Lo scorso martedì Non Una di Meno e la rete “Più di 194 voci” ha organizzato un
presidio per contestare il nuovo finanziamento al Fondi Vita Nascente che
prevede l’importo di 1 milione di euro. Il fondo è stato istituito nel 2022
dall’assessore di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone e assegna 940 mila euro a
soggetti […]
1 milione di persone ha sfilato per le strade di Buenos Aires il primo febbraio.
La MARCHA FEDERAL DEL ORGULLO ANTIFASCISTA ANTIRRACISTA LGTBIQNB+ non è stata
soltanto un’occasione di festa, bensì la dimostrazione che contro la politica
del presidente argentino Milei si inaugura una stagione di lotta. Nonostante sia
al governo da solo un anno, gli attacchi […]
TACOBELLAS + FUCKSIA
Csoa Gabrio - Via Millio 42, Torino
(sabato, 15 febbraio 22:30)
Sabato 15 Febbraio
30 anni di CSOA Gabrio
Serata Benefit NUDM verso L’8Marzo!
In vista dello sciopero transfemminista dell’8Marzo, il c.s.o.a. Gabrio
ricomincia il 2025 con una serata ballereccia in collaborazione con Non Una di
Meno per supportare le giornate di mobilitazione nazionale che si terranno nel
corso del mese.
Per i cuori immuni ai drama di San Valentino, lasciamo i nostri corpi liberi
di ballare e sfogarsi con una deadly combination di artist3 nate nella fusione
di sonorità e sperimentazioni dal punk al techno, mescolando groove anni Novanta
a testi incazzati.
Nel classico format gabriko, si parte dal Salone per poi scendere nei bassi
ffondi di Sankara.
Ad aprire le danze
- TACOBELLAS, band duo modenese Punk - psy - fuzzy con meches pink e sogni anni
Novanta.
Seguono
- FUCKSIA, trio di “artiviste” italo-brasiliano che intreccia nelle loro
performance musicali sonorità dance techno, attitudine punk e ambientazioni
rave.
Post concerto, due dj sets a sorpresa per chiudere la serata con selecta fumanti
tra bass music, reggatron e techno grooves.
Porta le Am3 che vorresti trovare!
No Machy, free party,
No molesti, no
fasci, no sbirry!
Mercoledì 19 gennaio alle 19 allo Spazio popolare Neruda ci sarà una riunione
del tavolo lavoro e reddito verso lo sciopero dell’8 marzo. Il tavolo lavoro e
reddito di Non Una di Meno è uno spazio per discutere di tutte le forme di
lavoro, anche quelle non riconosciute come il lavoro domestico e di cura, […]
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete.
Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in
streaming.
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
> Anarres del 20 dicembre. Transfemminismo: universale plurale. Città delle
> armi. Le case popolari e chi le occupa…
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Transfemminismo. Percorsi e prospettive per un approccio libertario alle
questioni di genere
I percorsi di libertà tracciati dalle soggettività tenute ai margini dalla
cultura patriarcale hanno scosso dalle fondamenta un ordine che pareva
immutabile arrivando a spezzarne la logica binaria ed essenzialista. (…)
La critica all’essenzialismo si nutre della decostruzione delle identità di
genere. Concepire l’identità, ogni identità, come costruzione sociale, confine
mobile tra inclusione ed esclusione, è un approdo teorico che si alimenta della
rottura operata dal femminismo e dai movimenti lgbtqia+.
La sfida è su più fronti. Sfida allo Stato (etico), al patriarcato reattivo e al
capitalismo. Una sfida che non è mera astrazione o suggestione filosofica, ma si
attua nel convergere delle lotte, delle prospettive e degli immaginari capaci di
dar vita ad una prospettiva inedita.
Il sommarsi di diverse cesure identitarie, che spesso coincidono con varie forme
di esclusione, permette una contestazione permanente del privilegio nei
confronti delle gerarchie di potere.
Le “identità sessuali”, anche nel loro farsi storico, non sono un conglomerato
concettuale da cui partire, ma semmai la questione stessa. Oltrepassarle per
cancellarle è un percorso complesso, perché investe una dimensione del sé che,
pur squisitamente culturale, è tanto forte ed introiettata sin dalla nascita da
parerci naturale. Al punto che gli stereotipi di genere finiscono con l’essere
fatti propri persino da chi rifiuta quello che gli/le è stato assegnato alla
nascita.
