[2025-01-21] Opponiamoci alla militarizzazione della società @ Via Carlo Merlo 2 "Istituto Superiore A. Prever"
OPPONIAMOCI ALLA MILITARIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ Via Carlo Merlo 2 "Istituto Superiore A. Prever" - Pinerolo (martedì, 21 gennaio 08:00) L'Istituto Superiore A. Prever organizza il salone delle Forze Armate, dell'Ordine e del volontariato che si svolgerà il 21 gennaio 2025. Opponiamoci alla presenza delle Forze Armate e delle Forze dell'Ordine nelle scuole e nella società. No alla cultura militare e della repressione. Ci incontriamo per un volantinaggio informativo martedì 21 gennaio a partire dall 8.00 davanti all'entrata dell'Istituto Superiore A. Prever"
January 17, 2025 / Gancio
Siria: bombardamenti turchi alla diga di Tishreen. Decine i morti e feriti
Ancora massacri turchi contro la popolazione del Nord e dell’Est della Siria. Almeno 10 morti civili nei raid turchi contro il presidio popolare sulla Diga di Tishreen, che garantisce l’acqua a milioni di persone nell’Amministrazione autonoma della Siria del nord-est e rappresenta un nodo strategico nell’ambito degli scontri in corso da un mese e mezzo tra Forze siriane democratiche e il sedicente Esercito nazionale siriano. Dal 8 dicembre 2024, la Turchia ha lanciato attacchi contro la regione del Nord e dell’Est della Siria, mirando principalmente alle infrastrutture vitali. Per fermare l’occupazione turca e i suoi mercenari dall’attaccare la diga di Tishreen, dall’8 gennaio, convogli di civili si sono diretti verso la diga  per proteggerla. Tuttavia ciò non ha fermato la Turchia che ha preso di mira direttamente i civili. Finora le forze che difendono il confederalismo democratico in Siria sono riusciti a respingere tutti i tentativi turco-jihadisti di avanzare: in risposta agli attacchi turchi sui civili, stanotte – riferiscono le Sfd – è stata colpita una base dell’occupazione a Zarkan. Numerosi i miliziani rimasti uccisi, mentre la Turchia ha replicato con alcuni raid ed esplosioni a Qamishlo, di fatto la capitale del Rojava confederale. Gli ultimi aggiornati su Radio Onda d’Urto con Tiziano Saccucci dell’Ufficio di Informazione sul Kurdistan in Italia. Ascolta o scarica L’analisi su Radio Onda d’Urto di Murat Cinar, giornalista di origine turca  Ascolta o scarica   > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
January 17, 2025 / Osservatorio Repressione
A.C.A.B.: la Val Susa secondo Netflix vs la realtà che viviamo
In A.C.A.B., la serie prodotta dalla multinazionale americana Netflix la lotta No Tav viene mostrata in modo macchiettistico e violento, in linea oltretutto con la retorica giornalistica che abbiamo visto in questi anni. La rappresentazione equilibra forzatamente le violenze, suggerendo una simmetria tra le parti, con un ferito per parte, come se il peso reale della repressione fosse bilanciato. il divario è ben più marcato e lo dimostrano le inchieste giudiziarie che ci hanno colpito in questi anni, gli anni di carcere elargiti come se fossero noccioline, i nostri feriti e il territorio militarizzato come se fossimo in guerra. di Movimento No Tav da notav.info In Val Susa abbiamo avuto modo di vedere A.C.A.B., la serie prodotta dalla multinazionale americana Netflix e uscita mercoledi 15 gennaio. Eravamo curiosi di osservare come una fiction di tale portata avrebbe trattato la nostra terra e la nostra lotta. Quello che abbiamo visto non ci ha colpiti: la Val Susa, in questo caso, è solo un pretesto narrativo per introdurre la storia dei reparti celere protagonisti. È significativo, tuttavia, che la lotta No Tav venga mostrata in modo macchiettistico e violento, in linea oltretutto con la retorica giornalistica che abbiamo visto in questi anni. La rappresentazione equilibra forzatamente le violenze, suggerendo una simmetria tra le parti, con un ferito per parte, come se il peso reale della repressione fosse bilanciato. In realtà, il divario è ben più marcato e lo dimostrano le inchieste giudiziarie che ci hanno colpito in questi anni, gli anni