Riceviamo e volentieri pubblichiamo il comunicato di Casa Galeone, realtà delle
Marche sotto sfratto
IL GALEONE IN TEMPESTA
Nel 2022, venuti a conoscenza delle intenzioni di sfratto della proprietà
nonostante non fossimo mai stati morosi e sussistessero noti accordi con il
legittimo proprietario Arnaldo Natali, spalle al muro abbiamo deciso di opporci
agli sfratti in sede processuale, forti delle nostre ragioni e delle evidenze
che credevamo incontestabili.
Ci siamo imbarcati in un’impresa costosa, lunga e complicata su un terreno
ostile che non è mai stato il nostro. In tribunale ci siamo sempre andati o
perché trascinati dalle guardie o per sostenere compagni/e inguaiati/e con la
legge. Mai volontariamente a cercare “giustizia”. E così doveva rimanere.
Una volta saliti su questo carrozzone siamo stati travolti da schemi che ci
hanno obbligato a contrarre la nostra attitudine al conflitto, sovradeterminando
le nostre pratiche e sottraendo energia alle lotte e ai progetti per dedicarci
alla raccolta fondi perché, a differenza della proprietà che ha a disposizione
fondi illimitati piovuti dal cielo, noi possiamo contare solo sulle nostre forze
e sulla solidarietà dei nostri compagni e delle nostre compagne.
Il 12/02/2025 nel giudizio n.r.g. 225/2024 la Sezione specializzata agraria del
tribunale di Macerata ha emesso la sentenza in merito al procedimento sulla
supposta finita locazione dell’immobile abitativo decretando l’obbligo del
rilascio non oltre il 31 Maggio 2025.
Con la stessa ci condannano, inoltre, al pagamento delle spese legali sostenute
dalla proprietà e al pagamento degli affitti non versati dal 2023 ad oggi.
Tutte le nostre richieste in merito alla natura del contratto, di fatto agrario
e non di civile abitazione, e soprattutto a quelle relative a un importante
controcredito che vanteremmo in seguito ai numerosi e dettagliati lavori di
ristrutturazione sono state rigettate malamente.
Il 22/11/2024 nel giudizio 1119/2022-535/2023 r. g. vertenti, la corte d’appello
d’ Ancona respinge il nostro ricorso condannandoci al rilascio della terra
liberandola tempestivamente di ogni soprassuolo e ovviamente siamo stati anche
condannati a rifondere spese legali e canoni. Abbiamo infine ricorso in
cassazione sperando che, non essendo ancora andato in giudicato, avrebbe
“puntellato” l’impianto delle nostre istanze in merito alla questione abitativa.
Un disastro.
Abbiamo infine offerto in extremis, per l’acquisto della casa, una cifra
spropositata. Molto più alta del reale valore dell’immobile. Una cifra a cui,
solo una manciata di mesi prima, la proprietà ci aveva chiesto di arrivare per
la sua cessione e alla quale abbiamo ricevuto come risposta un laconico: “non
esistono i presupposti per improntare una qualsivoglia trattativa”. Che tradotto
probabilmente significa: “piuttosto la bruciamo”.
Che vi fosse un problema ideologico di fondo lo aveva candidamente confessato il
loro avvocato, tale Michelangelo Seri di Civitanova Marche, dobbiamo dire a
tratti più realista del re, che probabilmente dietro mandato della Luna srl ha
cercato, nelle varie udienze, di inserire la questione politica e morale nel
dibattimento. In particolare, durante le mobilitazioni in solidarietà
dell’anarchico Alfredo Cospito ha millantato la nostra “pericolosità sociale”
perché protagonisti di un’esperienza agricola comunitaria di stampo libertario,
arrivando poi a ridicolizzarsi nel tentativo di stigmatizzare come esotico e
ambiguo il nostro modello di vita in comune, e definendo inoltre “fantasie
agresti” le nostre pratiche contadine.
Probabilmente il problema nasce quando, la non ancora erede Miriam Natali,
durante una visita a Casa Galeone accompagnata dal fido Lino Sopranzi,
commercialista con delega di amministratore di sostegno del vecchio Arnaldo
oramai infermo, si imbatté nel nostro frigorifero a doppia anta. Sicuramente
l’elettrodomestico che più di tutti gli altri manifesta il suo Antifascismo.
