L’antifascista tedesca queer Maja T. compare in tribunale in catene per
l’udienza preliminare del processo: è accusata di aggressioni ai danni di
militanti di estrema destra e rischia fino a 24 anni di carcere
di Michele Gambirasi da il manifesto
È iniziato a Budapest il processo a carico di Maja T., la militante antifascista
tedesca accusata dai giudici ungheresi di aver partecipato, come Ilaria Salis, a
delle aggressioni nei confronti di estremisti di destra in occasione del Giorno
dell’onore di due anni, l’11 febbraio 2023, nella capitale magiara. Maja,
persona non binaria, è entrata in aula per l’udienza preliminare di fronte al
giudice così come accadde a Salis lo scorso anno: in manette e tenuta al
guinzaglio da agenti della polizia ungherese. L’accusa è di essere responsabile
di quattro aggressioni con ferite potenzialmente letali a militanti di estrema
destra, per cui la pena potrebbe arrivare a 24 anni di carcere.
“HO APPENA VISTO questo video dal Tribunale di Budapest, e il cuore mi esplode
di rabbia e dolore. Ma nemmeno di fronte a questo trattamento degradante e
indegno la dignità di Maja si piega. Siamo tutte con te. La Germania, dopo
averla estradata illegalmente, deve ora riportarla subito a casa” ha scritto su
X Ilaria Salis. Maja T. infatti è stata estradata a giugno 2024 dalle autorità
tedesche, dopo averla prelevata nel cuore della notte dal carcere di Dresda in
cui si trovava, prima ancora che il tribunale costituzionale tedesco potesse
pronunciarsi sulla legittimità dell’estradizione. Un atto ritenuto poi
fuorilegge dai giudici, come stabilito da una sentenza pronunciata due settimane
fa.
NON HA NASCOSTO il proprio livore nei confronti di Salis il governo ungherese,
che poco dopo le dichiarazioni dell’eurodeputata ha replicato su X attraverso il
proprio portavoce, Zoltan Kovacs. “Che bizzarro, Ilaria Salis, agitarsi contro
una procedura giudiziaria equa dal comfort del tuo comodo seggio al Parlamento
europeo! Se sei così sicura della tua innocenza, perché non abbandoni l’immunità
e affronti la musica? Non lo farai perché sai esattamente che quello che tu e i
tuoi compagni delinquenti avete fatto è stato un crimine violento e abominevole”
ha scritto.
AD ATTENDERE Maja ieri fuori dal tribunale ieri c’è stato un presidio di
militanti antifascisti e della comunità Lgbt+. «Orbàn fuck off. Trans liberation
now» hanno scritto su uno striscione: come persona non binaria Maja ha documenti
maschili ed è detenuta in un carcere maschile, con i rischi che comporta. «Sono
accusata in un paese in cui non esisto come Maja» ha detto in aula la militante.
Poi ha rifiutato la proposta dei magistrati ungheresi di patteggiare una pena di
14 anni ammettendo la propria colpevolezza: «Questo processo riguarda molto più
di me stessa» ha aggiunto, lamentando le condizioni detentive, fatte di
privazione del sonno, scarse condizioni igieniche e mancata traduzione degli
atti processuali in tedesco, sua lingua madre. In aula erano presenti anche
l’europarlamentare tedesco del gruppo The Left Martin Schirdewan e la deputata
della Linke Martina Renner, che avevano fatto visita a Maja in carcere a
Budapest in agosto, denunciandone le condizioni. Fino al termine del processo
rimarrà in carcere a Budapest, poi potrà scontare la pena in Germania. Processo
che, però, potrebbe andare avanti molto a lungo.
