la guerra è una merda

L’esempio dei portuali di Genova è contagioso
BOICOTTARE BATTAGGION SPA L’esempio dei portuali di Genova, dopo una pratica di azione diretta iniziata nel 2019 contro l’esportazione e il transito di materiali d’armamento verso l’Arabia Saudita coinvolta nella guerra in Yemen e continuata negli anni con coerenza fino ai blocchi verso Israele, con il tempo è diventato contagioso. Non solo tra altri lavoratori dei porti mediterranei ed europei (fino a quelli australiani e nord-americani), ma nei diversi nodi della filiera logistica militare, nel mondo della ricerca e università fino all’industria che produce sistemi d’arma, dove sempre più giovani si rifiutano di lavorare. È sempre più frequente incontrare, negli eventi in cui siamo invitati come The Weapon Watch, singole persone, gruppi organizzati, associazioni che non si accontentano solo di manifestare, ma si pongono il problema, a partire dai territori in cui vivono, di mettere il classico granello di sabbia negli ingranaggi logistici, produttivi e finanziari che, dall’economia delle guerre e dei genocidi, traggono notevoli profitti. È quanto avvenuto in questi mesi a Bergamo dove, nonostante sia un territorio con una ridotta presenza di aziende coinvolte nella filiera militare, diversi cittadini e associazioni che avevano accompagnato con solidarietà e speranza la missione della Global Sumud Flotilla, hanno avviato un lavoro di ricerca e intervento per interrompere qualsiasi complicità presente nell’economia bergamasca con l’economia del genocidio, perpetrato dallo Stato di Israele nei confronti dei palestinesi. Nonostante il balbettio e le mezze verità del ministro degli Esteri e la falsità arrogante di quello della Difesa, le istituzioni italiane sono responsabili di violazione palese della Legge 185/90 per; 1. non aver interrotto tutte le esportazioni di materiali d’armamento verso Israele, derivanti da autorizzazioni precedenti all’ottobre del 2023; 2. non aver bloccato i transiti dai nostri porti di navi cariche di armi, munizioni, esplosivi ecc. provenienti da paesi terzi e diretti nei porti israeliani di Haifa e Ashdod; 3. non aver impedito il traffico illecito e non autorizzato di materie prime, semilavorati, componenti, composti chimici, tecnologie dual use ecc. destinate alle principali industrie militari israeliane, tranne che in un caso nel porto di Ravenna (come Weapon Watch ha già riferito in dettaglio). Ma alle responsabilità pubbliche, come ha dimostrato la giurista italiana Francesca Albanese nel suo rapporto all’Onu, si associano responsabilità private delle imprese che traggono profitto dal contribuire o sostenere l’economia del genocidio e le guerre israeliane. A questo fine, ad esempio, la vendita di materiale d’armamento del Gruppo Leonardo a Israele è finita in tribunale. Il 29 settembre 2025 le associazioni AssoPacePalestina, A Buon Diritto, ATTAC Italia, ARCI, ACLI, Pax Christi, Un Ponte Per… e la dott.ssa Hala Abulebdeh, cittadina palestinese, hanno depositato un atto di citazione notificato a Leonardo e allo Stato italiano presso il Tribunale civile di Roma, per chiedere che vengano dichiarati nulli i contratti stipulati da Leonardo Spa e sue controllate con lo Stato di Israele, relativamente alla vendita e alla fornitura di armi all’IDF, le forze armate dello Stato d’Israele. A loro volta gli attivisti bergamaschi, partendo dal loro territorio, hanno per prima cosa identificato, analizzando i dati contenuti nelle relazioni annuali presentate dal Governo a Camera e Senato, le sette aziende del territorio che hanno esportato materiali di armamento dal 2022 al 2024. La principale di queste è la Battaggion Spa, un’azienda metalmeccanica con stabilimento nel cuore della città, che produce tecnologie civili e militari, le ultime destinate alla produzione di esplosivi. A differenza delle altre aziende bergamasche che hanno esportato verso altri paesi europei (compreso il Regno Unito) e negli Stati Uniti, la Battaggion ha esportato verso Israele e paesi coinvolti in conflitti armati (come l’India) e/o con documentate violazioni dei diritti umani (come l’Uzbekistan). Questa tabella e il grafico seguente sono stati presentati alla conferenza stampa nel quale è stato lanciato l’appello “NO all’Economia di Guerra in Bergamasca, NO all’Economia del Genocidio in Palestina”. Il valore delle esportazioni di Battaggion rappresenta oltre l’80% dell’esportazione complessiva bergamasca di materiali d’armamento. Tra il 2022 e il 2024, l’azienda ha fatturato oltre 5 milioni di euro da commesse israeliane. Le esportazioni verso Israele sono quindi avvenute anche durante il genocidio in corso. Oltre ad esportare tecnologie per la produzione di esplosivi, l’azienda invia in Israele personale specializzato per la loro installazione e configurazione. La Battaggion vanta nuove commesse per ulteriori 5 milioni di euro destinate a paesi teatro di conflitto, che attendono solo l’autorizzazione del governo italiano. A questo punto, oltre a dissociarsi apertamente – in quanto cittadini bergamaschi – da qualsiasi coinvolgimento nell’economia del genocidio perpetrato da Israele contro i palestinesi, sono state avanzate precise richieste alla proprietà della Battaggion Spa, alle istituzioni locali e all’insieme della società civile bergamasca. * A Battaggion Spa: Riconsiderare immediatamente ogni esportazione di materiali d’armamento verso Israele, con particolare riferimento alle commesse in attesa di autorizzazione. Riposizionare l’offerta commerciale a favore esclusivo degli usi civili delle sue tecnologie, evitando ogni possibile utilizzo in violazione del diritto internazionale. Destinare risorse concrete alla riparazione materiale dei danni subiti dal popolo palestinese, attraverso contributi verificabili per la ricostruzione di ospedali, infrastrutture sanitarie e idriche distrutte a Gaza. Garantire che il riposizionamento commerciale dell’azienda non comporti alcuna conseguenza sui livelli occupazionali. La riconversione produttiva deve essere accompagnata da piani di salvaguardia dei posti di lavoro e riqualificazione professionale. * Alle istituzioni locali: Prendere posizione ufficiale contro il commercio di materiali d’armamento da parte di aziende bergamasche a favore dello Stato di Israele, con particolare riferimento al caso documentato di Battaggion Spa. Sollecitare con urgenza il governo nazionale alla piena applicazione della legge 185/1990. Vigilare affinché il territorio bergamasco non tragga profitto da commerci con paesi sospetti di violazioni del diritto internazionale umanitario. Opporsi con forza allo sviluppo dell’industria militare locale alimentato dagli investimenti del piano di riarmo europeo. * Alla società civile bergamasca: associazioni, enti giuridici, forze politiche, sindacati e singoli cittadini detengono il potere dell’azione collettiva. Esercitiamolo con determinazione, ciascuno in indipendenza e secondo le proprie specificità, per contrastare le pratiche locali che alimentano l’economia bellica di Israele. (Gianni Alioti)
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Turismo esperienziale e messa in scena dell’autenticità. Note da Oaxaca.
