[2025-04-06] Solidarietà ai prigionieri di Quarto in regime chiuso @ Carcere di Asti
SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI DI QUARTO IN REGIME CHIUSO Carcere di Asti - Quarto inferiore, 266 (domenica, 6 aprile 10:00) Dalle 10 sotto alle mura del carcere di Quarto, in solidarietà ai prgionieri in regime chiuso. Diventa quindi necessario e urgente portare la nostra solidarietà ai reclusi per sostenere percorsi di lotta comune dentro e fuori. Per rompere il muro di isolamento e silenzio e far sentire alle persone detenute la nostra vicinanza.  Perché nonostante la retorica portata avanti anche in questa città,non esistono carceri "umani" o  riformabili e questo provvedimento che rende ancora più afflittiva una quotidianità già difficile delle persone recluse ci mostra ancora una volta la sua natura strutturalmente violenta.  https://lamicciaasti.noblogs.org/post/2025/03/28/solidarieta-ai-prigionieri-di-quarto-in-regime-chiuso/
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[2025-03-29] Solidarietà ai prigionieri di Quarto in regime chiuso @ Asti Parco della Resistenza
SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI DI QUARTO IN REGIME CHIUSO Asti Parco della Resistenza - Parco della Resistenza Asti (sabato, 29 marzo 10:00) Punto info, banchetto, distro, chiacchiere Dalle 10 al parchetto, angolo vicino alla piazza del mercato. Per info complete: https://lamicciaasti.noblogs.org/post/2025/03/28/solidarieta-ai-prigionieri-di-quarto-in-regime-chiuso/
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Solidarietà ai prigionieri di Quarto in regime chiuso
Abbiamo ricevuto notizie che nelle ultime settimane nel carcere di Quarto d’Asti è stato introdotto il regime chiuso, una scelta che mira a punire e isolare ancora di più le persone rinchiuse.  La custodia chiusa riduce i tempi di apertura delle celle prevedendo solo 4 ore di passeggio (l’aria) e al massimo altre 4 ore … Leggi tutto "Solidarietà ai prigionieri di Quarto in regime chiuso"
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La formula “più carcere più sicurezza” smentita dall’esperienza e dalle statistiche
Mentre assistiamo desolati alla più clamorosa manifestazione della disperazione nella quale è precipitata l’istituzione carceraria nel nostro Paese e della sua incapacità di intercettare il disagio dei più deboli e dei più fragili, si continua a perseguire l’idea del carcere come rigida risposta contenitiva per il timore di apparire deboli. di La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane È necessario ricorrere con urgenza a provvedimenti di clemenza generalizzati per abbattere il sovraffollamento e fare sì che le carceri non siano solo luoghi di contenimento, di sofferenza e di morte, ma i luoghi in cui si costruiscono le condizioni per nuove esistenze nel rispetto dei diritti e della dignità della persona. Mentre il Governo, per far fronte al sovraffollamento carcerario, punta sulla costruzione di “moduli detentivi” prefabbricati, i suicidi conoscono ancora una spaventosa recrudescenza con l’inimmaginabile picco di tre morti in un solo giorno. Mentre assistiamo desolati alla più clamorosa manifestazione della disperazione nella quale è precipitata l’istituzione carceraria nel nostro Paese e della sua incapacità di intercettare il disagio dei più deboli e dei più fragili, si continua a perseguire l’idea del carcere come rigida risposta contenitiva per il timore di apparire deboli. Forte è invece uno Stato capace di modulare la sua risposta alle effettive esigenze del recupero e del reinserimento e in grado di adeguare il numero dei detenuti alle reali e concrete capacità di un trattamento dignitoso, consentendo così di salvaguardare la vita dei ristretti. Debole è quel Governo che sacrifica il più inalienabile dei diritti umani, quello di essere trattati con dignità, solo per il timore di perdere consenso. Privo di lungimiranza è quel Governo che, per dare risposta ad una insicurezza alimentata dalla propaganda, introduce nuovi reati o