Il 17 maggio si terrà il summit europeo anti migranti con gruppi come
Reconquista e Movimento Identitario. Una galassia che guarda soprattutto alla
Lega. CasaPound ha promosso per lo stesso giorno una manifestazione a La Spezia
per «l’Europa Potenza» e per abolire il 25 aprile
di Saverio Ferrari da il manifesto
«Questo sarà il più grande punto di svolta nella storia degli europei da secoli.
E noi ne prenderemo parte»: questa la dichiarazione nelle scorse settimane di
Alfonso Gonçalves, fondatore nel 2023 del gruppo filonazista portoghese
Reconquista, simbolo una croce, che rimanda alla Reconquista cristiana nei
confronti dei Mori della penisola iberica nel 1492, per propagandare il prossimo
17 maggio in Italia un incontro internazionale dal titolo «Resum25, Remigration
Summit» promosso da un ampio schieramento di suprematisti bianchi europei. Si
era inizialmente parlato di Milano, ora si sa che sarà al Dolce Milan Hotel
Malpensa di Somma Lombardo, in provincia di Varese.
LA «REMIGRAZIONE» e il suo teorico. Con il termine remigrazione le stesse
organizzazioni promotrici intendono definire il progetto da loro perseguito di
deportazione della popolazione «non bianca» e «non assimilabile», progetto
rimbalzato rumorosamente sui media in Germania nel gennaio 2024 quando fu
scoperta e denunciata una riunione segreta, tenutasi a Potsdam, in vista di
un’ascesa elettorale dell’estrema destra, tra membri di Alternative für
Deutschland, neonazisti e industriali, per «trasferire» in uno Stato africano i
richiedenti asilo, gli stranieri con passaporto tedesco, i rifugiati politici.
Diversi milioni di persone.
ANCOR PRIMA, NEL 2017, era stato in realtà il gruppo francese di Génération
Identitaire, con il suo omologo italiano Generazione Identitaria, a battezzare
per primo il termine remigrazione proponendo, tra l’altro, l’abolizione di
qualsiasi tipologia di ius soli, il congelamento di tutti i processi di
naturalizzazione, l’abolizione di qualsiasi tipo di ricongiungimento familiare,
pene detentive per datori di lavoro che assumano immigrati non regolari, il
divieto di costruzione di mosche e minareti. Per la cronaca, in Francia
Génération Identitaire è stata sciolta nel marzo 2021 per «incitamento alla
discriminazione, all’odio e alla violenza».
MARTIN SELLNER, animatore in passato della sezione austriaca del circuito di
Génération Identitaire, presente a Potsdam, è considerato il “teorico” della
remigrazione. Per le sue posizioni si è visto inibire l’ingresso in Germania,
Svizzera e Regno Unito, inibizione motivata anche dall’aver ricevuto una
donazione di 1.500 euro dal neonazista Brenton Tarrant, autore il 15 marzo 2019
degli attacchi a due moschee di Christchurch in Nuova Zelanda, che avevano
provocato 51 vittime.
NOMI E SIGLE. Tra le organizzazioni promotrici, oltre a Reconquista, figurano il
Movimento Identitario Austriaco (Ibö) guidato da Sellner, il Movimento
Identitario Danese, l’olandese Forum per la Democrazia (FvD), il fiammingo
Schild & Vrienden (Scudo e Amici) diretto dall’ex deputato Dries Van Langenhove,
il centro studi francese Iliade di Yves Gallou (ex Front National), lo svizzero
Junge Tat (Giovane Azione). Nomi e sigle all’insegna del razzismo. L’ex deputato
Dries Van Langenhove è stato condannato nel marzo 2024 in Belgio a un anno di
carcere e a una multa di 16 mila euro, nonché all’interdizione pubblica per un
anno, per aver violato le leggi contro il razzismo e la negazione
dell’Olocausto. Dal canto suo, il gruppo di Junge Tat, formatosi nel 2020 nella
Svizzera tedesca, sta causando in quel Paese non pochi problemi.
I SUOI ADERENTI sono infatti soliti disturbare le manifestazioni in solidarietà
con i migranti (a Bellinzona nell’ottobre 2023) e a intimidire i Pride (Zurigo
nel giugno 2022), apparendo tra l’altro sui social con dei cappucci neri con
impresso il loro simbolo, la runa Tyr, già tra gli emblemi della Gioventù
hitleriana, ma anche più recentemente del cosiddetto Movimento per la Resistenza
Nordico, una sorta di Internazionale neonazista presente in Danimarca, Svezia,
Norvegia e Finlandia.
Nel settembre del 2016 alcuni suoi esponenti assassinarono a Helsinki un giovane
antirazzista e per questo l’organizzazione in Finlandia fu sciolta. Sei membri
di Junge Tat sono stati anche condannati nel settembre scorso a una multa di
70mila franchi per «discriminazione razziale e violazione della legge sugli
esplosivi».
IN ITALIA chi si è attivato a promuovere il meeting del 17 maggio è la piccola
associazione Cultura e Tradizione di Como rappresentata da Guido Ballarati, ma
per gli organizzatori è la Lega guidata da Matteo Salvini il vero punto di
riferimento, non i Fratelli d’Italia surrealmente criticati per la loro
«inettitudine». Se il primo Remigration Summit avrà successo, si continuerà in
altre importanti capitali europee: Varsavia, Londra e Vienna. Con le stesse
parole d’ordine, da settimane, CasaPound si è a sua volta attivata in diverse
città promuovendo autonomamente per il 17 maggio una manifestazione a carattere
nazionale a La Spezia «città simbolo del Futuriamo e dell’innovazione militare»,
per «la Remigrazione e l’Europa Potenza», oltre che per abolire il 25 aprile
«segno rosso sul calendario», tornando «a celebrare date storicamente importanti
come il 4 novembre».
IL MEETING previsto a Somma Lombardo è ormai entrato in fase operativa. Sui
social di riferimento si è dato conto dell’avvenuta prenotazione di alcune
centinaia di biglietti aerei (400), della raccolta di oltre 4mila euro di
sottoscrizione e della disponibilità di ticket per l’ingresso all’evento e
l’accesso ai ristori. Sia il consiglio comunale che il Sindaco di Milano, Beppe
Sala, sollecitati dall’appello di quaranta fra associazioni e partiti, hanno
preso posizione contro queste «adunanze che alimentano l’odio e la disumanità»,
mentre Cgil e Anpi hanno già chiamato alla mobilitazione lo stesso 17 maggio per
le 15 all’Arco della Pace. Il sindaco di Somma Lombardo esprimendo «la propria
contrarietà» ha subito chiesto incontri a Prefetto e Questore. Dalle parti del
ministero dell’Interno per ora silenzio assoluto.
