Estratti dalla puntata del 2 giugno 2025 di Bello Come Una Prigione Che Brucia
DUPLICE USO, UNICO MONDO In compagnia del Collettivo Sumud affrontiamo alcuni
aspetti elaborati nel loro opuscolo “Duplice uso, unico mondo” sulla coesistenza
di funzioni militari e civili all’interno di dispositivi tecnologici e apparati:
il programma RePAIR (collaborazione tra Università Ca’ […]
È stato presentato oggi a Roma il XXI Rapporto di Antigone sulle condizioni di
detenzione in Italia, intitolato “Senza respiro”. Un titolo che non è una
metafora, ma una fotografia lucida di un sistema penitenziario al collasso, dove
detenuti, operatori e istituzioni sono sempre più in affanno.
Nel 2024 l’Osservatorio di Antigone ha visitato 95 istituti penitenziari per
adulti e la maggior parte degli istituti penali per minorenni in tutta Italia,
da Bolzano ad Agrigento. Il quadro emerso è drammatico: sovraffollamento record,
carenza di personale, diritti compressi e una deriva punitiva che mette a
rischio la tenuta costituzionale del sistema.
Al 30 aprile 2025 i detenuti in Italia erano 62.445, a fronte di una capienza
regolamentare di 51.280 posti. Ma considerando i posti non disponibili (oltre
4.000), il tasso reale di affollamento è del 133%, con circa 16.000 persone che
non hanno un posto regolamentare. 58 carceri su 189 hanno un tasso di
sovraffollamento superiore al 150%. Gli istituti più affollati al momento sono
Milano San Vittore (220%), seguito da Foggia (212%) e Lucca (205%). In tutti e
tre i casi ci sono più del doppio delle persone che quelle carceri potrebbero e
dovrebbero contenere.
Negli ultimi due anni la popolazione detenuta è cresciuta di oltre 5.000 unità,
mentre la capienza effettiva è diminuita di 900 posti. Negli ultimi mesi ogni
sessanta giorni sono entrate in carcere 300 persone in più. Dinanzi a quanto sta
accadendo l’unica risposta dell’Esecutivo passa da un piano per l’edilizia
penitenziaria che, proprio per i numeri e per la loro crescita, non può essere
in alcun modo la soluzione. Considerando che mediamente un istituto in Italia
ospita 300 persone, ogni due mesi dovremmo aggiungere un nuovo carcere al piano
di edilizia.
Questo anche a fronte di un attivismo penale del governo che ha un impatto
diretto e drammatico sul carcere. Con il decreto sicurezza, approvato ad aprile
2025 e in discussione in Parlamento per la sua conversione in legge, è stato
introdotto tra gli altri un nuovo reato che punisce anche le proteste pacifiche
e non violente con pene più alte di quelle previste per i maltrattamenti in
famiglia, escludendo le persone detenute anche dal possibile accesso alle misure
alternative, come avviene per i reati di mafia e terrorismo. Se si considera che
dal nel 2024 si sono contati 1.500 episodi di protesta, coinvolgendo almeno
6.000 persone detenute, se ognuna di loro fosse stata condannata in media a 4
anni di carcere, si rischierebbero 24.000 anni di carcere in più per chi sta già
scontando una pena.
Proteste che generalmente riguardano le persone detenute più fragili, quelle con
più problematiche e che si sanno fare meno la galera: tossicodipendenti, senza
dimora, stranieri senza difesa legale, persone con problemi psichiatrici.
Categorie che rappresentano anche la maggior parte di chi ha pene brevi. Al
momento il 51,2% dei detenuti con condanna definitiva ha meno di tre anni da
scontare, soglia che consente – almeno teoricamente – l’accesso a misure
alternative. Più di 1.370 persone sono in carcere per pene inferiori a un anno.
Ma il sovraffollamento non colpisce solo le carceri per adulti. Per la prima
volta nella storia interessa anche gli istituti penali per minorenni dove sono
611 i ragazzi detenuti (di cui 27 ragazze). Un record storico che ha caratteri
preoccupanti se si pensa al fatto che alla fine del 2022 negli Ipm c’erano 381
persone. Frutto del decreto Caivano che ha fatto crescere enormemente i numeri,
soprattutto dei ragazzi in custodia cautelare (il 65% dei minorenni è infatti
recluso senza una condanna definitiva).
Di fronte a questa situazione Antigone ha avanzato tre proposte che si possono
rendere immediatamente operative: Un atto di clemenza per i detenuti con residuo
pena inferiore ai 2 anni; provvedimenti collettivi di misura alternativa decisi
dai Consigli di disciplina da riunirsi in forma straordinaria per discutere
grazie e altri provvedimenti per detenuti che abbiano meno di un anno di pena;
divieto di nuove carcerazioni, se non in casi eccezionali, se non vi è un posto
regolamentare disponibile.
