PRESENZA SOLIDALE AL TRIBUNALE DI TORINO E SALUTO AL CARCERE LORUSSO E CUTUGNO
Tribunale di Torino - Corso Vittorio Emanuele II, 130, 10128 Torino
(martedì, 17 settembre 09:00)
In occasione dell'udienza preliminare dell'operazione "City" - relativa al
corteo del 4 marzo a Torino al fianco di Alfredo Cospito, ai tempi in sciopero
della fame e contro il 41bis - che vede coinvoltx 19 compagnx
H 9 PRESENZA SOLIDALE AL TRIBUNALE DI TORINO IN VIA GIOVANNI FALCONE
H 15 SALUTO AL CARCERE LORUSSO E CUTUGNO, APPUNTAMENTO AL CAPOLINEA DEL 3
SEMPRE A FIANCO DI CHI LOTTA PER LA LIBERTA'
Tag - presidio solidale
SALUTO SOLIDALE CARCERE DI QUARTO D'ASTI
Carcere di Asti - Quarto inferiore, 266
(domenica, 30 giugno 10:30)
Torniamo nel pratone dietro il carcere di Asti per portare la nostra solidarietà
ai detenuti con musica e interventi.
Il carcere è tortura!
Per un mondo senza gabbie, contro la società che ci sfrutta e divide.
SABATO 27 APRILE PRESIDIO AL CARCERE DELLE VALLETTE (TORINO)
Carcere Vallette - Torino
(sabato, 27 aprile 16:00)
SABATO 27 APRILE – MOBILITAZIONE REGIONALE
PRESIDIO AL CARCERE DELLE VALLETTE (TORINO)
h 16 ritrovo al capolinea del tram 3
h 18.30 musica materiale informativo e aperitivo in Piazza Montale
Il carcere, fin dalle origini un luogo di morte, tortura e umiliazione, è anche
spazio di
fratture, azioni di coraggio, rivolta e resistenza.
Nei giorni del 25 Aprile vogliamo tornare fuori le mura delle prigioni,
innanzitutto per
portare la nostra solidarietà a chi è recluso e per continuare a parlare di
tutte le
sfaccettature di questo dispositivo totale e di come si traduce nella società.
La galera ha diverse funzioni: recludere chi non può o non vuole sottostare ai
dogmi
imposti dal potere e disciplinare il mondo attorno a sé incutendo terrore
tramite le
atrocità che accadono al suo interno.
Dove il carcere non riesce a controllare, separa e divide tramite
differenziazioni e
premialità, che come in ogni sistema totalitario premiano e promuovono
l’autodisciplinamento, condannando e reprimendo progressivamente qualsiasi germe
di
resistenza e ribellione.
Oggi più che mai - in un periodo post pandemico e di guerra - sembra evidente
che si
venda un’idea di libertà parziale, indotta al consumo e alla produzione, dove
anche la
dissidenza deve rientrare dentro le regole imposte.
La celebrazione del 25 Aprile non fa eccezione.
La liberazione dal fascismo fu una liberazione parziale, come è dimostrato -
anche
banalmente - dal fatto che molti fra magistrati, agenti del Potere e carcerieri
di fatto
mantennero le loro poltrone. Contro questa idea di falsa libertà, non possiamo
che
anelare ad una liberazione totale, che include l’abbattimento del sistema
carcere, intesa
come istituzione totale che rispecchia la società che la genera, la sostiene e
se ne nutre.
Il carcere si fa società, la società si fa carcere. Se da un lato quest’ultimo
si allarga
progressivamente a fasce più ampie della popolazione, dall’altro la società
viene
permeata sempre più dalle dinamiche tipiche della detenzione carceraria: il
controllo
delle devianze sociali, caratteristica fondante dell’istituzione carceraria,
diventa sempre
più capillare; le forme di detenzione alternative tendono sempre di più all’auto
carcerazione all’interno della quotidianità; le scuole esprimono sempre
maggiormente il
loro carattere coercitivo.
Portare quindi la critica al carcere anche nei giorni del 25 Aprile vuole
sottolineare come,
per chi non accetta il patto sociale imposto, di liberarsi è sempre l'ora e che
anche nei
luoghi dove si esercita il maggior livello di repressione e controllo continuano
a generarsi
momenti di resistenza.
