(disegno di diego miedo)
Sarà presentato giovedì 27 febbraio 2025, alle ore 18:00 allo Scugnizzo Liberato
(salita Pontecorvo, 46), L’impresa del bene. Terzo settore e turismo a Napoli,
un libro di Luca Rossomando. Con l’autore ne discuteranno Gaetano Quattromani e
Giovanni Zoppoli.
L’espansione non regolata del turismo di massa a Napoli ha prodotto cambiamenti
impensabili fino a pochissimi anni fa, modificando il paesaggio e la struttura
socio-economica della città. I grandi enti del Terzo settore attivi nel centro
storico – fondazione Foqus, fondazione di comunità San Gennaro, L’Altra Napoli
Onlus – esercitano un’influenza crescente sulle scelte dei governanti, indicando
le priorità operative ed elaborando le narrazioni egemoniche intorno alle quali
si costruisce il consenso e si rimodella la città. La loro azione risponde a
logiche strettamente imprenditoriali, basate sulla convenienza economica, la
competitività, la reputazione mediatica; la loro priorità è lo sviluppo di nuovi
segmenti di mercato in cui dispiegare senza ostacoli le proprie attività.
Queste dinamiche, sullo sfondo della “città del turismo”, stanno producendo
conseguenze opposte a quelle propagandate dai grandi enti: non la vivibilità dei
quartieri, la partecipazione, il benessere delle comunità, ma la precarietà
abitativa, lavorativa ed esistenziale dei suoi abitanti più fragili.
Ma non siete stanchi di sentire solo la versione dell’accusa? Da questa
domanda, lanciata provocatoriamente dalla Signora Bulian durante il servizio a
intento diffamatorio di Quarta Repubblica, parte la controrisposta che lo Spazio
Popolare Neruda ha presentato nella conferenza stampa indetta direttamente sotto
la Rai. La sede per la conferenza stampa è stata scelta in […]
Riceviamo e diffondiamo
Emergeranno forme di controllo nuove e più sofisticate, non solo perché
l’intelligenza artificiale è nata per controllare quello che pensiamo e facciamo
in modo da fare sempre più profitti, ma perché chi sta in basso trova sempre il
modo di resistere e superare in astuzia chi sta in alto.
di Raúl Zibechi da Comune-Info
La diffusione dell’intelligenza artificiale (AI) e la naturalizzazione dei suoi
risultati non vanno di pari passo con la comprensione dei suoi meccanismi, di
chi la promuove, con quali interessi e obiettivi. Se non facciamo questo
esercizio, saremo vittime passive in modi che non conosciamo.
In una recente intervista, lo storico e filosofo Yuval Harari sostiene che
l’intelligenza artificiale consente “una sorveglianza totale che pone fine a
ogni libertà”. Egli avverte che la capacità di sorveglianza supera di gran lunga
quella di qualsiasi dittatura o regime totalitario, poiché attraverso telecamere
di sorveglianza con capacità di riconoscimento facciale e telefoni cellulari, si
ha la capacità di controllare i minimi atteggiamenti di tutte le persone ovunque
arrivi Internet.
Personalmente ho verificato che mi inviano pubblicità di prodotti o marchi di
cui sto parlando con la mia famiglia e i miei amici, quasi immediatamente.
Sappiamo che l’intelligenza artificiale ci consente di ascoltare qualsiasi
conversazione, non importa quanto intima, e ogni movimento e comunicazione che
facciamo tramite i telefoni cellulari.
Harari dice che “l’intelligenza artificiale è diversa da qualsiasi tecnologia
inventata in precedenza”, perché a differenza delle tecnologie precedenti, non è
nelle mani degli esseri umani né è uno strumento che deve essere attivato dalle
persone, ma piuttosto “un agente indipendente” che ha la capacità di prendere le
proprie decisioni “da solo”. Sostiene che nei media, che “costituiscono la base
di una democrazia su larga scala”, non sono più gli editori a prendere le
decisioni editoriali, ma piuttosto “sono gli algoritmi a decidere quale dovrebbe
essere la storia consigliata”.
Penso che molti degli argomenti di Harari siano interessanti e che la sua
denuncia della massiccia manipolazione dell’informazione sia molto importante.
Facciamo un ulteriore passo avanti, per approfondire le conseguenze
dell’intelligenza artificiale: “Gli algoritmi aziendali hanno scoperto che è
necessario diffondere fake news e teorie che aumentino le dosi di odio, paura e
rabbia negli utenti, perché questo spinge le persone a impegnarsi, a trascorrere
più tempo sulle piattaforme e a inviare link in modo che anche i loro amici
possano arrabbiarsi e spaventarsi”. Conclude che si tratta di un modello di
business perché “il coinvolgimento degli utenti è alla base di tutto”, per cui
il tempo che ciascun utente trascorre sulle piattaforme porta le aziende a
guadagnare di più, poiché vendono più annunci e, soprattutto, “raccolgono dati
che poi venderanno a terzi”. Un’analisi molto interessante, che si conclude con
una frase devastante: “Le persone del settore sono intrappolate in una mentalità
da corsa agli armamenti, da concorrenza e da non lasciarsi vincere”.
Credo, tuttavia, che mancano due aspetti per completare il quadro perché, in
caso contrario, si può perdere il contesto di ciò che sta realmente accadendo:
il primo è che gli algoritmi non hanno vita propria, ma sono stati creati dal
sistema per migliorare i suoi profitti, approfondendo il controllo delle nostre
menti; il secondo è che la storia del capitalismo è proprio questa.
