Pubblichiamo questo comunicato del CSA Spartaco, sull’avvenuta chiusura
(vigliacca) da parte del Comune di Ravenna, seguito da una nota di commento che
ci é stata inviata.  COMUNICATO DEL CSA SPARTACO …
Tag - centri sociali
Un altro attacco sionista contro il CSOA La Strada a Roma. Il secondo in quattro
mesi Nella notte tra giovedì e venerdì, poco dopo le 4, ignoti hanno lanciato
una …
Un misto di rabbia e festa urlato da migliaia di persone che ieri hanno
attraversato Milano per difendere spazi sociali e immaginare una città diversa:
solidale, pubblica, inclusiva. Ancora, dopo 50 anni di militanza, il Leoncavallo
ha acceso un grido che scuote il cuore della metropoli. di Riccardo Sacchi
Milano richiede una città diversa. Ieri lo […]
A Milano oltre 50 mila persone hanno preso parte al corteo per la difesa degli
spazi sociali, dopo lo sgombero del Leoncavallo il mese scorso. «Occupare non ha
mai tolto nulla a nessuno. I soli a rimetterci sono gli speculatori» di Giuliano
Santoro da il manifesto Non è stato il funerale del Leoncavallo, è stata […]
Dopo lo sgombero del Leoncavallo a Milano la tentazione della destra è di
spostare a Roma il fronte. di Valerio Renzi da il manifesto Dopo lo sgombero del
Leoncavallo la tentazione della destra è di spostare a Roma il fronte. E non
tanto per il dossier che riguarda l’occupazione neofascista di CasaPound, per la
quale […]
Sgombero dello storico centro sociale Leoncavallo a Milano. La polizia è entrata
nel centro sociale all’alba di giovedì 21 agosto con l’ufficiale giudiziario. Su
ordine di Piantedosi hanno rispolverato, dopo 36 anni, lo sgombero del
Leoncavallo ad agosto. Hanno voluto colpire un simbolo storico. Milano svuotata
di senso, ridotta a vetrina per turisti e speculatori. […]
Il primo tentativo di sgombero del Leoncavallo è stato respinto nel 1989 con una
«iconica» resistenza. Martedì il Viminale ci riprova. La gentrificazione
allontana lo storico centro sociale e la burocrazia ne frena il trasloco di
Giuliano Santoro da il manifesto Una leggenda metropolitana, ampiamente smentita
dai fatti e dall’evidenza delle circostanze, sostiene che il […]
Il pomeriggio del 3 aprile l’Ertzaintza è arrivata in forze per sgomberare il
gaztetxe Etxarri II, occupato dal 2014, nel quartiere di Errekalde, a Bilbao. La
resistenza non si è fatta attendere: nel giro di un’ora dalla chiamata, le
persone erano già un migliaio e hanno dato vita ad una manifestazione spontanea,
finita in parecchie […]
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il comunicato di Casa Galeone, realtà delle
Marche sotto sfratto
IL GALEONE IN TEMPESTA
Nel 2022, venuti a conoscenza delle intenzioni di sfratto della proprietà
nonostante non fossimo mai stati morosi e sussistessero noti accordi con il
legittimo proprietario Arnaldo Natali, spalle al muro abbiamo deciso di opporci
agli sfratti in sede processuale, forti delle nostre ragioni e delle evidenze
che credevamo incontestabili.
Ci siamo imbarcati in un’impresa costosa, lunga e complicata su un terreno
ostile che non è mai stato il nostro. In tribunale ci siamo sempre andati o
perché trascinati dalle guardie o per sostenere compagni/e inguaiati/e con la
legge. Mai volontariamente a cercare “giustizia”. E così doveva rimanere.
Una volta saliti su questo carrozzone siamo stati travolti da schemi che ci
hanno obbligato a contrarre la nostra attitudine al conflitto, sovradeterminando
le nostre pratiche e sottraendo energia alle lotte e ai progetti per dedicarci
alla raccolta fondi perché, a differenza della proprietà che ha a disposizione
fondi illimitati piovuti dal cielo, noi possiamo contare solo sulle nostre forze
e sulla solidarietà dei nostri compagni e delle nostre compagne.