aggrava le pene di quelli già esistenti, indicando nella risposta repressiva carceraria l’unico orizzonte del diritto. La formula “più carcere più sicurezza” è smentita dall’esperienza e dalle statistiche che dimostrano che solo aprendosi alla società il carcere può avere ancora una funzione, permettendo di abbattere la recidiva. Ma non può essere questo carcere, nel quale il sovraffollamento impedisce ogni forma di trattamento diretto a risocializzare il condannato. Non può essere il carcere dei “moduli detentivi”, la cui sola definizione appare paradigmatica della distanza da quella annunciata volontà di restituire dignità alla detenzione, a rispondere al dettato costituzionale della rieducazione. Non c’è bisogno, infatti, di nuovi contenitori per la disperazione futura dei detenuti, ma di un futuro diverso per la pena. Se da un lato è necessario porre in essere politiche efficaci e lungimiranti, investendo maggiori risorse, si deve con realismo riconoscere che è necessario ricorrere con urgenza a provvedimenti di clemenza generalizzati per abbattere il sovraffollamento e fare sì che le carceri non siano solo luoghi di contenimento, di sofferenza e di morte, ma i luoghi in cui si costruiscono le condizioni per nuove esistenze nel rispetto dei diritti e della dignità della persona. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
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La Polizia penitenziaria mette una cella in piazza
Un video della Penitenziaria mostra l’interno di una “stanza di pernottamento” per detenuti: la visita si sofferma sulle suppellettili che i reclusi potrebbero usare come armi improprie e per far dire “guardate che esseri terribili ci stanno dentro”.  Un modo per alzare ancora di più il muro fra il mondo di fuori e il carcere di Errico Novi da il dubbio La Polizia penitenziaria ha messo su un simulacro di cella a piazza del Popolo, e l’ha resa visitabile. In un video, un sovrintendente del Corpo fa virtualmente da Cicerone. Al di là della luce che inonda l’ambiente dal soffitto trasparente, come una bella macchina sportiva, al di là di quest’improbabile suggestione, ci hanno colpito alcuni dettagli. Del tipo: guardate lo sgabbello, prima non era così, non aveva lo schienale, adesso, come vedete, c’è, ma è un problema, perché dallo schienale lo sgabbello può essere afferrato e scaraventato come un’arma. E uno. Poi: vedete i letti a castello? Sono fissati a terra. Perché? Eh, se no i detenuti possono spostarli, metterli davanti alla porta della cella e barricarsi dentro. Ecco perché li abbiamo inchiodati. Insomma: vi facciamo vedere una “stanza di pernottamento”, sì. Ma non perché sappiate quanto ci si sta male dentro, non per favorire un’empatia fra il mondo di dentro e il mondo di fuori. Ma perché sappiate che razza di mostri si annidano dentro un carcere. Così, tanto per fare in modo che quel muro sia ancora più invalicabile. Davvero non comprendiamo quale sia l’intenzione di coloro che hanno un potere sul carcere. Proprio non lo capiamo. Ma che quest’intenzione rischi di tradursi in indifferenza alla tragedia, lo lasciano intuire i tre suicidi delle ultime ventiquattr’ore. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
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Carcere: tre suicidi nelle ultime 24 ore. Rivolta nel carcere minorile Beccaria di Milano
Situazione sempre più disastrosa nelle carceri, complice l’indifferenza delle istituzioni. Tre detenuti suicidi nelle ultime 24 ore. Incendio al carcere minorile Beccaria di Milano, scoppia la rivolta Tre nuovi suicidi in carcere in meno di 24 ore: un 48enne ad Avellino, un 30enne a Trieste e un 70enne a Genova Marassi. Salgono così a 8 le persone morte nelle galere italiane in una settimana e a 24 se si guardano i numeri dall’inizio dell’anno. Un trend che supera già in proporzione il record dello scorso anno, l’anno più nero, con 91 suicidi accertati. “La situazione è sempre più disastrosa – commenta Vito Totire, medico e psichiatra, portavoce del