Di recente ha iniziato ad assumere una certa rilevanza nel dibattito messicano, tanto in quello mediatico che critico, il concetto di “gentrificazione”. Non è un caso che il 4 luglio di quest’anno si sia svolta una prima manifestazione “contro la gentrificazione” a Città del Messico, e che nella città di Oaxaca, situata nel sud-sudest messicano e teatro nel 2006 di una grande insurrezione popolare ricordata come la Comune di Oaxaca, si sia svolto il “primo incontro nazionale contro la gentrificazione”. L’uso dilagante e omogeneizzante della parola “gentrificazione”, esportata dal contesto londinese degli anni sessanta e che ruota spesso attorno ad analisi prettamente immobiliari e demografiche, va messo in discussione. Il turismo esperienziale è un problema di cui nessuna lettura semplicemente economica o economicista può rendere ragione. La patrimonializzazione di luoghi e culture, che diventano beni da consumare, dove il turista è uno spettatore che compra una esperienza dell’autenticità, si fonda sulla mistificazione della violenza dell’esproprio delle stesse popolazioni indigene la cui storia addomesticata viene messa in scena e data letteralmente in pasto alla massa di spettatori-consumatori. Asservire significa privare di suolo non solo in senso materiale, ma nel senso più profondo dell’iscrizione in una catena di trasmissione di significato. E’ un furto della memoria. Presuppone insomma una cancellazione genealogica, di modo che l’unica via d’uscita diventi farsi cosa, e questa è la matrice ultima di quello che succede nella città di Oaxaca, il cui “centro storico” dal 1987 è patrimonio culturale dell’umanità dell’UNESCO. Ne parliamo con due abitanti di Oaxaca.
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Una Schengen militare europea@0
Un mese dopo la presentazione della roadmap per una difesa UE a prova di aggressioni esterne entro il 2030, la Commissione europea fa un salto di qualità nella mobilità militare dell’Unione, che si scontra oggi con la realtà di 27 Stati nazionali che limitano gli attraversamenti di truppe e mezzi sui loro territori. L’obiettivo è creare una ‘Schengen militare’ entro il 2027, perché – come affermato dal commissario UE per la Difesa, Andrius Kubilius, prendendo in prestito le parole di un generale statunitense – “la fanteria vince le battaglie, la logistica vince le guerre”. Che Bruxelles faccia sul serio, si evince dalle presenze dei commissari europei alla presentazione del pacchetto sulla mobilità militare: oltre a Kubilius, la vicepresidente esecutiva Henna Virkkunen, l’Alta rappresentante per gli Affari esteri Kaja Kallas, il commissario per i Trasporti, Apostolos Tzitzikostas. Il dato di partenza è inesorabile: alcuni Paesi membri “richiedono ancora un preavviso di 45 giorni prima che le truppe di altri Paesi possano attraversare il loro territorio per svolgere esercitazioni”, ha affermato Kallas. Nel regolamento proposto dalla Commissione, l’obiettivo è ridurre i tempi burocratici ad un massimo di tre giorni. Eliminando barriere normative e semplificando le procedure doganali, Bruxelles vuole introdurre le prime norme armonizzate a livello UE per i movimenti militari transfrontalieri. Alcuni esempi pratici li ha indicati Tzitzikostas: “Semplificare le norme sul trasporto di merci pericolose”, o ancora “consentire i movimenti militari nei fine settimana e nei giorni festivi”. Attraverso l‘istituzione di un quadro di emergenza poi, verrebbe dedicato l’accesso prioritario alle infrastrutture agli apparati militari, e le procedure per lo spostamento di contingenti potrebbero essere ulteriormente accelerate. Sarebbe facoltà della Commissione, con l’approvazione degli Stati membri, formalizzare le situazioni di emergenza. Su un binario parallelo alla semplificazione delle normative, corre il potenziamento delle infrastrutture. “Se un ponte non è in grado di sostenere un carro armato da 60 tonnellate, se una pista è troppo corta per un aereo cargo, abbiamo un problema”, ha sottolineato l’Alta rappresentante UE. Lo scheletro esiste già, è l’infrastruttura della rete TEN-T. Su quella, la Commissione europea ha identificato 4 principali corridoi militari e 500 punti nevralgici da rafforzare. “Nella maggior parte dei casi – ha confermato Tzitzikostas – si tratterà di potenziare le infrastrutture esistenti”. In un ottica dual use, civile-militare, perché “nel 99,9 per cento dei casi” la rete servirà per cittadini e merci”. Un ruolo chiave nella rete TEN-T è stato assunto dall’Italia: quattro dei nove corridoi attraversano lo stivale, il Baltico-Adriatico, lo Scandinavia-Mediterraneo, il Reno-Alpi e il Mediterraneo. Dal punto di vista geostrategico e militare è particolarmente rilevante il corridoio Mediterraneo che collega i porti della penisola iberica con l’Ucraina, passando per il sud della Francia, l’Italia settentrionale, la Slovenia e la Croazia. Abbiamo contattato Fabrizio, del movimento no tav, per parlarci del TAV all’interno della mobilità militare europea, come snodo del corridoio strategico che unisce la penisola iberica all’Ucraina. Abbiamo poi chiesto a una compagna antimilitarista genovese di parlarci del progetto di ampliamento dei binari a Sampierdarena e del porto di Genova all’interno della mobilità militare europea, nel corridoio Reno-mediterraneo. Con una compagna di Messina abbiamo commentato l’inserimento del ponte sullo stretto all’interno del corridoio TEN-T ‘Scandinavo-Mediterraneo’. Citati nella puntata. Il Tav all’interno dei corridoi di mobilità militare europea Sulle ferrovie di Sampierdarena e del Porto di Genova Sull’operazione Ipogeo
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Nato. L’ammiraglio salpa per la guerra