Il 12/02/2025 nel giudizio n.r.g. 225/2024 la Sezione specializzata agraria del
tribunale di Macerata ha emesso la sentenza in merito al procedimento sulla
supposta finita locazione dell’immobile abitativo decretando l’obbligo del
rilascio non oltre il 31 Maggio 2025.
Con la stessa ci condannano, inoltre, al pagamento delle spese legali sostenute
dalla proprietà e al pagamento degli affitti non versati dal 2023 ad oggi.
Tutte le nostre richieste in merito alla natura del contratto, di fatto agrario
e non di civile abitazione, e soprattutto a quelle relative a un importante
controcredito che vanteremmo in seguito ai numerosi e dettagliati lavori di
ristrutturazione sono state rigettate malamente.
Il 22/11/2024 nel giudizio 1119/2022-535/2023 r. g. vertenti, la corte d’appello
d’ Ancona respinge il nostro ricorso condannandoci al rilascio della terra
liberandola tempestivamente di ogni soprassuolo e ovviamente siamo stati anche
condannati a rifondere spese legali e canoni. Abbiamo infine ricorso in
cassazione sperando che, non essendo ancora andato in giudicato, avrebbe
“puntellato” l’impianto delle nostre istanze in merito alla questione abitativa.
Un disastro.
Abbiamo infine offerto in extremis, per l’acquisto della casa, una cifra
spropositata. Molto più alta del reale valore dell’immobile. Una cifra a cui,
solo una manciata di mesi prima, la proprietà ci aveva chiesto di arrivare per
la sua cessione e alla quale abbiamo ricevuto come risposta un laconico: “non
esistono i presupposti per improntare una qualsivoglia trattativa”. Che tradotto
probabilmente significa: “piuttosto la bruciamo”.
Che vi fosse un problema ideologico di fondo lo aveva candidamente confessato il
loro avvocato, tale Michelangelo Seri di Civitanova Marche, dobbiamo dire a
tratti più realista del re, che probabilmente dietro mandato della Luna srl ha
cercato, nelle varie udienze, di inserire la questione politica e morale nel
dibattimento. In particolare, durante le mobilitazioni in solidarietà
dell’anarchico Alfredo Cospito ha millantato la nostra “pericolosità sociale”
perché protagonisti di un’esperienza agricola comunitaria di stampo libertario,
arrivando poi a ridicolizzarsi nel tentativo di stigmatizzare come esotico e
ambiguo il nostro modello di vita in comune, e definendo inoltre “fantasie
agresti” le nostre pratiche contadine.
Probabilmente il problema nasce quando, la non ancora erede Miriam Natali,
durante una visita a Casa Galeone accompagnata dal fido Lino Sopranzi,
commercialista con delega di amministratore di sostegno del vecchio Arnaldo
oramai infermo, si imbatté nel nostro frigorifero a doppia anta. Sicuramente
l’elettrodomestico che più di tutti gli altri manifesta il suo Antifascismo.
Secondo il loro terzista pare che alla vista di tutti quegli adesivi colorati e
inequivocabili, ne sia uscita particolarmente turbata... Il famoso problema
ideologico di fondo.
Non vogliamo negare né la profonda tristezza, né la grande rabbia per questo
sopruso, né l’oggettiva difficoltà a coprire le spese legali.
Sappiamo che difficilmente gli spazi di casa nostra saranno nuovamente abitati
perché sull’immobile pendono una serie di vincoli oltre che una frana attiva che
dovrebbero dissuadere anche il più sprovveduto acquirente, e quindi questi spazi
così pieni vita, progetti, disagio, ricordi sono destinati all’abbandono, al
silenzio.
Sappiamo che a breve la nostra terra che abbiamo trasformato da un campo arido e
avvelenato in luogo fertile e ricco di biodiversità verrà riconsegnata
all’agroindustria che in una sola stagione procederà allo sterminio dei
micro-ecosistemi che vi erano rinati.
