di Luigi Mollo C’è un filo rosso che attraversa la storia recente delle carceri
italiane: l’incapacità strutturale dello Stato di considerare la detenzione come
un percorso di reinserimento e non …
CPR: COLONIALISMO E REPRESSIONE - LA DETENZIONE AMMINISTRATIVA DALLA PALESTINA
ALL'ITALIA
Csoa Gabrio - Via Millio 42, Torino
(giovedì, 18 dicembre 19:30)
Giovedì 18 dicembre alle ore 19.30 vi invitiamo a partecipare a un incontro di
autoformazione collettiva presso il CSOA Gabrio di Torino
Come Psicologia per la Palestina riconosciamo l’importanza di momenti di
incontro, riflessione e confronto per costruire insieme immaginari alternativi
di vita e di esistenze.
Per questo vi invitiamo a queste letture aperte, per incontrarci e costruire
collettivamente pensieri alternativi a quelli che ci vengono proposti negli
spazi istituzionali.
La tematica per questo incontro sarà: CPR e REPRESSIONE: la detenzione
amministrativa dalla Palestina occupata all'Italia
Se ti va, porta un contributo per la lettura!
L'autoformazione è aperta a tutt*.
Vi aspettiamo 🫂❤️🔥
Sono oltre 60 gli ospedali che si sono mobilitati in tutta Italia con flash mob
e presidi per la liberazione degli oltre 90 sanitari palestinesi detenuti
illegalmente nelle carceri israeliane. Un giornata organizzata in occasione
della data nazionale e internazionale di mobilitazione “La sanità non si
imprigiona”.
Un appuntamento che fa seguito a un percorso di mobilitazione da parte dei
medici e dei sanitari riuniti nella rete Digiuno per Gaza e Sanitari per Gaza e
che prevede nuove iniziative, in particolare nella richiesta di boicottaggio dei
medicinali TEVA.
Francesco, medico per Gaza e partecipante della Freedom Flottilla ne parla ai
nostri microfoni
In questa puntata di Harraga parliamo di detenzione amministrativa in un modo
più diretto e vivido del solito, insieme ad alcuni reclusi nel CPR di Torino e
di un recluso…
di Eleonora Martini* Pestaggi e torture dei detenuti a Santa Maria Capua Vetere,
i difensori contro la sostituzione del presidente chiedono il rinvio in
Consulta. I legali: «Violato l’articolo 25 …
Questa sera, con la proiezione “colpevoli di Palestina”, avremmo voluto
parlare della situazione di Anan, Alì e Mansour.
Avremmo voluto parlare di come lo stato italiano si pieghi ancora una volta alle
richieste sioniste di vendetta verso chi ha deciso di lottare per la propria
libertà.
Ci troviamo, invece, costrettə ad un’altra urgenza, ad un altro attacco
repressivo verso chi si espone e lotta per la Palestina nella nostra città.
Il 25 novembre Mohamed Shahin, compagno da sempre impegnato nella lotta di
liberazione della Palestina, è stato arrestato e portato al CPR.
Il suo successivo trasferimento in tempi brevissimi nel CPR di Caltanissetta è
un attacco disciplinatorio che rieccheggia dinamiche che vanno avanti da 25 anni
e che purtroppo a Torino conosciamo bene.
L’uso della detenzione amministrativa si rivela ancora e sempre di più, uno
strumento politico di governo delle popolazioni razzializzate, una tecnologia di
controllo che interviene non quando c’è un reato, ma quando c’è un’identità,
un’appartenenza, una presenza percepita come scomoda. Non è una risposta
giuridica: è un dispositivo di disciplinamento in Italia come in Palestina.
Il suo messaggio è chiaro e violento: se appartieni a precise comunità, i tuoi
diritti non sono garantiti, ma sospendibili; non sono stabili,
ma arbitrariamente revocabili. Questo non è un incidente o una deviazione, ma la
funzione stessa della detenzione amministrativa nel contesto contemporaneo.
Quello che osserviamo è l’uso del diritto come strumento di controllo sociale.
La legge diventa selettiva, modulata a seconda del corpo che
incontra, producendo esclusione, isolamento, neutralizzazione. Il diritto, lungi
dall’essere un terreno neutro, si trasforma in un campo di forze attraverso cui
lo Stato regola, ordina e punisce chi alza la testa e prende parola come Shahin.
I CPR sono l’incarnazione materiale di questo processo. Non sono luoghi di
“gestione dei flussi”, ma spazi di contenimento e punizione preventiva rivolti a
soggetti già vulnerabilizzati. Operano dentro una logica di razzismo
istituzionale, un razzismo che non ha più bisogno di gridare slogan perché è
stabilizzato da norme, decreti e dispositivi burocratici che governano la
mobilità e la vita delle persone migranti.
È un razzismo che funziona per sottrazione: sottrazione di libertà, di tempo, di
dignità, di visibilità pubblica.
È un razzismo che produce corpi “detenibili”, corpi per cui la privazione della
libertà diventa sempre possibile, sempre giustificabile.
Denunciare i CPR significa allora denunciare la logica che li rende necessari:
la costruzione del capro espiatorio, la produzione politica della paura, la
trasformazione della sicurezza in un linguaggio che serve non a proteggere ma a
disciplinare. La sicurezza diventa l’alibi attraverso cui si giustifica la
compressione dei diritti fondamentali di intere comunità, trasformate in
bersaglio di sospetto generalizzato.
I CPR non sono un fallimento del sistema: sono il sistema. Sono il punto in cui
si manifesta senza maschere l’obiettivo della detenzione amministrativa:
governare attraverso l’esclusione, controllare attraverso la punizione,
costruire attraverso la razzializzazione una parte della popolazione come
minaccia o eccedenza.
