Dopo due anni di combattimenti e massacri, entra in vigore la terza tregua a
Gaza: dopo mesi di bombardamenti e distruzione, un accordo mediato dagli USA e
firmato a Sharm el-Sheikh ha portato ad un cessate-il-fuoco che prevede il
rilascio degli ostaggi israeliani e di un numero proporzionale di prigionieri
palestinesi, mentre Israele si impegna […]
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
https://radioblackout.org//2025/09/anarres-del-19-settembre-statii-uniti-i-maga-allattacco-scuola-educazione-sessuale-in-salsa-familista-la-crisi-dei-droni/
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Stati Uniti. Maga senza freni
L’amministrazione Trump pigia sempre più l’acceleratore nella corsa al controllo
dell’amministrazione, dei media e delle istituzioni culturali. Passo dopo passo
con sfacciata arroganza incasella sempre più tasselli nel suo mosaico.
L’assassinio dell’influencer Maga Kirk gli ha offerto una buona occasione per
annunciare un’ulteriore stretta contro gli antifascisti, che vorrebbe far
dichiarare “organizzazione terrorista”.
Anche in Italia la vicenda ha scatenato la destra, che vi si è buttata a
capofitto.
Ne abbiamo parlato con Lorenzo
Educazione sessuale. Un affare di famiglia
Nella scuola procede a grandi passi l’opera reazionaria e repressiva del
ministro Valditara. Alle imposizioni contenute nelle nuove Indicazioni
nazionali, al codice disciplinare per i lavoratori, alla riforma del voto di
condotta, alla caccia al telefonino, alle sanzioni per chi decide di sostenere
un orale poco brillante alla maturità si aggiunge infatti la partita
dell’educazione sessuale, recentemente giunta in una fase calda del dibattito.
Lo scorso febbraio i deputati Sasso (Lega) e Amorese (FdI) presentavano una
proposta di legge a testa, entrambe finalizzate all’introduzione del consenso
informato delle famiglie per attività scolastiche inerenti sessualità e
affettività. In pratica per svolgere attività didattiche di educazione sessuale
e affettiva, seppure in chiave binaria e familista, serve il placet delle
famiglie.
A maggio le diverse proposte di legge venivano recepite in un disegno di legge
organico presentato dal ministro dell’istruzione Valditara, il DdL 2423. E
nell’estate è stato avviato il relativo iter.
Ne abbiamo parlato con Patrizia Nesti, insegnante e transfemminista
La guerra si allarga. La crisi dei droni
In questi anni di guerra abbiamo imparato che la propaganda bellica crea una
cortina di disinformazione tale da rendere quasi impossibile comprendere non
solo la dinamica e l’effettiva portata, ma a volte anche la stessa consistenza
di alcuni fatti. Certo è che entrambi gli schieramenti vogliono proseguire ed
estendere la guerra, o comunque passare ad un ulteriore stato di allerta in
Europa e ad un ulteriore livello di militarizzazione dei confini. Basti pensare
allo schieramento, annunciato, di 40000 soldati polacchi sul confine orientale
del paese e alle esercitazioni militari congiunte russe e bielorusse in corso a
distanza di relativamente pochi chilometri.
Quella che è stata chiamata “crisi dei droni” ha portato difatti ad un
innalzamento della militarizzazione del confine orientale della Polonia e ad un
aumento dell’impegno della NATO con la nuova operazione “Eastern Sentry”.
L’anarchia ai tempi della peste
Guerre, massacri, corsa agli armamenti. Le aporie infinite dei movimenti di
opposizione schiacciati tra campismo, propaganda e miopia.
Prime riflessioni
Appuntamenti:
Rudolf Rocker
L’anarchia oltre le macerie del secolo
Venerdì 3 ottobre
ore 21
corso Palermo 46
Rudolf Rocker “Anarchismo, Politica, Comunità. Scritti in un tempo di crisi 1919
– 1947”
Ne parliamo con il curatore del libro, Gianfranco Ragona, docente di storia
all’università di Torino e con David Bernardini, autore di “Contro le ombre
della notte. Storia e pensiero dell’anarchico tedesco Rudolf Rocker”
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
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Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
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Sul premier israeliano Benjamin Netanyahu pende dal 21 novembre 2024 un mandato
di cattura della Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità e
crimine di guerra, commessi dopo l’8 ottobre 2023 contro la popolazione
palestinese di Gaza. L’Italia poteva arrestarlo lo scorso 30 settembre ma ha
autorizzato, invece – unico paese europeo - che l’aereo in cui viaggiava di
ritorno in Israele dagli Stati Uniti d’America sorvolasse lo spazio aereo
nazionale.
