Per estrarre greggio gli impianti iniettano enormi quantità d’acqua nel
sottosuolo, sottraendola alla popolazione e all’ambiente. Un intero ecosistema
un tempo ricco sta rapidamente scomparendo, assieme al sostentamento e alla
cultura di un popolo
L'articolo L’ecocidio in Iraq. Come le grandi aziende del petrolio stanno
desertificando il Paese proviene da IrpiMedia.
Quorum irraggiungibili, disaffezione crescente, partiti assenti: i referendum
abrogativi in Italia sembrano ormai uno strumento in crisi. Ma cosa è cambiato
davvero? Poi, dopo villette, centri commerciali e logistica, in Lombardia è
iniziata una nuova corsa: quella ai data center
L'articolo Newsroom – Perché i referendum in Italia non funzionano più.
L’assalto dei data center in Lombardia proviene da IrpiMedia.
TEA, I NUOVI OGM NELLE COLTIVAZIONI AGRICOLE?
Cascina Chioso - Via Giuseppe Rivetti, 50/A, Vigliano Biellese BI
(sabato, 7 giugno 16:00)
Le nuove frontiere dell'agricoltura sarebbero prodotti provenienti dai
laboratori. Il cibo del futuro creato attraverso la manipolazione genetica.
Quali sono le ricadute sull'alimentazione, sull'ecosistema e sul mondo agricolo?
Chi ci guadagna?
Cosa fare insieme per fermarli e cercare soluzioni reali?
Ne parliamo con ASCI (Associazione Solidarietà Campagna Italiana)
SABATO 7 GIUGNO alle ore 16,30 h presso CASCINA CHIOSO - via Giuseppe Rivetti 50
A -
VIGLIANO BIELLESE
NUOVI OGM/TEA NELLE COLTIVAZIONI AGRICOLE ?
Sede Pro Natura - Via Pastrengo 13, Torino
(giovedì, 5 giugno 20:30)
ASCI (Associazione Solidarietà Campagna Italiana) invita a un incontro di
informazione sui nuovi OGM / TEA e alla presentazione delle motivazioni della
prossima manifestazione di Parma del 14 giugno.
Le nuove frontiere dell'agricoltura sarebbero prodotti provenienti dai
laboratori. Il cibo del futuro creato attraverso la manipolazione genetica.
Quali sono le ricadute sull'alimentazione, sull'ecosistema e sul mondo agricolo?
Chi ci guadagna?
Presso la sede di Pro Natura, via Pastrengo 13, il 5 GIUGNO alle 20,30 h.
Nella giornata di ieri è stata scarcerata Nicoletta Dosio, dopo più un anno di
detenzione domiciliare scontato presso la propria abitazione di Bussoleno
finalmente è libera! Più di un anno […]
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Norme e definizioni vaghe rendono i centri dati l’ultima giustificazione
possibile per consumare suolo, a dispetto degli obiettivi Ue. Per le
amministrazioni comunali, però, fruttano milioni in oneri e tasse
L'articolo I data center si mangiano la terra (ancora) verde. Due casi in
Lombardia proviene da IrpiMedia.
Edi Rama continua a vincere in Albania, da oltre dieci anni. Ma cosa c’è dietro
il suo consenso? Poi, l’ultima inchiesta IrpiMedia: nel cuore di Bari, una
presunta banca londinese prometteva di rilanciare l’imprenditoria meridionale
L'articolo Newsroom – Depurare l’aria per contaminare il mare. CCS, l’alibi
perfetto dell’industria pesante proviene da IrpiMedia.
L’inchiesta evidenzia il grave impatto ambientale degli "scrubbers", dispositivi
usati sulle navi per ridurre le emissioni di zolfo. Sebbene promossi come
soluzione ecologica ai carburanti tradizionali, rilasciano in mare acqua
contaminata
L'articolo Depurare l’aria, contaminare il mare: la minaccia silenziosa
dell’industria navale nel Mediterraneo proviene da IrpiMedia.
La tecnologia per la cattura del carbonio nei processi industriali appare
promettente, ma deve ancora dimostrare di poter funzionare su vasta scala.
Nonostante i limiti tecnici ed economici, l’UE guarda con interesse a un enorme
progetto firmato Eni-Snam
L'articolo Il fascino discreto del Carbon Removal proviene da IrpiMedia.
