In un momento storico segnato da tensioni crescenti, in cui la corsa al riarmo e
la logica della guerra imperialista vengono imposte come orizzonte inevitabile,
non sorprende che le istituzioni tentino di silenziare e reprimere chi sceglie
di organizzarsi dal basso, animando e vivendo le lotte che si oppongono al
deserto lasciato dalle politiche istituzionali.
Da sempre, chi si oppone allo stato delle cose viene criminalizzatx. Oggi più
che mai, chi non abbassa la testa e continua a resistere è oggetto di una
repressione sempre più intensa, attraverso misure giudiziarie che mirano ad
annichilire il dissenso e a trasformare in nemico pubblico chi crede che le
lotte dal basso siano lotte di tuttx.
Vorrebbero silenziarci, costringerci alla passività, pront* ad accettare il
destino che hanno già scelto per noi.
Non riuscendoci, usano l’unica arma che conoscono: la repressione e la macchina
del fango.
Sappiamo bene che hanno paura.
Sanno che chi scende in strada non lo fa per un tornaconto personale, non lo fa
per soldi o per potere, come un qualunque politico. Lottare significa credere in
un mondo diverso, significa costruire pratiche di resistenza e solidarietà
reali, significa portare avanti un’idea di un mondo diverso e di una vita degna
per tutt*.
Ed è proprio questa determinazione a spaventarli: l’idea che esista ancora chi
non si piega, chi si organizza, chi non è disposto a farsi schiacciare senza
reagire.
Tra pochi giorni ci sarà la sentenza del Processo Sovrano, l’ennesimo capitolo
di una strategia repressiva che da anni tenta di annientare le esperienze di
lotta costruite con determinazione da tant* compagn*, in valle come in città.
Un processo velenoso costruito dalla procura torinese con l’unico scopo di
colpire chi ha scelto di non arretrare, incastrando pezzi di storie diverse per
costruire il teorema di un’associazione a delinquere. Un’accusa strumentale,
frutto di un impianto che non ha nulla a che vedere con la ricerca della verità,
ma molto con la volontà di stroncare il dissenso.
Non è la prima volta che assistiamo a simili manovre repressive: la magistratura
torinese è da sempre in prima linea nel colpire chi lotta, mentre le denunce
degli abusi delle FFO vengono sistematicamente archiviate. è un copione già
visto, dove i ruoli sono sempre gli stessi, da un lato, chi difende gli
interessi del potere con processi-farsa e campagne mediatiche denigratorie e
dall’altro, chi resiste e continua a lottare per la giustizia sociale.
Ma questa repressione non riguarda solo Torino. Il processo sovrano si
inserisce in un contesto di progressivo restringimento degli spazi di libertà e
di espressione in tutta Italia. Infatti se colleghiamo questa vicenda alla
riforma della giustizia che mira a sottomettere definitivamente il potere
giudiziario al potere politico esecutivo l’obbiettivo diventa ancora
più chiaro: normalizzare la società, soffocare il dissenso, spegnere ogni voce
critica prima che possa diventare una minaccia reale per l’ordine costituito.
Ma chi lotta non è mai solx.
Solidarietà all* compagn* indagate, eravamo e rimaniamo al loro fianco!
L* compagn* del CSOA Gabrio
Tag - Repressione
ASSEMBLEA CONTRO REPRESSIONE E ANTI AGGRESSIONE AGLI SPAZI OCCUPATI
Barocchio squat - - strada del Barocchio 27 - Grugliasco (TO)
(giovedì, 19 dicembre 20:30)
Invitiamo tutti gli interessati alla problematica ormai ricorrente che coinvolge
le realtà Torinesi.
CORTEO CONTRO IL DDL 1660 E LA REPRESSIONE
Asti - a breve più info sul percorso - Asti
(sabato, 9 novembre 15:00)
Sabato 9 Novembre - Corteo contro il DDL 1660 e la repressione.
Concentramento h 15.
Percorso in definizione, maggiori info nei prossimi giorni!