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Tag - antifascismo
Riaperta l’inchiesta sull’omicidio di Fausto e Iaio, assassinati a Milano il 18
marzo del 1978
Sono state riaperte le indagini sull’omicidio di Fausto e Iaio, i due giovani
compagni uccisi il 18 marzo del 1978 vicino al centro sociale Leoncavallo, a
Milano. A uccidere i due compagni un gruppo di fascisti, dopo l’attività di
controinchiesta di Fausto e Iaio in particolare sullo spaccio di eroina a
Milano, legato a doppio filo agli ambienti neofascisti del capoluogo lombardo.
La perizia dattilografica sul volantino di rivendicazione del duplice omicidio
sarebbe uno degli elementi al centro della riapertura del fascicolo di indagine.
Il commento a Radio Onda d’Urto di Saverio Ferrari dell’Osservatorio Democratico
sulle nuove destre Italia e autore del libro “L’assassinio di Fausto e Iaio”
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Dieci cittadini sono stati identificati dai carabinieri per aver intonato i
canti della Restistenza, tra i quali Bella Ciao e Fischia il Vento, durante le
celebrazioni per l’80° anniversario della Liberazione. I fatti sono avvenuti a
Mottola, in provincia di Taranto, lo scorso 25 aprile
Dieci cittadini sono stati identificati dai carabinieri per aver intonato i
canti della Restistenza, tra i quali Bella Ciao e Fischia il Vento, durante le
celebrazioni per l’80° anniversario della Liberazione. I fatti sono avvenuti a
Mottola, in provincia di Taranto, lo scorso 25 aprile, ma hanno avuto una eco
più ampia solamente negli scorsi giorni.
Tutto si è consumato in pochi minuti, al termine dell’inno di Mameli suonato
dalla banda musicale cittadina. Un gruppo di manifestanti ha chiesto che
venissero eseguiti anche i tradizionali inni partigiani, ma la richiesta è stata
respinta, sia dalla banda sia dai rappresentanti comunali, per via delle
raccomandazioni ricevute. Quando i cittadini hanno comunque iniziato a cantare,
un maresciallo dei carabinieri è intervenuto ordinando di smettere e, di fronte
al rifiuto dei presenti, ha proceduto con l’identificazione di dieci di loro.
Il carabiniere ha intimato di interrompere il canto per ottemperare all’invito
alla “sobrietà” del governo Meloni in occasione di una festa nazionale che per i
fascisti è sempre stata un giorno di lutto.
Il carabiniere protagonista della vicenda sfoggia sul suo profilo social una
serie di grafiche inneggianti a Mussolini e al fascismo che fanno comprendere lo
spirito con cui ha raccolto l’invito del governo.
Quanto accaduto a Mottola è molto grave ed è il frutto del clima creato da
questo governo guidato da un partito di (post?)fascisti. L’invito alla
“sobrietà” in occasione del 25 aprile ha fatto emergere in molti comuni
l’idiosincrasia per la Liberazione di tanti amministratori di destra nonché
tanti episodi di censura delle canzoni partigiane.
Il caso ha sollevato una polemica nazionale, coinvolgendo istituzioni, politica
e forze dell’ordine. Criminalizzare chi canta o chiede di cantare ‘Bella Ciao’
durante le celebrazioni del 25 aprile è un vero e proprio rovesciamento del
senso di quella giornata.
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Maja T, l’attivist* non binari* è accusat* dall’Ungheria di Orbán di aver
partecipato a un’aggressione nei confronti di estremisti di destra. Sono
le stesse accuse rivolte a Ilaria Salis e Rexinho “Gino” Abazaj: rischia 24
anni. il quotidiano il Domani ha pubblicato le sue parole in esclusiva per
l’Italia
Maja T. è un* militante antifascist* tedesc* non binari*, accusat* dai giudici
ungheresi di aver partecipato a un’aggressione nei confronti di estremisti di
destra durante le manifestazioni del Giorno dell’onore dell’11 febbraio 2023,
nella capitale ungherese. Le stesse accuse che sono state mosse a Ilaria
Salis, per le quali l’Ungheria ha chiesto la revoca dell’immunità, e a Rexinho
“Gino” Abazaj, per cui la Francia, dove è stato arrestato, ha negato
l’estradizione. L’estradizione di Maja è stata invece concessa dalla Germania:
il suo trasferimento a Budapest è stato, a febbraio 2025, condannato dalla Corte
costituzionale tedesca. In carcere nell’Ungheria di Viktor Orbán che vieta anche
i Pride, Maja T. è stat* portat* in aula per l’udienza preliminare in manette e
tenut* al guinzaglio. Maja non ha accettato il patteggiamento e rischia 24 anni
di carcere. Le prossime udienze del suo processo sono previste il 4, 6, 12, 18 e
20 giugno.
Maja ha inviato una lettera che Domani pubblica in esclusiva per l’Italia e che
è stata ripresa anche dal quotidiano francese l’Humanité e dal tedesco
Frankfurter Rundschau.
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Buongiorno a tutte e a tutti,
Appena sedut* alla mia scrivania, mi sono lasciat* trasportare dai pensieri di
un sentimento, di una verità che, ancora oggi, senza il minimo dubbio, mi
illumina in silenzio, con dolcezza, e mi ricorda che sono sempre io. Ed è
proprio quell’io che, ancora oggi, può volare verso quel luogo.
Questo mi appartiene, così come mi appartiene quel desiderio a volte
irresistibile di restare a letto, una certezza che ritorna con una regolarità
quasi rassicurante, come quegli amici che si presentano all’improvviso, in un
giorno qualsiasi, portando panini freschi, frutta e marmellate, invitandosi
senza preavviso a una colazione condivisa. È del tutto possibile che i due, o
anche i tre, siano collegati, che si completino a vicenda, benché io non me ne
sia mai davvero preoccupat*.
Ma una cosa è certa: hanno tutti in comune il fatto di non poter essere forzati.
Così come io non ho mai bisogno di aspettarli, perché la loro venuta è certa.
