L’apertura del CPR di Torino, prevista per il 24 Marzo, non poteva e non potrà
passare nel silenzio. A 2 anni dalle rivolte che ne hanno determinato la
chiusura, 70…
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In un momento storico segnato da tensioni crescenti, in cui la corsa al riarmo e
la logica della guerra imperialista vengono imposte come orizzonte inevitabile,
non sorprende che le istituzioni tentino di silenziare e reprimere chi sceglie
di organizzarsi dal basso, animando e vivendo le lotte che si oppongono al
deserto lasciato dalle politiche istituzionali.
Da sempre, chi si oppone allo stato delle cose viene criminalizzatx. Oggi più
che mai, chi non abbassa la testa e continua a resistere è oggetto di una
repressione sempre più intensa, attraverso misure giudiziarie che mirano ad
annichilire il dissenso e a trasformare in nemico pubblico chi crede che le
lotte dal basso siano lotte di tuttx.
Vorrebbero silenziarci, costringerci alla passività, pront* ad accettare il
destino che hanno già scelto per noi.
Non riuscendoci, usano l’unica arma che conoscono: la repressione e la macchina
del fango.
Sappiamo bene che hanno paura.
Sanno che chi scende in strada non lo fa per un tornaconto personale, non lo fa
per soldi o per potere, come un qualunque politico. Lottare significa credere in
un mondo diverso, significa costruire pratiche di resistenza e solidarietà
reali, significa portare avanti un’idea di un mondo diverso e di una vita degna
per tutt*.
Ed è proprio questa determinazione a spaventarli: l’idea che esista ancora chi
non si piega, chi si organizza, chi non è disposto a farsi schiacciare senza
reagire.
Tra pochi giorni ci sarà la sentenza del Processo Sovrano, l’ennesimo capitolo
di una strategia repressiva che da anni tenta di annientare le esperienze di
lotta costruite con determinazione da tant* compagn*, in valle come in città.
Un processo velenoso costruito dalla procura torinese con l’unico scopo di
colpire chi ha scelto di non arretrare, incastrando pezzi di storie diverse per
costruire il teorema di un’associazione a delinquere. Un’accusa strumentale,
frutto di un impianto che non ha nulla a che vedere con la ricerca della verità,
ma molto con la volontà di stroncare il dissenso.
Non è la prima volta che assistiamo a simili manovre repressive: la magistratura
torinese è da sempre in prima linea nel colpire chi lotta, mentre le denunce
degli abusi delle FFO vengono sistematicamente archiviate. è un copione già
visto, dove i ruoli sono sempre gli stessi, da un lato, chi difende gli
interessi del potere con processi-farsa e campagne mediatiche denigratorie e
dall’altro, chi resiste e continua a lottare per la giustizia sociale.
Ma questa repressione non riguarda solo Torino. Il processo sovrano si
inserisce in un contesto di progressivo restringimento degli spazi di libertà e
di espressione in tutta Italia. Infatti se colleghiamo questa vicenda alla
riforma della giustizia che mira a sottomettere definitivamente il potere
giudiziario al potere politico esecutivo l’obbiettivo diventa ancora
più chiaro: normalizzare la società, soffocare il dissenso, spegnere ogni voce
critica prima che possa diventare una minaccia reale per l’ordine costituito.
Ma chi lotta non è mai solx.
Solidarietà all* compagn* indagate, eravamo e rimaniamo al loro fianco!
L* compagn* del CSOA Gabrio
Esattamente una settimana fa arrivava l’annuncio dello sgombero del palazzo
occupato in via Monginevro 46 nel 2013.
Un’occupazione nata a seguito della crisi economica che in città aveva
portato numerosi sfratti e sgomberi, a cui si è risposto con varie occupazioni
abitative (7 solo in San Paolo).
Occupazioni che hanno dato l’opportunità a decine di persone di avere un tetto
che gli permettesse di non finire ancora più ai margini di una società sempre
più individualista ed escludente.
Occupazioni, ma soprattutto case.
Case che hanno permesso di ripartire e progettare il proprio futuro senza
sottostare a ricatti e umiliazioni.
Purtroppo però, come per le altre esperienze in quartiere, sembra arrivata la
fine anche di questa occupazione.
Uno sgombero quasi annunciato insomma: nemmeno un anno fa era stato sgomberato
il palazzo di via Muriaglio e pochi anni prima via Frejus e via Revello.
Quest’ultima palazzina con le stesse modalità di via Monginevro.
Nonostante i proclami sui giornali della settimana scorsa, lo sgombero non è
avvenuto realmente. Come in altri casi, è stata messa in atto una pratica tanto
violenta quanto subdola: il distacco della luce e/o dell’acqua. Un assedio
silenzioso per forzare le persone ad andarsene ed evitare alle istituzioni di
dover avanzare proposte concrete per risolvere la costante crisi abitativa.
Mentre le famiglie con minori vengono trasferite in strutture, costrette a
vivere spesso in un monolocale (questa volta fortunatamente non hanno separato i
genitori), per le persone singole non c’è nessuna prospettiva.
E oggi? E domani? saranno giornate di “sgomberi dolci” a Torino– così gli piace
chiamarli- evitando di prendersi la responsabilità politica e morale
dell’assenza di soluzioni alternative.
Ciò che accade in queste situazioni non è una novità: il razzismo istituzionale,
la gentrificazione crescente del quartiere San Paolo e la mancanza di politiche
abitative efficaci hanno reso impossibile l’accesso a soluzioni dignitose per
chi vive in occupazione.