Harari sostiene che l’intelligenza artificiale prende le decisioni da sola:
questo è vero solo in parte se guardiamo solo alla tecnologia ma non a chi l’ha
creata e la gestisce per conoscere anche i desideri più profondi delle persone.
In secondo luogo, dobbiamo tornare alla storia del Panopticon, del Taylorismo e
del Fordismo per vedere come il controllo del capitalismo si è approfondito.
Negli eserciti emerge il panopticon. Le tende dei soldati dovevano essere
rigorosamente allineate in modo che gli ufficiali potessero rilevare il minimo
movimento. Poi si è spostato nelle carceri, negli ospedali, nei centri
educativi, nelle fabbriche; sempre per limitare l’autonomia delle persone. Le
telecamere che si moltiplicano nelle nostre città hanno lo stesso obiettivo.
Nelle fabbriche, durante il periodo produttivo, l’operaio specializzato
controllava le macchine e i loro tempi di lavoro. Verso la fine del XIX secolo
venne imposta l’“organizzazione scientifica del lavoro” ideata da Frederick
Taylor, che divideva i compiti tra chi esegue i movimenti e chi pianifica e
impartisce ordini. L’obiettivo era trasformare l’operaio in un “gorilla
ammaestrato”, sottoposto alle macchine, capace solo di compiere movimenti
precisi e cronometrati.
Con la catena di montaggio creata nelle fabbriche Ford, si chiuse un primo ciclo
di controllo operaio, poi approfondito con il “toyotismo”, quando gli operai
riuscirono a neutralizzare le precedenti modalità di sfruttamento, nel decennio
delle lotte operaie degli anni Sessanta.
Il miglioramento delle tecnologie per il controllo della vita, della natura e di
tutto ciò che è umano è il segno distintivo del capitalismo. In questo modo
aumenta i suoi profitti, sottomettendo sempre di più gli esseri umani.
Emergeranno forme di controllo nuove e più sofisticate, perché chi sta in basso
trova sempre il modo di resistere e superare in astuzia chi sta in alto.
--------------------------------------------------------------------------------
> Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi
> sostenerci donando il tuo 5×1000
>
> News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
Il fuoco devasta territori e vita nel Chubut, Río Negro e Neuquén. Di fronte
alla scarsa azione del governo nazionale, abitanti locali, produttori e popoli
originari indicano le cause: siccità prolungate e cambiamento climatico,
monocolture di pini e mancanza di prevenzione. Un morto, centinaia di case
distrutte e 23.000 ettari sono alcune delle conseguenze. Nel 2024 la Nazione ha
utilizzato solo il 26% del bilancio per la gestione del fuoco.
di Nahuel Lag, da Comitato Carlos Fonseca
L’incendio a El Bolsón continua ad essere attivo. Dal suo inizio, giovedì, alla
confluenza dei fiumi Azul e Blanco, ha devastato 2800 ettari, ha distrutto
almeno 100 case, oltre a capannoni, veicoli, linee elettriche e animali. I
momenti più critici si sono vissuti nei primi giorni, quando il fuoco ha
attraversato le case e le fattorie nella zona di Mallín Ahogado. Nella lotta
contro le fiamme è morto Ángel Reyes, un abitante di 83 anni. Justo Poso,
portavoce della comunità mapuche Newen Che, ha affermato che “il fuoco lo ha
fermato il popolo, se non fosse stato così, i danni sarebbero molto più grandi”.
La reazione solidale della Regione Andina -regione che unisce le località di El
Bolsón con la ugualmente incendiata Epuyén, nel Chubut- è stata spontanea, con
attrezzature, fuoristrada, donazioni e cibo per i brigatisti. “Non so se ci sia
un corpo dello stato che possa far fronte a simili incendi, ma non ci sono
nemmeno risorse, mancano attrezzature per i brigatisti. Gli abitanti da giorni
stanno lavorando senza fermarsi, giorno e notte”, avverte Agustín Mavar,
produttore dell’Unione dei Lavoratori della Terra (UTT) e volontario
nell’incendio, che coincide con Poso sul ruolo fondamentale che hanno svolto gli
abitanti. E aggiunge: “Gli incendi sono qualcosa di vistoso per coloro che li
vedono in televisione o nel cellulare, ma come ogni notizia passa rapidamente e
questa è una catastrofe, bisogna nei prossimi anni accompagnare la gente che ha
perso tutto. E domandarsi perché? Perché si sono sviluppati gli incendi?”.
Secondo l’ultimo rapporto del Servizio di Prevenzione e Lotta conto gli Incendi
Forestali (Splif) del Río Negro, sono ancora sei i focolai attivi nell’incendio
di El Bolsón. Senza piogge in vista e una previsione di vento, nella zona delle
fattorie i focolai si stanno raffreddando, mentre le fiamme avanzano dall’altro
lato del fiume Azul verso la cordigliera e in direzione nord. Per far fronte ad
un incendio di questa dimensione, il Servizio Nazionale per la Gestione del
Fuoco (SMNF) ha inviato 45 brigatisti, mentre la provincia apporta il resto: 54
sono dello Splif provinciale e altri 120 appartengono ai pompieri volontari
locali e dei municipi vicini, e brigatisti che sono giunti da Chubut. Il SMNF ha
anche apportato tre aerei antincendio, due elicotteri e telefonini, Il Parco
Nazionale Lago Puelo, invia altri 5 combattenti.
