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Maja T. inizia lo sciopero della fame
Ungheria, l’antifascista Maja T. inizia lo sciopero della fame. Un anno fa l’estradizione illegale dalla Germania dell’attivista che ora chiede di tornare nel proprio paese e seguire da lì il processo. Le accuse sono analoghe a quelle contro Ilaria Salis. Mercoledì il tribunale magiaro ha rinviato la decisione sui domiciliari di Giansandro Merli da il manifesto «Chiedo di tornare in Germania e partecipare al processo ungherese da casa». Con queste parole l’antifa tedesca Maja T. ha iniziato ieri lo sciopero della fame. Mercoledì il tribunale di Budapest aveva rinviato al 20 giugno la decisione sui domiciliari: la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Nel suo appello T. descrive condizioni detentive che hanno l’unico scopo di piegarla come persona: isolamento continuativo, videosorveglianza costante, ispezioni corporali giornaliere, assenza di luce solare, cella piena di cimici e scarafaggi. Il problema principale resta l’impossibilità del giusto processo in un paese in cui l’indipendenza della magistratura è compromessa e le autorità politiche hanno già stabilito che gli antifascisti coinvolti nella vicenda sono tutti colpevoli. L’attivista è in carcere a Budapest con accuse analoghe a quelle mosse contro Ilaria Salis, uscita di prigione grazie all’immunità da europarlamentare (ora a rischio). Per le presunte aggressioni contro militanti neonazisti a ridosso del Giorno dell’onore 2023 T. potrebbe ricevere oltre 25 anni di carcere. Anche in assenza di prove che dimostrino la sua partecipazione agli attacchi (dai video proiettati in aula non ne sono emerse). Maja T. è stata estradata in Ungheria un anno fa, con un blitz notturno della polizia di Dresda. Mesi dopo la Corte costituzionale di Karlsruhe ha giudicato l’azione illegale. Maja è una persona non binaria, ostaggio di un regime che calpesta sistematicamente i diritti della comunità LGBTQI+ e che, da quest’anno, è persino arrivato a mettere al bando il Pride. Nel processo è sostenuta dal padre, dalla sinistra europea di The Left e dai suoi compagni antifascisti. Questi hanno manifestato dentro e fuori il tribunale anche nell’ultimo round di udienze, tra mercoledì e oggi. Ieri si sono svolti cortei in sei città tedesche. Dal governo di Berlino, nuovo e vecchio, non sono mai arrivati segnali. La sentenza è attesa dopo l’estate. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
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[2025-06-05] NESSUNO SPAZIO AI FASCISTI - PER UNA BARRIERA UNITA E SOLIDALE @ Torino
NESSUNO SPAZIO AI FASCISTI - PER UNA BARRIERA UNITA E SOLIDALE Torino - (giovedì, 5 giugno 20:30) LA NOSTRA SICUREZZA È SICUREZZA SOCIALE Contro razzismo, abbandono e propaganda: comunità attiva e organizzata! PRESIDIO ANTIFASCISTA E CORTEO PER IL QUARTIERE Contro chi specula sul degrado per incitare alla xenofobia e al razzismo. Fermiamo l'ennesima passerella dei gruppi fascisti. 📅 Giovedì 5 giugno – ore 20.30 📍Via Bologna / angolo corso Novara Stiamo costruendo un’assemblea popolare di quartiere, aperta a tutti: lavoratori, studenti, famiglie, pensionati. Uniti, dal basso, per costruire insieme una vera alternativa sociale. Barriera è di chi la vive. Non di chi la sfrutta. 🗓️ Prossima assemblea: 12 giugno – ore 18 📍Giardini di via Montanaro ASSEMBLEA DI QUARTIERE BARRIERA
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25 maggio. Imbrattata la lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni: presidio antifascista
Croci celtiche alla lapide di Ilio Baroni. Chiamata Antifascista per una Barriera libera e solidale. No Pasarán! Domenica 25 maggio ore 16,30 Presidio antifascista alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni in corso Giulio Cesare, angolo corso Novara. Ad un mese dalla partecipata commemorazione del 25 aprile, ignoti neofascisti hanno insultato la memoria della Resistenza sfregiando con i loro simboli di morte la lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni. Gli esponenti dell’estrema destra xenofoba e razzista sono il braccio armato dei padroni, i loro fedeli servitori, la loro manovalanza prediletta. Gli artefici di questa vile provocazione sono gli stessi che quotidianamente soffiano sul fuoco della guerra tra poveri italiani e poveri immigrati. Provano a metterci gli uni contro gli altri perché sanno che divisi siamo più deboli e sfruttabili. Strizzano l’occhio alle politiche repressive del governo Meloni, ovverosia gli eredi diretti della dittatura del Ventennio che varano leggi speciali come l’ultimo decreto sicurezza che imprime una svolta sempre più autoritaria e liberticida al paese. Applaudono l’incalzante militarizzazione dei territori, le retate e i controlli etnicamente mirati contro i senza documenti, le reclusioni nei CPR, le deportazioni coatte e le migliaia di morti nel Mar Mediterraneo. Ci conducono dritti verso la guerra, sostenendo la corsa al riarmo e agitando il tricolore che rischia di essere la nostra rovina e la nostra tomba. Ma la gente di Barriera di Milano, i nati qui così come i nati altrove, vivono gli stessi problemi, la stessa condizione di sfruttamento e di oppressione, la stessa di chi combatté armi alla mano il fascismo perché voleva una società senza stato né padroni. Barriera è afflitta dall’aumento del prezzo del fitto e delle bollette. È afflitta da lavori precari e pericolosi, salari miseri e ritmi insostenibili. È afflitta da continue minacce di sfratto. È afflitta dai tagli e dalle privatizzazioni dei servizi sociali fondamentali (sanità, scuola, trasporti, ecc). Non ci sono i soldi per casa, educazione, prevenzione e cura. In compenso ce ne sono in abbondanza per far scorrazzare polizia e militari per le strade delle periferie. Oggi come ieri, solo un ampio fronte di lotta contro il nemico comune può consegnarci un mondo di libertà e di uguaglianza. Un manipolo di invasati può anche imbrattare un pezzo di storia della lotta di liberazione dal nazifascismo ma non può certo cancellarlo. La storia di Ilio, la storia degli Arditi del Popolo, la storia dei rivoluzionari di Barriera, risuona ancora nelle lotte di ciascun* di noi, e continuerà a farlo a lungo! Per questo motivo vogliamo scendere in strada e vogliamo farlo in tant*. Vogliamo trovarci e riconoscerci, esprimere tutta la nostra rabbia contro l’ennesimo attacco al cuore del quartiere, a chi quotidianamente lo abita e lo attraversa. Vogliamo ripristinare la lapide e continuare a tenere viva la memoria, facendone un’arma per la trasformazione radicale dell’esistente. «Gli unici stranieri, i fascisti nei quartieri!» Federazione Anarchica Torinese Assemblea Antimilitarista – Torino
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Remigration Summit 2025: quando i fascisti si stringono la mano
