Dal 21 Novembre molti prigionieri del CPR sono in sciopero della fame per
pretendere la libertà.
Dopo due giorni di sciopero della fame, di fronte all’indifferenza continua
dell’ente gestore, nella serata di sabato due persone sono salite sul tetto. Una
delle due è svenuta, l’altra è caduta su una rete messa lì dai vigili del fuoco.
Entrambi sono stati portati al pronto soccorso, per poi essere poco dopo
riportati nel CPR.
In questi ultimi mesi, sono stati numerosi i casi di persone recluse finite in
ospedale e, anche se con lesioni gravissime, rispedite al CPR senza essere state
curate – tramite la riconferma dell’idoneità alla detenzione da parte dei
sanitari. L’ASL continua ad essere responsabile delle torture dentro il CPR,
validando le detenzioni e delegando a Sanitalia la presa in carico
sanitaria, nonché la decisione di chi rilasciare e chi no in modo del tutto
arbitrario. Sanitalia in questi giorni si è rifiutata di interloquire con i
detenuti in sciopero della fame, e i detenuti lamentano di non aver accesso a
visite mediche e medicinali specifici.
Al momento, sono tre le aree del CPR ad essere aperte – blu, verde e gialla – e
a causa del sovraffollamento, alcune persone sono costrette a dormire per terra,
anche nella mensa. Inoltre, manca il riscaldamento e si muore di freddo e alcuni
detenuti riportano patologie gravi e del tutto ignorate. Alle rivendicazioni
portate avanti dai reclusi le forze dell’ordine rispondono con pestaggi e
trasferimenti al carcere delle Vallette. Di fronte alla lotta disperata di chi
saliva sul tetto sabato sera, la risposta è stata un dispiegamento di
poliziotti, carabinieri, finanzieri e vigili del fuoco schierati, con scudi e
manganelli.
Abbiamo chiesto a una compagna dell’assemblea No Cpr Torino di aggiornarci sulla
situazione all’interno del Centro di Corso Brunelleschi.
Tag - detenzione amministrativa
Physicians for Human Rights ha da poco pubblicato il report “Death Sentence for
Palestinians in Custody” che riporta 94 casi di detenuti palestinesi morti
durante la detenzione da parte dello Stato sionista. Il report, documentando la
tortura e la negligenza medica sullx detenutx palestinesi, indica una deliberata
politica israeliana di morte nei confronti dellx detenutx palestinesi in
custodia cautelare.
All’indomani dell’inizio dell’ultimo cessate il fuoco, prima che la fase due del
Piano Trump venisse votata all’ONU, qualche giorno prima dell’arresto della
procuratrice militare israeliana Yifat Tomer-Yerushalmi per la diffusione del
video di una violenza sessuale nei confronti di un detenuto palestinese a Sde
Teiman, e qualche giorno dopo lo scambio di ostaggi tra Hamas e Israele, abbiamo
letto qualche articolo sulle immagini dei cadaveri dei detenuti palestinesi
restituiti alle famiglie nella Striscia di Gaza. I cadaveri erano
irriconoscibili, e le famiglie sono state sottoposte allo strazio di dover
riconoscere, in quei corpi torturati e smembrati, i loro cari, senza che Israele
fornisse alcun tipo di aiuto rispetto alla loro identificazione.
Al telefono con un medico di Physicians for human rights abbiamo parlato
dell’introduzione della pena di morte in Israele, della trasparenza dei media
nel Paese, della società israeliana.
Per approfondire
Il report di Physicians for Human Rights Israel
Il caso dell’ex procuratrice militare israeliana Yifat Tomer-Yerushalmi
https://www.bbc.com/news/articles/c2q07kd3ld6o
Il supporto alle IDF dopo la diffusione della notizia delle torture ai danni di
alcuni detenuti palestinesi e del video di uno stupro di gruppo a Sde Teiman
Dalla sua riapertura, nel 2020, sono ricorrenti le notizie della presenza di
persone con fragilità psichiatriche, anche per lunghissimi periodi, all’interno
del Cpr di Milano. Detenuti che aumentano i profitti di Ekene, ente gestore del
Cpr (di Milano ma anche di Gradisca), che guadagna in base alle presenze
quotidiane all’interno dei centri di detenzione per migranti.