“Solo per operare, una motopompa ha bisogno di minimo 3 persone. È poca gente;
come non bruciano 300 case”, dichiara Mavar. “Quelli che lavorano nei
tagliafuoco sono persone che si sono organizzate, di brigatisti dello stato ce
ne sono pochi e nulla, si vedono in alcuni punti; perché sono molti i focolai di
incendio”, completa Mirta Ñancunao, portavoce del Parlamento Mapuche Tehuelche
del Río Negro.
C’è un dato che contrassegna la politica del governo nazionale per far fronte
agli incendi. Il SNMF, che da dicembre dipende dal Ministero della Sicurezza di
Patricia Bullrich, a gennaio non ha speso nemmeno un solo peso e recentemente
nella prima settimana di febbraio ha messo a disposizione i primi 75,2 milioni,
secondo quanto scaturisce dai dati ufficiali del bilancio aperto. Il Governo
nazionale, inoltre, ha terminato il 2024 impiegando solo il 22 per cento del
totale del bilancio nazionale destinato all’area, il SNMF ha altre fonti di
finanziamento -fidecommessi della Gestione del Fuoco e trasferimenti dalla
Sovrintendenza delle Previdenze della Nazione per la riscossione di aliquote di
previdenza-, che permettono di mobilitare personale e veicoli, ma potrebbe
iniettare più fondi e la decisione, fino a gennaio, è stata di non farlo.
Di fatto la ministra Bullrich -da cui dal 27 dicembre dipende il SNMF- nei primi
sei giorni non ha menzionato pubblicamente gli incendi. Di fronte alla domanda
di Tierra Viva su quali fossero i compiti che svolgeva il Ministero di fronte
agli incendi, dal ministero della Sicurezza non c’è stata risposta. La ministra,
che a gennaio era presente in Patagonia per guidare lo sgombero della Lof
Pailako, ha deciso di rimanere assente dalla catastrofe ambientale che subiscono
gli abitanti del Río Negro e del Chubut. Chi è presente a El Bolsón è il
governatore Alberto Weretilneck. Ha riconosciuto la mancanza di risorse
ringraziando: “Voglio evidenziare la solidarietà di tutti coloro che sono in
questa lotta: pompieri, brigatisti, forze di sicurezza e abitanti che si sono
uniti con le loro risorse”.
“Questo apre un interrogativo sul ruolo del Servizio Nazionale di Gestione del
Fuoco. Come può essere che di fronte a simili incendi non intervenga? Il
Servizio può intervenire attraverso altre fonti di finanziamento, ma ciò che
stiamo vedendo è che lo stato decide di non finanziare con le fonti che
dipendono dal bilancio nazionale”, dichiara a Tierra Viva Matías Cena Trebucq,
economista dell’area di ricerca della Fondazione di Ambiente e Risorse Naturali
(FARN), che seguono l’attuazione del bilancio attraverso il Monitoraggio
Ambientale del Bilancio.
Quello di El Bolsón non è l’unico focolaio di incendio nella Patagonia. Già sono
rimasti sotto il fuoco 22.800 ettari di bosco nativo, fattorie produttive e
abitazioni, secondo quanto ha stimato Greenpeace, in cinque focolai ancora
attivi: 10.764 ettari nel Parco Nazionale Nahuel Huapi (Río Negro), 2.723 a
Mallín Ahogado (Río Negro), 3.530 a Epuyén (Chubut), 3.200 a Aldea Las
Pamas/Atilio Viglione (Chubut) e 2.671 ettari nel Parco Nazionale Lanín
(Neuquén).
Un’altra fonte di informazione per misurare l’avanzata degli incendi in
Patagonia è la Commissione Nazionale per le Attività Speciali (Conae), che fa
mappe delle aree colpite dagli incendi nel Río Negro e nel Chubut, a partire da
informazioni fornite dai satelliti di osservazione della Terra. Il calcolo della
Conae, che non contempla l’incendio attivo nel Parco Nazionale Lanín, assomma a
16.000 ettari devastati.
Il SNMF offriva, fino alla precedente gestione, un rapporto giornaliero degli
incendi forestali in tutto il paese. Questa pagina di informazione ora dà solo
un risultato di Errore.
El Bolsón si incendia: la risposta provinciale
Il governatore Alberto Weretilneck, che ha applicato sul suolo provinciale la
politica di austerità ordinata dalla Casa Rosada, aveva visitato El Bolsón un
giorno prima dell’inizio dell’incendio alla confluenza dei fiumi Azul e Blanco,
nella località conosciuta come Wharton, porta d’accesso ai rifugi di montagna,
dai quali sono dovuti essere evacuati circa 800 turisti.
In quella visita, è passato per lo Splif de Bolsón e ha affermato che “durante
gli ultimi anni la provincia ha investito per rafforzare questa istituzione e
garantire che possano contare sulle risorse necessarie per continuare a
proteggere i nostri boschi e le comunità”.
Il governatore, parlando con TN, ha cercato di spiegare perché non ci sono state
sufficienti risorse per fermare il fuoco che ha divorato case, campi, boschi e
fauna: “Il fuoco ha corso ad una velocità di due chilometri l’ora, non ci sono
meccanismi di prevenzione a questo”. E ha aggiunto, andando controcorrente al
negazionismo della Casa Rosada, che le siccità e il cambiamento climatico
“stanno facendo stragi, non abbiamo registrazioni di una siccità così
importante, non avremo piogge per i prossimi 15 o 20 giorni”.
