Con i disertori russi ed ucraini, per un mondo senza frontiere ed eserciti
Sabato 22 febbraio
giornata di lotta antimilitarista!
Ore 11 presidio al Balon
Fermiamo la guerra dall’Ucraina a Gaza, dal Sudan al Kurdistan, dallo Yemen al
Congo…
Sono passati tre anni dall’invasione russa dell’Ucraina e il conflitto si
inasprisce sempre di più.
Le guerre insanguinano vaste aree del pianeta in una spirale che sembra non aver
fine. Con la terribile guerra in Medio Oriente, il conflitto nel Mar Rosso, il
moltiplicarsi degli attacchi turchi in Rojava, le tensioni per Taiwan, il
perdurare dei conflitti per il controllo delle risorse nel continente africano,
il rischio di una guerra, anche nucleare, su scala planetaria è una possibilità
reale.
Opporsi concretamente è un’urgenza ineludibile.
La guerra in Ucraina ha nel proprio DNA uno scontro interimperialistico di
enorme portata.
Il prezzo di questa guerra lo pagano le popolazioni ucraine e russe.
Lo pagano oppositori, sabotatori, obiettori e disertori che subiscono pestaggi,
processi e carcere.
Lo paghiamo noi tutti stretti nella spirale dell’inflazione, tra salari e
pensioni da fame e fitti e bollette in costante aumento.
Il governo italiano si è schierato in questa guerra inviando armi, arrivando a
schierare 3.500 militari nelle missioni in ambito NATO nell’est europeo e nel
Mar Nero.
L’Italia è impegnata in ben 43 missioni militari all’estero, in buona parte in
Africa, dove le truppe tricolori fanno la guerra ai migranti e difendono gli
interessi di colossi come l’ENI.
L’Italia vende armi a tutti i paesi in guerra, contribuendo direttamente alle
guerre di ogni dove.
Torino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia.
Un’economia di morte.
La nostra città è uno dei maggiori poli dell’industria bellica aerospaziale.
Ed è a Torino che sorgerà la Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per
l’industria bellica aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal
Politecnico subalpino. La Città dell’Aerospazio ospiterà un acceleratore
d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei del Defence
Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della
NATO.
Progetti di morte che è impegno di tutt* inceppare.
Occorre capovolgere la logica perversa che vede nell’industria bellica il motore
che renderà più prospera la nostra città. Un’economia di guerra produce solo
altra guerra.
Provate ad immaginare quante scuole, ospedali, trasporti pubblici di prossimità
si potrebbero finanziare se la ricerca e la produzione venissero usate per la
vita di noi tutti, per la cura invece che per la guerra.
La guerra è anche interna.
Il governo risponde alla povertà trattando le questioni sociali in termini di
ordine pubblico: i militari dell’operazione “strade sicure” li trovate nelle
periferie povere, nei CPR, nelle stazioni, sui confini.
Il comitato per l’ordine e la sicurezza ha dichiarato zone a sorveglianza
rinforzata Barriera, Aurora, San Salvario, il centro cittadino.
Come se non bastasse il ministro della Difesa ha annunciato la costituzione di
una “riserva”, un corpo di 10.000 militari volontari in addestramento perenne
che possono essere richiamati per far fronte a qualsiasi “emergenza” interna.
Il governo di estrema destra alimenta la retorica identitaria, i “sacri”
confini, l’esaltazione della guerra. Le scuole e le università sono divenute
terreno di conquista per l’arruolamento dei corpi e delle coscienze.
In Russia e in Ucraina c’è chi lotta perché le frontiere siano aperte per chi si
oppone alla guerra.
Noi facciamo nostra questa lotta contro le frontiere, per l’accoglienza di
obiettor, renitent, disertor* da entrambi i paesi.
Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rigettiamo i vergognosi
giochini di Trump, Putin e dell’UE sulla pelle di popolazioni stremate dalla
guerra, messe a tacere da regimi, che in Russia come in Ucraina, gettano in
galera chi vi si oppone concretamente.
Solo un’umanità internazionale potrà gettare le fondamenta di quel mondo di
libere ed uguali che può porre fine alle guerre.
Oggi ci vorrebbero tutti arruolati.
Noi disertiamo.
Noi non ci arruoliamo a fianco di questo o quello stato imperialista. Rifiutiamo
la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro
pretese espansionistiche. In ogni dove. Non ci sono nazionalismi buoni.
