Catania, la palestra Lupo sotto sgombero e le trame della “rigenerazione”
Il 4 dicembre scorso la giunta comunale ha deliberato l’approvazione del
progetto definitivo di “demolizione della palestra, realizzazione di parcheggio
multipiano e sistemazione a verde piazza Pietro Lupo, giardino pubblico
tecnologico”. L’edificio in questione, una ex palestra comunale di Catania, è al
centro di una piazza considerata un “margine urbano” da riqualificare. Da un
mese, un’assemblea cittadina si riunisce per opporsi allo sgombero della LUPo.
Laboratorio Urbano Popolare occupato, realtà autogestita che ha sede proprio
nell’ex palestra. L’assemblea iniziale è numerosa, partecipata, sentita. Oltre a
chi si prende cura del posto, a esporsi sono anche i frequentatori occasionali
sensibili alla questione, o chi è attivo in altri gruppi cittadini, come il
comitato per il centro storico, il collettivo di Officina Rebelde e il
collettivo del Consultorio Mi cuerpo es mio!, sgomberato nel dicembre 2023 e
ancora nomade. Insieme si commenta il progetto appena approvato, si ragiona sul
movente dello sgombero mettendolo in relazione con ciò che accade in altre città
italiane, ci si confronta su come affrontare lo sgombero e le sue conseguenze.
Qualcuno si chiede se questa volta lo sgombero ci sarà davvero o se non si
tratta, invece, dell’ennesima trovata politica che cadrà nel nulla. Il passato
della “palestra Lupo” legittima questo interrogativo, mostrando il retaggio di
un copione antico, fatto di connivenze rodate eppure tremolanti, pochi colpi di
scena con finali prevedibili.
L’idea di radere al suolo l’edificio per rimpiazzarlo con un parcheggio
interrato multipiano risale al 2002, quando la palestra era da poco rimasta
abbandonata, dopo essere stata usata per decenni dalla squadra di scherma del
Cus Catania. L’allora sindaco Umberto Scapagnini (2000-2008), appena nominato
commissario straordinario per l’emergenza traffico dal governo Berlusconi, aveva
pianificato la costruzione di cinque parcheggi. Le sorti del progetto di piazza
Lupo, legato ai nomi più radicati e potenti dell’imprenditoria catanese (Ciancio
e Virlinzi in testa), seguiranno quelle di un altro parcheggio in costruzione,
in piazza Europa, bloccato per anni dalla magistratura. In questo arco di tempo
l’ex palestra abbandonata, ormai divenuta un rifugio per senzatetto, verrà più
volte sgomberata e rioccupata, mentre la prospettiva di un parcheggio in quella
piazza continuerà a eccitare i sogni degli speculatori. Il progetto si
ripresenta nel 2018, quando un bando regionale che finanziava la costruzione di
parcheggi scambiatori fa attivare non solo la giunta Pogliese (2018-2022), ma
anche l’ex sindaco democratico Enzo Bianco, che invoca l’intervento del prefetto
per accelerare lo sgombero. Neanche quel tentativo, però, andò in porto. Al suo
fallimento contribuì un fronte decisamente eterogeneo di oppositori: la
borghesia colta della sostenibilità ambientale, del decoro urbano e
dell’antimafia; l’associazionismo della democrazia partecipata, della
riqualificazione dal basso, dei beni comuni; partiti e sindacati; movimenti e
spazi sociali.
Oggi questo fronte è meno compatto: la “rigenerazione urbana”, teoricamente
“inclusiva” e “sostenibile”, riesce a catturare molti attori locali; eppure in
altri quartieri “marginali”, essa ha già mostrato la sua natura classista e
razzista, disciplinante e punitiva. Riportare la voce della minoranza che
resiste creando spazi informali in cui esercitare un agire critico collettivo
sembra allora più urgente che perdersi nel labirinto di soggetti, cifre e
interessi coinvolti. Uno sguardo al progetto attuale servirà solo a conoscere
meglio “il vuoto” a cui l’assemblea contro lo sgombero vuole opporsi.