di carcere elargiti come se fossero noccioline, i nostri feriti e il territorio militarizzato come se fossimo in guerra. Quello che la serie mette in scena non è uno scontro realistico, ma una sorta di battaglia epica, che ricorda le lotte tra antichi romani e popolazioni barbariche, in cui solo l’inganno consente ai “barbari” di colpire un valoroso centurione. La narrazione non appare squilibrata solo nella rappresentazione della violenza, ma anche nell’attribuzione delle sue origini. Si tenta di far credere al vasto pubblico globale di Netflix che le violenze perpetrate dalle forze dell’ordine in Val Susa – e altrove – siano una reazione inevitabile, giustificata dalla tensione generata dai manifestanti. Questi vengono rappresentati attraverso la solita retorica manichea, che li divide in “pensionati buoni” e “zecche pericolose”, oppure riducendo ogni abuso a episodi isolati causati dal singolo elemento irruento: la stanca e falsa narrazione della “mela marcia” che nega, di fatto, la verità incontrovertibile per cui è il sistema ad essere violento, imponendo con la forza ciò che viene rifiutato da più di 30 anni in questa valle. E quindi nessun riferimento, ovviamente, alle ragioni della protesta, alle origini di una contrarietà ragionata e diffusa nella nostra valle, alla devastazione che quotidianamente osserviamo, ai nostri boschi distrutti, alle colate di cemento, all’inquinamento, ai rischi per la nostra salute. Poiché noi la realtà la viviamo quotidianamente sulla nostra pelle, sappiamo che quello che accade in Valsusa non è un film e infatti conosciamo il prezzo per difendere il nostro territorio dalla devastazione. Siamo di fronte ad un crimine ambientale che all’oggi non vede punire i colpevoli, anche se sappiamo bene chi sono. Cosa che invece sta accadendo è che alcuni di noi sono accusati del reato di associazione a delinquere e dai vari ministeri e da Telt ci viene richiesto un rimborso pluri-milionario per difendere quei cantieri che la nostra valle non ha mai richiesto. La realtà è qui, tra le persone che vivono queste montagne. In questo documentario di cui vi alleghiamo il link, Archiviato (regia di Carlo Amblino, con voce narrante di Elio Germano) sono elencati una piccola parte degli abusi che abbiamo subito in questi anni. La nostra Resistenza ci porterà alla vittoria e questo è quanto basta.     > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
January 17, 2025 / Osservatorio Repressione
Abusi in questura a Brescia: intervista all’avvocato Gilberto Pagani. “Attiviste ancora sotto shock”
Abusi in Questura a Brescia contro Extinction Rebellion: dopo le interrogazioni di Alleanza Verdi e Sinistra e Movimento 5 Stelle, il documento dei Centri anti-violenza di Brescia e le denunce di attiviste e attivisti, il ministro Piantedosi difende l’operato della Questura di Brescia sugli abusi in divisa nei confronti delle attiviste di Extinction Rebellion, Ultima Generazione e Palestina Libera di lunedì  dopo il blocco pacifico di Leonardo, azienda armiera implicata nelle guerre di mezzo mondo, a partire dal Medio Oriente. Durante il fermo, durato 7 ore, XR ha denunciato che in Questura “molte delle persone identificate come donne sono state costrette a spogliarsi e a eseguire piegamenti sulle gambe, trattamento non riservato alle persone di sesso maschile”. Per il titolare del Viminale, invece, “le perquisizioni sono state volte in piena regolarità: mi dispiace comunque se qualcuno si  sentito offeso. Ho condiviso con il capo della Polizia di Stato il pensiero che noi dobbiamo rafforzare l’indicazione agli operatori che queste pratiche, che hanno una loro sensibilità, siano caratterizzate da una proporzionalità e adeguatezza agli scenari che si presentano“. Queste ultime parole del titolare del Viminale non sfuggono all’avvocato Gilberto Pagani, uno dei legali che segue gli attivisti e le attiviste: “quelle di Piantedosi sono affermazioni che confermano quanto stiamo dicendo: il richiamo alla “proporzionalità” evidenzia che questo criterio sia