Noi siamo al fianco di chi, in ogni angolo della terra, diserta la guerra.
Vogliamo un mondo senza frontiere, eserciti, oppressione, sfruttamento e guerra.
Il Regno del Marocco si conferma come il maggiore cliente arabo del complesso
militare industriale di Israele.
Secondo quanto rivelato dal quotidiano francese La Tribune, le autorità militari
di Rabat avrebbero sottoscritto con la grande azienda bellica Elbit Systems Ltd.
(Haifa) un contratto per la fornitura di 36 semoventi ruotati di artiglieria
ATMOS da 155 mm.
I sistemi di artiglieria saranno montati a bordo dei camion “Tatra” di
produzione ceca, per potersi trasferire e spostare sui campi di battaglia con
una velocità maggiore.
“L’ATMOS o Autonomous Truck Mounted Howitzer System è un sistema molto
flessibile che consente di installare cannoni da 105 mm e 155/39 – 155/52 mm su
telai di diversa provenienza, con cabina blindata per la protezione di
equipaggio ed artiglieri”, ripota il sito specializzato Ares Difesa.
I sistemi di artiglieria ATMOS sono dotati di sofisticati apparati
computerizzati di comando e controllo del fuoco che consentono il caricamento
automatico in grado di erogare fino ad 8 colpi al minuto ed ingaggiare bersagli
entro un raggio di circa 40 km.
I semoventi possono ospitare da due a sei militari di equipaggio. Gli ATMOS sono
avio trasportabili da velivoli come i C-130 “Hercules” prodotti dal colosso
statunitense Lockheed Martin.
Secondo quanto rivelato dal sito internet Army Recognition, la decisione
marocchina di dotarsi del sistema israeliano sarebbe maturata a seguito di una
serie di problemi tecnici riscontrati nel sistema di artiglieria semovente
CAESAR, acquistati dall’azienda KNDS France nel 2022 per un importo di oltre 200
milioni di euro. “Da qui la necessità di individuare un’alternativa più
affidabile ed efficiente come i cannoni di Elbit Systems”, spiega Army
Recognition.
Il sistema ATMOS da 155 mm è impiegato dalle forze armate israeliane dal 2004 ed
ha avuto purtroppo un ruolo di rilievo nelle sanguinose operazioni di
bombardamento contro la Striscia di Gaza a partire del 7 ottobre 2023.
L’ATMOS è stato venduto pure alle forze armate di Azerbaijan, Botswana, Camerun,
Colombia, Danimarca, Filippine, Romania, Ruanda, Thailandia, Uganda e Zambia.
“L’accordo tra le forze armate del Regno del Marocco ed Elbit Sistems, valutato
in centinaia di milioni di dollari, sottolinea l’interesse crescente di Rabat
verso la tecnologia militare di Israele e rafforza i legami nel settore difesa
tra le due nazioni”, commenta il portale Israel Defense.
Secondo il SIPRI, l’autorevole istituto internazionale di ricerca sui temi della
pace di Stoccolma, lo Stato di Israele è divenuto il terzo esportatore di armi e
apparecchiature militari al Marocco, conquistando una fetta del mercato pari al
10% di tutte le acquisizioni del Regno.
Dopo la firma dei cosiddetti “Accordi di Abramo” tesi a normalizzare i rapporti
diplomatici ed economici tra alcuni paesi arabi e Tel Aviv, nel novembre 2021 il
ministro della difesa israeliano Benny Gantz si è recato in visita ufficiale a
Rabat per sottoscrivere un accordo di cooperazione bilaterale nel campo della
difesa, dello scambio di informazioni di intelligence, della cooperazione
industriale, dell’addestramento e della formazione militare.
Nel 2023 l’Aeronautica da guerra marocchina ha ordinato il sistema di “difesa”
aerea e antimissile Barak MX prodotto dalle Israel Aerospace Industries (IAI)
con una spesa di 540 milioni di dollari. Inoltre vennero integrati a bordo dei
cacciabombardieri F-5E una ventina di sistemi radar prodotti da un’altra grande
azienda militare israeliana, Elta Systems.
Il Marocco si è rivolto ad Israele anche per dotarsi dei più avanzati sistemi
aerei a pilotaggio remoto, poi impiegati nella Repubblica Democratica Araba del
Saharawi (l’ex Sahara spagnolo) occupata illegalmente dal 1976.