LA RIQUALIFICAZIONE DELLA PIAZZA
Fallito anche il progetto del 2018, il Piano nazionale di ripresa e resilienza
offre l’occasione ideale per riesumare l’idea del parcheggio. Il decreto legge
di riferimento affida alle Città Metropolitane il compito di elaborare i Piani
urbani integrati, strumenti finalizzati a “favorire una migliore inclusione
sociale riducendo l’emarginazione e le situazioni di degrado sociale, promuovere
la rigenerazione urbana attraverso il recupero, la ristrutturazione e la
rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree
pubbliche”. Così, nel marzo del 2022 in Comune si avvia l’iter per
l’approvazione di undici progetti, tra cui quello approvato con la delibera del
4 dicembre. Alla demolizione della palestra, costruzione del parcheggio e di un
“giardino tecnologico” è destinata una spesa di 3,9 milioni di euro.
Nella relazione che accompagna la delibera si legge che la piazza “non svolge la
sua funzione di luogo di aggregazione ma viene percepita come una grande area di
sosta per veicoli a motore”. “L’unico luogo di aggregazione sociale – viene
precisato – è rappresentato dalla palestra Lupo, che presenta gravi criticità
strutturali e manutentive che ne compromettono l’uso e il godimento in totale
sicurezza”. Per questo motivo, anziché recuperarla, si preferisce abbatterla. Al
suo posto, recita ancora il testo, verrà creato un ambiente “piacevole”, fatto
di “zone d’ombra” e “arredi urbani in grado di accogliere la collettività”.
Così, la “Piazza Libera” diventerà “uno spazio urbano aperto a più funzioni,
incoraggiando l’emergenza di usi informali della sfera pubblica […] che
favoriscano l’interazione tra gli utenti e la nascita di nuove attività”.
La relazione parla poi di un info-point/presidio culturale, una struttura
semisferica che fungerà da “punto di gestione e controllo della componente
impiantistica evoluta della piazza, basata sulla sostenibilità ambientale”. Esso
“garantirà un controllo naturale sulla piazza […] attraverso la presenza
continua degli operatori e degli addetti che gestiranno le attività racchiuse
all’interno del presidio, aumentando, così, la percezione di sicurezza anche
grazie alle mixité di funzioni ospitate dalla piazza”. La semisfera, poi,
accoglierà “il vano ascensore che collega la piazza all’autorimessa
sottostante”. Tra gli obiettivi principali del progetto vi è infatti la
“realizzazione di nuovi posti auto e moto a raso […] con una dimensione tale da
poter ospitare circa 150 posti”. A questo punto non si capisce quale sia
l’intenzione degli amministratori, si commenta in assemblea: nel passaggio
appena citato si parla di posti a raso, nel titolo del progetto di parcheggio
multipiano.
“È probabile che alla fine faranno solo una zona destinata a dehors per i locali
che ci sono attorno”, suggerisce uno degli occupanti. L’ipotesi non sembra
campata in aria, perché piazza Lupo si trova in una zona di passaggio tra due
quartieri cruciali per il turismo: la Civita, il quartiere del porto, già in
gran parte gentrificato, perché è il punto in cui arrivano i crocieristi, a due
passi dal Duomo; e San Berillo, quello che chiamano “la ferita della città”.
I Piani urbani integrati prevedono anche 1,9 milioni per la “riqualificazione di
piazza Teatro Massimo e aree adiacenti, fino a piazza Pietro Lupo”. La via
Teatro Massimo, che connette le due piazze, è stata “ripulita” negli anni
passati e oggi è sorvegliata da volanti e videocamere. L’intento dichiarato è
quello di estendere questo palcoscenico della sicurezza borghese. Al di là delle
contraddizioni e delle ipocrisie su cui si regge tutta l’operazione, l’assemblea
degli occupanti teme che lo sgombero possa arrivare davvero, perché il
finanziamento obbliga all’apertura del cantiere entro sessanta giorni dalla
delibera e il completamento dei lavori entro la fine del 2026.
LE AUTOGESTIONI
Alla fine del 2012, mentre l’ex palestra è ancora attraversata da presenze
occasionali e gli amanti del decoro pressano le istituzioni per “sottrarre la
piazza al degrado”, entra in scena il Gruppo Azione Risveglio, un “movimento di
cittadinanza creativa” nato con la missione di ripulire spazi comunali
abbandonati per restituirli all’amministrazione stessa, una volta ultimato il
recupero. Questo gruppo ottiene le chiavi della Lupo dall’amministrazione
Stancanelli (2008-2013) e, concluso il suo intervento di pulizia, decide però di
mantenerle, per “restituire lo spazio alla città” fino alla sua eventuale
demolizione. Le dichiarazioni che alcuni di loro rilasciano alla stampa locale
parlano chiaro: “non è un’occupazione”, ma una “riappropriazione 2.0” che
incentiverà progetti di “innovazione sociale e imprenditoria culturale”.
