Spiagge privatizzate e mare negato. Il governo proroga ancora le concessioni balneari(disegno di ginevra naviglio)
Il 6 novembre il Senato ha approvato con voto di fiducia il decreto cosiddetto
Salva-infrazioni, con l’obiettivo di “agevolare la chiusura di 15 procedure
d’infrazione” con l’Unione Europea.
Uno degli articoli più discussi è quello che riguarda l’assegnazione delle
concessioni balneari. La riforma prevede che i concessionari potranno mantenere
installati “fino all’aggiudicazione della nuova gara i manufatti amovibili, come
prefabbricati e depositi”. Soprattutto, la legge proroga la chiusura delle nuove
gare per l’affidamento delle concessioni al 30 giugno 2027. Esclude inoltre
dall’applicazione della direttiva Bolkestein i circoli sportivi e le
associazioni sportive dilettantistiche che svolgono attività in via “stabile e
principale” con finalità sociali e ricreative, purché siano iscritte al Registro
nazionale e usino il demanio marittimo per attività non economiche.
Anziché intervenire sul problema, in sostanza, la legge lo aggira, prorogando
ancora una volta le concessioni in essere (l’ultima proroga risaliva al
Milleproroghe del febbraio 2023), non affrontando in alcun modo il tema
dell’utilizzo libero e gratuito da parte dei cittadini di spiagge e mare, e anzi
normalizzando l’anomalia per la quale l’Unione Europea aveva più volte
richiamato ed esortato vari governi italiani a intervenire.
Su quanto sta accadendo abbiamo intervistato alcuni attivisti e attiviste del
comitato Mare libero, pulito e gratuito di Napoli.
* * *
«Dal nostro punto di vista la riforma rappresenta un attacco all’idea stessa di
“beni comuni”; fa un grosso regalo alla lobby dei balneari che continueranno
senza nuove gare a dettare legge sulle spiagge e a fare profitti, pagando cifre
irrisorie per le concessioni. Nel rispetto della Costituzione, delle leggi e
delle norme che regolano i beni demaniali, le spiagge e l’intera linea di costa
non possono essere ridotte a semplici risorse da cui trarre profitto. Il codice
civile per esempio ci dice che i beni demaniali sono beni a utilizzo collettivo,
in quanto, per la loro naturale attitudine a soddisfare interessi pubblici, non
possono che essere accessibili a tutti.
«Questa legge mira a porre rimedio alle ben quindici procedure d’infrazione
accumulate negli anni dall’Italia per essere stata inadempiente sulle direttive
europee in merito di libera concorrenza, quindi non solo rispetto alle
concessioni balneari. Nel concreto, si prosegue sulla linea della mercificazione
di ciò che dovrebbe rimanere patrimonio naturale di tutti, e come se non
bastasse la riforma non arriva dopo un confronto parlamentare, perché l’adozione
di un voto di fiducia ha impedito ogni dibattito. Da un punto di vista tecnico,
poi, è in contrasto con la giurisprudenza, come sancito dal Consiglio di Stato,
che ha stabilito che tutti i rinnovi delle concessioni demaniali oltre il 2023
devono essere considerati nulli.
«Il punto che più ci interessa è che con la proroga automatica non si discuterà
del riequilibrio, previsto dalla legge Draghi, delle percentuali tra le spiagge
libere e quelle in concessione, una percentuale che oggi è totalmente
sbilanciata sulle seconde. È fuorviante focalizzare lo sguardo, l’attenzione e
tutto il dibattito sul rinnovo o la messa a bando delle concessioni: il problema
vero riguarda il diritto di accesso libero e gratuito al mare. Che mettano a
bando o rinnovino le concessioni per noi è secondario rispetto alla necessità di
garantire ciò che già da molti anni è normato in termini di legge: il diritto di
accesso gratuito e libero, oltre che di fruizione, della battigia e del mare,
anche in caso di un arenile dato in concessione (legge 296 del 2006, articolo 1,
comma e254; legge 217 del 2011, articolo 11, comma 2; legge 118 del 2022,
articolo 4, comma 2). La questione non è semplicemente di fare nuovi bandi per
le concessioni, quanto piuttosto di cambiare l’impianto di questi bandi,
affinché nel rispetto del libero accesso di tutti alle spiagge e al mare le
concessioni siano esclusivamente di servizi e non, come accade illecitamente e
tacitamente oggi, delle vere e proprie occupazioni di suolo.