TORINO / 1,2 e 3 Novembre 2024
Se primavera ed estate 2024 sono state scandite dal calore di proteste,
scioperi, rivolte ed evasioni – sopratutto dentro le galere di in ogni parte del
paese – non si può dire che la controparte non stia, di pari passo, affilando la
sua lama, puntandola spietatamente contro poverx, migranti e ribelli nonché
chiunque porta solidarietà e prova a opporsi e resistere. Gli strumenti
legislativi a disposizione delle procure si stanno, infatti, rimpolpando di
disegni e decreti legge criminogeni che mirano ad ampliare il ventaglio dei
reati, intensificarne le pene e abbassare la soglia di punibilità.
Il ddl 1660, in corso di approvazione, rispecchia molto bene la realtà in cui ci
vogliono costringere a vivere. Difatti, in maniera molto dettagliata e puntuale,
va a colpire tutti gli ambiti dove negli ultimi anni sono state portate avanti
le proteste e le lotte più incisive che hanno attraversato il paese, dai luoghi
di detenzione (carcere e CPR) alle mobilitazioni contro il disastro climatico.
D’altronde non servirebbe uno degli ultimi omicidi – in ordine temporale, e tra
i più noti, che da decenni accadono nelle campagne italiane – di Satnam Singh a
ricordarci che la linea del colore e l’oppressione di classe segnano
indelebilmente il destino all’interno delle dinamiche di sfruttamento della
forza lavoro. O l’assassinio di Oussama Darkaoui nel CPR di Palazzo San Gervasio
a ribadire, ancora una volta, come le galere amministrative assolvano
quotidianamente a uno dei loro compiti principali: terrorizzare i/le liberx
senza documenti europei – resx clandestinx dalle leggi – affinché non osino
lottare, autodeterminarsi ed esistere fuori dagli schemi della paura e del
dominio.
Eppure, questa calda estate ci ha dimostrato che davanti alla brutale
ingiustizia e violenza agita dallo Stato, non è solo la paura a dominare gli
animi. Da Nord a Sud le proteste hanno scaldato i centri di detenzione – sia
penale che amministrativi, ad ogni latitudine e per mano di ogni età. Fuori da
quelle mura, solidali e complici han cercato le proprie strade per mostrare
supporto, tessere legami, far circolare le notizie, rendersi tasselli di
comunicazione, affiancando chi ha deciso di parlare per sé attraverso rivolte e
proteste.
Sappiamo che il capitalismo differenziale – tanto più se in crisi economica e in
un panorama bellico – ha sempre più bisogno di allargare le maglie quantitative
del contenimento, irregimentare i metodi di tortura con il fine – neanche tanto
sottinteso – di terrorizzare su larga scala e contenere coloro che si ribellano.
Guerra, violenza, repressione, sorveglianza e incarcerazione, costituiscono gli
strumenti necropolitici per antonomasia che si ripercuotono materialmente sui
corpi provocando morte e sofferenza. Spezzano i legami ma, allo stesso tempo,
producono nuove relazioni sociali, nuove grammatiche del potere, iscrivendole
all’interno di un’economia politica imperniata sulla gerarchizzazione
dell’umano.
La necropolitica, provando a interpretare i presenti sconvolgimenti globali, non
è tuttavia semplicemente un processo bensì un vero e proprio paradigma. Il
conflitto bellico tra l’Ucraina e la Federazione Russa e il genocidio in atto da
parte dello stato sionista nei confronti della popolazione palestinese, sono –
all’interno di questo quadro – potenti esempi di come agisce tale macchina.
Alle nostre latitudini i venti di guerra soffiano in molteplici direzioni; ne
sono un esempio, da un lato, gli investimenti massicci nel settore bellico da
parte del governo Meloni, dall’altro la stesura di decreti sicurezza, creati ad
hoc, in cui vengono categorizzati sempre più nuovi nemici interni, evocando
incessantemente una supposta minaccia incombente sulla stabilità del sistema
economico e sociale.