L’intento è quello di trasformare la Lupo in una Palestra delle Arti e delle
Culture, un bene comune istituzionalmente riconosciuto e regolamentato. Numerose
associazioni aderiscono all’iniziativa, ma il loro tentativo di
istituzionalizzazione rimarrà sospeso, e all’interno di quella parentesi di
incertezza si farà spazio un mutamento graduale, che riguarderà tanto il gruppo
di autogestione quanto le attività offerte dallo spazio. Alcuni occupanti
attuali ne ricordano l’evoluzione.
“La prima parte di vita della Lupo è stata dedicata principalmente al riutilizzo
creativo, soprattutto finalizzato alla creazione di opere d’arte; si facevano
meno serate musicali ma più workshop e mostre. Per un periodo è stato occupata
anche ad uso abitativo, con tutto quello che ne consegue. Con l’arrivo del Covid
si è sospeso tutto, ma subito dopo il posto è stato riattivato. Diverse crew
musicali che bazzicavano la Lupo da tempo si sono ritrovate qui. Catania
Hardcore, per esempio, è una crew punk hard-core che esiste più o meno dal 2000
e che ha sempre organizzato concerti in posti occupati. Oppure Tifone Crew, che
organizza concerti metal, o i rapper della scena hip hop locale, che hanno
deciso di fondare una propria etichetta musicale, la Tomato Sauce. Insieme
abbiamo portato avanti le iniziative culturali preesistenti e abbiamo ampliato
le proposte cercando di dialogare con le persone che c’erano prima, e questo
lavoro ha arricchito un po’ tutti. Da quello che dico sembra una situazione
legata solo alla scena musicale, ma in realtà è inserita in un movimento di
gente che frequenta e autogestisce i posti occupati. Oltre ai concerti facciamo
presentazioni di libri, laboratori e mostre con artisti locali e internazionali;
ma ci occupiamo anche di osservare la gestione del territorio, la
turistificazione, la riqualificazione. C’è stata una fase a Catania in cui fare
politica era legato a un collettivo specifico con la sua identità, e quindi se
tu non avevi un’identità chiara o eri una collettività magari più ampia ed
eterogenea, quello che facevi non era considerata politica. Questo aspetto per
noi è importante: tuttora non utilizziamo definizioni e non facciamo riferimento
a un’area ideologica precisa, anche perché molti di noi hanno alle spalle
esperienze politiche diverse tra loro”.
Insieme agli eventi musicali e artistici, la Lupo propone anche un calendario di
iniziative sportive. In questo momento sono attivi un corso di fitness e uno di
autodifesa personale. C’è anche una squadra di ping pong che si allena da cinque
anni. Si chiama The Wolf.
“Rispetto a quando siamo arrivati – continuano gli occupanti –, la Lupo è
cambiata radicalmente. L’abbiamo sempre considerato un posto libero da certe
logiche, ma non era così vivo cinque anni fa. Abbiamo iniziato a fare ping pong
principalmente per creare aggregazione, socialità; siamo partiti in due e oggi
siamo almeno una ventina; qualcuno viene più assiduamente alle assemblee, altri,
tramite la Lupo sono riusciti ad avviare anche altre attività, musicali, ecc.
Noi siamo un gruppo totalmente informale, c’è chi pratica lo sport anche a
livello agonistico, però non abbiamo mai creato un’associazione; non
partecipiamo a tornei ufficiali però siamo riusciti fare cose importanti
rimanendo sempre qui”.
Mutando la composizione del gruppo che si prende cura dello spazio, anche il
modo di organizzare le attività è cambiato negli ultimi anni.