Il sito specializzato ItaMilRadar ha tracciato nel pomeriggio di quella giornata
la rotta nel Mediterraneo dell’aereo del Boeing 767-338 dell’Aeronautica
Militare israeliana (numero di registro 4X-ISR) in cui viaggiava Netanyahu. Dopo
il decollo da New York, il Boeing ha superato lo Stretto di Gibilterra per poi
effettuare una lunga diagonale sopra il bacino marittimo per non dover passare
sui cieli di Spagna e Francia.
Il velivolo si è diretto verso nord-est volando prima a largo delle Baleari e
poi in direzione dello spazio aereo italiano. Il Boeing con il primo ministro
israeliano ha così sorvolato la Sardegna centrale e successivamente il sud della
Calabria per dirigersi infine verso l’Egeo e da lì all’aeroporto di Tel Aviv.
“L’aereo ha mantenuto la rotta a sud dell’isola di Creta, sorvolando le acque
internazionali, anche se all’interno della zona sotto il controllo radar di
Atene, ma comunque fuori dello spazio territoriale della Grecia”, riportano gli
analisti di ItaMilRadar.
“Grazie alla pianificazione del volo lontano dai paesi che hanno assunto una
posizione rigida sul dossier internazionale per il caso Netanyahu, è stata
minimizzata l’esposizione del velivolo alle giurisdizioni ritenute più
sensibili”, aggiunge ItaMilRadar. “Le autorità israeliane hanno preferito una
rotta molto più lunga: Atlantico, Gibilterra, Mediterraneo meridionale, Egeo,
Israele”.
Non prima però di attraversare impunemente l’Italia, paese sempre più coinvolto
e compromesso con il genocidio israeliano dei palestinesi.
Nella notte tra il 7 e l’8 ottobre, le forze armate di occupazione israeliane
hanno attaccato e sequestrato la Flotilla— 8 barche a vela e la nave Conscience
— in piene acque internazionali, a 120 miglia nautiche (220 km) da Gaza,
commettendo un ennesimo atto di pirateria, in violazione palese del diritto
marittimo internazionale e delle Convenzioni delle Nazioni Unite sul diritto del
mare (UNCLOS).
A bordo si trovavano equipaggi interamente disarmati, composti da medici,
infermieri, giornalisti, parlamentari e attivisti internazionali. Tutte e tutti
sono stati rapiti e sequestrati con la forza, mentre le 18 tonnellate di aiuti
umanitari destinate a Gaza — medicinali, apparecchiature respiratorie, forniture
alimentari e nutrizionali — sono state confiscate illegalmente.
La Conscience, l’ammiraglia, è stata assaltata dopo essere stata raggiunta da un
elicottero che ha portato a bordo una squadra di incursori.
In gergo tecnico-militare si è trattato di una "discesa con barbettone (Fast
Rape)". L'immagine ritrae i militari della Brigata San Marco, reparto d’élite
della Marina Militare italiana, di stanza bella base navale di Brindisi.
Coincidenza vuole che a questa operazione la San Marco si è addestrata in
o0ccasione della visita a Brindisi del Comandante degli istituti di formazione e
delle Depth Forces israeliane, generale di Divisione Itai Veruv, nel dicembre
2022.
"Durante la visita alla Brigata San Marco il Generale ha potuto assistere ad
alcune peculiari attività addestrative della Brigata, tra cui la discesa in
barbettone (Fast Rope) e in corda doppia (Rappellig) su parete e su container,
dimostrazioni di combattimento militare corpo a corpo (CMCC) ed attività
specialistiche di contrasto a dispositivi esplosivi improvvisati (Counter-IED)",
riportava l'Ufficio Stampa della Marina Militare italiana. "Ha potuto, inoltre,
osservare alcuni mezzi terrestri e anfibi impiegati dai Fucilieri, tra cui
l’Amphibious Assault Vehicle (AAV-7) – veicolo cingolato anfibio in grado di
navigare e muoversi su terra".