Abbiamo chiesto alla rete Mai più lager – no ai Cpr di Milano di aggiornarci
sulla situazione del Cpr di Via Corelli.
La prima di una serie puntate di Harraga (trasmissione in onda su Radio Blackout
ogni venerdi dalle 15 alle 16) in cui proviamo a tracciare un fil rouge, che
dalla Palestina riporti alle logiche e alle dinamiche coloniali occidentali nei
nostri contesti, che sfruttano e opprimono, tanto in Palestina quanto in Italia,
le persone razzializzate.
L’obiettivo non sta tanto nel definire somiglianze e divergenze nelle forme di
repressione ed oppressione, al di qua e al di là del Mediterraneo, ma sviluppare
terreni di lotta comuni capaci di tenere insieme le lotte: non solo nella teoria
politica, ma a partire proprio dalla materialità con cui si manifestano.
Partiamo quindi dalla detenzione amministrativa e dai CPR, forma di repressione
e segregazione in Palestina di larghissimo utilizzo da parte dell’entità
sionista e tassello chiave della catena del razzismo di stato qui in Italia.
La fase di mobilitazioni in solidarietà al popolo palestinese che abbiamo
attraversato negli ultimi mesi, ha rappresentato un salto di qualità rispetto a
quanto messo in campo in Occidente negli ultimi decenni. Dallo slogan
“blocchiamo tutto”, le mobilitazioni hanno raggiunto non solo la comprensione ma
soprattutto la presa di responsabilità chiara e collettiva che ciò che
produciamo qui sui luoghi di lavoro, nelle scuole o nelle università, è complice
e materialmente responsabile del genocidio e dell’oppressione sistemica del
popolo palestinese. Ma non solo, la consapevolezza che inizia a radicarsi anche
nella fetta più ampia del movimento ProPal, è che la Palestina non rappresenta
solo se stessa ma tutte le lotte e le rivendicazioni anticoloniali e
antirazziste, sia negli obiettivi della lotta di liberazione e
autodeterminazione che nelle forme in cui essa si concretizza.
Siamo quindi partite dal delineare in cosa consiste la detenzione amministrativa
in Palestina, la genealogia della sua nascita e le fluttuazioni storiche del suo
utilizzo, per poi provare a tracciare le analogie negli obiettivi di questo
strumento di repressione in Italia come in Palestina. In primo luogo come monito
ai liberi: in Palestina, per esempio, è prassi che l’esercito sionista arresti i
familiari dei combattenti per convincerli a desistere dalla lotta. D’altra parte
in Italia le torture e le deportazioni sono quantitativamente minori in
relazione al numero di persone sprovviste del permesso di soggiorno, ma sono
funzionali al terrorizzare tuttx le/gli altrx tentando, con l’uso della paura
su larga scala, di renderli docili. Altrettanto chiara è, in entrambi i
contesti, l’obiettivo di creare profitto dal razzismo. Dall’evidente guadagno di
aziende private sui corpi delle persone recluse nei CPR, alla possibilità di
sfruttare manodopera a bassissimo costo tramite il meccanismo del ricatto del
permesso di soggiorno. Fino ad arrivare in Palestina dove l’intera società può
essere definita una società carceraria, dove genocidio, pulizia etnica e
incarcerazioni di masse generano profitto come laboratorio sperimentale di armi
e sistemi di sicurezza di ogni tipo.
Se è vero, come dicono in molti, che Israele fa e ha fatto per anni il lavoro
sporco dell’Occidente, spingendo sempre più in là l’asticella del livello di
violenza e repressione accettabili dalla “democratica società civile”,
dall’invenzione da parte delle IOF della dottrina della spoporzionalità del 2006
alle violenze indicibili commesse dall’esercito sionista dal 7 ottobre a Gaza,
ai trattamenti deumanizzanti che, se fino a ieri sarebbero stati impensabili,
oggi sono fin normalizzati dalle popolazioni occidentali. E’ anche vero che in
Europa la sperimentazione di livelli di violenza, controllo e repressione si
attua sempre sulle vite delle persone migranti che fungono, in tale quadro,
anche da banco di prova per estendere i limiti dell’umanamente
accettabile, nonché per normalizzare forme di tortura sia fisica che
psicologica.
