblica una situazione di pericolo, “colpire uno per educarne cento” Questa è la scelta della direzione GDA Handling? Dare un avvertimento a chi vuole difendere “la missione” civile dello scalo monteclarense, a chi difende i diritti e la salute e sicurezza dei lavoratori e dei cittadini dei comuni limitrofi, a chi non vuole essere partecipe e complice delle guerre che hanno e continuano a produrre migliaia di morti civili, innocenti. Montichiari è un aeroporto civile, perché allora si spediscono le armi? Anche domani potrebbe esserci un volo “segreto”; nuovo invio di armi o pezzi di esse, con conseguente chiusura dello spazio aereo, un altro aereo che viene collocato in fondo all’aeroporto, che tutti notano contro ogni dubbio. Abbiamo chiesto incontro al sig. Prefetto e alle istituzioni senza risposta, oltre alle interrogazioni parlamentari di AVS e 5 stelle che non hanno ancora avuto alcuna risposta. Perché Montichiari deve rischiare di diventare un obiettivo sensibile? Perché si tiene all’oscuro cittadini e lavoratori? NON ci fermeremo e non ci faremo mettere nessun bavaglio, NON vogliamo essere complici e chiederemo al Tribunale ed in ogni altra sede di salvaguardare e difendere i diritti sindacali del nostro rappresentante e delle lavoratrici e lavoratori; perché non vogliamo essere complici. APPELLO: IO STO CON LUIGI Stanno cercando di mettere a tacere la voce coraggiosa di un lavoratore che da tempo sta denunciando l’utilizzo ripetuto e sistematico dell’aeroporto civile di Montichiari di Brescia per la movimentazione di materiale bellico. Gli hanno comminato tre provvedimenti disciplinari, una multa, sei giorni di sospensione, ed ora altri 8 giorni di sospensione. Luigi Borrelli lavora nell’aeroporto di Montichiari da più di vent’anni presso la GDA HANDLING SPA, un’azienda che fornisce assistenza a terra. Quando si è accorto che in aeroporto si procedeva ad attività di carico e scarico di missili, materiale esplosivo ed altri armamenti e che lui e i suoi colleghi dovevano provvedere a movimentare gli ordigni, spesso senza neanche esserne consapevoli, ha posto il problema e insieme all’USB, di cui è delegato, ha informato l’azienda e le istituzioni dell’uso improprio dell’aeroporto civile. Per tutta risposta l’azienda lo sta sanzionando, contestandogli di rendere note informazioni riservate che quindi non dovrebbero essere rese pubbliche. Nell’azienda, nonostante l’USB sia largamente maggioritaria, la direzione si è sempre rifiutata di riconoscere l’organizzazione più rappresentativa tra i suoi dipendenti. Luigi è stato eletto come RSU ed è Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS). Io sto con Luigi perché sta denunciando l’utilizzo militare di un aeroporto civile. Io sto con Luigi perché, in qualità di delegato sindacale e di rappresentante per la salute e sicurezza sul lavoro, sta difendendo l’incolumità dei suoi colleghi. Io sto con Luigi perché sono contro tutte le guerre e non voglio essere complice di nessuna politica di guerra. Io sto con Luigi perché ha il coraggio di raccontare la verità. Sostieni anche tu Luigi, manda una tua foto con cartello a lombardia@usb.it! > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
November 21, 2024 / Osservatorio Repressione
La cruciale responsabilità del Preposto di Fatto
Il preposto di fatto: come penalizzare i lavoratori e renderli penalmente perseguibili senza assegnare loro effettivo potere rispetto ai datori Il Tribunale di Udine, chiamato a individuare le responsabilità della morte di Lorenzo Parelli, studente impegnato nello stage scuola lavoro in una fabbrica, ha condannato a 3 anni di reclusione l’operaio incaricato quel giorno di affiancare lo stagista, a 2 anni e 4 mesi il tutor aziendale che in quel giorno era assente dal lavoro causa covid, patteggiando infine una multa di 23 mila euro con la proprietà della azienda. Ora non entreremo nel merito di questa sentenza consapevoli che a pagare non saranno quanti hanno