INCONTRO-DIBATTITO NUOVE TECNICHE GENETICHE IN AGRICOLTURA
Salone Municipale di Valgrana - Via Roma 38, Valgrana (CN)
(domenica, 25 maggio 09:00)
INCONTRO - DIBATTITO
NUOVE TECNICHE GENETICHE IN AGRICOLTURA: COSA METTIAMO NEL CAMPO E NEL PIATTO
CON IL TERMINE NGT – NEW GENOMIC TECHNIQUES, L’UNIONE EUROPEA INDICA UNA SERIE
DI TECNICHE DI MODIFICAZIONE GENETICA SVILUPPATE NELLA RICERCA SCIENTIFICA NEGLI
ULTIMI ANNI. QUESTE NUOVE BIOTECNOLOGIE SONO PROMOSSE COME PIÙ EFFICACI E
SICURE, RISPETTIO AGLI OGM CLASSICI, PERCHÉ NON COMPORTEREBBERO L’INSERIMENTO
DI TRANSGENI NEL DNA DELLA PIANTA, IN QUANTO SI UTILIZZANO GENI DELLA STESSA
SPECIE OPPURE CON LA MODIFICAZIONE DIRETTA DI GENI DELLA PIANTA. PER QUESTO
MOTIVO LE NGT POTREBBERO PRESTO ARRIVARE SULLE NOSTRE TAVOLE E NEI NOSTRI CAMPI
SENZA PIÙ LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO, NÉ LA TRACCIABILITÀ E ETICHETTIATURA
CHE SONO OGGI OBBLIGATORIE PER LEGGE. QUESTE POTENZIALI INNOVAZIONI, AD OGGI
SPERIMENTALI, RIGUARDANO COSÌ PIÙ ASPETTI: LA RICERCA SCIENTIFICA, LE
IMPLICAZIONI AGRONOMICHE ED ECOLOGICHE, LA GESTIONE DELLA RIPRODUZIONE DI PIANTE
E SEMENTI, I DIRITTI COMMERCIALI E DI PROPRIETÀ, LE POLITICHE AGRICOLE E DI
CONSUMO DEL CIBO.
DATA LA RILEVANZA DELLA QUESTIONE, È NECESSARIO CHE AGRICOLTORI E CITTADINI
ABBIANO L’OCCASIONE DI INFORMARSI E POTER VALUTARE IN MODO CONSAPEVOLE LA
MOLTEPLICITÀ DEGLI ASPETTI INERENTI A QUESTE NUOVE BIOTECNOLOGIE AGRICOLE.
L’INCONTRO CHE DURERÀ DALLE 9 ALLE 13 VEDRÀ LA PARTECIPAZIONE DI ALBERTO
ACQUADRO, PROFESSORE ORDINARIO PRESSO IL DIPARTIMENTO DI AGRARIA
DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO; SALVATORE CECCARELLI (IN COLLEGAMENTO), PROFESSORE
EMERITO DI GENETICA AGRARIA PRESSO L’ISTITUTO DI MIGLIORAMENTO GENETICO
DELL’UNIVERSITÀ DI PERUGIA; CRISTIANO CARLI, RESPONSABILE SEZIONE ORTICOLTURA,
FRAGOLA E PICCOLI FRUTTI PRESSO LA FONDAZIONE AGRION; ELISA D’ALOISIO, DOTTORE
DI RICERCA IN GENETICA AGRARIA, COLTIVATRICE E RAPPRESENTANTE DELL’ASSOCIAZIONE
ITALIANA AGRICOLTURA BIOLOGICA; ENRICO NADA, PRESIDENTE DELLA SEZIONE
PROVINCIALE DI COLDIRETTI; GIANPAOLO ANDRISSI, BIOLOGO E PRESIDENTE DEL
BIODISTRETTO DEL RISO PIEMONTESE. ALLE RELAZIONI INTRODUTTIVE SEGUIRÀ UNA
SECONDA PARTE DI CONFRONTO TRA I DIVERSI RELATORI E CON IL PUBBLICO, CHE POTRÀ
QUINDI APPROFONDIRE LE NUMEROSE QUESTIONI CHE QUESTE NUOVE TECNICHE DI
MODIFICAZIONE GENETICA PORTANO NEI NOSTRI CAMPI E NEI NOSTRI PIATTI.