In particolare nel settembre 2022 le autorità marocchine hanno acquistato 150
droni WanderB e ThunderB dall’azienda BlueBird Aero Systems (stabilimenti e
quartier generale presso l’Emer Hefer Industrial Park, distretto centrale di
Israele).
Recentemente sarebbe stato espresso pure l’interesse di acquistare da BlueBird
le nuove “munizioni vaganti” Spy X (loitering munition, anche note come droni
kamikaze).
Sempre nel 2022 il Marocco ha acquisito il sistema anti-drone SkyLock Dome
prodotto dalla compagnia SkyLock Systems Ltd. di Kefar Sava.
Nel luglio 2024, in piena campagna genocida contro la popolazione palestinese di
Gaza, il Regno del Marocco ha ordinato a Israel Aerospace Industries – IAI due
satelliti ad alta risoluzione OptSat-3000, che saranno messi in funzione nello
spazio entro cinque anni. Il valore della commessa è superiore al miliardo di
dollari.
“I satelliti venduti da IAI saranno in grado di operare in congiunzione con il
sistema satellitare radar italiano denominato COSMO-SkyMed”, spiega il sito
specializzato Israel Defense. E se lo affermano loro non c’è motivo di non
credere all’ennesima connection Roma-Tel Aviv.
Articolo pubblicato in Africa ExpPress il 13 febbraio 2025,
https://www.africa-express.info/2025/02/13/israele-affari-milionari-con-la-difesa-del-marocco/
Le forze armate ucraine puntano ad utilizzare i proventi dei beni russi
congelati dall’Unione europea per acquisire nuovi sistemi di “difesa aera”
prodotti dal complesso militare-industriale italiano.
E’ quanto emerso al vertice dell’11 gennaio 2025 tra il viceministro della
difesa dell’Ucraina, il generale Anatoliy Klochko, ed una delegazione
dell’Agenzia Industrie Difesa (AID), l’ente di diritto pubblico sotto il
controllo del Ministero della difesa italiano.
“L’incontro si è focalizzato principalmente sul potenziale utilizzo dei fondi
derivati dai beni russi congelati, con l’obiettivo di acquistare sistemi di
difesa aerea con il necessario munizionamento, prodotti in Italia”, riporta il
ministero della Difesa ucraino. “Questa iniziativa è parte di uno sforzo
maggiore finalizzato al potenziamento delle capacità difensive dell’Ucraina in
mezzo all’aggressione in corso da parte delle forze russe”.
Alla delegazione ufficiale dell’Agenzia Industrie Difesa, il generale Klochko ha
espresso l’interesse di Kiev di ottenere sistemi di munizionamento di calibro
differente. “Tuttavia è importante per noi conoscerne i costi e i tempi di
consegna, onde assicurare il supporto tempestivo alle forze armate ucraine”, ha
dichiarato il viceministro.
Il program manger di AID, Marcello Mele, dopo aver fonito una panoramica delle
principali attività svolte dall’Agenzia Difesa, ha assicurato la controparte
sulla volontà di rafforzare i meccanismi di collaborazione a supporto
dell’Ucraina, “assicurando sull’uso effettivo delle risorse UE per rafforzare le
capacità difensive ed industriali ucraine”. (2) Le due delegazioni si sono
impegnate ad esplorare per il futuro la possibilità di creare progetti
militari-industriali congiunti.
All’incontro hanno preso parte pure alcuni rappresentanti del Ministero delle
Industrie strategiche e lo staff generale dello Stato Maggiore della difesa
ucraino. Insieme hanno espresso l’intenzione di ottenere dalle autorità romane
batterie aggiuntive del sistema missilistico terra-aria SAMP-T, progettato e
prodotto dal consorzio europeo Eurosam formato da MBDA Italia (sotto il
controllo della holding Leonardo SpA), MBDA Francia e Thales.
L’Ucraina ha ricevuto dall’Italia una prima batteria di SAMP-T nel maggio 2023;
un secondo sistema anti-missile di Eurosam sarebbe stato consegnato invece a
fine 2024. Il SAMP-T viene impiegato principalmente per il controllo dello
spazio aereo e per intercettare e distruggere in volo i missili balistici e da
crociera, i caccia e i droni; esso può tracciare e colpire dozzine di obiettivi
simultaneamente. (3)
“Il sostegno italiano alle forze armate ucraine, avviato sin dall’inizio del
conflitto, si è concretizzato con la fornitura di un ampio ventaglio di
sofisticate tecnologie militari”, ricordano gli analisti del sito specializzato
belga Army Recognition. Oltre ai SAMP-T, l’Italia ha inviato a Kiev i sistemi di
“difesa aerea” anti-missile SkyGuard Aspide (a corto raggio) e Spada (a medio
raggio).