L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo del Comitato Militare della Nato lo ha detto senza mezzi termini: «Dovremmo essere più proattivi e aggressivi. Un attacco preventivo potrebbe essere considerato un’azione difensiva, ma attenzione: è lontano dal nostro abituale modo di pensare e comportarci». Si tratta, ha chiarito Dragone, di valutazioni, al momento. Ma valutazioni che solo a un anno fa la dottrina militare occidentale e le leggi dei paesi dell’Alleanza precludevano. «Stiamo valutando di agire in modo più aggressivo e preventivo, piuttosto che reagire». Lo scontro diretto tra Russia e Nato è sempre più vicino Ne abbiamo parlato con Antonio Mazzeo Ascolta la diretta:  
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«Chinga la migra». Note dalla guerra civile statunitense.@1
2.3_1.12.25 Collaborazione tra Happy Hour e Ghigliottina (Radio Neanderthal, Napoli), questo approfondimento tratta delle recenti rivolte contro l’I.C.E. negli Stati Uniti, che oggi stanno incendiando Chicago, Minneapolis e Charlotte. L’I.C.E. (Immigration and Customs Enforcement), anche detta la migra, è la polizia anti-immigrazione creata dall’Homeland Security Act del 2002, dopo l’11 settembre, le cui retate oggi altamente spettacolarizzate hanno fatto sparire, nella sola Chicago, oltre 3.000 persone dall’inizio dell’operazione “Midway Blitz” a settembre. E’ la guerra civile mondiale a riflettersi nella guerra civile interna agli Stati Uniti, dove la violenza poliziesca cerca di disarticolare le reti di solidarietà popolare entrando al loro interno. I poliziotti dell’I.C.E. vengono infatti reclutati e profumatamente pagati all’interno delle stesse realtà latine, afrodiscendenti e asiatiche che vengono colpite: è per questo che indossano passamontagna per non essere riconosciuti durante le retate, che avvengono spesso senza mandato e con mezzi privi di targhe. Un immaginario, questo, che spesso viene associato alle pratiche dei paramilitari o dei cartelli, ma che invece esemplifica ciò che è stato lucidamente espresso oltre trent’anni fa, ovvero che « non solo Stato e Mafia si alimentano mutuamente, ma che lo spettacolo dello Stato si manifesta in modi squisitamente mafiosi » (Intorno al drago. La droga e il suo spettacolo sociale, AAVV, 1990). Il contesto statunitense ci parla anche di quanto accade qui, dove pure la detenzione amministrativa è arma di guerra ormai spogliata di qualunque orpello, e dove la “guerra ai migranti” si intreccia con quella al “terrore”, dal 7 ottobre in modo sfacciato, come dimostrano il caso di Seif a Roma, di Mansour a L’Aquila, di Ahmad a Campobasso e dell’imam Mohamed a Torino. Questa guerra è europea, è globale, come dimostra anche il caso di Abdulrahman al-Khalidi, dissidente saudita oggi da 1500 giorni in detenzione amministrativa a Sofia (Bulgaria), per volontà dell’Agenzia di Stato per la “sicurezza nazionale” bulgara, contraria persino ai pareri tribunalizi, e su richiesta del regime saudita, forse in cambio di favori energetici al cane da guardia delle frontiere europee. Con due compagne da El Paso (Texas) e Denver (Colorado) tracciamo un breve resoconto delle lotte contro la migra nel ventre della bestia, dall’utilizzo della paura come arma di controllo, alla centralità delle tecnologie che svelano la continuità tra diversi fronti di guerra, dalla Cisgiordania a Chigaco; dall’indeterminatezza degli attacchi polizieschi, dove la “guerra ai migranti” si sovrappone a quella al “terrore”, alle pratiche di autodifesa popolare, che dalla testimonianza sono passate alla rivolta, e al blocco di snodi strategici per la macchina delle deportazioni affiancano l’organizzazione di reti di prossimità in grado di attaccare direttamente la violenza statale a partire dagli spazi di vita quotidiana, in forme estranee alla grammatica politica della destra e della sinistra. Canzoni: Body Count, Cop Killer Residente y Ibeyi, This is Not America Krudas Cubensi, Emigrar Chico Trujillo, Reina de todas las fiestas
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Armi e appalti: l’Italia mantiene aperto il canale con l’industria militare israeliana
Nonostante la campagna di sterminio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, Arma dei Carabinieri e Polizia di Stato continuano ad equipaggiare i propri reparti di pronto intervento rifornendosi presso le più importanti aziende israeliane. L’11 novembre 2025, in occasione di “Milipol”, l’esposizione internazionale delle attrezzature per le forze di polizia che si tiene annualmente in Francia, l’azienda SOURCE Tactical Gear di Tirat Carmel (distretto di Haifa) ha annunciato che fornirà ai Carabinieri italiani 15.000 giubbotti antiproiettile predisposti specificatamente per il personale femminile. I giubbotti saranno dotati di particolari tasche ad accesso rapido e da combattimento ACCS per “migliorare la protezione dei militari e le prestazioni operative”. Secondo quanto riportato dalla testata specializzata IsraelDefense, il valore della commessa è di 8.685.000 euro. I giubbotti saranno acquistati con fondi del Ministero dell’Interno italiano per essere poi consegnati all’Arma dei Carabinieri. SOURCE Tactical Gear assicura che i giubbotti antiproiettile offriranno la “piena copertura balistica e la protezione dalle coltellate mantenendo la superiorità ergonometrica ed il comfort”. “I nostri giubbotti sono appositamente realizzati per adattarsi all’anatomia femminile: sono sagomati sul petto, sulla vita, sui fianchi e sulle spalle”, afferma il manager del settore marketing di SOURCE, Dovik Gal. “Il risultato conferisce un’ottima protezione, ventilazione e sicura performance in ogni scenario operativo, dai pattugliamenti e le missioni a bordo di veicoli al controllo della folla. L’equipaggiamento consente tempi di reazione rapidissimi, una maggiore resistenza e la sicurezza del personale durante le operazioni di ordine pubblico in ambito urbano”. Quella annunciata a Parigi non è purtroppo la prima fornitura alle forze di polizia militare italiane di equipaggiamento made in Israel. Da quanto verificato nell’archivio on line dell’Arma dei Carabinieri, il 13 marzo 2024 l’Ufficio approvvigionamento del Comando generale ha avviato l’iter di gara per l’acquisizione di 5.000 giubbotti antiproiettile in conformazione femminile con una spesa presunta di 5.569.300 euro, IVA compresa. Il bando prevedeva il diritto