In questi giorni stiamo cercando disperatamente un altro posto dove continuare
il progetto di casa galeone ma non è semplice. Per niente. Non è semplice
immaginare un altro luogo dove ricominciare, organizzare un trasloco in odore di
esodo, asportare tutti gli impianti e le migliorie approntate in questi anni,
immaginare che una nuova bimba possa nascere proprio nei giorni dello sfratto e
pensare di abbandonare un luogo a cui abbiamo dato così tanto e che così tanto
ci ha dato. Non è semplice.
Noi comunque non molliamo e i conti non si chiuderanno di certo così.
Non riusciamo ad immaginare un altro modo di vivere e di lottare.
Vorremmo concludere citando testualmente il presidente della commissione
speciale agraria del tribunale di Macerata quando per richiamare a gran voce gli
avvocati e i suoi colleghi alla lettura dell’ultima sentenza dice:
ADESSO TOCCA AGLI ANARCHICI
 
 
 
> Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi
> sostenerci donando il tuo 5×1000
> 
> News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
Il Governo e Telt chiedono un totale di oltre 7 milioni di euro al Movimento No
Tav, ai compagni e alle compagne del centro sociale Askatasuna e dello Spazio
Popolare Neruda. Al processo che vede coinvolte 28 persone di cui 16 con
l’accusa di associazione a delinquere ha visto andare in scena la richiesta dei
risarcimenti dei “danni” per le manifestazioni prese in oggetto dall’inchiesta,
perlopiù svolte in Val di Susa.
da Associazione a Resistere
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno e Ministero della
Difesa, costituitisi in parte civile, richiedono sia il danno patrimoniale per
le persone infortunate oltre che per i mezzi e il vestiario danneggiati, ma
anche per il costo delle attività investigative della Questura, gli
straordinari, l’indennità di ordine pubblico, sia il danno non patrimoniale. Per
dare qualche cifra da capogiro, soltanto nel 2021 lo straordinario calcolato per
i celerini ammontava a 1.024.785 di euro, a queste spese occorre aggiungere le
spese del vitto, dell’alloggio e vettovagliamento. Bisogna poi contare il danno
non patrimoniale, ossia il danno all’immagine, lesione del prestigio e
credibilità dell’istituzione. Ciò si concretizza per un totale di oltre 7
milioni di euro (di cui 2.500.000 euro in via provvisionale esecutiva in attesa
che il processo si concluda in via definitiva, ciò implica la possibilità che,
già in primo grado di giudizio, una parte della quantificazione dei danni dovrà
essere liquidata immediatamente, pena la sospensione della condizionale): 3,6
milioni per il Ministero dell’Interno, 3 mila euro per il Ministero della
Difesa, a questo si aggiunge il danno non patrimoniale per la cifra di 3 milioni
al Ministero dell’Interno e ulteriori 100 mila euro per il Ministero della
Difesa e 100 mila per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Oltre alle cifre
richieste dall’avvocatura di Stato, vengono sommati 1 milione di euro
immediatamente esecutivi ai quali si aggiungeranno danni patrimoniali (e non) da
liquidare e quantificare in sede civile da parte di Telt. Questa richiesta mette
sotto accusa e infonde l’idea che chi protesta debba sobbarcarsi l’onere di
pagare poliziotti in trasferta, gli extra, gli straordinari e tutto ciò che
comporta la presenza di migliaia di poliziotti tenuti in pianta stabile a
occupare un intero territorio come la Val Susa.