“Il coinvolgimento italiano non si è però limitato alla fornitura dei sistemi di
difesa aerea”, aggiunge Army Recognition. “Sono stati inviati infatti altri
sistemi d’arma, inclusi missili a lungo raggio, armi anti-tank e il relativo
munizionamento. In particolare, l’Italia ha fornito all’Ucraina il sistema
missilistico Storm Shadow, che è stato impiegato con significativo successo
contro obiettivi russi, inclusi quelli in Crimea. I carichi di armi italiane,
pur essendo in gran parte mantenuti top secret, hanno avuto un ruolo chiave
nella risposta internazionale all’invasione russa”. (4)
Il 9 gennaio 2025, due giorni prima del vertice tra i rappresentati della difesa
ucraina e i manager di AID, il ministro italiano Guido Crosetto ha incontrato a
Ramstein (Germania) - a margine della riunione del Gruppo di Contatto per la
Difesa dell'Ucraina (i partner NATO-UE di Kiev) - l’omologo ucraino Rustem
Umerov. Ancora al centro dei colloqui la possibilità di ulteriori forniture
italiane di sistemi missilistici e munizioni, nonché la necessità di dar vita a
co-produzioni militari italo-ucraine.
“La produzione congiunta di sistemi di difesa aerea e missili consentirà la
creazione di soluzioni a lungo termine per rispondere alle necessità militari di
ambedue le nazioni”, ha enfatizzato Rustem Umerov. Il ministro ucraino ha
altresì formalizzato la richiesta di mezzi corazzati per il trasporto del
personale delle forze armate e di veicoli da combattimento terrestre. (5)
Guido Crosetto non ha assolutamente deluso le aspettative ucraine. “Abbiamo
ribadito la necessità di supportare Kiev nella sua lotta per la sopravvivenza,
per la difesa della propria sovranità e delle infrastrutture civili, non
soltanto di quelle militari”, ha dichiarato prima di lasciare Ramstein. “Ci
auguriamo che quest'anno possa portare alla pace che tutti auspichiamo, una pace
giusta, che veda il ripristino della legalità internazionale e consenta
all’Ucraina di riprendere una vita normale e ai suoi cittadini, costretti a
lasciare il paese, di tornare e ricostruire la propria nazione come merita”. (6)
Intanto però Roma, Bruxelles e Washington continuano ad alimentare con sempre
più massicce consegne d’armi il sanguinoso conflitto fratricida russo-ucraino…
Note
1)
https://mod.gov.ua/en/news/ukraine-and-italy-discuss-the-possibility-of-using-revenues-from-the-frozen-russian-assets-to-procure-air-defense-systems
2)
https://defence-industry.eu/ukraine-and-italy-explore-use-of-frozen-russian-assets-for-air-defence-procurement/
3)
https://dia.dp.gov.ua/en/italy-is-not-only-one-of-ukraines-main-trade-and-economic-partners-but-also-a-sincere-friend-of-our-country/
4)
https://www.armyrecognition.com/news/army-news/2025/ukraine-explores-using-frozen-russian-assets-to-secure-advanced-italian-air-defense-systems
5)
https://mod.gov.ua/en/news/ukraine-and-italy-have-discussed-supplies-of-air-defense-systems-and-cooperation-in-defense-technologies
6)
https://www.difesa.it/primopiano/il-ministro-crosetto-a-ramstein-per-la-riunione-del-gruppo-di-contatto-per-la-difesa-dell-ucraina/62185.html
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 14 gennaio 2025,
https://pagineesteri.it/2025/01/14/mondo/guerra-si-rafforza-lalleanza-militare-tra-italia-e-ucraina/
A seguito di una propaganda elettorale incentrata sulla risoluzione in Ucraina,
dopo un lungo scambio con Putin nelle ultime ore, Donald Trump avvia i negoziati
per poi farli accettare a cose fatte a Zelensky. Una svolta che si inserisce in
settimane di disinvestimento progressivo da parte degli USA nello scenario
ucraino culminato con la richiesta […]
LA «SEVERINE» A BARI CARICA BLINDATI DELL’ESERCITO. IPOTESI SULLA DESTINAZIONE
Lavoratori e militanti per la pace ci hanno segnalano l’ennesima presenza della
nave ro-ro «Severine» (n° IMO 9539078) nel porto di Bari.
