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Camminare nella notte
Nonostante la primavera, al tempo della Repubblica della Maddalena il paese di Chiomonte era grigio, buio, silente. Al di là del fiume che si stringe nella gorgia, nello spazio libero fatto di vigne, barricate, cibo condiviso, assemblee c’era il rumore delle vite della comunità resistente, comunità d’elezione e non di terra, di sangue, di identità escludenti e del loro tremendo portato di violenza. Lì imparammo a camminare nella notte. Insieme e da soli, incespicando e rialzandoci. Tanta gente in quegli anni, sin dall’insurrezione di Venaus, aveva scoperto che riscrivere una storia già scritta era possibile, che i tempi che ci era dato vivere non erano un destino ineluttabile. Poi arrivarono l’occupazione, la repressione, i processi: la nostra comunità perse la sua forza creativa, la resistenza venne ridotta a logoro rituale e prevalse la delega istituzionale. Proprio in questi giorni la polizia sta prendendosi le case a Susa. Ma. Quelle notti di veglia, essere stati parte di quella comunità d’elezione continua a ricordarci di una possibilità che dobbiamo saperci dare. Oggi più che mai. Viviamo tempi bui, tempi di guerra, tempi in cui si allungano le ombre di una notte senza stelle. Il riemergere potente dei nazionalismi, delle religioni, dell’autoritarismo, del patriarcato è una delle cifre di un secolo che non riesce a fare i conti con il precipitare della crisi ambientale e sociale, perché la logica del capitalismo impone la ricerca del profitto a tutti i costi. Oltre la metà della popolazione mondiale vive scavando nelle discariche, il simbolo concreto di un’umanità assoggettata, di persone le cui vite valgono meno dei rifiuti tra cui scavano per sopravvivere. In ogni angolo del pianeta ci sono governi in cui prevalgono istanze autoritarie, religiose, razziste perfettamente compatibili con il capitalismo e i suoi frutti avvelenati. I movimenti che all’alba di questo secolo osarono tentare un’alleanza transnazionale degli oppressi e degli sfruttati sono stati spazzati via. L’incapacità di opporsi alle “guerre di civiltà” in Afganistan e in Iraq ne ha decretato la fine ben più della repressione o del riassorbimento in ambiti compatibili con l’ordine esistente. L’incapacità di cogliere che la guerra afgana non era per la liberazione delle donne dalla schiavitù ma un regolamento di conti con storici alleati dei tempi della guerra fredda rende ancor oggi difficile cogliere che le guerre di religione sono utili per reclutare aspiranti martiri ma non spiegano una realtà in cui le alleanze sono a geografia variabile e soggette a continui cambiamenti di fronte. Nell’ultimo mese abbiamo assistito alla promozione di Al Jolani, il nuovo signore e padrone della Siria a partner affidabile degli Stati Uniti. Con buona pace di cristiani, alewiti, drusi siriani nei cui confronti viene attuata una feroce repressione. Al Jolani è il capo della branca siriana di Al Queda, la stessa organizzazione di Osama bin Laden. D’altra parte nel 2021 gli Stati Uniti riconsegnarono il futuro delle donne afgane ai talebani in cambio della promessa di non far sconfinare la jihad. Le alleanze tra gli Stati, al di là della retorica utilizzata per raccogliere consenso non hanno altra etica che non sia quella dell’affermazione degli obiettivi dei blocchi di potere che sostengono i vari governi. Non è banale ricordarlo, perché purtroppo tanta parte dei movimenti di opposizione alle guerre e al riarmo resta ancorata a dinamiche campiste. La spinta ad un’alleanza transnazionale degli oppressi e degli sfruttati fatica a (ri)trovare spazio, quando prevale il sostegno a Brics, una