Il costruzionismo queer attua la strategia di decostruire le identità che
passano come naturali considerandole invece come complesse formazioni
socio-culturali in cui si intrecciano discorsi diversi.
Un approccio libertario deve e può andare oltre la decostruzione delle
narrazioni che costituiscono le identità di genere, perché vi innesta l’elemento
di rottura rappresentato dall’agire politico e sociale di soggetti, che si
costituiscono a partire dalle proprie molteplici alterità, rivendicate ed
esperite sul piano della lotta. Soggetti capaci di una autonoma produzione di
senso, di relazioni, di pratiche sovversive rispetto all’ordine patriarcale,
alla logica binaria, alla naturalizzazione delle relazioni sociali.
Un percorso importante ma delicato, perché, in modo del tutto paradossale,
talora la spinta ad aprire spazi che aspirano al riconoscimento delle cesure
discriminanti che segnano le vite di tante persone, finisce con il produrre un
cortocircuito identitario.
Always on the move/ La città delle armi
Era la capitale dell’auto. L’industria automobilistica era indicata tra le
eccellenze cittadine nei cartelli di ingresso alla città.
Torino è stata attraversata da due processi trasformativi paralleli: la città
vetrina e la città delle armi. Il primo è il fulcro della narrazione pubblica,
il secondo viene occultato tra satelliti ed esplorazioni spaziali.
La lenta ma inesorabile fuga della Fiat, ormai solo più un marchio per le auto,
ha decretato la decadenza e l’impoverimento della città. Sulle macerie di quella
storia le amministrazioni comunali degli ultimi vent’anni, hanno provato a
costruire, con alterna fortuna, “la città vetrina per i grandi eventi”, una
scelta dalle conseguenze politiche e sociali devastanti, perché si è basata su
violente dinamiche di controllo sociale ed interventi di riqualificazione
escludente, una sempre più netta dinamica di gentrification.
Il 13 dicembre vi abbiamo proposto una lettura ragionata della parte dedicata
alla città vetrina, in questa puntata ci siamo occupati di città delle armi.
Le case popolari e chi le occupa
Francesco Migliaccio conserva un piccolo archivio di articoli dalle pagine
cittadine di La Stampa e la Repubblica. Non è sistematico, eppure contiene
numerose cronache sugli sgomberi di appartamenti occupati in palazzine di
edilizia residenziale pubblica.
La sinistra che governa la città (buona e inclusiva) e la destra a capo della
regione (cinica e cattiva) sono complementari e collaborano nella guerra contro
i nemici pubblici degli ultimi mesi: gli occupanti di case, i disperati nei
camper parcheggiati in angoli d’asfalto.
Il linguaggio di giornalisti e rappresentanti delle istituzioni è sempre
approssimativo, abile ad alternare l’ipocrisia al razzismo. Di certo dai loro
discorsi sono rimosse le cause materiali, e storiche, che costringono le persone
a occupare le case popolari lasciate vuote e abbandonate.
Ne abbiamo parlato con Francesco, autore di un articolo uscito su Monitor
Appuntamenti:
Mercoledì 8 gennaio riaprono (A)distro e SeriRiot
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
Informati su lotte e appuntamenti!
Venerdì 31 gennaio
Crisi climatica e azione diretta
Strumenti di ricerca, misurazione, analisi e lotta
ore 21 alla FAT
corso Palermo 46 Torino
Interverrà il fisico Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale
di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze
Polari del CNR.
Contatti:
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
Siamo in pausa per fine anno
Ci rivediamo il 7 gennaio.
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
FB
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Universale singolare. Transfemminismo e anarchia
I percorsi di libertà tracciati dalle soggettività tenute ai margini dalla
cultura patriarcale hanno scosso dalle fondamenta un ordine che pareva
immutabile arrivando a spezzarne la logica binaria ed essenzialista.
La logica binaria è quella che divide le persone in base al sesso attribuito
alla nascita cui si pretende corrispondano precise caratteristiche di genere.
Il binarismo implica uno iato tra il più ed il meno, il pieno e il vuoto, il
vaso e il seme, lo spazio dei sentimenti e quello della ragione. Questa logica,
che si pretende naturale, fonda l’ordine patriarcale.