È la stessa nave più volte notata negli scorsi mesi anche a Monfalcone, e di cui
Weapon Watch si è già occupata in un precedente articolo. Come hanno ripetuto
più volte i lavoratori e le organizzazioni sindacali di Monfalcone, infatti, il
porto non è abilitato ai movimenti di armi e munizioni, neppure quelli al
servizio delle Forze armate italiane, di cui invece è un hub molto frequentato.
Nello scorso settembre, il Centro Balducci di Trieste e la Tavola della Pace del
Friuli-Venezia Giulia hanno protestato pubblicamente contro questi movimenti.
A Bari la nave «Severine» ha caricato una decina di mezzi militari pesanti,
probabilmente i blindati “Freccia” dell’Esercito. Non sappiamo dove diretti.
La «Severine» a Bari, 6 febbraio 2025.
Particolare dei mezzi caricati in stiva.
Da diverse fonti giornalistiche, sappiamo che «Severine» e la gemella «Capucine»
(IMO 9539066) hanno sostituito il ro-ro «Excellent» della Visentini Giovanni
Trasporti Fluviomarittimi nelle spedizioni marittime per conto del Ministero
della Difesa italiano, tramite una gara vinta dal colosso danese DSV,
affidatario abituale di questi servizi. Anche di DSV ci siamo occupati
recentemente, considerando che con l’acquisto dell’ex DB Schenker, filiale delle
ferrovie tedesche e grande trasportatore di armamenti in tutt’Europa, e dopo le
acquisizioni negli anni di specialisti come Panalpina, Agility e ABX-Saima
Avandero, DSV ha conquistato una posizione di primissimo piano nella logistica
europea per la difesa.
«Severine» e «Capucine» hanno la stessa bandiera (Malta), lo stesso manager
(Anglo-Eastern UK Ltd, con sede a Glasgow, Scozia) e lo stesso armatore, Cadena
Ro-Ro, che fa capo a CLdN RoRo, compagnia che ha sede in Lussemburgo meglio nota
sotto l’insegna Cobelfret-Compagnie Belge D’Affrêtements. Sono entrambe navi
abbastanza recenti, di quella tipologia che serve agli eserciti per muovere in
una stessa spedizione grandi quantità di materiali.
Prima del contratto militare la era impiegata nel Mare del Nord, area geografica
completamente abbandonata da due anni a favore di quella del Mediterraneo.
Sappiamo per esperienza che «Severine», come tutte le navi “militarizzate”,
profitta delle norme internazionali che consentono di spegnere il transponder
AIS in caso di «rischio di compromissione della sicurezza della nave» (IMO
guidelines, Resolution A.917(22)), anche se le rotte frequentate dalla nave non
ci sembrano affatto rischiose.
Negli ultimi tre mesi, «Severine» ha toccato in più occasioni Monfalcone.
Di norma riduce le fermate nei porti al tempo strettamente necessario alle
operazioni in banchina. Nel periodo, le soste lunghe sono state due, 9 giorni a
Crotone, 4 a Bari. Di quest’ultima sappiamo che la nave ha atteso il carico,
ovvero i mezzi gommati militari entrati uno a uno in porto. Il giorno 10
febbraio la nave si è mossa da Bari ufficialmente diretta a Ortona.
Gli scali della “Severine» tra dicembre e febbraio 2025.
Significativamente, la nave non ha dato segnale AIS in occasione di probabili
consegne di armamenti nel viaggio A/R da Monfalcone tra 6 e 14 dicembre 2024;
poi da Monfalcone ad Alexandroupoli tra 2 e 8 gennaio 2025, e da Alexandroupoli
a Crotone tra 8 e 11 gennaio. Infine ci sono 11 giorni tra la toccata di Savona
(25 gennaio) e l’arrivo a Bari (6 febbraio).
Deduciamo che un viaggio tra Monfalcone e Alexandroupoli si compie mediamente in
4-6 giorni, quindi quello compiuto nella prima metà di dicembre può
plausibilmente essere Monfalcone-Alexandroupoli-Monfalcone (in otto giorni).
Com’è noto, il porto greco di Alexandroupoli è il terminale marittimo usato
dagli Stati Uniti per il materiale da spedire via terra (ferro/gomma) in
Ucraina.