rete economica i cui pilastri sono campioni di libertà come la Russia, la Cina, l’India, l’Egitto gli Emirati arabi uniti, l’Iran… La feroce pulizia etnica su vasta scala attuata da Israele negli ultimi due anni è stata e continua ad essere un’immane catastrofe umanitaria per la popolazione palestinese. Alle nostre latitudini il potente moto di indignazione per il genocidio che ha riempito le piazze italiane con numeri imponenti e pratiche di lotta radicali non è stato capace di svincolarsi da logiche stolidamente campiste. Definire i macellai delle donne iraniane, il regime di Assad e i loro alleati libanesi “asse della resistenza” ne è stato l’indice inequivocabile. La spinta alla decolonialità è uno strumento importante per percorsi di liberazione in cui emerga il protagonismo di popolazioni e gruppi sociali marginalizzati e razzializzati ma diventa un boomerang se si trasforma nel relativismo culturale già tanto caro alla destra differenzialista. Eppure mai come ora sarebbe necessaria la crescita di un movimento antimilitarista radicale, capace di far saltare la corsa al riarmo e alla guerra che rischia di travolgerci tutt. L’Assemblea Antimilitarista nata tre anni ha posto al centro la lotta ai confini, agli eserciti alle guerre sostenendo disertori, obiettori e chi si oppone a massacri e razzismo in una logica internazionalista e solidale. L’Assemblea è stata accanto a compagn impegnat a costruire relazioni sociali tra libere ed eguali anche nell’infuriare di guerre e genocidi. L’assemblea ha promosso iniziative contro missioni militari all’estero, basi militari, poligoni di tiro, fabbriche d’armi, nella consapevolezza che le radici delle guerre affondano nello stesso terreno in cui sono costruite le case dove viviamo. Sradicarle è il nostro compito. Di recente l’Assemblea ha attivamente contrastato l’Aerospace and defence meetings, la mostra mercato delle armi aerospaziali di guerra che si tiene ogni due anni a Torino, con il chiaro obiettivo della chiusura dell’industria bellica. Sappiamo che i tempi sono bui. Una buona ragione per mettercela tutta per non perdere il controllo del timone nonostante la tempesta, la confusione, il timore di non farcela. Abbiamo imparato a camminare nella notte senza perdere la strada, inciampando e sostenendoci a vicenda.
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Video. Tramandare il fuoco. Per un approccio libertario alla questione palestinese
Il video della presentazione di “Tramandare il fuoco. Per un approccio libertario alla questione palestinese. Una critica a essenzialismo e nazionalismo.”: All’incontro di venerdì 27 settembre a Torino hanno partecipato gli autori ed autrici dell’opuscolo. Ne è seguito un ampio dibattito. Di seguito alcuni stralci del testo: “Quest’opuscolo è frutto di un confronto collettivo durato, a fasi alterne, alcuni mesi. È diviso in tre piccoli saggi, che, sebbene redatti da singol* com­pagn*, sono stati let­ti e rielaborati collet­ti­vamente. Quest’opuscolo scaturisce dalla necessità di immaginare e pra­ti­care una diversa prospettiva politica alla lotta con­tro il genocidio a Gaza. E, più in generale, a tutte le guer­re e ad ogni dinamica escludente. Abbiamo avuto ed abbiamo un’enorme difficoltà ad attraversare i movimenti che sono nati per contrastare il terribile massacro attuato dal governo israeliano nella Striscia di Gaza. Uno scenario in bianco e nero, come certe pellicole dove i buoni sono assolutamente buoni ed i cattivi asso­lu­ta­men­te cattivi. Non è così, non è mai così. E, lo diciamo chiaro, non ci accontentiamo dei grigi: aspi­ria­mo ad una tavolozza ampia, plurale, aperta. Con il passare dei mesi abbiamo temuto che