Secondo il loro terzista pare che alla vista di tutti quegli adesivi colorati e
inequivocabili, ne sia uscita particolarmente turbata... Il famoso problema
ideologico di fondo.
Non vogliamo negare né la profonda tristezza, né la grande rabbia per questo
sopruso, né l’oggettiva difficoltà a coprire le spese legali.
Sappiamo che difficilmente gli spazi di casa nostra saranno nuovamente abitati
perché sull’immobile pendono una serie di vincoli oltre che una frana attiva che
dovrebbero dissuadere anche il più sprovveduto acquirente, e quindi questi spazi
così pieni vita, progetti, disagio, ricordi sono destinati all’abbandono, al
silenzio.
Sappiamo che a breve la nostra terra che abbiamo trasformato da un campo arido e
avvelenato in luogo fertile e ricco di biodiversità verrà riconsegnata
all’agroindustria che in una sola stagione procederà allo sterminio dei
micro-ecosistemi che vi erano rinati.
In questi giorni stiamo cercando disperatamente un altro posto dove continuare
il progetto di casa galeone ma non è semplice. Per niente. Non è semplice
immaginare un altro luogo dove ricominciare, organizzare un trasloco in odore di
esodo, asportare tutti gli impianti e le migliorie approntate in questi anni,
immaginare che una nuova bimba possa nascere proprio nei giorni dello sfratto e
pensare di abbandonare un luogo a cui abbiamo dato così tanto e che così tanto
ci ha dato. Non è semplice.
Noi comunque non molliamo e i conti non si chiuderanno di certo così.
Non riusciamo ad immaginare un altro modo di vivere e di lottare.
Vorremmo concludere citando testualmente il presidente della commissione
speciale agraria del tribunale di Macerata quando per richiamare a gran voce gli
avvocati e i suoi colleghi alla lettura dell’ultima sentenza dice:
ADESSO TOCCA AGLI ANARCHICI
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Tag - sgombero
Esattamente una settimana fa arrivava l’annuncio dello sgombero del palazzo
occupato in via Monginevro 46 nel 2013.
Un’occupazione nata a seguito della crisi economica che in città aveva
portato numerosi sfratti e sgomberi, a cui si è risposto con varie occupazioni
abitative (7 solo in San Paolo).
Occupazioni che hanno dato l’opportunità a decine di persone di avere un tetto
che gli permettesse di non finire ancora più ai margini di una società sempre
più individualista ed escludente.
Occupazioni, ma soprattutto case.
Case che hanno permesso di ripartire e progettare il proprio futuro senza
sottostare a ricatti e umiliazioni.
Purtroppo però, come per le altre esperienze in quartiere, sembra arrivata la
fine anche di questa occupazione.
Uno sgombero quasi annunciato insomma: nemmeno un anno fa era stato sgomberato
il palazzo di via Muriaglio e pochi anni prima via Frejus e via Revello.
Quest’ultima palazzina con le stesse modalità di via Monginevro.
Nonostante i proclami sui giornali della settimana scorsa, lo sgombero non è
avvenuto realmente. Come in altri casi, è stata messa in atto una pratica tanto
violenta quanto subdola: il distacco della luce e/o dell’acqua. Un assedio
silenzioso per forzare le persone ad andarsene ed evitare alle istituzioni di
dover avanzare proposte concrete per risolvere la costante crisi abitativa.
Mentre le famiglie con minori vengono trasferite in strutture, costrette a
vivere spesso in un monolocale (questa volta fortunatamente non hanno separato i
genitori), per le persone singole non c’è nessuna prospettiva.
E oggi? E domani? saranno giornate di “sgomberi dolci” a Torino– così gli piace
chiamarli- evitando di prendersi la responsabilità politica e morale
dell’assenza di soluzioni alternative.
Ciò che accade in queste situazioni non è una novità: il razzismo istituzionale,
la gentrificazione crescente del quartiere San Paolo e la mancanza di politiche
abitative efficaci hanno reso impossibile l’accesso a soluzioni dignitose per
chi vive in occupazione.
Ancora una volta, si prospettano solo dormitori aperti per sole 12 ore,
un’ulteriore umiliazione per chi lavora su tre turni, e una condizione
inaccettabile per persone che rivendicano il diritto di avere un tetto sopra la
testa.