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Tag - antifascismo
Dall’arresto in Francia dello scorso novembre, Gino è deteuto nella prigione
francese di Fresnes alla periferia di Parigi, su mandato europeo dall’ungheria a
seguito delle contestazioni antifascite alla giornata dell’onore a Budapest a
cui lui ha preso parte nel 2023. Allo stato attuale sta quindi alla giustizia
francese valutare l’assenso ad un’eventuale estradizione in Ungheria, […]
Rinviata al 12 marzo l’udienza per la richiesta di estradizione in Ungheria per
l’antifascista milanese Gino
A Parigi ieri, mercoledì 12 febbraio, l’udienza per il processo di estradizione
di Gino, antifascista milanese, fermato nel paese transalpino a fine 2024, su
mandato d’arresto spiccato da Budapest, nell’ambito della persecuzione voluta da
Orban per le mobilitazioni antifasciste del febbraio 2023 contro il cosiddetto
Giorno dell’onore, che ogni anno porta nella capitale magiara gruppi neonazisti
di tutta Europea.
Nonostante gli sforzi degli avvocati, la richiesta di domiciliari per Gino è
stata respinta, e quindi dovrà restare nel carcere francese di Fresnes.
Durante l’udienza è emerso che l’Ungheria ha inviato ulteriore documentazione
relativa al caso, ma fuori tempo massimo, impedendo ai giudici di prenderla in
considerazione per questa udienza.
A causa di ciò, l’udienza è stata rinviata al 12 marzo, data in cui i giudici
avranno modo di esaminare la documentazione e prendere una decisione definitiva
sull’estradizione di Gino.
Fuori dal tribunale si è radunato un presidio di solidarietà organizzato dal
Comitato di solidarietà francese per Gino. Un gruppo di compagni e compagne è
riuscito ad entrare in aula, accertando che Gino sta bene, nonostante la
difficile situazione detentiva.
Rilanciata poi la mobilitazione con corteo a Milano, sabato 1 marzo, in
solidarietà non solo a Gino, ma anche a Maya, a tutti gli antifascisti e tutte
le antifasciste sotto attacco.
L’aggiornamento da Parigi, sulle frequenze di Radio Onda d’Urto, con Nic, di
Free All Antifas Ascolta o scarica
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Intervista a Rexhino «Gino» Abazaj arrestato in Francia lo scorso novembre
rischia di essere estradato in Ungheria, dove è ricercato per gli stessi fatti
contestati all’euro-parlamentare Ilaria Salis
di Filippo Ortona da il manifesto
Arrestato in Francia lo scorso novembre, il militante antifascista
italo-albanese Rexhino «Gino» Abazaj rischia di essere estradato in Ungheria,
dove è ricercato per gli stessi fatti contestati all’euro-parlamentare Ilaria
Salis.
Dal carcere di Fresnes, dove è attualmente detenuto in attesa che la giustizia
francese si pronunci sulla richiesta ungherese, Abazaj ha detto al manifesto di
essere «estremamente preoccupato» di «finire tra le grinfie di Orbán e dei suoi
scagnozzi», pur dicendosi fiducioso sugli esiti dell’attuale battaglia legale,
la cui prossima puntata si terrà alla Corte d’Appello di Parigi il 12 febbraio.
Come è stato arrestato e quale servizio di polizia è intervenuto per
interrogarla?
Sono stato arrestato nella periferia della capitale francese da sei agenti di
polizia in borghese. Ho poi appreso che il mio caso è “gestito” dalla SDAT
(«sous-direction anti-terrorisme», la sezione antiterrorismo della polizia
francese, ndr). Secondo il direttore della SDAT, Michel Faury, intervistato da
Mediapart, la mia cattura era di loro competenza perché sono loro a occuparsi
degli estremismi politici. Durante il trasferimento dal commissariato alla
prigione ero accompagnato da un agente della SDAT e da un gruppo di agenti della
BRI («Brigade de Recherche d’Intervention», squadra d’élite della polizia
francese, ndr).
In che condizioni è detenuto?
Il centro penitenziario di Fresnes è uno dei peggiori carceri del paese, secondo
avvocati e detenuti. La posta arriva spesso con grande ritardo e questo non
perché ci voglia tempo a tradurla e censurarla, ma perché la lasciano sulle
scrivanie, vuoi per incompetenza vuoi per punizione. Per il resto sono un
detenuto come tutti gli altri, non sono in isolamento né subisco altra
condizione speciale.
I giudici francesi le hanno negato la scarcerazione perché si è già sottratto a
una misura cautelare in Finlandia nell’ambito dello stesso procedimento. Come
mai si è allontanato da quel paese?