arrivasse l’as­suefazione all’orrore. Già sta accadendo in Ucraina, già avviene nei tanti luoghi del pianeta, dove si consumano tragedie immani nel silenzio dei più. Di un fatto siamo certi, perché rappresenta un orizzonte etico ineludibile. Non ci rassegneremo mai all’inelut­ta­bi­li­tà dei massacri, degli stupri, delle torture. Il nostro impegno non è venuto mai meno, nonostante la no­stra sostanziale estraneità a manifestazioni aperte, se non promosse, da esponenti religiosi e da nazionalisti. Ab­biamo costruito piazze, cortei e momenti di riflessione e lotta contro la fabbricazione ed il commercio di armi, i poligoni e le basi militari, la collusione tra scuola, uni­ver­si­tà e guerra, contro la militarizzazione delle periferie, del­le frontiere, dei cpr… Abbiamo sostenuto disertori ed oppositori in Russia e in Ucrai­na. Abbiamo appoggiato gli anarchici sudanesi che si battono contro i macellai che si contendono il ter­ri­to­rio. Siamo al fianco di chi lotta contro sfruttatori ed op­pres­so­ri nel “proprio” paese, noi lottiamo contro sfruttatori ed oppressori nel “nostro” paese. Noi siamo dalla parte delle vittime. Dalle parte delle bam­bine e dei bambini, degli uomini e delle donne uccise, massacrate, affamate, umiliate. In ogni dove. Sempre. L’immane massacro della popolazione gazawi e i movimenti di appoggio alla “resistenza” palestinese sviluppatisi nel nostro paese dopo il 7 ottobre 2023 hanno evidenziato crepe che hanno radici profonde, tutte da indagare e comprendere. Ci muove una necessità forte, perché al di là delle peculiarità della questione palestinese, temi quali il nazionalismo, il declino dell’approccio di classe, l’affermarsi di dinamiche identitarie essenzialiste e di una concezione distorta dei processi decoloniali ci interrogano tutti sulle prospettive di un movimento di emancipazione sociale, individuale, politica capace di trasformare l’esistente all’insegna di un concreto affermarsi di libertà, uguaglianza, solidarietà.” Il pdf dell’opuscolo è liberamente scaricabile dal blog di Anarres a questo link: https://www.anarresinfo.org/wp-content/uploads/2024/07/2024-07-23-tramandare-il-fuoco-4-col.pdf Assemblea antimilitarista Federazione Anarchica Torinese corso Palermo 46 Riunioni: ogni martedì alle 20
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Tramandare il fuoco. Per un approccio libertario alla questione palestinese. Una critica a essenzialismo e nazionalismo
Tramandare il fuoco Per un approccio libertario alla questione palestinese. Una critica a essenzialismo e nazionalismo Introduzione Quest’opuscolo è frutto di un confronto collettivo durato, a fasi alterne, alcuni mesi. È diviso in tre piccoli saggi, che, sebbene redatti da singol* com­pagn*, sono stati let­ti e rielaborati collet­ti­vamente. Abbiamo scelto di mantenere lo stile peculiare […]
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Anarres del 22 marzo. Leonardo: i profitti schizzano alle stelle. Guerra e fame in Sudan. Anarchia e decolonialità. Universale singolare. Transfemminismo e anarchia…
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming. Ascolta e diffondi l’audio della puntata: Anarres del 22 marzo. Leonardo: i profitti schizzano alle stelle. Guerra e fame in Sudan. Anarchia e decolonialità. Universale singolare. Transfemminismo […]
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Video. Anarchia e decolonialità
L’incontro di venerdì 22 marzo 2024 Verso un’idea non nazionalista della decolonizzazione. Un universale plurale emerge nella concretezza dei percorsi di lotta. É intervenuto Federico Ferretti, geografo, docente all’università di Bologna. Il concetto di decolonialità è molto citato negli ultimi anni ma non sempre compreso. Manca soprattutto un’elaborazione di questa idea che la separi da […]
