Un’operazione, quella delle unità d’assalto della Marina militare israeliana
contro il veliero umanitario “Madleen” della Freedom Flotilla, che ricorda
tantissimo gli attacchi armati e gli abbordaggi di uno dei reparti d’eccellenza
delle forze armate italiane, la Brigata “San Marco” di Brindisi.
Componente da sbarco della Squadra Navale, la Brigata Marina “San Marco” ha
capacità di dispiegamento rapido in ogni teatro operativo. Dal Libano al Golfo
Persico, dalla Somalia all’Iraq e all’Afghanistan, non c’è stata missione
internazionale che non abbia visto operare i team del “San Marco” a fianco della
unità interforze da combattimento, italiane e dei paesi membri della NATO.
Soprattutto nelle azioni di incursione e arrembaggio contro le unità navali
“nemiche” o semplicemente “sospette” (prime fra tutte le imbarcazioni “pirata”
in navigazione nel Golfo di Guinea o al largo delle coste del Corno d’Africa).
Non appare certamente casuale che a metà dicembre 2022, meno di dieci mesi prima
da quel fatidico 7 ottobre 2023 in cui ha preso il via la campagna militare
genocida di Israele contro i cittadini palestinesi di Gaza, il Comando della
Brigata Marina “San Marco” con quartier generale a Brindisi, tributò i massimi
onori al generale israeliano delle forze armate israeliane, Itai Veruv.
Comandante degli istituti di formazione militare dello Stato di Israele, Itai
Veruv era al tempo a capo delle Depth Corps, i corpi d’élite creati nel 2011 per
operare in tempi rapidissimi “in profondità in territorio nemico”, specie contro
le milizie di Hamas e Hezbollah. I Depth Corps sono stati tra le unità da guerra
più attive nei più recenti raid di morte nella Striscia di Gaza e nel sud del
Libano.
“Il Generale di Divisione Itai Veruv, è stato accolto dal Comandante della
Brigata, Contrammiraglio Massimiliano Giuseppe Grazioso, durante la visita alle
strutture della Brigata Marina San Marco e alla base navale di Brindisi”,
riportò in nota lo Stato Maggiore della Marina Militare italiana, con tanto di
foto gallery che - alla luce di quanto accaduto la scorsa notte - è davvero
inquietante.
“Durante la visita il Generale ha potuto assistere ad alcune peculiari attività
addestrative della Brigata, tra cui la discesa in barbettone (Fast Rope) e in
corda doppia (Rappellig) su parete e su container, dimostrazioni di
combattimento militare corpo a corpo ed attività specialistiche di contrasto a
dispositivi esplosivi improvvisati (Counter-IED). Ha potuto, inoltre, osservare
alcuni mezzi terrestri e anfibi impiegati dai Fucilieri, tra cui l’Amphibious
Assault Vehicle (AAV-7) – veicolo cingolato anfibio in grado di navigare e
muoversi su terra”.
In occasione della sua missione ufficiale a Brindisi, il comandante in capo dei
Depth Corps israeliani è stato pure ospite del Gruppo Mezzi da Sbarco del “San
Marco”, a bordo di un battello d’assalto anfibio ad alta velocità, per “testarne
le capacità durante una breve navigazione nello specchio di mare portuale”.
“Nel contempo si è potuto assistere ad una attività dimostrativa di abbordaggio
svolta sulla nave d’assalto anfibia “San Marco” da un team del 2° Reggimento
della Brigata”, aggiungeva lo Stato Maggiore della Marina. “Al termine della
visita, presso la Sala Federico II del Castello Federiciano di Brindisi, il
Generale Veruv, apprezzate le specificità e la versatilità della Forza Anfibia
della Marina Militare, ha ringraziato i Comandanti della Brigata Marina San
Marco e della Terza divisione navale sottolineando l’importanza di questo genere
di incontri, precisando l’evidente e reciproco interesse conoscitivo tra i Paesi
e la volontà futura di poter programmare attività congiunte tra le Marine dei
due paesi”.
Artic0olo pubblicato in Pagine Esteri l’11 giugno 2025,
https://pagineesteri.it/2025/06/11/medioriente/cooperazione-militare-israele-italia-i-depth-corps-e-la-brigata-san-marco/
Il sottomarino a propulsione nucleare "USS Georgia" da cui sono stati lanciati i
missili da crociera Tomahawk Block V che hanno colpito i siti nucleari iraniani
di Natanz e Esfahan, si era addestrato il 17 luglio 2024 nelle acque del
Mediterraneo centrale con i Marines USA e con gli incursori del COMSUBIN della
Marina Militare italiana di stanza a La Spezia.
L'esercitazione dei corpi speciali è stata svolta sotto la guida del Comando
delle Forze navali USA in Europa in Africa NAVEUR-NAVAF che ha sede nella città
di Napoli.
Si tratta del Comando USA che ha coordinato tutte le operazioni del sottomarino
nucleare "USS Georgia" da quando è stato schierato dal Pentagono nel
Mediterraneo e nel Golfo Persico per operare a fianco di Israele e contro gli
Houthi in Yemen. E, adesso, contro l'Iran...
In foto un momento dell'esercitazione dello scorso anno con gli uomini del
CONSUBIN.
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 23 giugno 2025,
https://pagineesteri.it/2025/06/23/medioriente/litalia-e-la-guerra-usa-israele-contro-liran/
QUEL CHE NON SAPREMO PIÙ SE MODIFICHERANNO LA LEGGE 185/90
Nella primavera del 2024 abbiamo pubblicato “a puntate” una serie di spunti informativi tratti dalla Relazione 2024, presentata al Parlamento nel marzo di quell’anno. Qui riproponiamo la breve introduzione ai cinque articoli pubblicati, con i relativi rimandi per poterli leggere.
Il governo Meloni si prepara a snaturare la Legge 185 del 1990, quella che
impone il controllo delle attività di trasferimento degli armamenti concernenti
l’Italia. La 185 prevede, tra l’altro, la pubblicazione di una Relazione annuale
al Parlamento. Quella uscita pochi giorni fa potrebbe dunque essere l’ultima
Relazione contenente tutti gli elementi che – ancorché pubblicati in una forma
di proposito difficile da leggere – hanno sino a oggi permesso di dar conto
all’opinione pubblica dei trasferimenti di armi che riguardano il nostro paese.
La trasparenza del commercio internazionale ha sempre incontrato l’aperta
contrarietà dei fabbricanti/esportatori di armi, grandi e piccoli.