sfuggito, perchè le donne fermate non erano certo delle criminali“. Rispetto alla denuncia formale da parte delle attiviste “stiamo per concluderla, ma dobbiamo ancora decidere chi di queste ragazze se la sente di esporsi, perchè sono veramente sotto shock. Faranno incontri questo fine settimana con degli psicologi, perchè sono rimaste veramente colpite. Non sono delle criminali e assimilare manifestanti pacifisti e non violenti a dei criminali significa non capire la questione e assumere un atteggiamento di “delirio repressivo””. Su Radio Onda d’Urto l’intervista integrale all’avvocato Gilberto Pagani, legale di Extinction Rebellion Italia. Ascolta o scarica Contro l’intimidazione e gli abusi in Questura a Brescia, sabato 18 gennaio, alle ore 15.30, presidio fuori dalla Questura stessa, in via Botticelli, indetto da csa Magazzino 47, Diritti per tutti, Collettivo Onda Studentesca, Cobas e Cub. SPESE LEGALI – XR ha poi lanciato un appello a sostenere le spese legali: https://sostieni.link/36163 Il comunicato di XR Italia: “È SUCCESSO DI NUOVO: COSTRETTE A SPOGLIARSI Dopo oltre 7 ore di fermo in Questura, sono state rilasciate le 23 persone di Extinction Rebellion, Palestina Libera e Ultima Generazione che erano state fermate dopo la manifestazione alla Leonardo spa di Brescia. Appendiamo con dolore che molte delle persone socialmente identificate come donne sono state costrette a spogliarsi e a eseguire piegamenti sulle gambe, trattamento non riservato invece alle persone di sesso maschile. Tutte le persone sono state denunciate arbitrariamente per reati pretestuosi e altre espulse da Brescia con dei fogli di via obbligatori. Si, la solita misura di prevenzione del codice antimafia che viene illegittimamente notificata dai Questori di tutta Italia sotto ordine diretto del Ministero dell’Interno. Si conclude cosi una giornata piena di abusi in divisa che apre una nuova ferita nella gestione del pubblico dissenso in questo paese. Abusi che raccontano, ancora una volta, che contestare le politiche genocide ed ecocide della Leonardo – la principale azienda bellica partecipata dallo stato italiano – non è assolutamente consentito. Chiederemo giustizia, anche questa volta, affinché il diritto al dissenso venga difeso, onorato e protetto. Ripetiamolo insieme: sorella, non sei sola!” > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
January 17, 2025 / Osservatorio Repressione
Salò (Bs): espone bandiera e striscione sulla Palestina, si ritrova polizia e carabinieri in casa per farli rimuovere
Espone una bandiera e lo striscione con scritto “Palestina Libera” dal balcone in via Vittorio Emanuele II in centro a Salo’ e si ritrova polizia e carabinieri in casa (in sua assenza ) che intimano ai suoi genitori, in quel momento ospiti nell’abitazione, di rimuoverli. E’ successo a Giulio Tonincelli fotografo e documentarista indipendente. La bandiera era esposta fin dal 2018 dopo che Giulio era stato nella Striscia di Gaza. Da quel viaggio è nato “Diario Palestinese” un reading-concerto tra musica, parole e immagini. Ora si trova in Etiopia a raccogliere testimonianze su quella che è stata la presenza coloniale italiana. Il racconto su quanto accaduto a Radio Onda d’Urto di Giulio Tonincelli documentarista e filmmaker indipendente Ascolta o scarica     > Desio: 400 euro di multa aver esposto uno striscione contro il genocidio a > Gaza > Un normale eccesso di zelo. A proposito di api, pace e libertà   > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
January 17, 2025 / Osservatorio Repressione
Catania, la palestra Lupo sotto sgombero e le trame della “rigenerazione”