"Nel primo pomeriggio prosegue la nota - la visita è proseguita presso il Gruppo
Mezzi da Sbarco, dove la delegazione è stata imbarcata su alcun Battelli
d’Assalto Anfibi (BAA) - mezzi di superficie ad alta velocità - per poi testarne
le capacità durante una breve navigazione nello specchio di mare portuale. Nel
contempo si è potuto assistere ad una attività dimostrativa di abbordaggio
svolta sulla nave d’assalto anfibia “San Marco” da un team del 2° Reggimento
della Brigata."
L'Italia ha le mani sudicie di sangue del popolo palestinese. Ricordiamolo in
ogni manifestazione di piazza. E ricordiamo che il genocidio a Gaza si commette
anche con armi italiane e grazie alle attività addestrative che le forze armate
italiane hanno assicurato in questi anni ai reparti di morte israeliani.
Dalla rielaborazione delle previsioni macroeconomiche e di spesa pubblica
contenute nel Documento Programmatico di Finanza Pubblica (DPFP) per il triennio
2026-2028 approvato il 2 ottobre dal Consiglio dei Ministri emerge l’intenzione
del Governo di portare le spese per la Difesa dall’attuale target di 2% del Pil
(circa 45 miliardi di euro all’anno) al 2,5% del […]
Giovedì 2 ottobre, giornata di scioperi intersindacali in Francia nella cornice
della mobilitazione “Bloquons tout“, si è tenuta una manifestazione davanti alla
fabbrica francese Eurolinks, specializzata nella produzione di armi esportate in
Israele. Da diversi mesi, questa fabbrica è oggetto di diverse proteste per la
sua complicità nei crimini contro l’umanità e il genocidio che […]
Una terza intervista di Effimera sulla situazione genovese e sugli scioperi dei
portuali a sostegno alla Sumud Flotilla. Parla Riccardo Degl’Innocenti,
genovese, esperto di porti, attivista di The Weapon Watch, Osservatorio sulle
armi nei porti europei (www.weaponwatch.net), da sempre al fianco del CALP di
Genova.
L’intervista è a cura di Lidia Demontis e Roberto Faure.
1. La vostra mobilitazione è stata un successo, anche mediatico. Come pensate di
allargare la protesta? Esiste un collegamento con gli altri porti italiani?
Le cronache mediatiche, il tam tam sui social, la presenza nei cortei, le
testimonianze all’Assemblea pubblica di Genova del 26 e 27 settembre scorsi,
hanno mostrato che esiste nei principali porti italiani una rete di collettivi
autonomi e di rappresentanze, sia del sindacalismo di base che di quello
“istituzionale”, attiva con lo scopo precipuo di impedire il transito
internazionale illegale ai sensi della legge 185/1990 di carichi di armi. Le
parole d’ordine, più che ideologiche contro il carattere imperialistico delle
guerre, diretto o indiretto, e l’organicità del sistema economico capitalistico
con gli apparati militare-industriali, ricalcano la disobbedienza civile,
l’obiezione di coscienza, la conservazione di sentimenti umani, l’irriducibilità
a essere produttori di strumenti di morte e complici di crimini contro
l’umanità. Sono improntate a modelli di tradizione non violenta e di resistenza
passiva, ma rilanciano forme di “azione diretta” collettiva proprie
dell’operaismo, senza forme esplicite di violenza, semmai figurate in modi che
trasmettano la determinazione dei manifestanti a sostenere fino alla fine,
“senza paura”, gli obiettivi della lotta intesa e vissuta come causa giusta e
sacrosanta. Una convinzione sincera, che si trasmette empaticamente e appare
tradursi favorevolmente in consenso e allargamento della partecipazione.
2. Per sanzionare Israele è possibile ipotizzare un più ampio blocco o almeno
parziale boicottaggio delle merci provenienti da o dirette verso Israele? Magari
coinvolgendo il trasporto aereo?