Preferirebbero condurre nella segretezza affari che condizionano pesantemente la
politica estera di ogni paese, il sostegno alle guerre in corso e ai dittatori
più impresentabili, la violazione dei trattati di regolazione e non
proliferazione, la protezione umanitaria delle popolazioni civili coinvolte.
Curti Costruzioni Meccaniche Spa (1a parte)
agenzia industrie difesa
Curti Costruzioni Meccaniche Spa (2a parte)
Una specialità lecchese: macchine per armi
Importare da Israele, esportare armi ad Israele
Lo scenario aperto dall’attacco di Israele all’Iran è dei più temibili, e la
posizione dell’Italia tra gli alleati di Israele è tra le più esposte.
Il parlamento non ha raccolto le proteste e le sollecitazioni della società
civile contro il tacito rinnovo per altri cinque anni del memorandum militare
segreto tra Italia e Israele, quindi tacitamente rinnovatosi lo scorso 8 giugno.
Da parte sua, il ministro della Difesa Guido Crosetto durante il question time
alla Camera dello scorso 21 maggio, ha affermato che il governo non sottopone le
importazioni militari da Israele a «una valutazione di merito sulla provenienza
dei materiali ma [al]la valutazione sul loro utilizzo finale e sull’impatto
potenziale sulla difesa e sicurezza dell’Italia». Ha ammesso così che queste
importazioni sono essenziali per la nostra difesa, sempre più dipendente
dell’industria militare di Tel Aviv.
I dati Istat confermano la crescente dipendenza dalle importazioni di un alleato
militare che negli ultimi venti mesi ha aperto sette fronti di guerra (Gaza,
Cisgiordania, Iran, Libano, Siria, Iraq, Yemen) e che un anno fa ha sparato
sulle postazioni italiane Unifil in Libano.
Nel 2022 l’Italia ha importato armi e munizioni militari (codice 9301) per 24
milioni di euro, nel 2023 per 16,5 milioni, nel 2024 diventati 32 milioni (+95%
in un anno). Nei soli primi due mesi del 2025 ha importato per 21,9 milioni: se
le consegne manterranno questo ritmo, alla fine dell’anno l’Italia potrebbe aver
importato armi da Israele per oltre 130 milioni di euro.
Anche in un altro settore, quello dell’industria aerospaziale (codice CL303), la
bilancia commerciale è sempre più favorevole a Israele, in attivo negli ultimi
tre anni, anche se nel primo trimestre 2025 l’export italiano è tornato a
crescere. Preoccupante che aziende italiane nel 2024 abbiano fornito a Israele
quantità consistenti di esplosivi (codice SH2 36).
L’inchiesta del sito francese «Disclose» pubblicata nel marzo 2025 ha rivelato
una fornitura a Israele di accessori per mitragliatrici leggere che non può
essere considerata “solamente difensiva”, come affermato dal governo francese.
Contro la spediizione del carica da Marsiglia-Fos si sono mobilitati i portuali
francesi e italiani.
Si sta formando una rete spontanea per fermare il traffico di armi verso
Israele. Da Anversa si segnala la spedizione di due container di cuscinetti a
rulli conici, da parte della società Timken France, filiale francese della
multinazionale USA leader del settore. Destinataria l’industria israeliana Ashot
Ashkelon, del gruppo IMI Israel Military Industries, specializzata in veicoli da
guerra terrestri.
Le navi coinvolte nel trasporto sono la «MSC Laura» e la «ZIM Vietnam».
La prima è arrivata ad Anversa l’1 giugno, ed è ripartita il 6 giugno con il suo
carico. È attesa in queste ore a Port Said, ultima tappa prima di toccare un
porto israeliano.
L’altro container non è stato caricato sulla «ZIM Vietnam» perché bloccata dalle
autorità fiamminghe, su sollecitazione della ong belga Vredesactie che ha potuto
vedere i documenti di trasporto e denunciare il transito di armamenti. Secondo
lo spedizioniere, le merci dovrebbero comunque partire per Israele il 17 giugno,
imbarcate probabilmente sulla «MSC Mombasa» in arrivo da Amburgo e diretta ad
Ashdod.
La collaborazione tra MSC e ZIM è il frutto secondario della riorganizzazione
dello shipping globale conseguente alla fine della decennale alleanza “2M” tra
MSC e Maesrk, annunciata nel 2023 e formalmente cessata nel gennaio 2025. È
stata firmata nel settembre 2024 e durerà tre anni, e include ovviamente gli
accordi di vessel sharing e slot charter.
L’azienda Ashtot Ashkelon è la stessa al centro dell’inchiesta della procura di
Ravenna, quale destinataria di 14 tonnellate di forgiati fabbricati in Italia ma
presentati in dogana quali pezzi metallici, senza autorizzazione all’export,
anche se Ashtot Ashkelon è certamente un’industria militare tra i più importanti
fornitori di armamenti dell’esercito di Tel Aviv.
Vi proponiamo testimonianze e prese di posizione di singoli ed organizzazioni
iraniane dopo l’attacco israeliano del 13 giugno e l’appello di alcuni gruppi di
esuli iraniani in Italia. “Rifiutate le narrazioni semplicistiche. Non siamo né
pedine di Israele né pedine del regime islamico. Non crediamo né nelle bombe
“liberatorie” né nei mullah “resistenti”. Siamo intrappolati […]
Passa immancabilmente dalla base siciliana di Sigonella parte del sostegno
delle forze armate USA alla guerra di Israele contro l’Iran.
Secondo il sito specializzato ItaMilRadar che monitorizza il traffico aereo
militare nel Mediterraneo, nei giorni 13, 15 e 16 giugno sono state documentate
lunghe missioni nello spazio aereo prossimo ad Israele, Libano e alla Striscia
di Gaza di un velivolo-spia Boeing P-8 “Poseidon” di US Navy, decollato dalla
stazione aeronavale di Sigonella.
“L’aereo ha svolto missioni di sorveglianza particolarmente inusuali a largo
della costa israeliana”, scrivono gli analisti di ItaMilRadar. “Il Poseidon ha
voltato a basse quote — a volte scendendo sotto gli 800 piedi (243 metri
d’altitudine, nda) — suggerendo la possibile ricerca di qualcosa che navigasse
sotto la superficie del mare”.
“Tuttavia, è preferibile mantenere una certa cautela su questi voli di
riconoscimento”, aggiungono gli analisti. “Negli ultimi due giorni, i Poseidon
sono tornati a volare a più alte altitudini, continuando a monitorare la regione
— possibilmente tenendo un occhio puntato su navi di superficie sospette,
incluse unità cargo che potrebbero potenzialmente trasportare armi per tentare
di attaccare Israele”.