  Il 4 dicembre scorso la giunta comunale ha deliberato l’approvazione del progetto definitivo di “demolizione della palestra, realizzazione di parcheggio multipiano e sistemazione a verde piazza Pietro Lupo, giardino pubblico tecnologico”. L’edificio in questione, una ex palestra comunale di Catania, è al centro di una piazza considerata un “margine urbano” da riqualificare. Da un mese, un’assemblea cittadina si riunisce per opporsi allo sgombero della LUPo. Laboratorio Urbano Popolare occupato, realtà autogestita che ha sede proprio nell’ex palestra. L’assemblea iniziale è numerosa, partecipata, sentita. Oltre a chi si prende cura del posto, a esporsi sono anche i frequentatori occasionali sensibili alla questione, o chi è attivo in altri gruppi cittadini, come il comitato per il centro storico, il collettivo di Officina Rebelde e il collettivo del Consultorio Mi cuerpo es mio!, sgomberato nel dicembre 2023 e ancora nomade. Insieme si commenta il progetto appena approvato, si ragiona sul movente dello sgombero mettendolo in relazione con ciò che accade in altre città italiane, ci si confronta su come affrontare lo sgombero e le sue conseguenze. Qualcuno si chiede se questa volta lo sgombero ci sarà davvero o se non si tratta, invece, dell’ennesima trovata politica che cadrà nel nulla. Il passato della “palestra Lupo” legittima questo interrogativo, mostrando il retaggio di un copione antico, fatto di connivenze rodate eppure tremolanti, pochi colpi di scena con finali prevedibili. L’idea di radere al suolo l’edificio per rimpiazzarlo con un parcheggio interrato multipiano risale al 2002, quando la palestra era da poco rimasta abbandonata, dopo essere stata usata per decenni dalla squadra di scherma del Cus Catania. L’allora sindaco Umberto Scapagnini (2000-2008), appena nominato commissario straordinario per l’emergenza traffico dal governo Berlusconi, aveva pianificato la costruzione di cinque parcheggi. Le sorti del progetto di piazza Lupo, legato ai nomi più radicati e potenti dell’imprenditoria catanese (Ciancio e Virlinzi in testa), seguiranno quelle di un altro parcheggio in costruzione, in piazza Europa, bloccato per anni dalla magistratura. In questo arco di tempo l’ex palestra abbandonata, ormai divenuta un rifugio per senzatetto, verrà più volte sgomberata e rioccupata, mentre la prospettiva di un parcheggio in quella piazza continuerà a eccitare i sogni degli speculatori. Il progetto si ripresenta nel 2018, quando un bando regionale che finanziava la costruzione di parcheggi scambiatori fa attivare non solo la giunta Pogliese (2018-2022), ma anche l’ex sindaco democratico Enzo Bianco, che invoca l’intervento del prefetto per accelerare lo sgombero. Neanche quel tentativo, però, andò in porto. Al suo fallimento contribuì un fronte decisamente eterogeneo di oppositori: la borghesia colta della sostenibilità ambientale, del decoro urbano e dell’antimafia; l’associazionismo della democrazia partecipata, della riqualificazione dal basso, dei beni comuni; partiti e sindacati; movimenti e spazi sociali. Oggi questo fronte è meno compatto: la “rigenerazione urbana”, teoricamente “inclusiva” e “sostenibile”, riesce a catturare molti attori locali; eppure in altri quartieri “marginali”, essa ha già mostrato la sua natura classista e razzista, disciplinante e punitiva. Riportare la voce della minoranza che resiste creando spazi informali in cui esercitare un agire critico collettivo sembra allora più urgente che perdersi nel labirinto di soggetti, cifre e interessi coinvolti. Uno sguardo al progetto attuale servirà solo a conoscere meglio “il vuoto” a cui l’assemblea contro lo sgombero vuole opporsi. LA RIQUALIFICAZIONE DELLA PIAZZA Fallito anche il progetto del 2018, il Piano nazionale di ripresa e resilienza offre l’occasione ideale per riesumare l’idea del parcheggio. Il decreto legge di riferimento affida alle Città Metropolitane il compito di elaborare i Piani urbani integrati, strumenti finalizzati a “favorire una migliore inclusione sociale riducendo l’emarginazione e le situazioni di degrado sociale, promuovere la rigenerazione urbana attraverso il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche”. Così, nel marzo del 2022 in Comune si avvia l’iter per l’approvazione di undici progetti, tra cui quello approvato con la delibera del 4 dicembre. Alla demolizione della palestra, costruzione del parcheggio e di un “giardino tecnologico” è destinata una spesa