Di fronte alla gravità dell’incendio a El Bolsón, Weretilneck ha decretato fino
al 30 aprile lo “Stato d’Emergenza Ignea” in tutta la provincia, che proibisce
di accendere fuochi all’aria aperta o effettuare attività che possano provocare
incendi. Su una possibile ipotesi dell’inizio del fuoco, il governatore ha
rimarcato che si trattava di un “delitto”, evitando ora di accusare il Popolo
Mapuche come il governatore Torres.
L’incendio avanza, il bilancio e la prevenzione no
Gli incendi in tutto il paese sono ricorrenti. Gli effetti delle siccità e
l’aumento delle temperature (frutto del cambiamento climatico) sono difficili da
negare. Gli incendi del 2020 produssero una reazione dello Stato Nazionale, con
più risorse, coordinamento e una modifica della Legge di Gestione del Fuoco, che
evita la vendita delle terre distrutte, qualcosa che La Libertà Avanza minaccia
di cambiare fin dall’annuncio del DNU 70/2023, ma che ancora non ha ottenuto.
Un anno addietro, quando Milei giunse al Governo, il Parco Nazionale Los Alerces
ardeva. Alcuni mesi dopo, un’altra volta, incendi nei boschi nativi del Córdoba.
Durante questo 2024, i fondi che la Nazione destinò per il Servizio di Gestione
del Fuoco furono di 12.100 milioni, che furono aumentati a 33.342 milioni dopo
gli incendi nel Córdoba. Nonostante ciò, precisa il ricercatore del FARN, sono
stati spesi solo 7338 milioni di pesos, il 22 per cento. La cifra della spesa
sale al 26,4 per cento se si aggiunge la partita di bilancio destinata alla
gestione del fuoco nelle aree dei Parchi Nazionali, dove sono stati spesi 2061
milioni di pesos su un totale di 2172 milioni, anche se l’incendio a Los
Manzanos (Parco Nazionale Nahuel Huapi) arde dalla fine di dicembre e ora se ne
è attivato un altro nel Lanín.
Secondo quanto precisa Cena Trebucq, il livello di spesa del 26,4 per cento per
la prevenzione e la lotta agli incendi negli ultimi anni è il più basso. La
spesa del bilancio destinato al SNMF e la gestione del fuoco nei Parchi
Nazionali fu del 99 per cento nel 2021, del 98 per cento nel 2022, e del 96 per
cento nel 2023. Un altro dato significativo è quello che rappresentano questi
investimenti per la preservazione dell’ambiente sul totale del bilancio
nazionale: “Nel 2022, la spesa del SNMF e l’attività della Gestione del Fuoco
(che dipende dall’APN), rappresentò lo 0,084 per cento del Bilancio Nazionale
messo in opera. Nel 2023, rappresentò lo 0,035 per cento e, nel 2024, lo 0,001
per cento”, specifica il ricercatore del FARN.
Il Governo ha convocato le sessioni straordinarie che sono iniziate questa
settimana, ma il Bilancio 2025 non è in agenda e si prorogherà quello del 2024,
fatto che dà “maggiore discrezionalità al potere Esecutivo per poter fare
modifiche arbitrarie al bilancio”, spiega il ricercatore del FARN.
Il Bilancio 2025, in tutti i modi, tornava a mettere in chiaro la preoccupazione
della Casa Rosada per gli incendi; riduceva il bilancio nazionale per l’area a
28.603 milioni. Con la proroga, i fondi sono gli stessi del 2024, ma fino al 31
gennaio non si era speso nemmeno un solo peso. Solo 46,9 milioni corrispondenti
alla partita dei Parchi Nazionali. Con vari focolai di incendio nella Patagonia,
nella prima settimana di febbraio, secondo dati del bilancio aperto, sono stati
spesi i primi 75,2 milioni di pesos di un bilancio prorogato di 33.342 milioni.
La reazione solidare degli abitanti
Mavar è un produttore ovino della località Desemboque, Chubut, situata tra
l’incendio di Epuyén -ancora attivo nella zona della cordigliera- e il fuoco che
avanza a El Bolsón. Giovedì, venerdì e sabato ha lasciato la sua fattoria ed è
andato con la sua motosega ad aiutare gli altri produttori e i vicini dall’altro
lato del Parallelo 42, nel Río Negro. “L’incendio a Golondrinas, nel 2021,
sapevamo che sarebbe passato, io vivevo lì e potei salvare la mia casa.
L’incendio nel Mallín lo si stava aspettando da tre anni, quello che non si
sapeva era la dimensione”, spiega su come si vive in Patagonia gli ultimi anni.
“L’incendio del Mallín è stato contenuto, in gran parte, per il lavoro della
gente. Senza gli abitanti questa sarebbe stata una catastrofe ancor peggiore”,
coincide con le parole del werken Poso. Mavar spiega che l’azione è spontanea,
senza il coordinamento di nessun organismo ufficiale. “In questa zona uno
apprende cosa fare e cosa non fare”, dice e gli viene la pelle d’oca ricordando
i giorni di solidarietà, di stare insieme ad un vicino al quale stava prendendo
fuoco la casa. Le azioni dei brigatisti municipali, provinciali e nazionali
vanno a turni, gli abitanti stanno giorno e notte quando il fuoco si avvicina
alle loro case.