Non limitandoci a osservare il fenomeno della guerra, come mera espressione
dei/delle governanti di turno o di contingenti necessità geopolitiche, ci preme
piuttosto leggere il presente bellico come parte integrante del capitalismo, e
nella fattispecie di quello neoliberale, grimaldello della paura e della
retorica massmediatica: base discorsiva per l’assestarsi o l’accelerare di
alcune modificazioni del presente. Fondamentale, in merito ai discorsi oggetto
di questa chiamata, l’intensificarsi di una retorica potente sul nemico interno
delineato, non solo in chi lotta o dissente, ma soprattutto in colui che si
trova ai margini del privilegio di classe e razza. A tal proposito, il razzismo
sistemico e sistematico, l’islamofobia, la clandestinizzazione forzata delle
persone in viaggio senza documenti europei, la brutalità delle frontiere e le
morti in galere e CPR, sono parte del complesso set di strumenti torturatori che
il potere si dà per tenere sotto scacco una vasta quantità di popolazione. Ne
consegue un’architettura lineare che oggi sfrutta sul lavoro, domani capitalizza
nei centri di detenzione e – magari – in un futuro guerreggiato neanche troppo
lontano, ricatta per comporre le fila di una possibile legione straniera.
Delineare la geografia del razzismo sistemico e sistematico diventa lo strumento
analitico fondamentale per trovarsi, tra complici e solidali, riconoscersi e
identificare i punti di attacco. A seguito dell’importante chiamata promossa
dalla Rete Campagne in Lotta
(https://campagneinlotta.org/violenze-e-morte-alle-frontiere-razzismo-quotidiano-segregazione-rispondiamo-a-tutto-questo/)
ad Aprile a Roma, proponiamo un seguito di quel momento di confronto a Torino,
per l’1/2/3 Novembre 2024.
Occasione preziosa per lanciare anche un’iniziativa pubblica contro la
riapertura del CPR di Torino, chiuso per la prima volta nel Marzo 2023 grazie a
tre settimane di coraggiose rivolte, che han permesso al fuoco di distruggere,
totalmente, una galera per persone senza documenti europei attiva da 25 anni.
Un anno e mezzo fa, all’incirca, il CPR di Corso Brunelleschi veniva distrutto
dalla rabbia dei reclusi, rendendo materialmente più fragile un tassello della
macchina delle espulsioni nostrane. Da quelle calde giornate invernali di fuoco,
numerose sono state le rivolte, le evasioni e gli scontri contro la polizia, che
hanno caratterizzato la quotidianità all’interno dei lager di Stato italiani. La
violenza agita dalla detenzione amministrativa va inserita in un quadro ampio e
complesso che conduce a uno sguardo sulla macchina delle espulsioni e ai CPR,
come la punta visibile di un iceberg, in cui si annodano più strati e substrati
di violenza e razzismo sistemico.
Se, infatti, il razzismo è un concetto solido – tangibile nella sua produzione
di conseguenze materiali – urge produrre un discorso intellegibile che, con
puntualità, renda esplicita la geografia dell’oppressione, lungo la linea del
colore e della classe.
Estrapolare la lotta contro i CPR, da un discorso unicamente antidetentivo, ci
consente di rendere esplicito il ruolo che queste prigioni hanno nel fungere
anche, e non solo, da monito ai liberi e rafforzare così il ricatto del permesso
di soggiorno. Lottare contro le galere amministrative, assume così, un
significato nel porsi a fianco dei migranti, lavoratori e non, che chiedono
documenti, casa e tutele per tuttx. In questo panorama, attaccare la forma
tangibile di una frontiera vuol dire porsi al fianco di chi è rimbalzato,
tramite dispositivi e leggi europee, tra l’essere l’oggetto di scambio tra
Stati, merce di profitto per privati, strumento di pressione mediatica per fini
nazionalistici e/o manodopera a basso costo.
Sentiamo sempre più urgente, prioritario e impellente incontrarci e organizzarci
per analizzare il reale mortifero in cui viviamo, trovarci tra complici e
tessere le reti di alleanze possibili con il fine di trovare i punti di attacco
all’impianto razzista che scandisce la quotidianità nel capitalismo di oggi.
Il coraggio dirompente del reclusi del CPR di Torino nel Febbraio 2023 non può
rimanere silente, dimenticato e rifagocitato dalla macchina razzista.