Centro di documentazione Francesco Lorusso di Bologna – Si assiste a una fortissima riduzione della aspettativa di vita e delle condizioni di salute, per non parlare del benessere, delle persone recluse. Le persone vengono abbandonate a loro stesse, alla loro solitudine e disperazione e, a questa situazione di disperazione, non corrisponde una capacità di presa in carico, anzi, non c’è né la volontà, né l’intenzione di gestire una presa in carico.” Un’indifferenza istituzionale che, sommata al problema del sovraffollamento e alle molte altre criticità ormai note, per Totire trasformano le carceri italiane nell’espressione concreta del concetto di “istituzione totale”. Oltre ad approfondire le cause e le concause di una situazione che sembra peggiorare giorno dopo giorno, Totire ha inoltre riassunto ai nostri microfoni le osservazioni che come Centro Francesco Lorusso hanno fatto al rapporto del secondo semestre 2024 relativo alle carceri di Bologna, tra cui compare la Dozza, carcere che, secondo il documento “deve essere demolito e l’area deve essere rinaturalizzata e rimboschita”. La lunga intervista di Radio Onda d’Urto a Vito Totire, medico e psichiatra, portavoce del Centro di documentazione Francesco Lorusso di Bologna che, da diversi anni, si occupa di carcere e della necessità di liberarsene. Oggi più che mai. Ascolta o scarica Tentativo di rivolta e incendio lunedì pomeriggio al carcere minorile Beccaria di Milano. Un gruppo di giovani detenuti ha dato fuoco a lenzuola e materassi al secondo piano, asserragliandosi in un’ala del penitenziario di via Calchi Taeggi. Sul posto diversi equipaggi dei vigili del fuoco e gli agenti di polizia e carabinieri.  Dalle prime ricostruzioni, sembra che l’incendio sia stato appiccato da un ragazzo dopo aver saputo del suo prossimo trasferimento. Al Beccaria era presente anche don Gino Rigoldi. Alcuni giovani detenuti hanno poi iniziato a battere con bastoni e mani sulle inferriate delle finestre, lanciando piastrelle e urlando in direzione dei cronisti in strada. Le fiamme sono state domate e la situazione è stata riportata alla normalità. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
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Nelle prigioni che scoppiano di corpi il vuoto è incolmabile: non siamo che ombre
La testimonianza dal carcere di Cesare Battisti. Le giornate tutte uguali. Così lunghe da passare una a una, ma a ripensarle tutte insieme non fanno un solo giorno di Cesare Battisti Il materasso ridotto a una sfoglia sopporta male l’umorismo di Tchekhov, chiudo il libro e mi rimetto a pensare al vuoto. Alle carceri lottate in permanenza, non si sa dove mettere tutti questi corpi accantonati. È il pieno addizionale, eppure è qui dove più impera il vuoto. Siamo ombre, lo spazio non lo occupiamo, lo oscuriamo appena. Ognuno a modo suo cerca di annullare ciò che di lui rimane sotto trecento gocce di valium, nel sorso di metadone rigurgitato da altre dieci bocche. O, come ha fatto ieri Hasnawi, quando con la lametta ha tagliato il cerotto di Fentanil con un po’ di pelle attaccata appartenente al suo compagno di cella che dormiva. Questo è carcere, la parentesi, ci ostiniamo a voler credere, mentre sarebbe più appropriato dire che le vere parentesi sono quelle ogni volta più brevi che la maggior parte di noi trascorre a piede libero. Hasnawi è un bravo ragazzo, ha subito una stomia intestinale perché dicono che ha mangiato una ventina di batterie e queste gli hanno bucherellato l’intestino. Fa mille volte al giorno il corridoio alla ricerca di pastiglie e quant’altro di sballante gli è possibile ingoiare. Da me viene in cerca di zucchero per la prossima sfornata di grappa. Devo avergli detto un centinaio di volte che non uso zucchero, ma lui se lo dimentica e torna a chiedere. «Com’è andata la storia del cerotto?» gli chiedo tanto per non lasciarlo a becco asciutto. Hasnawi s’illumina, l’operazione è stata ampiamente commentata e anche con certa ammirazione. «Bè, lui dormiva di brutto, il