LA MATTINATA SI CONCLUDERÀ CON UNA DEGUSTAZIONE DI PRODOTTI AGRICOLI DELLA
VALLE GRANA CURATA DAL CONTRATTO DI RETE “INGRANA”, CHE RAGGRUPPA AZIENDE
AGRICOLE, TURISTICHE E RICETTIVE DI QUESTO TERRITORIO ALPINO. L’EVENTO È
GRATUITO E APERTO A TUTTI.
https://www.cambiareilcampo.org/evento/valgrana250525/
(disegno di andrea nolè)
Nel 1959 Feltrinelli dà alle stampe Sud e magia di Ernesto de Martino, libro che
raccoglie un insieme di studi condotti da un gruppo di ricerca in alcuni paesi
della Lucania. Negli stessi anni il Centro nazionale per l’energia nucleare
(Cnen) individua il luogo in cui costruire la sua seconda sede, lungo la Statale
106 che collega Taranto a Reggio Calabria, in una contrada del comune di
Rotondella in Basilicata. La contrada Trisaia da quel giorno cessa di esistere
per fondersi con la funzione prescelta: il Centro Trisaia. Ma perché la
Basilicata, perché proprio in quelle terre?
«Ho sempre pensato che ci sia una connessione tra questi due eventi,
concettualmente distanti, come una sorta di sillogismo storico, politico e
antropologico, tra l’individuazione della Trisaia e l’uscita di Sud e magia.
Poi, certo, un grosso contribuito è stato dato da Emilio Colombo all’epoca
ministro dell’industria», dice Claudio Persiano dell’Arci di Rotondella,
alludendo all’idea della “scoperta” come colonizzazione di terre remote,
sfruttamento di colonie interne senza problemi con la gente del posto. Di
scoperta si parla anche negli studi etno-antropologici compiuti da de Martino
nelle “terre dell’osso” – i cui fini erano però ben altri –, nei paesi
dimenticati da Cristo per indagare quella civiltà contadina inchiodata al
destino inamovibile e ai confini della Storia, al di fuori di qualsiasi idea di
classe e di trasformazione dello stato di cose presente.
In altra occasione, quando ho posto la stessa domanda a Casimiro Longaretti, tra
i promotori dei campeggi di lotta contro il nucleare lungo la costa jonica degli
anni Settanta, anch’egli ha fatto riferimento a una condizione antropologica di
subalternità a motivo delle scelte politiche di insediamento della Trisaia. «La
mia regione non viene scelta a caso – dice Longaretti –. È nota, infatti, la
sudditanza del popolo lucano al potere centrale dello Stato. La Dc e il clero
hanno sempre avuto libero arbitrio sulla sorte degli abitanti di questa desolata
regione del Sud. Per noi lucani il detto “o briganti o emigranti” è quanto mai
vero, siamo stati sempre trattati marginalmente dal potere centrale; fateci
caso, la Basilicata non viene mai nominata nemmeno nell’informazione meteo; ci
orientiamo con il bollettino delle regioni confinanti».
Ma Colombo, “figlio prediletto della Lucania”, ha la vista lunga. Quel
contadiname senza senno né sorte potrebbe tornargli utile – pensa il
plenipotenziario della Dc. Voti, consenso e mediazione locale, a suon di
prebende, clientele e posti di lavoro, sono una miniera preziosa. Coglie la
palla al balzo e dà il via all’istituzione della sede lucana, strategicamente
importante per lo sviluppo del paese e il progresso della sua regione. Tra
l’altro in un luogo logisticamente baricentrale, crocevia di più regioni –
Calabria, Puglia e la stessa Basilicata. Così nel 1962 il Cnel acquista i
terreni in Trisaia, a un paio di chilometri dalla spiaggia jonica, mentre
l’inaugurazione del Centro Ricerche Enea e del suo impianto avvengono nel 1968.
SCANZANO E LE SCORIE
Nel Cristo si è fermato a Eboli Carlo Levi parla della condizione dei “suoi”
contadini: “E quella gente mite, rassegnata e passiva, impenetrabile alle
ragioni della politica e alle teorie dei partiti, sentiva rinascere in sé
l’anima dei briganti. Così sono sempre le violente ed effimere esplosioni di
questi uomini compressi, un risentimento antichissimo e potente affiora, per un
motivo umano; e si danno al fuoco i casotti del dazio e le caserme dei
carabinieri, e si sgozzano i signori; nasce, per un momento, una ferocia
spagnola, una atroce, sanguinosa libertà. Poi vanno in carcere, indifferenti,
come chi ha sfogato in un attimo quello che attendeva da secoli”.