Non va dimenticata l’assiduità della nave nel porto
Con Alberto Negri, inviato per tanti anni in Medio Oriente e editorialista del
quotidiano “Il Manifesto”, abbiamo parlato delle ultime dichiarazioni di Trump
sulle guerre in corso in Russia e Ucraina e in Medio Oriente. Nella giornata di
ieri, infatti, Donald Trump ha rivelato di aver effettuato un colloquio (o più
colloqui) telefonico con Vladimir […]
L’amministrazione Trump ha gettato la maschera esplicitando il progetto
coloniale e imperialista che lo accomuna al piano sionista di Israele,
attraverso dichiarazioni shock senza precedenti il Presidente degli Stati Uniti
parla di deportazione e pulizia etnica del popolo palestinese in mondovisione.
Il ruolo della Cisgiordania in questo frangente è dirimente, non a caso
l’operazione Jenin […]
Lo Stretto di Messina, corridoio ad altissimo rischio di collisioni e incidenti
navali, è stato attraversato ancora una volta da un sottomarino nucleare
d’attacco. E’ accaduto domenica 2 febbraio 2025: a transitare in direzione
nord-sud è stato l’USS Indiana (SSN-789), sottomarino della nuova classe
“Virginia” in dotazione alla Marina Militare degli Stati Uniti d’America.
Il passaggio dell’unità da guerra a poche centinaia di metri dalla costa
siciliana è stato fotografato da alcuni cittadini. Ieri il sito specializzato
ItaMilRadar che effettua il monitoraggio dei velivoli e delle imbarcazioni
militari nel Mediterraneo ha pubblicato un breve video con il sottomarino in
transito nello Stretto, rivelandone finalmente l’identità.
“L’USS Indiana aveva effettuato una sosta tecnica a Gibilterra una decina di
giorni fa”, riporta ItaMilRadar. “Successivamente ha effettuato uno scalo nel
Golfo di Napoli prima di riprendere il viaggio verso sud”.
Il sottomarino d’attacco USA è lungo 115 metri, pesa 7.900 tonnellate ed è
alimentato da un reattore nucleare S9G PWR realizzato da General Electric, in
grado di generare 210 Megawatt. La sua velocità di navigazione è di 25 nodi
(circa 46 Km/h). Alle dipendenze del Submarine Squadron 12 di US Navy (quartier
generare a Groton, Connecticut), l’USS Indiana ha un equipaggio di 130 unità. E’
armato con 65 tra siluri (Mk-48) e missili (UGM-84 Harpoon e quelli da crociera
Tomahawk BGM-109, di cui esistono negli arsenali USA pure versioni nucleari).
“I sottomarini della classe Virginia sono stati realizzati per coprire un ampio
spettro di missioni in oceano aperto e sotto costa”, spiega il Command of
Submarine Force Atlantic di US Navy (Norfolk, Virginia). “Essi sono stati
concepiti come un’alternativa meno costosa della classe d’attacco Seawolf,
operativa negli anni della Guerra Fredda e stanno sostituendo i vecchi
sottomarini della classe Los Angeles”. Il costo di ogni unità della nuova classe
Virginia è comunque superiore ai 3 miliardi di dollari, armamenti e sistemi
elettronici e sonar esclusi.
“Sottomarini d’attacco veloci, quelli della classe Virginia sono piattaforme
multi-missione in grado di svolgere cinque delle sei missioni strategiche della
Marina militare: il controllo marittimo, la proiezione di potenza, la presenza
avanzata, la sicurezza navale e la deterrenza”, aggiunge il Command of Submarine
Force Atlantic. “Essi sono stati progettati per eccellere nella guerra
anti-sottomarina, contro le navi di superficie, nella guerra d’attacco, nelle
operazioni speciali, nell’intelligence, sorveglianza e riconoscimento, nella
guerra irregolare e anti-mine. I sottomarini d’attacco veloce proiettano la loro
potenza a terra con le operazioni speciali dei missili da crociera Tomahawk
nella prevenzione o nella preparazione delle crisi regionali”.
L’USS Indiana (SSN 789) è il 16° sottomarino nucleare d’attacco della classe
Virginia. Esso è stato realizzato nei cantieri navali di Newport dal colosso del
complesso militare-industriale Northrop Grumman. Il varo dell’unità da guerra
risale al 29 settembre 2019 con una cerimonia ufficiale a Port Canaveral,
Florida.
