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Berlino: brutalità della polizia nelle piazze pro Pal.
Attraverso le pratiche brutali della polizia e un alto livello repressivo – che arriva a criminalizzare, senza successo, anche l’utilizzo del coro “from the river to the sea” – lo stato tedesco tenta di soffocare le piazze pro Pal. L’intervento poliziesco distingue tra le piazze radicali e quelle indette dall’associazionismo, nonostante la stretta non si […]
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Roma: presidio in solidarietà allx arrestatx il 4 Ottobre@1
La mobilitazione in solidarietà alla resistenza palestinese e allx attivistx della Global Sumud Flottilla, dopo intense giornate di blocchi in tutta Italia, ha portato Sabato 4 Ottobre per le strade di Roma circa un milione di persone. In una città blindata e bloccata non sono mancate tensioni e momenti di scontro: diverse centinaia le identificazioni […]
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SOLIDARIETÀ A LƏ COMPAS ARRESTATƏ
Dopo una grande settimana di mobilitazioni in tutt’Italia, il governo, che sul piano pubblico continua a mantenere una posizione ambigua (e implicitamente complice) sul genocidio portato avanti da Israele, è invece risoluto ed efficiente nel portare avanti il suo progetto di repressione del dissenso interno. La storia di Anan, Alì e Mansour dimostra chiaramente sia la fame di repressione che l’asservimento allo Stato genocida. A Milano, dove 200000 persone hanno cercato di occupare la stazione centrale in segno di solidarietà col popolo palestinese, la repressione ha colpito con una brutalità tanto eccessiva quanto gratuita. Due compagnx minorenni organizzatx nell’ambito del CSA Lambretta sono statx arrestatx con motivazioni pretestuose e, dopo aver passato 3 notti in attesa di udienza al carcere Beccaria (tristemente noto per gli abusi della gestione), si sono trovatx ad affrontare aggravanti pesanti, domiciliari e, cosa di una gravità inaudita, persino il divieto di frequentare la scuola. A questo si aggiungono altri arresti e altre misure repressive come l’obbligo di firma per altrx compagnx maggiorenni.L’apparato repressivo mostra come la vera violenza non siano due vetrine rotte, le cui spese verrano prontamente coperte dalle assicurazioni dei marchi miliardari che hanno negli anni colonizzato la stazione centrale, ma la furia con cui lo Stato si scaglia contro qualunque espressione di dissenso che esca dai confini del “decoro”. Viene criminalizzato qualunque momento di piazza nel quale la rabbia, l’angoscia e il legittimo desiderio di lottare per un mondo migliore non si lascino imbrigliare all’interno di una cornice pacificata, innocua per chi sta al potere e accettabile per il pubblico moderato che guarda da casa, i cui sogni tranquilli non vanno perturbati.Queste misure repressive cercano di farci sentire solx e impotentx, sotto la perenne minaccia di uno Stato in grado di rovinare le nostre vite e la nostra salute fisica e mentale se non ci lasciamo disciplinare. Come CSOA Gabrio esprimiamo la nostra piena solidarietà e complicità a Lambretta, a tutti i collettivi di Milano che sono scesi in piazza il 22 settembre e a tuttx lx compagnx arrestatx. Lx ringraziamo per aver avuto il coraggio di sfidare il dispositivo di polizia che voleva impedire loro di esercitare il diritto di scioperare e di portare la legittima e doverosa solidarietà al popolo palestinese.In quelle stazioni c’eravamo tuttx e non avremo paura di tornarci nelle prossime settimane. Libertà per tuttx!