Prima che me ne dimentichi: io volo solo nei miei sogni, lì, in quelle ore
notturne sospese tra realtà e astrazione, dove i passati tessono visioni,
talvolta gridate nell’aria fredda del mattino, talvolta frettolosamente
rinchiuse in scatole che affondano in fondo al mare, via via che la coscienza si
risveglia.
Qualche giorno fa, sono rimast* un po’ più a lungo a letto. Poi, alle 5:30 in
punto, la sirena mi ha svegliato bruscamente, in attesa della voce dura di un
agente che mi strappasse dal comfort ingannevole del letto e mi riportasse alla
realtà. In quegli attimi ho avuto ancora un risveglio sognante, in cui rivedevo
le immagini recenti in cui tornavo a volare, sopra campi brulli, foreste
notturne dense e oscure, profumate, invase di cespugli, arbusti ed erbe.
Quella mattina ero colm* di fiducia in me, credendo che tutto ciò che avrei
affrontato tra quelle pareti bianche fosse giusto, che avrei avuto abbastanza
tempo, forza fisica e desiderio mentale per non crollare nel futuro e non
correre nel presente.
Qui, tra muri, sbarre e voci che comandano, quel sentimento sfugge via, e il mio
sguardo si perde nei dettagli della decadenza – nei corpi che vivono qui, nei
muri che sembrano eterni – e dimentico, smarrisco, le parole un tempo gioiose,
ora marcite, ascoltando il fruscio muto dell’indifferenza e dell’ignoranza che
serpeggiano tra le crepe, facendomi rabbrividire.
Così scorrono i giorni, come ieri, quando mi sono svegliat* senza portare con me
neanche una parola, senza neanche un frammento di sogno sulle labbra. Mi sono
alzat* non più avvolt* da visioni vivide, ma da un umore simile a una sbornia
costante. Le sillabe, gli incontri, i luoghi sognati si erano infranti, già
sigillati dalla fantasia, la mente compressa da mal di testa e dalla quiete
opprimente della mia cella.
Sol*, intrappolat* in una terra straniera
Con lucidità, ho capito che sono ancora sol*, intrappolat* in una terra
straniera, che mi rinchiude in una stanza bianca, decisa a potare le ali dei
miei sogni e dei miei desideri, a strapparmi da me stess*, dai miei pensieri
familiari, come grigie nuvole nell’unica pioggia d’inverno. Non c’è stato nessun
brindisi, nessuna festa spensierata, nessuna notte insonne.
La serata si è conclusa, come tante altre, con una meditazione silenziosa, una
cena semplice, fogli e penne sparsi davanti a me, a scrivere e ricordare (a me
stess*) un mondo colorato, fino a che l’agente ha spento la luce, costringendo
la mia anima sveglia alla routine notturna, a vagare verso la finestra aperta,
nella convinzione di essere lì più vicino a voi, per condividere un pensiero che
solleva, che guarisce, non di rado due o tre.
E così, come prevedibile, anche il giorno prima era stato uno di quei giorni. Ma
non solo mi aveva regalato la dolce gioia di volti familiari, bensì anche una
notizia inaspettata.
Non riesco a parlare di vittoria per il momento
La mia famiglia mi ha detto che abbiamo vinto. Quella mattina, la Corte
costituzionale federale ha accolto il nostro ricorso per vietare la mia
estradizione in Ungheria e, contemporaneamente, ha dichiarato illegittima la
condotta della giustizia tedesca. Il tribunale più alto della Germania ha deciso
a nostro favore. Forse penserete che dovrei dire ho vinto – e forse è vero,
perché il ricorso porta il mio nome, e la sentenza dovrebbe proteggere il mio
futuro. Ma non riesco a parlare di vittoria ora. Quando i miei avvocati hanno
presentato il ricorso, ero già incatenat* mani e piedi, già volat* in un
presente che mi ha tolto il respiro da sette mesi, spingendomi avanti come un
animale smarrito tra i canyon urbani.
In questo momento, questa vittoria sembra solo un foglio, un certificato, un
attestato di partecipazione. Con timore e disagio, ho pensato al momento in cui
ho faticato a leggere paragrafo dopo paragrafo, vista la prima pagina, la prima
frase: «In nome del popolo». Ho sentito la forza abbandonarmi e ho messo da
parte il foglio. Conosco già le parole, conosco già i fatti: li ho vissuti, li
ho assorbiti con tutti i sensi, anche se avevano un gusto amaro. Non avevo altra
scelta. Sono ancora qui.
Sento la stanchezza di giorni in cui la rabbia lottava con l’impotenza, e un
soffio di vento le ha spazzate via entrambe, a soffiare sono stati burocrati con
fantasie autoritarie, che creano e mantengono luoghi dove le persone vengono
spogliate della loro dignità in modo sottile e affamante.
Mi sento impotente ma so che le persone hanno osato sognare di nuovo
Eppure sento orgoglio, come ogni giorno, per ciò che le persone hanno fatto, per
come la loro vitalità mi ispira ad andare avanti. E sono orgoglios* anche di me,
per aver resistito fino a oggi. So, nel profondo, che è anche la mia vittoria,
la nostra vittoria. Anche se ora sento disillusione e impotenza, si aprono
ferite che non possono guarire, la rabbia ribolle dentro di me, e allo stesso
tempo dubito di riuscire a sollevare ancora una volta quella coperta nera di
lana, so che qui le persone hanno creato qualcosa che va oltre la carta con
l’aquila sopra: hanno osato sognare di volare di nuovo e guardare verso
l’orizzonte, nella speranza di un giorno in cui tutti si sveglino nella libertà
e nella giustizia, in un domani non accecato dall’amarezza di ieri.
Ora quelle parole sono andate, quelle che si erano raccolte nella mia mente
aspettando la matita. Ho provato a metterle in ordine, ho potuto danzarci
insieme una mattina, ora stanno davanti a me e a voi, sul tavolo. Perdonatele,
sono frammenti, righe fugaci che formano questa lettera. Ma nella mia testa
vivono ancora, e sicuramente ramificheranno, daranno frutto.
Fino ad allora, restiamo uniti, nella solidarietà e nella connessione. A presto,
mi farò viv*.
