Vi siete mai chiesti chi decide i nomi degli uragani?
In molti ricordano l’uragano Katrina, che nel 2005 devastò la zona nei pressi di
New Orleans negli Stati Uniti. Nel 2024 hanno fatto molto parlare di loro gli
uragani Beryl, Helene e Milton.
I nomi degli uragani non sono stabiliti sul momento in modo casuale, bensì
provengono da liste predeterminate, diverse a seconda della zona del globo dove
avviene lo specifico evento naturale.
Nel 1953 il National Hurricane Centre (NHC) degli Stati Uniti dedicata alla
previsione degli uragani stabilì delle liste di nomi annuali da associare agli
uragani. Inizialmente, si trattava di una lista alfabetica predeterminata per
ogni anno, di nomi unicamente femminili: il nome della lista, che viene
associato al primo uragano dell’anno, aveva un nome proprio femminile che
iniziava con la A, ad esempio Anna, il secondo con la B, come Betty, e così via
fino all’ultima lettera dell’alfabeto, la W.
Questo è il motivo per cui molte persone pensano tutt’oggi che gli uragani
posseggano solo nomi femminili, ma non è più così. Dal 1979 in poi, su richiesta
del Women’s Liberation Movement, sono stati introdotti anche i nomi maschili
alternati a quelli femminili per i cicloni atlantici, mantenendo sempre l’ordine
alfabetico delle iniziali.
Il processo per determinare i nomi degli uragani è condotto da specifici
organismi regionali del WMO che selezionano dei nomi in base alla loro
familiarità con le lingue parlate in ogni specifica regione, con l’obiettivo di
rendere la comprensione di tali nomi più chiara possibile a seconda della zona
del mondo in cui ci troviamo.
Esistono comunque delle regole generali che vengono seguite nell’attribuzione:
- i nomi non devono provenire da specifici individui (cioè non sono"dedicati")
- devono essere sufficientemente brevi da poter essere utilizzati con facilità
- devono essere nomi facili da pronunciare (per ogni lista, esiste anche uno specifico elenco delle pronunce)
- i nomi devono essere unici: non possono essere usati gli stessi nomi in zone diverse del globo
Il 18 novembre, al telefono con Antonello Pasini, fisico climatologo del CNR,
docente di Fisica del clima all’università Roma Tre, abbiamo parlato di eventi
climatici estremi, della loro frequenza e distruttività in relazione
all’attività umana, di equazioni dei disastri.
La puntata, di un mese fa, torna terribilmente attuale alla luce di quanto sta
avvenendo a Gaza. La tempesta Byron si è abbattuta sul terreno della Striscia,
massacrato dai bombardamenti, e sui campi degli sfollati di Gaza, che dopo due
anni di distruzione e massacri si appresta ad affrontare l’inverno in tende
vecchie e logore e con abbigliamento inadeguato. Mentre Israele continua a
fermare gli aiuti ai valichi di confine dell’enclave.
Ascolta la puntata.
Citati nella puntata:
> Crisi climatica, le alluvioni in Pakistan denunciano il nostro tempo: chi
> inquina meno paga più di tutti
Pakistan, inondazioni, cambiamento climatico e tensioni internazionali – diretta
all’info di Blackout
Tag - crisi climatica
Negli ultimi 10-15 anni abbiamo assistito a un allarmante aumento del numero,
della frequenza e della natura irregolare delle inondazioni in Pakistan. Quando
queste inondazioni colpiscono, causano un’immensa mortalità, morbilità e
sfollamenti su larga scala. Solo pochi anni fa, nel Sindh, migliaia di anni di
civiltà sono stati letteralmente spazzati via: moschee, templi, scuole,
ospedali, vecchi edifici e monumenti. Anche quest’anno, le inondazioni in
Pakistan hanno segnato un nuovo record. Da fine giugno 2025 a fine settembre, il
Pakistan è stato sommerso da inondazioni che hanno devastato le province di
Khyber Pakhtunkhwa, Punjab, Sindh e Gilgit-Baltistan, con oltre 1.000 morti, 3
milioni gli sfollati, e quasi 7 milioni di persone colpite.
Ad aprile 2025, inoltre, l’India ha sospeso unilateralmente la sua
partecipazione al Trattato sulle Acque dell’Indo del 1960, aggiungendo
incertezza a una situazione già critica. La decisione indiana di sospendere il
Trattato delle acque dell’Indo rappresenta un precedente storico: nonostante
decenni di tensioni e crisi diplomatiche, il trattato era sempre stato
rispettato da entrambe le parti.
L’agricoltura, settore vitale per l’economia pakistana, è in ginocchio. Migliaia
di ettari di terreni coltivati e 6.500 capi di bestiame sono andati perduti. I
danni economici totali sono stimati in decine di miliardi di dollari.
Come ricorda la giornalista Sara Tanveer in un suo recente articolo, il
paradosso più crudele è che il Pakistan, con una produzione di appena 2,45
tonnellate di CO2 per persona all’anno, contribuisce meno dell’1% alle emissioni
globali ma subisce le conseguenze più devastanti del cambiamento climatico. Due
paesi, Cina e USA, producono il 45% delle emissioni globali, e i primi 10 sono
responsabili di oltre il 70%. Eppure l’85% dei finanziamenti verdi va a questi
stessi 10 paesi.
Abbiamo chiesto a Sara Tanveer, scrittrice e giornalista free lance italo
pakistana, di parlarci della situazione attuale del Pakistan per quanto riguarda
le conseguenze della crisi climatica, e dei rapporti del Paese con India e
Afghanistan. Ascolta o scarica l’approfondimento.
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
https://radioblackout.org/podcast/anarres-del-7-novembre-torino-armi-e-mercanti-di-morte-4-novembre-a-torino-blocchi-contestazioni-azioni-dirette-il-taccuino-della-crisi-climatica-lotte-territoriali-e-grandi-opere/
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Torino. Armi e mercanti di morte
Era la capitale dell’auto. L’industria automobilistica era indicata tra le
eccellenze cittadine nei cartelli di ingresso alla città.
La lenta ma inesorabile fuga della Fiat ne ha decretato la decadenza e
l’impoverimento.
Torino negli ultimi decenni è stata attraversata da due processi trasformativi
paralleli: la città/vetrina e la città delle armi.
La città/vetrina è il fulcro della narrazione pubblica, il fiore all’occhiello
delle amministrazioni cittadine, che, attraverso interventi di rigenerazione
escludente hanno cambiato il volto della città, arricchendo il centro ma
rendendo sempre più povere le periferie, frantumate dalla gentrification e da un
sempre più asfissiante controllo poliziesco.
La città delle armi è invece cresciuta in sordina, senza rumore, senza grandi
annunci.
La grande scommessa sull’industria armiera, fatta in modo unanime da tutti i
centri di potere politico ed economico viene nascosta tra satelliti ed
esplorazioni spaziali.
Qui puoi leggere l’articolo integrale:
https://www.anarresinfo.org/torino-armi-e-mercanti-di-morte/
Via i mercanti d’armi!
Contro la guerra e chi la arma!
L’Aerospace and defence meetings, mostra mercato internazionale dell’industria
aerospaziale di guerra è arrivato alla decima edizione.
Dal 2 al 4 dicembre sbarcheranno a Torino le principali industrie del settore a
livello mondiale, in prima fila le piemontesi Leonardo, Avio Aero, Collins
Aerospace, Thales Alenia Space, ALTEC.
Un evento a porte chiuse, riservato agli addetti ai lavori: governi, eserciti,
agenzie di contractor.
Noi saremo in piazza per contrastarli!
4 novembre a Torino. Blocchi, contestazioni, azioni dirette
Il 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria” nella prima guerra mondiale,
in Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro per
spostare un confine.
Nelle piazze delle cerimonie militariste, alle fabbriche d’armi, nella lotta
contro la militarizzazione delle scuole non potevano mancare gli
antimilitaristi.
Già il 2 novembre c’è stato un presidio all’ingresso dell’Oval, dove il 2
dicembre comincerà la kermesse dei mercanti d’armi. Poche, tra le persone
accorse per la giornata di chiusura di manifestazione artistica conoscevano
l’aerospace and defence meetings, che si tiene in sordina ogni due anni proprio
all’Oval.
Nella mattinata del 4 novembre tra slogan, fumogeni e lo striscione “Spezziamo
le ali al militarismo” c’è stato un blocco all’ingresso della Thales Alenia
Space in strada antica di Collegno 255.
La Thales è una delle maggiori aziende aerospaziali del Piemonte, specializzata
in satelliti, fornisce all’aeronautica militare “gli occhi” per orientare droni
e velivoli da guerra sui loro obiettivi.
“Contro la guerra e chi la arma”: questo striscione è stato appeso alla
passerella di fronte all’Oval Lingotto, dove, tra un mese si terrà la decima
edizione dell’Aerospace and defense meetings mercato internazionale
dell’industria aerospaziale di guerra.
La presenza delle forze armate nelle scuole è sempre più invadente e il 4
novembre costituisce una data strategica per la retorica militarista.
Nella “Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate” le istituzioni locali
e gli istituti scolastici sono invitati per legge a promuovere eventi, incontri,
etc sul tema dell’unità nazionale, della difesa della “Patria”, sulla sicurezza
e sul mestiere delle armi.
Quest’anno, in un clima di guerra interna ed esterna, l’Osservatorio contro la
militarizzazione delle scuole e delle Università aveva promosso un convegno on
line di formazione degli insegnanti che avrebbe dovuto svolgersi questa mattina.
Il governo lo ha vietato perché considera che “i contenuti non sono coerenti con
la formazione degli insegnanti”. Una censura senza precedenti.
Anche quest’anno abbiamo partecipato al presidio lanciato dall’Osservatorio
contro la militarizzazione delle scuole di fronte all’USR.
Contestata la cerimonia militare che il 4 novembre celebra la guerra, celebra i
nazionalismi, celebra i genocidi.
Alle 17, in una piazza Castello dove cominciavano a suonare le bande, nonostante
un imponente apparato poliziesco gli antimilitaristi sono riusciti ad entrare in
piazza Castello sequestrata dai militari per la cerimonia del 4 novembre.
Disertare la guerra! La scritta sullo striscione aperto in piazza. Con slogan,
interventi e fumogeni abbiamo bucato il blocco in antisommossa.
Il richiamo della foresta. Il taccuino della crisi climatica
Il tasso di perdita di foreste nel mondo è preoccupante. Secondo
l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO),
tra il 1990 e il 2020 sono andati persi 420 milioni di ettari di foresta a causa
della deforestazione, un’area equivalente a quella dell’UE.
Col termine deforestazione s’intende la distruzione delle foreste, in modo da
poter destinare le superfici ricavate ad altri usi. In parallelo bisogna
considerare anche il fenomeno del degrado forestale che è determinato dalla
perdita, anche temporanea, di aree forestate dovuta allo sfruttamento dei
prodotti del legno o della bioenergia. Questi processi avvengono prevalentemente
nei tre principali bacini forestali: Amazzonia (Sud America), Congo (Africa
centrale) e Sud-est asiatico.
Ne abbiamo parlato con Marco Tafel
Saperi e pratiche tra autogestione e resistenza. Lotte territoriali e grandi
opere
Illustrare il rapporto tra movimenti sociali e grandi opere significa in prima
battuta ricondurre il costrutto grandi opere al più onesto concetto di opere
grandi. E cosa sono le opere grandi? Progetti e realizzazioni (tendenzialmente)
caratterizzate da: ampia estensione temporale, vastità spaziale, pluralità
amministrativa, complessità progettuale, grave impegno economico pubblico,
pesante impatto socio-ambientale. Le opere grandi si qualificano d’altronde,
prima che come infrastrutture, quali acceleratori della modernità sviluppista e
delle procedure che normano le decisioni in tempo civile, fattori di stress alle
maglie del diritto, cioè dispositivi di governo del territorio non
convenzionali.
Ne abbiamo parlato con Alberto (abo) Di Monte
Appuntamenti:
Giovedì 13 novembre
ore 21 corso Palermo 46
serata informativa contro la guerra e chi la arma
– L’Italia in guerra. Riarmo e conflitto per l’Ucraina. Con Stefano Capello
– Ricerca al servizio della guerra. Un caso di obiezione di coscienza. Con
Andrea Merlone
– Torino. Capitale delle armi? Approfondimento su industria bellica e Aerospace
and defence meetings e presentazione delle iniziative di lotta a cura
dell’Assemblea Antimilitarista
Sabato 29 novembre
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis
Contro la guerra e chi la arma!
Via i mercanti d’armi!
Martedì 2 dicembre
giornata di blocco all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
No all’aerospace and defence meetings!
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
Informati su lotte e appuntamenti!
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
FB
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Attivist3 contro la guerra e la distruzione ambientale hanno bloccato per 6 ore
sabato il porto di Rotterdam, in Olanda. La protesta, organizzata dal gruppo di
attivisti Geef Tegengas, che nasce come gruppo di attivismo su temi ambientali e
si è occupato negli ultimi anni anche dell’opposizione alla guerra e al
genocidio israeliano contro la […]
A qualche giorno dall’alluvione che ha portato centinaia di morti e migliaia di
dispersi e sfollati nella città catalana, abbiamo intervistato un compagno di
Endavant (più info qui). Quello che ci ha riportato Aure è una situazione di
grande caos e confusione. Di un’area metropolitana dove in pochi minuti sono
scomparse tutte le infrastrutture. Parliamo di […]
Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell’atmosfera: temperature record, il voto sulla legge per il ripristino della biodiversità e l’esempio del Bangladesh.
<p>Sempre più frequenti e vivaci si fanno le azioni di gruppi di ecologisti (tra gli altri Extinction Rebellion e Ultima Generazione) finalizzate a risvegliare un’opinione pubblica anestetizzata, a convincere i decisori che non c’è più tempo, a costringerli a cambiare rotta. A fronte di ciò lo Stato, anziché cogliere le istanze, mette in atto una […]</p>
<p>L'articolo <a href="https://www.osservatoriorepressione.info/difensori-dellambiente-associati-delinquere/">Difensori de</a></p>
Argentina, Cile e Bolivia formano il ‘triangolo del litio’ che rappresenta il 60% delle risorse mondiali di questo minerale: l’estrazione del litio implica diverse conseguenze in primis per il territorio e per le comunità locali (è indicativo lo spreco di risorse idriche e il consumo del suolo che il procedimento estrattivo impone) e, inoltre, diventa […]