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AGGIORNAMENTI SUL PROCESSO DI MOUSSA BALDE
Ieri 22 settembre si è svolta la seconda udienza del processo per la morte di Moussa Balde.  Per la prima volta la famiglia ha avuto modo di vedere in faccia i responsabili della morte di Moussa e raccontare la sua storia in aula. Dai numerosi testimoni tra il personale, le forze dell’ordine e l’amministrazione del cpr, invece, è emersa chiaramente l’assenza totale di una reale regolamentazione.  Il personale ha riportato che in Cpr tutto è lasciato all’informalità e discrezionalità di chi c’è al momento. Le risorse del capitolato non sono sufficienti né per garantire tutele né per svolgere servizi essenziali. Di fronte a tali condizioni degradanti, anche il giudice ha avuto difficoltà a definire “ospiti” i detenuti del CPR. In questo momento il dibattito si sta concentrando sullo stabilire i responsabili dell’isolamento di Moussa nell’ospedaletto.  Gli avvocati dell’ ex direttrice del CPR e dell’ex medico, gli unici imputati, tentano di attribuire la colpa alla prefettura e perfino agli altri detenuti che avrebbero rifiutato di riaccogliere Moussa in sezione per un sospetto di scabbia (rivelatosi infondato). Un vergognoso rimbalzo della colpa che mira solo a mettere confusione e a cercare di uscirne puliti, senza dare la responsabilità a nessun di quanto successo. Ma sappiamo, e non ci stancheremo mai di dirlo, che la colpa della morte di Moussa e di tutte le altre morti è sistemica. Il Cpr è un sistema che uccide, tortura e maltratta. Alla prossima udienza, il 20 ottobre, saranno sentiti gli ex dirigenti dell’Ufficio Immigrazione e della Prefettura. Continueremo a portare solidarietà alla famiglia di Moussa e tutti i detenuti e le detenute del CPR davanti al tribunale. MAI PIÙ CPR MAI PIÙ LAGER!
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CPR
RIPRENDE LA RACCOLTA SOLIDALE PER I DETENUTI DEL CPR DI TORINO
Torniamo a raccogliere beni di prima necessità per le persone recluse nel CPR. Mercoledì 10 settembre dalle 16.30 e durante il Festival @solchi Sabato 13 e domenica 14 settembre I detenuti sono trattenuti in condizioni invivibili, sia in termini materiali sia rispetto alla violenza quotidiana a cui sono costretti. Da dentro chiedono di poter accedere a beni di prima necessità. Il cibo, “offerto” dal nuovo gestore Sanitalia è, oltre che immangiabile e a volte scaduto, pieno di psicofarmaci per sedare i reclusi, esattamente come in passato. Dentro il cpr c’è uno spaccio alimentare dove i prezzi sono proibitivi (un pacco di biscotti costa 7€) perché l’unico interesse di Sanitalia è di lucrare sulla pelle delle persone. La nostra solidarietà è un’arma, usiamola! N.B. dopo le prime raccolte infastiditi da questa iniziativa hanno smesso di ritirarci i vestiti usati, per cui raccogliamo SOLO VESTITI NUOVI
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[2025-09-01] "INFEDELE ALLA LINEA" Niente solidarietà Silenzio Censura @ Piazza Castello, Torino
"INFEDELE ALLA LINEA" NIENTE SOLIDARIETÀ SILENZIO CENSURA Piazza Castello, Torino - Torino, piazza Castello (lunedì, 1 settembre 00:00) L’attivista marocchina LGBT IBTISSAME LACHGAR (Betty) è stata imprigionata il 10 agosto a Rabat per blasfemia, un reato che non prevede l’arresto preventivo in Marocco ma che può portare dai 5 ai 10 anni di carcere. Aveva indossato pubblicamente una maglietta con su scritto ALLAH È LESBICA . Il processo fissato per il 27 agosto è stato rinviato di sette giorni. E Betty resta in galera - in isolamento - nonostante sia paziente oncologica (ha 49 anni). Betty che si dichiara atea, è ben nota per aver promosso il MALI movimento alternativo per le libertà individuali e tutta una serie di iniziative, prevalentemente performance, considerate provocatorie e blasfeme nel suo Paese, che vanno dal bacio collettivo, al picnic durante il Ramadan. Il 27 ci sono stati i vari presidi in Spagna davanti a consolati e ambasciate del Marocco per rivendicare la sua libertà. Nonostante la notizia fosse circolata poco. Così il presidio più numeroso è stato quello di Barcellona con 8 persone: 6 femministe e 2 anarchici, Madrid 