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Venerdì 22 marzo. Anarchia e decolonialità
Anarchia e decolonialità Verso un’idea non nazionalista della decolonizzazione, per un universale plurale, che emerge nella concretezza dei percorsi di lotta. Venerdì 22 marzo ore 21 corso Palermo 46 Interverrà Federico Ferretti, geografo, docente all’università di Bologna. Il concetto di decolonialità è molto citato negli ultimi anni ma non sempre compreso. Manca soprattutto un’elaborazione di […]
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[2024-03-22] Anarchia e decolonialità @ Federazione Anarchica Torinese
ANARCHIA E DECOLONIALITÀ Federazione Anarchica Torinese - corso Palermo 46 (venerdì, 22 marzo 21:00) VENERDÌ 22 MARZO ORE 21 CORSO PALERMO 46 ANARCHIA E DECOLONIALITÀ VERSO UN’IDEA NON NAZIONALISTA DELLA DECOLONIZZAZIONE, PER UN UNIVERSALE PLURALE, CHE EMERGE NELLA CONCRETEZZA DEI PERCORSI DI LOTTA. INTERVERRÀ FEDERICO FERRETTI, GEOGRAFO, DOCENTE ALL'UNIVERSITÀ DI BOLOGNA IL CONCETTO DI DECOLONIALITÀ È MOLTO CITATO NEGLI ULTIMI ANNI MA NON SEMPRE COMPRESO. MANCA SOPRATTUTTO UN’ELABORAZIONE DI QUESTA IDEA CHE LA SEPARI DA NAZIONALISMI, COMUNITARISMI E APPROCCI BASATI SU UNA PROSPETTIVA UNICA (PIUTTOSTO CHE SU INTERSEZIONI) CHE RISCHIANO DI FARLA DIVENTARE UNA CONCEZIONE ESCLUDENTE QUANDO NON LO È. È IMPORTANTE RICORDARE CHE, COME ELABORATA ORIGINARIAMENTE DAL COLLETTIVO MODERNITÀ-COLONIALITÀ-DECOLONIALITÀ (MCD) E POI ARRICCHITA DAI CONTRIBUTI DEL FEMMINISMO INDIGENO, DEGLI STUDI SUL PLURIVERSO E DELLE EPISTEMOLOGIE DEL SUD PER NON CITARE CHE ALCUNI DEI PRINCIPALI AMBITI DI DISCUSSIONE, LA DECOLONIALITÀ MIRA A SUPERARE I LIMITI DI PRECEDENTI APPROCCI. SI TRATTA IN PARTICOLARE DEL CULTURALISMO DEI POSTCOLONIAL STUDIES, CHE SI SONO SPESSO LIMITATI A CRITICHE DELLA COLONIALITÀ CHE RESTAVANO LIMITATE A UN’ANALISI DEL DISCORSO E CONFINATE IN AMBITI ACCADEMICI, E DELL’ECONOMICISMO DI TEORIE QUALI LO SVILUPPO INEGUALE O IL SISTEMA MONDO, INCAPACI DI INCLUDERE QUELLO CHE GLI APPROCCI DECOLONIALI CHIAMANO LA “DECOLONIZZAZIONE EPISTEMICA”. IN QUESTO SENSO, I PUNTI QUALIFICANTI DELLA DECOLONIALITÀ SONO LA NECESSITÀ DI NON LIMITARSI ALLA PURA TEORIA PER CONNETTERSI ALLE LOTTE E SITUAZIONI REALI, DI RISCOPRIRE MODI DI PENSARE AL DI FUORI DELLE TRADIZIONI INTELLETTUALI EUROPEE E DI COSTRUIRE PONTI DI SOLIDARIETÀ MILITANTI ATTRAVERSO DIVERSE CULTURE E ASSI DI INTERVENTO. SULLA BASE DI QUESTO DISCORSO INTRODUTTIVO, E DI ALCUNI CASI EMPIRICI SUDAMERICANI DI INTERAZIONE TRA GRUPPI ANARCHICI E COMUNITÀ INDIGENE E AFRODISCENDENTI, SI DISCUTERANNO LE BASI DI UN PROGETTO ANARCHICO DI DECOLONIALITÀ, BASATO SUL FATTO CHE LA TRADIZIONE ANARCHICA E MOLTE DELLE COMUNITÀ SOPRACITATE CONDIVIDONO PUNTI CHIAVE QUALI LA PRASSI ORGANIZZATIVA ORIZZONTALE, L’AZIONE DIRETTA E L’IDEA DI TERRITORIO COME RELAZIONE SOCIALE PIUTTOSTO CHE COME AREA DELIMITATA DA CONFINI “SOVRANI”. ESSE CONDIVIDONO INOLTRE CRITICHE DELLE PRINCIPALI PRATICHE AUTORITARIE CHE HANNO CARATTERIZZATO LA SINISTRA EUROPEA ED EUROCENTRICA, QUALI IL CONCETTO DI AVANGUARDIA POLITICA, QUELLO DI INTELLETTUALE ORGANICO (DI SOLITO MASCHIO E BIANCO) CHIAMATO A “GUIDARE” LE LOTTE, L’IDEA DELLA RIVOLUZIONE COME MERA PRESA DEL POTERE POLITICO E QUELLA DELLA DECOLONIZZAZIONE O “LIBERAZIONE NAZIONALE” COME MERA COSTRUZIONE DI UN NUOVO STATO. IN UNA SINGOLA DEFINIZIONE, ANARCHISMO E “LOTTA AFRO-INDIGENA” CONDIVIDONO IL PRINCIPIO DELLA COERENZA TRA LA TEORIA E LA PRASSI, CHE DOVREBBE ISPIRARE IL PIÙ VASTO CAMPO DELLA DECOLONIALITÀ.
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