di opzione, limitatamente al biennio successivo al contratto iniziale, per l’approvvigionamento di ulteriori 3.000 giubbotti. Il 20 agosto 2024 il lotto da 5.000 giubbotti è stato aggiudicato alla SOURCE Vagabond Systems Ltd., società dell’omonimo gruppo SOURCE di Tirat Carmel, che ha offerto lo sconto percentuale del 7% sul prezzo posto a base di gara. La Source Vagabond Systems Ltd. è nota a livello internazionale per la produzione di sandali e attrezzature da trekking e sportive e di zaini e vestiario destinati al personale militare (in particolare il SOURCE Virtus Soldier System, venduto alle forze armate israeliane e al ministero della Difesa del Regno Unito per il British Army). Il Gruppo SOURCE è stato fondato nel 1989 dagli imprenditori israeliani Yoki Gill e Daniel Benoziliyo. Attualmente fornisce sistemi di protezione tattica e balistica, idratazione corporea in ambienti CBRN (chimici-batteriologici-radiologici-nucleari) e soluzioni modulari per il trasporto del carico. I prodotti SOURCE sono progettati da ex ufficiali dei reparti speciali delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e sono stati venduti alle forze armate e di sicurezza di Corea del Sud, Francia, Germania, Gran Bretagna, Israele, Singapore, Svezia e Stati Uniti d’America (il Corpo dei Marines ha acquistato 250.000 sacchi idratanti da 3 litri). I manager SOURCE rivendicano di aver equipaggiato le forze da combattimento israeliane con i propri zaini da 90 litri e con le sacche d’acqua tattiche da tre litri, in occasione della sanguinosa campagna “Piombo Fuso” del 2008-2009 contro la Striscia di Gaza. La rivista IsraelDefense ha pure riportato che “parallelamente alla commessa recentemente vinta da SOURCE, la società israeliana Marom Dolphin consegnerà 500 elmetti balistici alle forze di pronto intervento della Polizia italiana”. La rivelazione trova riscontro documentale nell’archivio on line del Ministero dell’Interno. Il 26 marzo 2025 la Direzione Centrale dei Servizi tecnico logistici della Polizia di Stato ha infatti aggiudicato l’acquisizione di “500 caschi antiproiettile (6° lotto) completi di visiera per U.O.P.I.” (si tratta delle Unità Operative di Primo Intervento, le squadre speciali della Polizia addestrate per intervenire in situazioni ad alto rischio, come minacce terroristiche, attacchi violenti o criminalità con soggetti armati e barricati). La commessa è stata affidata alla Prima Armi Srl in qualità di “ausiliaria” della società israeliana Marom Dolphin Ltd., per il valore di 318.250 euro, IVA esclusa. Al bando di gara avevano partecipato anche due aziende italiane, la Raleri Srl di Bologna e la Protos Srl di Taranto, ambedue escluse dalla Commissione aggiudicatrice per non aver prodotto i documenti “coerenti” alla richiesta (la prima) e per la “non conformità del campione presentato” (la seconda). In prima battuta l’offerta della Prima Armi Srl era risultata “anomala” in quanto sia il punteggio ottenuto relativo al prezzo offerto, che quello ottenuto dalla valutazione dell’offerta tecnica “avevano superato i quattro quinti dei punteggi massimi ottenibili tecnici ed economici”. Poi però la Commissione della Polizia di Stato, “alla luce delle giustificazioni prodotte dalla Società relativamente all'offerta formulata”, aveva ritenuto la medesima “congrua, seria, sostenibile e realizzabile”. La Prima Armi Srl ha sede a Pinasca (Torino) e ha registrato un fatturato nel 2024 di 3.660.000 euro. La società è “distributrice unica” in Italia della israeliana Marom Dolphin. Con sede e stabilimenti nella zona industriale di Alon Tavor di Afula (distretto settentrionale di Israele, nella piana di Esdraleon, al confine con la West Bank), la società è stata fondata nel 1993 da un gruppo di esperti con l’obiettivo di sviluppare soluzioni avanzate per il settore della sicurezza e della difesa, in “stretta collaborazione con le forze armate e di polizia israeliane, utilizzando il loro feedback per migliorare continuamente i propri prodotti”. Ad oggi la Marom Dolphin ha fornito equipaggiamenti alle forze di sicurezza, militari e alle agenzie governative di una cinquantina di paesi. Realizza in particolare giubbotti antiproiettile, zaini militari, cinture tattiche, elmetti, sistemi automatizzati e robot armati.   Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 25 novembre 2025, https://pagineesteri.it/2025/11/25/medioriente/armi-e-appalti-litalia-mantiene-aperto-il-canale-con-lindustria-militare-israeliana/
La guerra è tra noi: ora si vede
L’osservatorio the Weapon Watch ha raccolto, in questi ultimi giorni, una serie di notizie e informazioni che testimoniano l’ingresso di forza nella vita quotidiana degli italiani della guerra, dei suoi strumenti e delle sue priorità. Nel 1° episodio abbiamo parlato degli intensi movimenti di cannoni FH-70 attraverso la Liguria. Nel 2° episodio abbiamo guardato al potenziamento del nodo ferroviario di Pisa-Tombolo al servizio della logistica militare 3° EPISODIO Il movimento dei mezzi militari sulle strade del paese si intensifica, così come tra i comuni cittadini diviene sempre più acuta l’attenzione verso l’interferenza delle forze armate nella vita quotidiana. Sulla via Flaminia, a Roma, sabato 21 nevembre 2025. Dal punto di vista dell'”immaginario collettivo” – evidente obiettivo della propaganda governativa – l’attivismo militare è al lavoro sin dal varo della cosiddetta Operazione Strade Sicure, varata nel 2008 (appena quattro anni dopo la “sospensione” della leva obbligatoria) e prorogata innumerevoli volte (l’ultima con l’art. 90 della Legge di bilancio 2025, che la estende fino al 31 dicembre 2027), coinvolgendo 6000-7000 militari in compiti di polizia, cioè in concreto di presenza armata nei luoghi “sensibili”, quali le stazioni ferroviarie, le abitazioni di giudici e politici, sedi consolari e sinagoghe, La presenza dei militari è sempre più estesa anche nel mondo della scuola. Dal 2014 è attivo il protocollo d’intesa tra i ministeri dell’Istruzione e della Difesa, che di fatto ha consentito l’ingresso