cerotto ce l’aveva sulla spalla, in bella vista. Ho provato a tirarlo piano piano ma non veniva, allora ho usato la lametta.» «Ma hanno dovuto medicarlo, sanguinava.» «Bè sì, mi è partita un po’ la mano ma lui non se n’è neanche accorto, si vede che del cerotto non aveva più bisogno. Ma tu, piuttosto, come fai a stare senza zucchero?». Se ne va un po’ gasato. Mentre, dal libro abbandonato sul materasso, mi sembra di sentire Tchekhov mormorare: “È da così tanto tempo che non bevo champagne”. E mi sembra di vederlo mentre si porta la coppa alle labbra e beve. Qualche istante dopo la sua Olga gli prende la coppa vuota e la posa sul comodino. Lui si gira sul fianco, chiude gli occhi, e sospira. L’istante successivo, ha cessato di respirare. Frizzante fino all’ultimo; ma chissà se Tchekhov se ne volesse veramente andare? Io resto ancora un po’ a guardare questa giornata fatta come altre cento tutte uguali. Così lunghe da passare una a una, ma a ripensarle tutte insieme non fanno un solo giorno. Gli scherzi del tempo, dopo tanti calendari al chiuso dovrei averci fatto l’abitudine. Invece, a ogni cambio di lenzuola mi faccio sorprendere, è passata un’altra settimana, oddio, ma è stato ieri! Anche con i giornali mi confondo, succede che mi consegnino d’un colpo gli arretrati. Li stendo tutti sul letto e poi li ordino per data decrescente; voglio sfogliare il tempo con le mani. Le date in cima alla pagina non mentono, ma le notizie sono tutte uguali. È deprimente. Inverto l’ordine, li mischio, ne apro uno caso e leggo un titolo di guerra. È un’altra guerra, ma le vittime sono le stesse di ieri e di domani. Solo i nomi cambiano, ed è per sentire lo scorrere del tempo che mi devo leggere gli annunci mortuari. O le pagine che ho scritto ieri, che oggi mi sembrano insensate. “Beato te che ti piace scrivere”, me lo sento dire qualche volta, da un’anima che cerca un po’ di pace. Non me la sento di deluderlo, mettendomi a parlare dello struggimento per mettere in fila due pensieri. Dell’abbattimento, o dell’impotenza atroce al ritrovarmi davanti al PC fracassato durante una perquisizione. Alle pagine da rifare e al tempo che regredisce. Non lo posso dire a chi mi sta guardando con occhi speranzosi di mendicante bambino, e a chi tremano le mani. Anche se qui non è ciò che uno dice che conta, ma sì dice qualsiasi cosa per riempire il vuoto. Intanto il mondo gira e sforna nefandezze. Nel momento stesso in cui accadono i fatti di oggi sono già notizia. Perfino nel chiuso di una cella crediamo di essere costantemente collegati, anche se crederlo non è precisamente lo stesso che stare al mondo. La nostra vita dietro le sbarre scorre a parte, mentre la TV ci bombarda di notizie devastanti, che noi assorbiamo come gente libera e normale e talvolta commentiamo pure, con sincera passione. Scottati dalle fiamme che lo stanno divorando, ci palleggiamo il mondo che va male e ci crogioliamo nella responsabilità civile, finché l’oblio torbido della prigionia non viene a dirci che niente di tutto quanto succede ci riguarda veramente. Per lo spirito in catene, non c’è disgrazia tanto grande che lo possa distrarre dall’angoscia della libertà negata. (da l’Unità)     > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
Lettere dal carcere
Carcere, suicidi senza fine
L’emergenza nelle carceri italiane ha raggiunto livelli mai visti prima, con 19 suicidi in soli due mesi e mezzo, un numero che segna un record negativo di Luigi Mollo “Credo che ognuno di noi sorrida quando si dice che la prigione e il manicomio hanno come obiettivi la riabilitazione dei loro ospiti, in realtà, tanto il manicomio come il carcere servono a confinare le devianze dei poveri, a emarginare chi è già escluso dalla società, le carceri sono contemporanei “manicomi”, non solo in senso “figurato”, dove la malattia mentale e le sue conseguenze sono molto più presente di quanto si pensi.” (Franco Basaglia) Il 2025 si prepara anch’esso a diventare primato per numero di suicidi in carcere. Tre persone private