Il tribunale francese ha negato la scarcerazione per diversi motivi. Da un lato
ha considerato che risiedo nel paese da troppo poco tempo, ignorando il fatto
che qui ho un indirizzo di residenza e un contratto di lavoro, dall’altro perché
effettivamente sono scappato dalla Finlandia. Vivevo in quel paese dal 2015,
dove ho studiato, lavorato e dove ero sposato. Nel febbraio del 2024 sono stato
arrestato di fronte casa mia, poi rilasciato con cavigliera elettronica e
coprifuoco obbligatorio. In seguito la corte distrettuale di Helsinki ha
autorizzato l’estradizione in Ungheria e la Corte suprema finlandese ha
rifiutato di prendere in considerazione il mio ricorso. Mi sono così trovato
davanti a un dilemma: o spezzare l’anello elettronico e trovare rifugio altrove,
o aspettare che la polizia di Orbàn bussasse alla mia porta.
Quali prove sono state prodotte dalle autorità ungheresi contro di lei?
Le prove contro me e gli altri co-accusati sono ridicole. Non ci sono prove che
io o llaria Salis abbiamo perpetrato alcun attacco ai nazi-fascisti. Nelle
stesse giornate, numerosi militanti di estrema destra di diversi paesi sono
stati fermati dalla polizia ungherese per violenze commesse contro delle persone
a Budapest. In meno di 24 ore sono stati tutti rilasciati. Mentre noi subiamo
una caccia senza fine attraverso tutta l’Europa, nessun mandato d’arresto
europeo è stato emesso nei loro confronti.
Secondo te perché l’Ungheria impiega così tante risorse per dare la caccia a dei
militanti antifascisti?
È evidente che questa “caccia” è indirizzata contro gli oppositori politici. Per
i media e per i politici ungheresi siamo considerati non solo colpevoli, ma
soprattutto, come dei terroristi. Questa etichetta ci colpevolizza non tanto per
degli atti che avremmo secondo loro commesso, ma in quanto individui che portano
un’ideologia pericolosa per lo status quo. I politici ungheresi e le loro
marionette percepiscono l’opposizione ideologica come un pericolo mortale per il
loro mondo.
La prospettiva di essere estradato in Ungheria le fa paura?
Per quanto possa fingermi coraggioso, sono estremamente preoccupato di finire
tra le grinfie di Orbán e dei suoi scagnozzi, gettato in luride celle per mesi,
se non anni, come quelle descritte da Ilaria Salis nelle sue lettere. Sono
preoccupato, quando penso alle notizie che mi giungono sulla situazione di Maia
T., incarcerata in isolamento a Budapest dopo essere stata illegittimamente
estradata dalla Germania.
Ci sono state molte dimostrazioni di solidarietà nei tuoi confronti. Che effetto
fa?
Tra manifestazioni, graffiti, murales, consegna di libri, petizioni, raccolta
fondi, lettere e cartoline non mi sento mai solo. Tutto ciò mi dà molta forza e
fiducia, mi aiuta a credere che vinceremo questa battaglia legale.
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ASSEMBLEA E CORTEO CONTRO L’ABBANDONO DELLE PERIFERIE, LE INTIMIDAZIONI FASCISTE
E IL RAZZISMO
Circolo “Ost Barriera” - Via Luigi Pietracqua, 9
(domenica, 9 febbraio 15:00)
CONTRO L’ABBANDONO DELLE PERIFERIE, LE INTIMIDAZIONI FASCISTE E IL RAZZISMO
ORA E SEMPRE RESISTENZA!
⏰H 15 ASSEMBLEA DI QUARTIERE - Barriera di Milano
⏰H 17.30 MANIFESTAZIONE POPOLARE E ANTIFASCISTA
🗓️Domenica 9/02 - 📍Via Pietracqua 9
OST Barriera ha subìto nella notte di sabato 1 febbraio una intimidazione
fascista, un atto volto a spaventarci a cui abbiamo intenzione di rispondere
chiamando gli abitanti di Barriera, le realtà politiche, i collettivi, i
sindacati, i circoli e le associazioni attive nel quartiere a ragionare da una
parte su come attivarsi di fronte alla violenza fascista; dall’altra a ragionare
sul ruolo da avere in un quartiere abbandonato, che vive tutte le problematiche
della nostra società.