D’altronde è quanto avvenuto nel novembre 2003. La protesta di una regione
contro il decreto 314 voluto dal secondo governo Berlusconi che avrebbe dato il
via alla realizzazione del deposito nazionale di scorie nucleari nelle cave di
salgemma di Terzo Cavone, nel comune di Scanzano Jonico, a una ventina di
chilometri dalla Trisaia. Nei giorni della protesta migliaia di persone
partecipano a blocchi stradali, cortei, comizi; occupano il municipio, il sito
prescelto e la stazione ferroviaria con la “marcia dei centomila” del 23
novembre. Due giorni dopo un altro corteo, a Roma stavolta. Il 26 si tiene un
convegno davanti al presidio, pieno di persone e di telecamere, con una
processione di politici di ogni colore. Il 27 novembre arriva la notizia: il
nome di Scanzano sparisce dal decreto.
«È rimasto poco – continua Claudio Persiano –. L’associazione ambientalista
“ScanZiamo le scorie”. E niente più. Quella potenza e quella coscienza esplose
nei quindici giorni di mobilitazione sono rientrate nei ranghi. Poi è tornata la
pletora di politici locali, i mediatori di clientele dei politici nazionali,
luogotenenti del potere che con la Trisaia hanno sempre fatto affari. Perché la
Trisaia ha distribuito soldi, commesse, posti di lavoro e incarichi».
Non proprio, però. L’ipoteca che lascia la Trisaia, nonostante le proteste
contro ulteriori forme di inquinamento, è quanto raccolto dall’Istituto
Superiore di Sanità. Un rapporto, su incarico del ministero della salute, ha
indagato lo stato di salute degli abitanti di nove comuni italiani in cui erano
presenti impianti nucleari. L’indagine del 2015 ha confrontato i tassi di
mortalità per diverse patologie, focalizzandosi in particolare su ventiquattro
tipi di tumori potenzialmente collegati all’esposizione a radiazioni ionizzanti.
I risultati hanno mostrato che, nella maggior parte dei casi, la mortalità era
inferiore rispetto alla media regionale. Alcuni eccessi osservati non sono stati
ritenuti riconducibili direttamente alla radioattività, poiché avrebbero
richiesto esposizioni elevate e continuative, incompatibili con il normale
funzionamento degli impianti. Lo studio ha analizzato diversi scenari di
esposizione, da quelli legati al normale funzionamento a ipotesi più critiche.
Il rapporto sottolinea la necessità di un monitoraggio costante della salute
pubblica e dei livelli di esposizione, soprattutto in vista di futuri progetti
legati alla gestione dei rifiuti radioattivi.
Sta di fatto però che, quando al monitoraggio si sostituiscono interessi
privati, in un mix di correità e “familismo amorale” tra lobby e classi
dirigenti per trovare scorciatoie nella gestione e nello stoccaggio di materiale
radioattivo, appaiono le peggiori infamità. L’Italia, peraltro, ha un grosso
problema che si trascina da decenni riguardo al monitoraggio di tale materiale.
E di infamità da quelle parti ce ne sono tante, assai spesso sottaciute. Anche
qui vige la morale dei Carmine Schiavone, che a chi gli chiedesse conto degli
sversamenti nel casertano, cioè sotto casa sua, rispondeva: “Ma tu quanto tempo
vuoi campare?”.
L’ULTIMA INCHIESTA
Il 27 maggio si terrà la seconda udienza del Tribunale di Potenza sull’inchiesta
condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia sull’inquinamento della falda
idrica nel sito Enea – Sogin (Società per lo smantellamento degli impianti
nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi), in particolare all’interno
dell’Impianto di trattamento e rifabbricazione elementi di combustibile (Itrec)
che si trova dentro la Trisaia. A dire il vero è la terza, seppur distinta,
inchiesta sulla Itrec.