Se resta incerta la motivazione dell’escalation dei voli nel Mediterraneo
orientale degli aerei-spia di stanza a Sigonella, il trasferimento in alcune
basi aeree europee di numerosi aerei cisterna di US Air Force confermerebbe
l’intenzione di Washington di intervenire direttamente nel conflitto
israelo-iraniano.
Sempre ItaMilRadar ha tracciato nel corso di lunedì 16 giugno l’arrivo di “più
di 20 aerei tanker del tipo Boeing KC-46A e Boeing KC-135R/T” negli scali
militari di Morón e Rota in Spagna e di Ramstein in Germania.
“I velivoli di US Air Force sono decollati da diverse basi in territorio
statunitense, incluse quelle di Tampa, Oklahoma City, Wichita, Wrightstown e
Pittsburgh”, spiegano gli analisti di ItaMilRadar. “Fino ad ora non siamo in
grado di capire se essi hanno sorvolato l’Atlantico da soli o accompagnando
altri assetti dell’Aeronautica degli Stati Uniti d’America, né in che modo essi
siano legati alla guerra Israele-Iran, ma è innegabile che questo pesante
traffico aereo è del tutto inusuale”.
Non ci sono conferme sul possibile atterraggio a Sigonella dei Boeing KC-46A o
KC-135R, anche se la stazione aeronavale siciliana è stata prescelta in ambito
NATO come futuro hub mediterraneo per i grandi aerei cisterna delle flotte USA
ed europee.
Relativamente ai P-8 “Poseidon” di stanza a Sigonella va ricordato che essi
svolgono generalmente operazioni antisommergibile ed antinave e missioni di
intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR), sia nel Mediterraneo che nel
Mar Nero.
Realizzati dal colosso industriale Boeing modificando i velivoli 737/800
impiegati nel settore commerciale, sono equipaggiati con sofisticati radar
APY-10 che possono mappare un’area di 10.000 metri quadri da una distanza di più
di 220 miglia. Gli aerei possono essere impiegati contro “target” di superficie
e in immersione lanciando missili antinave AGM-84 Harpoon e siluri Mark 54.
Il Comando di US Navy ha deciso di localizzare a Sigonella la flotta di P-8A
“Poseidon” destinata ad operare nel Mediterraneo, in Africa settentrionale e in
Europa orientale nell’ambito del cosiddetto programma BAMS (Broad Maritime Area
Surveillance) di “rafforzamento della propria superiorità strategica nello
svolgimento di missioni prolungate ISR”, a fianco dei droni USA “Global Hawk” e
“Triton” ed AGS della NATO, operativi anch’essi dalla grande base siciliana.
Per i nuovi pattugliatori sono state ampliate a NAS Sigonella le aree di
parcheggio e le piste ed è stato realizzato un maxi-hangar con annesso centro di
manutenzione del costo di 26,5 milioni di dollari, inaugurato ufficialmente a
metà gennaio 2022.
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 17 giugno 2025,
https://pagineesteri.it/2025/06/17/mondo/lombra-di-sigonella-sui-bombardamenti-israeliani-alliran/?fbclid=IwY2xjawK-f4RleHRuA2FlbQIxMQBicmlkETBmWjlBYUUxUWlFZ2FvSnNuAR4eqxiqR5pM9ed93w3euGW1GGdvpUHLalgXUsG5obuK5jOocnJkm7yWzguygQ_aem_B4AW9NwWSRGYN1YFEc4qrw
Giornalista freelance, insegnante, attiv
ista di tante battaglie pacifiste, contro la guerra e la militarizzazione, fra
cui quella NO MUOS, Antonio Mazzeo è finito a processo con l’accusa di
“diffamazione a mezzo stampa” per aver contestato la decisione della dirigente
di un istituto scolastico, di chiedere l’intervento di militari della Brigata
Meccanizzata “Aosta”, armati di tutto punto, per impedire “pericolosi”
assembramenti davanti la scuola.
Il MUOS (Mobile User Objective System) è un nuovo sistema militare di
telecomunicazioni satellitari che consente la trasmissione di informazioni,
video, dati, a tutti gli “utenti mobili”: centri di comando e controllo, reparti
e mezzi terrestri, unità navali, sottomarini, cacciabombardieri, droni
d’attacco, batterie missilistiche, e altro ancora. Il MUOS è un sistema adottato
dalle forze armate degli Stati Uniti d’America, perché possano affermare la
propria superiorità universale, tramite una rete di mega-antenne e satelliti per
telecomunicazioni ad alta velocità, affinché sull’infinito domini l’oscurità
della violenza, della guerra, della morte. Il MUOS è un sistema atto a
propagare, dilatare, moltiplicare gli ordini di attacco militare di tipo
convenzionale, chimico, batteriologico e nucleare, per bombardamenti sempre più
virtuali, computerizzati, disumanizzati e disumanizzanti perché la coscienza
degli assassini non possa mai incrociare gli occhi di chi soffre e la
disperazione delle vittime innocenti. Il MUOS incarna le molteplici
contraddizioni della globalizzazione neoliberista e capitalista, in quanto
uccide in nome della pace e dell’Ordine sovranazionale, devastando il clima,
l’ambiente e il territorio.
Come hanno reagito i pacifisti e gli attivisti nonviolenti all’installazione di
questo sistema d’arma?
L’ Eco MUOStro è stato installato a Niscemi, nei pressi di Caltanissetta, in
Sicilia, nel cuore di un’importante riserva naturale. L’impianto verte su tre
grandi antenne paraboliche che emettono onde elettromagnetiche in grado di
penetrare la ionosfera e i tessuti di ogni essere vivente. La popolazione locale
si è mobilitata per oltre dieci anni contro questo dissennato progetto bellico
dagli enormi impatti di tipo ambientale e sulla salute. Donne e uomini si sono
indignati per essere stati ignorati, traditi, svenduti e così sono scesi in
piazza a protestare e a manifestare il proprio dissenso, costringendo sindaci,
consigli comunali e provinciali a votare delibere contro il MUOS. Sono state
presentate numerose interrogazioni parlamentari; sono stati sottoscritti
moltissimi appelli e firmate innumerevoli petizioni per revocare le
autorizzazioni ai lavori, insieme a dibattiti, convegni, marce, digiuni e altre
forme di contestazione nonviolenta e pacifica. Ci sono stati scioperi generali
indetti dal basso a Niscemi e per la prima volta nella storia una base ad uso
esclusivo delle forze armate statunitensi è stata occupata per ore da migliaia
di manifestanti. Purtroppo alla fine è prevalsa la logica di distruzione e morte
dell’apparato militare-industriale transnazionale.