Tra gli anni 60 e 80 sono state tante le rivolte all’interno delle Cayenne
d’Italia, ma le
azioni di ribellione continuano tuttora e vengono però silenziate nel migliore
dei casi,
represse nel sangue nel peggiore. Quotidianamente avvengono scioperi della fame,
dell’aria e del carrello, ma quasi nulla trapela fuori delle mura di cinta. Nel
Marzo del
2020 i prigionieri e le prigioniere per non morire come topi in gabbia hanno
incendiato le
carceri del Paese: la repressione è stata violentissima e sono state uccise
quattordici
persone. Crediamo sia importante ricordare anche il coraggio di chi ha deciso di
alzare la
testa e ribellarsi e di chi ha raccontato la verità sulla strage nel carcere di
Modena.
Per rilanciare ancora una volta la presenza di chi lotta nelle strade a fianco
di chi si
ribella nei luoghi di reclusione, in Piemonte sono già previste due iniziative
anticarcerarie
a ridosso del 25 Aprile: un presidio al carcere di Ivrea sabato 20 Aprile
pomeriggio e un
saluto solidale al carcere di Quarto d’Asti per il 25 Aprile mattina.
LUIGI LIBERO! PRESIDIO AL CARCERE DI ALESSANDRIA
Carcere di Alessandria - San Michele - S.da Alessandria, 50/A, 15121 San
Michele, Alessandria AL
(domenica, 21 aprile 17:00)
Ad un anno e mezzo dall’iniziativa di protesta contro la Leonardo spa di
Palermo, attuata in solidarietà al popolo curdo e contro tutte le guerre in
corso, Luigi resta in carcere con l’accusa di atto terroristico.
Senza ancora nessun grado di giudizio in corso, Luigi è stato trasferito nella
sezione di massima sicurezza del carcere di Alessandria, scontando una abnorme e
insensata misura di detenzione cautelare, tuttora in assenza di prove concrete o
di flagranza di reato. Questo è uno dei casi giudiziari in cui la retorica dello
Stato di diritto si infrange con la realtà della collusione fra industria
militare e interessi politici. Interessi asserviti ad una logica guerrafondaia
che passa sopra il genocidio del popolo palestinese e il tradimento del popolo
curdo che ha combattuto in prima linea contro il terrorismo dell’Isis. Luigi ha
sempre speso la sua vita nella militanza politica, con rara generosità e
passione lo abbiamo trovato sempre al fianco dei più deboli, per difendere il
diritto allo sport, alla salute, alla casa di tutti e tutte.
Contro questo ennesimo tentativo di mettere a tacere ogni voce di dissenso e
ogni possibilità di contestazione è necessario mobilitare solidarietà e
complicità attiva. Il caso di Luigi è l’ennesimo caso di un abuso giudiziario
che deve essere assunto a mobilitazione politica generale. Contro chi vuol
mettere a tacere la lotta contro la guerra e per la libertà dei popoli oppressi,
chiediamo l’immediata liberazione di Luigi.
Ad una settimana dalla traduzione nel carcere speciale di Alessandria, chiamiamo
alla solidarietà fuori dalle mura del carcere, facciamo sentire la nostra voce
contro la repressione.
Domenica 21 aprile ore 17, s.da Alessandria, 50/A, San Michele (AL).
Invitiamo a partecipare alla campagna di sottoscrizione per le spese legali:
IBAN IT12S3608105138244036544045
Intestato a Tagliarini Alessandro
Causale: solidarietà
PRESIDIO A SOSTEGNO DELLE LOTTE DELLE DONNE DETENUTE ALLE VALLETTE
Carcere Vallette - Torino
(martedì, 12 marzo 17:00)
Condividiamo e sosteniamo le ragioni della mobilitazione delle donne detenute
alle Vallette, le quali denunciano a gran voce una condizione di reclusione
sempre più lesiva dei diritti fondamentali, sempre più arbitrariamente
afflittiva e incompatibile con la vita.
Sosteniamo con loro l'urgenza di misure deflattive, di depenalizzazione e
de-carcerizzazione - come ad esempio portare la liberazione anticipata a 75
giorni (c.d. liberazione anticipata speciale, che già è stata applicata in
passato nel nostro sistema) - contro un carcere sempre più sovraffollato e
incompatibile con la dignità delle persone.
