Storia di una madre a Torre Annunziata. Su Vittoria, film di Cassigoli/Kauffman(disegno di manincuore)
“Nel matrimonio ogni desiderio è una decisione”
Susan Sontag, Diari
Vittoria, al cinema questa settimana, è un film interessante sotto diversi punti
di vista. Anzitutto, la scelta dei due registi Alessandro Cassigoli e Casey
Kauffman, che per la terza volta utilizzano la provincia di Napoli (Torre
Annunziata) e le sue persone come materia viva del film, chiudendo
dopo Butterfly (2018) e Californie (2021) una inusuale trilogia, di genere
spurio (documentario, docufiction e fiction) legata da frammenti, personaggi
secondari o ambienti. Nella proliferazione di opere di cui si farebbe a meno che
hanno luogo a Napoli città, un buon segnale.
In Vittoria si assiste al desiderio di Jasmine, donna sulla quarantina, di
adottare, dopo la morte del padre, una figlia, poiché riceve dal defunto chiari
messaggi in sogno. La famiglia (un marito, Rino, e tre figli maschi, di cui uno
adulto e pronto a emigrare) è sbigottita prima ancora che contraria a questo
desiderio manifestamente irrazionale. Crisi, ansie e discussioni da ciò, con
Jasmine, madre, al centro del film.
Da una prospettiva critica, morale e politica il film risulta complesso perché
rischia moltissimo – sembra quasi peccare di ingenuità ideologica –, trattando
un tema di per sé scottante come quello delle adozioni estere. A ciò si
aggiungono ulteriori criticità: che l’adozione è come sottoposta a una specie di
vincolo, e cioè che l’adottata deve essere una femmina e non un maschio. Il
desiderio è preciso, la domanda se questo sia giusto oppure no quanto meno
lecita. Jasmine, soprattutto all’inizio, non ci pensa proprio ad adottare un
bambino. Sembra persino disposta a corrompere qualche burocrate pur di ottenere
una femmina. Questo è un pungolo politico. Siamo troppo spesso imbevuti di
cinema dalle buone intenzioni, lavori didascalici che svuotano la psicologia e
la moralità delle classi lavoratrici. Jasmine ci riporta un interrogativo etico,
una domanda assoluta sulla giustizia e sulla bontà, sulla ragione e sul
desiderio, sull’amore e sul dolore. Lo fa da una posizione proletaria, lei che
gestisce un salone di bellezza in una delle zone più evocative e difficili di
Torre, via Plinio. C’è questo centro commerciale gigantesco (Maximall) che deve
essere costruito, con “la discoteca più grande del mondo, anzi no, d’Europa” si
dice in una delle scene più riuscite del film, con una conversazione comica e
tragica insieme (il Maximall avrà senza dubbio al suo interno un salone di
bellezza che darà concorrenza al piccolo salone di Jasmine…) dove sentiamo la
lezione del cinema verità.
Emerge un altro rischio, quello sociale, quello di fare cioè di questa famiglia
torrese una specie di perfetto microcosmo di umiltà e amore, dove il senso della
famiglia è fortissimo ed esatto, dove “nonostante le difficoltà” si va avanti.
Jasmine ha perso il padre di cancro, che – accertato legalmente – è stato
provocato dall’amianto all’Ilva di Bagnoli. Tutto è politica, ma se fosse stato
questo il tema del film, Vittoria sarebbe un film mancato. L’aspetto
interessante, contraddittorio e a volte fastidioso è il volontarismo di una
madre che desidera – semplicemente desidera, e decide –, e per questo non
parlerei né di documentario, nonostante la storia sia vera e gli attori del film
siano gli stessi protagonisti della storia reale, peraltro in performance
eccellenti.
Film psicologico e psicanalitico al di là delle intenzioni di tutti, produttori
compresi (Lorenzo Cioffi, Giorgio Giampà e Nanni Moretti), stilisticamente
moderno con un montaggio velocissimo e una camera a mano agitata e inquieta come
i moti interiori dei protagonisti, reiterati nell’inquadratura coi visi, i
busti, gli scatti improvvisi; esiste un amore che al cinema si riverbera in
queste cose, un amore che emerge in Vittoria, film popolare per tutti e tutte,
privo di tesi e capace di scansare le buone intenzioni, che come insegnava
Wilde, rendono per lo più cattive le opere.
In questi giorni al cinema Filangieri, al cinema Vittoria, al cinema The Space e
in altre sale campane e italiane. (salvatore iervolino)