della libertà personale in 72 ore. Dietro ai freddi numeri ci sono vite interrotte dietro a sbarre e muri di cinta, drammi individuali e familiari che colpiscono persone ristrette nella libertà personale dallo Stato, in esecuzione di provvedimenti dell’autorità giudiziaria. C’è allora una riflessione alla quale chi si occupa di giustizia penale, non può sottrarsi. Nel messaggio di fine anno, Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato come l’alto numero di suicidi in carcere “è indice di condizioni inammissibili”, dovendo “il rispetto della dignità di ogni persona, dei suoi diritti”, essere garantito “anche per chi si trova in carcere” ma evidentemente ciò non è stato recepito dalla politica che tende a inasprire e a provare piacere vedendo i detenuti “non respirare” a capo voltato per non vedere che le carceri collassano e versano in una situazione di endemico sovraffollamento, nonostante le condanne della Corte di Strasburgo non ha mai tentato seriamente di arginare. Lo Stato non ha volontà alcuna di percorrere la strada più coraggiosa tracciata della dottrina, che sollecita da tempo un “rimpiazzo” della pena carceraria già “sul nascere”, mediante la configurazione di sanzioni edittali non detentive eppure basterebbe la volontà di interessarsi del carcere e che esso non sia solo un immondezzaio sociale dove buttare dentro di tutto e di più, anche perché questo non rieduca. Se non c’è rieducazione, il problema non si risolve ma l’unica risposta del governo sta nell’intenzione di aumentare il numero di posti in carcere. Anzitutto non si spiega quanto tempo servirebbe per costruire nuove carceri. In più, come ha spiegato di recente il presidente di Antigone Patrizio Gonnella, «se anche nei prossimi tre anni il governo riuscisse a dotare la capienza delle carceri di 7.000 nuovi posti, come dichiarato dalla presidente Meloni, avremo comunque, ad oggi, almeno altre 8.000 persone detenute senza un posto regolamentare. A questo si deve aggiungere che le persone detenute sono aumentate di oltre 2.000 unità nell’ultimo anno e di oltre 5.000 unità dal 2022. Se il tasso di crescita fosse questo anche nei prossimi tre anni (cosa tutt’altro che impossibile a fronte delle attuali politiche penali) è prevedibile che i 7.000 nuovi posti andranno ad assorbire i nuovi ingressi, lasciando dunque il sistema penitenziario in una condizione di affollamento cronico e drammatico come quello che si registra oggi, con circa 15.000 persone in più rispetto alla capacità del sistema stesso. I suicidi nelle carceri, in queste condizioni, sono mattanza di Stato destinata a proseguire.       > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
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La Consulta: «Almeno quattro ore d’aria per i reclusi al 41bis»
La consulta ritiene illegittima la norma che dimezza il diritto dei detenuti: «Non aumenta la sicurezza». Altri due suicidi in meno di 48 ore di Eleonora Martini da il manifesto Non lasciarli respirare è incostituzionale. Se per il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro togliere idealmente l’aria ai detenuti in regime di 41 bis è «un’intima gioia», come dichiarò qualche tempo fa presentando la nuova auto blindata adibita al trasporto di questo tipo di reclusi, per la Corte costituzionale è invece «illegittimo» concedere loro meno di quattro ore al giorno di permanenza all’aria aperta. La Consulta lo ha stabilito con la sentenza numero 30 depositata ieri tramite la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 41bis, comma 2-quater, dell’Ordinamento penitenziario. Pur senza porre «in alcun modo in discussione l’impianto complessivo del regime speciale». Una modalità di detenzione chiamata comunemente, non a caso, di “carcere duro”. LA NORMA CENSURATA dai giudici costituzionali prevedeva «una durata non superiore a due ore al giorno», limite stabilito «in seguito al dimezzamento operato dalla legge 94 del 2009». A sollevare le questioni di legittimità costituzionale era stato il