di 3,9 milioni di euro. Nella relazione che accompagna la delibera si legge che la piazza “non svolge la sua funzione di luogo di aggregazione ma viene percepita come una grande area di sosta per veicoli a motore”. “L’unico luogo di aggregazione sociale – viene precisato – è rappresentato dalla palestra Lupo, che presenta gravi criticità strutturali e manutentive che ne compromettono l’uso e il godimento in totale sicurezza”. Per questo motivo, anziché recuperarla, si preferisce abbatterla. Al suo posto, recita ancora il testo, verrà creato un ambiente “piacevole”, fatto di “zone d’ombra” e “arredi urbani in grado di accogliere la collettività”. Così, la “Piazza Libera” diventerà “uno spazio urbano aperto a più funzioni, incoraggiando l’emergenza di usi informali della sfera pubblica […] che favoriscano l’interazione tra gli utenti e la nascita di nuove attività”. La relazione parla poi di un info-point/presidio culturale, una struttura semisferica che fungerà da “punto di gestione e controllo della componente impiantistica evoluta della piazza, basata sulla sostenibilità ambientale”. Esso “garantirà un controllo naturale sulla piazza […] attraverso la presenza continua degli operatori e degli addetti che gestiranno le attività racchiuse all’interno del presidio, aumentando, così, la percezione di sicurezza anche grazie alle mixité di funzioni ospitate dalla piazza”. La semisfera, poi, accoglierà “il vano ascensore che collega la piazza all’autorimessa sottostante”. Tra gli obiettivi principali del progetto vi è infatti la “realizzazione di nuovi posti auto e moto a raso […] con una dimensione tale da poter ospitare circa 150 posti”. A questo punto non si capisce quale sia l’intenzione degli amministratori, si commenta in assemblea: nel passaggio appena citato si parla di posti a raso, nel titolo del progetto di parcheggio multipiano. “È probabile che alla fine faranno solo una zona destinata a dehors per i locali che ci sono attorno”, suggerisce uno degli occupanti. L’ipotesi non sembra campata in aria, perché piazza Lupo si trova in una zona di passaggio tra due quartieri cruciali per il turismo: la Civita, il quartiere del porto, già in gran parte gentrificato, perché è il punto in cui arrivano i crocieristi, a due passi dal Duomo; e San Berillo, quello che chiamano “la ferita della città”. I Piani urbani integrati prevedono anche 1,9 milioni per la “riqualificazione di piazza Teatro Massimo e aree adiacenti, fino a piazza Pietro Lupo”. La via Teatro Massimo, che connette le due piazze, è stata “ripulita” negli anni passati e oggi è sorvegliata da volanti e videocamere. L’intento dichiarato è quello di estendere questo palcoscenico della sicurezza borghese. Al di là delle contraddizioni e delle ipocrisie su cui si regge tutta l’operazione, l’assemblea degli occupanti teme che lo sgombero possa arrivare davvero, perché il finanziamento obbliga all’apertura del cantiere entro sessanta giorni dalla delibera e il completamento dei lavori entro la fine del 2026. LE AUTOGESTIONI Alla fine del 2012, mentre l’ex palestra è ancora attraversata da presenze occasionali e gli amanti del decoro pressano le istituzioni per “sottrarre la piazza al degrado”, entra in scena il Gruppo Azione Risveglio, un “movimento di cittadinanza creativa” nato con la missione di ripulire spazi comunali abbandonati per restituirli all’amministrazione stessa, una volta ultimato il recupero. Questo gruppo ottiene le chiavi della Lupo dall’amministrazione Stancanelli (2008-2013) e, concluso il suo intervento di pulizia, decide però di mantenerle, per “restituire lo spazio alla città” fino alla sua eventuale demolizione. Le dichiarazioni che alcuni di loro rilasciano alla stampa locale parlano chiaro: “non è un’occupazione”, ma una “riappropriazione 2.0” che incentiverà progetti di “innovazione sociale e imprenditoria culturale”. L’intento è quello di trasformare la Lupo in una Palestra delle Arti e delle Culture, un bene comune istituzionalmente riconosciuto e regolamentato. Numerose associazioni