Si è lungi dal boicottare l’economia e la forza bellica di Israele solo con
l’azione dal basso dei portuali, ma c’è la consapevolezza che i porti sono gli
snodi principali dei suoi commerci. Ciò permette anche a singole iniziative
locali di incidere sulle catene di rifornimento di Israele, in maniera
significativa, perché i portuali – diversamente dal militante pacifista che
manifesta simbolicamente fuori dei cancelli della fabbrica o del porto –
intervengono concretamente a bloccare o quantomeno a rallentare i flussi di
merce, nuocendo altresì alla efficienza di maglie più estese della rete
logistica coinvolta (provocando ritardi alle navi e alle altre merci trasportate
o l’indisponibilità delle banchine ecc). Anche se il porto coincide con un solo
tratto delle Supply Chain globali, esso resta il nodo più critico per i volumi
che vi transitano (incomparabili per maggiore grandezza rispetto agli
aeroporti), per la “rottura di carico” ossia il passaggio fisico dei container
dal vettore terrestre a quello marino, con il relativo e cruciale avvicendamento
tra le relative figure professionali e “politiche” che operano nelle rispettive
movimentazioni. Il mondo della logistica in generale è particolarmente sensibile
alle variazioni di programmazione dei flussi e quindi incline a evitare ogni
imprevisto, e ciò talora finisce, se non per agevolare la contestazione dei
portuali, almeno per contenerne i danni organizzativi e economici. Ovviamente,
l’iniziativa dei portuali può essere spontanea e improvvisata solo all’inizio,
poi necessita di una sufficiente forza collettiva e consenso sociale, e
soprattutto di una “copertura” sindacale per potersi muovere, anche se solo
sulla linea di confine degli strumenti di lotta consentiti dalle leggi e dai
contratti di lavoro. Non dimentichiamo i decreti Salvini e la natura giuridica
di porti, aeroporti e stazioni oggetto, di speciali norme a protezione della
loro sicurezza, economica e sociale in realtà, più che strategica “di Stato”.
Lo sciopero generale del 22 settembre 2025, a Genova.
3. Si coglie nell’aria una convinta richiesta popolare di lotta unitaria per far
cessare il fuoco (e la strage) a Gaza, superando le differenze e puntando a
rompere il fronte di chi vuole la guerra. Che cosa pensate si possa fare?
La richiesta autentica e estesamente popolare ha rimescolato le carte anche tra
i partiti e i sindacati. Il fatto che a Genova l’azione sia partita da un
collettivo operaio autonomo (CALP) e successivamente dal collegato sindacato di
base (USB) ha un po’ spiazzato le OO.SS. “istituzionali”, a cominciare dalla
CGIL. Più nei tempi, perché nel merito i contenuti delle rispettive iniziative e
parole d’ordine in questa circostanza e forse per la prima volta convergono e
paiono sostanzialmente coincidere. La primazia va al CALP se non altro perché
il movimento contro le armi nei porti ha avuto la riedizione contemporanea (dopo
le esperienze degli anni 70 riferite soprattutto a Vietnam e Cile) grazie alle
azioni del CALP dal 2019 contro le navi “della morte”, le saudite Bahri dirette
verso i teatri di guerra del Medio-Oriente e in specie dello Yemen. Già allora
ci fu una partecipazione “popolare” larga, di componenti molto diverse
dell’attivismo politico e civile, dalla estrema sinistra al mondo cattolico.
Anche allora la CGIL arrivò un po’ dopo, ma fu comunque decisiva per il successo
grazie alla sua forza di rappresentanza. Così come lo fu la “benedizione” di
Papa Francesco che riconobbe pubblicamente nei lavoratori portuali il tratto
della parresìa, nel praticare la lotta in prima persona e nella fermezza dei
valori con cui la sostenevano mettendo a rischio la propria libertà, e ne fece
il confronto con l’ “ipocrisia armamentista” delle istituzioni politiche e del
mondo economico, pacifisti solo a parole.
Il precipitare della crisi di Gaza con il genocidio in corso ha riacceso la
brace che covava e di tanto in tanto aveva fiammeggiato in questi anni con le
iniziative del CALP. Questi, nel frattempo, è confluito sindacalmente in USB
abbandonando la CGIL, a causa tra l’altro della tiepida posizione di
quest’ultima sui decreti Salvini. La decisione con l’associazione genovese Music
for Peace di contribuire e partecipare con un proprio leader, Jose Nivoi, alla
spedizione della Flotilla, è sì apparsa meramente umanitaria, ma anche di
altissimo valore politico per il coraggio e la chiarezza del messaggio
trasmesso. Essa ha acceso un incendio indistinguibile di emozioni e di coscienze
che è andato oltre le etichette, per lo più ignote alla maggioranza dei 40mila
manifestanti del grande corteo che ha salutato la partenza della Flotilla.