7, Bilbao 6 e Algesiras 2. Un po’ meglio in Francia, Betty ha anche la nazionalità francese . In Italia non se ne parla neanche. Ci domandiamo: come mai? Sappiamo bene che nei movimenti che si proclamano antagonisti, alternativi radicali, rivoluzionari, persino fra gli anarchici, dilaga una singolare attitudine legata al più bieco opportunismo politico e all’ignoranza della storia dei movimenti. Quello di lasciar fare agli oggetti delle proprie brame di inglobamento ciò che desiderano. Negli ultimi anni così vediamo sui furgoni delle manifestazioni, come alla radio, personaggi urlanti allah è grande! sventolare bandiere di Stati esistenti o in divenire. E critiche, anche blande, all’integralismo religioso, venir bollate come islamofobia, termine molto alla moda e razzismo, con relativi processi ed espulsioni. L’opportunismo politico ha sempre fatto schifo a noi anarchici che facciamo politica per distruggerla (Proudhon), è la diarrea del motto autoritario “con qualunque mezzo necessario“. Ora si sprofonda nell’osceno e nell’assurdo e nel lesivo. E così addirittura le aggressioni fisiche a compagne e compagni omosessuali o meno, divenute negli ultimi anni oggetto di processi, e i processi prevedono giudici, sbirri, esecutori… con condanne a vita, improvvisamente non sono più episodi gravi e gli stessi aggressori seriali te li trovi la sera |al concerto - invitati - dove possono riprendere le loro violenze a donne, gay, anziani o anche solo ad individui isolati, a chiunque si presenti indifeso. Se alcuni gruppi politici, dediti al proselitismo compulsivo, vivono la politica come una fogna di baccagli e di stalking, strizzando l’occhio ai propri aggressori e molestatori nella speranza di intrupparli - in massa - nelle proprie fila, non tutti devono farne le spese. Possiamo solo dire: siete la negazione di ogni prospettiva rivoluzionaria in senso libertario. E state pedestramente ricalcando le tappe di vecchie politiche autoritarie già penosamente fallite negli anni ‘70 con altro target. Per quel che riguarda gli anarchici o coloro che si definiscono tali. Ricordiamo che l’anarchia, pur non essendo un’ideologia, presenta alcuni punti fermi di base senza i quali proprio non ci si può dire anarchici e non si sa più cosa sia anarchia. Uno è la lotta contro le religioni oppressive. Prima di tutto quelle monoteiste. L’uomo al potere inventa l’idea di dio per giustificare e nobilitare gli stupri che gli assicurano il privilegio che potrà mantenere solo con l’uso della violenza organizzata. Dall’idea di dio discende direttamente l’idea di potere. Quindi gli anarchici combattono apertamente l’oppressione religiosa a cominciare proprio dal cristianesimo, dall’ebraismo e dall’islamismo: le più feroci. Inoltre gli anarchici, combattono qualunque Stato, se no con l’anarchia proprio non c’entrano nulla. “Come si fa ad essere così coglioni da pensare che ci sono poteri buoni“ dice la canzone, insultando giustamente i miserabili della politika, che noi anarchici chiamiamo semplicemente autoritari. Non si pensava fosse necessario ricordarlo, ma siamo arrivati ad un punto di degenero tale che, addobbate del “politicamente corretto”, vengono messe in dubbio e accantonate le poche idee base, che praticate, fanno sì che l’anarchia non sia un fantasma, ma ciò che fa tremare qualunque potere costituito. Dunque, massima solidarietà a Betty Lachgar abbandonata da quasi tutti in galera. Condividiamo le tue idee e le tue pratiche iconoclaste e le difenderemo contro tutti i poteri esistenti o in formazione, anche quelli striscianti che prendono alle spalle, ti creano il vuoto attorno e ti lasciano sola! Barocchio squat garden west coast 28 agosto 2025
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FREE MAYA