«I fatti risalgono all’aprile 2018 – racconta Claudio –, quando scattarono i
sigilli a tre vasche di raccolta dell’impianto Itrec di Rotondella. Sarebbero
servite allo sversamento in mare di circa 65 mila metri cubi di acqua
contaminata da sostanze cancerogene quali il cromo esavalente e, senza alcun
trattamento, attraverso una condotta di scarico non autorizzata. Anche se in
realtà la vicenda è iniziata nel 2014-15. La Sogin monitora le acque di falda
tramite una serie di peziometri, cioè strumenti che servono a evitare che le
acque e le piscine non si contaminino fra di loro. Questi piezometri
restituiscono dei valori di cromo esavalente, trielina, tricloroetilene e altri
elementi, molto elevati rispetto ai limiti di legge. Così nel 2015, la Sogin
comunica questa rilevanza, e nello stesso anno parte il monitoraggio da parte
dell’Arpab (l’Agenzia regionale per l’ambiente). Nel 2017 questi dati vengono
poi raccolti dall’Asm, l’Azienda sanitaria di Matera e dal comune di Rotondella.
Intanto il sindaco emana un divieto di emungimento delle acque sotterranee nella
zona della Trisaia. E nel 2018 gli organi di stampa danno notizia della terza
inchiesta condotta negli anni sull’Itrec e il Centro Enea».
L’accusa è nei confronti di tredici indagati, tutti direttori, dirigenti e
tecnici della Sogin, dell’Ufficio ambiente della provincia di Matera, del centro
ricerche Enea, del dipartimento fusione nucleare e tecnologie per la sicurezza
dell’Enea, dell’ufficio suolo e rifiuti dell’Arpab di Matera. Insomma, nomi di
un certo calibro della politica ambientale regionale e nazionale.
Nell’udienza di fine mese il tribunale potentino riconoscerà la parte civile per
i comuni di Rotondella e di Policoro; le associazioni Legambiente Basilicata,
Cova Contro, ScanZiamo le scorie, Arci Basilicata e Arci La tarantola di
Rotondella. In altre parole, riconoscerà quello che è un monitoraggio popolare,
dal basso, talvolta sotterraneo eppure esistente, che ha cercato di contrastare
il saccheggio dei beni comuni della Lucania. Che è invero il sedimento di
memorie collettive e di lotte degli anni Settanta.
Gli echi delle proteste di Scanzano, e di tutta la regione, risalgono infatti ai
campeggi di lotta lungo la costa jonica di fine anni Settanta, da cui è nato il
Coordinamento nazionale antinucleare e antimperialista promotore del referendum
abrogativo del nucleare nel novembre 1987.
L’opposizione al nucleare inizia a Montalto di Castro (VT) nel ’77. L’anno
successivo, dal 29 luglio al 6 agosto, Radio Onda Rossa, gli autonomi di via dei
Volsci di Roma insieme a compagni lucani, tra cui Casimiro Longaretti,
organizzano un campeggio di lotta a Nova Siri Marina, a soli quattro chilometri
dalla Trisaia. Militanti di Nova Siri, Rotondella, Policoro, Pisticci,
Ferrandina, Valsinni, San Giorgio Lucano e di altri comuni della provincia di
Matera si ritrovano a collaborare nella realizzazione dell’evento. Rispondono
alla chiamata compagni dei paesi dell’alto Jonio cosentino, prossimi a Nova
Siri, così come i pugliesi, in particolare i tarantini e i brindisini.
Durante il campeggio vengono organizzati interventi ai cancelli dello
zuccherificio di Policoro, distante una trentina di chilometri dal campeggio, e
nell’area industriale della valle del fiume Basento, tra Pisticci Scalo e
Ferrandina, dove sono situate l’Anic, la Liquichimica e altre piccole fabbriche
dell’indotto. Si parla con i lavoratori delle condizioni di lavoro, dei turni
massacranti, di lavoro straordinario non retribuito e tanto altro. Gli operai
sembrano quasi stupiti nell’apprendere da ragazzi che vengono da lontano quanto
le condizioni lavorative in fabbrica siano di assoluto sfruttamento: a loro
basta fornire alla famiglia quel minimo di salario a fine mese per poter
campare, e perciò sono grati a padroni e padrini per la “magnanimità”. Altri
gruppi di campeggianti si spingono a un’oretta d’auto fino a Taranto ai cancelli
dell’Italsider. Nelle piazze dei paesi dell’entroterra lucano nascono assemblee
spontanee sui diritti negati e sul lavoro massacrante e sottopagato; sulle donne
sfruttate nei pesanti lavori agricoli, dentro le serre a temperature
insopportabili per la produzione di frutta e verdure, sottoposte al dileggio
dell’agrario di turno o dei caporali. «Prima di allora – ricorda Casimiro
Longaretti – si parlava della Trisaia come di un posto di lavoro ambito, con una
paga mensile appetibile rispetto al salario da fame degli operai di altre
categorie, ma nessuno aveva mai spiegato loro la pericolosità di quel tipo di
lavoro e che tipo di materiali venissero trattati; nessuno aveva mai spiegato
cosa comportasse stare all’interno di quel ciclo infernale, a contatto con
materiale nucleare altamente radioattivo».