Salvo l’etichetta del CALP, i cui membri, grazie ai loro comportamenti di lotta
a viso aperto in porto, hanno reincarnato il mito che si era un po’ spento dei
camalli duri, franchi e liberi. Grazie anche al loro costante presidio e azione
antifascista militante, nella città medaglia d’oro della resistenza come i loro
nonni e del 30 giugno 1960 come i loro padri. E grazie, in queste ultime
settimane, alla antiretorica asciutta e decisa di uno dei loro leader, Riccardo
Rudino, colui che ha invitato i portuali di tutta Europa a “bloccare tutto” se
la Flotilla sarà colpita. Con la avvedutezza, però, di una puntuale
declinazione: distinguere come e dove colpire gli interessi militari e economici
israeliani, oggi parimenti criminali, perché invece i commerci pacifici sono la
vita dei porti e il pane dei suoi lavoratori.
4. In particolare con quali soggetti politici e con quali comunità possiamo
sperare di costruire una rete capace di far sentire a Israele la nostra
indignazione?
I portuali per continuare a reggere il peso e i rischi del loro impegno hanno
bisogno non solo della vitale partecipazione popolare, ma anche dell’alleanza
con i lavoratori delle altre categorie che operano nella filiera del trasporto
marittimo e più in generale nell’ambito del cosiddetto “cluster portuale”.
Abbiamo documentato spesso come Associazione The WEAPON Watch la molteplicità di
interessi economici e di lavoratori che concorrono al viaggio internazionale
delle merci militari e al loro transito nei porti. Per fare un esempio, il porto
di Genova movimenta annualmente circa 30-35mila teu (unità di misura dei
container) nei confronti dei porti israeliani di Ashdod e Haifa. A trasportarli
sono principalmente le navi della compagnia di navigazione Borchard Lines,
rappresentata dall’agenzia Cosulich, ZIM e MSC. Esse fanno un centinaio di scali
all’anno a Genova, operate dal terminal Spinelli-Hapag Lloyd e dal terminal MSC.
I lavoratori dei tre terminal, insieme ai soci della CULMV, movimentano
nell’anno circa 600mila teu in totale, per cui il traffico con Israele
corrisponde al 5% del loro operato e all’1,5 dell’operato in teu dell’intero
porto. Insomma, una frazione marginale ma comunque significativa della domanda
di occupazione dello scalo genovese. Perché poi ci sono a contribuire alle
operazioni della nave e delle merci gli ormeggiatori, i rimorchiatori, gli
spedizionieri e gli impiegati pubblici dell’autorità portuale, delle dogane, e
tante altre categorie minori, pubbliche e private, con i rispettivi lavoratori.
È evidente che occorre che anche da parte di costoro debba nascere una
solidarietà sindacale e un attivismo sociale per affiancare i portuali e dare
maggiore estensione e equilibrio di forze all’impegno sindacale, e possibilità
di durata e di successo al movimento. L’obiettivo di un porto sostenibile da un
punto di vista etico potrebbe essere l’obiettivo comune su cui costruire
l’alleanza definendo i criteri di accessibilità e di trasparenza del transito
delle merci militari nel porto, liberando perciò i lavoratori dalla necessità di
dovere essere loro stessi a salvaguardare la loro coscienza, oltre alla loro
salute e incolumità nel caso di materiali bellici esplosivi come spesso accade.
5. E di Flotilla che dici?
Che sono preoccupatissimo, che tuttavia a mio modesto avviso occorre andare fino
in fondo. L’arcivescovo di Genova Tasca ha dichiarato pochi giorni fa,
distinguendosi dal Presidente Mattarella e dal suo stesso cardinale Zuppi
favorevoli alla mediazione: «Andiamo avanti. Perché è importante dare un segno.
In un momento così grave, in cui vediamo che stanno compiendo il male del mondo
su gente inerme, su donne e bambini, la simbologia è importante. E noi dobbiamo
dare dei segnali. La missione della Flotilla ha proprio il merito di aver reso
evidente la follia di quello che sta accadendo a Gaza». In questa missione c’è
tanto di Genova e dei suoi portuali di questi anni. Vento in poppa, compagni.