Dall’altro lato, va ricordato che Israele è un prodotto dell’Occidente e
pertanto necessita della continua legittimazione ideologica razzista ed
islamofoba occidentale che si manifesta con la narrazione della “minaccia
islamica”, usata a scopo propagandisco dai governi occidentali e non solo, per
giustificare un discorso sulla “sicurezza”, sul riarmo e sul controllo delle
frontiere.
Di tutto questo ne abbiamo parlato proprio nel giorni di apertura
della settimana di mobilitazione per i prigionieri palestinesi. Sempre al fianco
delle 3368 persone imprigionate in detenzione amministrative nelle carceri
sioniste; con Anan, Ali e Mansour imprigionati in Italia per conto dello stato
sionista; con chi si trova reclusə per aver lottato al fianco della Palestina e
contro le complicità di aziende belliche occidentali, con Tarek e con
Prisoners4Palestine e Stecco, in sciopero della fame da più di sette giorni.
Libertà per tuttx!
La prima di una serie puntate di Harraga (trasmissione in onda su Radio Blackout
ogni venerdi dalle 15 alle 16) in cui proviamo a tracciare un fil rouge, che
dalla…
Lo scorso 25 settembre il Consiglio di Stato ha sancito l’annullamento del
capitolato d’appalto previsto per la gestione dei CPR (Centri di Permanenza per
il Rimpatrio). Un’altra decisione di un’altra suprema corte – questa estate,
infatti, era toccato anche alla Corte Costituzionale – che mette in discussione
la legittimità dei centri di detenzione amministrativa per […]
In questo episodio di Harraga, in onda ogni venerdì su Radio Blackout, insieme
al prezioso contributo di un compagno dalla Sardegna abbiamo parlato di uno dei
CPR più isolati, punitivi…
Il parlamento israeliano ha approvato, lo scorso 6 novembre, due leggi
riguardanti nuove pene e misure detentive per i cittadini accusati di
“terrorismo”, destinate cioè ai palestinesi con cittadinanza israeliana, così
scrive Eliana Riva su Pagine Esteri. Occorre parlare del sistema giuridico a due
livelli che Israele mette in campo, in questo caso con le […]
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete.
Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in
streaming.
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
> Anarres del 25 ottobre. Clandestini per legge. Hamas e la Turchia. El Alamein:
> guerra e (neo)colonialismo…
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Clandestini per legge
Nel nostro paese si è clandestini per legge. Entrare “legalmente” è impossibile:
per avere il permesso di soggiorno serve un contratto di lavoro firmato nel
paese d’origine. Quanti padroni conoscete che assumono a scatola chiusa un
lavoratore mai visto, in un paese a migliaia di chilometri dall’Italia?
Nessuno di quelli che arrivano ha le carte in regola. Chi incappa in un
controllo prende il foglio di via, se viene ripescato finisce al CPR.
I CPR sono un importante ingranaggio della macchina delle espulsioni, necessaria
a mantenere intatta la fama di intransigenza verso i “clandestini” di cui si
fregia ogni governo.
Le vite intrappolate nei CPR, sospese negli hotspot, in bilico tra carte da
bollo e quotidiani abusi di polizia partono da lontano, in terre dove il
neocolonialismo, lo sfruttamento delle risorse, le guerre fanno il deserto.
La storia dei CPR – un tempo CIE e prima ancora CPT – è storia di rivolte,
fughe, pestaggi, scioperi della fame, gente che si taglia, altri che si cuciono
la bocca. I CPR italiani sono stati distrutti e ricostruiti più e più volte.
I CPR sono, con le carceri, discariche sociali nelle quali vengono rinchiusi
quelli che non si sono adattati, quelli inghiottiti dalla strada, i ribelli, gli
scarti da eliminare alla fine di un processo che comincia nei paesi d’origine.
