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Bestiari, Erbari, Lapidari. Il film di D’Anolfi e Parenti venerdì ad Astra Doc
(bestiari, erbari, lapidari) Il 31 gennaio Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, dopo la prima all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, presentano in prima visione a Napoli, nell’ambito di AstraDoc, Bestiari, erbari, lapidari, documentario “enciclopedia”, diviso in tre atti, ognuno dei quali tratta un singolo soggetto: gli animali, le piante, le pietre. Il film verrà proiettato alle 19.30 al cinema Astra di via Mezzocannone.  Bestiari, erbari, lapidari è un omaggio agli “sconosciuti” e per certi versi alieni mondi fatti di animali, vegetali e minerali, che troppo spesso diamo per scontati, ma con cui dovremmo essere in costante dialogo, in quanto parte essenziale della nostra esistenza sul pianeta. Riproponiamo a seguire una intervista di Cristina Piccino ai due autori, pubblicata ad agosto sul Manifesto. *     *    * La locandina mostra un uomo e un pinguino, il primo avanza, il secondo indietreggia, il fotogramma è preso da un filmato di Roald Amundsen che documentò agli inizi del secolo scorso questo incontro nel corso di una spedizione al Polo Sud. E da qui si dichiara il movimento di Bestiari, Erbari, Lapidari il nuovo film di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi che sarà alla Mostra del Cinema fuori concorso – per uscire in sala dal 5 ottobre. Un film saggio, come dichiarano gli autori, fra i più attenti nel cinema italiano alla ricerca di una forma con la quale confrontarsi coi molti interrogativi della realtà contemporanea. A cominciare dall’uso degli archivi che si fanno nei loro film trama attraverso la quale interrogare il senso delle immagini di oggi, e che nelle loro narrazioni chiedono allo sguardo di riposizionarsi, di ritrovare come in una fiaba lontana il piacere della meraviglia. Specie in questa opera in tre atti che parla dell’umano e della sua relazione con la natura, un tema molto attuale declinato nel pensiero e nella storia. Ne parliamo con gli autori in una conversazione che mescola le parole dell’una e dell’altro in una costante tensione artistica comune. Bestiari, Erbari, Lapidari esplora la relazione fra l’uomo e la natura in una prospettiva che è quella dell’immaginario e della memoria. E che pur nella sua presenza centrale lascia l’umano fuori dall’inquadratura. Cosa vi ha portati a questa riflessione? Erano diversi anni che volevamo fare un film sulle piante, avevamo capito che gli alberi si portano dietro delle storie, c’è una linea delle immagini e una del racconto che viaggiano parallele ma le piante sono molto difficili da filmare, dovevamo trovare un modo per avvicinarci a loro perché il mondo vegetale sfugge alle nostre categorie dello sguardo. Un giorno un’amica ci ha detto che dal veterinario del suo gatto c’erano due piccole tigri, tra l’altro lo studio di questo veterinario è proprio vicino a casa nostra. Abbiamo scoperto che era un esperto di animali del circo, tutte le famiglie circensi più importanti si rivolgevano a lui. Le tigrotte erano nate in un circo e come spesso accade agli animali in cattività la madre le aveva rifiutate così le avevano portate da lui per salvarle. Abbiamo iniziato a filmare le tigri anche se in realtà volevamo filmare le piante, a quel punto abbiamo pensato alle pietre sui cui avevamo già lavorato in film come La fabbrica del Duomo. Il nostro riferimento è stato l’enciclopedia medievale, a scuola nel Medioevo si studiavano i bestiari, gli erbari, i lapidari con molte variazioni anche fantastiche. Sui lapidari nelle immagini medievali è stato più difficile, le pietre erano spesso più brutte nelle rappresentazioni, se ne parlava specie per le proprietà magiche. Ci siamo detti che forse potevamo pensare a una pietra più metaforica come è quella della memoria. Quindi l’enciclopedia medievale è stata veramente una bussola. Sì, ma anche un gioco nel senso che spesso nei nostri film scegliamo prima il titolo e dopo ci chiediamo come farlo cercando una narratività che esiste anche in modo indipendente da noi. In realtà questo film è cominciato da un altro progetto, volevamo realizzare qualcosa durante la pandemia e avevamo pensato a un Bestiari, Erbari, Lapidari in città. Doveva essere un lavoro piccolo che era costruito però con una scrittura molto complessa, il riferimento era un po’ La Ronde di Max Ophüls. C’erano molti episodi brevi che si passavano il testimone l’uno con l’altro, dai veterinari agli alberi che crescevano e poi venivano potati, dal sopra e al sotto della città e via dicendo. Non chiediamo mai alle persone di fare delle cose per il film, lì però tutto era incastrato e