Quanto accaduto ad OST non è un caso isolato, solo qualche settimana fa un
episodio anche più grave in termini di violenza esercitata ha colpito lo storico
circolo Banfo, sempre in Barriera di Milano. Il fascismo e il razzismo sono
ormai completamente sdoganati dalla politica, tanto che gruppi di fascisti si
sentono autorizzati a portare la loro propaganda nelle scuole e nelle università
e di fronte a chi resiste non si fanno problemi ad usare la violenza, sempre più
spesso legittimata dai partiti al governo. Per non parlare del simbolismo
nazista ormai entrato nella “normalità”, ridotto troppo spesso a goliardia o a
“ragazzate”.
Invitiamo a partecipare all’assemblea di quartiere che si terrà in via
Pietracqua 9, questa domenica alle ore 15 e alla manifestazione popolare e
antifascista per le strade del quartiere che seguirà subito dopo, dalle ore
17,30!
Lunedì si sono costituiti 7 compagni e compagne tedeschi ricercati da quasi due
anni per i fatti di Budapest del 2023. Si tratta delle azioni antifasciste
organizzate per contrapporsi alla giornata dell’Onore, una celebrazione che vede
nazisti di tutta Europa convergere ogni anno nella capitale ungherese per
celebrare l’ultima resistenza delle SS contro l’Armata rossa […]
“Gino” l’attivista antifà, ricercato da Budapest nel medesimo procedimento per
il quale era stata detenuta Ilaria Salis, resta in prigione a Fresnes: non sarà
consegnato finché non saranno fornite risposte dalla giustizia ungherese
di Filippo Ortona da il manifesto
«Esiste una presunzione di disfunzioni sistemiche» per quanto concerne
«l’indipendenza del potere giudiziario» in Ungheria, hanno scritto i giudici
della Corte d’appello di Parigi, in una sentenza pronunciata ieri nelcaso
dell’estradizione verso l’Ungheria del militante antifascista italo-albanese
Rexhino «Gino» Abazaj, ricercato da Budapest nel medesimo procedimento per il
quale era stata detenuta l’attuale europarlamentare Ilaria Salis.
Era la terza udienza di questo procedimento, da quando Abazaj è stato arrestato
nel novembre scorso. È durata appena qualche minuto, il tempo necessario ai
giudici francesi di ordinare ai propri omologhi magiari di fornire una serie di
«complementi» che suonano come un’appena velata denuncia della giustizia
ungherese.
Nel documento della Corte francese, che il manifesto ha potuto consultare,
vengono richieste all’Ungheria delle «garanzie effettive» volte a «proteggere
[Abazaj] e garantirne il diritto fondamentale a non essere sottomesso alla
tortura, a delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti», specificando il
luogo e le «condizioni concrete di detenzione» in Ungheria.
Inoltre, il tribunale francese ha ingiunto di comunicare «le misure concrete»
che verranno prese per «proteggere l’integrità fisica di Abazaj», a rischio «a
causa delle proprie opinioni politiche», così da «garantirne il diritto
fondamentale a un giusto processo.»
La decisione della Corte è stata accolta con un certo ottimismo dai legali di
Abazaj, Youri Krassoulia e Laurent Pasquet-Marinacce. «È un’eccellente
decisione», ha commentato Pasquet-Marinacce, per il quale «la Corte ha tenuto
conto del contesto politico di questo affaire: i militanti antifascisti
rischiano di essere maltrattati in Ungheria». Il fatto che i giudici francesi
abbiano chiesto delle «garanzie» nel quadro di un mandato d’arresto europeo
avviene «molto raramente», ha precisato l’avvocato.