“L’assemblea della Lupo fino a qualche tempo fa era solo una, era aperta a
chiunque e si discuteva tutti e tutto insieme. Siamo andati avanti così per tre
anni, poi ci siamo resi conto che era un po’ limitante e abbiamo deciso di
riorganizzarci, non chiudendo l’assemblea, ma facendone due: una con chi vuole
proporre qualcosa per la prima volta e un’altra tra chi si occupa della gestione
dello spazio, dove però è invitato a partecipare chiunque sia interessato. Il
nostro obiettivo è che ogni persona che si avvicina diventi quanto più autonoma
possibile, in modo che tutto sia veramente orizzontale. Visto che questo è
rimasto l’unico posto che ti permette di organizzare delle cose, mezza città si
è riversata sul nostro calendario. Quando riceviamo le proposte cerchiamo di
comprendere di cosa si stratta, chi abbiamo di fronte, poi se ne parla tutti
insieme e si sceglie cosa fare. Con qualcuno ci si capisce di più, con altri
meno, ma se siamo qui a parlarne è perché sta funzionando. Con l’assemblea di
gestione invece l’obiettivo è anche di costruire una linea politica, non solo
relativa alla Lupo ma più in generale alla città e al contesto nazionale, come
sta succedendo con la lotta contro il decreto sicurezza”.
Le persone più giovani e arrivate da meno tempo raccontano come si sono inserite
nel gruppo che oggi mantiene il posto attivo, e cosa significa per loro farne
parte.
“La prima volta sono entrata alla Lupo per la Tattoo Circus, poi ho cominciato a
frequentare il laboratorio ‘L’arte è pericolosa’, nato in un momento in cui sui
giornali si dava del pericoloso a qualsiasi cosa. Poi c’è lo spazio per
serigrafare – posso farlo anche a casa, ma qui si è creata una situazione più
interessante. Il laboratorio di serigrafia esisteva già, ma per un periodo era
rimasto inattivo; lo abbiamo ripreso e stampiamo parecchio. Le varie crew che
organizzano concerti fanno qui le loro magliette, hanno imparato a serigrafare e
lo fanno insieme a noi, quindi tutto quello che succede alla fine si contamina e
ti permette di ragionare sulle cose in modo più complessivo.
“Man mano che scoprivo la Lupo, anche grazie agli striscioni che vedevo durante
i concerti o altri eventi, mi rendevo conto che quello che offriva non era un
semplice ‘servizio’ ma qualcosa che ti permette di evadere dalla gabbia del
mondo. Se la frequenti un po’, scopri che questa cosa di autogestirsi è
possibile, e questo cambia la tua prospettiva, sia rispetto allo spazio sia
rispetto al modo in cui puoi fare le cose”.
Se si scorre il calendario della Lupo, nel corso degli ultimi anni si nota un
interesse crescente verso questioni più esplicitamente politiche.
“Quando abbiamo aperto alla città è nato un dibattito che ha assunto una
prospettiva prettamente politica per necessità. Penso alla minaccia di sgombero
di due anni fa: qualcuno veniva e chiedeva conto del perché non avessimo
intenzione di dialogare con le istituzioni, e allora fu necessario prendere una
posizione precisa, consapevole di quali sono i pro e i contro di un percorso di
interlocuzione con il Comune. Il politicizzarsi dello spazio è avvenuto anche
perché diversi gruppi hanno cominciato a frequentare la Lupo – il collettivo del
Parco Falcone, lo studentato, i collettivi artistici che in città non hanno uno
spazio – e fatalmente sono stati coinvolti nella gestione, hanno dovuto fare
delle scelte, prendere delle decisioni. L’assemblea contro lo sgombero è
cresciuta insieme a un’altra a livello cittadino, anch’essa dettata da
un’emergenza: il decreto 1660, contestato in tutta Italia. L’ultimo corteo
contro decreto, sgomberi e guerre del 21 dicembre è stato vivace, e per quanto
poco numeroso ha portato in piazza realtà che solitamente camminano separate. La
consapevolezza che non esiste alcuna garanzia di successo non sta impedendo agli
abitanti della Lupo di offrire una base fisica e un contributo discorsivo a
questo tentativo di convergenza”.
Il 4 febbraio 2025 segna il termine entro il quale ci si aspetta lo sgombero.
Nel frattempo la Lupo sta continuando a proporre momenti di svago, impegno e
respiro a chi rifiuta la bolla del consumo cittadino e l’inganno delle politiche
culturali e sociali volte al profitto. Un nuovo corteo è previsto per il 21
gennaio. “Non si sgombera un’idea”, dice una frase scritta sulle pareti dello
spazio, quella che forse più di tutte oggi suona come un avvertimento e un
auspicio per il futuro. (alessandra ferlito)