Le persone che vivono in occupazione non stanno chiedendo la carità, ma solo una
casa vera, dignitosa, dove poter vivere senza il rischio di essere sfrattati
ogni volta che la situazione economica o sociale non rispecchi le prospettive di
palazzinari e speculatori.
Molti sarebbero disposti ad affittare un alloggio se non fosse che il razzismo
diffuso e la continua gentrificazione del quartiere e della città non lo
permettono, rendendo ancora più insostenibile la loro condizione. Il diritto
alla casa dovrebbe essere garantito a tutt3 e non solo a chi può permettersi di
pagare affitti in un mercato immobiliare speculativo.
Esprimiamo quindi la nostra ferma richiesta ai servizi sociali, al Comune di
Torino e alle istituzioni competenti: le persone che occupano la palazzina di
via Monginevro e gli altri che vivono nelle stesse condizioni non vogliono un
dormitorio temporaneo, ma un alloggio stabile e degno. E’ ora di risolvere
l’emergenza abitativa in modo serio e duraturo. Non si può continuare a fare
finta che il problema non esista. La città di Torino e le sue istituzioni devono
trovare soluzioni abitative vere, per tutte le persone, senza discriminazioni.
La crisi abitativa non è un’emergenza, è una costante. Non può essere affrontata
con risposte temporanee o marginalizzando ulteriormente chi già vive una
condizione di vulnerabilità.
Esigiamo che venga trovata una soluzione immediata e concreta per tutte le
persone che rischiano di essere sgomberate, senza che la loro dignità venga
ulteriormente calpestata.
Non basta un dormitorio, vogliamo una casa!
La casa è un diritto, non una concessione.
C.S.O.A. Gabrio
«Tuteliamo un’area in disuso». Ma Mutonia rischia lo sgombero.Un abitante della
comunità artistica commenta la sentenza inattesa del Consiglio di Stato. Il
gruppo è a Santarcangelo di Romagna da 35 anni, gli abitanti e il Comune lo
difendono
di Lucrezia Ercolani da il manifesto
«Nessuna delle nostre costruzioni è permanente, potremmo caricare tutto e
andarcene. Mi chiedo perché però, visto che siamo una luce positiva nel
territorio. La nostra vita è dignitosa e improntata al riuso». A parlare è Andy
MacFarlane, chitarrista scozzese abitante di Mutonia, la comunità artistica
situata in Romagna che rischia ora la demolizione. È una sentenza del Consiglio
di Stato, arrivata a sorpresa, a rendere di nuovo precaria la condizione degli
abitanti-artisti, insediatisi nei pressi di Santarcangelo nei primi anni ’90. La
Mutoid Waste Company era nata a Londra qualche anno prima, quando un gruppo di
giovani vicini alla scena punk iniziò a creare manufatti, sculture giganti,
performance infuocate riutilizzando materiali di scarto come pezzi di
automobili, alluminio e tutto ciò che poteva tornare utile.
QUANDO, però, alla fine degli anni ’80, Margaret Thatcher fece guerra ai rave
party – corsi e ricorsi storici… – il gruppo cercò un contesto più favorevole
oltremanica e in particolare a Santarcangelo, dove arrivò dietro invito dello
storico festival di teatro. Da allora, parte della comunità si è stabilita sulle
sponde del fiume Marecchia, costruendo le proprie case mobili e i «mostri» di
acciaio, divenuti nel tempo un’attrattiva e un mezzo di sostentamento tra
scenografie, esposizioni e commissioni.
Col paese romagnolo hanno costruito un rapporto profondo, come testimonia la
vicinanza degli abitanti, che si sono stretti intorno a Mutonia tutte le volte
che è stata minacciata. «Trentacinque anni non sono pochi, qui vivono bambini
che vanno a scuola nel paese, molti di noi hanno la cittadinanza italiana. Siamo
Doc come il Sangiovese. Gli abitanti per lo più ci supportano, sono scesi in
piazza con le magliette “nessuno tocchi Mutonia”. Poi certo, non possiamo
piacere a tutti, ma anche questa è biodiversità» afferma MacFarlane. Il
riferimento è a Giorgio Ricci, «vicino di casa» degli artisti, che da oltre
dieci anni porta avanti la sua battaglia per la demolizione, prima con un
esposto al Comune, poi rivolgendosi al Tar e infine al Consiglio di Stato.
La vicenda apre riflessioni sul rapporto tra arte e legalità, non sempre facile
quando la prima si pone lo scopo di spingersi oltre le frontiere del conosciuto.