Al momento di raccontare come gli abitanti si preparano a ricevere il fuoco
imminente, spiega che la cosa necessaria è un serbatoio d’acqua, da 20.000 a
100.000 litri, mantenere pulito da rami ed erba secca l’area che circonda la
casa e attrezzarsi con manichette e motopompe. “Il fuoco quando avanza non lo
fermi, quello che si può fare è attrezzarsi per sgomberare la tua casa”, spiega.
Sulla ripetuta problematica della mancanza di controllo dei boschi di pino
piantati, insiste: “Noi che siamo stati faccia a faccia con il fuoco sappiamo
che ad un albero nativo -un cipresso, un maitén, un maqui- costa prendere fuoco;
ti danno del tempo in più per contenerlo. Il pino, passa una scintilla ed è un
fiammifero”.
“Le testimonianze sono strazianti e ribadiscono l’assenza di organismi statali;
oltre al trattamento diseguale di fronte ad abitanti di migliore posizione
economica, che sono stati assistiti con acqua di camion cisterna e fuoristrada
4×4. Il grosso della popolazione è stata assistita dai vicini e dalle vicine, e
da centinaia di altri della Regione che sono giunti a lavorare per affrontare
l’avanzata dei fuochi nelle zone popolate”, completa la portavoce del Parlamento
Mapuche Tehuelche.
Mavar dichiara che le ipotesi sull’incendio possono essere molte perché “la
gente che dà fuoco è incontrollabile, hanno qualche altro scopo: immobiliari,
politici, economici, eccetera”, ma segnala che come gli stessi abitanti hanno
cominciato a costruire i propri kit di emergenza e i propri equipaggiamenti, lo
stato avrebbe dovuto avere una politica per aiutare con attrezzature, con
riserve d’acqua o addestrare la gente a situazioni d’incendio. “In questi
luoghi, i bambini nelle scuole dovrebbero apprendere a nuotare e a spegnere gli
incendi, perché siamo circondati da acqua e bosco. Sono cose che si possono
prevedere, ma è politica pubblica”, analizza.
“Queste sono catastrofi, sono famiglie che resteranno senza nulla per abbastanza
tempo e qui in due mesi comincia seriamente a far freddo. Già c’è gente che sta
mettendo insieme le lamiere che sono bruciate, le raddrizza, mette quattro pali
e vi si mette sotto, perché non ha dove vivere”, fa pensare l’intensità delle
conseguenze degli incendi.
Foto: Marcelo Martínez
Copertura congiunta di Tierra Viva e Revista Cítrica
4 febbraio 2025
Agencia Tierra Viva
Levante: nuova puntata, a febbraio 2025, dell’approfondimento mensile di Radio
Onda d’Urto sull’Asia orientale, all’interno della trasmissione “C’è Crisi”,
dedicata agli scenari internazionali.
In collegamento con noi Dario Di Conzo, collaboratore di Radio Onda d’Urto e
dottorando alla Normale di Pisa in Political economy cinese e, in collegamento
dall’Indonesia, Guido Creta, ricercatore in Storia contemporanea dell’Indonesia
all’Università Orientale di Napoli, che si sta occupando nello specifico della
condizione lavorativa e delle (scarne) possibilità offerte alle vittime
del massacro del 1965-1966 ai danni del PKI, Partito Comunista Indonesiano e ai
loro discendenti.
Nella puntata di febbraio 2025 torniamo quindi in Indonesia, un anno dopo una
prima puntata dedicata al grande Paese del Sud – Est asiatico, che con i suoi
284 milioni di abitanti è il quarto più popoloso del mondo dopo India, Cina e
Usa, oltre che il più popoloso del globo tra quelli a maggioranza musulmana e
tra i più estesi territorialmente, oltre sei volte la superficie dell’Italia.
La puntata del febbraio 2024 (clicca qui) di Levante era dedicata al voto in
Indonesia, con la vittoria della coalizione conservatrice di Prabowo
Subianto, ex ministro della Difesa ed ex generale ai tempi della dittatura di
Suharto, di cui è stato anche genero.
Il governo Subianto è entrato, formalmente, in carica solo nell’ottobre 2024.
Quali sono le principali sfide dell’Indonesia, a livello interno ed esterno? E
come la storia politica ed economia del Paese del Sud – Est asiatico ancora oggi
influenza presente e passato dell’Indonesia?
A chiudere, un aggiornamento su movimenti sociali, come quelli studenteschi e di
lavoratrici e lavoratori, che iniziano a mobilitardi contestando il neogoverno
Subianto su vari aspetti; dal ruolo “duale” dell’esercito – sia sul piano
militare che su quello economico, tra compartecipazioni statali e estrattivismo
– ai tagli in corso a servizi fondamentali come la sanità, dal legame sempre più
stretto tra università e mondo delle aziende, fino alla crescente violenza
repressiva della polizia.
Di questo – e altro – parliamo nella puntata di febbraio 2025 in Levante, su
Radio Onda d’Urto, con Guido Creta dall’Indonesia e con il nostro collaboratore,
Dario Di Conzo. Ascolta o scarica
da Radio Onda d’Urto
Siamo lietə di annunciarvi l’uscita di “Educazione Autonoma in Messico #2 –
Esperienze Urbane”, un nuovo elemento della collana “Quaderni della Complicità
Globale” realizzata in collaborazione con il progetto editoriale Kairos – moti
contemporanei.
da Nodo Solidale
Nel volume abbiamo raccolto delle interviste, completamente inedite, dedicate
all’educazione all’interno dei processi di organizzazione dal basso e
realizzate come Nodo Solidale in dialogo con l’ Organización Popular Francisco
Villa de Izquierda Independiente, Tejiendo Organización Revolucionaria, Brigada
Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martínez”, A.C. e l’Asamblea de los Pueblos
Indígenas del Istmo en Defensa de la Tierra y el Territorio.