Durante la presentazione Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, ha chiamato
ad una grande alleanza costituzionale. “Di fronte a tutto questo – ha detto –
dobbiamo costruire una grande alleanza di tutti coloro che intendano muoversi
nel solco dell’articolo 27 della Costituzione, a partire dalle Università, dalle
associazioni, dal mondo delle professioni e dai sindacati. Il carcere non va
trasformato in una trincea di guerra. Chi usa toni militareschi o guerrafondai
per orientare e gestire la vita carceraria commette un gravissimo atto di
insubordinazione costituzionale che renderà durissima la vita degli stessi
poliziotti. É necessario che a partire dal linguaggio si ridefi nisca un senso
comune della pena e quanto meno non si metta mai in discussione la necessità di
tutelare sempre la dignità di tutte le persone private della libertà. Le parole
forti di Papa Francesco per una pena mite e mai disumana, nonché il suo discorso
contro i mercanti della paura, speriamo restino un monito per tutti. Non è stato
ascoltato in vita. Speriamo lo sia dopo la sua morte”.
Il rapporto completo è disponibile su www.rapportoantigone.it.
A questo link la cartella stampa.
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Nella giornata di ieri è stata scarcerata Nicoletta Dosio, dopo più un anno di
detenzione domiciliare scontato presso la propria abitazione di Bussoleno
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è partita,…
Estratti dalla puntata del 26 maggio 2025 di Bello Come Una Prigione Che Brucia
TORINO – L’OMICIDIO DI STATO DI HAMID BADOUI Lunedì 19 maggio 2025 il cadavere
Hamid Badoui è stato trovato in una cella del carcere di Torino. Il tutto è
stato classificato come suicidio, ma la sua morte è il prodotto […]
Estratti dalla puntata del 19 maggio 2025 di Bello Come Una Prigione Che Brucia
LA GUERRA AI DIRITTI UMANI IN EUROPA Nella lunga traiettoria di
brutalizzazione della War on Migrants la Commissione Europea ha proposto un
piano di esternalizzazione degli spazi concentrazionari per il contenimento,
l’espulsione, il processamento delle richieste di asilo. Su questo […]
Gli ordinamenti democratici nazionali e internazionali hanno perso la loro
capacità di essere bussola del mondo
di Riccardo De Vito da il manifesto
Tra poco più di due mesi l’ordinamento penitenziario compirà cinquant’anni.
Chiamiamo così la legge del 1975 che aveva dato vigore e prospettiva
all’articolo 27, comma 3, della Costituzione, per il quale le pene devono
tendere alla rieducazione del condannato.
Il compleanno di mezzo secolo, però, si è macchiato di sangue e quel sangue si è
tinto di strumentalizzazioni. Tutto accade in pochi giorni, tra il 9 e l’11
maggio, quando Emanuele De Maria, in espiazione della pena per l’omicidio di una
donna, esce dal carcere per recarsi a svolgere attività lavorativa all’esterno.
Sono due giorni di tragedia: Emanuele torna a uccidere una donna, Chamila;
ferisce quasi mortalmente un collega di lavoro; infine, si toglie la vita
lanciandosi dalle terrazze del Duomo di Milano.
Si riaffaccia una domanda insistente: è ancora tollerabile il sacrificio di una
vittima per consentire ai detenuti di riconnettersi gradualmente alla società?
Fino a qualche tempo fa ci si poteva trincerare dietro la forza della del
diritto: è giusto perché lo dice l’articolo 27 della Costituzione. Questa
replica rischia di non funzionare più.
Gli ordinamenti democratici nazionali e internazionali hanno perso la loro
capacità di essere bussola del mondo. Gaza segna l’assoggettamento della logica
dei diritti umani e del diritto internazionale alla ragione della forza; negli
Stati uniti si fa spettacolo delle persone incatenate e si ventila di abolire
l’habeas corpus per i migranti; alle nostre latitudini, si ricostruiscono
neo-colonie detentive in territorio estero e si prevedono ergastoli automatici.
La Costituzione ha perso il suo carattere di fondamento della Repubblica ed è
diventata culturalmente rifiutabile. L’articolo 27 dice che il condannato deve
essere risocializzato? Sbaglia, lo si cancelli con un tratto di penna. E,
infatti, un disegno di legge costituzionale prevede che la rieducazione possa
essere limitata da «altre finalità» ed «esigenze di difesa sociale» (disegno di
legge del deputato Cirielli di Fratelli d’Italia).
Se così stanno le cose, occorre ri-giustificare il normativo, il dover essere
del mondo, a partire dalla sostanza delle cose. Il progressivo reinserimento del
detenuto in società – quelle finestre nella pena detentiva che consentono di
mettere i piedi fuori dalla prigione – serve perché rende il mondo più sicuro e
meno violento. Se le pene fossero scontate in carcere dal primo all’ultimo
giorno, si finirebbe per consegnare alla libertà esseri umani incapacitati alla
costruzione della relazione più semplice, pericolose bombe a orologeria. La
pena, prima o poi, finisce e i conti con il pericolo di recidiva si dovranno
fare comunque. Tutte le statistiche dimostrano che quei conti è bene farli
prima, in quelle famose finestre che servono anche come momenti di
sperimentazione controllata.