L’universale umano nasce e resta a lungo saldamente maschile. Un maschile cui
vengono iscritte le qualità intrinseche che “giustificano” la gerarchia tra i
generi, all’interno della gabbia normativa familiare e nella lunga esclusione
delle donne dalla vita pubblica.
L’ordine patriarcale si fonda sulla pretesa che la gerarchia sia biologicamente
fondata e su questa costruisce una cultura in cui si danno identità costanti,
fisse, socialmente definite.
La servitù femminile non è stata caratteristica di tutte le culture umane, ma è
stata ed è prevalente a tutte le latitudini.
La dinamica patriarcale fa si che la gerarchia si riproduca in ogni relazione
umana. Spezzare l’ordine patriarcale è necessario ad una trasformazione sociale
di segno libertario.
Essenzialismo, decostruzione queer e approccio anarchico
Con essenzialismo intendiamo la scelta di considerare giuste ed immutabili
tipizzazioni di genere del tutto culturali.
La critica all’essenzialismo si nutre della decostruzione delle identità di
genere. Concepire l’identità, ogni identità, come costruzione sociale, confine
mobile tra inclusione ed esclusione, è un approdo teorico che si alimenta della
rottura operata dal femminismo e dai movimenti lgbtqia+.
La sfida è su più fronti. Sfida allo Stato (etico), al patriarcato reattivo e al
capitalismo. Una sfida che non è mera astrazione o suggestione filosofica, ma si
attua nel convergere delle lotte, delle prospettive e degli immaginari capaci di
dar vita ad una prospettiva inedita.
Il sommarsi di diverse cesure identitarie, che spesso coincidono con varie forme
di esclusione, permette una contestazione permanente del privilegio nei
confronti delle gerarchie di potere.
Le “identità sessuali”, anche nel loro farsi storico, non sono un conglomerato
concettuale da cui partire, ma semmai la questione stessa. Oltrepassarle per
cancellarle è un percorso complesso, perché investe una dimensione del sé che,
pur squisitamente culturale, è tanto forte ed introiettata sin dalla nascita da
parerci naturale. Al punto che gli stereotipi di genere finiscono con l’essere
fatti propri persino da chi rifiuta quello che gli/le è stato assegnato alla
nascita.
Il costruzionismo queer attua la strategia di decostruire le identità che
passano come naturali considerandole invece come complesse formazioni
socio-culturali in cui si intrecciano discorsi diversi.
Un approccio libertario deve e può andare oltre la decostruzione delle
narrazioni che costituiscono le identità di genere, perché vi innesta l’elemento
di rottura rappresentato dall’agire politico e sociale di soggetti, che si
costituiscono a partire dalle proprie molteplici alterità, rivendicate ed
esperite sul piano della lotta. Soggetti capaci di una autonoma produzione di
senso, di relazioni, di pratiche sovversive rispetto all’ordine patriarcale,
alla logica binaria, alla naturalizzazione delle relazioni sociali.
Un percorso importante ma delicato, perché, in modo del tutto paradossale,
talora la spinta ad aprire spazi che aspirano al riconoscimento delle cesure
discriminanti che segnano le vite di tante persone, finisce con il produrre un
cortocircuito identitario.
Proviamo a spiegarci meglio.
Nessuno meglio di chi vive una discriminazione può renderla intelleggibile a
tutt* e promuovere istanze che consentano un percorso di liberazione.
Il movimento femminista, quello LGBTQIA+, prendono le mosse dalla presa di
parola autonoma, dalla contestazione del linguaggio che marca la gerarchia,
dalla frantumazione della materialità dell’oppressione. Se l’universale è
maschile, europeo, ricco, eterosessuale, il resto è margine inessenziale, che va
sottomesso, negato, asservito e, spesso anche eliminato. Quindi la parola libera
di chi era (ed è) la striscia bianca ai lati del grande libro della storia umana
è intrisecamente sovversiva. Quando questa parola entra nel discorso pubblico lo
modifica in modo radicale: ha un ruolo cruciale nel frantumare ogni logica
escludente ed oppressiva.
