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Solidarietà all* compagn* indagat*, eravamo e rimaniamo al loro fianco!
In un momento storico segnato da tensioni crescenti, in cui la corsa al riarmo e la logica della guerra imperialista vengono imposte come orizzonte inevitabile, non sorprende che le istituzioni tentino di silenziare e reprimere chi sceglie di organizzarsi dal basso, animando e vivendo le lotte che si oppongono al deserto lasciato dalle politiche istituzionali. Da sempre, chi si oppone allo stato delle cose viene criminalizzatx. Oggi più che mai, chi non abbassa la testa e continua a resistere è oggetto di una repressione sempre più intensa, attraverso misure giudiziarie che mirano ad annichilire il dissenso e a trasformare in nemico pubblico chi crede che le lotte dal basso siano lotte di tuttx. Vorrebbero silenziarci, costringerci alla passività, pront* ad accettare il destino che hanno già scelto per noi. Non riuscendoci, usano l’unica arma che conoscono: la repressione e la macchina del fango. Sappiamo bene che hanno paura. Sanno che chi scende in strada non lo fa per un tornaconto personale, non lo fa per soldi o per potere, come un qualunque politico. Lottare significa credere in un mondo diverso, significa costruire pratiche di resistenza e solidarietà reali, significa portare avanti un’idea di un mondo diverso e di una vita degna per tutt*. Ed è proprio questa determinazione a spaventarli: l’idea che esista ancora chi non si piega, chi si organizza, chi non è disposto a farsi schiacciare senza reagire. Tra pochi giorni ci sarà la sentenza del Processo Sovrano, l’ennesimo capitolo di una strategia repressiva che da anni tenta di annientare le esperienze di lotta costruite con determinazione da tant* compagn*, in valle come in città. Un processo velenoso costruito dalla procura torinese con l’unico scopo di colpire chi ha scelto di non arretrare, incastrando pezzi di storie diverse per costruire il teorema di un’associazione a delinquere. Un’accusa strumentale, frutto di un impianto che non ha nulla a che vedere con la ricerca della verità, ma molto con la volontà di stroncare il dissenso. Non è la prima volta che assistiamo a simili manovre repressive: la magistratura torinese è da sempre in prima linea nel colpire chi lotta, mentre le denunce degli abusi delle FFO vengono sistematicamente archiviate. è un copione già visto, dove i ruoli sono sempre gli stessi, da un lato, chi difende gli interessi del potere con processi-farsa e campagne mediatiche denigratorie e dall’altro, chi resiste e continua a lottare per la giustizia sociale. Ma questa repressione non riguarda solo Torino. Il processo sovrano si inserisce in un contesto di progressivo restringimento degli spazi di libertà e di espressione in tutta Italia. Infatti se colleghiamo questa vicenda alla riforma della giustizia che mira a sottomettere definitivamente il potere giudiziario al potere politico esecutivo l’obbiettivo diventa ancora più chiaro: normalizzare la società, soffocare il dissenso, spegnere ogni voce critica prima che possa diventare una minaccia reale per l’ordine costituito. Ma chi lotta non è mai solx. Solidarietà all* compagn* indagate, eravamo e rimaniamo al loro fianco! L*  compagn* del CSOA Gabrio
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Basta sgomberi! Casa per tutt*
Esattamente una settimana fa arrivava l’annuncio dello sgombero del palazzo occupato in via Monginevro 46 nel 2013. Un’occupazione nata a seguito della crisi economica che in città aveva portato numerosi sfratti e sgomberi, a cui si è risposto con varie occupazioni abitative (7 solo in San Paolo). Occupazioni che hanno dato l’opportunità a decine di persone di avere un tetto che gli permettesse di non finire ancora più ai margini di una società sempre più individualista ed escludente. Occupazioni, ma soprattutto case. Case che hanno permesso di ripartire e progettare il proprio futuro senza sottostare a ricatti e umiliazioni. Purtroppo però, come per le altre esperienze in quartiere, sembra arrivata la fine anche di questa occupazione. Uno sgombero quasi annunciato insomma: nemmeno un anno fa era stato sgomberato il palazzo di via Muriaglio e pochi anni prima via Frejus e via Revello. Quest’ultima palazzina con le stesse modalità di via Monginevro. Nonostante i proclami sui giornali della settimana scorsa, lo sgombero non è avvenuto realmente. Come in altri casi, è stata messa in atto una pratica tanto violenta quanto subdola: il distacco della luce e/o dell’acqua. Un assedio silenzioso per forzare le persone ad andarsene ed evitare alle istituzioni di dover avanzare proposte concrete per risolvere la costante crisi abitativa.  Mentre le famiglie con minori vengono trasferite in strutture, costrette a vivere spesso in un monolocale (questa volta fortunatamente non hanno separato i genitori), per le persone singole non c’è nessuna prospettiva.  E oggi? E domani? saranno giornate di “sgomberi dolci” a Torino– così gli piace chiamarli- evitando di prendersi la responsabilità politica e morale dell’assenza di soluzioni alternative.  