Per il legale, le numerose «violazioni della presunzione d’innocenza» di Abazaj,
«gravi, ripetute, da parte di importanti autorità politiche ungheresi», mostrano
«l’influenza da parte del potere politico su quello giudiziario in Ungheria, è
chiaro che Abazaj non sarà giudicato in maniera equa qualora venisse estradato.»
Una considerazione che i giudici della Corte d’appello di Parigi sembrano aver
fatto propria, cosa «per noi molto incoraggiante,» ha detto Pasquet-Marinacce,
prima di aggiungere che verrà depositata una richiesta di scarcerazione per
Abazaj, detenuto nella prigione di Fresnes dallo scorso novembre.
Tra il pubblico, oltre alla famiglia venuta apposta dall’Italia e ai militanti
accorsi in solidarietà, vi erano anche due deputati de La France Insoumise,
Raphaël Arnault e Thomas Portes, presenti a ogni udienza sin dall’arresto di
Abazaj.
«Quella organizzata da Orbán è una vera e propria caccia ai militanti
antifascisti» ha detto Portes, per il quale il premier ungherese «si serve del
mandato d’arresto europeo per chiedere agli altri governi di fare il lavoro
sporco, cioè di recuperare militanti in altri paesi europei per farli estradare
in Ungheria».
Per questo gli insoumis seguono con attenzione la vicenda di Abazaj, «per
verificare che la giustizia francese rispetti lo stato di diritto e non conceda
l’estradizione di Gino,» ha detto il deputato Lfi.
I giudici di Budapest hanno ora due settimane per rispondere alla richiesta
della giustizia francese, prima della prossima udienza prevista per il 12
febbraio. Fino ad allora, Abazaj resterà in carcere.
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Riceviamo e pubblichiamo il comunicato del Comitato francese contro
l’estradizione di Gino che invita a organizzare azioni di solidarietà
internazionale
CAMPAGNA DI SOLIDARIETÀ CONTRO L’ESTRADIZIONE DEL NOSTRO COMPAGNO GINO!
Dal 12 novembre 2024, il nostro compagno Gino è imprigionato in Francia. Su di
lui pende un mandato d’arresto europeo emesso dall’Ungheria, che lo accusa di
aver commesso violenze contro gruppi nazisti a Budapest nel 2023.
Se estradato, Gino potrebbe rischiare fino a 16 anni di carcere. Sarebbe
inaccettabile se la Francia accettasse di collaborare con il governo fascista di
Victor Orban.
Per questo vogliamo fare pressione sul sistema giudiziario e vogliamo far
sentire, a livello internazionale, la solidarietà antifascista contro la
collaborazione della giustizia francese con un Paese di estrema destra.
Il 15 gennaio, i tribunali francesi delibereranno sulla sorte del nostro
compagno e noi vogliamo aumentare la
pressione.
Per questo motivo, chiediamo che vengano organizzate azioni di solidarietà
internazionale e che entro la sera di lunedì 13 gennaio vengano srotolati
striscioni davanti a tutte le ambasciate e i consolati francesi con uno slogan
comune:
“NO ALL’ESTRADIZIONE DI GINO, FREE ALL ANTIFA”.
Fate video e foto e inviateli alla pagina instagram @liberez_gino, saranno
montati e pubblicati la sera del 14 gennaio, il giorno prima dell’udienza.
La solidarietà è la nostra arma più preziosa, per questo contiamo sulla vostra
partecipazione e sulla massima condivisione di questo messaggio.
Il comitato di sostegno francese contro l’estradizione di Gino
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A Brescia, cariche e manganellate contro i manifestanti mentre era in corso la
conferenza stampa dell’assemblea permanente antifascista che hanno esposto uno
striscione con scritto “La vera sicurezza è questa qua. Fuori i fascisti dalla
città”.
Oltre un migliaio gli antifascisti e le antifasciste in piazza Vittoria sabato
28 dicembre a Brescia per rispondere alla chiamata dell’Assemblea Permanente
Antifascista contro le ripetute provocazioni di alcuni gruppi fascisti locali
avvenute nelle ultime settimane: dalla sfilata del 13 dicembre tra Brescia Due e
la stazione Fs fino all’”aperitivo tricolore” previsto in un bar di piazza
Vittoria proprio sabato 28 dicembre, vietato nelle ultime ore dalla Questura.