Alla fine il Remigration Summit (Resum2025) è avvenuto; non nel pomeriggio, come stabilito fino alla sera prima sui canali social dell’evento, ma alle 9 di mattina del 17 maggio 2025. Dall’ingresso del teatro Condominio Vittorio Gassman di Gallarate hanno sfilato diverse sigle dell’estrema destra europea. Il tema della conferenza? Espulsioni di massa per stranieri regolari, irregolari e di seconda generazione di Riccardo Sacchi PreSummt, l’ingresso nero Lega: ideologia identitaria e modello di espulsione All’ingresso del teatro, Davide Quadri, esponente della Lega Giovani, si sofferma con i giornalisti per commentare il tema dell’evento. Secondo Quadri, si tratta di politiche volte a scoraggiare la migrazione illegale e, più in generale, a invertire il trend dell’immigrazione irregolare nei Paesi europei. Quadri continua confermando che la Lega sostiene apertamente queste posizioni: “Come giovani della Lega abbiamo parlato di remigrazione”, dice, sottolineando che ci sono “comunicati stampa della Lega che parlano di re-immigrazione a tutti i livelli”. Sul fronte interno, il tema dei clandestini viene affrontato ribadendo la posizione del partito: “Sono 350.000 i clandestini in Italia” e “l’immigrazione clandestina è un reato. Entrare illegalmente in un paese è un reato”. In merito alle possibili soluzioni, Quadri propone un modello di espulsione legato all’incentivo degli aiuti europei per obbligare i paesi d’origine a riprendersi i cittadini entrati illegalmente in Italia: “Legare il fatto che loro ricevono fondi da parte nostra al dover riprendersi i loro cittadini che sono illegalmente nel nostro paese”. Cita anche l’approccio adottato dagli Stati Uniti con El Salvador, dove si stanno realizzando hub o centri di raccolta in paesi terzi. Quando gli viene chiesto se questi centri possano essere paragonati a campi di detenzione dove vengono concentrate persone, Quadri afferma: “No, no… i campi di concentramento sono un’altra cosa”, precisa. “Io sono stato a Dachau, ho visto cosa vuol dire”, aggiunge. Sul piano ideologico, Quadri non nasconde l’affinità con certe posizioni: “Come Lega ci definiamo identitari”, afferma. Non prende le distanze da figure controverse come Dries Van Langenhove –  ex parlamentare belga e volto della destra identitaria fiamminga -, condannato per razzismo e negazionismo, dicendo: “È stato condannato per dei meme su una chat Signal… non li ha neanche condivisi lui”. Quanto a Martin Sellner, figura nota dell’estrema destra europea ed espulso da più paesi, minimizza la questione: “Mi sembra che Schengen valga per persone ben peggiori”, commenta, aggiungendo: “Non penso che Martin Sellner oggi sia persona non grata in America dopo le elezioni”. Un chiaro riferimento di affinità tra i principi espressi dal tema della remigrazione – quindi dal suo fondatore – e le politiche di gestione migratoria intrapresa dal governo Trump. Pubblico: insicurezza e razzismo, “il governo deve fare di più” “Sono una donna e vado in giro da sola, potete immaginare cosa succede” spiega una persona, intervistata prima di salire i gradini del teatro.  La sua partecipazione al Remigration Summit proviene da una esperienza quotidiana di insicurezza non di ordine pubblico: “Con gli italiani non ci sono problemi” perché civili ed educati – “L’italiano al massimo ti fa un complimento, ti offre un caffè, si rifiuta, no grazie, finisce lì, ecco” – mentre sono gli stranieri che provocano insicurezza, spiega alle telecamere. “Loro dicono assimilazione”, spiega la partecipante al Resum2025 in riferimento alle attuali politiche di integrazione, aggiungendo che “questa assimilazione purtroppo fino ad oggi non è avvenuta”. La soluzione? Un’espulsione effettiva degli immigrati irregolari, paragonando l’ingresso illegale nel paese a un reato come lo spaccio di droga. Quindi come la polizia va ad arrestare chi spiaccia bisogna rimpatriare, anche con la forza se necessario, chi non ha diritto di restare:”Bisogna cacciarli davvero”, insiste. In merito al governo attale e alle sue politiche di gestione migratoria, la partecipante al summit ritiene che non basti: “La meloni sta bloccando (gli sbarchi) ma non basta… bisogna fare di più”. Un “welcome” divisivo Gli onori di casa sono stati fatti da Andrea Ballarati, ventitreenne, studente di economia, ex militante di Gioventù Nazionale e fondatore dell’associazione identitaria “Azione, Cultura, Tradizione” di Como.  Ballarati ha accolto i vari ospiti e spiegato ai giornalisti che “l’evento si svolgerà” anche dopo le critiche della politica e della società civile. Nei giorni scorsi, infatti, la Lega ha difeso il convegno dell’estrema destra europea; posizione sostenuta dall’approvazione dell’evento da parte del Sindaco di Gallarate Andrea Cassani, che dichiara: “Mi auguro che vada tutto bene perché è giusto che tutti possano manifestare le proprie idee”. Una decisione politica criticata aspramente da Angelo Bonelli di Alleanza Verdi che ha definito il summit “un convegno che inneggia alla xenofobia, alla discriminazione e al razzismo, un’offesa ai valori della nostra Costituzione”. Posizione condivisa da molte delle persone che scese in piazza a Milano lo stesso pomeriggio a protestare contro questa follia chiamata remigrazione. Il panorama Internazionale: convergenza di pensiero tra estreme destre e FdI I nomi di spicco che si conoscevano in precedenza all’inizio dell’evento imbastivano già una trama con conclusione preannunciabile: ridisegnare le politiche migratorie occidentali. In ordine, seguendo  i post Instagram, c’era Jean Yves Le Gallou, ex parlamentare europeo del Front national degli anni novanta e cofondatore dell’Istitut Iliade, centro studi che “intende adoperarsi per la riappropriazione della propria identità da parte degli Europei”, noto per le posizioni razziste e suprematiste;  Elva Vlaardingerbroek, opinionista olandese, dalle posizioni conservatrici, nota per aver definito “totalitaria” l’Unione europea, auspicandone “un ritorno ai veri valori”; Martin Sellner, austriaco di trentasei anni, di fatto l’ideologo dell’evento, nel videomessaggio su Instagram di presentazione dell’evento spiega che “remigrazione” vorrebbe dire, secondo quanto riferiscono gli organizzatori, “l’espulsione dei clandestini, la revisione dei sistemi di asilo e l’introduzione dei rientri volontari” nonché “l’espulsione dei migranti non inseriti” nella società; infine, Alfonso Goncalves, fondatore nel 2023 del gruppo filonazista portoghese Reconquista, simbolo una croce che rimanda alla riconquista cristiana nei confronti dei Mori della penisola iberica nel 1492. Goncalves aveva espresso apprezzamenti nei confronti del Resum2025, definendolo “il più grande punto di svolta nella storia degli europei da secoli”- Oggi il filonazista portoghese all’ingresso del teatro ha dichiarato che l’Italia è il posto giusto dove ospitare il summit, buon cibo, buon tempo, bellissimi monumenti e logisticamente perfetta, ma soprattutto “apprezziamo alcune delle politiche implementate dal governo Meloni”, aggiungendo