rileggendolo ci è sembrato troppo artificioso, quella scrittura si sarebbe mangiata le cose che potevano succedere. Questo film è più esteso ma anche semplice, ogni atto segue la sua narrazione, per noi è il nostro film più narrativo. Nei tre atti si viaggia attraverso degli universi che interrogano il passato e il presente in quella che è appunto la posizione dell’umano rispetto alla natura fra scienza, filosofia, botanica e soprattutto la materia delle immagini e le sue emozioni, lasciando libero lo spettatore di seguire le proprie piste. Che tipo di lavoro fate sulla scrittura? Il cinema stesso ha un’ambivalenza, nei Bestiari è chiaro come il frame della pellicola diventa una nuova gabbia. In un film come questo lo sviluppo drammaturgico era fondamentale, la parte dei Bestiari doveva aprire il terreno della meraviglia degli Erbari per ritornare al cuore dei Lapidari. Abbiamo scritto un inizio più saggistico che ci permettesse di costruire un processo nel quale progressivamente la parola diminuisce. È presente nei Bestiari, si allontana negli Erbari – dove sentiamo una voce senza sapere a chi appartiene – sparisce completamente nei Lapidari nonostante il ritorno all’umano. Nei compendi medievali al primo posto c’è l’erbario poi gli altri, noi abbiamo scelto invece l’ordine alfabetico perché c’era bisogno di un enigma come è quello dei vegetali fra due momenti più sentimentali. Tornando alla scrittura scriviamo tre volte come dice Wiseman, la prima è quella per la ricerca dei finanziamenti, che riguardiamo man mano che si va avanti riaggiornandola. Nella fase delle riprese (qui è Massimo D’Anolfi a parlare, ndr) scrivo giorno dopo giorno, ho bisogno di filmare per capire il luogo, le relazioni, come io abito quel posto. Di solito montiamo il film dopo due o tre mesi di riprese, per gli Erbari era chiaro sin dall’inizio che aveva un arco temporale di un anno attraverso le stagioni. Poi anche qui ci sono state delle sorprese come l’erbario di guerra che è venuto fuori quasi per caso. Ma la realtà regala sempre qualcosa e se filmi in un certo modo il montaggio te lo restituisce. La chiave delle riprese è stata qui la pazienza dello sguardo, specie per le piante, insieme alla cura che guidano il respiro di tutto il film. C’è un aspetto ipnotico, di incantamento dato dalle immagini, dai suoni, dalla musica, dai silenzi. E dall’assenza quasi totale di volti umani. Quando nell’inquadratura manca qualcosa devi cercare altro, l’inquadratura è un paesaggio visivo, ci vuole tempo e fiducia, ti affidi e la vivi fino in fondo. Parliamo degli archivi, che sono oggi molto utilizzati al punto da diventare persino «decorativi». Nei vostri film si proiettano sul contemporaneo, e anche nelle immagini più «semplici» vi sono molte possibili letture di ciò che forma la nostra cultura e il nostro sguardo. Spesso mentre li mostrate filmate le mani che sfogliano libri, scorrono pellicole… Le mani sono legate al fare, al lavoro, all’artigianalità, non abbiamo bisogno della figura umana intera per il tipo di lavoro che facciamo. La ricerca in questo film è stata complessa, ci abbiamo lavorato quattro anni, avendo ormai un’esperienza con gli archivi, al di là della rete che è sempre una risorsa eccezionale, siamo partiti da quello che conoscevamo, il Luce, la Cineteca svizzera quella Nazionale ecc. Abbiamo coinvolto due studiosi, Sofia Gräfe e Francesco Pitassio, Sofia ci ha parlato di un festival di cinema animale dove abbiamo scoperto il patrimonio dell’Eye Filmmuseum di Amsterdam che come gli altri è entrato in produzione. Abbiamo utilizzato solo archivi europei perché i compendi medievali riguardano l’Europa. Per noi l’approccio all’archivio deve essere diegetico, abbiamo amato alla follia Farocki o Ricci Lucchi e Gianikian, e con questi esempi cerchiamo un nostra riflessione rispetto agli archivi che appunto è diegetica. A un certo punto con Guerra e pace ci siamo entrati fisicamente ma gli archivi devono avere un senso, se non li risvegli muoiono e per farlo devono essere interrogati, studiati, contestualizzati, capiti. Nel finale dei Bestiari c’è una donna che mette il fiocco al collo a dei cagnolini, è un film stupendo, a colori ma nerissimo nel mostrarci come quei cuccioli diventano i bambini di casa. C’è un elemento quasi horror, che ci fa cogliere nella meraviglia delle immagini l’orrore che sarà in futuro. Non abbiamo mai sonorizzato né manipolato gli archivi, li usiamo nella loro interezza. Ridargli un montaggio nel loro andamento cronologico contribuisce alla pulizia dello sguardo e li rende un elemento solo decorativo. Ci sono trappole continue in questa ricerca, ogni volta è una sfida, si può sbagliare ma è la cosa bella di questo mestiere.