pensato a questi assurdi stages che dovrebbero partire da laboratori scolastici moderni, efficienti e funzionanti per essere poi accompagnati nelle aziende solo ed esclusivamente per acquisire informazioni e conoscenze senza essere impiegati direttamente nelle attività produttive. Sarebbe poi da rimettere in discussione proprio lo stage tra scuola e lavoro alla luce di tante testimonianze dei diretti interessati che evidenziano le innumerevoli criticità e contraddizioni di questa alternanza. Ci soffermeremo invece sulla figura del preposto ricordando che in molti luoghi di lavoro la responsabilità del dipendente in materia di salute e sicurezza viene anche barattata con briciole salariali o con la promessa di un avanzamento di carriera. Ma ancora più numerosi sono i casi nei quali il preposto viene ritenuto tale anche senza alcun incarico formale, è il cosiddetto preposto di fatto considerato responsabile in concorso e al pari del datore in caso di infortuni e morti sul lavoro. A distanza di un anno dalla sentenza che puniva il Rappresentante dei lavoratori alla sicurezza giudicandolo parte integrante della sicurezza aziendale quando invece è, o dovrebbe essere, una figura conflittuale con il datore eletto o nominato dai lavoratori a tutela della loro salute e sicurezza, qualche riflessione va fatta proprio sui preposti di fatto Perché le sentenze in Cassazione fanno giurisprudenza e il lavoratore anziano, con maggiore esperienza, viene considerato corresponsabile in caso di eventi infortunistici anche quando esegue ordini e non ha alcun ruolo nella filiera della sicurezza aziendale. Ci chiediamo come sia possibile in una squadra operaia che un lavoratore anziano possa interrompere la produzione quando un gesto del genere potrebbe dare adito a provvedimenti disciplinari, sanzioni e licenziamento. Crediamo quindi opportuno che i lavoratori e le lavoratrici siano messi a conoscenza dei rischi derivanti dal ricoprire il ruolo di preposto sapendo al contempo che in caso di infortunio il lavoratore anziano potrebbe essere ritenuto in ogni caso responsabile al pari del datore solo in base alla sua esperienza e senza mai prendere in esame la mera subalternità ai superiori. Il preposto, designato o di fatto, deve infatti 1. a) sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge e in caso di inadempienza informare subito i superiori; 2. b) verificare che solo i lavoratori formati siano presenti nei luoghi di lavoro senza avere alcuna opportunità di appurare la effettiva presenza degli stessi ai corsi formativi (e in assenza di corsi resta del tutto impotente); 3. c) richiedere l’osservanza delle misure intimando l’abbandono del posto di lavoro o la zona pericolosa salvo poi non essere minimamente tutelato in caso di ritorsione del datore di lavoro per avere bloccato una produzione; 4. d) informare i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato anche se non è nel suo potere chiedere e ricevere immediatamente dpi, non è nelle sue possibilità suggerire cambiamenti produttivi a tutela della salute sua e dei colleghi Il preposto di fatto salva allora i datori dalle loro responsabilità in caso di infortuni e incidenti sul lavoro. Sarà il caso di rivedere le normative evitando di riproporre logiche formali e senza sostanza a  giustificare il crescente disimpegno datoriale in materia di salute e sicurezza.       > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
November 3, 2024 / Osservatorio Repressione
Operaio preso a bastonate nella Piana toscana