di attività “militari” o “militarizzanti” nelle scuole, sia con progetti scuola-lavoro e attività sportive di tiro a segno, sia con visite guidate nellinstallazioni e negli stabilimenti militari, fino a sedute del collegio dei docenti tenutesi all’interno di basi militari (ad Augusta, ottobre 2024), attività da anni demunciate dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Dal canto loro, le università – riformate in senso privatistico dalle “riforme” Berlinguer e Gelmini, e ora in procinto di subire la nuova governance pensata dal duo Bernini-Galli della Loggia – sono da tempo terreni d’elezione della ricerca militare di grandi gruppi come Leonardo e della strisciante predilezione per la collaborazione dual use con Israele. L’articolo è stato pubblicato da «il Giorno» il 3 aprile 2024. Nella prima metà del Novecento non si è posto in Europa il problema di rendere “normale” la guerra, c’era chi vedeva la guerra come “pulizia del mondo”, e chi si illudeva di andare gioiosamente a combattere l’ultima guerra dell’umanità, con le conseguenze che due Guerre mondiali e successivi immani spostamenti di popolazioni ancora oggi ci mostrano. Nella seconda metà del Novecento si è accanitamente cercato di rendere normale la pace, con uno sforzo diplomatico senza precedenti e la creazione di entità sovranazionali (ONU, Unione Europea) e organismi di cooperazione internazionale efficienti. Ma il primo quarto del XXI secolo ha segnato un’inversione di rotta drammatica, e negli ultimi due anni – successivi al trauma globale della pandemia – si sono demolite una ad una tutte le infrastrutture della pace, a cominciare da quelle psicologiche e culturali. Al punto che non scandalizzano più le parole di un generale francese («La guerra ad alta intensità è un ritorno alla normalità»), a cui oggi fanno seguito quelle del presidente Macron, uno dei principali apripista verso il baratro collettivo, che intende ripristinare la leva militare, per ora su base volontaria.
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Puntata del 25/11/2025@0
Il primo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di Federico Giusti delegato della CUB e della redazione del blog delegati-lavoratori-indipendenti-Pisa sulla conferenza stampa del 26/11/2025: “Ferrovieri contro la guerra, Coordinamento Antimilitarista Livornese, Cub Pisa danno appuntamento alle realtà contro la guerra e la militarizzazione dei territori, ai sindacati promotori dello sciopero generale del 28 Novembre per una conferenza stampa che si terrà Mercoledi’ 26\11 alle ore 15 in piazza della Stazione di Pisa (davanti alla fontana). Nella occasione parleremo di quanto sta avvenendo sulla linea ferroviaria Pisa-Livorno e in merito al potenziamento della base militare di Camp Darby per il trasporto di armi e munizioni anche a seguito della discussione avvenuta in Consiglio comunale a Pisa lo scorso 13 Novembre con la interpellanza di Diritti in Comune.” Buon ascolto -------------------------------------------------------------------------------- Il secondo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di Lorenzo Giustolisi dell’esecutivo nazionale confederale USB sullo sciopero generale del 28/11/2025: “Lo sciopero generale del 28 novembre sarà un’importante giornata di lotta contro la finanziaria di guerra del Governo Meloni: in decine di città in tutto il Paese si stanno preparando le mobilitazioni contro i tagli e le politiche del riarmo, per la fine dei rapporti con lo stato israeliano e del genocidio in Palestina, per i salari e le pensioni” A Torino l’appuntamento è alle ore 10 Piazza XVIII Dicembre Federico ci ha ricordato anche l’impegno che l’USB sta cercando di portare per far confluire tutte le realtà sindacali e politiche alla manifestazione nazionale a Roma che partirà da Porta San Paolo alle ore 14:00 il 29/11/2025 e che: Hai diritto di scioperare! Il 28 Novembre 2025 è stato proclamato Sciopero Generale da USB – Unione Sindacale di Base. Nessun obbligo di preavviso. Nessuna sanzione possibile. Sciopero legittimo ai sensi della L.146/90. Qualsiasi provvedimento disciplinare è nullo. Se lavori nei servizi essenziali (sanità, porti, aeroporti, stazioni, scuola) contatta il delegatə sul posto di lavoro per avere tutte le informazioni. Difendi i tuoi diritti, sciopera con noi! Buon ascolto -------------------------------------------------------------------------------- Il terzo argomento della serata è stato nuovamente quello dello sciopero generale. Abbiamo voluto sentire il punto di vista del SiCobas, intervistando Fabio, esponente della sezione torinese del sindacato di base, per farci illustrare le principali motivazioni per intraprendere questo doppio appuntamento nel fine settimana del 28 e 29 novembre di sciopero e mobilitazioni. Infatti oltre alla piazza nazionale a Roma, si terrà anche un appuntamento a Milano sabato 29 in risposta all’ ultima finanziaria del governo Meloni, in solidarietà alla alla resistenza palestinese contro la corsa al riarmo e l’economia di guerra. Obbligatorio è stato anche il passaggio sulla paradigmatica vicenda che ha visto protagonista l’Imam di Torino Mohamed Shahin e l’iniziativa di una mobilitazione permanente per chiedere la sua liberazione. Buon ascolto
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sicurezza sul lavoro
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Sciopero Generale
25 NOVEMBRE: CONTRO LA GUERRA E IL PATRIARCATO@1