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(S)Margini il podcast a cura di Osservatorio Repressione e Nientedi meno media
Puntata n.4 – Storie da questo mondo. Free all antifas
L’opposizione antifascista alla Giornata dell’Onore a Budapest del febbraio
2023, ha scatenato la caccia all’ antifascista in tutta Eurora. Decine di
compagnx ricercatx, arrestatx, dalle Procure e giudicatx dai tribunali di mezza
Europa al servizio del governo di Orban. Le immagini di Ilaria Salis in catene e
di Maja nelle aule del Tribunale di Budapest sono stampate nelle nostre menti.
Qualcosa che sembra distante dalla sbandierata tradizione liberale europea, ma
che è realtà. I processi agli antifa, seppur nella loro complessità e vastità
geografica, hanno generato una rete disolidarietà determinata ed estesa. Quali
scenari e quali percorsi sono necessari per l’Antifascismo oggi, a 80 anni dalla
Liberazione dell’ Europa dal nazifascismo?
Ne parliamo con Matteo della campagna Free all antifas
Ascolta la puntata
https://www.nientedimenomedia.com/post/free-all-antifas-s-margini-04
Una delle difficoltà di questa inchiesta transnazionale è anche il coordinamento
delle informazioni, degli aggiornamenti e delle iniziative di solidarietà che
avvengono nei vari paesi coinvolti. Di seguito una mappatura non esaustiva dei
vari canali online a disposizion
Campagna Free All Antifas (ita)
Aggiornamenti, documenti, iniziative benefit, iban per donazioni
Web https://freeallantifas.noblogs.org/
Canale telegram t.me/freeallantifas
Comitato Free Gino (ita)
Instagram https://www.instagram.com/free_gino_libero
Raccolta fondi (ita)
Ospitata dalle Brigate Volontarie per l’Emergenza ODV
IBAN: IT20Z0623001616000015293082
Paypal:
https://www.paypal.com/paypalme/brigatevolontarie?country.x=IT&locale.x=it_IT
Comité pour la libération de Gino (fr)
Web https://free-gino.fr/
Instagram https://www.instagram.com/liberez_gino/
Budapest Antifascist Solidarity Committee (ger)
Web https://www.basc.news/
Instagram https://www.instagram.com/freebudapesttwo/
Siamo tutti Antifa Solidarietà con le persone colpite dall’articolo 129 del
codice penale tedesco (ger)
Web https://alleantifa.noblogs.org/
le puntate precedenti:
> Le zone rosse – (S)Margini – 01
> Colpevole di giornalismo – (S)margini – 02
> Il braccio armato del potere – (S)margini 03
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Come ogni anno ci siamo ritrovati alla lapide che ricorda Ilio Baroni,
partigiano anarchico.
Oggi più che mai ritrovarci in quell’angolo di periferia, dove cadde combattendo
Baroni, non è stato un mero esercizio di memoria, ma occasione per intrecciare i
fili delle lotte, perché il testimone lasciato da chi non c’è più è ora nelle
nostre mani.
In un clima di guerra e revisionismo quello di questo 25 aprile è stato un
momento di raccolta della comunità libertaria di Barriera di Milano. Una
Barriera che i fascisti al governo della Circoscrizione hanno posto sotto
assedio militare, per mettere la sordina alle questioni sociali, perché chi oggi
fatica a pagare fitto e bollette riversi il proprio rancore sugli ultimi
arrivati, quelli che vivono ancora peggio, quelli che nessuno gli affitta una
casa, quelli che si arrangiano come possono tra una miriade di lavori precari.
Ma la condizione di chi è nato altrove è la stessa di chi vive qui, perché
precarietà, sfratti e povertà sono il pane quotidiano di noi tutti.Parlare dei
partigiani di Barriera, di quelli che, come Baroni il fascismo lo hanno
combattuto negli anni Venti come durante la Resistenza, ci ricorda che, in barba
a tutti i revisionismi di Stato, il fascismo è stato ed ha continuato ad essere
il braccio armato dei padroni.
Oggi ci troviamo di fronte gli stessi, che legge repressiva dopo legge
repressiva, stanno scrivendo in modo normale le leggi speciali di questo secolo,
quelle che rischiano di seppellire in galera compagni e compagne per banali
episodi di lotta. Una scritta sul muro, un blocco stradale, un picchetto,
un’occupazione, magari messi insieme da uno dei tanti reati associativi, sono
trattati con estrema durezza.
Nelle molli maglie della democrazia, il fascismo, anche grazie all’acquiescenza
di certa sinistra, sta schiacciando in una morsa sempre più ferrea le poche
libertà e tutele, che chi c’era prima si è preso senza chiedere il permesso.
Solo con la lotta la sola avremo nelle nostre mani il sogno irrealizzato dai
partigiani di Barriera.
Eravamo in tanti e la giornata, complice un sole luminoso, è volata veloce, con
la deposizione di fiori alla lapide che ricorda Ilio Baroni e il ricco e
coinvolgente canzoniere anarchico e antifascista del Cor’okkio. Una bicchierata,
due taralli e l’impegno a ritrovarci in piazza il 1 maggio con uno spezzone
anarchico e antimilitarista.
Di seguito il volantino distribuito in piazza:
1945-2025. Oggi come ieri
Azione diretta contro Stato e fascisti!
La memoria è uno strumento per leggere il presente e trasformarlo radicalmente.
Il 25 aprile rappresenta un’occasione preziosa.
Rievocare l’epopea partigiana non è un esercizio retorico, ci ricorda
l’importanza di lottare apertamente contro il fascismo, da sempre braccio armato
dei padroni che ci costringono ad un’intollerabile condizione di miseria e di
sfruttamento.
Oggi viviamo in un clima di guerra e di revisionismo senza precedenti. La
Resistenza viene ridotta a mera lotta di liberazione nazionale, per cancellarne
la spinta sovversiva, internazionalista, contro stato e capitalismo. La
prospettiva rivoluzionaria si eclissa sotto il peso di una narrazione egemone
che vede la Repubblica come approdo definitivo, frutto degli sforzi di tanti e
tante che al contrario volevano farla finita con una società divisa in classi.
Nel frattempo le periferie della nostra città sono sotto costante assedio
militare. Si moltiplicano le retate contro coloro che non hanno in tasca il
giusto documento. Questioni sociali vengono trattate come problemi di ordine
pubblico.