che anche se non direttamente associati in tema di supporto ci sono convergenze di interessi su questi temi. Summit: la parabola del difensore razzista Un interesse politico quello di Alfonso Goncalves, ripreso nel videomessaggio, che ha segnato l’inizio del Remigration Summit, dal Generale Vannacci: “Porterò la battaglia a Bruxelles”. Dopo aver garantito il suo sostegno, il vice di Salvini ha aggiungendo che “la remigrazione non è uno slogan ma una proposta concreta”. “Vuol dire mette al centro gli italiani, gli europei. È una battaglia di libertà e civiltà, di sicurezza, che è il vero spartiacque fra destra e sinistra”. Citando l’Europa dei popoli, Vannacci ha innalzato la sicurezza come protezione per la sua continuazione. “Invece di preoccuparsi di avere più armi, più cannoni, più sistemi missilistici dovrebbe ricordarsi che il suo primo dovere è proteggere i propri cittadini dentro i confini europei”. Una guerra interna quindi, che mette in contrapposizione i popoli europei e una minoranza non esplicitamente dichiarata ma a cui chiaramente si punta il dito, gli immigrati. Il primo intervento in presenza è sato tenuto da Lena Kotré, deputata tedesca di Alternative für Deutschland (AfD). Il copione ha spaziato dalla la necessità di rimpatri sistematici per proteggere i valori fondanti delle nazioni fino alla critica sulla fragilità delle attuali politiche europee sull’immigrazione. Sul palco è salita poi Eva Vlaar, ospite annunciata dagli organizzatori dell’evento, che ha puntato il dito contro quella che ha definito “la decadenza morale e politica dell’Europa liberale”, chiedendo un ritorno ai principi della sovranità e dell’identità culturale. Un tema condiviso, quello dell’identitario che ha suscitato applausi tra i presenti. L’intervento successivo ha illustrato un’analisi comparata tra le dinamiche demografiche europee e nordamericane, indicando nella pressione migratoria una minaccia sistemica alla stabilità dell’Occidente. Lo studio eseguito da White Papers Institute, un gruppo di analisti, ex e attuali professionisti della politica, attivisti e volontari che forniscono analisi politiche gratuite “grazie al loro impegno per l’indipendenza e la prosperità del nostro popolo”, era moto tecnico e ideologicamente denso. A seguire e con decisamente toni differenti è stato Jacky Eubanks, repubblicana grande sostenitrice di Trump e del verbo Ameria First. Il suo discorso ha portato il tema della remigazione alla concezione di sfida occidentale comune, evocando la necessità di un’alleanza transatlantica contro le élite globaliste. Un concetto di remigazione come progetto che necessita passaggi futuri condiviso da Dries Van Langenhove, che sostiene l’avvio di un progetto di remigrazione coordinata a livello europeo. Idee simili sono state riprese da Jhon McLoughlin, intellettuale irlandese vicino alla destra anglosassone e parte di An Páirtí – partito nazionalista irlandese-, che ha introdotto il concetto di “erosione culturale dell’Occidente” per descrivere il declino dei valori tradizionali sotto la pressione dei cambiamenti globali. La seconda parte del Summit è iniziata con i videomessaggi di due esponenti della Lega al parlamento europeo; Isabella Tovaglieri e Silvia Sardone. La prima, eurodeputata varesina, ha seguito alla lettera il copione leghista degli ultimi giorni sul tema del Resum2025, difendendo il diritto alla libera espressione politica anche su temi divisivi come l’immigrazione. Silvia Sardone invece, forte del suo background di studio sul “l’islamizzazione dell’Italia e dell’Europa”, ha definito l’evento “un atto di coraggio politico”, lodando chi ha scelto di non piegarsi alla cultura del pensiero unico. Il primo interveno di persona della seconda parte della conferenza è stato Kenny Smith, leader del partito nazionalista bianco Homeland Party del Regno Unito non ché ex dirigente del partito fascista British National Party (BNP) e del partito neonazista Patriotic Alternative (PA). Il suo discorso ha dipinto un’Europa come civiltà sotto assedio. A concludere l’evento è stato Martin Sellner, organizzatore dell’evento. Il suo attesissimo discorso ha individuato la sostituzione etnica come minaccia esistenziale. Postsummit, il sorriso della minaccia: si rifarà nel 2026 Sempre Martin Sellner, raggiante in volto, è l’intervistato più atteso all’uscita del teatro in conclusione del Resum2025. “A Vienna, la mia città, la maggioranza degli studenti è musulmana. Non ho nulla contro l’Islam, ma l’Europa non deve diventare il 57° Paese musulmano”, ha dichiarato ai gironalsiti. L’attivista austriaco ha ringraziato Salvini e Meloni per non averlo ostacolato, lodando l’Italia come “un Paese che merita di rimanere fedele alla propria cultura”. Ha notato, però, un clima ancora ostile nelle piazze controchi difende valori patriottici. “Serve una rivoluzione culturale — ha affermato —, una rottura con la censura e il pensiero unico. Solo così la destra potrà mantenere le sue promesse”. Tra le proposte, ha ribadito la necessità di blocchi navali e di una cooperazione europea contro la crisi migratoria. “Come a Lepanto e a Vienna, oggi dobbiamo restare uniti”. Sellner ha concluso rivendicando il ruolo del suo movimento come “lobby patriottica” e sottolineando: “Essere controversi è un buon segno. Quando tutti la pensano allo stesso modo, spesso c’è una menzogna sotto”. Salutando prima di andarsene, una persona vicino all’entourage di Sellner ha confermato che “i sarà un altro Remigration Summit nel 2026, guardate i nostri social media, lo annunceremo presto”. Quello che però Martin Sellner non ha capito, è che il clima ostile nelle piazze ci sarà sempre perché anche solo pensare di remigrazione è intollerabile. Se Circa 400 fascisti di mezza Europa si presentano a Gallarate, sotto la “tutela” della Lega, chiudendosi dentro un teatro a confabulare per poi riaprire le serrande a giochi fatti, l’italia risponde scendendo in quattro piazze diverse a contestarli. Gallarate non ha piegato la testa, con un flash mob sabato mattina davanti al Comune alla vicina Busto Arsizio e con il presidio pomeridiano della Rete Antifascista militante di Varese. Milano invece ha dimostrato cosa significa resistenza. In San Babila il presidio indetto da almeno 70 tra partiti, sindacati e associazioni antifasciste, con lettura di diversi articoli della Costituzione; “30mila persone presenti” a detta degli organizzatori. Da Cairoli invece il corteo antifascista di movimento “Make Europe Antifa Again” ha visto 2mila giovani provare ad arrivare alla stazione ferroviaria di Cadorna ma, accerchiati in mezzo un notevole dispositivo poliziesco, sono stati respinti tra manganellate, idranti e lacrimogeni concludendo la manifestazione in Pagano. Perché, se Martin Sellner deve dire “Grazie” a Salvini e Meloni per non essere stato bloccano “all’esprimersi” per le sue opinioni (neofasciste), ricordiamoci sempre il fatale destino di colui che le idee fasciste le ha messe in atto. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. 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Fascismi e remigazione: quando l’odio si traveste da sicurezza