Le nuove tappe della traiettoria autoritaria intrapresa dagli USA, le tecnologie
in campo, Antifa come gruppo terroristico, l'epurazione del nemico; il sionismo
nelle scuole italiane con Docenti per Gaza; Microsoft molla Unit 8200; uno
sguardo alla lotta dentro Polaroid contro l'apartheid...
In questi anni di guerra abbiamo imparato che la propaganda bellica crea una
cortina di disinformazione tale da rendere quasi impossibile comprendere non
solo la dinamica e l’effettiva portata, ma a volte anche la stessa consistenza
di alcuni fatti. Certo è che sia l’Ucraina che la Russia vogliono proseguire ed
estendere la guerra, o comunque […]
Il cambio di rotta di Trump sull’Ucraina, secondo cui «con l’aiuto degli stati
europei» Kiev dovrebbe puntare a riconquistare tutto il territorio perduto,
aumenta la percezione che – una volta fallito il tentativo trumpiano di
mediazione con Putin – sull’Europa si scarichi tutto il peso della guerra pur di
ridurre il coinvolgimento diretto degli Stati […]
STOP ISRAEL
Bussoleno - Salone Polivalente
(domenica, 28 settembre 17:30)
STOP ISRAEL
DOMENICA 28 SETTEMBRE 2025
SALONE POLIVALENTE, VIA WALTER FONTAN 103, BUSSOLENO, VALSUSA (TO)
DALLE ORE 17:30
BDS Italia presenta: Boicottare Israele. Azioni concrete per fermare il
genocidio in Palestina, edizioni L’Indipendente, 2025. Il sistema di apartheid e
genocidio si nutre di radici economiche che sono tutt’intorno a noi.
Boicottaggio, Disinventismento, Sanzioni: una guida concreta per fermare
l’orrore. A cura del nodo BDS di Pinerolo.
Sabotiamo la guerra, blocchiamo le armi. La lotta dei portuali di Genova per
impedire le forniture militari a Israele, per sabotare concretamente l’economia
della guerra, per rompere l’assedio di Gaza, per non essere complici… Con un
lavoratore del porto di Genova.
Dalla resistenza in Cisgiordania alle carceri in Italia. Solidarietà ad Anan,
Alì, Mansour, palestinesi incarcerati dallo Stato italiano con l’accusa di
“terrorismo” per aver lottato contro l’occupazione coloniale. A cura di Complici
e solidali + Testimonianze dalla Cisgiordania
Banchetti con libri e materiali informativi
Mostra fotografica dalla Cisgiordania occupata
ORE 20:00 – BUFFET BENEFIT
DALLE ORE 21:00
Documentario Colpevoli di Palestina, del Comitato Free Anan, 2025. In occasione
delle ultime decisive udienze, un racconto della vicenda giudiziaria di Anan,
Ali e Mansour e della criminalizzazione della resistenza del popolo palestinese
contro l'occupazione militare.
Film Portuali, regia di Perla Sardella, 2025. L’esempio dei portuali di Genova
ci parla: bloccare la filiera della guerra a partire dai luoghi di lavoro. Gli
scioperi contro le navi delle armi, ma anche la sicurezza sul posto di lavoro,
l’antimilitarismo, la solidarietà e il dialogo con gli altri portuali del
Mediterraneo.
QUANDO BOICOTTAGGIO E DISINVESTIMENTO LASCIANO IL SEGNO
La decisione del fondo sovrano norvegese NBIM di disinvestire da Caterpillar
Inc. e da cinque banche israeliane ha una portata storica.
Il Fondo governativo della Norvegia è il più grande fondo d’investimento al
mondo, gestisce circa 2.000 miliardi di dollari. Il suo comitato etico ha
valutato come «rischio inaccettabile che [Caterpillar e le banche israeliane,
NdR] contribuiscano a gravi violazioni dei diritti degli individui in situazioni
di guerra e conflitto».
La decisione, che accomuna Caterpillar e le banche israeliane che finanziano gli
insediamenti illegali in Cisgiordania, indica per la prima volta la
corresponsabilità di un’azienda simbolo dell’industria americana con i crimini
che si stanno commettendo in Palestina.
Caterpillar Inc. è una mega azienda globale, oggi al 65° posto della classifica
di Fortune 500, con 113.000 dipendenti e 64,8 miliardi di dollari di fatturato.
È una public company inserita nel prestigioso Indice Dow Jones alla Borsa di New
York, i cui principali azionisti sono grandi fondi d’investimento come Vanguard,
State Streets e BlackRock, ma anche Melinda & Bill Gates ecc.