I processi di soggettivazione degli esclusi dall’astratto universale illuminista
hanno innescato percorsi trasformativi, in cui le differenze e, quindi, il
frantumarsi del soggetto politico borghese, maschio, eterosessuale, ricco, di
cultura europea hanno aperto un orizzonte di lotta inedito. Si è trattato di un
percorso lungo, non terminato, che purtroppo oggi rischia di perdersi in mille
rivoli identitari chiusi in se stessi, incapaci di aspirare collettivamente ad
un universale includente.
In certi ambiti di movimento la presa di parola ed iniziativa degl* esclus* si
declina nella pretesa che la sola parola legittima sia quella di chi vive una
discriminazione. Agl* altr* è concesso solo “mettersi in ascolto”. Da qui al
negoziare il proprio diritto all’alterità con il riconoscimento acritico di
qualsiasi altro percorso identitario, il percorso è breve. Il rischio, evidente,
è l’affermarsi di una nuova, più subdola, forma di essenzialismo, che spesso si
interseca con una lettura distorta dei percorsi decoloniali, che finisce con il
legittimare nazionalismi, comunitarismi, identitarismi religiosi.
Su questo terreno è necessario un lungo lavoro di elaborazione teorica e,
insieme, una capacità di attraversare gli ambiti transfemministi e queer con
proposte e orizzonti di lotta di segno libertario.
Femminismi della differenza e transfemminismo
I femminismi della differenza sono lo specchio capovolto del dominio maschile.
Binarismo ed essenzialismo permangono in questi femminismi, che, pur negando il
disvalore delle donne, riproducono al femminile le gerarchie tipiche delle
culture fondate sul dominio maschile ed eterosessuale.
Il mero afflato paritario sul piano dei diritti si limita a riempire il vuoto,
inserire l’eguale, dare corpo al vaso, attenuare la dicotomia tra ragione e
sentimento, senza spezzare la logica binaria.
Sono femminismi incapaci di cogliere come il patriarcato sia uno dei tasselli
che disegnano il mosaico di società basate sulla competizione, lo sfruttamento,
la violenza sistemica nei confronti di chi è posto ai margini.
Questi femminismi sono facilmente riassorbibili nell’ordine statale e
capitalista.
Al contrario il transfemminismo all’alba del terzo decennio del secolo esperisce
la possibilità di passare dal genere all’individuo, dalla gerarchia
sessualizzata alla molteplicità.
È un femminismo che, in ogni angolo del pianeta, si deve confrontare con
l’estrema violenza della reazione patriarcale, che si traduce sia in gabbie
normative, sia in violenza sistemica nei confronti delle identità mobili,
irriducibili ad ogni logica binaria.
Chi vive al di là e contro i generi, i ruoli, le maschere ha una forza
dirompente, perché sbriciola il binarismo e l’essenzialismo.
All’interno delle nostre società questi percorsi fanno paura. Per le destre e
per le religioni la difesa di identità rigide ed escludenti diviene il centro
nevralgico dell’azione politica. Il piedistallo “identitario” è la base che
regge la pretesa di disciplinare identità e corpi non conformi.
Sanno bene che l’ordine del padre si incrina di fronte alle donne ribelli, alle
identità ibride, transeunti, fluide, in viaggio, mutanti, quando l’io diviene
approdo di percorsi irriducibilmente individuali ma esperiti nella forza di
lotte collettive.
La reazione patriarcale
Le destre identitarie e sovraniste, sostengono il capitalismo e la divisione in
classi, ma li vorrebbero mitigati da un forte stato etico, saldamente fondato
sulla famiglia, sulla nazione, sulla religione. Dio, patria, famiglia, un
assioma che non disturba gli affari ma rimette in ordine il mondo.
A tutte le latitudini del pianeta si attacca la materialità dei percorsi di
liberazione che hanno segnato il secolo scorso. La libertà di decidere sulla
maternità, l’uso normalizzante della psichiatria, sino alla negazione
dell’accesso all’istruzione, al lavoro, alla stessa possibilità di muoversi in
autonomia segnano le vite di tanta parte delle donne e delle persone non
conformi che vivono su questo pianeta. Vi è profonda assonanza tra le politiche
delle destre dell’Occidente “democratico” e quelle dei paesi dove si sono
imposte varie forme di fondamentalismo religioso.