Il 25 novembre 2025, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, per il secondo anno ha visto riempirsi piazze da tutta Italia: l’obbiettivo di dare risalto ai nodi territoriali sfida il classico corteo nella capitale che quest’anno si è tenuto sabato 22, contando 70 mila persone. Ad oggi in Italia si parla di 91 femminicidi monitorati dall’osservatorio di nudm solo nel 2025 e almeno 68 tentati femminicidi riportati. Il lavoro dell’osservatorio è particolarmente importante in quanto in Italia non esiste una banca dati pubblica sui femminicidi. Mentre secondo l’ISTAT sono 6,4 milioni le donne che hanno riportato di aver subito delle forme di violenza. Inoltre i dati dell’ISTAT pubblicati martedì confermano che le uccisioni avvengono all’interno delle relazioni più strette della persona. Infatti si riporta “Nel 2024, sulla base delle variabili disponibili, si stimano 106 femminicidi presunti su 116 omicidi con una vittima donna. Si tratta di 62 donne uccise nell’ambito della coppia, dal partner o ex partner, 37 donne uccise da un altro parente; sette casi, di cui tre donne uccise da un amico o conoscente e quattro da sconosciuti, per i quali l’accanimento sul corpo della donna motiva la classificazione dell’omicidio come femminicidio.” La giornata è stata caratterizzata dal discorso sulla violenza strutturale che ci circonda, espressa dal nesso tra guerra e patriarcato, due processi sistemici aventi matrici comuni. Infatti non sono mancati i rimandi alle mobilitazioni a sostegno della palestina con la esplicita volontà di inserirsi in una settimana che si concluderà con lo sciopero generale contro la legge finanziaria di economia di guerra venerdì 28 e il la 29 giornata mondiale per la palestina. A questo proposito Fatou di nudm Torino ci racconta il comunicato nazionale “Perchè come transfemministe sabotiamo la guerra”: (metti link) Con Maria di nudm Torino il racconto della giornata, partita dalla mattina con il fino al corteo serale cittadino: Con Simona di Lucha y Siesta commentiamo il crescente attacco del governo ai danni dei centri antiviolenza: Mentre con Carlotta di nudm Milano raccontiamo il corteo che ha contato almeno 10.000 persone, culminato nell’occupazione simbolica del villaggio olimpico: In ultimo riportiamo alcune delle interviste che abbiamo realizzato nel corso del corteo per restituire il clima e la voce dellx partecipantx :
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La guerra è tra noi: ora si vede
L’osservatorio the Weapon Watch ha raccolto, in questi ultimi giorni, una serie di notizie e informazioni che testimoniano l’ingresso di forza nella vita quotidiana degli italiani della guerra, dei suoi strumenti e delle sue priorità. Nel 1° episodio abbiamo parlato degli intensi movimenti di cannoni FH-70 attraverso la Liguria. 2° EPISODIO Un’interpellanza del giugno scorso, presentata dal consigliere Ciccio Auletta (gruppo Diritti in Comune) al Consiglio comunale di Pisa, ha avuto risposta solo nei giorni scorsi. Vi si chiedeva ragione delle interruzioni della circolazione ferroviaria tra Pisa e Livorno registratesi ogni mattina tra le 9.50 e le 12.50 dal 10 al 20 giugno 2025, ufficialmente motivate per “lavori di rinnovo degli scambi a Tombolo”. La risposta ufficiale di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) all’assessore del Comune di Pisa riferisce che «presso la stazione di Tombolo è stato eseguito un intervento di potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria, consistente nella realizzazione di un nuovo fascio di binari lato ovest» e in particolare «nell’ampliamento del corpo stradale e nella conseguente realizzazione di due nuovi binari con relativi impianti di trazione elettrica, uno di circolazione a modulo 750 nell’ambito del l’adeguamento del corridoio Tirrenico per le merci, e l’altro di allacciamento al nuovo raccordo della base US Army di Camp Darby». A questo proposito, RFI ha comunicato che nel periodo 1.1.2023-30.8.2025 attraverso il raccordo di Tombolo sono passati 44 treni (circa uno ogni tre settimane, in media) diretti a Camp Darby. Anche i Ferrovieri Contro la Guerra, in un loro comunicato, hanno rimarcato che la tardiva risposta di RFI e in generale la mancata informazione sui lavori a Tombolo risponde al tentativo di minimizzare la militarizzazione della rete e del lavoro ferroviario in atto. Come documentato anche dall’Atlante dell’industria militare di Weapon Watch, in realtà quello di Tombolo è un nodo intermodale di grande rilevanza militare. Il raccordo ferroviario, del cui potenziamento abbiamo detto, è infatti integrato con il porto fluviale sul Canale dei Navicelli, costruito nel 1980, poi caduto in disuso e recentemente sottoposto a lavori di potenziamento sotto la guida dell’839th Transportation battalion dell’US Army Military Surface Deployment and Distribution Command (SDDC), per un valore di 42 milioni di $ complessivi. I lavori, cominciati nel 2018, e durati oltre tre anni, hanno interessato soprattutto il ripristino della banchina (prima in ghiaia, ora soletta di calcestruzzo) prolungata a 152 m, una gru da 150 tonnellate, un ponte mobile ferroviario costruito poco a valle del ponte mobile stradale sulla Via Livornese, e una nuova linea ferroviaria verso Livorno con rafforzamento della testa dei binari. Alla fine dell’intervento lo scalo ferroviario di Tombolo – da anni abbandonato per il traffico passeggeri – potrà ospitare 150 vagoni. Lo stesso Canale dei Navicelli è stato potenziato con lavori di dragaggio e ripalancolatura per aumentarne la portata, commissionati da NSPA (NATO Support and Procurement Agency) alla Port Authority Pisa Srl (100% Comune di Pisa). Il collaudo navale è stato effettuato a fine ottobre 2024, con il passaggio della nave Dolphin-E, una portacontainer da 79 m, bandiera di Palau. Settembre 2024, inaugurazione del ponte ferroviario girevole sul canale Navicelli, alla presenza di autorità militari americane e italiane, tra cui il presidente della Toscana, Eugenio Giani, il prefetto Maria Luisa D’Alessandro, il Console generale degli Stati Uniti a Firenze, Ragini Gupta. La frequenza dei passaggi ferroviari per Camp Darby si accorda bene con gli arrivi a Livorno delle “navi della morte” provenienti dagli Stati Uniti, navi sempre cariche di armi da smistare sui teatri di guerra, dall’Africa al Medio Oriente, all’Ucraina. Weapon Watch ne ha già segnalato alcune, tra cui la bulk carrier «SLNC Severn» lo scorso maggio (dopo le proteste di settembre, la «Severn» opera ora sulla tratta Canada-Koper-Varna al servizio della logistica militare ucraina), e la portacontainer «Ocean Jazz» (oggi ribattezzata «Oceanic»).