Proclamiamo lo stato di agitazione denunciando anche noi con forza le misure
assunte dal Governo, tipiche del populismo giustizialista, che non fa altro che
moltiplicare le fattispecie di reato, l'aggravamento delle pene e la
progettazione di nuovi spazi detentivi.
Rifiutiamo con fermezza la perdurante e irrazionale pretesa di affidare al
sistema penale e punitivo la soluzione di ogni conflitto sociale.
Liberiamo le donne dal carcere
𝗜𝗹 𝟰% 𝗲̀ 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼. Le donne detenute in media sono 2500, il 4% di chi è
reclus*, forse per questo spesso dimenticate. Le sezioni femminili sono popolate
in gran parte di donne condannate per reati minori, con pene o residui pena al
di sotto dei 3 anni, molte al di sotto di 1 anno. Oltre un terzo di loro sono
straniere.
𝗜𝗹 𝟯𝟱% 𝗲̀ 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼. Più di un terzo delle donne è detenuto per un solo
articolo della legge sulle droghe, l'art. 73 della L. 309/90, che riguarda i
reati minori per droga. Non si tratta di narcotrafficanti: sono i pesci piccoli,
molto spesso consumatrici. La riforma della legge 309 – rimasta scandalosamente
da 30 anni in un cassetto del Parlamento – e le pene alternative possono
svuotare più di un terzo delle celle.
Questo dato ci restituisce un'immagine chiara di questa istituzione: un organo
di gestione della "devianza" sociale, innanzi tutto razzista (le donne straniere
nel 2022 erano il 30,5% del totale), meramente ed esclusivamente repressivo e
punitivo.
𝗜𝗹 𝟰% 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝗮𝗯𝗯𝗮𝘀𝘁𝗮𝗻𝘇𝗮. Le sezioni femminili sono spesso
derubricate a serie B del carcere maschile. Un mondo di donne in un carcere
pensato al maschile: penalizzato per lo studio, la formazione, il lavoro, il cd
"reinserimento". Così pure come nessuno nomina la condizione delle detenute
trans, le quali si trovano costrette in condizioni di discriminazione e di
sofferenza estrema, rappresentando l'eccezione all'eccezione.
Le donne sono troppo poche per investire su di loro, dicono in molti.
Positivamente poche per pensare e sperimentare alternative alla reclusione,
diciamo noi!
Facciamo delle sezioni femminili un laboratorio dove liberarsi della necessità
del carcere’!
𝗜𝗹 𝟲𝟯% 𝗲̀ 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼. Più di 6 donne su 10 sono madri, ogni giorno ci
sono in media oltre 4mila bambini e bambine che, se sono fortunat*, vedono la
madre un’ora alla settimana, mentre in tanti casi non la vedono mai.
Susan John si è lasciata morire alle Vallette perché non le permettevano di
vedere l figl.
Le madri di figl piccol devono avere il diritto di mantenere il rapporto con
loro e di accedere più e meglio alle alternative e alla libertà.
𝟭 𝗲̀ 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼. Ci sono bambin* piccoli che restano detenuti con
le loro madri.
L’ICAM di Torino è di fatto una sezione del carcere, più colorata, ma sempre di
oppressione e reclusione si tratta.
Il ddl Cirielli contro la responsabilità genitoriale delle madri condannate e il
ddl Pacchetto Sicurezza che vieta le alternative alle madri recidive sono la
legalizzazione di un trattamento disumano per donne e bambin*.
Nemmeno un bambin deve restare in cella né deve essere separat dalla madre!
𝟯 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗲. Negli ultimi 6 mesi tre donne – Susan, Graziana e
Azzurra - si sono suicidate alle Vallette senza che chi le imprigionava
tutelasse le loro vite.
Il carcere, la sua violenza e l’abbandono uccidono.
Denunciamo questi omicidi di stato, che dall'inizio dell'anno sono ormai 40
(QUARANTA!).