La “famiglia” come nucleo etico rappresenta l’elemento normalizzatore di
“anomalie”, che le lotte delle donne, delle persone omosessuali, asessuali,
transgender, hanno reso visibili e pericolose per ogni pretesa di
socializzazione autoritaria dei bambini, delle bambine, dei bambinu.
Non solo. Oggi il disciplinamento delle donne, specie di quelle povere, è parte
del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Ne è uno
dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per
garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.
Un “sinistro” essenzialismo
Il lutto per le identità forti, smarrite e da ritrovare, attraversa anche certa
sinistra, orfana di una narrazione che dia senso al proprio mondo.
La deriva identitaria non è mero patrimonio delle destre sovraniste, localiste,
fasciste, misogine, omofobe, razziste, perché sfiora anche ambiti di movimento,
che si pretendono distanti dall’approccio essenzialista della destra.
La reazione alla violenza del capitalismo, all’anomia della merce, alla feroce
logica del profitto, alla paura dell’onnipotenza della tecnica rischiano di
produrre mostri peggiori di quelli da cui si fugge.
L’anarchismo si sta confrontando con un mondo dove ci sono stati cambiamenti
epocali. Nel giro di pochi decenni siamo passati dal pallottoliere al web, dalla
macchina fotografica alle immagini satellitari, dalle lettere alle chat, dai
sorveglianti umani agli occhi elettronici, dal posto fisso alla precarietà
strutturale, dal lavoro alla catena alle catene del telelavoro.
Un lungo processo di straniamento.
Il moloch tecnologico, assunto come nemico totale, ha aperto la strada ad un
anarchismo che fugge in un passato immaginario, dove germogli un futuro che nega
l’umano, così come si è costruito nel processo di civilizzazione, identificato
tout court con la nascita e il consolidarsi della gerarchia, del dominio, della
violenza dei pochi sui molti. Il futuro diviene “primitivo”, nel senso
etimologico del termine, un tempo-spazio dove si torna al primus, ad una
dimensione in cui l’umano si (ri)naturalizza, in una concezione essenzialista e
non culturale della “natura”.
Una fuga nichilista che riflette l’impotenza di fronte ad una complessità che
non si riesce a capire né a controllare: il moloch può essere distrutto solo a
prezzo di rinunciare alla libertà, per rifugiarci tra le braccia esigenti e
soffocanti della natura-madre.
Il processo di rinaturalizzazione dell’umano operato da queste correnti nega i
percorsi costruiti dalle identità fluide, disancorate, in viaggio che si
reinventano fuori e contro la logica binaria dei generi.
Fuggire al dominio della merce, al controllo dello stato, alla paura della
tecnica che si ritiene impossibile controllare, porta a negare la diversità e
pluralità dei percorsi individuali. Manca la gerarchia formale ma non c’è
traccia di libertà. L’unica libertà è quella di adeguarsi ad essere quello che
“spontaneamente” saremmo, se le incrostazioni della “civiltà” non si avessero
snaturat*.
Da qui a negare l’aborto, le tecniche contraccettive non “naturali”, l’utilizzo
di ormoni e tecniche chirurgiche per modificare il proprio corpo, il passo è
stato breve.
La negazione dei percorsi di decostruzione del genere conduce ad approdi non
troppo distanti da quelli delle religioni e delle destre fasciste.
Le questioni di genere vengono relegate ai margini di un discorso di
trasformazione sociale, che, nella migliore delle ipotesi, le considera
inessenziali.
Universale plurale
I corpi fuori norma, i corpi fuori luogo, che scientemente si sottraggono alla
logica identitaria, per fare i conti con le cesure che il genere, la classe, la
razza hanno imposto ai singoli, sono pericolosamente sovversivi.
Le dislocazioni, i transiti e le ricombinazioni che rompono con qualsiasi
pretesa di pietrificare le identità, frantumano l’essenzialismo ed aprono una
sfida radicale, insuscettibile di riassorbimento in logiche gerarchiche e
capitaliste.
Lo scarto degl* esclus* non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è
solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le
radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi
percorsi.
Nessuna posizione può pretendere di riassumere in se l’oppressione e i relativi
percorsi di liberazione, se non divenendo, a sua volta, escludente.
In questa prospettiva il relativismo dei posizionamenti, viene superato
dall’universalismo della spinta ad una radicale trasformazione della società.