Cogliamo l’occasione per ringraziare Carol Rollo per la meravigliosa copertina!
In attesa di organizzare presentazioni e momenti di confronto vi proponiamo qui
di seguito l’introduzione al libro:
Il sogno di un mondo migliore nasce
dalle viscere del suo contrario.
(P. Freire)
Il libro che vi trovate tra le mani nasce dal tentativo di approfondire quanto
sperimentiamo nel nostro agire quotidiano a partire dalla relazione tra
formazione, produzione e riproduzione di soggettività in lotta, attraverso uno
sguardo che parte dalle resistenze delle nostre geografie e si estende al mondo
intero. Nella pratica di ogni giorno abbiamo imparato a riconoscere la
trasversalità dell’educazione all’interno dei percorsi che attraversiamo, nei
nostri luoghi di attivazione e militanza: nelle scuole, nelle università, negli
spazi occupati e autogestiti, così come nei quartieri popolari dove abitiamo.
Abbiamo imparato, e ci rendiamo conto ogni giorno sempre di più, che
l’educazione, la formazione e la condivisione di saperi sono un terreno di
contesa con il sistema di alienazione e sfruttamento capitalista e che è urgente
condividere strumenti ed esperienze che mettano in discussione il presente
imposto, sostenendo la riproduzione di comunità in lotta nella loro crescita e
nella costruzione di mondi altri, nel tentativo urgente di far fronte ad un
continuo attacco dall’alto, diretto contro lxs de abajo, ovvero contro le mille
soggettività subalterne di tutto il mondo.
Questa raccolta di interviste nasce con la volontà di dare seguito alle
riflessioni avviate con il libro “Educazione autonoma in Messico – Chiapas e
Oaxaca”, dove avevamo raccolto testimonianze di lotta e di educazione
comunitaria nei territori autonomi e ribelli del Messico profondo, esperienze
fiorite tra esperimenti di autogestione popolare in zone rurali e indigene. Con
questo nuovo testo abbiamo voluto rivolgere lo sguardo verso chi affronta la
realtà della Hidra Capitalista, aggredendola da differenti punti e prospettive,
nei territori urbanizzati delle città più o meno grandi del centro-sud del
Messico. È proprio da questa prospettiva che ci sembra importante continuare a
esplorare il ruolo che ha, e che può avere, l’educazione all’interno dei
processi di organizzazione autonoma, con un’attenzione particolare a quello che
succede in ambito urbano. Per fare questo abbiamo raccolto testimonianze, storie
di vita e suggestioni, in dialogo con organizzazioni popolari e sociali con la
maggioranza delle quali il Nodo Solidale da anni ha stretto un “patto di
complicità”, di alleanza e scambio politico/umano; altre sono organizzazioni
incontrate percorrendo il lungo e difficile sentiero dell’autonomia, costruito
in seno all’ampio movimento a cui ha dato vita l’Esercito Zapatista di
Liberazione Nazionale (Ezln) a partire dalla sollevazione del 1 gennaio 1994.
Siamo partiti quindi da domande di carattere generale, che ci hanno aiutato a
identificare che ruolo ha l’educazione formale e istituzionale all’interno della
produzione e riproduzione di disuguaglianze lungo le linee di genere, razza e
classe per cercare poi di capovolgere la questione:
Che ruolo ha e può avere l’educazione nella produzione e nella riproduzione di
soggettività in lotta e nella costruzione di processi dal basso che aspirano ad
innescare una trasformazione radicale della società? Come dotarsi di strumenti e
pratiche che permettano di comprendere la realtà che ci circonda per poterla
trasformare e riscrivere? Qual è l’importanza di costruire forme di
apprendimento libere e autonome per dotarsi di antidoti al presente capitalista
che quotidianamente ci impone guerra, sfruttamento, oppressione, saccheggio e
violenza? Cosa possiamo recuperare delle esperienze di educazione popolare e
autonoma lontane e vicine nello spazio e nel tempo?
La maggior parte delle realtà che abbiamo scelto di intervistare sono
organizzazioni che non si occupano direttamente di educazione ma, piuttosto,
vedono nell’educazione popolare uno strumento per rendere riproducibile il
proprio progetto politico e le proprie pratiche di riappropriazione dei bisogni
e trasformazione della realtà, per sostenere la soggettivazione della
subalternità e un ribaltamento, nella pratica, dello stato di cose presente.
Con l’esperienza del Progetto di Educazione e Cultura dell’Organización Popular
Francisco Villa de Izquierda Independiente (OPFVII) abbiamo potuto scoprire
come, a partire dalla rivendicazione di un tetto per tutti e tutte, si possa
scommettere sulla costruzione di un mondo anticapitalista, qui e ora, stimolando
alla partecipazione e alla vita comunitaria tutte le persone che abitano nelle
comunità dell’Organizzazione, attraverso un processo continuo di crescita
collettiva e di articolazione tra soggetti in lotta.