𝗜𝗹 𝟵,𝟰% 𝗲̀ 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼, 𝟭𝟮 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗲. Quasi 10 donne su 100
sono in uno dei regimi di Alta Sicurezza: vuol dire deprivazione, afflizione,
limiti alle pene alternative e livelli di coercizione estremi. 12 sono al 41bis,
un regime anticostituzionale in piena violazione di qualunque diritto umano.
𝗟𝗶𝗯𝗲𝗿𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗹𝗲 𝗱𝗼𝗻𝗻𝗲 – 𝗲 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘁𝘂𝘁𝘁*- 𝗱𝗮𝗶
𝗿𝗲𝗴𝗶𝗺𝗶 𝘀𝗽𝗲𝗰𝗶𝗮𝗹𝗶!
𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗜𝗔𝗠𝗢 𝗟𝗘 𝗗𝗢𝗡𝗡𝗘 𝗗𝗔𝗟 𝗖𝗔𝗥𝗖𝗘𝗥𝗘 𝗘 𝗗𝗔𝗟𝗟𝗢
𝗦𝗧𝗜𝗚𝗠𝗔 𝗣𝗔𝗧𝗥𝗜𝗔𝗥𝗖𝗔𝗟𝗘 !
𝟰 𝘀𝘁𝗶𝗴𝗺𝗮 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗶. Donna, rea, razzializzata, consumatrice
di droghe, ‘cattiva madre’.
Il potere patriarcale non ha mai smesso di stigmatizzare le donne, sotto l'egida
della pena e della reclusione lo stigma di genere sembra essere ancora più
tenace.
Il tribunale patriarcale e borghese giudica le donne quattro volte almeno, e per
questo le punisce.
Non vogliamo prendere parola al posto delle detenute, ma amplificare le loro
voci.
con Susan, Graziana e Azzurra, con le ragazze di Torino in sciopero della fame a
staffetta e tutte le altre detenute:
LA LOTTA DELLE DETENUTE E' ANCHE LA NOSTRA LOTTA.
IMMAGINARE E DESIDERARE UN ESISTENTE SENZA CARCERE è POSSIBILE.
𝗧𝗨𝗧𝗧𝗘 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗘, 𝗧𝗨𝗧𝗧𝗜 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗜, 𝗧𝗨𝗧𝗧𝟯 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝟯
𝗖𝗢𝗡𝗧𝗥𝗢 𝗖𝗔𝗥𝗖𝗘𝗥𝗘 𝗘 𝗗𝗘𝗧𝗘𝗡𝗭𝗜𝗢𝗡𝗘
𝗔𝗠𝗠𝗜𝗡𝗜𝗦𝗧𝗥𝗔𝗧𝗜𝗩𝗔. 𝗦𝗢𝗟𝗜𝗗𝗔𝗥𝗜𝗘𝗧𝗔' 𝗔 𝗖𝗛𝗜 𝗟𝗢𝗧𝗧𝗔
urly.it/3-mp8
PRESIDIO A SOSTEGNO DELLE LOTTE DELLE DONNE DETENUTE ALLE VALLETTE
Carcere Vallette - Torino
(sabato, 9 marzo 17:00)
Condividiamo e sosteniamo le ragioni della mobilitazione delle donne detenute
alle Vallette, le quali denunciano a gran voce una condizione di reclusione
sempre più lesiva dei diritti fondamentali, sempre più arbitrariamente
afflittiva e incompatibile con la vita.
Sosteniamo con loro l'urgenza di misure deflattive, di depenalizzazione e
de-carcerizzazione - come ad esempio portare la liberazione anticipata a 75
giorni (c.d. liberazione anticipata speciale, che già è stata applicata in
passato nel nostro sistema) - contro un carcere sempre più sovraffollato e
incompatibile con la dignità delle persone.
Proclamiamo lo stato di agitazione denunciando anche noi con forza le misure
assunte dal Governo, tipiche del populismo giustizialista, che non fa altro che
moltiplicare le fattispecie di reato, l'aggravamento delle pene e la
progettazione di nuovi spazi detentivi.
Rifiutiamo con fermezza la perdurante e irrazionale pretesa di affidare al
sistema penale e punitivo la soluzione di ogni conflitto sociale.