Circola nell’aria, sempre meno latente, una pulsione a fare in modo che la pena
non finisca. Non servirebbe: chi uccide, quasi sempre lo fa senza aver valutato
le conseguenze in modo razionale. Il caso di questi giorni ne è un esempio: il
condannato sa che perderà tutto, a partire dalla libertà riconquistata, ma
uccide lo stesso. Subito dopo telefona alla madre, chiede perdono e va a
lanciarsi dal Duomo di Milano. L’essere umano, troppo umano, è più complesso e
drammatico di ogni tecnologia normativa della dissuasione.
Statistiche e ragione, tuttavia, non bastano a dare senso alla vittima, che
rimane unica. Quell’unicità ha bisogno di risposte ulteriori. La prima,
essenziale. L’area del controllo penale, si è allargata a dismisura: 95mila
persone in misure alternative, 62.400 detenuti. Sono numeri che rendono
impossibile agli operatori (educatori e assistenti sociali) concentrarsi sui
casi davvero importanti, quelli che meritano di essere seguiti anche quando
tutto pare filare liscio. Se l’area penale fosse meno affollata di condannati
per reati senza vittima, funzionerebbe meglio. Amnistia, indulto e
depenalizzazione sono le parole di un vocabolario di sicurezza. Non serve
risocializzare meno, serve risocializzare meglio.
Strettamente collegato a questo punto, ne viene un altro: rieducare è una parola
brutta, lascia pensare a pretese egemoniche sull’animo. Sappiamo che deve essere
declinata a livello laico, come risocializzazione, ma il tema non cambia: è un
problema che investe tutta la società e le sue agenzie, non può essere scaricata
solo sul carcere. Sulle pagine online dei quotidiani più diffusi, nei giorni
successivi alla vicenda De Maria, circolavano i video degli ultimi istanti di
vita della vittima e del detenuto. Accanto a essi, il video del robot umanoide
di Tesla che danza a ritmo di musica, accendendosi e spegnendosi a comando. Non
serve scomodare «la precessione del simulacro» per capire che qualcosa è
saltato. Ri-educare, nella società come in carcere, dovrebbe significare tornare
a mettere in discussione (o in crisi) le strutture psichiche dell’ordine
economico e sociale, i rapporti tra desiderio e frustrazione, la confusione tra
libertà e signoria. Sono questioni che vengono prima del carcere e che vanno
oltre il carcere.
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18 MAGGIO – ORE 16.00 CORSO BRUNELLESCHI ANGOLO VIA MONGINEVRO Ieri sera dopo le
22, una potente rivolta è scoppiata nell’area bianca del CPR di Torino: le
fiamme hanno divampato…
PUNTO INFO CONTRO GALERE E CPR
Asti Parco della Resistenza - Parco della Resistenza Asti
(sabato, 17 maggio 10:00)
Sabato 17 maggio ore 10, giardini della resistenza - Asti.
In un clima di guerra e repressione è importante condividere le lotte fuori e
dentro le galere e i CPR, contro la narrazione unilaterale che ne fanno giornali
e tv. Perchè davanti ad una realtà sempre più mortifera e violenta c'è chi
continua a non abbassare la testa, chi decide di non subire e lotta per la
libertà.
Dopo le rivolte che hanno infiammato il CPR di Torino approfittiamo di questo
momento in città per fare un punto di raccolta beni di prima necessità per i
detenuti.
I CPR sono i lager della democrazia, ogni gesto di calore e solidarietà verso
chi cerca di distruggerli è il minimo che possiamo fare ed è necessario.
Lista (NO METALLO, NO PLASTICA RIGIDA, NO VETRO!)
Abbigliamento uomo (mutande, calze, magliette, pantaloncini, ciabatte, scarpe,
tute)
Shampoo
Dentifricio
Tè
Frutta secca
Datteri
Pan bauletto
Merendine
Biscotti
Zucchero
Caffè solubile in cartone
https://lamicciaasti.noblogs.org/post/2025/05/15/punto-info-contro-galere-e-cpr/
Queste parole appartengono a una lettera che ci è stata inviata poche settimane
fa da una persona reclusa nel carcere di Quarto d’Asti e che ci ha chiesto di
pubblicarla. Pensiamo che la possibilità di fare arrivare a tuttx le parole e i
pensieri di una persona reclusa sia uno dei tanti gesti per rompere … Leggi
tutto "Le Parole di un Detenuto"
Estratti dalla puntata del 12 maggio 2025 di Bello Come Una Prigione Che Brucia
POLIZIA PREDITTIVA IN FRANCIA Partiamo con alcuni estratti da un contributo
realizzato da La Quadrature Du Net sui sistemi di polizia predittiva in Francia,
coordinato all’interno di una campagna di mappatura promossa da Statewatch.org.
Questa analisi rappresenta uno strumento importante […]
Estratti dalla puntata del 5 maggio 2025 di Bello Come Una Prigione Che Brucia
41BIS E CPR: SPAZI NASCOSTI E SOFFERENZA SPETTACOLARIZZATA Partiamo da alcuni
aggiornamenti su Alfredo Cospito, prigioniero anarchico in 41bis, recentemente
assolto dall’accusa di istigazione a delinquere per i suoi articoli (utilizzati
per giustificarne la sepoltura in questo regime di censura […]