Dopo una settimana di preparativi e informazione alla popolazione dei paesi
limitrofi, si arriva alla manifestazione conclusiva: sabato 5 agosto 1978,
giorno dell’anniversario della strage nucleare di Hiroshima e Nagasaki, in
Giappone, per mano degli Usa. Il corteo partecipatissimo si muove verso la
Trisaia sulla statale 106: striscioni contro il nucleare, contro la galera e la
repressione, contro gli agrari; cartelli con i nomi dei padroni che sfruttano
gli operai, contro l’inettitudine dei sindacati incapaci di contrastare i
caporali; striscioni che denunciano la permissività del Pci, la sua connivenza e
il suo guadagno percentuale sull’assunzione dei suoi protetti nelle varie
aziende del metapontino.
L’anno successivo, più o meno nello stesso periodo e sempre all’interno della
pineta a un passo dallo Jonio a Marina di Nova Siri, i comitati autonomi operai
di Roma e i compagni lucani ripropongono l’impegno. La partecipazione al secondo
campeggio No Nuke è addirittura superiore all’anno precedente. «Malgrado tutte
le avversità create dal compromesso storico – ricorda Casimiro – la lotta contro
l’Energia Padrona non si fermava. La domanda che ritornava spesso durante le
settimane preparatorie, era relativa al perché proprio la Lucania fosse stata
prescelta per ospitare l’energia nucleare. La risposta sintetizzava tutta la
storia dell’Italia unita. La Basilicata è la regione del Mezzogiorno che
storicamente ha fatto registrare meno tensioni sociali. I moti di piazza si
erano fermati agli anni Cinquanta, con le lotte per le terre dell’ente per la
riforma agraria. Nel contempo un grande bisogno di lavoro, rispetto al quale non
è mai importata la qualità e se esso comportasse un particolare pericolo per
l’ambiente e per la popolazione locale. Le lobby energetiche italiane non fecero
mai mistero di questa scelta. I salari erano molto bassi in Lucania, e in più vi
era l’opportunità per loro, con una maggiore produzione di energia, di attivare
l’automazione delle linee di produzione nelle fabbriche del Nord, il che avrebbe
permesso una drastica riduzione della mano d’opera e, di conseguenza,
l’espulsione di migliaia di operai. Così, il ricatto del bisogno di lavoro tra
le masse del Sud sarebbe enormemente cresciuto. La gente del posto, invece,
considerava questa scelta come una manna dal cielo e poco importava loro della
sicurezza e della qualità del lavoro».
Le tensioni politiche nel paese si avvertono tutte durante gli incontri,
nonostante il posto stupendo e il mare che ritma le giornate. Il “teorema
Calogero” aleggia tutt’intorno, la retata repressiva del 7 aprile è ancora
calda: un minestrone di accuse contro l’area dell’Autonomia operaia. Così il
dibattito tra i campeggiatori è condizionato dall’inquietante retroscena.
«Ancora oggi – ammette Casimiro – molte persone sono grate ai partecipanti dei
due campeggi per aver dato loro una indicazione su quanto fosse pericoloso
quello che si celava dietro le reti di recinzione del Cnen. Grazie a quelle
mobilitazioni le persone hanno compreso che il potere delle lobby può essere
sconfitto solamente prendendo coscienza e opponendosi compatti. È l’esempio di
Scanzano Jonico del 2003». (francesco festa)
Edi Rama continua a vincere in Albania, da oltre dieci anni. Ma cosa c’è dietro
il suo consenso? Poi, l’ultima inchiesta IrpiMedia: nel cuore di Bari, una
presunta banca londinese prometteva di rilanciare l’imprenditoria meridionale
L'articolo Newsroom – L’Albania eterna di Edi Rama. La banca fantasma che ha
truffato e famiglie italiane proviene da IrpiMedia.