aderiscono all’iniziativa, ma il loro tentativo di istituzionalizzazione rimarrà sospeso, e all’interno di quella parentesi di incertezza si farà spazio un mutamento graduale, che riguarderà tanto il gruppo di autogestione quanto le attività offerte dallo spazio. Alcuni occupanti attuali ne ricordano l’evoluzione. “La prima parte di vita della Lupo è stata dedicata principalmente al riutilizzo creativo, soprattutto finalizzato alla creazione di opere d’arte; si facevano meno serate musicali ma più workshop e mostre. Per un periodo è stato occupata anche ad uso abitativo, con tutto quello che ne consegue. Con l’arrivo del Covid si è sospeso tutto, ma subito dopo il posto è stato riattivato. Diverse crew musicali che bazzicavano la Lupo da tempo si sono ritrovate qui. Catania Hardcore, per esempio, è una crew punk hard-core che esiste più o meno dal 2000 e che ha sempre organizzato concerti in posti occupati. Oppure Tifone Crew, che organizza concerti metal, o i rapper della scena hip hop locale, che hanno deciso di fondare una propria etichetta musicale, la Tomato Sauce. Insieme abbiamo portato avanti le iniziative culturali preesistenti e abbiamo ampliato le proposte cercando di dialogare con le persone che c’erano prima, e questo lavoro ha arricchito un po’ tutti. Da quello che dico sembra una situazione legata solo alla scena musicale, ma in realtà è inserita in un movimento di gente che frequenta e autogestisce i posti occupati. Oltre ai concerti facciamo presentazioni di libri, laboratori e mostre con artisti locali e internazionali; ma ci occupiamo anche di osservare la gestione del territorio, la turistificazione, la riqualificazione. C’è stata una fase a Catania in cui fare politica era legato a un collettivo specifico con la sua identità, e quindi se tu non avevi un’identità chiara o eri una collettività magari più ampia ed eterogenea, quello che facevi non era considerata politica. Questo aspetto per noi è importante: tuttora non utilizziamo definizioni e non facciamo riferimento a un’area ideologica precisa, anche perché molti di noi hanno alle spalle esperienze politiche diverse tra loro”. Insieme agli eventi musicali e artistici, la Lupo propone anche un calendario di iniziative sportive. In questo momento sono attivi un corso di fitness e uno di autodifesa personale. C’è anche una squadra di ping pong che si allena da cinque anni. Si chiama The Wolf. “Rispetto a quando siamo arrivati – continuano gli occupanti –, la Lupo è cambiata radicalmente. L’abbiamo sempre considerato un posto libero da certe logiche, ma non era così vivo cinque anni fa. Abbiamo iniziato a fare ping pong principalmente per creare aggregazione, socialità; siamo partiti in due e oggi siamo almeno una ventina; qualcuno viene più assiduamente alle assemblee, altri, tramite la Lupo sono riusciti ad avviare anche altre attività, musicali, ecc. Noi siamo un gruppo totalmente informale, c’è chi pratica lo sport anche a livello agonistico, però non abbiamo mai creato un’associazione; non partecipiamo a tornei ufficiali però siamo riusciti fare cose importanti rimanendo sempre qui”. Mutando la composizione del gruppo che si prende cura dello spazio, anche il modo di organizzare le attività è cambiato negli ultimi anni. “L’assemblea della Lupo fino a qualche tempo fa era solo una, era aperta a chiunque e si discuteva tutti e tutto insieme. Siamo andati avanti così per tre anni, poi ci siamo resi conto che era un po’ limitante e abbiamo deciso di riorganizzarci, non chiudendo l’assemblea, ma facendone due: una con chi vuole proporre qualcosa per la prima volta e un’altra tra chi si occupa della gestione dello spazio, dove però è invitato a partecipare chiunque sia interessato. Il nostro obiettivo è che ogni persona che si avvicina diventi quanto più autonoma possibile, in modo che tutto sia veramente orizzontale. Visto che questo è rimasto l’unico posto che ti permette di organizzare delle cose, mezza città si è riversata sul nostro calendario. Quando riceviamo le proposte cerchiamo di