Ma anche su come vivere in maniera diversa, fuori dagli schemi della società
iperproduttiva, infastidisca come atto in sé, anche se di fastidio non se ne
arreca nessuno: «Forse all’inizio abbiamo fatto un po’ rumore con musica e
feste, ma sono 25 anni che viviamo immersi in un grande silenzio. Quando sono
arrivato qui era il ’93, mi ero appena laureato in arte all’Università di
Glasgow, mi piaceva utilizzare i cofani delle macchine per dipingere invece
delle tele. Avevo vent’anni, ora ne ho 54, e siamo i datori di lavoro di noi
stessi. Le cose Mutoid mutano».
TUTTO IL VALORE di Mutonia – dalle sue costruzioni mastodontiche, plasmate da
visioni ancestrali e utopiche, all’etica del riuso fino all’esperimento di vita
comunitaria – è stato ben compreso dall’amministrazione di Santarcangelo.
Un’anomalia, se pensiamo agli sgomberi avvenuti in Italia negli ultimi anni, tra
cui il caso di Xm 24 nella vicina Bologna, dove la posizione presa dal Comune è
stata determinante.
In questo caso, invece, prima la sindaca Alice Parma (oggi consigliera
regionale) e ora il sindaco Filippo Sacchetti, entrambi molto giovani e eletti
con il Pd, si sono schierati con decisione a favore degli artisti. Nel 2013,
quando Ricci presentò il primo esposto, l’amministrazione elaborò un Piano
Operativo Comunale (Poc) secondo il quale il villaggio di Mutonia sarebbe
divenuto un parco artistico tutelato. Il Tar prese atto della direzione
intrapresa, peraltro confermata dalle Soprintendenze di Bologna e di Ravenna che
riconobbero la comunità dei Mutoid come «bene cittadino». Il Consiglio di Stato,
tuttavia, ritiene ora che l’abusivismo di alcune costruzioni sia incompatibile
con il Poc, che viene dunque invalidato, aprendo la strada alla demolizione.
LA RISPOSTAdel Comune non si è fatta attendere: «La Mutoid Waste Company non è
ospite della nostra città da 35 anni, ma è parte di Santarcangelo. È una delle
anime della comunità, una delle realtà che la rendono e ci rendono quello che
siamo (…) Rispettiamo ogni sentenza e lo faremo anche in questo caso, ma ci
metteremo subito al lavoro con gli uffici per far sì che questo pronunciamento
diventi l’occasione per stabilizzare in maniera definitiva la permanenza della
Mutoid Waste Company».
McFarlane, dal canto suo, non si dice preoccupato. «Mentre parlo sono in una
piccola sala prove autocostruita, sono fiero di vivere bene con poco. Siamo qui
per tutelare un’area in disuso con arte e positività, vivendo fianco a fianco.
Persino il fiume Marecchia ci ha lasciato in pace durante l’alluvione del 2023,
il karma è dalla nostra parte».
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Il 23 dicembre scorso il governo ha approvato un decreto che individua sei
periferie in Italia in cui esportare il modello Caivano. Sono stati stanziati
180 milioni di euro in tre anni ed è previsto un commissario straordinario a cui
è affidato il compito di individuare gli interventi strutturali necessari in
determinati quartieri: sgomberi, polizia […]
Sgombero poliziesco all’alba di lunedì 9 dicembre contro la Casa Rossa Occupata
di Montignoso, a Massa (Massa Carrara). Blindati, polizia, funzionari della
Digos e operai dell’Anas in massa fuori da uno spazio che per 12 anni ha
rappresentato il fulcro di un’ampia comunità solidale, aperta a tante realtà di
tutta la zona delle Apuane e del nord della Toscana.
Solo sabato scorso, centinaia di persone hanno manifestato a Massa contro il
“ddl sicurezza”, ribadendo il diritto al dissenso. Ora, dopo lo sgombero, si
apre un nuovo capitolo per la resistenza apuana.
Dal presidio solidale fuori dalla Casa Rossa Occupata la corrispondenza di Radio
Onda d’Urto con un compagno. Ascolta o scarica
Di seguito, il comunicato della Casa Rossa:
“Casa rossa è ovunque, non si sgombera un’idea.