I ricchi diventano sempre più ricchi, mentre i poveri sono sempre più poveri. Il
lavoro non c’è, e anche quando c’è è sottopagato, pericoloso, sfruttato, privo
di qualsivoglia tutela. Precarietà, sfratti, povertà sono all’ordine del giorno.
Fitto e bollette sono cresciuti a dismisura e sempre più persone faticano ad
arrivare alla fine del mese.
Il governo fascista soffia sul fuoco della guerra fra poveri, per nascondere la
guerra sociale che ha scatenato contro tutti i poveri, italiani e nati altrove.
Il tentativo è quello di imprimere una svolta sempre più autoritaria e
liberticida al paese, dotandosi di strumenti utili a reprimere sul nascere
qualsiasi insorgenza sociale. La ricetta scelta per ostacolare l’opposizione
politica e sociale è l’ultimo Decreto Legge “Sicurezza” (ex DDL 1236), approvato
dal Consiglio dei Ministri e pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 12
aprile. Il provvedimento appena entrato in vigore bypassando completamente il
parlamento, si inserisce nel solco già aperto da altri provvedimenti (i decreti
rave, Cutro, immigrazione, Caivano), che colpiscono i poveri, gli stili di vita
non conformi, gli stranieri senza documenti. Blocchi stradali o ferroviari,
picchetti, occupazioni, scritte su caserme o commissariati, prevedono pene
durissime. Normali forme di lotta attuate dai movimenti climatici, sociali e
sindacali, anticarcerari e no border rischiano di costare la galera a tante
compagne e compagni.
Viene confermata l’introduzione del reato di “terrorismo della parola”. Viene
concesso ancora più potere, agibilità e impunità alle forze di polizia. Le lotte
portate avanti nelle carceri e nei CPR – anche sotto forma di resistenza passiva
– possono essere perseguite in modo più duro perché chi le attua è dipinto come
costitutivamente criminale, illegale, fuori norma. La logica sottesa al decreto
è quella del diritto penale del nemico. Una logica di guerra, nella quale coloro
che vengono identificati come nemici vanno annientati, ridotti a nulla, privati
di vita, libertà e dignità. Per il nemico non valgono le tutele formali
riservate ai cittadini. Quando la logica bellica si applica al diritto, alcuni
gruppi umani vengono repressi per quello che sono più che per quello che fanno.
L’intera azione dell’esecutivo è informata a questo principio.
Un principio sulle cui fondamenta sono stati costruiti i lager nazisti e i gulag
staliniani. Oggi la democrazia getta via la maschera e mostra il suo vero volto,
quello della più spudorata violenza a salvaguardia del privilegio di classe e
del potere nelle mani di pochi.
Non solo. La stretta repressiva in atto e la criminalizzazione dei movimenti
sociali vanno di pari passo con un intenso impegno bellico, sostenuto sia dalla
sinistra che dalla destra istituzionale. Il piano ReArm Europe prevede di
destinare ben 800 miliardi di euro al riarmo su ampia scala. La spesa militare
nel nostro paese ha da tempo toccato quota 108 milioni di euro al giorno. Le
missioni all’estero delle forze armate italiane a difesa dei propri interessi
neocoloniali si sono moltiplicate. In compenso, servizi pubblici essenziali
vanno incontro ad ingenti tagli. Casa, sanità, istruzione, trasporti pubblici di
prossimità efficienti sono un vero e proprio miraggio. Il warfare prende
definitivamente il posto delle sorpassate politiche di welfare. L’industria
militare fa affari d’oro, a pagarne le spese sono uomini, donne e bambini che
periscono sotto le bombe costruite a due passi dalle nostre case.
La nostra città – vera e propria eccellenza nel settore aerospaziale bellico –
si impegna a costruire la Città dell’Aerospazio, polo di ricerca promosso dal
colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino, il quale ospiterà persino
un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei
del D.I.A.N.A, struttura della NATO.
Vogliono arruolare i nostri corpi e le nostre coscienze bombardandoci di
retorica patriottica, a partire dalle scuole e dalle università. Vogliono
prepararci ad un allargamento del conflitto che può essere solo foriero di
morte.
Ma le leggi dettate dal clima repressivo e dall’economia di guerra non sono
altro che il precipitato normativo dei rapporti di forza all’interno della
società. Siamo ancora in tempo per far sì che la paura cambi di campo, per
fermare l’avanzata del fascismo, del nazionalismo, del militarismo.
Le tante libertà che padroni e governanti continuano a sottrarci con la forza
possiamo riprendercele soltanto praticando l’azione diretta, la solidarietà, il
mutuo appoggio tra sfruttat*. I partigiani che imbracciarono le armi e
combatterono strada per strada e sui sentieri di montagna fino alla seconda metà
degli anni ’40 del Novecento, lo sapevano bene.
Spetta a noi raccoglierne l’eredità e fare in modo che il loro sforzo non sia
stato vano.
Spetta a noi realizzare giorno dopo giorno il sogno di un mondo di libere ed
eguali, di una società realmente autogestita, libera da stato, padroni,
militari, polizia.
Giovedì 1 maggio
ore 9 piazza Vittorio
Spezzone antimilitarista e anarchico
Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!
Pace tra gli oppressi, guerra agli oppressori!
Federazione Anarchica Torinese
Assemblea Antimilitarista – Torino
riunioni, aperte agli interessat, ogni martedì alle 20,30 in corso Palermo 46
1945 – 2025. Oggi come ieri
Azione diretta contro il fascismo
Venerdì 25 aprile ore 15
Alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni in corso Giulio Cesare angolo
corso Novara dove Ilio cadde combattendo il 26 aprile 1945.
Ricordo, bicchierata, fiori, musica.
E, dal vivo, il Cor’okkio nel canzoniere anarchico e antifascista
(in caso di pioggia ci troviamo in piazza Crispi).
Contro guerra, militarismo, repressione, per la rivoluzione sociale
La memoria è uno strumento per leggere il presente e trasformarlo radicalmente.
Il 25 aprile rappresenta un’occasione preziosa. Rievocare l’epopea partigiana
non è un esercizio retorico, ci ricorda l’importanza di lottare apertamente
contro il fascismo, da sempre braccio armato dei padroni che ci costringono ad
un’intollerabile condizione di miseria e di sfruttamento.