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Voto bipartisan in Parlamento per la nuova Base di Guerra Navale di Messina
Il potenziamento bellico della Base Navale di Messina è stato deciso con voto bipartisan del Parlamento. Il devastante piano di “ammodernamento” infrastrutturale del Comando della Marina Militare nella Zona falcata della Città dello Stretto, area di straordinario pregio storico-architettonico e paesaggistico, è stato approvato all’unanimità dalle Commissioni Difesa della Camera dei Deputati e del Senato, rispettivamente il 7 e 14 febbraio 2024. Maggioranza ed “opposizioni” (Pd e M5S), sempre insieme quando c’è da finanziare l’acquisto di nuovi sistemi d’arma o progetti di ampliamento e/o rafforzamento di basi, porti e aeroporti militari. Con l’aggravante che questi provvedimenti strategici ed ultra onerosi vengono deliberati in tempi record. Il ricercatore William Domenichini di La Spezia (autore del volume “No Base Blu”) ricorda che il piano per le basi navali è stato approvato in soli 8 minuti dalla Camera dei Deputati e in 10 minuti dal Senato. La realizzazione del Grande Hub di Guerra a Messina è stata inserita nel cosiddetto Programma “Basi Blu”, relativo all’adeguamento e ammodernamento delle basi navali della Marina Militare predisposto dallo Stato Maggiore della Difesa. “Il programma in esame - si legge nella scheda tecnica del Governo - nasce dall’esigenza, di adeguare le capacità di supporto logistico delle principali Basi navali italiane (Taranto, La Spezia e Augusta), nonché di quelle delle Basi secondarie e di supporto logistico presenti nel Paese (Brindisi, Messina, Cagliari, Ancona, Venezia, Napoli e Livorno), in termini di spazio disponibile per l’ormeggio in banchina e di impianti preposti alla fornitura dei servizi”. Oltre alla realizzazione delle opere marittime, funzionali ad ampliare le banchine disponibili per l’ormeggio delle nuove unità da guerra e dei sottomarini in via d’acquisizione, il Programma “Basi Blu” prevede il “potenziamento dei servizi essenziali di base, come lo scarico e il trattamento di acque nere e grigie, il miglioramento delle capacità di distribuzione dei combustibili e l’adeguamento delle reti elettriche sulla base delle maggiori esigenze di carico”. La realizzazione di tali opere – si legge ancora nella scheda del Governo - consentirà alle basi della Marina Militare di “adeguarsi ai nuovi standard della NATO, consentendo di ospitare gruppi navali dell’Alleanza o di altri Paesi alleati”. Tra gli interventi di potenziamento e trasformazione delle infrastrutture portuali militari è previsto a Taranto il dragaggio dei fondali e il consolidamento strutturale delle banchine della Stazione Navale Mar Grande, nonché l’ampliamento della stessa, con la realizzazione di due nuovi moli. A La Spezia sarà incrementata la capacità ricettiva della base navale grazie alla ristrutturazione degli approdi e all’ampliamento del numero di ormeggi disponibili. Per quanto riguarda la base di Augusta (Siracusa) saranno invece ammodernate le opere marittime e dei servizi in banchina presso le aree tecnico-operativa (banchina “Tullio Marcon”) e tecnico-logistica (tra cui l’Arsenale). Nel capitolo relativo alle “Basi secondarie e di supporto logistico” è stato finanziato l’ammodernamento delle infrastrutture, delle opere marittime e dei servizi in banchina della stazione navale di Brindisi, “finalizzato all’ormeggio principalmente delle unità navali maggiori di nuova generazione impiegate per operazioni anfibie”. È inoltre previsto “l’adeguamento delle opere e delle infrastrutture di supporto logistico e abitative presso le basi destinate a ospitare il naviglio minore di nuova costruzione (Cagliari, Messina, Ancona, Venezia, Napoli e Livorno)”. Il Programma “Basi Blu” è stato concepito secondo un piano di sviluppo pluriennale che dovrebbe concludersi entro il 2033, con una spesa prevista in 1.760 milioni di euro. Ad oggi sono già stati finanziati 559,36 milioni con voto unanime del Parlamento. “Il completamento del programma, per il restante valore previsionale complessivo di circa 997,64 milioni di euro, sarà realizzato attraverso successivi provvedimenti di finanziamento”, riporta il Ministero della Difesa. “Il programma potrà beneficiare di ulteriori finanziamenti per mezzo dei Fondi di sviluppo e coesione, disponibili nell’ambito del Contratto interministeriale di sviluppo (CIS) per l’area di Taranto, per complessivi 203 milioni di euro”. Cioè soldi letteralmente rubati dai programmi di sviluppo territoriale e riduzione dei gap infrastrutturali Nord-Sud per accrescere la militarizzazione delle aree del Mezzogiorno. Il progetto dello Stato Maggiore della Marina Militare prevede per Messina la realizzazione di una nuova Banchina Comando presso la Base Navale della Zona Falcata, “con una nuova lunghezza utile di attracco, in prossimità del waterfront, pari a 210 ml., ed una larghezza di 15 mt., nonché la realizzazione di un nuovo piazzale, attraverso l’utilizzo della piccola porzione di specchio d’acqua, con profondità pari a 1,5 mt, situato tra la Banchina Comando ed il pontile Commissariato”. L’ampliamento della banchina consentirà l’ormeggio fino a quattro pattugliatori