Remigrazione: nuovo verbo del razzismo e del fascismo. Così l’estrema destra europea riduce il confine tra sicurezza e repressione di Riccardo Sacchi «Vogliamo diffondere il messaggio che siamo stufi di questo degrado che c’è in giro»; così spiega uno dei fondatori di Articolo 52 in un video sulla pagina Instagram del movimento. Cappuccio nero calato sul viso, solo le labbra che contraggono sprigionando un messaggio di odio. Articolo 52 si definisce un movimento strutturato attraverso squadre “anti maranza” che si fanno giustizia da sole. Ma come? Sempre il fondatore di Articolo 52 lo mette ben in chiaro: «prendiamo di mira le zone del degrado, dove spacciano, dove può esserci a rischio che fanno del male a delle ragazze o dei ragazzi che vengono presi di mira. Noi interveniamo, interveniamo con le mani». Sberle, pungi e calci. Sangue. Violenza premeditata che viene innalzata come diritto e veicolata in nome della giustizia personale. In un altro post del 9 aprile, sempre sul loro profilo Instagram, a cornice della foto sfuocata di una persona ferita su una barella dell’ambulanza, viene riportato il messaggio: «Scusa fra’, noi viviamo così – Lo hanno detto mentre mio fratello era a terra, devastato dalle martellate e dai calci di tre nordafricani. Nella descrizione del post, la minaccia: «fra noi viviamo così A noi non frega un ca**o di come vivete voi, finchè state a casa nostra certe cose non le fate. Senò o ve ne tornate da dove siete arrivati oppure ci penserà qualcun’altro a insegnarvi l’educazione. Animali!!!». A cascata sotto al post i commenti sono: «andateli a cercare e restituitegli il doppio di ciò che hanno fatto per favore» oppure «ste merde fategli pisciare sangue per sempre» e ancora «Ne*ri» o «scimmie». C’è chi porta anche un pensiero filosofico: «Remigrazione subito per queste bestie di satana». Ed è proprio la “remigrazione” il tema cardine del Remigration Summit, in programma per il 17 maggio in Lombardia – sede ancora da definire dopo il no di Milano. Il convegno è stato promosso da Martin Sellner, xenofobo e razzista; le sue idee violente hanno comportato per lui il divieto di tenere conferenze in alcuni Paesi europei. Non in Italia. Il pre-evento si è già svolto nel quartiere San Siro il 1° aprile. Un pestaggio pubblicato sulla pagina Instagram di Articolo 52 con sentenza annessa: «Questo per farvi capire che non siamo i soliti stupidi che parlano e basta, ci siamo davvero rotti i cogli*ni di queste situazioni, così abbiamo deciso di farci giustizia da soli per proteggere il paese che amiamo». Fa paura, è tornato lo squadrismo nero. L’intolleranza di destra che si struttura razzismo Il tema dell’intolleranza ormai è da anni al centro del dibattito politico, a volte camminando mano nella mano, altre – o per convenienza o per necessita – solo osservandosi con interesse. In primis, la politica ha volgarizzato i valori antirazzisti, o meglio, ha sdoganato a livello istituzionale il razzismo. Dà gaffe o lapsus – più volontari che non – come il discorso sulla necessità di difendere la “razza bianca” dall’immigrazione del leghista Attilio Fontana, nel 2018, alla normalizzazione degli stereotipi e l’utilizzo del linguaggio discriminatorio nei media, la banalizzazione del razzismo è un atto istituzionale quotidiano. Contemporaneamente, Lega, Fratelli d’Italia e in generale il panorama della destra al governo, ha normalizzato una narrazione sociale razzista. Al centro abbiamo un’intolleranza di base che, supportata dalle forze politiche – quindi un’intolleranza istituzionalizzata – prende una forma escludente e penalizzante per una minoranza razzializzata. «Nelle periferie, e non solo, delle maggiori metropoli europee non si parla più la lingua d’origine né per strada né nei negozi, la parità tra uomo e donna non è rispettata, esistono scuole islamiche e in alcuni luoghi vige addirittura la sharia»; così Silvia Sardone, europarlamentare della Lega, spiega in un’intervista il 3 giugno 2024, aggiungendo che «nel libro che ho scritto, “Mai sottomessi all’Islam”, racconto i rischi e i pericoli di un’islamizzazione crescente tollerata e persino incentivata dai governi di sinistra. L’Europa non deve più piegarsi davanti a chi vuole dominarci». Sardone individua nell’immigrazione di persone con radici orientali il nemico e definisce l’Islam la causa del pericolo: l’opposizione politica di sinistra è chi favorisce l’insicurezza che queste persone causano nella “bella Europa”. La costruzione di “chi” genera insicurezza «La cultura europea ha guadagnato forza e identità contrapponendosi all’Oriente» racconta Edward Said, professore alla Columbia University, nel libro “Orientalism”, spiegando che l’Occidente ha costruito un’immagine stereotipata e spesso negativa dell’Oriente (in particolare del mondo arabo e islamico). Il mondo arabo e islamico è stato descritto sistematicamente come arretrato, irrazionale, fanatico o sessualmente deviato – una sorta di specchio distorto in cui l’Occidente rifletteva la propria presunta superiorità morale, intellettuale e tecnologica. Questo processo, spiega Said, ha avuto una funzione precisa: giustificare e normalizzare il dominio coloniale, politico e culturale dell’Occidente sull’Oriente. Questa costruzione non si è fermata con la fine del colonialismo. Anzi, le parole citate precedentemente della Sardone o quelle del primo ministro italiano Giorgia Meloni che ha dichiarato in un’intervista a Donna Moderna del 25 novembre 2024 («Adesso verrò definita razzista, ma c’è una incidenza maggiore, purtroppo, nei casi di violenza sessuale, da parte di persone immigrate, soprattutto illegalmente»), mettono in luce che l’eredità dell’orientalismo è visibile tutti i giorni. L’immagine dell’Islam come religione intrinsecamente violenta o intollerante, e dei musulmani come soggetti incapaci di integrarsi nei valori occidentali, affonda le sue radici proprio in quelle narrazioni semplificate e riduttive denunciate da Said. Oggi, nell’Occidente europeo si chiama “islamofobia” ma ormai l’eredità dell’orientalismo è globalizzata. Addirittura, è stato sviluppato pensiero che, se messo in atto, fa dell’islamofobia – e quindi del razzismo culturale – la dottrina e della deportazione la politica istituzionale. Remigrazione è deportazione «Abbiamo un piano per il futuro della Germania (…) chiusura completa dei confini e riportare indietro chiunque sia entrato illegalmente e senza i documenti, vogliamo mandare un messaggio chiaro al mondo intero»; così spiegava Alice Weidel, co-presidente di AfD, partito di estrema destra, dichiarato il 3 maggio 2025 dai servizi segreti interni tedeschi un “pericolo per la democrazia”. Il mantra dogmatico della remigrazione, chiusura dei