Avete vissuto l’EcoMUOStro come una grande sconfitta? Vi siete sentiti impotenti
di fronte a questo sistema di potere imposto dall’alto?
Il Movimento No Muos è stato sempre consapevole della sproporzione delle forze
in campo: da una parte migliaia di cittadini, giovani, donne che hanno sentito
il diritto-dovere di rimettersi in gioco in prima persona in difesa del loro
territorio e dei valori della pace, del disarmo e della cooperazione tra i
popoli; dall’altra, la prima potenza militare e nucleare del pianeta, aggressiva
e arrogante come sempre, in campo per affermare la piena supremazia sulle
risorse della terra e la sempre più iniqua ridistribuzione della ricchezza.
Ciononostante il Pentagono e i suoi più stretti alleati politici e militari in
Italia e in Sicilia sono stati messi più di una volta sotto scacco. I lavori
d’installazione del terminale terrestre del MUOS sono stati bloccati e ritardati
per anni e le ragioni dei No MUOS sono state riconosciute dai Tribunali penali e
amministrativi (si pensi alla recente sentenza del Consiglio di giustizia
amministrativa che ha dichiarato del tutto illegittime le autorizzazioni al
progetto rilasciate dalla Regione Sicilia). Certo se dovessimo limitarci a
vedere che l’esito finale di queste straordinarie mobilitazioni è stata la messa
in opera del Muostro, dovremmo dire che tutto è stato inutile. Ma quelle
campagne di opposizione hanno rappresentato per intere generazioni di siciliani
fondamentali momenti di crescita individuale e collettiva e una presa di
coscienza dei propri diritti e degli effetti nefasti dei processi di
militarizzazione e stupro dei territori. Ciò non potrà non avere rilevanti
conseguenze sociali e culturali a medio e lungo termine. E ciò concorrerà, ne
sono certo, a sviluppare nuovi percorsi di lotta per la pace, la giustizia e la
difesa dell’ambiente.
I governi nazionali che si sono succeduti e l’attuale governo dei banchieri
dell’alta finanza sono sempre favorevoli alla costruzione del MUOS. Il libro di
Antonio Mazzeo vuole denunciare, attraverso le tante voci della gente di
Niscemi, la prepotenza ottusa e la protervia ostinata dei vertici del potere,
favorevoli all’Eco MUOStro, un sistema-business per i mercanti di morte, che
comporta soprattutto la proliferazione della grande industria bellica, ma anche
un intenso inquinamento elettromagnetico, proveniente dai trasmettitori del
sistema, con devastanti microonde ad altissimo impatto ambientale. L’industria
della morte si impone ancora, famelica, insaziabile, inesorabile.
Con questo tuo libro sul MUOS sei riuscito a smuovere le coscienze di molti fino
ad arrivare a un processo. Puoi parlarcene?
No, davvero, non credo che un libro, da solo, possa riuscire a smuovere
coscienze e generale proteste, mobilitazioni, opposizioni. Il MUOStro di
Niscemi è stato solo un lavoro di analisi, sintesi e sistematizzazioni per
rendere il più possibile chiare a tante e tanti siciliani le tantissime
contraddizioni, anzi i crimini, di tipo sociale e ambientale, geostrategico,
perfino mafiosi, di questo progetto di rafforzamento della presenza militare
statunitense nell’Isola. Spero di esserci riuscito in parte ma non è più di
quello che può essere chiesto a un impegno di controinformazione. In fondo è
poco, davvero poco, rispetto alla portata educativa e formativa e generatrice di
dissenso delle azioni dirette e delle pratiche di disobbedienza civile dei No
MUOS.
Cosa ti aspetti per il nostro futuro prossimo anche dal momento che siamo sul
crinale del baratro di una terza guerra mondiale e potenzialmente nucleare con
l’attuale guerra tra Russia e Ucraina e con le tante guerre imposte nel mondo
dai poteri forti?
Sì, da quel maledetto 24 febbraio 2022 avverto profondamente il timore
dell’ennesimo rapido balzo dell’umanità verso l’olocausto globale.
L’inarrestabile escalation di questo conflitto fratricida ha rafforzato la mia
convinzione degli immani pericoli che potranno derivare a breve per la
popolazione mondiale. E del resto sono già tantissime le persone in tutto il
pianeta che stanno pagando un prezzo enorme in termini di sofferenza, fame,
salute, accesso alle risorse energetiche, e via dicendo. Mi addolora poi la
scarsissima opposizione generale, alla guerra e alla cultura di morte imperante.
Mai come adesso siamo a un passo dalla guerra nucleare totale eppure le piazze
sono vuote come non mai e il pacifismo si presenta fragilissimo. Sì, gli scenari
futuri appaiono tragici. Ma forse proprio per questo dobbiamo provare ad esserci
con tutte le nostre energie. Dobbiamo resistere all’uragano della morte,
coscienti dei rapporti di forza, ma decisi e intransigenti. Siamo certamente
stanchi, delusi e avvertiamo il peso delle tante, troppe sconfitte. Ma siamo
ancora vivi. Noi e i nostri figli. Per noi e i nostri figli.
Intervista a cura di Laura Tussi, pubblicata in Transform! Italia il 5 giugno
2024, https://transform-italia.it/leco-muostro-e-limpegno-di-antonio-mazzeo/
Dopo tre anni è tornata a bombardare le postazioni Houthi in Yemen a fianco
delle forze armate degli Stati Uniti d’America e del Regno Unito. Nel 2024 si è
invece caratterizzata per l’esecuzione di 345 condanne a morte, in buona parte
per decapitazione. Il Regno dell’Arabia Saudita è paese belligerante, all’indice
per le sistematiche violazioni dei diritti umani, ma l’Italia del governo
Meloni-Tajani-Crosetto ha scelto di consolidare la partnership
politico-diplomatica e militare-industriale con le autorità di Riyadh.
Per promuovere la cooperazione tra l’Esercito italiano e le forze armate saudite
dal 14 al 17 aprile scorso una delegazione dello Stato Maggiore guidata dal
generale Carmine Masiello si è recata in visita ufficiale in Arabia Saudita. La
missione ha previsto incontri con alti ufficiali e rappresentanti delle
istituzioni militari locali; in particolare la delegazione è stata ospite del
Comando delle forze di terra saudite, della National Defence University e
dell’Accademia militare “King Abdulaziz” di Riyadh.