January 27, 2025 / NapoliMONiTOR
Storia di una madre a Torre Annunziata. Su Vittoria, film di Cassigoli/Kauffman
(disegno di manincuore) “Nel matrimonio ogni desiderio è una decisione” Susan Sontag, Diari Vittoria, al cinema questa settimana, è un film interessante sotto diversi punti di vista. Anzitutto, la scelta dei due registi Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, che per la terza volta utilizzano la provincia di Napoli (Torre Annunziata) e le sue persone come materia viva del film, chiudendo dopo Butterfly (2018) e Californie (2021) una inusuale trilogia, di genere spurio (documentario, docufiction e fiction) legata da frammenti, personaggi secondari o ambienti. Nella proliferazione di opere di cui si farebbe a meno che hanno luogo a Napoli città, un buon segnale. In Vittoria si assiste al desiderio di Jasmine, donna sulla quarantina, di adottare, dopo la morte del padre, una figlia, poiché riceve dal defunto chiari messaggi in sogno. La famiglia (un marito, Rino, e tre figli maschi, di cui uno adulto e pronto a emigrare) è sbigottita prima ancora che contraria a questo desiderio manifestamente irrazionale. Crisi, ansie e discussioni da ciò, con Jasmine, madre, al centro del film. Da una prospettiva critica, morale e politica il film risulta complesso perché rischia moltissimo – sembra quasi peccare di ingenuità ideologica –, trattando un tema di per sé scottante come quello delle adozioni estere. A ciò si aggiungono ulteriori criticità: che l’adozione è come sottoposta a una specie di vincolo, e cioè che l’adottata deve essere una femmina e non un maschio. Il desiderio è preciso, la domanda se questo sia giusto oppure no quanto meno lecita. Jasmine, soprattutto all’inizio, non ci pensa proprio ad adottare un bambino. Sembra persino disposta a corrompere qualche burocrate pur di ottenere una femmina. Questo è un pungolo politico. Siamo troppo spesso imbevuti di cinema dalle buone intenzioni, lavori didascalici che svuotano la psicologia e la moralità delle classi lavoratrici. Jasmine ci riporta un interrogativo etico, una domanda assoluta sulla giustizia e sulla bontà, sulla ragione e sul desiderio, sull’amore e sul dolore. Lo fa da una posizione proletaria, lei che gestisce un salone di bellezza in una delle zone più evocative e difficili di Torre, via Plinio. C’è questo centro commerciale gigantesco (Maximall) che deve essere costruito, con “la discoteca più grande del mondo, anzi no, d’Europa” si dice in una delle scene più riuscite del film, con una conversazione comica e tragica insieme (il Maximall avrà senza dubbio al suo interno un salone di bellezza che darà concorrenza al piccolo salone di Jasmine…) dove sentiamo la lezione del cinema verità. Emerge un altro rischio, quello sociale, quello di fare cioè di questa famiglia torrese una specie di perfetto microcosmo di umiltà e amore, dove il senso della famiglia è fortissimo ed esatto, dove “nonostante le difficoltà” si va avanti. Jasmine ha perso il padre di cancro, che – accertato legalmente – è stato provocato dall’amianto all’Ilva di Bagnoli. Tutto è politica, ma se fosse stato questo il tema del film, Vittoria sarebbe un film mancato. L’aspetto interessante, contraddittorio e a volte fastidioso è il volontarismo di una madre che desidera – semplicemente desidera, e decide –, e per questo non parlerei né di documentario, nonostante la storia sia vera e gli attori del film siano gli stessi protagonisti della storia reale, peraltro in performance eccellenti. Film psicologico e psicanalitico al di là