confini, controlli a tappeto e deportazione. Le parole di Alice Weidel erano rivolte ad un folto pubblico che presenziava alla conferenza di AfD l’11 gennaio 2025 nella città di Riesa, in Sassonia, ma hanno avuto un eco internazionale più forte dello scroscio di applausi ricevuto quel giorno. La co-leader dell’AfD ha addirittura adottato pubblicamente il termine remigrazione. Ad uno comizio ad Halle, nella Germania orientale il 25 gennaio 2025, ha partecipato in videoconferenza anche Elon Musk, oggi a capo, o non, del Doge– il dipartimento che creato ad hoc dal governo Trump che della remigrazione ne ha fatto sia il giudice che la spada. Parlando con la leader del partito Alice Weidel, candidata dell’AfD alla carica di cancelliere, Musk ha ribadito la sua convinzione che l’AfD sia la «migliore speranza» e ha anche affrontato la questione dell’immigrazione, un tema chiave per le elezioni, esortando Weidel e i suoi sostenitori a non perdere il loro orgoglio nazionale in «una sorta di multiculturalismo che diluisce tutto». Evocato come pensiero negli anni ’60 nella sua concezione moderna dai movimenti francesi come Europe-Action, il temine remigazione venne coniato da Jean-Pierre Stirbois, allora segretario generale del Front National (FN), nel corso di un’intervista, portando alla prima svolta elettorale di FN nel 1983. Il concetto remigazione racconta l’idea di rimandare indietro chi è migrato in un paese straniero. Rimandare indietro non significa rientro volontario nel paese di provenienza ma un viaggio obbligato, spesso con la forza. Pratiche vicine alla pulizia etnica e deportazione di massa. Anche se un pensiero di origine europeo, le radici sono nel dominio occidentale e gli esempi pratici ce li ha forniti direttamente la Casa Bianca attraverso i suoi canali social: persone con le mani e i piedi legati con le manette che in fila vengono caricati su un aereo e portati nel paese da cui erano partiti. Forse per necessità, forse per paura, le motivazioni che hanno portato queste persone a migrare non le sapremo mai ma il “crimine” che hanno compiuto negli USA sì: erano lì, forse illegalmente oppure no, secondo le leggi dell’uomo bianco, seduto sullo scanno del potere, quelle persone non sono cittadini statunitensi. Il suono metallico delle manette che strisciano sull’asfalto rimbomba nelle orecchie come graffi sulla Carta dei diritti dell’uomo. Uno schiaffo al diritto internazionale. La “ghiblizzazione”, che nei giorni seguenti ha segnato una tendenza sui social, ha sancito la disumanizzazione del gesto, perché solo chi pensa che i migranti non siano persone può far di un gesto del genere un vanto. L’Italia è maestra in questo. Basti pensare a Salvini che, quando era ministro degli Interni, lasciò 190 persone (tra loro 37 minori) su una nave per 10 giorni – il caso Diciotti – facendo diventare persone in necessità propaganda politica. L’Italia è sempre quel paese che per Remigration Summit non ha battuto ciglio e anzi lo ospiterà – accompagnato da tutti i promotori e militanti di estrema destra e aderenti a pensieri nazifascisti – a Milano, città medaglia d’oro per la Resistenza. Ma non c’è da stupirci, in fondo a noi italiani pensieri come quello della remigrazione, e chi li porta avanti, ci piacciono; non siamo mai arrivati ad un giudizio nazionale sugli orribili crimini compiuti dal fascismo. Infatti, proprio il 29 aprile, quattro giorni dopo la festa nazionale per il giorno della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, Ignazio La Russa, seconda carica più importante dello Stato, ha dichiarato che lui vuole celebrare Sergio Ramelli (militante fascista ucciso da esponenti dell’estrema sinistra il 29 aprile 1975) e non parlare delle 2ooo persone che a Milano hanno sfilato urlando “presente” e facendo il saluto romano. Fascismi e rinascita, prospettive sull’Italia Una sinergia potente quella tra razzismo, fascismi e remigrazione. Il razzismo crea il discorso, i fascismi lo radicalizzano in ideologia, la remigrazione lo trasforma in pratica politica. Quello che fa paura è che questa sinergia è ciò che stiamo vivendo oggi. Negli Stati Uniti i Proud Boys, organizzazione militante neofascista di estrema destra che promuove e si impegna nella violenza politica, acclamavano a gran voce l’elezione del presidente Trump. Sei di questi Ragazzi Orgogliosi il 4 maggio 2023 sono stati dichiarati colpevoli di associazione a delinquere sediziosa in relazione all’attacco del 6 gennaio al Campidoglio. Secondo l’International Centre for Counter-Terrorism, il gruppo ritiene che la mascolinità tradizionale e la cultura occidentale siano sotto assedio, utilizzando lo “sciovinismo occidentale” come eufemismo per la teoria del complotto del genocidio bianco (ossia l’esistenza di un complotto deliberato per causare l’estinzione dei bianchi attraverso l’assimilazione forzata e l’immigrazione di massa). Sembra un déjà-vu che recupera il mito della purezza identitaria tipico del fascismo novecentesco. Eppure, sempre più spesso, questa visione si traveste da difesa della “sicurezza” o della “cultura europea”. Così nascono gruppi come Articolo 52, niente di meno che le moderne camice nere. Il problema attuale però è il ragionamento inverso, perché fascisti non si nasce ma lo si diventa. Se abbiamo avuto esperienza di un periodo in cui i fascismi radicalizzavano il razzismo in ideologia, nel futuro prossimo l’ideologia fascista potrebbe esprimersi come totalizzante perché culturale. E di esempi di sviluppi in questa direzione ne abbiamo abbastanza. «Rinascenza è un movimento culturale e sociale, che intende, rigenerare spiritualmente, moralmente e politicamente la società europea» così scrivono nel post di presentazione su Instagram il Gruppo _rinascenza_. Rinascenza nasce nell’aprile del 2020 da Alessandro Porto, con «lo scopo di riscoprire un senso di umanità in un periodo, quello della pandemia, dominato da odio e paura». Negli anni seguenti sono nati vari comitati del movimento Rinascenza in varie città Italiane quali Palermo, Roma, Bari e molte altre. Il movimento non è legato esplicitamente al fascismo ma possiamo osservare alcune somiglianze ideologiche che riguardano la valorizzazione della tradizione, un forte nazionalismo, l’opposizione al modernismo e l’idea di un’Italia forte e indipendente. Anche nel pratico le somiglianze non mancano: il distaccamento di Rinascenza Monza ha proposto di istituire delle ronde “anti maranza” con giacche anti-taglio e piccoli scudi a supporto delle forze dell’ordine. Ma le squadre anti maranza non erano prerogativa di Articolo 52? Inoltre, il fascismo storicamente utilizzava un linguaggio estetico e simbolico molto forte, come le architetture monumentali, l’uso di simboli patriottici e la celebrazione di eroi nazionali. Anche nell’iconografica il movimento Rinascita sembra avere un focus sull’estetica nazionale e sull’importanza di promuovere un’immagine dell’Italia che rappresenti la grandezza passata e il suo futuro. Addirittura, il comitato di Rinascenza Roma ha nel simbolo la corona di alloro d’oro, simbolo anche dei Proud Boys. La collocazione politica di Rinascenza ancora non è chiara, lampante invece il fatto che opera sulla cultura delle persone e vuole formarli su principi di cui i fascismi si nutrono. È questa l’Italia che vedremo nei prossimi anni?     > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp    