“Tra gli obiettivi principali della missione vi è stato il rafforzamento delle
partnership industriali, il supporto allo sviluppo di nuove capacità, la
partecipazione ad esercitazioni congiunte e l’ammissione di personale saudita a
corsi di formazione in Italia”, spiega il ministero della Difesa. “Durante gli
incontri, sono stati affrontati temi cruciali legati alla sicurezza e alla
cooperazione militare, evidenziando le aree in cui l’Italia può fornire
supporto, in particolare attraverso l’industria della difesa e l’addestramento”.
Altrettanto enfatiche le dichiarazioni rese dal Capo di Stato Maggiore
dell’Esercito a conclusione della visita nel Regno saudita. “La cooperazione
militare è uno dei tanti pilastri che rafforzano il profondo rapporto di
amicizia tra i nostri Paesi”, ha espresso il generale Masiello. “Per elevare i
rapporti bilaterali tra i due Eserciti, siamo pronti per un piano d’azione
strutturato, con priorità condivise, per approfondire la conoscenza reciproca e
crescere insieme, interrogandoci sulle sfide emergenti e sul futuro degli
scenari”. (1)
A fine gennaio era stata la presidente del consiglio Giorgia Meloni a recarsi in
visita ufficiale in Arabia Saudita. Con il principe ereditario e primo ministro
del Regno, Mohamed bin Salman Al Saud, la Meloni ha assunto l’impegno a giungere
ad una “cooperazione strutturata” tra i due paesi, specie in campo
economico-finanziario e, ovviamente, militare-industriale. Ampia convergenza è
stata espressa su diverse questioni globali e regionali: dal rafforzamento delle
relazioni tra l’Unione europea e il Consiglio di cooperazione del Golfo alla
“ricerca di una pace giusta e duratura” in Ucraina; dal “consolidamento del
cessate il fuoco a Gaza” al “sostegno a un processo politico inclusivo” in Siria
e Libano. Giorgia Meloni e Mohamed bin Salman Al Saud si sono pure dichiarati
concordi nell’avviare iniziative comuni e collaborazioni pubblico-private nel
continente africano. (2)
Il via vai tra Roma e Riyadh di ministri, generali e ammiragli è stato
intensissimo negli ultimi due anni e mezzo. Il 25 gennaio 2023 il Capo delle
forze armate saudite, generale Fayyadh bin Hamed Al-Ruwaili è stato ospite a
Roma del ministro della Difesa Guido Crosetto, dell’allora Capo di Stato
Maggiore, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, e del responsabile del Comando
operativo di vertice interforze (COVI), generale Francesco Paolo Figliuolo. Il
generale Al-Ruwaili è stato pure accompagnato a visitare alcune delle maggiori
aziende del comparto militare-industriale: Fincantieri, Leonardo e Mbda (società
leader in ambito missilistico, controllata da Airbus, Bae Systems e Leonardo).
(3)
Guido Crosetto si è invece recato a Riyadh il 17 ottobre 2023 per incontrare il
ministro della Difesa, principe Khalid Bin Abdulaziz. “I due responsabili della
Difesa si sono confrontati su argomenti di stretta attualità, evidenziando il
comune impegno nel rafforzare il dialogo e la collaborazione tra Arabia Saudita
e Italia”, ha riferito l’ufficio stampa del ministero. “Crosetto si è anche reso
disponibile a esplorare nuovi ambiti di collaborazione per incrementare
l’interoperabilità delle Forze Armate dei due Paesi a beneficio della sicurezza
del Mediterraneo e del Golfo Arabico (…) dove l’Arabia Saudita svolge un ruolo
strategico per il processo di stabilizzazione dell’intera area”. (4)
La cooperazione congiunta nel settore della ricerca, dello sviluppo e della
produzione di sistemi d’arma è stata al centro della “prima edizione” del Joint
Consultative Committee Arabia Saudita-Italia, tenutosi nella capitale saudita il
4 e 5 dicembre 2023, presente l’allora Segretario generale della Difesa e
direttore nazionale degli armamenti, generale Luciano Portolano (oggi Capo di
Stato maggiore della difesa). Il generale Portolano è poi tornato a Riyadh il 7
febbraio 2024 per incontrare il Capo della Difesa del Regno, generale Fayyadh
al-Ruwaili.
Il 29 aprile 2024 ancora il Capo di Stato Maggiore ha ricevuto a Roma una
delegazione militare saudita guidata dal viceministro della Difesa, Ibrahim
Ahmed Al-Suwayed. “Durante l’incontro, volto ad avviare una partnership
strategica di lungo periodo, sono stati condivisi argomenti inerenti la
cooperazione tecnico-militare e i principali programmi di Difesa tra l’Italia e
il Paese mediorientale”, ha riportato in nota lo Stato Maggiore italiano. (5) I
vertici delle forze armate sauditi ancora in missione ufficiale a Roma il 13
maggio, con tanto di omaggi all’Altare della Patria e al Sacrario delle
Bandiere.
Fedeli alleati da oltre un trentennio
Con il ministero della Difesa e dell’Aviazione dell’Arabia Saudita, l’Italia
vanta un accordo di cooperazione da più di trent’anni. Esso fu sottoscritto il
17 febbraio 1993 dall’allora ministro della difesa, on. Salvo Andò (Psi), e dal
principe-generale Sultan bin Abdulaziz, e venne ratificato dal Parlamento il 2
marzo 1998. Nello specifico le due parti si impegnarono a costituire un Comitato
Misto Consultivo per promuovere attività tecnico-amministrative di mutua
collaborazione nel settore della formazione e dell’addestramento militare e
delle forniture ed acquisizioni di sistemi d’arma. L’Accordo aveva durata
quinquennale ma è rimasto in vigore sino ad oggi. (6)
Specie nell’ultima decade si è assistito alla crescita del numero di ufficiali
sauditi ospiti in Italia per stage formativi presso le accademie militari di
Modena, Pozzuoli e Livorno, le scuole di volo dell’Aeronautica o il Centro Alti
Studi della Difesa. A seguito della firma di un accordo tecnico tra
l’Aeronautica italiana e la Royal Saudi Air Force (23 marzo 2016, l’anno
successivo all’inizio dell’intervento bellico saudita in Yemen), gli allievi
piloti sauditi svolgono l’iter per il conseguimento del brevetto di pilota
militare presso il CAE MultiCrew di Pratica di Mare (Roma) e, per la “linea
elicotteri”, presso il 72° stormo di Frosinone. Ad essi si sono aggiunti i
percorsi addestrativi presso il Centro di Formazione Aviation English di Loreto
(Ancona), il 70° stormo dell’Aeronautica di Latina e, per l’addestramento alla
guida dei cacciabombardieri, presso il 61° stormo di Galatina (Lecce). (7) Il
personale specializzato dell’Aeronautica saudita svolge inoltre stage formativi
presso l’Istituto di Medicina Aerospaziale (IMAS) di Roma.