comprendere di cosa si stratta, chi abbiamo di fronte, poi se ne parla tutti insieme e si sceglie cosa fare. Con qualcuno ci si capisce di più, con altri meno, ma se siamo qui a parlarne è perché sta funzionando. Con l’assemblea di gestione invece l’obiettivo è anche di costruire una linea politica, non solo relativa alla Lupo ma più in generale alla città e al contesto nazionale, come sta succedendo con la lotta contro il decreto sicurezza”. Le persone più giovani e arrivate da meno tempo raccontano come si sono inserite nel gruppo che oggi mantiene il posto attivo, e cosa significa per loro farne parte. “La prima volta sono entrata alla Lupo per la Tattoo Circus, poi ho cominciato a frequentare il laboratorio ‘L’arte è pericolosa’, nato in un momento in cui sui giornali si dava del pericoloso a qualsiasi cosa. Poi c’è lo spazio per serigrafare – posso farlo anche a casa, ma qui si è creata una situazione più interessante. Il laboratorio di serigrafia esisteva già, ma per un periodo era rimasto inattivo; lo abbiamo ripreso e stampiamo parecchio. Le varie crew che organizzano concerti fanno qui le loro magliette, hanno imparato a serigrafare e lo fanno insieme a noi, quindi tutto quello che succede alla fine si contamina e ti permette di ragionare sulle cose in modo più complessivo. “Man mano che scoprivo la Lupo, anche grazie agli striscioni che vedevo durante i concerti o altri eventi, mi rendevo conto che quello che offriva non era un semplice ‘servizio’ ma qualcosa che ti permette di evadere dalla gabbia del mondo. Se la frequenti un po’, scopri che questa cosa di autogestirsi è possibile, e questo cambia la tua prospettiva, sia rispetto allo spazio sia rispetto al modo in cui puoi fare le cose”. Se si scorre il calendario della Lupo, nel corso degli ultimi anni si nota un interesse crescente verso questioni più esplicitamente politiche. “Quando abbiamo aperto alla città è nato un dibattito che ha assunto una prospettiva prettamente politica per necessità. Penso alla minaccia di sgombero di due anni fa: qualcuno veniva e chiedeva conto del perché non avessimo intenzione di dialogare con le istituzioni, e allora fu necessario prendere una posizione precisa, consapevole di quali sono i pro e i contro di un percorso di interlocuzione con il Comune. Il politicizzarsi dello spazio è avvenuto anche perché diversi gruppi hanno cominciato a frequentare la Lupo – il collettivo del Parco Falcone, lo studentato, i collettivi artistici che in città non hanno uno spazio – e fatalmente sono stati coinvolti nella gestione, hanno dovuto fare delle scelte, prendere delle decisioni. L’assemblea contro lo sgombero è cresciuta insieme a un’altra a livello cittadino, anch’essa dettata da un’emergenza: il decreto 1660, contestato in tutta Italia. L’ultimo corteo contro decreto, sgomberi e guerre del 21 dicembre è stato vivace, e per quanto poco numeroso ha portato in piazza realtà che solitamente camminano separate. La consapevolezza che non esiste alcuna garanzia di successo non sta impedendo agli abitanti della Lupo di offrire una base fisica e un contributo discorsivo a questo tentativo di convergenza”. Il 4 febbraio 2025 segna il termine entro il quale ci si aspetta lo sgombero. Nel frattempo la Lupo sta continuando a proporre momenti di svago, impegno e respiro a chi rifiuta la bolla del consumo cittadino e l’inganno delle politiche culturali e sociali volte al profitto. Un nuovo corteo è previsto per il 21 gennaio. “Non si sgombera un’idea”, dice una frase scritta sulle pareti dello spazio, quella che forse più di tutte oggi suona come un avvertimento e un auspicio per il futuro. (alessandra ferlito)
January 17, 2025 / NapoliMONiTOR
Dietro quella porta. Storie dai Cpr
I Cpr sono i Centri di permanenza per il rimpatrio, in pratica delle carceri per chi ha il passaporto sbagliato. Quattro persone che sono state “trattenute” in queste strutture raccontano il prima, il durante e il dopo di questa esperienza L'articolo Dietro quella porta. Storie dai Cpr proviene da IrpiMedia.