antifascismo
In fondo a destra. Suprematisti in adunata nel nome della «remigrazione»
Il 17 maggio si terrà il summit europeo anti migranti con gruppi come Reconquista e Movimento Identitario. Una galassia che guarda soprattutto alla Lega. CasaPound ha promosso per lo stesso giorno una manifestazione a La Spezia per «l’Europa Potenza» e per abolire il 25 aprile di Saverio Ferrari da il manifesto «Questo sarà il più grande punto di svolta nella storia degli europei da secoli. E noi ne prenderemo parte»: questa la dichiarazione nelle scorse settimane di Alfonso Gonçalves, fondatore nel 2023 del gruppo filonazista portoghese Reconquista, simbolo una croce, che rimanda alla Reconquista cristiana nei confronti dei Mori della penisola iberica nel 1492, per propagandare il prossimo 17 maggio in Italia un incontro internazionale dal titolo «Resum25, Remigration Summit» promosso da un ampio schieramento di suprematisti bianchi europei. Si era inizialmente parlato di Milano, ora si sa che sarà al Dolce Milan Hotel Malpensa di Somma Lombardo, in provincia di Varese. LA «REMIGRAZIONE» e il suo teorico. Con il termine remigrazione le stesse organizzazioni promotrici intendono definire il progetto da loro perseguito di deportazione della popolazione «non bianca» e «non assimilabile», progetto rimbalzato rumorosamente sui media in Germania nel gennaio 2024 quando fu scoperta e denunciata una riunione segreta, tenutasi a Potsdam, in vista di un’ascesa elettorale dell’estrema destra, tra membri di Alternative für Deutschland, neonazisti e industriali, per «trasferire» in uno Stato africano i richiedenti asilo, gli stranieri con passaporto tedesco, i rifugiati politici. Diversi milioni di persone. ANCOR PRIMA, NEL 2017, era stato in realtà il gruppo francese di Génération Identitaire, con il suo omologo italiano Generazione Identitaria, a battezzare per primo il termine remigrazione proponendo, tra l’altro, l’abolizione di qualsiasi tipologia di ius soli, il congelamento di tutti i processi di naturalizzazione, l’abolizione di qualsiasi tipo di ricongiungimento familiare, pene detentive per datori di lavoro che assumano immigrati non regolari, il divieto di costruzione di mosche e minareti. Per la cronaca, in Francia Génération Identitaire è stata sciolta nel marzo 2021 per «incitamento alla discriminazione, all’odio e alla violenza». MARTIN SELLNER, animatore in passato della sezione austriaca del circuito di Génération Identitaire, presente a Potsdam, è considerato il “teorico” della remigrazione. Per le sue posizioni si è visto inibire l’ingresso in Germania, Svizzera e Regno Unito, inibizione motivata anche dall’aver ricevuto una donazione di 1.500 euro dal neonazista Brenton Tarrant, autore il 15 marzo 2019 degli attacchi a due moschee di Christchurch in Nuova Zelanda, che avevano provocato 51 vittime. NOMI E SIGLE. Tra le organizzazioni promotrici, oltre a Reconquista, figurano il Movimento Identitario Austriaco (Ibö) guidato da Sellner, il Movimento Identitario Danese, l’olandese Forum per la Democrazia (FvD), il fiammingo Schild & Vrienden (Scudo e Amici) diretto dall’ex deputato Dries Van Langenhove, il centro studi francese Iliade di Yves Gallou (ex Front National), lo svizzero Junge Tat (Giovane Azione). Nomi e sigle all’insegna del razzismo. L’ex deputato Dries Van Langenhove è stato condannato nel marzo 2024 in Belgio a un anno di carcere e a una multa di 16 mila euro, nonché all’interdizione pubblica per un anno, per aver violato le leggi contro il razzismo e la negazione dell’Olocausto. Dal canto suo, il gruppo di Junge Tat, formatosi nel 2020 nella Svizzera tedesca, sta causando in quel Paese non pochi problemi. I SUOI ADERENTI sono infatti soliti disturbare le manifestazioni in solidarietà con i migranti (a Bellinzona nell’ottobre 2023) e a intimidire i Pride (Zurigo nel giugno 2022), apparendo tra l’altro sui social con dei cappucci neri con impresso il loro simbolo, la runa Tyr, già tra gli emblemi della Gioventù hitleriana, ma anche più recentemente del cosiddetto Movimento per la Resistenza Nordico, una sorta di Internazionale neonazista presente in Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia. Nel settembre del 2016 alcuni suoi esponenti assassinarono a Helsinki un giovane antirazzista e per questo l’organizzazione in Finlandia fu sciolta. Sei membri di Junge Tat sono stati anche condannati nel settembre scorso a una multa di 70mila franchi per «discriminazione razziale e violazione della legge sugli esplosivi». IN ITALIA chi si è attivato a promuovere il meeting del 17 maggio è la piccola associazione Cultura e Tradizione di Como rappresentata da Guido Ballarati, ma per gli organizzatori è la Lega guidata da Matteo Salvini il vero punto di riferimento, non i Fratelli d’Italia surrealmente criticati per la loro «inettitudine». Se il primo Remigration Summit avrà successo, si continuerà in altre importanti capitali europee: Varsavia, Londra e Vienna. Con le stesse parole d’ordine, da settimane, CasaPound si è a sua volta attivata in diverse città promuovendo autonomamente per il 17 maggio una manifestazione a carattere nazionale a La Spezia «città simbolo del Futuriamo e dell’innovazione militare», per «la Remigrazione e l’Europa Potenza», oltre che per abolire il 25 aprile «segno rosso sul calendario», tornando «a celebrare date storicamente importanti come il 4 novembre». IL MEETING previsto a Somma Lombardo è ormai entrato in fase operativa. Sui social di riferimento si è dato conto dell’avvenuta prenotazione di alcune centinaia di biglietti aerei (400), della raccolta di oltre 4mila euro di sottoscrizione e della disponibilità di ticket per l’ingresso all’evento e l’accesso ai ristori. Sia il consiglio comunale che il Sindaco di Milano, Beppe Sala, sollecitati dall’appello di quaranta fra associazioni e partiti, hanno preso posizione contro queste «adunanze che alimentano l’odio e la disumanità», mentre Cgil e Anpi hanno già chiamato alla mobilitazione lo stesso 17 maggio per le 15 all’Arco della Pace. Il sindaco di Somma Lombardo esprimendo «la propria contrarietà» ha subito chiesto incontri a Prefetto e Questore. Dalle parti del ministero dell’Interno per ora silenzio assoluto. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
antifascismo
Milano: Riaperte le indagini sull’omicidio di Fausto e Iaio