Oggi viviamo in un clima di guerra e di revisionismo senza precedenti. La
Resistenza viene ridotta a mera lotta di liberazione nazionale, per cancellarne
la spinta sovversiva, internazionalista, contro stato e capitalismo. La
prospettiva rivoluzionaria si eclissa sotto il peso di una narrazione egemone
che vede la Repubblica come approdo definitivo, frutto degli sforzi di tanti e
tante che al contrario volevano farla finita con una società divisa in classi.
Nel frattempo le periferie della nostra città sono sotto costante assedio
militare. Si moltiplicano le retate contro coloro che non hanno in tasca il
giusto documento. Le questioni sociali vengono trattate come problemi di ordine
pubblico.
I ricchi diventano sempre più ricchi, mentre i poveri sono sempre più poveri. Il
lavoro non c’è, e anche quando c’è è sottopagato, pericoloso, sfruttato, privo
di qualsivoglia tutela. Precarietà, sfratti, povertà sono all’ordine del giorno.
Fitto e bollette sono cresciuti a dismisura e sempre più persone faticano ad
arrivare alla fine del mese.
Il governo fascista soffia sul fuoco della guerra fra poveri, per nascondere la
guerra sociale che ha scatenato contro tutti i poveri, italiani e nati altrove.
Il tentativo è quello di imprimere una svolta sempre più autoritaria e
liberticida al paese, dotandosi di strumenti utili a reprimere sul nascere
qualsiasi insorgenza sociale.
La ricetta scelta per ostacolare l’opposizione politica e sociale è l’ultimo
Decreto Legge “Sicurezza” (ex DDL 1236), approvato dal Consiglio dei Ministri e
pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 12 aprile. Il provvedimento appena
entrato in vigore bypassando completamente il parlamento, si inserisce nel solco
già aperto da altri provvedimenti (i decreti rave, Cutro, immigrazione,
Caivano), che colpiscono i poveri, gli stili di vita non conformi, gli stranieri
senza documenti. Blocchi stradali o ferroviari, picchetti, occupazioni, scritte
su caserme o commissariati, prevedono pene durissime.
Normali forme di lotta attuate dai movimenti climatici, sociali e sindacali,
anticarcerari e no border rischiano di costare la galera a tante compagne e
compagni.
Viene confermata l’introduzione del reato di “terrorismo della parola”. Viene
concesso ancora più potere, agibilità e impunità alle forze di polizia. Le lotte
portate avanti nelle carceri e nei CPR – anche sotto forma di resistenza passiva
– possono essere perseguite in modo più duro perché chi le attua è dipinto come
costitutivamente criminale, illegale, fuori norma.
La logica sottesa al decreto è quella del diritto penale del nemico. Una logica
di guerra, nella quale coloro che vengono identificati come nemici vanno
annientati, ridotti a nulla, privati di vita, libertà e dignità. Per il nemico
non valgono le tutele formali riservate ai cittadini. Quando la logica bellica
si applica al diritto, alcuni gruppi umani vengono repressi per quello che sono
più che per quello che fanno. L’intera azione dell’esecutivo è informata a
questo principio. Un principio sulle cui fondamenta sono stati costruiti i lager
nazisti e i gulag staliniani.
Oggi la democrazia getta via la maschera e mostra il suo vero volto, quello
della più spudorata violenza a salvaguardia del privilegio di classe e del
potere nelle mani di pochi.
Non solo. La stretta repressiva in atto e la criminalizzazione dei movimenti
sociali vanno di pari passo con un intenso impegno bellico, sostenuto sia dalla
sinistra che dalla destra istituzionale. Il piano ReArm Europe prevede di
destinare ben 800 miliardi di euro al riarmo su ampia scala.
La spesa militare nel nostro paese ha da tempo toccato quota 108 milioni di euro
al giorno. Le missioni all’estero delle forze armate italiane a difesa dei
propri interessi neocoloniali si sono moltiplicate. In compenso, servizi
pubblici essenziali vanno incontro ad ingenti tagli.
Casa, sanità, istruzione, trasporti pubblici di prossimità efficienti sono un
vero e proprio miraggio. Il warfare prende definitivamente il posto delle
sorpassate politiche di welfare.
L’industria militare fa affari d’oro, a pagarne le spese sono uomini, donne e
bambini che periscono sotto le bombe costruite a due passi dalle nostre case. La
nostra città – vera e propria eccellenza nel settore aerospaziale bellico – si
impegna a costruire la Città dell’Aerospazio, polo di ricerca promosso dal
colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino, il quale ospiterà persino
un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei
del D.I.A.N.A, struttura della NATO.
Vogliono arruolare i nostri corpi e le nostre coscienze bombardandoci di
retorica patriottica, a partire dalle scuole e dalle università. Vogliono
prepararci ad un allargamento del conflitto che può essere solo foriero di
morte.
Ma le leggi dettate dal clima repressivo e dall’economia di guerra non sono
altro che il precipitato normativo dei rapporti di forza all’interno della
società. Siamo ancora in tempo per far sì che la paura cambi di campo, per
fermare l’avanzata del fascismo, del nazionalismo, del militarismo.
Le tante libertà che padroni e governanti continuano a sottrarci con la forza
possiamo riprendercele soltanto praticando l’azione diretta, la solidarietà, il
mutuo appoggio tra sfruttat*. I partigiani che imbracciarono le armi e
combatterono strada per strada e sui sentieri di montagna fino alla seconda metà
degli anni ’40 del Novecento, lo sapevano bene.
Spetta a noi raccoglierne l’eredità e fare in modo che il loro sforzo non sia
stato vano.
Spetta a noi realizzare giorno dopo giorno il sogno di un mondo di libere ed
eguali, di una società realmente autogestita, libera da stato, padroni,
militari, polizia.
Federazione Anarchica Torinese
Assemblea Antimilitarista – Torino
riunioni, aperte agli interessat, ogni martedì alle 20,30 in corso Palermo 46
www.anarresinfo.org
1945 - 2025. OGGI COME IERI AZIONE DIRETTA CONTRO IL FASCISMO
lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni - corso Giulio Cesare angolo corso
Novara
(venerdì, 25 aprile 15:00)
1945 - 2025. Oggi come ieri
Azione diretta contro il fascismo
Venerdì 25 aprile ore 15
Alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni in corso Giulio Cesare angolo
corso Novara dove Ilio cadde combattendo il 26 aprile 1945.
Ricordo, bicchierata, fiori, musica.