d’altura di nuova generazione PPX, la cui realizzazione è stata affidata alla società OSN - Orizzonte Sistemi Navali, joint venture dei colossi del comparto militare-industriale Fincantieri SpA (51%) e Leonardo SpA (49%). Le nuove unità da guerra saranno lunghe 95 metri, larghe 14,2 e avranno un dislocamento di 2.400 tonnellate. Relativamente alle opere a terra, il progetto per l’Hub Navale prevede la “ristrutturazione degli edifici, la riqualificazione ambientale delle aree contermini e dei sottoservizi (fognature, depurazione, ecc.), necessari a garantire un sufficiente supporto operativo e logistico”. Più specificatamente saranno “risanati” gli edifici che attualmente ospitano la “Palazzina I” (Villa Ammiraglio da destinare ad alloggi per gli Ufficiali) e il Cinema – sala congressi. Verranno invece demoliti e ricostruiti ex novo le Palazzine ex Lante, De Lutti, “N” (destinate tutte ad alloggi per il personale militare); l’ex Magazzino doganale; i magazzini SCC64 e SCC65; la mensa di servizio; l’infermeria presidiaria; il complesso sportivo; lo spogliatoio tennis; la palestra; i campi da calcio e basket; l’officina S.E.N.; la cabina elettrica. “In questa fase di progettazione non è ancora stato definito un preciso cronoprogramma delle attività, tenuto conto che le opere a mare e le opere a terra potrebbero essere avviate secondo stralci funzionali”, riporta lo Stato Maggiore della Marina. “Si evidenzia comunque che le opere a mare avranno una durata massima di 12 mesi (pertanto di entità lieve), mentre è presumibile che le opera a terra una durata di due anni”. Opere infrastrutturali – in verità - tutt’altro che “lievi” e che modificheranno irrimediabilmente il volto di un’area che potrebbe fare invece da polmone verde e museo storico-artistico all’aperto per una Città finalmente liberatasi dal ricatto del Ponte-Mostro sullo Stretto.   Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 26 novembre 2025, https://www.stampalibera.it/2025/11/26/linchiesta-voto-bipartisan-in-parlamento-per-la-nuova-base-di-guerra-navale-di-messina/
Piani di pace per l’Ucraina, militarizzazione della logistica, guerra ibrida@1
Il ministro della difesa tedesco Boris Pistorius, che nel 2024 sosteneva che saremo in guerra con la Russia nel 2029, adesso dice che succederà forse nel 2028, anzi che “alcuni storici militari ritengono addirittura che abbiamo già avuto la nostra ultima estate di pace”. Venerdì scorso, il Generale Fabien Mandon, Capo di Stato Maggiore delle forze armate francese, ha parlato esplicitamente del rischio di “perdere i propri figli” in un futuro conflitto con la Russia e ha esortato la Francia a prepararsi a sacrifici — umani o economici — vista la crescente ambizione russa di un confronto con la NATO entro la fine del decennio. «Siamo sotto attacco: il tempo per agire è subito»: così riporta il documento redatto dal ministro della Difesa Guido Crosetto, ora al vaglio del Parlamento. A minacciare l’Occidente e l’Italia sarebbe la «guerra ibrida» portata avanti, in particolare, da Russia, Cina, Iran e Corea del Nord, combattuta tanto a colpi di disinformazione e pressione politica quanto di minacce cibernetiche. Per questo, l’Italia avrebbe bisogno della creazione di un’arma cyber, composta di almeno cinquemila unità tra personale civile e militare. Solamente due settimane fa, Crosetto aveva dichiarato che l’esercito italiano avrebbe bisogno di almeno trentamila soldati in più. In Polonia, in risposta agli atti di sabotaggio che hanno colpito le infrastrutture strategiche della Paese, il premier Donald Tusk ha lanciato un’operazione su larga scala, l’operazione Horizon, per aumentare i controlli sulle infrastrutture del Paese, dispiegando 10mila soldati che lavoreranno insieme a polizia, Guardia di frontiera, Servizio di protezione delle ferrovie e ad altri enti responsabili della sicurezza dello Stato. Appena una settimana fa, un mese dopo la presentazione della roadmap per una difesa UE a prova di aggressioni esterne entro il 2030, la Commissione europea dichiara di voler incrementare fortemente la mobilità militare dell’Unione, che si scontra oggi con la realtà di 27 Stati nazionali che limitano gli attraversamenti di truppe e mezzi sui loro territori. L’obiettivo è creare una ‘Schengen militare’ entro il 2027, perché – come affermato dal commissario UE per la Difesa, Andrius Kubilius, prendendo in prestito le parole di un generale statunitense – “la fanteria vince le battaglie, la logistica vince le guerre”. Nei primi 15 minuti, parliamo del non paper di Crosetto sulla guerra ibrida, dei piani di riarmo europeo delle infrastrutture, della logistica di guerra facendo un po’ di rassegna stampa. Successivamente approfondiamo gli stessi temi, a partire dagli ultimi sviluppi nella guerra tra Russia e Ucraina, con la bozza di Trump per un piano di pace che ha contrariato l’Europa, con lo storico Francesco Dall’Aglio, saggista, esperto di est Europa e di questioni strategico-militari, gestore del canale Telegram «War Room».- Russia, Ucraina, NATO. Citati nella puntata: Non-paper sul contrasto alla guerra ibrida di Crosetto Libro bianco europeo per il 2030 Il Piano Rearm Europe
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