Nuova aggressione a un operaio pakistano che aveva denunciato al Sudd Cobas turni di 12-14, lavoro nero e abusi di ogni genere da parte di un’azienda di confezionamento di divani a Quarrata, gestita da imprenditori cinesi. Scioperi e manifestazioni anche in altre due ditte riconducibii alla stessa proprietà di Riccardo Chiari da il manifesto “Sappiamo che sei stato al sindacato”. E giù bastonate, alle braccia e al volto, a un operaio pakistano di 22 anni che aveva denunciato al Sudd Cobas turni di 12-14 ore al giorno, lavoro nero e abusi di ogni genere da parte dell’azienda e del caporale che ne gestisce la forza lavoro. Questa volta è successo a Quarrata, ai confini occidentali del “distretto parallelo” del settore del pronto moda, del tessile e delle confezioni, perlopiù a conduzione cinese, che si è via via allargato in tutta la Piana fiorentina, pratese e pistoiese. La risposta dei lavoratori e del sindacato di base non si è fatta attendere. Dopo che Tahla, l’operaio aggredito, si è fatto medicare (sette i giorni di prognosi) al pronto soccorso dell’ospedale Santo Stefano di Prato, sotto l’azienda Vot International è partita la contestazione: “Sciopero, sciopero. Toccano uno, toccano tutti”. La mobilitazione non ha riguardato solo la Vot International, dove si confezionano divani. Anche in altre due aziende del pistoiese, riconducibili agli stessi proprietari, i lavoratori sono entrati in agitazione e hanno incrociato le braccia. Il sindacato di base ricorda che l’azienda di Quarrata “è stata oggetto recentemente di controllo da parte dell’Ispettorato del lavoro, che aveva avuto modo di riscontrare diverse irregolarità. Ma lo sfruttamento in fabbrica è proseguito già dal giorno dopo il controllo, proprio come avveniva prima”. Appena quattro giorni fa il Pd di Prato aveva organizzato la sua assemblea provinciale a Seano, dove all’inizio del mese c’era stata un vera e propria aggressione squadrista a un presidio di protesta nell’ambito dello Strike Day, mobilitazione messa in cantiere dal Sudd Cobas per chiedere il rispetto dei contratti collettivi nazionali di settore e orari regolari di lavoro, 40 ore la settimana e non 70 come molto spesso accade nella maggior parte delle aziende del comprensorio. Nell’occasione il segretario pratese dei dem Marco Biagioni aveva lanciato un appello: “Siamo chiamati a fare tutti gli sforzi possibili per salvaguardare il distretto e le tante imprese che operano nella legalità, combattere la concorrenza sleale, tutelare chi lavora. Non ci voltiamo dall’altra parte: il fenomeno dello sfruttamento nel nostro territorio esiste, va riconosciuto e combattuto con tutte le nostre forze”. Impietosa l’analisi della situazione: se in Toscana oltre il 9% dei lavoratori è irregolare, nella Piana della Toscana centrale la percentuale del lavoro nero, grigio e a cottimo si alza in maniera impressionante. Di qui l’esigenza di contrastare l’illegalità e lo sfruttamento con maggiori controlli, come ha scandito il presidente regionale Eugenio Giani: “Occorre una forte azione di controllo da parte delle forze dell’ordine, così come già avvenuto anche in passato grazie al progetto ‘Lavoro sicuro’”. Al tempo stesso, visto che i soli controlli non bastano almeno a giudicare dalla puntuale denuncia del Sudd Cobas, dall’assemblea dem è emersa anche la necessità, quanto mai urgente, di incentivare la formazione dei lavoratori, quasi tutti migranti, assicurando loro i più elementari diritti civili e sociali a partire dalle regolarizzazioni. In parallelo, il Pd propone di “sostenere la buona impresa anche attivandoci per offrire sgravi fiscali a chi assume lavoratori che hanno presentato denunce di sfruttamento”. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
October 29, 2024 / Osservatorio Repressione
Prato: Ronde armate di spranghe contro chi sciopera
