Call for European Mobilization Against Migrant Expulsion Centers in AlbaniaVersione italiana al fondo
If Europe is building new detention camps, anyone who wishes to live in a free
Europe has the responsibility to dismantle them.
Administrative detention of migrants is once again becoming the preferred
strategy to handle illegalized mobility in Italy. In addition to its commitment
to build a Center for Repatriation (CPR) in every single region in Italy, on
November 6 last year the Meloni government signed an agreement with the Albanian
government to build an Italian hotspot and detention facility for migrants on
Albanian soil. This measure attempts to externalize the sovereignty of a
European member state over a third country’s territory concerning immigration
and border control. Although Rama and Meloni paint a positive picture of this
cooperation, peppered with a language of brotherhood, the Italy-Albania
agreement constitutes a clear violation of the principle of Albanian sovereignty
and is yet another expression of neocolonial logic, evident in the way Italy
dictates control over Albania’s territories.Although such a model has been
tested elsewhere, such as Australia’s Pacific Solution, it represents an
unprecedented deal in border infrastructure in Europe.
This agreement has been welcomed by various EU representatives as well as other
member states, well representing a trend across Europe, and beyond, with regards
to the control of irregular mobility: dismantling the right to asylum,
externalizing, and militarizing borders. From Italy to Albania, from Hungary to
the Netherlands, from Germany to Poland, an extreme right-wing wind is blowing,
whose primary objective is the criminalisation of racialized people on the move.
On the ground of this agreement, however, a rift has opened up between the
executive and judicial powers both at Italian and European levels concerning the
definition of “safe countries”, on which the legitimisation of the system of
accelerated border and deportation practices is based. The Italian government
thus defines countries such as Tunisia, Egypt, or Bangladesh as “safe”, to name
just a few, ignoring the evident conditions of oppression that various segments
of the population endure in these places. The current clash between institutions
shows the political space that has opened up, which we must be able to occupy in
order to propose, defend, and shape more democratic mechanisms for managing
migration within and towards Europe.
If the Rama-Meloni pact represents a dangerous experiment that goes beyond the
political interests of Italy and Albania, then now more than ever, we need a
trans-European mobilization—stretching even beyond the EU’s geopolitical
borders—to reconnect and strengthen the many solidarity networks built over the
years in support of freedom of movement. For this reason, we call on groups from
across Europe and neighboring countries—no-border activists, people on the move,
BIPOC, grass-roots collectives, associations, NGOs—who have been active for
years along the borders and in opposition to forced confinement. Together, let
us build a shared space of dissent, starting with the mobilizations against the
centers in Albania, where we will take a leading role in the coming weeks.
With the Network Against Migrant Detention (NAMD), which brings together many
groups and organizations from both Italy and Albania, we will gather on December
1 and 2 in Tirana and at the camps in Shëngjin and Gjadër to oppose the
neo-colonial model of outsourcing border control through the Meloni-Rama pact.
We invite everyone to join us and mobilize together for the abolition of migrant
detention and borders, the establishment of safe and accessible entry routes and
the issuance of a European document, and freedom of movement for all.
See you in Tirana!
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INVITO ALLA MOBILITAZIONE EUROPEA CONTRO I CENTRI DI ESPULSIONE PER MIGRANTI IN
ALBANIA
Se l’Europa costruisce nuovi lager, chiunque desideri di vivere in un’Europa
libera ha la responsabilità di abbatterli.
In Italia la detenzione amministrativa per persone migranti sta tornando ad
essere la strategia privilegiata per gestire la mobilità illegalizzata. Oltre ad
impegnarsi a costruire un Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) in ogni
regione, il 6 novembre 2023 il governo Meloni ha siglato l’accordo con il
governo albanese per la costruzione di un hotspot e una struttura detentiva per
migranti italiana su suolo albanese. Di fatto questa misura è il tentativo per
esternalizzare la sovranità di uno stato membro europeo sul suolo di uno stato
terzo in materia di immigrazione e controllo delle frontiere. Sebbene Rama e
Meloni dipingono un quadro positivo di cooperazione, abbellito da un linguaggio
di fratellanza, l’accordo Italia-Albania costituisce una chiara violazione del
principio di sovranità albanese ed è l’ennesima espressione di una logica
neocoloniale, evidente nel modo in cui l’Italia impone il controllo sui
territori dell’Albania. Se questo modello è già stato sperimentato in altri
luoghi, come per la Pacific Solution in Australia, esso rappresenta un’inedita
novità nella infrastruttura di confine in Europa.
Questo patto è stato accolto positivamente da diversi esponenti dell’Unione
Europea come di altri paesi membri, ben rappresentando la tendenza che
attraversa l’Europa, e non solo, per quanto riguarda il controllo della mobilità
umana: smantellare il diritto d’asilo, esternalizzando e militarizzando il
confine. Dall’Italia all’Austria, dall’Ungheria all’Olanda, dalla Germania alla
Polonia, spira un vento di estrema destra che ha come primo obiettivo la
criminalizzazione delle persone razzializzate e in movimento.
Sul terreno di questo accordo, tuttavia, si è aperta una frattura tra potere
esecutivo e giudiziario a livello italiano ed europeo per quanto riguarda la
definizione di “paesi sicuri”, su cui si basa la legittimazione del sistema
delle pratiche di frontiera accelerate e di deportazione. Il governo Italiano
definisce quindi “sicuri” paesi come la Tunisia, l’Egitto o il Bangladesh, per
citarne solo alcuni, ignorando le evidenti condizioni di oppressione che diverse
porzioni di popolazioni vivono in questi luoghi. Lo scontro tra istituzioni che
si sta consumando oggi denota lo spazio politico che si è aperto e che dobbiamo
essere in grado di occupare per proporre, difendere e determinare meccanismi più
democratici della gestione delle migrazioni in e verso l’Europa.
Se il patto Rama-Meloni rappresenta una pericolosa sperimentazione che eccede
l’interesse politico di Italia e Albania, allora mai come oggi abbiamo bisogno
di una mobilitazione transeuropea, ben oltre i confini geopolitici UE, che
riallacci e rafforzi le numerose reti di solidarietà sviluppatesi negli anni in
supporto alla libertà di movimento. Per questo invitiamo le realtà europee e dei
paesi vicini, da anni mobilitate sui confini e contro il confinamento coatto,
ONG, attivist@ no border, persone in movimento e di origine non europea, a
costruire insieme uno spazio di dissenso partendo dalle mobilitazioni contro i
centri in Albania che ci vedranno protagonist@ nelle prossime settimane.
Con la rete Network Against Migrant Detention (NAMD), che raccoglie tanti
soggetti e realtà sia italiane che albanesi, ci troveremo l’1 e il 2 dicembre a
Tirana e presso i campi di Shëngjin e Gjadër per opporci al modello neocoloniale
di delocalizzazione del controllo delle frontiere attraverso il patto
Meloni-Rama.
L’invito è ad esserci e a mobilitarsi insieme per l’abolizione della detenzione
di migranti e dei confini; per l’apertura di canali d’ingresso sicuri e
accessibili il rilascio di un documento europeo; per la libertà di movimento per
tutt@
Ci vediamo a Tirana!