Le accademie militari italiane, in collaborazione con le università statali,
forniscono al personale militare saudita alcuni percorsi di laurea in dottrine
di guerra. All’Accademia Navale di Livorno, gli ufficiali della Marina e della
Capitaneria di Porto del Regno possono conseguire il titolo di dottore
in “Scienze Marittime e Navali” e in “Scienze del Governo e dell’Amministrazione
del Mare”. A Torino, presso la Scuola di Applicazione dell’Esercito e la Scuola
Interdipartimentale in Scienze Strategiche dell’Università degli Studi, il
personale militare saudita consegue la laurea specialistica in “Scienze
Strategiche”. “Lo scenario didattico del corso, frutto di una efficace sinergia
fra Esercito e Università, prevede cinque indirizzi: politiche organizzative,
sistemi gestionali, comunicazioni, logistica, economico – amministrativo”,
spiega lo Stato Maggiore. “Obiettivo comune della Scuola di Applicazione
dell’Esercito e della Scuola Universitaria Interdipartimentale è formare
professionisti militari e civili in grado di affrontare e risolvere situazioni
complesse nell’ambito di crisi e conflitti, in scenari nazionali e
internazionali (…) attraverso mirati soggiorni all’estero e l’osmosi culturale
fra mondo militare, accademico, scientifico, imprenditoriale e della
comunicazione”. (8) Il 1° agosto 2022 alla “giornata del laureato” in Scienze
Strategiche era presente a Torino una delegazione militare saudita guidata dal
Comandante del “King Abdulaziz Military College” di Riyadh, generale Ali Saleh
B. Alhudaif. (9)
Affari d’oro per le industrie di morte
Governo e forze armate sono in prima linea per accreditare presso il Regno
saudita le “eccellenze” della produzione bellico-industriale made in Italy.
Riyadh ha lanciato un programma strategico a medio termine (Kingdom of Saudi
Arabia Vision 2030) per ridurre la dipendenza dal petrolio e diversificare la
propria economia, principalmente grazie a sempre maggiori investimenti in ambito
militare e allo sviluppo di una produzione industriale che assicuri che non meno
del 50% dei sistemi d’arma venga realizzato in territorio saudita. Momento clou
per il rafforzamento delle relazioni tra le aziende italiane del comparto
militare e le forze armate dell’Arabia Saudita è stato il “World Defense Show”,
il salone espositivo degli armamenti tenutosi nella capitale araba dal 4 all’8
febbraio 2024.
Alla presenza del vice-segretario generale della Difesa e della direzione
nazionale degli armamenti, ammiraglio Pier Federico Bisconti e del viceministro
Ibrahim Al Suwaied, il gruppo Leonardo SpA ha sottoscritto un memorandum of
understanding con l’Autorità generale per l’industria militare saudita per
sviluppare investimenti e collaborazione nei settori dell’aerospazio, della
manutenzione e riparazione di velivoli, della produzione di sistemi di guerra
elettronica e radar e per l’assemblaggio di elicotteri. “Il MOU offre inoltre
alle parti un focus su aree specifiche, sia nel settore del combattimento aereo,
che in quello dell’integrazione multi-dominio, campi dove Leonardo sta
sviluppando tecnologie di nuova generazione (…) sistemi a pilotaggio remoto,
sensori integrati, digitalizzazione”, spiegano i manager del gruppo italiano.
“Le parti si impegnano altresì ad esplorare opportunità per la supply chain
nazionale in Arabia Saudita, e più in generale, per il ruolo di Leonardo nella
regione…”. (10)
Altri accordi tecnici con le principali aziende belliche italiane sono stati
sottoscritti in occasione della visita a Riyadh della premier Giorgia Meloni a
fine gennaio 2025. In particolare Leonardo SpA, ELT Group (già Elettronica) e
Fincantieri hanno firmato memorandum con la General Authority for Military
Industries (GAMI), l’entità che cura la localizzazione delle spese militari, con
la Saudi Arabian Military Industries (SAMI), holding statale che controlla le
aziende belliche, e con Shamal Group, gruppo di proprietà del ministero degli
esteri che fornisce servizi alle industrie della difesa.
Le industrie italiane guardano con particolare attenzione all’Arabia Saudita
quale possibile cliente del cacciabombardiere di sesta generazione (GCAP –
Global Combat Air Programme) in via di sviluppo dal consorzio guidato da
Leonardo, BAE Systems (Regno Unito) e Mitsubishi Heavy Industries (Giappone).
L’Aeronautica militare saudita ha anche avviato i negoziati per l’acquisto di un
secondo lotto di caccia “Eurofighter Typhoon” (48-56 esemplari), prodotti
dall’omonimo consorzio europeo in cui è presente ancora Leonardo.
“Ma grandi opportunità ci sono pure nel settore elicotteristico – gli NH-90 del
consorzio internazionale NHIndustries, ma non solo – e nel settore navale”,
scrive RID – Rivista Italiana Difesa. “In quest’ultimo, ricordiamo il requisito
per quattro nuove fregate leggere e la richiesta di informazioni inviata a
Fincantieri”. Tra caccia, elicotteri e unità navali, le potenziali commesse
saudite comporterebbero una spesa di oltre dieci miliardi di euro. (11)
Note
1)
https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Il-Capo-di-Stato-Maggiore-dell%E2%80%99Esercito-Italiano-in-Arabia-Saudita-250424.aspx
2)
https://www.avionews.it/item/1262125-visita-del-presidente-meloni-in-arabia-saudita-e-sulla-vespucci.html
3)
https://www.agenzianova.com/news/una-delegazione-militare-dellarabia-saudita-in-italia-per-discutere-di-cooperazione/
4)
https://www.difesa.it/il-ministro/comunicati/difesa-il-ministro-crosetto-in-arabia-saudita-n-119/29827.html
5)
https://www.difesa.it/sgd-dna/notizie/una-delegazione-della-difesa-dellarabia-saudita-in-visita-a-segredifesa/51647.html
6)
https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1998;48#:~:text=Il%20Presidente%20della%20Repubblica%20%C3%A8,Khalid%20il%2017%20febbraio%201993
7)
https://www.difesaonline.it/news-forze-armate/cielo/scuole-di-volo-al-72%C2%B0-stormo-di-frosinone-consegnati-4-brevetti-di-pilota-ai
8)
https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Il-198-corso-Saldezza-a-Torino_180904.aspx
9)
https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Giornata-del-Laureato-2022-a-Torino_220801.aspx
10)
https://www.leonardo.com/it/press-release-detail/-/detail/05-02-2024-leonardo-signs-mou-with-the-kingdom-of-saudi-arabia-for-aerospace-and-defence-collaboration-opportunities
11)
https://www.rid.it/shownews/7082/italia-e-arabia-saudita-l-rsquo-intesa-diventa-strategica-tante-opportunita-nel-settore-militare
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 5 maggio 2025,
https://pagineesteri.it/2025/05/05/primo-piano/italia-arabia-saudita-roma-dimentica-diritti-umani-e-guerre-e-consolida-la-cooperazione-militare/
L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università è il
riferimento contro chi vuole imporre la cultura militarista
“La scuola va alla guerra” è il titolo di un volume uscito a gennaio di
quest’anno per Manifestolibri. L’autore è Antonio Mazzeo, giornalista e peace
researcher, che da anni scrive articoli e saggi, realizza inchieste, raccoglie
documentazione, partecipa a incontri ed eventi in tutt’Italia per denunciare il
rischio della militarizzazione dell’istruzione. «È un processo – spiega Mazzeo,
che insegna educazione fisica alle medie a Messina – che non ha risparmiato
nessuna fascia generazionale».