«La riforma non affronta in alcun modo il problema della scarsità e della
vulnerabilità delle risorse marine, mettendo a rischio l’ecosistema costiero.
L’errore più eclatante è che, ancora una volta, non sono stati coinvolti i
legittimi proprietari delle spiagge, cioè i cittadini. Ciò che era ben chiaro
agli antichi romani duemila e passa anni fa riguardo la res communes omnium oggi
sfugge ai più, e si persevera nel trattare la natura come una merce da cui
trarre profitto, Nella sua ratio la riforma svilisce il valore del mare e del
libero accesso a esso, riducendolo a uno spazio turistico-ricreativo,
equiparandolo a una merce da vendere, dimenticando tra l’altro che “il bene
comune mare” svolge un ruolo fondamentale per la salute pubblica e per il
benessere psicofisico dei cittadini, come dimostrato da innumerevoli studi e
ricerche.
«Per quanto concerne il contesto napoletano, la riforma porterà al
consolidamento dell’inaccettabile situazione di negazione del diritto di
accessoal mare. Va ricordato che a Napoli solo il cinque per cento della costa è
liberamente accessibile, e per di più negli ultimi anni, in molti casi, solo
attraverso una prenotazione. Grazie alle mobilitazioni la consapevolezza della
situazione è aumentata, e con essa anche la rabbia per non poter liberamente e
gratuitamente fare un bagno a mare, per questo siamo convinti che a partire
dalla primavera ci siano gli estremi per una mobilitazione ancora più ampia, con
azioni di protesta e sensibilizzazione per far comprendere la necessità di
mantenere libere le nostre coste da qualunque tipo di privatizzazione, abusi e
inquinamento. Da parte nostra continueremo a rivendicare il ripristino
morfologico della linea di costa e a lottare per le bonifiche a Bagnoli e San
Giovanni, oltre che oer il libero accesso alle spiagge a cui oggi si accede solo
attraverso le proprietà private di Posillipo.
«Un elemento su cui dobbiamo insistere è il fatto che il decreto lascia
comunque alle autorità locali la possibilità di fare nuovi bandi e rivedere i
piani concessori anche prima del 2027. Per quanto ci riguarda eserciteremo tutta
la pressione possibile affinché questo avvenga e perché il comune di Napoli si
assuma finalmente e per intero questa responsabilità. Porteremo avanti la
battaglia per superare la principale anomalia che riguarda la città, ovvero il
fatto che la gestione della costa è ancora in capo all’Autorità Portuale
piuttosto che al Comune: un passaggio già previsto da diversi accordi che doveva
avvenire entro il 2022 e che non è avvenuto. Si tratta di un passaggio
necessario, in quanto preliminare alla riscrittura della pianificazione sulla
costa, al bilanciamento tra le percentuali di spiagge libere e in concessione, e
all’elaborazione delle modalità con cui verranno scritti i bandi. Il Comune ha
approvato nei mesi scorsi una Consulta sul mare aperta ai comitati e alle
associazioni ma non l’ha ancora attivata: dovrà essere quello, e non un altro,
il luogo per la riscrittura di un nuovo piano, che dovrà avere come priorità il
libero e gratuito accesso di tutti al mare.
Naturalmente, parallelamente all’azione politica diretta continueremo a
esplorare tutte le possibili azioni legali contro la lobby delle spiagge, così
come abbiamo fatto in questi anni. Attendiamo la primavera del 2025 per le
sentenze contro il numero chiuso e la prenotazione on-line con divieto ai minori
non accompagnati alla spiaggia delle Monache, di Donn’Anna e della Gaiola,
imposti dal Comune. Nel frattempo, continueremo a sollecitare palazzo San
Giacomo e l’Autorità Portuale per ripristinare l’accesso a Riva Fiorita e
cercheremo di allargare il fronte organizzando una conferenza internazionale sul
mare libero a Napoli». (intervista a cura di riccardo rosa)