delle intenzioni di tutti, produttori compresi (Lorenzo Cioffi, Giorgio Giampà e Nanni Moretti), stilisticamente moderno con un montaggio velocissimo e una camera a mano agitata e inquieta come i moti interiori dei protagonisti, reiterati nell’inquadratura coi visi, i busti, gli scatti improvvisi; esiste un amore che al cinema si riverbera in queste cose, un amore che emerge in Vittoria, film popolare per tutti e tutte, privo di tesi e capace di scansare le buone intenzioni, che come insegnava Wilde, rendono per lo più cattive le opere. In questi giorni al cinema Filangieri, al cinema Vittoria, al cinema The Space e in altre sale campane e italiane. (salvatore iervolino)
October 7, 2024 / NapoliMONiTOR
[2024-09-27] BREVE VIAGGIO NELLE IMMAGINI DELLA RIVOLTA - 0 IN CONDOTTA DI JEAN VIGO’ @ Centro Studi Sereno Regis
BREVE VIAGGIO NELLE IMMAGINI DELLA RIVOLTA - 0 IN CONDOTTA DI JEAN VIGO’ Centro Studi Sereno Regis - Via Giuseppe Garibaldi, 13, 10122 Torino TO, (venerdì, 27 settembre 20:00) BREVE VIAGGIO NELLE IMMAGINI DELLA RIVOLTA 0 IN CONDOTTA DI JEAN VIGO’ PROIEZIONE DEL FILM E PRESENTAZIONE  DEL LIBRO INTERVENGONO CLAUDIO SABANI LUIGI BONTEMPI CLAUDIO PAPALIA VALTER VISMARA SU CINEMA E RIVOLTA, EDITORIA E PRODUZIONE INDIPENDENTE, SCUOLA E ALTERNATIVE POSSIBILI... A PARTIRE DAL FILM DEL GRANDE CINEASTA FRANCESE.   LA SCUOLA PER VIGO È NON SOLO LA RAPPRESENTAZIONE DELLO SCONTRO TRA FORZE SOCIALI CONTRAPPOSTE MA PIÙ SEMPLICEMENTE, RAPPRESENTAZIONE DI UNA RIVOLTA UNIVERSALE CHE NON SI PONE IL FINE O I LIMITI DELLA CREAZIONE DI UN “ORDINE SOCIALE IDEALE”, MA SOLO QUELLO DELLA LIBERAZIONE. DAL RIFIUTO DELL’ORDINAMENTO DEI PRINCIPI DI COERCIZIONE NASCE LA SCHEGGIA IMPAZZITA DELLA RIBELLIONE, L’INCOGNITA DEL DISORDINE SOCIETARIO, UN VENTO LARGO CHE PUÒ SPAZZARE VIA TUTTO E IN OGNI DIREZIONE.    
September 15, 2024 / Gancio
[2024-07-25] CINEFORUM E DIBATTITO: CIAK. RESISTENZA @ Aula Occupata Shireen Abu Akleh
CINEFORUM E DIBATTITO: CIAK. RESISTENZA Aula Occupata Shireen Abu Akleh - Corso Duca degli Abruzzi, 24 (giovedì, 25 luglio 18:00) Cineforum con proiezione di "FEDAYIN": LA LOTTA DI GEORGES ABDALLAH" nell'aula occupata "Shireen Abu Akleh" al Politecnico di Torino. Questo film ripercorre il percorso di Georges Abdallah, dai campi profughi palestinesi alle mobilitazioni internazionali per il suo rilascio. Questo potente film esplora la situazione di uno dei prigionieri politici da più tempo detenuti in Europa.
July 23, 2024 / Gancio
[2024-04-21] Il Cinema Di Blackout - tripletta di film di Ron Fricke @ Radio Blackout 105.250
IL CINEMA DI BLACKOUT - TRIPLETTA DI FILM DI RON FRICKE Radio Blackout 105.250 - Via Cecchi 21/a, Torino (domenica, 21 aprile 16:00) Il Cinema Di Blackout presenta: tripletta di film di Ron Fricke Ron Fricke è uno dei nomi più importanti per quanto riguarda la cinematografia. Il suo lavoro come direttore della fotografia e come regista è stato rivoluzionario e ha segnato un punto di non ritorno sia a livello tecnico che filosofico. Le sue opere non-verbali e non-narrative analizzano il rapporto tra l'umanità e l'altro, tra i viventi e l'oltre, ma sono ottimi pure per farsi i viaggioni. Orari dei Trip: ore 17:00 Chronos (1985, 42') un film astratto sulla relazione con il tempo ore 18:00 Baraka (1992, 97') un film sulla vita, su come ogni creatura sfrutta questa benedizione che è essere vivente ore 20:00 Samsara (2011, 102') la naturale evoluzione di Baraka in cui viene analizzato il rapporto che intercorre tra l'umanità e l'eternità VIENI A SOSTENERE LE LIBERE FREQUENZE!