Liberiamo le donne dal carcere
𝗜𝗹 𝟰% 𝗲̀ 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼. Le donne detenute in media sono 2500, il 4% di chi è
reclus*, forse per questo spesso dimenticate. Le sezioni femminili sono popolate
in gran parte di donne condannate per reati minori, con pene o residui pena al
di sotto dei 3 anni, molte al di sotto di 1 anno. Oltre un terzo di loro sono
straniere.
𝗜𝗹 𝟯𝟱% 𝗲̀ 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼. Più di un terzo delle donne è detenuto per un solo
articolo della legge sulle droghe, l'art. 73 della L. 309/90, che riguarda i
reati minori per droga. Non si tratta di narcotrafficanti: sono i pesci piccoli,
molto spesso consumatrici. La riforma della legge 309 – rimasta scandalosamente
da 30 anni in un cassetto del Parlamento – e le pene alternative possono
svuotare più di un terzo delle celle.
Questo dato ci restituisce un'immagine chiara di questa istituzione: un organo
di gestione della "devianza" sociale, innanzi tutto razzista (le donne straniere
nel 2022 erano il 30,5% del totale), meramente ed esclusivamente repressivo e
punitivo.
𝗜𝗹 𝟰% 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝗮𝗯𝗯𝗮𝘀𝘁𝗮𝗻𝘇𝗮. Le sezioni femminili sono spesso
derubricate a serie B del carcere maschile. Un mondo di donne in un carcere
pensato al maschile: penalizzato per lo studio, la formazione, il lavoro, il cd
"reinserimento". Così pure come nessuno nomina la condizione delle detenute
trans, le quali si trovano costrette in condizioni di discriminazione e di
sofferenza estrema, rappresentando l'eccezione all'eccezione.
Le donne sono troppo poche per investire su di loro, dicono in molti.
Positivamente poche per pensare e sperimentare alternative alla reclusione,
diciamo noi!
Facciamo delle sezioni femminili un laboratorio dove liberarsi della necessità
del carcere’!
𝗜𝗹 𝟲𝟯% 𝗲̀ 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼. Più di 6 donne su 10 sono madri, ogni giorno ci
sono in media oltre 4mila bambini e bambine che, se sono fortunat*, vedono la
madre un’ora alla settimana, mentre in tanti casi non la vedono mai.
Susan John si è lasciata morire alle Vallette perché non le permettevano di
vedere l figl.
Le madri di figl piccol devono avere il diritto di mantenere il rapporto con
loro e di accedere più e meglio alle alternative e alla libertà.
𝟭 𝗲̀ 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼. Ci sono bambin* piccoli che restano detenuti con
le loro madri.
L’ICAM di Torino è di fatto una sezione del carcere, più colorata, ma sempre di
oppressione e reclusione si tratta.
Il ddl Cirielli contro la responsabilità genitoriale delle madri condannate e il
ddl Pacchetto Sicurezza che vieta le alternative alle madri recidive sono la
legalizzazione di un trattamento disumano per donne e bambin*.
Nemmeno un bambin deve restare in cella né deve essere separat dalla madre!
𝟯 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗲. Negli ultimi 6 mesi tre donne – Susan, Graziana e
Azzurra - si sono suicidate alle Vallette senza che chi le imprigionava
tutelasse le loro vite.
Il carcere, la sua violenza e l’abbandono uccidono.
Denunciamo questi omicidi di stato, che dall'inizio dell'anno sono ormai 40
(QUARANTA!).
𝗜𝗹 𝟵,𝟰% 𝗲̀ 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗼, 𝟭𝟮 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗲. Quasi 10 donne su 100
sono in uno dei regimi di Alta Sicurezza: vuol dire deprivazione, afflizione,
limiti alle pene alternative e livelli di coercizione estremi. 12 sono al 41bis,
un regime anticostituzionale in piena violazione di qualunque diritto umano.
𝗟𝗶𝗯𝗲𝗿𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗹𝗲 𝗱𝗼𝗻𝗻𝗲 – 𝗲 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘁𝘂𝘁𝘁*- 𝗱𝗮𝗶
𝗿𝗲𝗴𝗶𝗺𝗶 𝘀𝗽𝗲𝗰𝗶𝗮𝗹𝗶!
𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗜𝗔𝗠𝗢 𝗟𝗘 𝗗𝗢𝗡𝗡𝗘 𝗗𝗔𝗟 𝗖𝗔𝗥𝗖𝗘𝗥𝗘 𝗘 𝗗𝗔𝗟𝗟𝗢
𝗦𝗧𝗜𝗚𝗠𝗔 𝗣𝗔𝗧𝗥𝗜𝗔𝗥𝗖𝗔𝗟𝗘 !
𝟰 𝘀𝘁𝗶𝗴𝗺𝗮 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗶. Donna, rea, razzializzata, consumatrice
di droghe, ‘cattiva madre’.
Il potere patriarcale non ha mai smesso di stigmatizzare le donne, sotto l'egida
della pena e della reclusione lo stigma di genere sembra essere ancora più
tenace.
Il tribunale patriarcale e borghese giudica le donne quattro volte almeno, e per
questo le punisce.
Non vogliamo prendere parola al posto delle detenute, ma amplificare le loro
voci.
con Susan, Graziana e Azzurra, con le ragazze di Torino in sciopero della fame a
staffetta e tutte le altre detenute:
LA LOTTA DELLE DETENUTE E' ANCHE LA NOSTRA LOTTA.
IMMAGINARE E DESIDERARE UN ESISTENTE SENZA CARCERE è POSSIBILE.
𝗧𝗨𝗧𝗧𝗘 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗘, 𝗧𝗨𝗧𝗧𝗜 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗜, 𝗧𝗨𝗧𝗧𝟯 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝟯
𝗖𝗢𝗡𝗧𝗥𝗢 𝗖𝗔𝗥𝗖𝗘𝗥𝗘 𝗘 𝗗𝗘𝗧𝗘𝗡𝗭𝗜𝗢𝗡𝗘
𝗔𝗠𝗠𝗜𝗡𝗜𝗦𝗧𝗥𝗔𝗧𝗜𝗩𝗔. 𝗦𝗢𝗟𝗜𝗗𝗔𝗥𝗜𝗘𝗧𝗔' 𝗔 𝗖𝗛𝗜 𝗟𝗢𝗧𝗧𝗔
https://www.facebook.com/events/1538708050007014?ref=newsfeed
CAMMINANDO PER SOLE E BALENO
Val Chiusella - val chiusella
(sabato, 30 marzo 14:00)
CAMMINANDO PER SOLE E BALENO
SABATO 30 MARZO 2024
Ore 14 - Presidio solidale al carcere di Ivrea
Ore 17 - Presentazione della rivista Respiro, grafica e parole contro carcere e
repressione, presso Zac Movicentro, dietro stazione FS Ivrea
DOMENICA 31 MARZO 2024
Ore 10 - Escursione alla Cavallaria, partenza da Brosso, pranzo al sacco
PRESIDIO SOLIDALE CON I DETENUTI DEL CARCERE DI QUARTO D'ASTI
Carcere di Asti - Quarto inferiore, 266
(sabato, 24 febbraio 16:00)
#PRESIDIO #SOLIDALE CON I DETENUTI DEL #CARCERE DI QUARTO D'ASTI
#24FEBBRAIO2024
H 16.00
CORTEO CONTRO IL CARCERE E LA SOCIETA DI CUI HA BISOGNO
Incrocio Via Val della Torre - Corso Cincinnato - Incrocio Via Val della Torre -
Corso Cincinnato (sabato, 11 novembre 15:00)
CORTEO CONTRO IL CARCERE E LA SOCIETA DI CUI HA BISOGNO
[https://gancio.cisti.org/media/c2090519f23f687d61297d2dfb18eb3a.jpg]
11 NOVEMBRE 2023
DALLE ORE H15
CORTEO CONTRO IL CARCERE E LA SOCIETA DI CUI HA BISOGNO!