Grazie ad alcune compagne di Tejiendo Organización Revolucionaria (TOR) –
organizzazione nata dalle lotte universitarie dei primi del 2000, oggi con un
piede dentro e uno fuori dall’università, e in prima fila nella lotta per il
diritto ad un’educazione pubblica e di qualità – abbiamo potuto approfondire
come i saperi saccheggiati all’accademia possono essere messi a disposizione di
movimenti e percorsi di trasformazione sociale. Insieme abbiamo approfondito
l’esperienza della scuola “Preparatoria Karl Marx”, costruita insieme all’OPFVII
e con il sostegno di compagne e compagni solidali, e della scuola di formazione
sindacale del sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici dell’Univesidad
Autonoma de Mexico, come proprio contributo al sindacalismo di base messicano.
“Brigada Callejera” è un’organizzazione civile autonoma di Città del Messico con
oltre 30 anni di storia in strada, in prima linea tanto contro la tratta di
persone, quanto per la rivendicazione del diritto alla salute e
all’organizzazione delle lavoratrici sessuali. Con loro abbiamo parlato
dell’importanza di riappropriarsi delle conoscenze relative al proprio corpo, la
propria salute e dell’importanza di fornire alle lavoratrici sessuali la
possibilità di ultimare o portare avanti gli studi, come passo fondamentale nel
contesto più ampio della riappropriazione – senza deleghe – dei propri diritti.
In conclusione, una compagna dell’Asamblea de los Pueblos Indigenas del Istmo en
Defensa de la Tierra y el Territorio (APIIDTT) ci ha raccontato l’esperienza
della “Escuelita de la Tierra Rusianda’” e della riappropriazione delle
conoscenze legate all’utilizzo delle piante medicinali intrapresa insieme ai
ragazzi e alle ragazze di una scuola a Juchitàn de Zaragoza -’Istmo di
Tehuantepec, stato di Oaxaca – e di come uno spazio autogestito può diventare un
luogo di incontro e socialità, antidoto all’isolamento imposto dalla pandemia di
COVID-19, capace di incrinare le mura che separano scuola e territorio.
Le parole che trovate custodite in questo libro sono frutto di conversazioni che
sono state possibili grazie al cammino collettivo, svolto fianco a fianco con
ognuna delle organizzazioni protagoniste. La profondità e la vicinanza dei
racconti gentilmente condivisi sono il risultato di numerosi scambi di saperi,
attraverso momenti laboratoriali e di dibattito su diversi temi –
dall’educazione alla salute-, fecondati in spazi comuni di lotta come picchetti,
manifestazioni e, in alcuni casi, anche le barricate. Spesso davanti al fuoco,
con caffè caldo in mano, con la polizia schierata sullo sfondo di un plantón in
una geografia o un calendario qualsiasi, nasce l’idea di collaborare fra
diversi, fra güeros e lotte locali, e ci si inventa un workshop come pretesto;
elementi pratici per condividere tempo, emozioni e saperi, le tattiche, i mille
modi della resistenza e dell’organizzazione dal basso.
Tra queste occasioni di scambio possiamo citare per esempio il Laboratorio di
grafica, embrione della Scuola di Arti e Mestieri dell’OPFVII; i laboratori di
serigrafia – portati avanti con la complicità e solidarietà di 0stile Serigrafia
Ribelle -; il laboratorio creativo “Cielo Stampato” – nato nella periferia
romana e condiviso dalla Microstamperia Quarticciolo con i bambini dell’OPFVII e
di Brigada callejera -; le giornate ed i laboratori dedicate alla salute con
personale sanitario solidale dall’Italia condivisi assieme alla Brigada
Callejera in uno dei quartieri più difficili del cuore popolare di Città del
Messico, La Merced, come nella selva e sulle montagne del sud indigeno del
Messico.
Speriamo questo libro possa servire altrettanto da stimolo su questa sponda
dell’oceano per la creazione di momenti di dibattito e incontro a partire dal
desiderio di continuare a “camminare domandando” i sentieri della sovversione,
guidandoci nella costruzione di un mondo che possa accogliere tutti i mondi
possibili. Questo testo, insieme agli altri libri della collana “Quaderni della
complicità globale”, nasce con la speranza di essere un elemento di connessione,
affinché ci si possa conoscere e imparare a riconoscere tra organizzazioni,
collettivi, associazioni e singoli, confrontandoci a partire dall’educazione
intesa come pratica di liberazione e su tutte le differenti tematiche del
complesso, difficile e necessario mondo dell’autogestione, dell’autogoverno e
dell’organizzazione popolare.
La nostra idea di scrivere e riportare lotte geograficamente così lontane non si
fonda sulla necessità di importare ricette o linee guida per applicarle qui, e
ancora meno sulla loro narrazione esotizzante, ma sul tentativo di raccontare la
diversità per offrire elementi che possano ampliare lo sguardo sull’orizzonte, e
così aiutarci a cogliere le infinite sfumature del presente, nelle quali
inserire urgentemente il grimaldello della trasformazione sociale.
Nodo Solidale
Riceviamo e diffondiamo. Solidarietà ad Amma e alla sua lotta contro la
sorveglianza!
Oggi in data 19.02.2024 il compagno anarchico Ammanuel Rezzonico (Amma)
è stato condannato in primo grado alla pena di un anno di reclusione nel
merito del processo per violazione dell’obbligo di dimora inerente alla
misura di sorveglianza speciale di cui si è rivendicato l’infrazione,
il compagno non farà appello dal momento che ha scelto di tenere una
posizione anti-giuridica, dato ciò a meno di un appello da parte del P.M
si può considerare la condanna come definitiva.