La più lunga missione d’oltre oceano del sottomarino risale al 2022: esso fu
impegnato per quasi sei mesi in esercitazioni nelle acque del nord Atlantico e
del nord Europa (Scozia, Isole Faroe, Danimarca, Norvegia, ecc.). Dopo una sosta
a fine luglio nella grande stazione aeronavale di Rota (Spagna), l’USS Indiana
rientrò alla base di New London, Connecticut.
Il sottomarino nucleare d’attacco è tornato in acque europee a partire dalla
fine del 2024, dopo aver lasciato il quartier generale di Groton il 24
settembre. A metà novembre l’USS Indiana ha effettuato una lunga sosta tecnica
nella base navale di Faslane (Scozia) per poi dirigersi verso il Mediterraneo a
seguito dell’escalation bellica israeliana a Gaza e in Libano. Il 31 dicembre
2024 il sottomarino era ormeggiato nel porto di Limassol (Cipro); dal 13 al 18
gennaio ha effettuato invece una sosta tecnico-operativa a Gibilterra. Il 2
febbraio, è infine transitato nelle acque dello Stretto di Messina in direzione
sud-est.
GUARDA IL VIDEO QUI: https://youtube.com/shorts/t6A7OZjwe80?si=hU5y-HGCat1LEOlW
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 4 febbraio
2025, https://www.stampalibera.it/2025/02/04/sommergibile-nucleare-usa-super-armato-in-transito-nello-stretto-di-messina/
COSA LEGA LA “GUERRA MONDIALE A PEZZI” ALLE LOTTE CONTRO I MALFATTORI DELLA
LOGISTICA
Questa volta la notizia riguarda FedEx, ma si tratta della 33a indagine di
questo tipo in cinque anni avviata dalla Procura di Milano, sempre per frodi
fiscali e previdenziali e falsi documenti che riguardano la somministrazione di
manodopera. I giudici di Milano applicano uno schema fisso: rilevate le frodi ai
danni del fisco, le valutano e sequestrano un pari importo all’azienda, che poi
lo riconosce in via definitiva per saldare la propria posizione, fatte salve le
responsabilità penali dei manager. Nella loro rete è finito il “fior fiore”
della logistica italiana, che in realtà si configura come un sistema per
truffare i lavoratori, in buona parte precari e immigrati. Detto in altro modo,
gli uffici legali e di consulenza dei grandi gruppi globali continuano a
elaborare nuove versioni del caporalato e del lavoro schiavistico, la più
recente – anche dopo i sequestri e la composizione giudiziale – quella di
costringere i lavoratori alla rinuncia del Tfr in cambio dell’assunzione
prevista dagli accordi.
C’è una impressionante coincidenza tra i grandi gruppi indagati e poi
“ravvedutisi” e gli operatori mondiali della logistica militare, quelli che
portano le armi e i proiettili nelle guerre in corso e che organizzano le guerre
future.
Il sequestro che pochi giorni fa ha colpito FedEx (46 milioni di euro) fa
seguito a quelli subiti dalle filiali italiane di GXO (83,9 milioni, luglio
2024), UPS (86 milioni, dicembre 2023), Dhl (23 milioni, febbraio 2023; 20
milioni, giugno 2021, poi versati 35 in via definitiva), Geodis (37 milioni,
dicembre 2022, finita poi in amministrazione giudiziaria), DB Schenker (nel 2022
commissariata per “infiltrazioni mafiose”, poi condannata a versare 10 milioni
al fisco e assumere 200 lavoratori). Sono tutti giganteschi gruppi americani ed
europei che vantano una grande esperienza nella cosiddetta defence logistics,
primari fornitori di servizi ai rispettivi apparati militari e ministeri della
difesa e operatori sul mercato globale.
Tutti conoscono la vocazione militare di FedEx. Fred Smith, il suo fondatore, è
stato pilota nei Marines in Vietnam. Un gran numero di ex militari lavora in
FedEx a tutti i livelli, reclutati con programmi specifici, siano ufficiali
piloti dell’Airforce o mogli di militari in servizio. Già sei mesi prima della
fine della ferma, il personale militare può frequentare corsi di formazione per
l’ingresso in azienda. FedEx invia pacchi dono personali in tutte le basi USA
sparse sul globo. È intrisa di cultura militare: i dipendenti che compiono
prestazioni esemplari al di là delle normali responsabilità lavorative ricevono
il premio “Bravo Zulu” (BZ), espressione con cui nella Marina militare si indica
il “lavoro ben fatto”.