INCROCIO VIA VAL DELLA TORRE – CORSO CINCINNATO
GOVERNARE (DA)I MARGINI:
CONTRO IL CARCERE E LA SOCIETÀ' CHE NE HA BISOGNO
Mentre non si riesce più a contare il numero di gente massacrata e la cui vita è
in scacco per via di necessità e imperativi di guerra che bussano alle porte di
questa Europa apparentemente prossima al collasso sia economico che ecologico;
mentre i giornali imperversano in una retorica schiacciante in cui terrorista è
nominato colui che lotta, si organizza e risponde - colpo su colpo - alla
violenza degli Stati, alla violenza delle colonie e all’ingiustizia strutturale
dei sistemi differenziati del capitalismo neo-liberale (ossia la produzione, da
parte del capitalismo, di categorie di persone sfruttabili, ricattabili e
reprimibili a seconda delle sue necessità); mentre tutto questo succede, il
carcere - essenza materiale e simbolica, della dirompenza del sistema di
controllo, punizione e messa a valore delle classi oppresse - diventa un nodo
centrale contro cui lottare. Non solo per ribadire come il potere si
materializzi sulle vite di sfruttati e sfruttabili, ma anche per sottolineare
quali alleanze vogliamo ribadire, scoprire e valorizzare nel nostro bisogno di
organizzarci contro un'esistenza invivibile e inaccettabile.
Il momento storico in cui ci troviamo a vivere ci impone la necessità di
ampliare lo sguardo sul fenomeno carcerario, legandolo non solo a un dispositivo
fisico repressivo, ma capendo come la diluizione del sistema carcere al di
fuoridelle patrie galere coinvolga inevitabilmente i diversi strati sociali e
informi il tessuto sociale tutto. Il governo Meloni e le sue politiche,
marcatamente classiste, razziste e securitarie, mostra una continuità a ritmo
sostenuto, in rapporto con gli esecutivi precedenti nel creare supposti
"soggetti criminali" enemici da cui difenderci. La tendenza è quella
giustizialista che continua a materializzarsi nell'uso della decretazione
d'urgenza, sia riguardo al fenomeno della cosiddetta "devianza giovanile" sia a
quello della migrazione. Decreti che hanno il medesimo obiettivo politico:
privazione della libertà personale e di movimento. Un vero e proprio strapotere
penale, e carcerario, quello che si sta sviluppando oltre il perimetro
dell'istituzione totale per eccellenza, dove a farne le spese sarà la parte più
sfruttabile e ricattabile del tessuto sociale. Il mito collettivo, secondo cui
la prigione protegge (da cosa esattamente?) e quindi sia un male necessario, non
è altro che un mito utilizzato per giustificare, quando ancora ce ne sia
bisogno, l’istituzione carcere in sé, luogo ove confinare la miseria e soffocare
la protesta contro l'ordine stabilito e creare cittadini obbedienti. E questo
mito è di sovente ancorato all'idea, quasi religiosa, del "chi ha peccato deve
pagare". Ma invece è ovvio che le carceri, essendo per essenza strutture
coercitive, non possono che avere come unico scopo la disciplina e la sicurezza.
Questo controllo sociale totalizzante viene esercitato al di là delle mura del
carcere, attraverso la paura che esso incute, ma anche per mezzo delle
cosiddette pene alternative, ovvero ulteriori strumenti per aumentare la
carcerazione diffusa. La prigione è il luogo di punizione per eccellenza, in cui
la società capitalista neoliberale rinchiude coloro che dichiara dannosi, per
contenere qualsiasi slancio di rivolta sociale e mantenere così al suo interno
valori morali basati sulla disuguaglianza, sullo sfruttamento, sul rispetto
dell'autorità e sulla sottomissione alla violenza dello Stato.
Le rivolte, gli scioperi della fame, le lotte dei reclusi che caratterizzano la
quotidianità delle carceri, sono l'evidenza di una rabbia irriformabile. Una
rabbia relegata, dagli organi governamentali, a una totale silenziazione delle
sue rivendicazioni, in cui si vuole privare di significato qualsiasi atto di
protesta con la conseguente invisibillazione delle condizioni detentive.Le
parole del ministro della Giustizia Nordio, in visita al carcere Lorusso e
Cotugno, lo scorso mese in risposta alla morte di due detenute, non fanno altro
che speculare sull'accaduto e portare avanti i calcoli politici di governo, di
fronte all'evidenza strutturale che il carcere uccide. Lo scopo delle
istituzioni penitenziarie è dunque chiaro: controllare, monitorare, punire,
uccidere, poiché la necropolitica è parte integrante della logica carceraria.