A tal proposito invitiamo compagnx, complici, solidali a venire a Torino nei
primi giorni di Novembre per tre giorni di discussione e mobilitazione
nazionale.
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PROGRAMMA GIORNATE
VENERDI 1 NOVEMBRE
ORE 16 CORTEO NEL QUARTIERE DI SAN PAOLO CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO
BRUNELLESCHI
SABATO 2 NOVEMBRE
DALLE ORE 1O ASSEMBLEA PRESSO IL CSOA GABRIO, via Millio Torino
DOMENICA 3 NOVEMBRE
DALLE ORE 10 ASSEMBLEA (solo la mattina)
Per info e ospitalità scrivere a: antirazzistxpiemonte[at]autistici.org
Nonostante vari tentativi siamo arrivati dove speravamo di non arrivare, ma
tant’è. L’ultimo anno è stato difficile per noi redattori, non siamo riusciti a
investire le adeguate energie nella cura del...
PRESENZA SOLIDALE AL TRIBUNALE DI TORINO E SALUTO AL CARCERE LORUSSO E CUTUGNO
Tribunale di Torino - Corso Vittorio Emanuele II, 130, 10128 Torino
(martedì, 17 settembre 09:00)
In occasione dell'udienza preliminare dell'operazione "City" - relativa al
corteo del 4 marzo a Torino al fianco di Alfredo Cospito, ai tempi in sciopero
della fame e contro il 41bis - che vede coinvoltx 19 compagnx
H 9 PRESENZA SOLIDALE AL TRIBUNALE DI TORINO IN VIA GIOVANNI FALCONE
H 15 SALUTO AL CARCERE LORUSSO E CUTUGNO, APPUNTAMENTO AL CAPOLINEA DEL 3
SEMPRE A FIANCO DI CHI LOTTA PER LA LIBERTA'
Pubblichiamo un racconto redatto da un partecipante al blocco di ieri sera al
porto di Oristano.Ancora non si sa la destinazione esatta del carico, ma come
dice il testo, cosa...
da INFOUT.ORG sabato 25 maggio 2024 Domenica 12 maggio una delegazione del
movimento francese Soulèvements de la Terre era a Roma per incontrare altri
movimenti ecologisti e invitare alle prossime...
TERZO INCONTRO DI ECOLOGIA DELLA REPRESSIONE: "NEMICO VIRTUALE" MEDIA E
COSTRUZIONE DEL PERICOLO IN TEMPI DI CRISI.
aula break-campus luigi enaudi - Lungo Dora Siena 100
(giovedì, 9 maggio 17:30)
Per concludere questo ciclo di incontri dedicato alla repressione rimane
importante analizzare l’influenza giocata dai diversi dispositivi comunicativi
nel narrare la crisi, dalle sue cause alle conseguenze, così come la costruzione
di ruoli specifici tra eroi, nemici e soggettività sacrificabili.
I diversi usi permessi dai molteplici apparati mediaci contemporanei si
dimostrano strumenti taglienti con cui patologizzare, banalizzare e disarmare il
dissenso critico denunciato da singole individualità e movimenti politici, siano
questi novax, eco-terroristx o espertx salvificx.
La potenza della comunicazione si rende così capace di applicare divisioni e
capri-espiatori per scoraggiare complicità, alleanze e riverberi tra le diverse
soggettività colpite da continue condizioni emergenziali.
Come riappropriarsi di questi strumenti? Quale nemico vogliamo provare ad essere
oltre gli schermi?
Ne parleremo insieme a Niccolò Bertuzzi ed Elisa Lesmo, docenti di sociologia
politica all'Università di Parma e Urbino.
Nella notte tra il 1 e il 2 aprile 1944 si consumava in località Pian del Lot,
il più feroce massacro nazifascista a Torino: 27 persone trucidate come
rappresaglia per l’uccisione di un unico soldato tedesco. Erano tutte persone
comuni, alcuni partigiani appena 20enni renitenti al bando di leva
repubblichino, altri rastrellati nei recenti scioperi, … Continua la lettura di
A 80 anni dall’eccidio del Pian del Lot →