L’impiego militare dei grandi bulldozers americani iniziò con la Prima guerra
mondiale, per il traino dei pezzi d’artiglieria mediante trattori cingolati. Il
modello pesante D9, introdotto da Caterpillar nel 1954, ha fatto le sue prove
nella guerra del Vietnam ed è stato poi adottato dall’esercito israeliano nella
guerra di Suez (1956). Dagli anni Ottanta le IDF utilizzano sulla linea del
fronte i Caterpillar D9, modificati mediante un kit di blindatura e armamento
progettato dal Centro di recupero e manutenzione dell’esercito e da IAI Israeli
Aerospace Industries, installato sulle macchine con la collaborazione di ITE, la
società importatrice in esclusiva di Caterpillar in Israele appartenente al
gruppo Zoko.
Come abbiamo scritto in un precedente articolo, una filiale americana di
Leonardo (DRS Sustainment Systems) sta fornendo i triler a due assi che
trasportano i carri armati e i bulldozer utilizzati a Gaza dai militari
israeliani.
Caterpillar non può ignorare l’utilizzazione che ne fa l’esercito israeliano per
demolire illegalmente abitazioni e coltivazioni palestinesi, distruggere strade
e infrastrutture urbane. Nel 1989, questi reati vennero pubblicamente denunciati
da alcune ong, le stesse che nel 2001 spedirono oltre 50.000 lettere di protesta
a Caterpillar. Nel 2004 l’Alto commissario ai Diritti umani dell’ONU inviò una
lettera ufficiale alla società, anche in seguito alla vasta risonanza della
morte della ventitreenne attivista americana Rachel Corrie, schiacciata da un
bulldozer Caterpillar mentre tentava di impedire la demolizione di un’abitazione
palestinese. Quel tragico episodio ebbe anche conseguenze legali, poiché dopo
aver inutilmente intentato una causa in Israele contro l’esercito israeliano –
subito archiviata per «grave responsabilità» della stessa vittima – la famiglia
Corrie ne sollevò un’altra negli Stati Uniti contro il governo americano,
accusato di aver favorito crimini di guerra e la violazione dei diritti umani,
dal momento che i macchinari di Caterpillar erano e sono tuttora forniti a
Israele mediante il programma Foreign Military Sales, sovvenzionato con i soldi
dei contribuenti americani. Da decenni Caterpillar è inserita negli elenchi
delle aziende che traggono profitti dall’occupazione illegale israeliana dei
Territori palestinesi, stilati dalla Coalition of Women for Peace (vedi Who
Profits?) e dall’American Friends Service Committee.
Nel novembre 2024 la stessa amministrazione Biden in scadenza aveva deciso una
temporanea sospensione della consegna di 134 Caterpillar D9 ordinati “con
urgenza” da Israele nel 2023, compresi pezzi di ricambio, manutenzione e
addestramento. Una misura che per quanto assai timida è stata immediatamente
abolita dal presidente Trump appena insediatosi, nel gennaio 2025.
I CAT D9 sono stati consegnati nel porto di Haifa in 9 luglio scorso, con
un’operazione di logistica marittima curata dal Ministero della difesa
israeliano e dalla rappresentanza israeliana per il procurement militare di
stanza a Washington, che includeva anche la consegna di alcuni mezzi militari
leggeri. Il Ministero stesso ha diffuso le immagini dello scaricamento a Haifa,
e i media israeliani hanno ampiamente ripreso l’evento come prova della
ristabilita alleanza di ferro con gli Stati Uniti sotto la presidenza Trump.
A sx: operazioni di sbarco dei Caterpillar D9 dalla nave «SLNC Severn» nel porto
di Haifa, il 9 luglio 2025.
Sopra: la sistemazione dei bulldozer di Caterpillar nella stiva della
portarinfuse «SLNC Severn» [fonte: Ministero della difesa di Israele, ripreso
dal «Jerusalem Post» del 9.7.2025
L’intento propagandistico è stato però temperato da una serie di “oscuramenti”:
le immagini riprendono i mezzi sbarcati ma i militari hanno offuscato il nome
della nave e della compagnia marittima dipinto sulle fiancate, nonché le insegne
commerciali sulle motrici degli autoarticolati che hanno preso in carico i
Caterpillar sulla banchina portuale.