Qui la dichiarazione portata da Amma durante il processo presso il tribunale
diVarese:
https://ilrovescio.info/2024/12/13/affinche-la-paura-cambi-di-campo-dichiarazione-di-amma-a-varese-in-occasione-del-processo-per-violazione-della-sorveglianza-speciale/
[Aggiornamento] Presenza solidale con gli anarchici inquisiti nell’operazione
Scripta Scelera rinviata al 1º aprile 2025 (Massa)
[AGGIORNAMENTO] Informiamo che nel corso dell’udienza dibattimentale del 14
febbraio è stato stabilito il rinvio di quella prevista per il 28 successivo,
per la quale era stata fissata la presenza solidale. La nuova udienza è
stabilita per martedì 1º aprile, gli orari della presenza in piazza sono
invariati.
PRESENZA SOLIDALE CON GLI ANARCHICI INQUISITI NELL’OPERAZIONE SCRIPTA SCELERA –
MASSA, 1º APRILE 2025
8 agosto 2023. A fronte di una richiesta di dieci arresti in carcere,
l’operazione Scripta Scelera porta a nove misure cautelari nei confronti di
altrettanti anarchici e anarchiche inquisiti per la redazione e distribuzione
del quindicinale anarchico internazionalista “Bezmotivny”. Un procedimento con
cui lo Stato ha inteso “normalizzare” le misure cautelari per le accuse
riguardanti le pubblicazioni rivoluzionarie. Scripta Scelera rappresenta un
altro “capitolo” nelle politiche di guerra dello Stato italiano, in continuità
tra le altre cose con le recenti manovre repressive volte a sottrarre agibilità
politica a sempre più ampi settori sociali.
1º aprile 2025. Dopo oltre un anno si avvia alla conclusione il processo contro
quattro compagni inquisiti. Il pubblico ministero Manotti della DDAA di Genova
pronuncerà la propria requisitoria. A prescindere dalle ipotesi inquisitorie
dell’accusa su presunte capacità istigatorie e terroristiche, le ragioni che lo
Stato intende colpire sono quelle di chi si è opposto alla guerra anche tramite
la denuncia delle industrie italiane coinvolte nella produzione di armamenti,
così come quelle di chi ha sostenuto la mobilitazione del 2022-’23 contro il 41
bis e l’ergastolo ostativo sviluppatasi con lo sciopero della fame di Alfredo
Cospito.
CI VEDIAMO MARTEDÌ 1º APRILE A MASSA:
ORE 12:00 – APPUNTAMENTO IN PIAZZA FELICE PALMA
ORE 15:00 – PRESENZA DAVANTI AL TRIBUNALE IN PIAZZA DE GASPERI
* * *
Cogliamo l’occasione per ricordare le coordinate del conto della cassa di
solidarietà e l’e-mail per organizzare iniziative benefit o ricevere copia dei
testi riguardanti Scripta Scelera:
Carta postepay numero: 5333 1711 9250 1035 – IBAN: IT12R3608105138290233690253 –
Intestataria: Ilaria Ferrario – Per contatti:
solidaliscriptascelera[chiocciola]paranoici[punto]org
— — —
[Update] Gathering in solidarity with the anarchists accused in Scripta Scelera
operation postponed to April 1, 2025 (Massa, Italy)
[UPDATE] We inform that during the hearing of February 14th, it was decided by
the judge to postpone that one scheduled for the following 28th, for which a
solidarity gathering had been called. The new hearing has been set for Tuesday,
April 1st, the times remain unchanged.
GATHERING IN SOLIDARITY WITH THE ANARCHISTS ACCUSED IN SCRIPTA SCELERA OPERATION
– MASSA, APRIL 1, 2025
August 8th, 2023. Following a request for ten arrests in prison, Scripta Scelera
operation leads to nine precautionary measures against as many anarchists
accused for the publication and distribution of the internationalist anarchist
fortnightly ‘Bezmotivny’. A proceeding with which the State intended to
‘normalise’ the precautionary measures for charges concerning revolutionary
publications. Scripta Scelera represents another ‘chapter’ in the war policies
of the Italian state, in continuity among other things with recent repressive
manoeuvres aimed at removing political practicability from ever wider social
sectors.
April 1st, 2025. After just over a year, the trial against four accused comrades
is coming to an end. Public prosecutor Manotti of the DDAA (“Anti-Mafia and
Anti-Terrorism District Directorate”) of Genoa will deliver his indictment, with
the requests for sentencing. Regardless of the prosecutor’s inquisitorial
hypotheses on alleged instigatory and terrorist capabilities, the reasons that
the State intends to strike are the ones of those who opposed the war also by
denouncing the Italian industries involved in the production of armaments, as
well as those who supported the 2022-’23 mobilisation against 41 bis prison
regime and life imprisonment without the possibility of parole developed with
Alfredo Cospito’s hunger strike.
WE WILL MEET ON TUESDAY, APRIL 1st, IN MASSA:
12:00 h. – SOLIDARITY GATHERING IN PIAZZA FELICE PALMA
15:00 h. – PRESENCE IN FRONT OF THE COURT IN PIAZZA DE GASPERI
* * *
We remind the account details for the solidarity fund and the e-mail address for
organising benefit initiatives or receiving copies of the texts about Scripta
Scelera operation:
Postepay card number: 5333 1711 9250 1035 – IBAN: IT12R3608105138290233690253 –
Account holder: Ilaria Ferrario – For contacts:
solidaliscriptascelera[at]paranoici[dot]org
scripta scelera massa 1 aprile 2025 english