Assalto di stampo mafioso al picchetto degli operai pakistani e del sindacato di base Sudd Cobas, quattro feriti. “La prossima volta vi spariamo”. In risposta scioperi del turno di notte degli operai migranti del “distretto parallelo”, e domenica manifestazione davanti ai cancelli dell’azienda dove si stava svolgendo il presidio di protesta. “Lottiamo per il diritto di lavorare con dignità 40 ore a settimana, invece che 12 ore al giorno sette giorni su sette, e contratti regolari” Stava avendo successo lo “Strike Day” avviato lo scorso fine settimana dal sindacato di base Sudd Coba insieme agli operai pakistani, per contrastare il sistema di sfruttamento che connota molte piccole aziende del “distretto parallelo” cinese di Prato. Accordi per la giornata di otto ore per cinque giorni la settimana erano stati chiusi con l’azienda Zipper di Seano, la tessitura Sofia di Montemurlo e la stireria Tang di Prato. Ma la scorsa notte il presidio ai cancelli della pelletteria Confezione Lin Weidong a Seano è stato aggredito a colpi di spranghe di ferro da almeno una mezza dozzine di persone incappucciate. “La prossima volta vi spariamo”, hanno urlato gli aggressori allontanandosi dopo il pestaggio. Quattro i feriti, due operai pakistani e due sindacalisti del Sudd Cobas, fra cui il coordinatore Luca Toscano, portati in ospedale per essere medicati. Appena avuta la notizia dell’assalto al picchetto, i lavoratori migranti di altre ditte della zona sono entrati in sciopero per tutto il turno notturno, e hanno dato vita a una manifestazione nel centro di Prato. “È inaccettabile che chi manifesta per i propri diritti sia aggredito – ha detto la sindaca Ilaria Bugetti – chiedo alle autorità competenti di intervenire per riportare sul piano del confronto civile la vertenza”. “Non si può stare in silenzio di fronte a questo modo di sfruttare il lavoro”, ha aggiunto il sindaco di Carmignano, Edoardo Prestanti. «Il fatto che lo sciopero sia iniziato di domenica non è un caso»,racconta il sindacalista di Sudd Cobas Luca Toscano: «Le aziende dovrebbero essere chiuse e invece lavorano tutte». Dalle cinque microimprese che il 6 ottobre avevano avviato i picchetti, l’8×5 strike day è riuscito a portare benefici per quattro di queste: a Stireria Sofia lo scioperò è durante soltanto domenica visto che i lavoratori, già con un contratto regolare, si battevano per avere anche gli straordinari pagati. Alla fabbrica Zipper e alla Stireria Tang gli operai hanno firmato un accordo di lavoro che permette loro di lavorare otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana. All’azienda 3Desy sono iniziate le trattative per la regolarizzazione degli operai. La procura ha aperto un’inchiesta per lesioni e minacce gravi, sul caso sono al lavoro i carabinieri. “A compiere l’attacco squadrista al picchetto sono stati degli italiani – racconta lo stesso Toscano – assoldati da un sistema mafioso che controlla il distretto e cerca di mettere a tacere i lavoratori e il sindacato che li organizza. Lavoratori che lottano per il diritto di lavorare con dignità 40 ore a settimana, invece che 12 ore al giorno sette giorni su sette. Operai che chiedono l’applicazione di contratti regolari e orari di lavoro dignitosi”. In risposta il Sudd Cobas annuncia una mobilitazione ancora più forte, e una “manifestazione antimafia” proprio a Seano, nel comune di Carmignano, con concentramento domenica prossima alle 17.30 in via Galilei, dove ha sede la pelletteria Confezione Lin Weidong. Il sindacato lancia un appello “al territorio, ai comitati, alla società civile, al mondo dell’associazionismo, per manifestare e reagire agli attacchi ai lavoratori, che avvengono perché gli scioperi vincono e trasformano pezzo dopo pezzo questo distretto, come dimostrato in questi giorni di Strike day”. Nel dare la loro totale solidarietà a Toscano, i fiorentini Antonella Bundu e Dmitrij Palagi di Sinistra progetto comune ricordano: “Lo ripetiamo da anni, c’è un intero ambito di criminalità ignorato o sottovalutato dal sistema politico e istituzionale. Il tema non riguarda solo il comparto moda, è evidente la necessità di una scomoda riflessione sulla sostenibilità del nostro tessuto produttivo, e sulle condizioni su cui almeno in parte si fonda”. Racconta i fatti a Radio Onda d’Urto Arturo dei Sudd Cobas Prato e Firenze Ascolta o scarica     > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp L'articolo Prato: Ronde armate di spranghe contro chi sciopera sembra essere il primo su Osservatorio Repressione.