Ciò che accade in queste situazioni non è una novità: il razzismo istituzionale, la gentrificazione crescente del quartiere San Paolo e la mancanza di politiche abitative efficaci hanno reso impossibile l’accesso a soluzioni dignitose per chi vive in occupazione.  Ancora una volta, si prospettano solo dormitori aperti per sole 12 ore, un’ulteriore umiliazione per chi lavora su tre turni, e una condizione inaccettabile per persone che rivendicano il diritto di avere un tetto sopra la testa. Le persone che vivono in occupazione non stanno chiedendo la carità, ma solo una casa vera, dignitosa, dove poter vivere senza il rischio di essere sfrattati ogni volta che la situazione economica o sociale non rispecchi le prospettive di palazzinari e speculatori. Molti sarebbero disposti ad affittare un alloggio se non fosse che il razzismo diffuso e la continua gentrificazione del quartiere e della città non lo permettono, rendendo ancora più insostenibile la loro condizione. Il diritto alla casa dovrebbe essere garantito a tutt3 e non solo a chi può permettersi di pagare affitti in un mercato immobiliare speculativo. Esprimiamo quindi la nostra ferma richiesta ai servizi sociali, al Comune di Torino e alle istituzioni competenti: le persone che occupano la palazzina di via Monginevro e gli altri che vivono nelle stesse condizioni non vogliono un dormitorio temporaneo, ma un alloggio stabile e degno. E’ ora di risolvere l’emergenza abitativa in modo serio e duraturo.  Non si può continuare a fare finta che il problema non esista. La città di Torino e le sue istituzioni devono trovare soluzioni abitative vere, per tutte le persone, senza discriminazioni. La crisi abitativa non è un’emergenza, è una costante. Non può essere affrontata con risposte temporanee o marginalizzando ulteriormente chi già vive una condizione di vulnerabilità. Esigiamo che venga trovata una soluzione immediata e concreta per tutte le persone che rischiano di essere sgomberate, senza che la loro dignità venga ulteriormente calpestata. Non basta un dormitorio, vogliamo una casa! La casa è un diritto, non una concessione.  C.S.O.A. Gabrio
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[2025-02-02] Incontro pubblico a più voci sui Nuovi OGM: Quale futuro per l’agricoltura? Quali opposizioni? @ Cascina Roccafranca
INCONTRO PUBBLICO A PIÙ VOCI SUI NUOVI OGM: QUALE FUTURO PER L’AGRICOLTURA? QUALI OPPOSIZIONI? Cascina Roccafranca - Via Rubino 45, Torino (domenica, 2 febbraio 14:00) L'AFFAIRE NUOVI OGM E LE RISPOSTE DA DARE LABORATORIO DI SAPERI DELLA GIORNATA "UNA BABELE DI SEMI" INCONTRO PUBBLICO A PIÙ VOCI SUI NUOVI OGM: QUALE FUTURO PER L’AGRICOLTURA? QUALI OPPOSIZIONI? RELATORI:  > LUCA COLOMBO, SEGRETARIO NAZIONALE FONDAZIONE ITALIANA PER LA RICERCA IN AGRICOLTURA BIOLOGICA;  > FRANCESCO PANIÈ, CROCEVIA, GIORNALISTA ED AUTORE DEL SAGGIO PERCHÈ FERMARE I NUOVI OGM;  > ROBERTO SCHELLINO, CIRCOLO ARCI ROSA LUXEMBURG; INCONTRO ORGANIZZATO E MODERATO DA ASCI Di Nuovi OGM abbiamo cominciato a sentirne parlare, dopo un breve periodo dall'accantonamento degli OGM (organismi geneticamente modificati), all'interno dell'arcipelago delle realtà legate all'agricoltura contadina. La sordina informativa voluta, tentata ed abbastanza riuscita, dal mondo scientifico interessato a queste tecniche ma soprattutto da quello affaristico che spinge verso una ricerca sempre più disinvolta, ben finanziata ed in pieno campo, naturalmente non è stato un caso. E' una scelta strategica ben ponderata: come tutte le volte che il capitale si prepara ad un salto di qualità, prima di tutto è impegnato a piazzare le sue pedine nei posti e con le modalità che contano: l'affaire Nuovi OGM è nel pieno del suo dispiegarsi e non ci sono segnali che vanno nella direzione opposta, anzi il lungo elenco delle varietà vegetali che gli enti di ricerca (soprattutto il CREA) stanno inviando al Ministero dell'ambiente per ottenere a fini scientifici la possibilità di coltivazioni in pieno campo, lo dimostra.  Dunque le NBT, new breeding technique, dette anche TEA, tecniche di evoluzione assistita, stanno per sbarcare nel Belpaese, con tutte le nefaste implicazioni di natura agronomica e salutistica, a partire dal problema della contaminazione delle altre coltivazioni e delle altre semenze, al tentativo di nascondere la tracciabilità nel cibo. Ma non solo. Parliamo anche di controllo del vivente nelle sue dimensioni più profonde.  Per questi motivi e per confrontarci su quali risposte dare, abbiamo deciso, dopo le iniziative di settembre 2024, di dedicare il Laboratorio dei Saperi, all'interno di Una Babele di Semi di quest'anno, al grosso ed immediato problema causato dalla ricerca sui Nuovi OGM e vi invitiamo a partecipare il 2 febbraio 2025 presso la Cascina Roccafranca a Torino all'incontro pubblico sul tema. Dettagli ed aggiornamenti si possono reperire sulle pagine dedicate ad Una Babele di Semi 2025, XIII edizione Per organizzare al meglio l'iniziativa, segnalateci la vostra partecipazione A.S.C.I. aps https://sitoasci.wixsite.com/asci/
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