January 17, 2025 / IrpiMedia
[2025-01-17] Presidio per la Palestina @ Piazza Castello, Torino
PRESIDIO PER LA PALESTINA Piazza Castello, Torino - Torino, piazza Castello (venerdì, 17 gennaio 19:00) Ieri 15 gennaio 2025 è stato firmato il cessate al fuoco per fermare temporaneamente il genocidio a Gaza. Una tregua di 42 giorni dove è previsto un graduale ritiro delle forze occupanti israeliane e l'inizio dello scambio di ostaggi e prigionieri. In tutta la Palestina in queste ore il popolo festeggia la speranza di una liberazione nonostante la situazione continui ad essere incerta e in continuo aggiornamento. Notizia delle ultime ore infatti è quella un possibile ritiro dagli accordi del regime israeliano che accusa la resistenza palestinese di "non rispettare tutte le parti" dell'accordo. Ancora una volta il regime israeliano mostra il suo vero obiettivo: continuare a bombardare finché il genocidio non sarà completo, come si è visto stanotte quando le IOF hanno continuato a uccidere nonostante la tregua. La lotta per la liberazione non si ferma qui e per questo non ci fermeremo neanche noi. Oggi più che mai è essenziale scendere in piazza e far sentire la nostra voce a fianco della lotta per la liberazione della Palestina. Non accettiamo un cessate il fuoco temporaneo, vogliamo la fine della violenza coloniale, vogliamo la fine dell'oppressione, ora e sempre Palestina libera! Ci vediamo domani, venerdì 17, alle ore 19:00 in Piazza Castello! Facebook
January 17, 2025 / Gancio
[2025-01-18] Presidio contro il genocidio @ piazza Carlo Felice - di fronte a Porta Nuova
PRESIDIO CONTRO IL GENOCIDIO piazza Carlo Felice - di fronte a Porta Nuova - piazza carlo felice (sabato, 18 gennaio 14:00) VERSO LA GIORNATA DI LOTTA NAZIONALE DEL 25 GENNAIO CONTRO IL *DDL-SICUREZZA* CHE PREPARA LA *GUERRA* PER LA *PALESTINA LIBERA*, CONTRO LA REPRESSIONE DELLA *RESISTENZA A JENIN* ANCHE SABATO 18 GENNAIO CI TROVIAMO A PORTA NUOVA (in piazza Carlo Felice alle ore 14) In questa fase di peggioramento delle condizioni di vita di milioni di persone (bassi salari, precarietà, cura della salute…) risorse sempre più enormi vengono spese per finanziare armi, eserciti e missioni militari. L’Italia prende parte alla guerra in Ucraina e alla guerra in Medio Oriente (sostenendo il genocidio perpetrato da Israele contro i palestinesi) – a discapito dei servizi essenziali per le persone (ospedali e sanità, scuola e cura del territorio…). Per "pacificare il fronte interno" (questo il significato di economia di guerra) il Parlamento accelera l’approvazione del Ddl-sicurezza “ex-1660” portando avanti un attacco a tutte le lotte. Intanto in Palestina, per spezzare un'indomita resistenza dopo centinaia di migliaia di morti, l'imperialismo sionista si allea anche con l'Autorità Nazionale Palestinese per reprimere chi continua a lottare per la fine dell'occupazione. Prepariamoci alla giornata di lotta nazionale del 25 GENNAIO in sostegno alla resistenza palestinese e contro il Ddl-sicurezza, lanciata dai Giovani Palestinesi d'Italia e dalla Rete liberi/e di lottare in tutte le città d'Italia. Siamo tutti coinvolti: oggi più che mai, è urgente unire tutte le energie del dissenso e delle proteste per un’opposizione efficace alle politiche del governo e contrastare la tendenza alla guerra.
January 17, 2025 / Gancio