Durante l’udienza si è tenuta anche la prima parte dell’arringa difensiva
dell’avvocato Novaro in merito al capo 1 incentrata sull’inconsistenza delle
accuse dell’associazione a delinquere. Viene smontata quindi pezzo pezzo la
memoria della Procura evidenziando tutte le forzature, i pregiudizi e
l’inconsistenza di un teorema accusatorio che vuole negare la politicità
dell’agire degli imputati, relegando la storia dei movimenti a espressioni
deliquenziali, complotti criminali e nient’altro. Alla faccia della
costituzione. É stata destrutturata la tesi cardine dell’accusa che, come aveva
inaugurato la pm Pedrotta nel suo discorso per formulare le richieste, non
sarebbe tutta l’Askatasuna a essere considerata criminale ma soltanto un gruppo
al suo interno: allora non si spiega come possa reggere tutto l’impianto
accusatorio se questa affermazione fosse vera. É stato sottolineato come nelle
pagine dell’inchiesta ci siano copia e incolla delle annotazioni della digos che
non sono state minimamente contestualizzate e inoltre, non ci è dato sapere il
criterio con il quale siano state formulate le richieste dell’accusa. Un tema
importante che è stato messo al centro poi, è come la solidarietà non possa
essere comparata a comportamenti e dinamiche afferenti a dimensioni mafiose, in
quanto basta alzare lo sguardo e vedere che in tutta Italia, ma siamo certi di
poter dire in tutto il mondo, tutti i movimenti sociali si supportano a vicenda,
si organizzano per portare avanti le lotte e per supportare le compagne e i
compagni perseguiti dalla legge, il che prevede l’esborso di denaro.
E non è la prima volta infatti, che il Governo e Telt vogliono giocare la carta
dei soldi per mettere i bastoni fra le ruote al Movimento No Tav, ricordiamo la
somma esorbitante chiesta all’epoca del processone No Tav che riguardò le
giornate di lotta del 27 giugno e del 3 luglio 2011 che ammontava a 650 mila
euro, ma anche altre occasioni in cui il dissenso e la lotta all’interno delle
aule dei Tribunali sono state relegate a un dettaglio facoltativo in democrazia
sotto il ricatto del denaro. Vogliamo ricordare la condanna ad Alberto Perino,
Loredana Bellone e Giorgio Vair, condannati al risarcimento dei danni per un
presidio che avrebbe causato danni a Ltf a Susa in zona autoporto nel lontano
2010, condannati a pagare 214mila euro perché non si riuscirono a insediare
macchinari e uomini per fare i sondaggi geognostici.
Risarcimenti come quelli richiesti oggi vogliono affermare la ragion di Stato
costi quel che costi, pensando che sia accettato socialmente che a persone
normali che studiano e lavorano o sono in pensione venga richiesta una tale
somma di denaro per aver partecipato a movimenti sociali che hanno fatto la
storia del nostro Paese. É evidente che non sia razionale né possibile pensare
che si potranno pagare tali somme, ma che l’obiettivo è quello di intimorire e
spaventare tutto un movimento e fare da monito per chi pensa di organizzarsi e
lottare. Per quanto ci riguarda noi non siamo abituati a misurare il mondo in
carta moneta ma evidentemente per le istituzioni dello Stato la propria
credibilità è questione di contabilità. Continuare a imporre con assoluta
noncuranza delle voci che vi si oppongono un’opera come il tav, spacciandola
come un’infrastruttura di interesse strategico nazionale è un esempio lampante
della prepotenza dello Stato, che non incarna proprio alcuna ragione: ma anzi,
propaganda l’uso della forza come unico mezzo con cui imporre le proprie
decisioni e garantirsi quel poco di legittimità che gli rimane. La Valle di Susa
avrebbe volentieri fatto a meno di vedere il proprio territorio deturpato e
militarizzato, occupato da tutte le forze dell’ordine e dall’esercito, sapendo
anche di dovergli pagare gli straordinari. “Lottare costa caro” è il titolo di
uno dei tanti articoli usciti a seguito del lancio della notizia dei milioni
richiesti durante questo processo: costa caro certo, ma ciò che sembra sempre
più cara è la possibilità di esprimere contrarietà a fronte di scelte scellerate
dei Governi, gli stessi che oggi ci stanno trascinando in guerra. Se
organizzarsi collettivamente viene paragonato a metodi mafiosi, rappresentare ed
esprimere l’opposizione sociale porta a pagare caro nell’era in cui il soldo è
l’unico strumento con cui dare valore alla giustizia, siamo sicuri che qua i
conti non stanno tornando. Eppure ci si aspetterebbe di sentire che il dissenso
è il sale della democrazia, anche nelle aule di Tribunale…..
> Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi
> sostenerci donando il tuo 5×1000 
> 
> News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp