Diario dal Presidio Permanente di San Giuliano
MERCOLEDÌ 3 DICEMBRE Nonostante il meteo avverso, sono continuati i lavori al presidio permanente di San Giuliano. Dove gli sgherri di Telt hanno distrutto noi stiamo ricostruendo! Tanta è stata […] The post Diario dal Presidio Permanente di San Giuliano first appeared on notav.info.
post
La Cop nell’Amazzonia che muore
Piogge torrenziali, manifestazioni oceaniche, la pressione delle comunità indigene che ha attraversato i corridoi dei negoziati, e persino un incendio tra i padiglioni; un susseguirsi di eventi esterni ha accompagnato il vertice. Quelle fiamme divampate nei padiglioni non sono state altro che l’annuncio di una fumata nera che sarebbe arrivata poche ore dopo.  Il documento finale della COP, la Mutirao decision, denunciava che il testo in discussione era scritto di fatto dai PetroStati, grazie alle pressioni di Arabia Saudita, Stati Uniti e Russia.   Nonostante il nome simbolico del documento finale, Mutirao, che significa lavoro comunitario per conseguire un bene collettivo, questo testo farà il bene di pochi lasciando liberi i paesi ricchi di continuare a devastare.  Nel documento finale non c’è alcun riferimento ai combustibili fossili, non vengono neppure menzionati.  Il mondo si è congedato da Belém senza un piano per abbandonare gas, petrolio e carbone tornando indietro rispetto a quanto deciso a Dubai nel 2023. Le proteste e e danze indigene diventano una mera operazione i green whashing dell’amministrazione brasiliana. Ne abbiamo parlato con Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del CNR. Ascolta la diretta:
L'informazione di Blackout
clima
brasile
green washing
cop 30
Trento, 10 dicembre: Presentazione di “disfare – per la lotta contro il mondo-guerra” e discussione
La guerra. Un «fatto sociale totale» che racchiude tutto il nostro presente: dalla Palestina, all’Ucraina, passando per i fronti interni dell’occidente, e per l’apparato tecnologico che, con le sue reti logistiche e i suoi flussi digitali, sostiene e organizza lo sforzo bellico. Mentre anche in Italia si parla di reintroduzione della leva militare, quali sono i “compiti dell’ora presente” di cui dovrebbe farsi carico un movimento contro la guerra? Ne parliamo con alcuni compagni della redazione di disfare – per la lotta contro il mondo-guerra. Mercoledì 10 dicembre 2025 Ore 20:00 Spazio anarchico “El Tavan” Via Torre Vanga 14 Trento  
Iniziative
Radio Solaire. Hackrocchio.
Radio Solaire. Radio Diffusion Rurale, è un film documentario sull’esperienza radiofonica di Giorgio Lolli in Africa. Ex operaio e sindacalista bolognese, porta in africa, con la sua impresa Solaire, i mezzi, le tecniche e le conoscenze che permetteranno a centinaia di radio FM indipendenti di prendere vita e alle persone di acquisire le conoscenze necessarie per crearne di nuove. Ne parliamo con i registi Federico Bacci e Francesco Eppesteingher. Presentiamo poi il programma di Hackrocchio, immancabile evento a cura dell’hacklab underscore.
Africa
radio
stakkastakka
giorgio lolli
radio solaire
Terzo settore e turismo. L’impresa del bene, oggi a Bologna
(l’impresa del bene. terzo settore e turismo a napoli) Sarà presentato mercoledì 3 dicembre a partire dalle 19:30, al Centro sociale della pace di Bologna (via del Pratello, 53), L’imprea del bene. Terzo settore e turismo a Napoli, di Luca Rossomando. Alla presentazione, che si svolgerà nell’ambito del ciclo di incontri “Le mani su Bologna”, interverrà l’autore, insieme ad attivisti e sindacalisti protagonisti di battaglie contro la privatizzazione dei servizi pubblici nel capoluogo emiliano. Dell’Impresa del bene abbiamo pubblicato qui un estratto. In questa pagina trovate invece i link ad alcune recensioni e/o riflessioni scaturite dalla lettura del volume.
iniziative
Torino: riflessioni attorno “all’assalto squadrista alla sede della Stampa” e alla libertà di informazione
Il centro sociale Askatasuna di Torino è tornato al centro del dibattito politico nazionale dopo l’azione alla redazione de La Stampa del 28 novembre durante la manifestazione nel giorno dello sciopero generale indetto dal sindacalismo di base contro la finanziaria di guerra e il genocidio in Palestina. Diverse centinaia di giovani sono usciti dallo spezzone di Torino per Gaza e hanno fatto irruzione nella sede del giornale. Bilancio, due scritte sui muri, letame lasciato davanti alla sede, qualche foglio di carta buttato per terra. Poco dopo il CUA – Collettivo Universitario Autonomo vicino al centro sociale rivendicava di fatto l’azione sui social come ” sanzionamento alla sede della Stampa, versati chili di letame sui giornalisti complici.  “La stampa di tutto il paese in questi giorni ha dipinto Mohamed Shahin come uno spaventoso terrorista, aderendo alle veline commissionate direttamente dalla Digos su volere del governo. Torino, che conosce Shahin meglio di chiunque altrə, sa bene distinguere la verità dalla prezzolata propaganda sionista. La verità la scrivono le milioni di persone che in tutta Italia hanno partecipato ai cortei che denunciano le complicità dei nostri politici con lo stato di Israele e l’industria bellica, sapendo che gli unici terroristi sono loro. Mohamed è uno di noi”. Il comunicato terminava con l’invito a partecipare alle 18 al presidio di Piazza Castello per Shahin partecipato da migliaia di persone. Senza voler generalizzare l’azione è stata definita in maniera bipartisan come “assalto squadrista e attacco alla liberta’ di stampa”. Non sono mancati paragoni con l’assalto alla sede della Cgil da parte di Forza Nuova durante una manifestazione No Green Pass del 9 ottobre 2021 a Roma. Gli assalitori devastarono violentemente il piano terra della sede sindacale, destinato alla redazione della pubblicazione sindacale “Collettiva”. Vennero così distrutti vetri, mobili, computer. Altre testate hanno paragonato l’azione con l’assalto alla sede del giornale socialista Avanti! che avvenne a Milano il 15 aprile 1919. L’assalto si concluse con la devastazione della redazione e della tipografia e ci furono anche dei morti. A livello locale l’azione e’ stata usata in maniera strumentale per mettere nel mirino il CS Askatasuna. Il centrodestra regionale parla di «base logistica» per i violenti, mentre il ministro Giuli, il 1 dicembre ha portato la sua solidarieta’ alla redazione della Stampa dichiarando a Torino “c’è un brutto clima, al limite dell’eversione”. Sul cosiddetto “assalto squadrista e attacco alla liberta’ di stampa” abbiamo raccolto i pareri di Giorgio Cremaschi Pap e garante Askatasuna, Cibele della redazione Radio Blackout di Torino, Alice Ravinale Consigliera Regionale Capogruppo AVS Piemonte e Angelo D’Orsi Storico della Resistenza gia docente all’UniTo per 45 anni Ascolta o scarica da Radio Onda d’Urto
Appello di docenti, ricercatori e ricercatrici universitarie per la liberazione di Mohamed Shahin
Riportiamo l’appello di docenti, ricercatori e ricercatrici per la liberazione di Mohamed Shahin, per firmare a questo link. Noi docenti, ricercatori e ricercatrici delle università italiane esprimiamo profonda preoccupazione per la situazione di Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn al-Khattab di Torino, attualmente trattenuto nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Caltanissetta a seguito di un decreto di espulsione emesso dal Ministero dell’Interno. La revoca del suo permesso di soggiorno di lungo periodo, e il conseguente rischio di rimpatrio forzato in Egitto, sollevano interrogativi gravi sul rispetto dei diritti fondamentali della persona. È noto che il sig. Shahin, prima del suo arrivo in Italia oltre vent’anni fa, era considerato oppositore politico del regime egiziano. La prospettiva di un suo ritorno forzato in Egitto lo esporrebbe concretamente a rischi di persecuzione, detenzione arbitraria e trattamenti inumani. Le motivazioni alla base della revoca del permesso appaiono collegate alle sue dichiarazioni pubbliche sulla situazione a Gaza e alle sue posizioni critiche rispetto all’operato del governo israeliano. Se così fosse, ci troveremmo di fronte a un precedente estremamente preoccupante: l’uso di strumenti amministrativi per colpire l’esercizio della libertà di opinione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione e da convenzioni internazionali cui l’Italia aderisce. Casi analoghi, registrati negli ultimi anni, confermano una tendenza a sanzionare cittadini stranieri per opinioni politiche o per manifestazioni di solidarietà nei confronti del popolo palestinese. L’impiego dei CPR in questo quadro rischia di trasformarsi in una forma di repressione indiretta del dissenso e di limitazione arbitraria dello spazio democratico. È importante ricordare che Mohamed Shahin è da lungo tempo impegnato in pratiche di dialogo interreligioso e cooperazione sociale. Numerose comunità religiose, associazioni civiche e gruppi interconfessionali hanno pubblicamente attestato il suo contributo alla costruzione di relazioni pacifiche tra diverse componenti della città di Torino, evidenziando la natura collaborativa e aperta della sua attività. In particolare, la Rete del dialogo cristiano islamico di Torino, in un comunicato indirizzato al Presidente delle Repubblica e al Ministro dell’Interno, ha evidenziato il ruolo centrale di Mohamed Shahin nel dialogo interreligioso e nella vita associata del quartiere San Salvario, Alla luce di tutto ciò, riteniamo indispensabile un intervento immediato per garantire il pieno rispetto dei principi costituzionali, della Convenzione di Ginevra e degli obblighi internazionali dell’Italia in materia di diritti umani e protezione contro il refoulement. Chiediamo pertanto: La liberazione immediata di Mohamed Shahin e la sospensione dell’esecuzione del decreto di espulsione. La revisione del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno di Mohamed Shahin, garantendo un esame imparziale e conforme agli standard giuridici nazionali e internazionali. La tutela del diritto alla libertà di espressione in ambito accademico, culturale e religioso, indipendentemente dalla provenienza o dalla fede delle persone coinvolte. La chiusura dei CPR, luoghi di lesione dei diritti umani. Come docenti e ricercatori riconosciamo la responsabilità civica dell’università nel difendere i valori democratici, promuovere il pluralismo e opporci a ogni forma di discriminazione o compressione illegittima delle libertà fondamentali.
Torino: Extinction Rebellion blocca la convention della Difesa e dell’Aerospazio “Difendere la Terra, non i confini”
Riceviamo e pubblichiamo volentieri il comunicato stampa di Extinction rebellion Torino. Extinction Rebellion ha bloccato l’Aerospace and Defence Meeting, la convention internazionale su aerospazio e difesa. Una trentina di persone si sono incatenate ai cancelli, mentre tre di loro sono riuscite ad arrampicarsi su una struttura dietro il Palazzo della Regione. Il movimento denuncia il coinvolgimento delle aziende presenti nei conflitti globali e le profonde responsabilità del Governo e della Regione nel sostenere un settore che causa vittime e accelera il collasso climatico. Questa mattina, a Torino, Extinction Rebellion ha bloccato la decima edizione dell’Aerospace and Defence Meeting (ADM) all’Oval di Lingotto, una delle più importanti business convention internazionali per l’industria aerospaziale e della difesa. L’evento, che si svolge ogni due anni nella città piemontese, vede infatti riunirsi aziende e istituzioni di livello internazionale nel campo della difesa e dell’aerospazio, con l’obiettivo di “consolidare alleanze commerciali, sviluppare tecnologie avanzate e promuovere partnership strategiche nel settore militare”. Poco prima dell’apertura delle porte, un gruppo di circa 30 persone è riuscito a entrare nel cortile della struttura, incatenarsi ai pali e ai cancelli, esponendo striscioni con scritto “Difendere la Terra, non i confini” e ostacolare quindi l’ingresso alla convention. Pochi minuti dopo, tre persone sono riuscite a salire su un edificio dietro il Grattacielo della Regione, una forma di protesta già messa in atto alla precedente edizione, nel novembre 2023, e hanno appeso un enorme striscione con la scritta “Qui si finanziano guerra e crisi climatica” (lo stesso che era stato sequestrato dalla polizia due anni fa e poi dissequestrato dopo le archiviaizoni delle denunce e l’annullamento dei fogli di via da parte del TAR). “Blocchiamo nuovamente la più importante fiera italiana del settore bellico, dove vengono strette partnership e firmati accordi tra molte delle aziende i cui investimenti e profitti portano a perdita di vite umane e distruzione dei territori” commenta Pietro di Extinction Rebellion. “Un evento immorale, sostenuto dal Governo, dalla Regione e dal Comune di Torino, in aperto contrasto con i nostri stessi valori costituzionali”. Nell’ultimo decennio, nonostante secondo la Costituzione l’Italia dovrebbe “ripudiare la guerra”, la spesa militare nazionale è aumentata di circa il 30%, a discapito di quelle in sanità, istruzione e ambiente. La nuova legge di bilancio, inoltre, si appresta ad essere votata entro la fine dell’anno e prevede un ulteriore aumento di circa 10 miliardi. “Molte delle aziende che sono qui dentro – come Leonardo, Thales, Avio – sono alcune delle più grandi aziende produttrici di armi che stanno traendo profitto dall’aggravarsi delle crisi globali” aggiunge ancora Pietro. Come riporta l’ultimo report di Greenpeace, infatti, dal 2021 al 2024 le prime 15 aziende italiane produttrici di armi hanno raddoppiato i propri utili (+97%), per un totale di 876 milioni di euro di maggiori profitti.  “Investire in armamenti come sta facendo il governo e sostenere eventi come questo, in questo momento storico, significa condannare a morte intere popolazioni, mettendo a repentaglio la sopravvivenza dell’umanità, della terra e delle altre specie viventi” commenta Rachele, una appesa sull’edificio dietro il Grattacielo. È ormai noto, infatti, che vi è un legame profondo tra le attività militari e l’aggravarsi della crisi ecoclimatica: il 5% delle emissioni climalteranti totali è prodotto dagli eserciti di tutto il mondo e i territori dove si combatte vengono compromessi per decenni a causa della distruzione e della permanenza nei terreni e nelle falde acquifere delle sostanze tossiche rilasciate durante i combattimento, perpetuando le sofferenze anche quando “un cessate il fuoco” è stato dichiarato. A Gaza, infatti, dal 2023 sono scomparsi il 97% delle colture arboree, il 95% degli arbusti, l’82% delle colture annuali, facendo collassare il sistema agricolo. L’acqua è contaminata da munizioni e liquami. Sessantuno milioni di tonnellate di detriti aspettano di essere rimossi, prima che la contaminazione diventi irreversibile. E in novembre, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’UNEP (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) ha chiesto con forza di riconoscere l’ecocidio come crimine internazionale, al pari dei crimini di guerra e contro l’umanità. “Viviamo un momento cruciale”, ha aggiunto Rachele. “Le scelte che facciamo oggi determineranno la vita delle prossime generazioni. È ora di smettere di investire nella militarizzazione e nella devastazione della Terra, e iniziare a costruire un futuro di pace, giustizia climatica e giustizia sociale”.
Investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili in Italia
Diamo il via all’inchiesta collettiva sugli investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili che abbiamo deciso di iniziare durante la “Due giorni a difesa dell’Appennino” a Villore, di cui qui si può leggere un resoconto e le indicazioni per collaborare a questo lavoro. Questa inchiesta vuole indagare l’origine degli investimenti per quanto riguarda i progetti di grandi rinnovabili che hanno come obiettivo la speculazione energetica. Ciò che abbiamo rilevato è la diffusa presenza di società israeliane, molto “avanzate” nella ricerca in questo mercato a forte espansione, finanziatrici delle aziende italiane promotrici dei progetti di eolico e fotovoltaico o agrivoltaico. Come viene riportato in un documento datato agosto 2024 a cura del Who Profits Research Center dal titolo Greenwashing dispossession: the Israeli Renewable Energy Industry and the Exploitation of Occupied Natural Resources (scaricabile qui) Greenwashing dispossession – The Israeli Renewable Energy IndustryDownload “Negli ultimi due decenni, il governo israeliano ha adottato misure volte a incoraggiare la creazione di impianti commerciali per la produzione di energia rinnovabile e ad aumentare la produzione di energia rinnovabile. Il bilancio del Ministero dell’Energia e delle Infrastrutture israeliano per il 2023-2024 ha raggiunto un livello senza precedenti, pari a circa 1.380 miliardi di NIS, e comprendeva la promozione di piani per la produzione di energia rinnovabile e la realizzazione di impianti di stoccaggio.” Un mercato molto redditizio che ha assunto un ruolo prioritario nelle scelte governative israeliane, “nel marzo 2020, il Ministero dell’Energia israeliano ha formulato un piano per accelerare gli investimenti nelle infrastrutture energetiche” e, continua il documento, “dalla costruzione, gestione e funzionamento di progetti solari ed eolici alla produzione di pannelli solari e turbine eoliche, le aziende private israeliane e internazionali sono gli attori più importanti nel campo delle energie rinnovabili”. Questa fonte di profitto si lega in maniera indissolubile con l’occupazione delle terre palestinesi, come viene sottolineato dal report “La nascita dell’industria israeliana delle energie rinnovabili è stata indissolubilmente legata al controllo israeliano sui territori palestinesi e siriani occupati. Negli ultimi anni si è assistito a un aumento significativo del numero e della portata dei progetti di energia solare in Cisgiordania e dei progetti di energia eolica nel Golan siriano”. Oggi Israele arriva anche in Italia, sui nostri campi agricoli, sulle nostre colline, finanziando progetti che impiantano sul suolo nazionale pannelli fotovoltaici e turbine eoliche finanziate direttamente dall’economia del genocidio. Invitiamo, dunque, a svolgere un piccolo lavoro di ricerca relativamente al progetto contro il quale ci si sta organizzando sul proprio territorio e farci pervenire le informazioni in merito all’indirizzo mail confluenza.info@gmail.com entro il mese di gennaio. Questo lavoro potrà così comporre un quadro il più possibile complessivo di quello che si muove su suolo nazionale oltre a essere utile per elaborare strategie nell’ottica di contrastare questa complicità. Iniziamo con un primo contributo in questo senso grazie al prezioso lavoro di ricerca e osservazione di Daniele Gamba, di cui riportiamo il testo che segue, e Andrea Maggi in merito al progetto di stazione elettrica a Carisio, facente parte del più esteso progetto di campi agrivoltaici tra Cavaglià e Santhià, nel territorio tra Biella e Vercelli, di cui abbiamo già approfondito il caso qui e qui. “La società israeliana Econergy Renewable Energy Ltd intende investire 29 milioni di euro per realizzare dei campi agrivoltaici tra Cavaglià e Santhià.  Il progetto, che interessa ben 117 ha di terreni agricoli, avrà una potenza nominale di 47 Mwp e l’energia prodotta sarà immessa nella rete ad Alta Tensione in quel di Carisio, con un cavidotto interrato.  Econergy si muove in Europa in partnership con l’israeliano Phoenix Group e la francese Rivage Investment. Le due società israeliane beneficiano paradossalmente del boom al rialzo dei titoli che caratterizza la borsa di Tel Aviv dal 7 ottobre ad oggi, da quando è in corso il genocidio Palestinese e, di fatto, queste risorse sono in certa misura insanguinate, frutto della guerra.” Inoltre, il Circolo Tavo Burat di Biella ha portato avanti un’iniziativa nel corso della presentazione delle osservazioni su questo progetto tematizzando questa questione. Riportiamo di seguito il comunicato dal titolo INACCETTABILI GLI INVESTIMENTI ISRAELIANI IN ITALIA QUANDO LE VITE E I DIRITTI DEI PALESTINESI SONO CALPESTATI ( e da cui prendiamo in prestito l’immagine di copertina) Il “Circolo Tavo Burat – Pro Natura” ha presentato in procedura VIA diverse osservazioni sul progetto di un nuovo impianto agrivoltaico da 47 MW in Cavaglià (BI) Santhià, Carisio, Formigliana (VC), proposto da “ECONERGY SOLAR PARK 3” S.r.l, una società italiana del ramo europeo della società israeliana Econergy Renewable Energy Ltd ECNR, società quotata alla borsa di Tel Aviv. In aggiunta a varie osservazioni di natura tecnica, in particolare per la tutela del riso DOP Baraggia, produzione incompatibile con l’agrivoltaico, è stata formulata una osservazione, al punto 10, relativa all’investimento di una società che ha sede legale in uno Stato accusato di genocidio, che qui di seguito si riporta integralmente: 10) Investimenti israeliani Il Circolo Tavo Burat – Pro Natura ritiene moralmente inaccettabile che investitori israeliani operino nel nostro territorio con risorse economiche accresciute grazie al genocidio perpetrato da Israele a danno del popolo Palestinese. Non solo tutti gli indici della borsa di Tel Aviv sono notevolmente cresciuti dal 7 ottobre ad oggi a seguito della repressione decisa dal Governo Israeliano nei confronti dei Gazawi, ma anche la capitalizzazione di Econergy Renewable Energy Ltd ECNR è notevolmente incrementata: il valore delle azioni quotate è infatti passato dai 1.000-1.200 ILa prima del 7 ottobre 2023 a circa 4.050-4.080 ILa del 14 novembre 2025. Un incremento ben superiore agli incrementi medi conseguiti da altre imprese operanti nello stesso settore (prevalentemente la realizzazione di impianti FER in UE) e quotate in altre piazze finanziarie. Econergy Renewable Energy Ltd ha dunque beneficiato, anche in assenza di responsabilità dirette, di questo assurdo trend al rialzo della Borsa di Tel Aviv, piazza impropriamente “premiata” dai mercati finanziari per le azioni belliche intraprese dal Governo a guida Netanyau. Econergy Renewable Energy Ltd ha però tra i propri partner finanziari ed assicurativi il gruppo Phoenix (PHOE), altra società israeliana quotata alla borsa di Tel Aviv (il titolo è triplicato, passando da 3.470 Ila prima del 7 ottobre 2023 al valore di 13.600 Ila del 14/11/2025). Come dimostrato da precedenti ricerche di Who Profits, Phoenix e altre importanti compagnie assicurative israeliane sono complici del finanziamento della costruzione degli insediamenti, dei progetti di trasporto degli insediamenti, dello sfruttamento delle risorse naturali occupate (ndr: tra queste rientrano le energie rinnovabili) e del complesso militare-industriale di Israele, sia direttamente sia attraverso le loro partecipazioni in altre società complici. Si veda al link che segue: (https://www.whoprofits.org/companies/company/7348?the-phoenix-holdings) Questo Circolo ricorda inoltre che il settore delle energie rinnovabili in Israele è sotto accusa in quanto le potenze occupanti, secondo l’art. 55 della IV Convenzione di Ginevra, non possono utilizzare le risorse naturali dei territori occupati per fini propri o esclusivi della propria popolazione. La produzione di energia rinnovabile a fini commerciali in questi contesti è dunque una violazione del diritto internazionale. Il centro di ricerca Who Profits ha pubblicato nel 2024 il report dal titolo “Greenwashing Dispossession: the Israeli Renewable Energy Industry” documentando che una parte rilevante degli impianti fotovoltaici si trova nei territori palestinesi occupati della Cisgiordania, all’interno o nei pressi di insediamenti illegali secondo il diritto internazionale (allegato). Per tali ragioni stigmatizza fortemente questo investimento israeliano nel biellese poiché parte delle risorse finanziarie necessarie sono state conseguite grazie a questo “premio bellico” e al contributo di un partner fortemente coinvolto a sostegno delle illegali azioni perpetrate da Israele nei confronti del popolo Palestinese. Tali risorse devono, pertanto, essere considerate “risorse insanguinate”. Chiede dunque alla Provincia di Biella di agire con coraggio: 1. disponendo una immediata sospensione del procedimento relativo alla istanza presentata da ECONERGY SOLAR PARK 3” S.r.l. 2. illustrando contestualmente al Governo la necessità di adempiere agli obblighi internazionali per evitare qualsiasi forma di complicità nel genocidio e per prevenire ulteriori crimini, ancora in corso, disponendo anche sanzioni economiche che sono notoriamente la modalità più efficace, senza far uso della forza, per fare desistere gli stati da comportamenti criminali. 3. chiedendo conseguentemente che sia esclusa per le società Israeliane e per le rispettive ramificate europee/internazionali, e nel caso concreto in procedura presso la Provincia di Biella, la possibilità di investimenti in Italia. Le disposizioni internazionali, nel momento in cui si rilevi il rischio che possa configurarsi il crimine di genocidio, obbligano infatti gli stati ad adottare tutte le misure necessarie per prevenirlo e per evitare qualsiasi forma di complicità. Questo obbligo si è manifestato dal 26 gennaio 2024, quando la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha riconosciuto l’esistenza di un rischio plausibile che Israele potesse commettere atti di genocidio contro la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. L’Italia, occorre tenere presente, è stata denunciata da più volte alla CPI per complicità diretta con lo Stato di Israele per l’attuazione e il sostegno al genocidio (forniture varie e cooperazione militare, ecc.) e non ha messo in atto e adottato alcuna sanzione nei confronti di Israele, tra cui le sanzioni economiche con limitazioni commerciali ed imprenditoriali alle società con sede legale in Israele (comprese le ramificazioni europee/internazionali di tali società) diversamente da quanto fatto per il conflitto Russo-Ucraino: un indubbio sostegno, se pur  indiretto, all’azione criminale di Israele e tra i fattori che hanno favorito il rialzo dei titoli della borsa di Tel Aviv. Il Circolo Tavo Burat ha concluso le proprie osservazioni chiedendo, in prima istanza, che la procedura sia sospesa stante la necessità di illustrare preliminarmente al Governo la problematicità degli investimenti israeliani nel territorio tenuto conto dei procedimenti disposti dalla CPI e TPI nei confronti di Israele e le denunce di complicità nei confronti dell’Italia stessa. In subordine ha chiesto che non sia rilasciato il positivo parere di compatibilità ambientale per le ragioni tecnico ambientali sovraesposte.