Estratti dalla puntata di lunedì 17 novembre 2025 di Bello Come Una Prigione Che
Brucia
MOBILITAZIONE IN SOLIDARIETÀ CON ANAN YAEESH
Grazie al contributo di un compagno riprendiamo alcuni aggiornamenti sulla
situazione del prigioniero palestinese Anan Yaeesh, detenuto attualmente nel
carcere di Melfi e sotto processo su mandato dello Stato Sionista.
Mentre l’apparato sanzionatorio italiano cerca di aderire supinamente alla linea
accusatoria israeliana, arrivando a sentire come testimone dell’accusa una
figura schierata come il console di uno Stato accusato in sede internazionale di
Genocidio, proseguono le mobilitazioni solidali, come il presidio convocato per
il 21 novembre 2025 a L’Aquila.
PRISONERS FOR PALESTINE E SCANDALO ELBIT
Partendo con alcuni rapidi aggiornamenti sullo sciopero della fame di Prisoners
for Palestine, le mobilitazioni in UK e la solidarietà espressa anche in Italia
da prigionieri anarchici, ci concentriamo su un recente fatto di cronaca
inerente Elbit Systems.
Elbit Systems UK, sussidiaria britannica del colosso bellico israeliano al
centro delle azioni di Palestine Action, è protagonista di uno scandalo che
rischia di farle perdere l’appalto miliardario con l’esercito britannico per i
programmi di addestramento delle sue forze armate.
Questo ci consente anche di operare un rapido sguardo sull’ingresso di Elbit nel
settore della formazione e dell’addestramento degli eserciti e delle forze di
polizia in giro per il mondo, come ulteriore forma di consolidamento della
legittimazione dell’Entità Sionista.
EUROPOL TRA LOBBYING E SORVEGLIANZA DI MASSA
In compagnia di Giacomo Zandonini torniamo a osservare il lavorio di Europol per
strutturare un’architettura di sorveglianza di massa.
Grazie al suo contributo iniziamo gettando uno sguardo all’interno dei Research
and Industry Days di Europol, dove l’agenzia ha proposto al mondo dei privati la
propria lista dei desideri, tra robotica e automazione delle analisi dei dati.
Europol agisce sia su un piano di promozione delle tecnologie sorveglianti, sia
di pressione sul piano normativo, interagendo tanto all’interno dei contesti
politici comunitari quanto proponendo l’arruolamento dei colossi del capitalismo
delle informazioni, mentre un avamposto di Microsoft è già operativo all’interno
del suo quartier generale a L’Aia.
LINK ALLE INCHIESTE:
Statewatch
Solomon
Tag - prisoners for palestine
La prima di una serie puntate di Harraga (trasmissione in onda su Radio Blackout
ogni venerdi dalle 15 alle 16) in cui proviamo a tracciare un fil rouge, che
dalla Palestina riporti alle logiche e alle dinamiche coloniali occidentali nei
nostri contesti, che sfruttano e opprimono, tanto in Palestina quanto in Italia,
le persone razzializzate.
L’obiettivo non sta tanto nel definire somiglianze e divergenze nelle forme di
repressione ed oppressione, al di qua e al di là del Mediterraneo, ma sviluppare
terreni di lotta comuni capaci di tenere insieme le lotte: non solo nella teoria
politica, ma a partire proprio dalla materialità con cui si manifestano.
Partiamo quindi dalla detenzione amministrativa e dai CPR, forma di repressione
e segregazione in Palestina di larghissimo utilizzo da parte dell’entità
sionista e tassello chiave della catena del razzismo di stato qui in Italia.
La fase di mobilitazioni in solidarietà al popolo palestinese che abbiamo
attraversato negli ultimi mesi, ha rappresentato un salto di qualità rispetto a
quanto messo in campo in Occidente negli ultimi decenni. Dallo slogan
“blocchiamo tutto”, le mobilitazioni hanno raggiunto non solo la comprensione ma
soprattutto la presa di responsabilità chiara e collettiva che ciò che
produciamo qui sui luoghi di lavoro, nelle scuole o nelle università, è complice
e materialmente responsabile del genocidio e dell’oppressione sistemica del
popolo palestinese. Ma non solo, la consapevolezza che inizia a radicarsi anche
nella fetta più ampia del movimento ProPal, è che la Palestina non rappresenta
solo se stessa ma tutte le lotte e le rivendicazioni anticoloniali e
antirazziste, sia negli obiettivi della lotta di liberazione e
autodeterminazione che nelle forme in cui essa si concretizza.
Siamo quindi partite dal delineare in cosa consiste la detenzione amministrativa
in Palestina, la genealogia della sua nascita e le fluttuazioni storiche del suo
utilizzo, per poi provare a tracciare le analogie negli obiettivi di questo
strumento di repressione in Italia come in Palestina. In primo luogo come monito
ai liberi: in Palestina, per esempio, è prassi che l’esercito sionista arresti i
familiari dei combattenti per convincerli a desistere dalla lotta. D’altra parte
in Italia le torture e le deportazioni sono quantitativamente minori in
relazione al numero di persone sprovviste del permesso di soggiorno, ma sono
funzionali al terrorizzare tuttx le/gli altrx tentando, con l’uso della paura
su larga scala, di renderli docili. Altrettanto chiara è, in entrambi i
contesti, l’obiettivo di creare profitto dal razzismo. Dall’evidente guadagno di
aziende private sui corpi delle persone recluse nei CPR, alla possibilità di
sfruttare manodopera a bassissimo costo tramite il meccanismo del ricatto del
permesso di soggiorno. Fino ad arrivare in Palestina dove l’intera società può
essere definita una società carceraria, dove genocidio, pulizia etnica e
incarcerazioni di masse generano profitto come laboratorio sperimentale di armi
e sistemi di sicurezza di ogni tipo.
Se è vero, come dicono in molti, che Israele fa e ha fatto per anni il lavoro
sporco dell’Occidente, spingendo sempre più in là l’asticella del livello di
violenza e repressione accettabili dalla “democratica società civile”,
dall’invenzione da parte delle IOF della dottrina della spoporzionalità del 2006
alle violenze indicibili commesse dall’esercito sionista dal 7 ottobre a Gaza,
ai trattamenti deumanizzanti che, se fino a ieri sarebbero stati impensabili,
oggi sono fin normalizzati dalle popolazioni occidentali. E’ anche vero che in
Europa la sperimentazione di livelli di violenza, controllo e repressione si
attua sempre sulle vite delle persone migranti che fungono, in tale quadro,
anche da banco di prova per estendere i limiti dell’umanamente
accettabile, nonché per normalizzare forme di tortura sia fisica che
psicologica.
Dall’altro lato, va ricordato che Israele è un prodotto dell’Occidente e
pertanto necessita della continua legittimazione ideologica razzista ed
islamofoba occidentale che si manifesta con la narrazione della “minaccia
islamica”, usata a scopo propagandisco dai governi occidentali e non solo, per
giustificare un discorso sulla “sicurezza”, sul riarmo e sul controllo delle
frontiere.
Di tutto questo ne abbiamo parlato proprio nel giorni di apertura
della settimana di mobilitazione per i prigionieri palestinesi. Sempre al fianco
delle 3368 persone imprigionate in detenzione amministrative nelle carceri
sioniste; con Anan, Ali e Mansour imprigionati in Italia per conto dello stato
sionista; con chi si trova reclusə per aver lottato al fianco della Palestina e
contro le complicità di aziende belliche occidentali, con Tarek e con
Prisoners4Palestine e Stecco, in sciopero della fame da più di sette giorni.
Libertà per tuttx!
Estratti dalla puntata del 10 novembre 2025 di Bello Come Una Prigione Che
Brucia
PRISONERS FOR PALESTINE IN SCIOPERO DELLA FAME
Lo sciopero della fame di Prisoners for Palestine rappresenta la prosecuzione in
ambito detentivo della lotta portata avanti da Palestine Action contro le
complicità istituzionali e le appendici dell’apparato tecno-militare sionista
nel Regno Unito.
A circa una settimana dall’inizio di questa mobilitazione, alla quale si sono
aggiunti in solidarietà il prigioniero anarchico Luca Dolce (Stecco) e Jakhi
McCray dagli USA, iniziamo dando spazio alle rivendicazioni dichiarate come
obbiettivi dello sciopero della fame: fine della censura, accesso a misure
cautelari alternative al carcere, diritto a un giusto processo, deproscrizione
di Palestine Action e chiusura di tutte le filiali di Elbit System in UK.
Dopo avere aggiornato su chi siano le prigioniere e il prigioniero che fino a
qui hanno aderito allo sciopero della fame a rotazione, passiamo alla lettura
del comunicato rilasciato da una di loro, Heba Muraisi.
In conclusione, una riflessione sull’utilizzo tattico e strumentale della
categoria di “terrorismo” per cercare di depotenziare la strategia portata
avanti da Palestine Action in sede processuale: una classificazione
neutralizzante del nemico utilizzata tanto dagli apparati militari quanto da
quelli repressivi.
Aggiornamento:
L’attivista di Palestine Action Sean Middlebrough, 33 anni, soprannominato
Shibby, è fuggito da una prigione del Regno Unito dopo essere stato rilasciato
per un permesso temporaneo per assisetere al matrimonio del fratello.
Sean ha dichiarato in una comunicazione ricevuta da Electronic Intifada: “Non
sono in fuga. Sto semplicemente agendo con buon senso, rifiutando di essere
trattenuto come prigioniero di guerra israeliano in una prigione britannica”.
AGE VERIFICATION E (NON SOLO) PORNO
Il 12 novembre 2025 entra formalmente in vigore la norma che prevede l’obbligo
di verifica della maggiore età per l’accesso a contenuti online per adulti.
Se l’attenzione si è concentrata soprattutto sui siti pornografici, in realtà le
categorie interessate sono estese ad altri ambiti, promuovendo scenari di
censura ancor più che di sorveglianza.
Cerchiamo di osservare in quale traiettoria politica si inserisca questo
provvedimento, nella corrente di riorganizzazione delle condotte online-offline
e di implementazione della “società dei varchi” che passa per Identità Digitale
e Real Name Internet.
A margine una riflessione su pornografia e biopotere.
I “MURI DI DRONI”
Mentre torniamo a monitorare alcuni indicatori del rischio esplosione della
“bolla dell’AI”, tra le quali i tentativi di Deutsche Bank di fare “hedging”
(copertura per ridurre i rischi) sui suoi investimenti in datacenters e la
perdurante attenzione di Google verso il settore militare (questa volta in
Australia), cerchiamo di descrivere la normalizzazione del concetto di “muro di
droni”: dalla War on Migrants ai Baltici, dalla separazione tra fronte ucraino e
fronte russo alla scala continentale del programma cinese Transparent Ocean.
GUARDIA COSTIERA LIBICA, SPARI CONTRO ONG E IL RUOLO DELL’ITALIA
Il 2 novembre 2025 si sono rinnovati i memorandum Italia-Libia. Negli scorsi
mesi è aumentata la violenza della Guardia Costiera libica, finanziata dall’UE,
che ha aperto il fuoco almeno tre volte contro ONG e persone in movimento.
Ma i memorandum non sono le uniche collaborazioni che finanziano e legittimano
la violenza delle frontiere esterne in Libia. Abbiamo parlato del coinvolgimento
di Frontex nelle deportazioni dalla Libia, dell’addestramento in Italia di
truppe speciali libiche e delle pratiche con cui la Guardia Costiera libica
dissuade gli interventi solidali di search and rescue.