L’osservatorio Weapon Watch è riuscito a ricostruire gran parte della catena
logistica che ha rifornito a Israele i Caterpillar D9, macchinari dual use
intensamente utilizzati dai militari per compiere una vasta e documentatissima
serie di crimini di guerra.
Per il trasporto dagli Stati Uniti, solitamente i grandi bulldozer D9 viaggiano
in parte o del tutto disassemblati, in ogni caso privi degli accessori pesanti
(pale, bracci oleopneumatici, cabine ecc.), e anche nel caso in esame la
consegna è stata effettuata senza accessori, dalla nave al mezzo gommato
mediante gru portuale. Invece la nave utilizzata per l’operazione era di
tipologia inusuale, una portarinfuse con bandiera USA, nome «SLNC Severn», un
tipo di nave solitamente impiegato per trasportare le cosiddette “rinfuse
secche” (come minerali, carbone, cereali, cemento, ecc.). Nelle quattro stive
coperte della «Severn» – al riparo da sguardi indiscreti – sono state ospitate
dozzine di D9. Ciascuna macchina è stata caricata e scaricata mediante le grandi
gru a portale.
La «SLNC Severn» è una delle sette navi della compagnia Schuyler Line Navigation
Company, con sede a Annapolis, Maryland, tutte battenti bandiera americana per
poter operare sotto l’ombrello del Jones Act, la legge fondamentale per la
supremazia marittima degli Stati Uniti.
Da fine maggio la «Severn» è noleggiata per trasportare i D9, il 2 giugno viene
fotografata mentre carica una ventina di bulldozer al terminal Holt Logistics di
Gloucester City, New Jersey, che si trova nel grande comprensorio portuale di
Filadelfia, Pennsylvania. A fine giugno ha intrapreso il viaggio senza scali
intermedi per arrivare ad Ashdod il 7 luglio e il 9 a Haifa.
La «SLNC Severn» al terminal Holt Logistics di Gloucester City, NJ; fotografata
il 2 giugno 2025.
Nell’ovale rosso, una ventina di Caterpillar D9 sulla banchina pronti
all’imbarco. Fonte: Marine Traffic.
È pressochè certo che la «Severn» sia tuttora al servizio della logistica
militare USA a sostegno di Israele, con rotte pendolari tra costa orientale
statunitense e Israele. Secondo «The Ditch», il 7 agosto la nave ha caricato nel
porto di Paulsboro (sempre nell’area di Filadelfia, dove si trova un altro
terminal di Holt) 374 tonnellate di bombe, del tipo da 2000 libbre, anch’esse
bloccate in precedenza dall’amministrazione Biden. Da notare che la «Severn» ha
recentemente fatto scalo a Souda Bay, Creta, una delle maggiori basi aeronavali
americane nel Mediterraneo, dove in passato è stata vista movimentare merci con
le gru di bordo.
La compagnia di navigazione Schuyler è stata acquisita nell’agosto 2024 da JP
Morgan Chase, una delle quattro più importanti banche americane, con l’intento
dichiarato di rafforzare i programmi marittimi governativi e «restore America’s
maritime dominance», secondo le parole del presidente Trump. Nell’ultimo anno
alla flotta di Schuyler si sono aggiunte anche una petroliera da 50.000
tonnellate e una nave per carichi fuori norma, rafforzando ulteriormente la già
notevole presenza di JP Morgan nel settore marittimo.
L’attesa per un aumento dei noli e dei programmi governativi sostenuti dal clima
bellico è infatti molto diffusa tra gli operatori. Non a caso la propaganda
militare israeliana ha enfatizzato la portata dell’operazione logistica in corso
dal 7 ottobre 2023 come la più grande nella storia di Israele, con 100.000
tonnellate di materiale militare movimentato attraverso 870 voli e 144 trasporti
marittimi.
La “complicità logistica” di molti governi ed operatori è decisiva per compiere
i crimini contro l’umanità e le violazioni degli accordi internazionali in
vigore. Per riportare nella legalità gli operatori e spingere i governi verso
una ricostruzione dell’ordine internazionale basato sulla diplomazia e il
disarmo, le vie principali e più incisive si dimostrano il boicottaggio delle
catene logistiche militarizzate e nel disinvestimento finanziario da chi produce
strumenti di guerra e distruzione.