Tribunale di Sorveglianza di Sassari al quale si era rivolto G.B., un detenuto al 41 bis nel locale carcere di Bancali dove gli venivano concesse soltanto due ore d’aria al giorno, mentre l’uomo chiedeva di goderne almeno quattro, come previsto per i detenuti in regime ordinario (articolo10 ord. pen.) e come stabilito nel trattamento di «miglior favore» introdotto dalla riforma del 2018. Il magistrato di sorveglianza di Sassari aveva rifiutato la richiesta e così il Tribunale si è rivolto alla Consulta. Ora, considerando che nel «regime differenziato» del 41 bis il detenuto trascorre le ore d’aria in «un gruppo di persone molto ristretto (non più di quattro, e quindi anche tre o due), opportunamente selezionato dall’amministrazione penitenziaria», la Corte ha ritenuto che il limite massimo di due ore al giorno (a meno di «giustificati motivi» o nel caso di reclusi sottoposti «a sorveglianza particolare») nulla ha a che fare con la finalità rieducativa della pena, né con la necessità di impedire i contatti del carcerato con le organizzazioni criminali di affiliazione. UNA NORMA da censurare, dunque, perché «mentre comprime, in misura ben maggiore del regime ordinario, la possibilità per i detenuti di fruire di luce naturale e di aria, nulla fa guadagnare alla collettività in termini di sicurezza, alla quale viceversa provvede, e deve provvedere, l’accurata selezione del gruppo di socialità, unitamente all’adozione di misure che escludano la possibilità di contatti tra diversi gruppi di socialità». Invece, si legge nella sentenza firmata dai giudici Amoroso e Petitti, «beneficiare di aria e luce all’aperto contribuisce a delineare una condizione di vita penitenziaria che, non solo oggettivamente, ma anche e soprattutto nella percezione dei detenuti, possa essere ritenuta più rispondente al senso di umanità, in conformità alle specifiche raccomandazioni espresse sul punto dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Cpt)». > La norma censurata nulla fa guadagnare alla collettività in termini di > sicurezza, alla quale viceversa provvede, e deve provvedere, l’accurata > selezione del gruppo di socialità D’ALTRONDE che le condizioni di vita nel carcere di Bancali abbiano superato i limiti della tollerabilità, lo testimonia anche la Garante dei detenuti della Sardegna Irene Testa che visitando ieri la Casa circondariale di Sassari ha trovato «un ragazzo di 20 anni che non mangia dal 14 febbraio e ha perso oltre 15 kg». Non solo: «In una sezione con 16 celle sono presenti 55 detenuti, la maggior parte stipati in quattro per cella. I soffitti sono umidi, le pareti scrostate, le stanze in condizioni igieniche precarie, a volte senza termosifoni o porte nei bagni. Urla continue. Detenuti psichiatrici che parlano da soli, che gridano o che gettano acqua, cibo e detersivo nei corridoi. Tanti stranieri hanno chiesto di poter avere vestiti e scarpe». VA DETTO che non va meglio negli altri istituti penitenziari d’Italia. E nelle ultime 48 ore in particolare a Montorio, Verona, dove in meno di due giorni due detenuti si sono tolti la vita. Portando a 19 il numero dei suicidi in cella dall’inizio dell’anno. Un tema, questo, sul quale l’opposizione ha chiesto ieri al ministro Nordio un’informativa al Senato. Mentre la seduta straordinaria per parlare delle carceri a 360 gradi richiesta dagli stessi partiti del centro sinistra si terrà domani, alla Camera. Sperando che la discussione porti consiglio. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
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WAR ON ENCRYPTION – BIOMETRIA, AI E SORVEGLIANZA NELLA WAR ON MIGRANTS@0
Estratti dalla puntata del 19 marzo 2025 di Bello Come Una Prigione Che Brucia   WAR ON ENCRYPTION La guerra alle comunicazioni cifrate è da tempo tracimata dal contesto militare a quello sorvegliante. Al massiccio diffondersi di strumenti di protezione delle interazioni digitali, come i protocolli E2EE, diventati comuni nelle principali applicazioni di messaggistica, corrispondono […]