Ancora una volta, si prospettano solo dormitori aperti per sole 12 ore,
un’ulteriore umiliazione per chi lavora su tre turni, e una condizione
inaccettabile per persone che rivendicano il diritto di avere un tetto sopra la
testa.
Le persone che vivono in occupazione non stanno chiedendo la carità, ma solo una
casa vera, dignitosa, dove poter vivere senza il rischio di essere sfrattati
ogni volta che la situazione economica o sociale non rispecchi le prospettive di
palazzinari e speculatori.
Molti sarebbero disposti ad affittare un alloggio se non fosse che il razzismo
diffuso e la continua gentrificazione del quartiere e della città non lo
permettono, rendendo ancora più insostenibile la loro condizione. Il diritto
alla casa dovrebbe essere garantito a tutt3 e non solo a chi può permettersi di
pagare affitti in un mercato immobiliare speculativo.
Esprimiamo quindi la nostra ferma richiesta ai servizi sociali, al Comune di
Torino e alle istituzioni competenti: le persone che occupano la palazzina di
via Monginevro e gli altri che vivono nelle stesse condizioni non vogliono un
dormitorio temporaneo, ma un alloggio stabile e degno. E’ ora di risolvere
l’emergenza abitativa in modo serio e duraturo. Non si può continuare a fare
finta che il problema non esista. La città di Torino e le sue istituzioni devono
trovare soluzioni abitative vere, per tutte le persone, senza discriminazioni.
La crisi abitativa non è un’emergenza, è una costante. Non può essere affrontata
con risposte temporanee o marginalizzando ulteriormente chi già vive una
condizione di vulnerabilità.
Esigiamo che venga trovata una soluzione immediata e concreta per tutte le
persone che rischiano di essere sgomberate, senza che la loro dignità venga
ulteriormente calpestata.
Non basta un dormitorio, vogliamo una casa!
La casa è un diritto, non una concessione.
C.S.O.A. Gabrio
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nazionale, Ramy è stato assassinato…
INCONTRO PUBBLICO A PIÙ VOCI SUI NUOVI OGM: QUALE FUTURO PER L’AGRICOLTURA?
QUALI OPPOSIZIONI?
Cascina Roccafranca - Via Rubino 45, Torino
(domenica, 2 febbraio 14:00)
L'AFFAIRE NUOVI OGM E LE RISPOSTE DA DARE
LABORATORIO DI SAPERI DELLA GIORNATA "UNA BABELE DI SEMI"
INCONTRO PUBBLICO A PIÙ VOCI SUI NUOVI OGM: QUALE FUTURO PER L’AGRICOLTURA?
QUALI OPPOSIZIONI?
RELATORI:
> LUCA COLOMBO, SEGRETARIO NAZIONALE FONDAZIONE ITALIANA PER LA RICERCA IN
AGRICOLTURA BIOLOGICA;
> FRANCESCO PANIÈ, CROCEVIA, GIORNALISTA ED AUTORE DEL SAGGIO PERCHÈ FERMARE I
NUOVI OGM;
> ROBERTO SCHELLINO, CIRCOLO ARCI ROSA LUXEMBURG;
INCONTRO ORGANIZZATO E MODERATO DA ASCI
Di Nuovi OGM abbiamo cominciato a sentirne parlare, dopo un breve periodo
dall'accantonamento degli OGM (organismi geneticamente modificati), all'interno
dell'arcipelago delle realtà legate all'agricoltura contadina. La sordina
informativa voluta, tentata ed abbastanza riuscita, dal mondo
scientifico interessato a queste tecniche ma soprattutto da quello affaristico
che spinge verso una ricerca sempre più disinvolta, ben finanziata ed in pieno
campo, naturalmente non è stato un caso. E' una scelta strategica ben ponderata:
come tutte le volte che il capitale si prepara ad un salto di qualità, prima di
tutto è impegnato a piazzare le sue pedine nei posti e con le modalità che
contano: l'affaire Nuovi OGM è nel pieno del suo dispiegarsi e non ci sono
segnali che vanno nella direzione opposta, anzi il lungo elenco delle varietà
vegetali che gli enti di ricerca (soprattutto il CREA) stanno inviando al
Ministero dell'ambiente per ottenere a fini scientifici la possibilità di
coltivazioni in pieno campo, lo dimostra.
Dunque le NBT, new breeding technique, dette anche TEA, tecniche di evoluzione
assistita, stanno per sbarcare nel Belpaese, con tutte le nefaste implicazioni
di natura agronomica e salutistica, a partire dal problema della contaminazione
delle altre coltivazioni e delle altre semenze, al tentativo di nascondere la
tracciabilità nel cibo. Ma non solo. Parliamo anche di controllo del vivente
nelle sue dimensioni più profonde.
Per questi motivi e per confrontarci su quali risposte dare, abbiamo deciso,
dopo le iniziative di settembre 2024, di dedicare il Laboratorio dei Saperi,
all'interno di Una Babele di Semi di quest'anno, al grosso ed immediato problema
causato dalla ricerca sui Nuovi OGM e vi invitiamo a partecipare il 2 febbraio
2025 presso la Cascina Roccafranca a Torino all'incontro pubblico sul tema.
Dettagli ed aggiornamenti si possono reperire sulle pagine dedicate ad Una
Babele di Semi 2025, XIII edizione
Per organizzare al meglio l'iniziativa, segnalateci la vostra partecipazione
A.S.C.I. aps
https://sitoasci.wixsite.com/asci/