E, dal vivo, il Cor’okkio nel canzoniere anarchico e antifascista
(in caso di pioggia ci troviamo in piazza Crispi).
Contro guerra, militarismo, repressione, per la rivoluzione sociale
1945-2025. Oggi come ieri
Azione diretta contro Stato e fascisti!
La memoria è uno strumento per leggere il presente e trasformarlo radicalmente.
Il 25 aprile rappresenta un'occasione preziosa. Rievocare l'epopea partigiana
non è un esercizio retorico, ci ricorda l'importanza di lottare apertamente
contro il fascismo, da sempre braccio armato dei padroni che ci costringono ad
un'intollerabile condizione di miseria e di sfruttamento.
Oggi viviamo in un clima di guerra e di revisionismo senza precedenti. La
Resistenza viene ridotta a mera lotta di liberazione nazionale, per cancellarne
la spinta sovversiva, internazionalista, contro stato e capitalismo. La
prospettiva rivoluzionaria si eclissa sotto il peso di una narrazione egemone
che vede la Repubblica come approdo definitivo, frutto degli sforzi di tanti e
tante che al contrario volevano farla finita con una società divisa in classi.
Nel frattempo le periferie della nostra città sono sotto costante assedio
militare. Si moltiplicano le retate contro coloro che non hanno in tasca il
giusto documento. Le questioni sociali vengono trattate come problemi di ordine
pubblico.
I ricchi diventano sempre più ricchi, mentre i poveri sono sempre più poveri. Il
lavoro non c'è, e anche quando c'è è sottopagato, pericoloso, sfruttato, privo
di qualsivoglia tutela. Precarietà, sfratti, povertà sono all'ordine del giorno.
Fitto e bollette sono cresciuti a dismisura e sempre più persone faticano ad
arrivare alla fine del mese.
Il governo fascista soffia sul fuoco della guerra fra poveri, per nascondere la
guerra sociale che ha scatenato contro tutti i poveri, italiani e nati altrove.
Il tentativo è quello di imprimere una svolta sempre più autoritaria e
liberticida al paese, dotandosi di strumenti utili a reprimere sul nascere
qualsiasi insorgenza sociale. La ricetta scelta per ostacolare l'opposizione
politica e sociale è l'ultimo Decreto Legge "Sicurezza" (ex DDL 1236), approvato
dal Consiglio dei Ministri e pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 12
aprile. Il provvedimento appena entrato in vigore bypassando completamente il
parlamento, si inserisce nel solco già aperto da altri provvedimenti (i decreti
rave, Cutro, immigrazione, Caivano), che colpiscono i poveri, gli stili di vita
non conformi, gli stranieri senza documenti. Blocchi stradali o ferroviari,
picchetti, occupazioni, scritte su caserme o commissariati, prevedono pene
durissime. Normali forme di lotta attuate dai movimenti climatici, sociali e
sindacali, anticarcerari e no border rischiano di costare la galera a tante
compagne e compagni. Viene confermata l'introduzione del reato di “terrorismo
della parola”. Viene concesso ancora più potere, agibilità e impunità alle forze
di polizia. Le lotte portate avanti nelle carceri e nei CPR - anche sotto forma
di resistenza passiva - possono essere perseguite in modo più duro perché chi le
attua è dipinto come costitutivamente criminale, illegale, fuori norma. La
logica sottesa al decreto è quella del diritto penale del nemico. Una logica di
guerra, nella quale coloro che vengono identificati come nemici vanno
annientati, ridotti a nulla, privati di vita, libertà e dignità. Per il nemico
non valgono le tutele formali riservate ai cittadini. Quando la logica bellica
si applica al diritto, alcuni gruppi umani vengono repressi per quello che sono
più che per quello che fanno. L’intera azione dell’esecutivo è informata a
questo principio. Un principio sulle cui fondamenta sono stati costruiti i lager
nazisti e i gulag staliniani. Oggi la democrazia getta via la maschera e mostra
il suo vero volto, quello della più spudorata violenza a salvaguardia del
privilegio di classe e del potere nelle mani di pochi.
Non solo. La stretta repressiva in atto e la criminalizzazione dei movimenti
sociali vanno di pari passo con un intenso impegno bellico, sostenuto sia dalla
sinistra che dalla destra istituzionale. Il piano ReArm Europe prevede di
destinare ben 800 miliardi di euro al riarmo su ampia scala.
La spesa militare nel nostro paese ha da tempo toccato quota 108 milioni di euro
al giorno. Le missioni all'estero delle forze armate italiane a difesa dei
propri interessi neocoloniali si sono moltiplicate. In compenso, servizi
pubblici essenziali vanno incontro ad ingenti tagli. Casa, sanità, istruzione,
trasporti pubblici di prossimità efficienti sono un vero e proprio miraggio. Il
warfare prende definitivamente il posto delle sorpassate politiche di welfare.
L'industria militare fa affari d'oro, a pagarne le spese sono uomini, donne e
bambini che periscono sotto le bombe costruite a due passi dalle nostre case. La
nostra città - vera e propria eccellenza nel settore aerospaziale bellico - si
impegna a costruire la Città dell'Aerospazio, polo di ricerca promosso dal
colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino, il quale ospiterà persino
un acceleratore d'innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei
del D.I.A.N.A, struttura della NATO.
Vogliono arruolare i nostri corpi e le nostre coscienze bombardandoci di
retorica patriottica, a partire dalle scuole e dalle università. Vogliono
prepararci ad un allargamento del conflitto che può essere solo foriero di
morte.
Ma le leggi dettate dal clima repressivo e dall'economia di guerra non sono
altro che il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno della
società. Siamo ancora in tempo per far sì che la paura cambi di campo, per
fermare l'avanzata del fascismo, del nazionalismo, del militarismo.
Le tante libertà che padroni e governanti continuano a sottrarci con la forza
possiamo riprendercele soltanto praticando l'azione diretta, la solidarietà, il
mutuo appoggio tra sfruttat*. I partigiani che imbracciarono le armi e
combatterono strada per strada e sui sentieri di montagna fino alla seconda metà
degli anni '40 del Novecento, lo sapevano bene.
Spetta a noi raccoglierne l'eredità e fare in modo che il loro sforzo non sia
stato vano.
Spetta a noi realizzare giorno dopo giorno il sogno di un mondo di libere ed
eguali, di una società realmente autogestita, libera da stato, padroni,
militari, polizia.