Essa si basa sul fare della violenza-tortura-morte uno strumento di controllo e
deterrenza per gli internati, verso il mondo dei liberi e in particolare verso
quegli strati del tessuto sociale che, in diverse forme, escono dagli schemi
costruiti attorno ad essi. Grazie allo sciopero della fame di 181 giorni portato
avanti da Alfredo Cospito e alla mobilitazione contro il 41bis e l'ergastolo
ostativo al suo fianco, è oggi forse maggiormente noto come lo stato utilizzi la
tortura, annientando psico-fisicamente le persone detenute nelle carceri per
estorcere informazioni, richiedere il pentimento o la dissociazione. Questi sono
i meccanismi brutali di cui si avvalgono le istituzioni per il re-inquadramento
di massa della società tutta.
Quando il sistema carcerario esplica la sua funzione violenta e mortifera,
l'opinione pubblica tende a polarizzarsi in due correnti non dualistiche tra di
loro: da una parte si consolida l'approccio giustizialista, dove si criminalizza
e si condanna alla responsabilità individuale dell'espiazione della colpa,
discorso accettato da un ampia fetta della società. Dall'altra, invece, il
paradigma garantista, abbandonate le proprie velleità di assicurazione dello
stato di diritto - come il principio di proporzionalità e funzione rieducativa
della pena - si riduce alla mera richiesta di più controllo e sorveglianza negli
istituti penitenziari, tramite l'assunzione massiccia di guardie, militari e
personale sanitario. Nello specifico i sindacati di polizia avanzano
rivendicazioni bastate sulla richiesta di più organico con l'obbiettivo di
aumentare la loro capacità di coercizione e violenza nei confronti dex
detenutx,soprattutto dex rivoltosx.
Entrambi gli approcci danno voce quindi ad un unicum securitario. Un discorso
che nel suo complesso va smascherato. La violenza statale si perpetua
nell'ordine carcerario anche attraverso il sovraffollamento, la mancanza di cure
sanitarie e i pestaggi della polizia. Pensare di riformare le carceri non è
un'orizzonte politico desiderabile perché non può esserci una vera emancipazione
senza la distruzione totale dei luoghi di reclusione e della società che li
necessita.
CONTRO IL CARCERE E LA SOCIETÀ CHE NE HA BISOGNO: RENDIAMO TANGIBILE LA
SOLIDARIETÀ A CHI RESISTE E LOTTA CONTRO LA VIOLENZA QUOTIDIANA DELLA
DETENZIONE, ATTRAVERSANDO LE STRADE DI VALLETTE PER ARRIVARE FINO ALLE MURA DEL
CARCERE LORUSSO COTUGNO.
CORTEO
SABATO 11 NOVEMBRE
DALLE ORE 15
ANGOLO VIA VAL DELLA TORRE/CORSO CINCINNATO
PRESIDIO SOLIDALE AL CARCERE DI ALESSANDRIA - SAN MICHELE
Carcere di Alessandria - San Michele - S.da Alessandria, 50/A, 15121 San
Michele, Alessandria AL (mercoledì, 1 novembre 15:00)
PRESIDIO SOLIDALE AL CARCERE DI ALESSANDRIA - SAN MICHELE
[https://gancio.cisti.org/media/695846407b56842bf17ba678ce752b85.jpg]
PRESIDIO SOLIDALE AX RECLUSC NEL CARCERE DI ALESSANDRIA
MERCOLEDÌ 1 NOVEMBRE - ORE 15
ALESSANDRIA - CARCERE SAN MICHELE (STRADA CASALE)
L'estensione dei regimi detentivi speciali ai reati contro la libera espressione
di pensieri sovversivi, conferma la natura politica della differenziazione
penitenziaria. Una prigionia politica che per alcuni rivoluzionari dura da piú
di 40 anni.
Da qualche settimana il compagno anarchico Gino Vatteroni - accusato di avere
violato le prescrizioni della detenzione domiciliare a cui era sottoposto - è
rinchiuso nella sezione AS2 del carcere di Alessandria - San Michele. Gino si
trovava ai domiciliari perché accusato di aver collaborato alla pubblicazione
del giornale anarchico internazionalista Bezmotivny.
A FIANCO DI GINO!
A FIANCO DEI PRIGIONIERI RIVOLUZIONARI RECLUSI NEL CARCERE DI ALESSANDRIA!
CONTRO TUTTE LE GALERE!
PER LA LIBERTÀ!