Il caso di Mohamed Shahin si inscrive perfettamente in questa stessa logica.
La sua vicenda non è un’eccezione, né un episodio isolato: è un esempio
emblematico di come la detenzione amministrativa venga utilizzata come
strumento politico di punizione e disciplina.
Questo caso rivela con estrema chiarezza il funzionamento dei CPR come
istituzioni di governamento differenziale delle popolazioni. Qui il
diritto non viene applicato in modo uniforme, ma tradotto in un regime di
eccezione permanente che si attiva su base razziale, religiosa, culturale ed è
pronto ad essere attivato, come abbiamo visto in questi giorni, anche su base
politica.
Non è la persona ad essere giudicata, ma il suo profilo razzializzato. Non è il
fatto a essere valutato, ma la sua posizione dentro rapporti di potere che
vedono alcune comunità come radicalmente esposte alla sospensione dei diritti.
Questo episodio mostra anche un’altra dinamica cruciale: la punizione politica
del sostegno alla Palestina.
In questo contesto, la detenzione amministrativa diventa uno strumento
attraverso cui lo Stato non interviene sul piano del diritto, ma su quello
dell’allineamento ideologico. Non si tratta di un giudizio sui fatti, ma di una
risposta a una presa di posizione politica. E il CPR diventa così l’estremità
violenta di un processo di sorveglianza ideologica che usa l’apparato
amministrativo per colpire il dissenso.
Per questo e non solo, nella giornata di sciopero di domani porteremo la nostra
solidarietà ai detenuti del CPR di Torino, prima di raggiungere in bici il
corteo in Piazza XVIII Dicembre.
Ci vediamo alle 9.30 in Corso Brunelleschi e torneremo ancora questa domenica di
fronte al CPR in corso Brunelleschi alle 15.00.
FREE SHAHIN!
ABOLIAMO I CPR!
FREE PALESTINE!
In questa puntata di Harraga, in onda su Radio Blackout ogni venerdì dalle 15
alle 16, con alcuni compagni dell’assemblea contro il CPR del Friuli Venezia
Giulia, abbiamo parlato degli…
di Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud “Assolti” i dirigenti al processo
sui maltrattamenti alla Stella Maris Il processo di primo grado per i
maltrattamenti nei confronti degli ospiti della struttura per …
Dal 21 Novembre molti prigionieri del CPR sono in sciopero della fame per
pretendere la libertà. Dopo due giorni di sciopero della fame, di fronte
all’indifferenza continua dell’ente gestore, nella…
Estratti dalla puntata del 24 novembre 2025 di Bello Come Una Prigione Che
Brucia
RAPPRESAGLIA REPRESSIVA CONTRO LE MOBILITAZIONI DI PIAZZA
Dopo la perturbazione delle relazioni di forza rappresentata dalle
manifestazioni oceaniche per la Palestina tra settembre e ottobre 2025, gli
apparati securitari dello Stato (procure, questure, DDA, ecc.) ricorrono alla
rappresaglia.
Con una certa sincronia si dispiegano operazioni repressive tra Catania,
Cagliari e Brescia, tese a colpire chi si è mobilitato negli ultimi mesi contro
il DDL Sicurezza, il Genocidio di Gaza, la militarizzazione e l’industria
bellica. A queste si aggiunge l’accanimento, tanto su un piano muscolare quanto
sanzionatorio, contro le realtà studentesche conflittuali a Torino.
AHMAD SALEM E L’ELASTICITÀ DEL “TERRORISMO DELLA PAROLA”
Grazie al contributo di una compagna cerchiamo di approfondire la storia di
Ahmad Salem: giovane palestinese colpito dalla repressione in Italia.
Appelli alla mobilitazione contro il Genocidio diventano istigazione, filmati
pubblici di azioni della resistenza palestinese si configurano come
“auto-addestramento”.
Se per il caso di Anan, Ali e Mansour risulta evidente il controllo israeliano
sull’apparato inquisitorio italiano, nella vicenda di Ahmad si delineano in
particolar modo la volontà comprimere l’agibilità politica di pezzi di
popolazione, di stabilire la loro vulnerabilità di fronte a categorie repressive
come quella del “terrorismo”, di sperimentare l’elasticità delle norme contenute
nell’ultimo Pacchetto Sicurezza (ex DDL 1660) a questo scopo.
/ / A questo proposito segnaliamo l’arresto e l’attivazione delle procedure per
la deportazione dell’imam di Torino Mohamed Shahin
AGGIORNAMENTI DA PRISONERS FOR PALESTINE
Silenzio stampa, censura impermeabile dei media di regime.
La meschinità delle guardie per cercare di rompere lo sciopero.
Mentre prigioniere e prigionieri di Palestine Action entrano nella quarta
settimana di sciopero della fame ricevono la solidarietà di chi è stato
rinchiuso nelle carceri israeliane.
/ / Nel frattempo apprendiamo che le condizioni di salute di Kamran Ahmed si
sono deteriorate ed è stato ricoverato in ospedale il 25 novembre 2025
PRESIDIO TRIBUNALE PROCESSO MOUSSA BALDE
Tribunale di Torino - Corso Vittorio Emanuele II, 130, 10128 Torino
(mercoledì, 26 novembre 09:00)
Continuano i presidi al tribunale di Torino durante le udienze del processo per
la morte di Moussa Balde.
Ci troviamo ore 9 per far sentire ancora la nostra presenza e per ricordare chi
era Moussa e chi sono le persone e gli enti responsabili della sua morte.
di Maria Clara Labanca – Associazione Yairaiha ets* Il carcere di Matera visto
da dentro La scorsa estate, a seguito di ripetute tensioni createsi all’interno
del carcere di Matera, una …