October 10, 2024 / Osservatorio Repressione
Piantedosi contro gli scioperi, anche i picchetti diventano reato
Nella sua foga di sorvegliare e soprattutto punire chi manifesta, il ddl 1660 contiene anche un attacco al diritto di sciopero. Lo dice, quasi come se niente fosse, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ieri è intervenuto al question time della Camera. di Mario Di Vito da il manifesto Rispondendo a un’interrogazione (prima firma: Maurizio Lupi) sui blocchi nei centri logistici della grande distribuzione, l’uomo del Viminale, il ministro di Polizia Piantedosi,  ha spiegato che verrà introdotto un nuovo reato sulla base del quale «colui che impedisca con il proprio corpo la libera circolazione su strada ordinaria o ferrata commette un delitto, e non più un illecito amministrativo. Di più: se a farlo sono «più persone» è prevista la reclusione da sei mesi a due anni. Il tema giuridico, già spesso dibattuto in passato, riguarda il picchettaggio, pratica tendenzialmente legittima salvo nei casi in cui si verifichino violenze o minacce contro chi non vuole aderire allo sciopero. In queste circostanze, di solito, i reati che vengono contestati sono quelli di violenza privata e, talvolta, di resistenza a pubblico ufficiale. Il concetto di fondo è che non si può ledere il diritto all’autodeterminazione altrui. Fino a qui tutto bene: la giurisprudenza è chiara e di processi per risolvere i casi più controversi se ne fanno abbastanza. Il problema è che quanto annunciato da Piantedosi rende un reato quello che prima equivaleva a un illecito amministrativo, andando in sostanza a punire anche chi non compromette le volontà degli altri. Il ministro, rispondendo a Lupi, l’ha messa così: «È certamente mia intenzione richiamare l’attenzione delle autorità di pubblica sicurezza su tutte le attività di carattere preventivo, anche in termini di mediazione, per scongiurare gli episodi di compromissione dei diritti delle imprese e dei lavoratori». Il dito è puntato contro gli scioperi nella logistica («complessivamente 240» dall’inizio dell’anno). «Anche nel recente passato sono state numerose le proteste organizzate a ridosso delle più importanti piattaforme distributive, in molti casi realizzate senza alcun preavviso – ha aggiunto Piantedosi -, queste proteste sono state caratterizzate anche da momenti di tensione con le forze di polizia, blocchi agli accessi dei siti industriali e rallentamenti delle attività produttive». Gli organizzatori sono sempre gli stessi: «le organizzazioni sindacali di base, in particolare Si Cobas». Il punto qui è politico, perché il sindacato di base non partecipa alle trattative per il rinnovo del contratto di categoria e utilizza la formula dei picchettaggi per cercare di far pesare la propria posizione. Tra gli altri argomenti trattati da Piantedosi durante il question time, si segnala un lungo capitolo dedicato alla gestione delle manifestazioni di piazza. Il ddl 1660 prevede sì l’uso delle body cam da parte degli agenti, ma in ogni caso non saranno accompagnate dai numeri identificativi sulle divise. Sostiene il ministro che «non è da ritenersi sussistente» l’argomento della riconoscibilità degli agenti perché «nell’ordinanza di servizio emanata dal questore» già è indicato «il funzionario di pubblica sicurezza responsabile della direzione del servizio e anche gli addetti ai singoli settori di impiego». E in ogni caso, dice ancora Piantedosi, «sono gli stessi operatori, quando occorre, a collaborare per la propria identificazione». E così anche le body cam non sono da intendere come un mezzo per controllare gli eventuali episodi di violenza indiscriminata contro i manifestanti, ma come il risultato di una richiesta fatta dagli stessi agenti «a garanzia della trasparenza del proprio operato». Perché, nonostante le cronache e le inchieste giudiziarie c’è alcun problema con le manganellate e l’obiettivo resta quello di «proteggere i cittadini e gli stessi operatori di polizia dalle azioni violente che spesso vengono poste in essere dalle frange estreme di manifestanti». I sindacati di polizia, in tutto questo, non sembrano aver molto da dire sul ddl sicurezza, impegnati come sono nella riapertura del tavolo con il governo sulla previdenza dedicata. Una promessa antica fatta da Meloni agli uomini e alle donne in divisa. Ancora però sprovvista di leggi attuattive.   > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp   L'articolo Piantedosi contro gli scioperi, anche i picchetti diventano reato sembra essere il primo su Osservatorio Repressione.
September 26, 2024 / Osservatorio Repressione