Federazione Anarchica Torinese
Assemblea Antimilitarista – Torino
riunioni, aperte agli interessat, ogni martedì alle 20,30 in corso Palermo 46
CORTEO ANTIFA
Alba, via Pinot Gallizio - Via Pinot Gallizio
(sabato, 26 aprile 15:00)
Il fascismo è vivo in Italia e nel mondo e non si riduce a un manipolo di
nostalgici picchiatori, che per quanto sgradevoli rimangono ridicoli. Spesso
assume altre forme. Un disegno di legge liberticida, per esempio o un centro di
permanenza e rimpatrio in Albania.
Chi è fascista vuole ordine: un operaio che sciopera, una studentessa che
protesta rappresentano una minaccia e un danno per il benessere della nazione.
Chi è fascista vuole disciplina: aumentare il controllo significa evitare
subbuglio, evitare consapevolezza.
Chi è fascista vuole divisione: diffonde cultura xenofoba, per via di una
presunta superiorità morale e culturale. In altre parole , in nome nazionalismo,
la destra sta coi padroni - desidera che chi detiene il potere continui a
mantenerlo senza intoppi . E contribuisce a colpire le fasce basse della
società, olea la macchina del profitto impedendo l'organizzazione e il dissenso
dal basso; il risultato: contratti precari, disoccupazione, stipendi miseri e la
fine del mese che pare un traguardo irraggiungibile.
Lo sfruttamento, la disparità li tocchiamo con mano nel nostro territorio.
Quattro mesi fa morivano vittime della disuguaglianza sociale Issa e Mamadou,
due braccianti simbolo del sistema schiavista e razzista intrinseco nel settore
agroalimentare.
Un anno fa cominciava la lotta contro Ferrero, da parte delle lavoratrici
Proteco: confezionano cioccolatini a 5€/h . E gli esempi potrebbero essere
centinaia, paradossale per un territorio famoso per qualità di vita eccellente e
ricchezza. Ricchezza di pochi, sulle spalle dei molti. Noi non ci stiamo.
Prevaricazione, razzismo e classismo si combattono solo con la solidarietà, con
l'organizzazione e con la lotta . Il 26 aprile continuiamo il nostro percorso,
per un mondo equo e giusto. Operai e operaie , studenti e studentesse, precari e
precarie unite e uniti.
Con grande gioia riceviamo e pubblichiamo questo comunicato.
Si è concluso martedì 25 marzo 2025, dopo sette anni e quattro mesi, il processo
a carico di 4 compagn*, accusat* di essersi oppost* in diversi modi all’apertura
della sede di Cagapound di Cesena avvenuta a gennaio 2018 in via Albertini 28/D
(poi chiusa e riaperta prima in via Giorgio Amendola 9 e nel maggio 2024 in
Corte Dandini 4).
Inizialmente condannate in primo grado dal Tribunale di Forlì, la sentenza di
Appello a Bologna ha invece assolto tutte e quattro le persone imputate,
annullando quindi le iniziali condanne che (lo ricordiamo) erano:
– per tre imputat* una multa di 800 euro a testa per diffamazione (nello
specifico accusat* di aver diffuso un volantino che ricordava la complicità di
chi concede i propri locali in affitto ai gruppi neofascisti, affisso per
Cesena, con indicati nomi e cognomi dei summenzionati proprietari);
– per la quarta compagna una condanna a 7 mesi di carcere per tentata violenza
privata, con l’accusa di aver tentato di convincere verbalmente i proprietari a
non affittare il loro negozio a un gruppo di fascisti dichiarati.
Oltre alle condanne gli imputati avrebbero dovuto pagare le spese processuali
anche della controparte e un risarcimento ai proprietari del locale, Daniele e
Francesco Lombardini, di circa 9000 euro, dato che questi si erano costituiti
come parte civile al processo, che verteva sulle testimonianze accusatorie di
alcuni poliziotti e degli stessi fascisti.
Il tentativo, palese, era quello di intimidire l’antifascismo militante con
titoloni sui giornali locali, processi, condanne ed estorsioni da migliaia di
euro.
Ora aspettiamo le motivazioni della sentenza, ma possiamo già dire che questo
tentativo è fallito.
In questi anni di processo sono state fatte numerose iniziative per sostenere le
nostre compagne e i nostri compagni: assemblee, presidi sotto al tribunale in
occasione delle udienze, trekking solidali ultra-partecipati (di cui l’ultimo il
16 marzo scorso), cene e concerti benefit, cortei.
E proprio uno di questi cortei vogliamo ora menzionare, nello specifico quello
che si è svolto a Cesena il 13 novembre 2021, di contrasto alle politiche
antiproletarie e filopadronali del governo Draghi e contro la narrazione dello
Stato e dei media della gestione Covid e quella dei gruppi fascisti che volevano
parlare di libertà (proprio loro!) strumentalizzando alcune delle proteste
contro il green pass.
In seguito a questo corteo, nato anche come momento benefit per le spese
processuali delle persone indagate per l’opposizione a Cagapound, altri 3
compagn* sono stati accusati di aver sottratto una telecamere ad un digos.
Nello specifico, due accusat* di rapina aggravata e resistenza a pubblico
ufficiale, e un terzo accusato di favoreggiamento. Nella recente sentenza di
Appello il compagno accusato di favoreggiamento è stato assolto, mentre per le
altre due persone è caduta la rapina aggravata ed è rimasta una condanna a poco
più di 4 mesi per resistenza a pubblico ufficiale.
Di fronte all’arroganza del potere, che con le sue leggi prova a schiacciare chi
protesta e chi lotta – ultimo esempio è il ddl sicurezza che il governo Meloni
vorrebbe approvare definitivamente nei prossimi mesi – e allo sdoganamento
odierno (anche istituzionale) delle peggiori ideologie razziste, suprematiste,
militariste e fasciste a livello mondiale, bisogna continuare a mobilitarsi.
La solidarietà ci dimostra che chi lotta non è mai sol*!
Gratitudine e amicizia va a chi in questi anni ha continuato a sostenere chi si
trovava sotto processo. I contributi solidali a sostegno delle persone assolte
in appello, tolte le spese per gli avvocati, saranno usati per chi si trova
ancora a fare i conti con la repressione che in questi tempi non risparmia di
certo i suoi colpi.
Antifasciste ed Antifascisti di Forlì e Cesena
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