Quando ha iniziato a occuparsi di militarismo?
Con il movimento per la pace. Sin dall’adolescenza, quando seguii la lotta
contro l’installazione dei missili nucleari Cruise nella base di Comiso. Come
ricercatore e giornalista ho seguito innanzitutto i processi di militarizzazione
in Sicilia, poi in tutto il Paese.
Come ha capito che era un fenomeno di portata nazionale?
Credevo si trattasse di anomalie legate a singole scuole che, subendo la
pressione di territori particolarmente militarizzati, aprivano l’istituzione
scolastica alla presenza delle forze armate: eventi sporadici, spesso dedicati a
temi non prettamente militari, che però registravano una presenza crescente di
rappresentanti delle forze armate. Poi, raccogliendo documentazione e
segnalazioni, ho preso coscienza che non era così: c’era dietro un preciso
progetto.
Come ha preso forma il tentativo di militarizzare la scuola?
Si è sviluppato negli ultimi 15-20 anni, anche se per molto tempo se n’è parlato
poco. Ha interessato tutta la scuola, da quella dell’infanzia a quella
secondaria di secondo grado, fino ormai all’università. Sono stati firmati
protocolli, il primo a livello nazionale è del 2014, e definiti accordi quadro
tra i ministeri dell’Istruzione e della Difesa. A volte è stato coinvolto anche
il ministero del Lavoro, ad esempio per i percorsi di alternanza scuola-lavoro,
oggi PCTO, che prevedevano la presenza degli studenti in basi e infrastrutture
militari, anche dentro le maggiori aziende del comparto militare-industriale.
Perché si vuole “invadere” la scuola?
L’obiettivo strategico è affermare la cultura della difesa e della sicurezza,
espressione che si trova ormai in tutti i documenti strategici delle forze
armate. Si vuole il consenso delle nuove generazioni su un modello di forze
armate che intervengono a 360°: sia all’estero, nelle varie missioni
internazionali, sia all’interno, in sfere una volta non di loro competenza.
Lei è stato fra i protagonisti del lancio dell’Osservatorio contro la
militarizzazione delle scuole e delle università. Com’è nata l’idea?
Su invito di centri di formazione per insegnanti, come il Centro Studi per la
Scuola Pubblica (Cesp), o di organizzazioni come Pax Christi, ho iniziato a
tenere un po’ in tutt’Italia corsi di formazione per il personale scolastico
sulla militarizzazione del mondo dell’istruzione. È emersa così l’esigenza, da
parte di insegnanti, intellettuali, sindacalisti, di strutturarsi. Sia per
organizzare meglio la raccolta e sistematizzazione di documentazione, sia per
costruire momenti di opposizione concreta.
A marzo 2023 alla Camera dei Deputati è stato lanciato un appello, firmato da un
centinaio tra docenti di scuola pubblica e universitari, da cui è nato
l’Osservatorio. Che oggi è un punto di riferimento per il mondo della scuola ma
anche per quel mondo politico e sociale più impegnato contro i processi di
militarizzazione e riarmo e contro la guerra. L’Osservatorio organizza anche
campagne, come quella dello scorso anno contro Giochi Preziosi che voleva
proporre zainetti per la scuola con i loghi degli apparati d’élite delle forze
armate. O la campagna per chiedere le dimissioni dei rettori delle università
pubbliche italiane aderenti alla Fondazione Med-Or legata a Leonardo, principale
azienda italiana produttrice di armi.
Che strumenti ha a disposizione il singolo insegnante o genitore per dire «no»?
L’Osservatorio ha prodotto un vademecum che indica gli strumenti giuridici
utilizzabili per opporsi concretamente ad attività quali una visita scolastica a
una base militare. Iniziative del genere non possono essere imposte da circolari
ministeriali o uffici scolastici e tanto meno da dirigenti scolastici, ma devono
essere discusse dagli organi collegiali. Altrimenti sono attività in violazione
di norme nazionali, a partire dalla libertà d’insegnamento sancita in
Costituzione, di disposizioni contrattuali e di norme internazionali che
regolamentano le funzioni del sistema educativo. E ci si può opporre, ad esempio
con la diffida. L’esperienza dell’Osservatorio comunque ci ha insegnato che
l’impatto maggiore si ottiene con la denuncia mediatica.
La militarizzazione della scuola sta vincendo?
Solo 3-4 anni fa, se parlavi di questi argomenti eri visto come un alieno.
Mentre oggi c’è un’enorme presa di coscienza in insegnanti, genitori e studenti.
Anche perché questi anni sono stati segnati da una guerra costante, dal
conflitto in Ucraina al genocidio del popolo palestinese, al rischio di una
guerra globale. Questa “pressione bellica” credo abbia imposto di assumere
l’enorme pericolosità del militarismo come un pericolo per la sicurezza di
ognuno di noi. Perché è funzionale a un modello di guerra permanente. Per cui
sono ottimista perché, nonostante l’apparato militare-industriale-finanziario
abbia investito enormi risorse, non ha “conquistato le menti” delle nuove
generazioni. Che anzi, come la stragrande maggioranza della popolazione,
rifiutano la guerra. Per essere più precisi, come dice la Costituzione, la
ripudiano.