L’universale occidentale, costitutivamente escludente e marginalizzante nei
confronti di tutt* coloro che non sono considerat* pienamente cittadini (poveri,
migranti, donne, soggettività non conformi alla norma etero-cispatriarcale,
ecc.), e il relativismo assoluto, sostanzialmente acritico nei confronti di
usanze e pratiche spesso pesantemente oppressive, sono due facce della stessa
medaglia. Si pongono in posizione equidistante rispetto alla concreta
prospettiva di un universale plurale in via di costruzione, che scaturisce dai
percorsi di lotta intrapresi dai movimenti. Movimenti in cui hanno un ruolo
importante coloro che si soggettivano a partire dalla consapevolezza della
propria condizione e sanno, insieme, sperimentare strade in cui ogni gabbia
identitaria viene spezzata.
Non è mera astrazione, ma la prospettiva concreta del pluriverso, un mondo nel
quale convivono più mondi, nel quale sia possibile valorizzare al massimo la
diversità nell’uguaglianza, la libertà di tutt* e di ciascun*.
Il femminismo libertario e anarchico pone al centro una critica radicale
dell’istituito, perché ciascun* attraversi la propria vita con la forza di chi
si scioglie da vincoli e lacci.
Lo sguardo transfemminista è imprescindibile per un processo rivoluzionario che
miri al sovvertimento in senso anarchico dell’ordine sociale e politico in cui
siamo forzat* tutt* a vivere.
Il percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione
conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La
solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni
libere, plurali, egualitarie.
Una scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.
(questo testo è frtto del confronto tra le compagne e i compagni della FAT)
BENEFIT (S)CONTRO NATALIZIO - BENEFIT WOMEN WITH GAZA
Csoa Gabrio - Via Millio 42, Torino
(sabato, 21 dicembre 17:00)
Sabato 21 dicembre la Palestra Popolare Dante Di Nanni è felice di invitarvi
all'evento (S)contro-natalizio benefit per supportare la raccolta fondi di Women
With Gaza, realtà sorella che pone il focus di intervento e analisi sulla
specificità della situazione femminile nel quadro della tragedia umanitaria che
continua a perpetrarsi nella Striscia di Gaza.
Prima dell'inizio del genocidio, Women With Gaza portava avanti numerosi
obbiettivi politici, tra cui quello di costruire una Casa Internazionale delle
Donne a Gaza, un posto sicuro in cui le donne avrebbero potuto autorganizzarsi e
confrontarsi su idee e pratiche di femminismo. Dall'ottobre 2023 il respiro di
questi obbiettivi si è ristretto alla solidarietà materiale e umana necessaria a
supportare le donne che vivono l'orrore della guerra. Questo progetto
rivoluzionario risponde alla meschinità dell'Occidente, che si fa portavoce
della libertà delle donne solo se bianche, ignorando il fatto che queste si
organizzano da sempre in ogni angolo del globo. Le donne palestinesi resistono
al dramma del genocidio nonostante il femminismo bianco/liberale, intriso di
razzismo, si rifiuti di dar loro voce.
Mentre Israele e la complicità occidentale rendono la Striscia un inferno in
Terra, Women With Gaza risponde con una rete di solidarietà internazionale
femminile, attivando una raccolta fondi per finanziare le attività proposte
dalle associazioni di donne a Gaza, partendo dalla proposta dell'Union of
Palestine Women Committees: distribuzione di kit igienici e sportelli di
supporto e ascolto.
Sostieni la solidarietà internazionale, sostieni lo sport popolare!
A un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin, si contano 104 femminicidi,
trans*cidi e lesbicidi registrati nel 2024. A un anno di distanza dalle enormi
manifestazioni che lo scorso anno hanno paralizzato Roma e Messina, Non Una di
Meno torna ancora una volta in piazza a Roma e Palermo sabato 23 Novembre: non
per ritualità, […]
L’ Asamblea Sorora invita la comunità dell’America Latina (e non solo!) a
riflettere sull’accesso all’aborto in occasione di un’assemblea pubblica che si
terrà domenica 24 novembre a partire dalle 10:30 a Parco Dora. Ne parliamo con
tre compagne del collettivo che ci raccontano dell’importanza di mettere al
centro questo tema nei giorni di avvicinamento alla […]