Da più di un anno Maja è rinchius* nelle carceri ungheresi, estradat* e poi torturat* nel paese liberticida di cui Orban è dittatore, per il solo “crimine” di essere antifascista — crimine del quale siamo tutte, tutt* e tutti colpevol*! Negli ultimi mesi, Maja, ha subito abusi non troppo dissimili da quelli inflitti a Ilaria Salis: catene ai piedi e alle mani, collare e guinzaglio, un processo giuridico opaco e infiltrato da un chiaro messaggio politico fascista e autoritario contro chi lotta per la libertà. Come ultimo atto di autodeterminazione, Maja ha iniziato uno sciopero della fame, dapprima in cella d’isolamento e ora nell’ospedale carcerario ungherese al confine con la Romania. Un mese di lotta, attraverso il proprio corpo, che ha portato le sue attuali condizioni di salute ad essere a dir poco allarmanti: drastica perdita di peso, deterioramento degli organi vitali, danni al cuore. Riconosciamo e rimarchiamo la necessità del sostegno internazionale a tutt* l* compas e, in questo momento tragico, a Maja. Nel nostro piccolo, vogliamo mandare un messaggio di solidarietà e rilanciamo le richieste avanzate dal padre di Maja, Wolfram Jarosch, come possibile via d’uscita dal supplizio che l* compas sta subendo: 1. «In nessun caso si deve impiantare un pacemaker contro la volontà di Maja. Non sarebbe utile dal punto di vista medico, poiché la bassa frequenza cardiaca è una conseguenza diretta dello sciopero della fame.» 2. «Maja non deve essere legat* al letto. Una misura del genere sarebbe crudele e priva di giustificazione medica.» 3. «Il Ministero degli Esteri tedesco deve urgentemente porre fine all’isolamento carcerario e ottenere il rientro di Maja in Germania.» 4. «Non devono avvenire altre estradizioni verso l’Ungheria!» [Estratto da: Comunicato stampa congiunto di Wolfram Jarosch e del Comitato di solidarietà per lo sciopero della fame di Maja] Pretendiamo la liberazione immediata di Maja! Urge un fronte comune di lotta contro questa ondata fascista che, come un olezzo di roba rancida e putrefatta, si è riversata sul nostro mondo e nelle nostre città. Non possiamo aspettarci niente da uno stato fascista – ungherese o italiano che sia – e sicuramente non ci aspettiamo una narrazione istituzionale che definisca i nazisti come un problema di libertà. Cosa possiamo aspettarci, allora, da un tribunale in cui l’unico giudice fa anche parte dell’accusa, se non un teatrino della peggior specie? Possiamo però essere e restare solidal*, possiamo fare tutto ciò che pensiamo sia giusto per aumentare la solidarietà in maniera esponenziale, immaginando anche nuove forme di lotta. A Torino gridiamo da oltre trent’anni che “si parte e si torna insieme”: non è solo un coro, è una sfida vitale! Maja non è sol* #FreeAllAntifas #FreeMaja
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In solidarietà a Manituana
L’attacco a Manituana è un ulteriore atto nella guerra a bassa intensità che l’amministrazione comunale ha dichiarato contro gli spazi liberati e l’auto-organizzazione dal basso. La Torino che sognano di costruire è una città “smart” e ricca, dove chi ha potere economico può avere tutto, mentre chi è pover* semplicemente scompare. Una città di rentiers che spremono valore dalla speculazione edilizia, dagli affitti sempre più inaccessibili e dai grandi eventi. Naturalmente in tutto questo non c’è spazio per le persone in carne ed ossa che questa città la abitano davvero: persone con necessità e bisogni (casa, reddito, salute), con desideri e sogni (di relazioni sociali soddisfacenti, di una vita degna e interessante), con rabbia e aspirazioni ad un mondo altro. È in questo humus fertile, fatto di relazioni e politica, di auto-organizzazione e lotta, che gli spazi sociali come Manituana nascono e proliferano: perchè, come ci ricordano lu compas, una collettività politica non si può sradicare. Ed è difficile convincere chi ha sperimentato la possibilità di decidere sulla propria vita e sulle scelte della propria comunità a rientrare nei ranghi dell’obbedienza al comando della ragion (economica) di Stato. Manituana non ha genere, non ha specie e non ha padroni. È l’insradicabile necessità di costruire, immaginare futuri diversi, coltivare speranze e lotte in un presente in cui il cemento prova a soffocare ogni seme di resistenza. Di fronte al furto di spazio che GTT e Amiat-Iren progettano, Manituana promette di resistere. Non solo noi lo crediamo, ma assicuriamo fin d’ora che siamo e saremo al loro fianco.
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La Torino che Vogliamo
SPECULAZIONE