Riaperta l’inchiesta sull’omicidio di Fausto e Iaio, assassinati a Milano il 18 marzo del 1978 Sono state riaperte le indagini sull’omicidio di Fausto e Iaio, i due giovani compagni uccisi il 18 marzo del 1978 vicino al centro sociale Leoncavallo, a Milano. A uccidere i due compagni un gruppo di fascisti, dopo l’attività di controinchiesta di Fausto e Iaio in particolare sullo spaccio di eroina a Milano, legato a doppio filo agli ambienti neofascisti del capoluogo lombardo. La perizia dattilografica sul volantino di rivendicazione del duplice omicidio sarebbe uno degli elementi al centro della riapertura del fascicolo di indagine. Il commento a Radio Onda d’Urto di Saverio Ferrari dell’Osservatorio Democratico sulle nuove destre Italia e autore del libro “L’assassinio di Fausto e Iaio” Ascolta o scarica > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
antifascismo
Mottola (Taranto), dieci cittadini identificati per aver cantato “Bella Ciao” il XXV Aprile
Dieci cittadini sono stati identificati dai carabinieri per aver intonato i canti della Restistenza, tra i quali Bella Ciao e Fischia il Vento, durante le celebrazioni per l’80° anniversario della Liberazione. I fatti sono avvenuti a Mottola, in provincia di Taranto, lo scorso 25 aprile Dieci cittadini sono stati identificati dai carabinieri per aver intonato i canti della Restistenza, tra i quali Bella Ciao e Fischia il Vento, durante le celebrazioni per l’80° anniversario della Liberazione. I fatti sono avvenuti a Mottola, in provincia di Taranto, lo scorso 25 aprile, ma hanno avuto una eco più ampia solamente negli scorsi giorni. Tutto si è consumato in pochi minuti, al termine dell’inno di Mameli suonato dalla banda musicale cittadina. Un gruppo di manifestanti ha chiesto che venissero eseguiti anche i tradizionali inni partigiani, ma la richiesta è stata respinta, sia dalla banda sia dai rappresentanti comunali, per via delle raccomandazioni ricevute. Quando i cittadini hanno comunque iniziato a cantare, un maresciallo dei carabinieri è intervenuto ordinando di smettere e, di fronte al rifiuto dei presenti, ha proceduto con l’identificazione di dieci di loro. Il carabiniere ha intimato di interrompere il canto per ottemperare all’invito alla “sobrietà” del governo Meloni in occasione di una festa nazionale che per i fascisti è sempre stata un giorno di lutto. Il carabiniere protagonista della vicenda sfoggia sul suo profilo social una serie di grafiche inneggianti a Mussolini e al fascismo che fanno comprendere lo spirito con cui ha raccolto l’invito del governo. Quanto accaduto a Mottola è molto grave ed è il frutto del clima creato da questo governo guidato da un partito di (post?)fascisti. L’invito alla “sobrietà” in occasione del 25 aprile ha fatto emergere in molti comuni l’idiosincrasia per la Liberazione di tanti amministratori di destra nonché tanti episodi di censura delle canzoni partigiane. Il caso ha sollevato una polemica nazionale, coinvolgendo istituzioni, politica e forze dell’ordine. Criminalizzare chi canta o chiede di cantare ‘Bella Ciao’ durante le celebrazioni del 25 aprile è un vero e proprio rovesciamento del senso di quella giornata.       > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
antifascismo
«Vivo un presente che mi toglie il respiro da mesi»: la lettera di Maja T. dal carcere ungherese
Maja T, l’attivist* non binari* è accusat* dall’Ungheria di Orbán di aver partecipato a un’aggressione nei confronti di estremisti di destra. Sono le stesse accuse rivolte a Ilaria Salis e Rexinho “Gino” Abazaj: rischia 24 anni. il quotidiano il Domani ha pubblicato le sue parole in esclusiva per l’Italia Maja T. è un* militante antifascist* tedesc* non binari*, accusat* dai giudici ungheresi di aver partecipato a un’aggressione nei confronti di estremisti di destra durante le manifestazioni del Giorno dell’onore dell’11 febbraio 2023, nella capitale ungherese. Le stesse accuse che sono state mosse a Ilaria Salis, per le quali l’Ungheria ha chiesto la revoca dell’immunità, e a Rexinho “Gino” Abazaj, per cui la Francia, dove è stato arrestato, ha negato l’estradizione. L’estradizione di Maja è stata invece concessa dalla Germania: il suo trasferimento a Budapest è stato, a febbraio 2025, condannato dalla Corte costituzionale tedesca. In carcere nell’Ungheria di Viktor Orbán che vieta anche i Pride, Maja T. è stat* portat* in aula per l’udienza preliminare in manette e tenut* al guinzaglio. Maja non ha accettato il patteggiamento e rischia 24 anni di carcere. Le prossime udienze del suo processo sono previste il 4, 6, 12, 18 e 20 giugno.  Maja ha inviato una lettera che Domani pubblica in esclusiva per l’Italia e che è stata ripresa anche dal quotidiano francese l’Humanité e dal tedesco Frankfurter Rundschau. -------------------------------------------------------------------------------- Buongiorno a tutte e a tutti, Appena sedut* alla mia scrivania, mi sono lasciat* trasportare dai pensieri di un sentimento, di una verità che, ancora oggi, senza il minimo dubbio, mi illumina in silenzio, con dolcezza, e mi ricorda che sono sempre io. Ed è proprio quell’io che, ancora oggi, può volare verso quel luogo. Questo mi appartiene, così come mi appartiene quel desiderio a volte irresistibile di restare a letto, una certezza che ritorna con una regolarità quasi rassicurante, come quegli amici che si presentano all’improvviso, in un giorno qualsiasi, portando panini freschi, frutta e marmellate, invitandosi senza preavviso a una colazione condivisa. È del tutto possibile che i due, o anche i tre, siano collegati, che si completino a vicenda, benché io non me ne sia mai davvero preoccupat*. Ma una cosa è certa: hanno tutti in comune il fatto di non poter essere forzati. Così come io non ho mai bisogno di aspettarli, perché la loro venuta è certa. Prima che me ne dimentichi: io volo solo nei miei sogni, lì, in quelle ore notturne sospese tra realtà e astrazione, dove i passati tessono visioni, talvolta gridate nell’aria fredda del mattino, talvolta frettolosamente rinchiuse in scatole che affondano in fondo al mare, via via che la coscienza si risveglia. Qualche giorno fa, sono rimast* un po’ più a lungo a letto. Poi, alle 5:30 in punto, la sirena mi ha svegliato bruscamente, in attesa della voce dura di un agente che mi strappasse dal comfort ingannevole del letto e mi riportasse alla realtà. In quegli attimi ho avuto ancora un risveglio sognante, in cui rivedevo le immagini recenti in cui tornavo a volare, sopra campi brulli, foreste notturne dense e oscure, profumate, invase di cespugli, arbusti ed erbe. Quella mattina ero colm* di fiducia in me, credendo che tutto ciò che avrei affrontato tra quelle pareti bianche fosse giusto, che avrei avuto abbastanza tempo, forza fisica e desiderio mentale per non crollare nel futuro e non correre nel presente. Qui, tra muri, sbarre e voci che comandano, quel sentimento sfugge via, e il mio sguardo si perde nei dettagli della decadenza – nei corpi che vivono qui, nei muri che sembrano eterni – e dimentico, smarrisco, le parole un tempo