Oggi è stato eseguito lo sgombero della casa rossa occupata, ma la comunità
resistente che si è costruita in questi anni non si può sgomberare, è fatta di
persone, delle loro idee individuali e collettive e delle lotte che si sono
portate avanti per oltre un decennio.
Le centina di persone che si sono nuovamente ritrovate a Massa solo qualche
giorno fa hanno urlato chiaramente a questo governo che non sono disposte a
vedersi sottrarre ulteriori diritti da leggi di stampo fascista che minano ogni
libertà di manifestare dissenso e preoccupazione rispetto alla fase che sta
attraversando il paese.
Oggi salutiamo, momentaneamente, uno spazio fisico, un luogo di socialità, un
centro di discussione e di lotta, un posto in cui siamo cresciut3, dove siamo
stat3 accolt3, dove abbiamo riso, ci siamo divertit3 e arrabiat3, ma quello che
lì dentro, in quelle quattro mura, è stato costruito, non morirà mai.
Le idee, il valore dell’azione collettiva che hanno permesso la nascita e la
vita di un luogo come la Casa Rossa si riprodurranno, cresceranno e vivranno
ovunque.
In questi ultimi intensi mesi la comunità che ci compone e sostiene ha
dimostrato di saper trasformare l’energia dei colpi subiti ribaltandola in uno
slancio in avanti. È stato fatto con il percorso per la conquista e il
riconoscimento dei beni comuni e nelle decine di assemblee che si sono succedute
in queste settimane. Sarebbe inutile lamentare la brutalità di queste destre, o
dirci sorprese per aver avuto la dimostrazione che la legalità che paventano è
fatta solo di manganelli e sgomberi. Piuttosto siamo fermamente convinti che il
territorio saprà riconoscere ciò che questo sgombero simboleggia in termini più
ampi e agire di conseguenza.
Oggi si apre un nuovo capitolo: dalla Casa Rossa alla resistenza apuana. Chi
pensava di fermarci capirà presto di aver commesso un grosso errore.
Non resteremo molto senza casa.
Ci vediamo oggi alle ore 18 all’ex cinema Astor per un’assemblea pubblica.
Sui cadaveri dei leoni banchettano le iene credendo di aver vinto, ma le iene
restano iene e i leoni restano leoni.”
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Ieri mattina il presidio permanente che occupava i territori che saranno oggetto
di cantierizzazione per la costruzione del cavidotto chiamato Thyrrenian Link a
Selargius, vicino a Cagliari, è stato sgomberato alle prime luci dell’alba. Si
ricorda la vicenda per la suggestiva iniziativa di rimpiantumazione degli ulivi
sui terreni a seguito dell’intervento degli operai di quest’estate, […]
A fine luglio la giunta comunale di Palermo, presieduta dal sindaco di destra
Roberto Lagalla, ha approvato una delibera che modifica la viabilità del
quartoere dell’Albergheria, nel cui cuore risiede il più grande e variegato
mercato dell’usato del centro storico della città, pedonalizzandone diverse
porzioni. Questo piano, relativo alla pedonalizzazione dell’Albergheria, fa a
sua volta […]
Il comitato Salviamo gli alberi di Gallarate da mesi sta lottando per difendere
gli alberi del bosco, attivandosi è venuta a crearsi così una dimensione di
presidio permanente, di solidarietà diffusa e senso di comunità. Gli abitanti e
il comitato stanno difendendo il bosco in provincia di Varese per ostacolare
l’ennesimo progetto di cosiddetta “rigenerazione […]
Sono passati quasi sei anni dalla delibera di sgombero dello storico mercato
torinese del Balon del sabato, delibera firmata dall’allora Sindaca Chiara
Appendino, che, dopo 9 mesi di resistenza da parte dellx venditorx sotto
sgombero, si è poi tramutata in una muscolare prova di forza da parte del Comune
che è stata messa in atto […]
Sgomberato all’alba di venerdì 6 settembre il Campetto Occupato, spazio
abitativo e sociale di Giulianova Lido, in Abruzzo. Qui è arrivata la polizia
con tanto di ruspe per abbattere fisicamente le strutture che ospitavano persone
senza casa., nella zona dell’ex depuratore del parco Annunziata. La
corrispondenza di Radio Onda d’Urto con un compagno. Ascolta o […]
L'articolo Giulianova: Polizia e ruspe per sgomberare il campetto occupato
sembra essere il primo su Osservatorio Repressione.