April 14, 2024 / Gancio
[2024-03-09] DUBKE? 🍉SOUND THE SYSTEM 4PALESTINE🍉 @ Radio Blackout 105.250
DUBKE? 🍉SOUND THE SYSTEM 4PALESTINE🍉 Radio Blackout 105.250 - Via Cecchi 21/a, Torino (sabato, 9 marzo 19:00) La Blackout house ri-ospita una serata interamente dedicata alla Palestina! Cinema, musica, visual e cibo palestinese celebrando il diritto di far festa, omaggiando chi non può farla! 🔊Tanit sound system ad amplificare le selezioni delle Sound Sistars for Palestine Alle 19.30 proiezione di 2 corti dall'underground musicale Palestinese: -From beneath the earth (Nazra Palestine Short Film Fest) -Ramallah Boiler Room Prima e dopo i corti, dj set Palestinian vibez (dabkeh, musiche tradizionali rivisitate e non, progetti musicali dai sud del mondo dedicati alla palestina) Dalle 20.30 apericena palestinese preparato con ammore dalle compagne palestinesi BDS opzione veggie -vegan- forse anche cannibali porzioni abbondanti - prezzi pop - palestinian flavour APERICENA BENEFIT NAZRA: info e prenotazioni al 389 6191902 Dalle 22 Tanit sound system in session: un progetto di indipendenza sonora autocostruito, femmina e migrante. Line up Sound Sistars for Palestine 🍉Miss Scotch aprirà le danze con warm up funky arabeggiante 🍉Neré sosterrà la causa palestinese con un live dal suo progetto Loba, musica e ritmi dal sud del mondo 🍉Kyo ci farà planare con il suo dj set arab e le sue vibe mystic danzerecce 🍉Miss Tank chiuderà in pieno stile dubke? da arab dub a potenti dubbettoni da tutto il globo Entrata libera: non è prevista una tariffa di ingresso e puoi partecipare all'evento nella misura che vuoi! Vieni anche solo a vedere i corti e mangiare un boccone palestinese, o a sculettare con noi davanti a un sound system antifascista, antirazzista e anticolonialista... puoi anche sculettare mangiando, guardare i corti sculettando o viceversa! ...sculettare sulle nostre selezioni dai sud del mondo amplificate da Tanit sound system è altamente consigliato! Bar e distro aperte dalle 19, Benefit Blackout Supporta le libere frequenze di Radio Blackout e la Palestina, siempre!
February 27, 2024 / Gancio
[2024-02-18] IL CINEMA DI BLACKOUT @ Radio Blackout 105.250
IL CINEMA DI BLACKOUT Radio Blackout 105.250 - Via Cecchi 21/a, Torino (domenica, 18 febbraio 17:00) Domenica 18 febbraio torna l’appuntamento mensile con IL CINEMA DI BLACKOUT alla BlackoutHouse di Via Cecchi 21/A Dalle 17 alle 23: distro aperta, bar, popcorn e proiezioni. Ti aspettiamo con la sala cinematografica blackoutiana profumata e arredata con tappetoni e sedie per una piacevole domenica pomeriggio assieme, fino a sera. Alle 18 Gaze on Gaza con una selezione di cortometraggi dalle passate edizioni del Nazra Palestine Short Film Festival. Verranno proiettati: 🍉⁠The parrot di Darin J.Sallam e Amjad Al-Rasheed (18′) https://nazrashortfilmfestival.files.wordpress.com/2018/08/the-parrot.pdf 🍉⁠ Bonbonè di Rakan Mayasi (15′)https://nazrashortfilmfestival.files.wordpress.com/2018/08/bonbonc3a9.pdf 🍉⁠ The present di Farah Nabulsi (24′)https://nazrashortfilmfestival.files.wordpress.com/2021/08/the_present-2.pdf A seguire DIBATTITO a cura di Nazra Film Fest e BDS Torino (movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro l’occupazione e l’apartheid israeliane) + APERICENA PALESTINESE preparato dalle compagne palestinesi BDS *Benefit Nazra Prezzi pop, cena veg: 🍉Hummous 🍉Tabouleh 🍉Fettah Richiesta prenotazione al numero 389.61.91.902 Alle 21 Gaza Surf Club, un documentario del 2016 diretto da Philip Gnadt e Mickey Yamine che ci racconta la storia di un gruppo di palestinesi che praticano il surf come fonte di libertà nella vita quotidiana sulla costa mediterranea della Striscia di Gaza. Vieni a sostenere le libere frequenze…
February 9, 2024 / Gancio