Ne abbiamo parlato con Raffaele
Hamas a fianco della Turchia contro il confederalismo democratico
Il 23 ottobre la Tusas, fabbrica d’armi del settore aerospaziale di proprietà
pubblica, metà dell’esercito, metà del ministero della Difesa, è stata attaccata
con esplosivi e mitra da due persone, che sono state uccise durante l’attacco in
cui sono morte cinque persone.
Nelle ore successive un massiccio bombardamento turco ha colpito le città del
nord della Siria e le basi del PKK in Iraq.
Hamas si è ovviamente posta a fianco di Erdogan con un comunicato di solidarietà
per l’attacco alla Tusas.
Noi non ci stupiamo. Fascisti islamici si schierano con altri fascisti islamici.
Quello che non smette di indignarci è il silenzio dei movimenti che ancora una
volta sono ambigui o conniventi con Hamas.
El Alamein: il ministero della guerra esalta la guerra e il colonialismo
Anche quest’anno i parà della Folgore hanno festeggiato la “gloriosa sconfitta”
nella battaglia di El Alamein nella seconda guerra mondiale. Alla cerimonia ha
partecipato la vice ministro Rauti.
In un post su X il ministero della Difesa ha scritto: “El Alamein 23 ottobre
1942, un luogo e una data che raccontano di valore e sacrificio, un capitolo
tanto eroico quanto tragico della nostra storia. Rendiamo onore ai coraggiosi
militari italiani che combatterono tra le sabbie del Nord Africa. Con loro
ricordiamo con deferenza tutti i Caduti che hanno sacrificato la loro vita per
la nostra libertà.”
Ne abbiamo parlato con Dario
Industria bellica, esercitazioni militari: le ultime novità
Dal 14 al 29 ottobre si è tenuta Steadfast Noon, l’esercitazione annuale della
NATO in cui viene simulato il dispiegamento e l’impiego di armi nucleari
“tattiche” in territorio europeo (le nuove B61-12 già installate anche in
territorio italiano nelle basi di Ghedi, Brescia, e Aviano, Pordenone).
Nell’ambito di un’ampia serie di accordi bilaterali tra Italia e Qatar definiti
nel bilaterale tenutosi a Villa Pamphili a Roma tra il presidente del Consiglio,
Giorgia Meloni, e l’Emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani, spicca un
memorandum di intesa tra Fincantieri e il gruppo qatarino del settore difesa
Barzan Holdings in vista della firma di un contratto per 40 radar Omega 360.
Il programma aeronautico Gcap, il futuro cacciabombardiere che la Gran Bretagna
sta studiando insieme a Italia e Giappone, va avanti. Si sono rivelate infondate
le voci di un ridimensionamento del progetto, che si erano diffuse in luglio per
l’intenzione del nuovo governo britannico di fare una spending review della
difesa. Le delegazioni dei tre paesi partecipanti, firmatari di un trattato
internazionale nel dicembre del 2023, hanno avuto incontri intensi anche nelle
ultime settimane, per mettere a punto l’accordo industriale che dovrebbe portare
alla costituzione di una joint venture paritetica.
Appuntamenti:
Venerdì 1 novembre
corteo contro la riapertura del CPR di Torino
ore 16 piazza Robilant
Giornate dei disertori
Sabato 2 e lunedì 4 novembre
Contro la guerra, il militarismo, la produzione bellica, l’occupazione militare
delle periferie, il nazionalismo!
Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!
Con disertori e obiettori di tutte le guerre!
Sabato 2 novembre dalle 15
No alla città dell’aerospazio! No alla città delle armi
Manifestazione antimilitarista
In via Roma 100 di fronte all’ingresso di Galleria San Federico, dove ha sede il
DAP – Distretto Aerospaziale Piemontese
Lunedì 4 novembre
Iniziative antimilitariste in giro per Torino
Smilitarizziamo la città!
Ogni martedì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
Informati su lotte e appuntamenti!
Contatti:
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20 (per info scrivete a
fai_torino@autistici.org)
Contatti:
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Detenzione amministrativa in Cisgiordania.