Intervista a cura di Andrea Di Turi, pubblicata in Valori il 10 ottobre 2024,
https://valori.it/militarizzazione-scuola-intervista-antonio-mazzeo/
FACCIAMO LUCE SUI TRAFFICI DI ARMI ED ESPLOSIVI TRA ITALIA E ISRAELE
Mentre il governo si sta orientando al tacito rinnovo per altri cinque anni
dell’accordo militare segreto tra Italia e Israele, a che punto è l’interscambio
di armamenti tra i due paesi?
Come riporta l’ultima Relazione sulle operazioni autorizzate dalla Legge
185/1990, per decisione del governo nel 2024 le aziende italiane non hanno
ricevuto autorizzazioni ad esportare in Israele, paese in guerra – tra l’altro
– con gli stessi territori occupati nel 1967 (nel 2004 l’Alta corte di
giustizia di Tel Aviv l’ha definita «occupazione belligerante»). Negli anni
precedenti le esportazioni militari italiane verso Israele avevano mostrato una
tendenza declinante: nel 2023 le autorizzazioni erano state di 9,9 milioni di
euro, rispetto ai 21,4 milioni di euro registrati nel 2020.
La decisione del governo non ha però bloccato le consegne relative alle commesse
autorizzate in precedenza. Infatti proprio nel 2024 il Ministero delle Finanze
ha registrato esportazioni di armi ad Israele per 35,2 milioni di euro (importi
segnalati di transazioni definitive). Se dunque la posizione ufficiale del
nostro paese sul conflitto di Gaza è cauta, di fatto le armi prodotte in Italia
hanno contribuito e stanno contribuendo al massacro della popolazione civile
palestinese. È noto il caso dei cannoni super rapidi OTO Melara 76/62 fabbricati
a La Spezia dal gruppo Leonardo e impiegati sin dall’ottobre 2023 per bombardare
dal mare la popolazione di Gaza (vedi il nostro articolo del gennaio 2024).
Secondo l’Atlante di Weapon Watch, sono una sessantina le aziende che negli
ultimi anni hanno venduto armi a Israele. Le principali sono direttamente o
indirettamente sotto controllo governativo: Leonardo, Elettronica, Consorzio
Iveco-Oto Melara. Quasi tutte partecipano ai maggiori programmi di cooperazione
militare, in particolare per gli addestratori M-346 Alenia-Leonardo, i caccia
F16 (Fighting Falcon) e JSF (F-35). Alcune forniscono munizioni e attrezzature
per fabbricare munizioni, di cui Israele è grande acquirente globale e
fortissimo consumatore.
I dati che Istat raggruppa sotto il codice merceologico 93 – che mescola armi
leggere militari e civili, parti e ricambi e anche bombe pesanti e granate –
indicano che nonostante il blocco governativo nel 2024 l’export verso Israele è
stato quasi del tutto (89%) da armi militari. Le province più implicate sono
Lecco (probabilmente da Fiocchi Munizioni) e Brescia (il “distretto Beretta”
delle armi leggere).
Il dato più preoccupante, però, è la crescente dipendenza dalle forniture
militari israeliane, che contrariamente alle esportazioni stanno crescendo
fortemente. Il ministro Crosetto il 21 maggio scorso in Parlamento ha spiegato
che la Legge 185 «non prevede una valutazione di merito sulla provenienza dei
materiali ma la valutazione sul loro utilizzo finale e sull’impatto potenziale
sulla difesa e sicurezza dell’Italia». Quindi armi e attrezzature militari
israeliane sono indispensabili per la difesa italiana, al punto che è passato in
secondo piano il contributo economico sempre più forte che il nostro paese dà
all’apparato militare-industriale di Tel Aviv, apparato che si ramifica e
pervade gran parte dell’economia israeliana, oltre che i vertici militari e lo
stesso governo.
Dal 2021 le importazioni militari dell’Italia da Israele hanno superato le
esportazioni. Nel 2024, ben il 21% (in valore) delle importazioni militari
complessive autorizzate ha riguardato Israele, con 42 autorizzazioni, al secondo
posto appena dopo gli Stati Uniti (24%). Per quel che riguarda le operazioni
effettivamente svolte, tra le aziende importatrici troviamo in prima fila
Leonardo e le sue controllate Elettronica e Telespazio, due colossi globali del
munizionamento come KNDS-Simmel Difesa e RWM Italia (che probabilmente ha
ordinato in Israele 608 tonnellate di esplosivo CXM-7), Gelco (800 kit completi
per missile anticarro Pike) e anche dell’operatore logistico SLS che opera per
conto delle forze armate italiane e di gruppi come Leonardo, Fincantieri,
Thales.
La sempre più profonda interconnessione tra la difesa italiana e il complesso
militare-industriale israeliano è del resto un modello seguito da molti paesi
europei. Sono di ieri i dati diffusi dal Ministero della difesa di Tel Aviv – e
ripresi dal New York Times – che ha sottolineato il raggiungimento nel 2024 di
un record storico di vendite negli armamenti: 14,7 miliardi di dollari, di cui
circa la metà costituito da missili, razzi e sistemi di difesa aerea. Il 54%
delle armi prodotte da Israele è acquistato dai paesi europei.
Dal sito dell’azienda israeliana Ashtot Ashkelon Industries, destinataria del
materiale militare sequestrato nel porto di Ravenna
Il recente caso venuto alla luce nel porto di Ravenna (ne abbiamo parlato in un
articolo del marzo scorso) dimostra che la domanda dell’industria militare
israeliana, affamata di componenti per il proprio export, è molto forte e cerca
ogni via, anche illegale, per aggirare divieti e restrizioni. Quelli sequestrati
a Ravenna sono componenti per cannoni presentati in dogana da un “prestanome”
delle vere aziende produttrici come “lavori di ferro o acciai fucinati”.
La data per la manifestazione nazionale a Roma contro il riarmo e la guerra è
stata individuata nel 21 giugno, poco prima che si tenga il summit NATO all’Aja
dal 25 al 25 giugno sulla Difesa e la spesa militare. In quell’occasione infatti
i governi europei saranno chiamati a rispondere sulla loro disponibilità in
percentuale […]
A Briosco, paesino di poche migliaia di abitanti in Brianza, si è tenuta la
37esima edizione dell’Italian Raid Commando ossia una esercitazione militare
cammuffata da competizione/allenamento da svolgersi nella palestra della scuola,
resasi disponibile per l’accoglienza, oltre che nei boschi circostanti.
Cittadini e cittadine, militanti delle realtà della zona tra Monza e Lecco,
associazioni pacifiste, […]