Il divieto di manifestare in piazza Vittoria era stato però notificato dalla
polizia anche al presidio antifascista. Le realtà bresciane che compongono
l’”Assemblea Permanente Antifascista” hanno deciso di ritrovarsi comunque in
piazza Vittoria per una conferenza stampa nonostante il diniego, mentre i
fascisti (una cinquantina) hanno ripiegato dentro la loro sede in via B. Croce.
Mentre in piazza Vittoria era in corso la conferenza stampa con gli interventi
di esponenti delle realtà antifasciste, intorno alle 17.30 i manifestanti hanno
aperto alcuni striscioni, tra cui quello di csa Magazzino47, Diritti per Tutti e
Collettivo Onda Studentesca con la scritta: “La vera sicurezza è questa qua.
Casa, diritti, dignità!“.
Celere, carabinieri e funzionari della Questura si sono avvicinati
immediatamente e hanno provato a strappare lo striscione e alcuni cartelli dalle
mani dei manifestanti.
Di fronte al rifiuto delle antifasciste e degli antifascisti all’ordine di
mettere via gli striscioni e i cartelli, i reparti anti sommossa di polizia e
carabinieri hanno più volte caricato e manganellato i presenti.
Dopo aver resistito alle cariche in modo compatto e mantenendo la propria
presenza in piazza Vittoria, alle ore 18.30 è partito un corteo antifascista in
centro storico, che si è chiuso nel quartiere popolare del Carmine.
da Radio Onda d’Urto
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A Massa, un giovane antifascista cancella con delle “X” le svastiche sui muri e
viene denunciato per imbrattamento: condannato a 4 mesi o 1800 euro di multa
Un giovane antifascista decide di cancellare le svastiche sui muri della propria
città, ma viene denunciato per imbrattamento. È successo a Massa, dove Dario
Buffa, “reo” di aver coperto i simboli nazisti disegnati di alcuni edifici. Per
quella azione, quasi un anno è stato raggiunto da un decreto penale che lo
condanna a 4 mesi di reclusione o 1800 euro di multa.
“Io a vedere nella mia città, medaglia d’oro alla Resistenza, tutte quelle
svastiche non ce la facevo. Sono andato nel parcheggio del mercato coperto e ci
ho disegnato sopra delle X, per cancellare quei simboli. Sono stato chiamato in
Questura: mi hanno denunciato per imbrattamento di spazi pubblici. Io non ho
fatto nulla di nascosto, sono andato a coprire, camuffare quelle svastiche, a
volto coperto, alle quattro del pomeriggio, quando c’era ancora la gente a
passeggio. Mi è stato detto che sarà denunciato anche chi le ha fatte, quelle
svastiche. Ecco a me sembra una cosa completamente diversa. Marchiare gli spazi
pubblici con delle svastiche è un’altra cosa. Ha un valore molto diverso e
preoccupante“, ha raccontato Buffa.
Sulla vicenda si è espressa anche la “Casa rossa occupata”, che ha sottolineato
la propria vicinanza a Dario e ha invitato alla partecipazione al presidio: “Noi
non ci stiamo, da sempre e per sempre siamo antifascisti. Per questo invitiamo
tutti i singoli, le realtà, gli abitanti di questo territorio che non stanno coi
nazisti a un presidio mercoledì 27 dicembre alle 15 in piazza Berlinguer (sopra
al parcheggio del mercato coperto) per realizzare tutti insieme un murales che
copra le svastiche”. E aggiungono: “Cancellare le svastiche sui muri è
considerato reato. Dario, un nostro compagno, è stato denunciato per aver
cancellato le svastiche sui muri del parcheggio dell’ex mercato coperto in
centro a Massa. Riteniamo che tutto questo vada ben oltre l’assurdo. È
inaccettabile. Già un anno fa avevamo dichiarato che per noi cancellare una
svastica non deve essere considerato reato, ma un atto eticamente, socialmente e
politicamente giusto. Reprimere e condannare chi difende i valori antifascisti e
antinazisti è vergognoso!”
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