Non c’è da stupirsi se FedEx è uno dei principali fornitori del Pentagono. Un
solo appalto, quello per la consegna di pacchetti espresso interni e
internazionali, valeva nel 2017 2,35 miliardi di dollari per cinque anni,
replicato nel dicembre 2022 con un appalto quadriennale da 2,24 miliardi di
dollari, da spartire insieme a Polar Air Cargo e UPS ma prolungabile fino al
2030. Fedex partecipa al programma CRAF (Civil Reserve Air Fleet), che consente
al Dipartimento della Difesa la requisizione (a prezzi di mercato) dei cargo
wide-body e a Fedex di partecipare alle gare di appalto per i servizi charter
della difesa.
Un fotogramma di Cast Away, film di R. Zemeckis (2000). Nel cerchio blu il
fondatore di FedEx, Fred Smith, nel ruolo di se stesso che dà il bentornato al
protagonista Chuck, interpretato da Tom Hanks (nell’ovale giallo).
Gli appalti della difesa, a partire da quelli negli Stati Uniti, sono
ambitissimi da tutti i grandi operatori della logistica e dei trasporti. Sono
ben remunerati, regolari, migliorano l’immagine commerciale. Tutti i gruppi
internazionali inquisiti a Milano servono gli apparati militari USA ed europei.
Ad esempio DB Schenker, filiale delle ferrovie tedesche, trasportava armamenti
in tutt’Europa prima di essere venduta a DSV, azienda danese che negli anni ha
inglobato specialisti come Panalpina, Agility e Saima Avandero, e che da tempo
garantisce praticamente in monopolio servizi a terra e in mare per le forze
armate italiane.
Notiamo che sinora le inchieste della magistratura italiana non hanno riguardato
i maggiori operatori della logistica globale, le gigantesche compagnie
armatoriali e marittime. I giudici sono partiti dalle cooperative fittizie che
gravitano attorno ai grandi centri logistici del nostro paese, e sono risaliti
lungo la catena di fornitura del lavoro. È tecnicamente difficile andare oltre e
coinvolgere la logistica marittima, che opera sfruttando ampiamente i porti
franchi doganali, i paradisi fiscali, le bandiere ombra, i registri navali di
comodo, e in strutture portuali che sono spesso controllate dalle stesse
mega-compagnie armatoriali. Eppure i padroni del traffico mondiale dei container
come MSC, Maersk, CMA-CGM, Hapag-Lloyd e i loro alleati d’Oriente stanno
costruendo le loro reti a terra, integrando filiere e modalità inseguendo la
catena da valore: l’integrazione di fatto c’è, ma è difficile dimostrare la
co-responsabilità.
Bisogna tener conto, poi, che chi opera stabilmente con gli apparati militari
deve di solito fornire garanzie onerose: utilizzare la bandiera nazionale,
rispettare gli standard di sicurezza più esigenti, applicare i contratti di
lavoro nazionali e garantire la cittadinanza del personale imbarcato. Per questa
ragione, l’armatore danese Maersk mantiene sotto bandiera americana più di
quaranta navi (portacontenitori, ro-ro, petroliere, general cargo), così come la
tedesca Hapag-Lloyd (sette navi). La partecipazione ai programmi del Military
Sealift Command americano permette – analogamente al cargo aereo – di
partecipare in posizione preferenziale ai bandi per i contratti charter.
Pur rappresentando una frazione tutto sommato ridotta del commercio mondiale, la
logistica per la difesa sta sempre più modellando il mondo dei trasporti e le
relative relazioni di lavoro. Tempo fa l’amministrazione militare italiana fu
costretta a vietare al proprio personale di pubblicare i propri profili
LinkedIn, per cercare di arginare l’emorragia di ufficiali verso impieghi in
Amazon e nei magazzini logistici. Il settore si sta trasformando e adottando le
prassi autoritarie – ipocritamente chiamate “efficienza” – che puntano sulla
divisione dei lavoratori (da una parte caste privilegiate e tutelate, dall’altra
paria senza diritti, con salari infimi e nessuna prevenzione degli infortuni),
mentre pratica ampiamente le frodi fiscali e previdenziali e lascia mano libera
ai grandi monopoli multimodali, too big to convict.
In fondo è a questo che servono le guerre.