gioiose, ora marcite, ascoltando il fruscio muto dell’indifferenza e dell’ignoranza che serpeggiano tra le crepe, facendomi rabbrividire. Così scorrono i giorni, come ieri, quando mi sono svegliat* senza portare con me neanche una parola, senza neanche un frammento di sogno sulle labbra. Mi sono alzat* non più avvolt* da visioni vivide, ma da un umore simile a una sbornia costante. Le sillabe, gli incontri, i luoghi sognati si erano infranti, già sigillati dalla fantasia, la mente compressa da mal di testa e dalla quiete opprimente della mia cella. Sol*, intrappolat* in una terra straniera Con lucidità, ho capito che sono ancora sol*, intrappolat* in una terra straniera, che mi rinchiude in una stanza bianca, decisa a potare le ali dei miei sogni e dei miei desideri, a strapparmi da me stess*, dai miei pensieri familiari, come grigie nuvole nell’unica pioggia d’inverno. Non c’è stato nessun brindisi, nessuna festa spensierata, nessuna notte insonne. La serata si è conclusa, come tante altre, con una meditazione silenziosa, una cena semplice, fogli e penne sparsi davanti a me, a scrivere e ricordare (a me stess*) un mondo colorato, fino a che l’agente ha spento la luce, costringendo la mia anima sveglia alla routine notturna, a vagare verso la finestra aperta, nella convinzione di essere lì più vicino a voi, per condividere un pensiero che solleva, che guarisce, non di rado due o tre. E così, come prevedibile, anche il giorno prima era stato uno di quei giorni. Ma non solo mi aveva regalato la dolce gioia di volti familiari, bensì anche una notizia inaspettata. Non riesco a parlare di vittoria per il momento La mia famiglia mi ha detto che abbiamo vinto. Quella mattina, la Corte costituzionale federale ha accolto il nostro ricorso per vietare la mia estradizione in Ungheria e, contemporaneamente, ha dichiarato illegittima la condotta della giustizia tedesca. Il tribunale più alto della Germania ha deciso a nostro favore. Forse penserete che dovrei dire ho vinto – e forse è vero, perché il ricorso porta il mio nome, e la sentenza dovrebbe proteggere il mio futuro. Ma non riesco a parlare di vittoria ora. Quando i miei avvocati hanno presentato il ricorso, ero già incatenat* mani e piedi, già volat* in un presente che mi ha tolto il respiro da sette mesi, spingendomi avanti come un animale smarrito tra i canyon urbani. In questo momento, questa vittoria sembra solo un foglio, un certificato, un attestato di partecipazione. Con timore e disagio, ho pensato al momento in cui ho faticato a leggere paragrafo dopo paragrafo, vista la prima pagina, la prima frase: «In nome del popolo». Ho sentito la forza abbandonarmi e ho messo da parte il foglio. Conosco già le parole, conosco già i fatti: li ho vissuti, li ho assorbiti con tutti i sensi, anche se avevano un gusto amaro. Non avevo altra scelta. Sono ancora qui. Sento la stanchezza di giorni in cui la rabbia lottava con l’impotenza, e un soffio di vento le ha spazzate via entrambe, a soffiare sono stati burocrati con fantasie autoritarie, che creano e mantengono luoghi dove le persone vengono spogliate della loro dignità in modo sottile e affamante. Mi sento impotente ma so che le persone hanno osato sognare di nuovo Eppure sento orgoglio, come ogni giorno, per ciò che le persone hanno fatto, per come la loro vitalità mi ispira ad andare avanti. E sono orgoglios* anche di me, per aver resistito fino a oggi. So, nel profondo, che è anche la mia vittoria, la nostra vittoria. Anche se ora sento disillusione e impotenza, si aprono ferite che non possono guarire, la rabbia ribolle dentro di me, e allo stesso tempo dubito di riuscire a sollevare ancora una volta quella coperta nera di lana, so che qui le persone hanno creato qualcosa che va oltre la carta con l’aquila sopra: hanno osato sognare di volare di nuovo e guardare verso l’orizzonte, nella speranza di un giorno in cui tutti si sveglino nella libertà e nella giustizia, in un domani non accecato dall’amarezza di ieri. Ora quelle parole sono andate, quelle che si erano raccolte nella mia mente aspettando la matita. Ho provato a metterle in ordine, ho potuto danzarci insieme una mattina, ora stanno davanti a me e a voi, sul tavolo. Perdonatele, sono frammenti, righe fugaci che formano questa lettera. Ma nella mia testa vivono ancora, e sicuramente ramificheranno, daranno frutto. Fino ad allora, restiamo uniti, nella solidarietà e nella connessione. A presto, mi farò viv*. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
antifascismo
(S)margini 04 – Free all antifas
(S)Margini il podcast a cura di Osservatorio Repressione e Nientedi meno media Puntata n.4 – Storie da questo mondo. Free all antifas L’opposizione antifascista alla Giornata dell’Onore a Budapest del febbraio 2023, ha scatenato la caccia all’ antifascista in tutta Eurora. Decine di compagnx ricercatx, arrestatx, dalle Procure e giudicatx dai tribunali di mezza Europa al servizio del governo di Orban. Le immagini di Ilaria Salis in catene e di Maja nelle aule del Tribunale di Budapest sono stampate nelle nostre menti. Qualcosa che sembra distante dalla sbandierata tradizione liberale europea, ma che è realtà. I processi agli antifa, seppur nella loro complessità e vastità geografica, hanno generato una rete disolidarietà determinata ed estesa. Quali scenari e quali percorsi sono necessari per l’Antifascismo oggi, a 80 anni dalla Liberazione dell’ Europa dal nazifascismo? Ne parliamo con Matteo della campagna Free all antifas Ascolta la puntata https://www.nientedimenomedia.com/post/free-all-antifas-s-margini-04   Una delle difficoltà di questa inchiesta transnazionale è anche il coordinamento delle informazioni, degli aggiornamenti e delle iniziative di solidarietà che avvengono nei vari paesi coinvolti. Di seguito una mappatura non esaustiva dei vari canali online a disposizion Campagna Free All Antifas (ita) Aggiornamenti, documenti, iniziative benefit, iban per donazioni Web https://freeallantifas.noblogs.org/  Canale telegram t.me/freeallantifas Comitato Free Gino (ita) Instagram https://www.instagram.com/free_gino_libero Raccolta fondi (ita) Ospitata dalle Brigate Volontarie per l’Emergenza ODV IBAN: IT20Z0623001616000015293082 Paypal: https://www.paypal.com/paypalme/brigatevolontarie?country.x=IT&locale.x=it_IT Comité pour la libération de Gino (fr) Web https://free-gino.fr/  Instagram https://www.instagram.com/liberez_gino/ Budapest Antifascist Solidarity Committee (ger) Web https://www.basc.news/  Instagram https://www.instagram.com/freebudapesttwo/ Siamo tutti Antifa Solidarietà con le persone colpite dall’articolo 129 del codice penale tedesco (ger) Web https://alleantifa.noblogs.org/ le puntate precedenti: > Le zone rosse – (S)Margini – 01 > Colpevole di giornalismo – (S)margini – 02 > Il braccio armato del potere – (S)margini 03   > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
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